LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO BIOLOGICO NELLE STRUTTURE

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LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO BIOLOGICO NELLE STRUTTURE
FACOLTÁ DI FARMACIA E MEDICINA
CORSO DI LAUREA IN TECNICHE DELLA
PREVENZIONE NELL’AMBIENTE E NEI LUOGHI DI
LAVORO
- Sede di Frosinone -
“LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO BIOLOGICO
NELLE STRUTTURE SANITARIE: UN CASO
APPLICATIVO”
Relatore
Laureanda
Dott. Claudio Berna
Chiara Fiorini
Correlatore
Dott.ssa Romina Scarsellone
Anno Accademico 2011/2012
1
INDICE
INTRODUZIONE
La sicurezza in ospedale ……………………………..…………1
CAPITOLO I
Il rischio biologico e gli agenti biologici …………………….....4
Le modalità di trasmissione …………………………………...10
Le infezioni ospedaliere occupazionali………………………...14
CAPITOLO II
Panorama letterario e normativo……………...…………….…19
Organizzazione e gestione della sicurezza in sanità……..…….25
Il procedimento della valutazione dei rischi……….………….30
CAPITOLO III
IL CASO APPLICATIVO IN UN REPARTO
DELL’OSPEDALE “F. SPAZIANI” DI FROSINONE
Criteri e metodi adottati per la Valutazione del
Rischio Biologico ……………...……………………………... 49
2
Fase preliminare di valutazione ………………...……………..55
Valutazione del rischio biologico nel Pronto Soccorso………..74
Gestione del rischi e gli strumenti di prevenzione
e protezione ………………………………………..…….……89
CONCLUSIONI …………………………………………….108
BIBLIOGRAFIA ………………………………………...….110
3
INTRODUZIONE
LA SICUREZZA IN OSPEDALE
La tipologia costruttiva degli ospedali è variata nei secoli e poi,
sempre più velocemente con la tecnologia, nei decenni. Da assistenza più
spirituale che fisica dei primi ospedali, realizzati in ampie camerate con
l’altare in fondo, si è passati ad un’assistenza e cura sempre più
specialistica, prima in strutture a padiglioni (Es. Policlinico Umberto I di
Roma 1899), tali da rendere possibile l’isolamento fisico delle malattie di
origine e natura diversa e, successivamente, a strutture a monoblocco,
poliblocco, fino ad arrivare alla suddivisione strutturale ed organizzativa in
dipartimenti.
Le varie strutture rispecchiano le diverse necessità che, nel corso
degli anni, si sono concretizzate in seguito alle numerose scoperte
scientifiche sull’origine e la cura delle malattie, al supporto ed all’ausilio di
tecnologie e metodiche sempre più sofisticate; più di recente, in alcuni casi,
le modifiche strutturali sono state dettate dalla necessità di ridurre i costi e
razionalizzare gli spazi.
Attualmente in Italia, circa un quarto degli ospedali è collocato in
edifici storici costruiti prima del 1900 e quasi la metà di essi in edifici che
risalgono a prima del 1940.
Naturalmente, rispecchiando l’esigenze costruttive dell’epoca, la
gran parte degli ospedali italiani presenta vincoli architettonici, strutturali e
impiantistici che ne condizionano anche la funzionalità e la disponibilità
degli spazi e dei servizi. Tali strutture, molto spesso inglobate
completamente nel centro urbano, hanno raramente la possibilità di
estendersi e di adeguarsi alle nuove necessità organizzative, di prestazioni,
di sicurezza, di igiene, di logistica, di confort e per accogliere, oltre ai
pazienti e ai dipendenti, altro personale convenzionato o equiparato.
La costruzione di nuovi ospedali moderni, innovativi ed efficienti
sebbene sembra essere la soluzione migliore da adottare, richiede l’impiego
4
di ingenti somme di denaro, che in alternativa potrebbero essere utilizzate a
vantaggio di un numero più cospicuo di strutture già esistenti per
migliorarne le condizioni generali e in particolare quelle di igiene e
sicurezza.
Un altro aspetto caratteristico degli ospedali è la normale e costante
presenza di persone differenti dal personale dipendente: pazienti, visitatori,
volontari, lavoratori di ditte sterne, studenti e quant’altro, i quali sebbene
non esperti di igiene e sicurezza sul lavoro riescono ad avvertire o notare
delle situazioni anomale e talvolta paradossali all’interno di molti ospedali.
Garantire quindi un ambiente sanitario confortevole e sicuro, non
solo per gli utenti ma anche per tutti i lavoratori, è un impegno di primaria
importanza che va perseguito e mantenuto con tenacia per evitare sgradevoli
realtà di trascuratezza, troppo spesso vissute dagli utenti e dal personale
sanitario.
Quando si parla di personale sanitario si deve intendere qualsiasi
persona che fornisca assistenza sanitaria o che lavori in una struttura
sanitaria interagendo con i pazienti in qualità di medico, infermiere,
farmacista, tecnico di laboratorio, volontario ospedaliero o funzionario
amministrativo; non bisogna, inoltre, trascurare il personale in formazione
come studenti di medicina e delle professioni sanitarie.
I rischi e le patologie legate alle attività lavorative costituiscono un
problema di grande rilevanza per la nostra organizzazione sociale, segnalato
purtroppo dall’elevato numero di morti e di inabili che ogni anno si devono
contare. Paradossalmente, però, esso appare ancora in gran parte
sottovalutato se consideriamo quanta poca attenzione venga posta a tutte
quelle iniziative e a quegli interventi preventivi e di controllo, in grado di
ridurre i rischi di incidente e di minimizzare le conseguenze dannose per
l’organismo umano.
Nelle strutture e i servizi sanitari, il tema della sicurezza ha una
propria dimensione di estrema complessità.
Chi lavora nelle strutture sanitarie è esposto ad agenti fisici, chimici,
biologici.
5
È costretto ad attività e responsabilità che comportano fatica fisica e
mentale che scaturiscono dal contatto con persone che necessitano di cure;
ciò genera un evidente conflitto tra la tutela della propria salute e la
necessità di garantire una adeguata assistenza, attività diagnostica e
terapeutica.
Il problema del luogo di cura “sicuro“ in tutta la sua globalità, sia
rispetto agli utenti che al personale operante, è obiettivo primario sul quale
si misura la qualità della gestione sanitaria.
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CAPITOLO I
IL RISCHIO BIOLOGICO E GLI AGENTI BIOLOGICI
Con il termine rischio biologico ci si riferisce alla possibilità che, in
un ambiente lavorativo, la presenza di agenti biologici pericolosi e
l’esistenza di una esposizione ad essi, possa comportare un danno per la
salute del lavoratori.
Come per gli altri rischi lavorativi, viene suddiviso in:
™ Rischio generico: è presente nella quasi totalità degli
ambienti
di
lavoro
per
la
presenza
ubiquitaria
di
microrganismi non pericolosi. Di entità trascurabile, questo
rischio è controllabile con l’adozione delle comuni norme
igieniche.
™ Rischio specifico: è presente in quegli ambienti di lavoro in
cui, per la particolarità delle attività svolte, è riconducibile la
presenza, sia intenzionale che eventuale, di microrganismi
pericolosi per la salute e il possibile contatto con essi.
Il rischi biologico è regolamentato al Titolo X del Testo Unico sulla
salute e sicurezza sul lavoro (D.Lgs. 9 aprile 2008, n.81 s.m.i).
Per agente biologico si intende qualsiasi microrganismo, anche se
geneticamente modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano, in
grado di provocare:
™ infezioni;
™ allergie;
™ intossicazioni.
Per microrganismo si intende qualsiasi entità microbiologica, cellulare o
meno, in grado di riprodursi o trasferire materiale genetico.
7
Gli agenti biologici comprendono:
Batteri
In ordine: Streptococcus pneumoniae, Mycobacterium tuberculosis,
Legionella pneumophila.
Virus
In ordine: Virus HCV, Virus HIV, Herpesvirus varicella-zoster
8
Miceti
In ordine: Trichophyton rubrum , Candida albicans, Histoplasma
capsulatum.
Parassiti
In ordine: Plasmodium falciparum, Giardia lamblia, Sarcoptes scabiei.
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L’INFEZIONE è l’interazione di un agente biologico con un ospite
recettivo, l’uomo, in cui si ha una replicazione dell’agente. La malattia
infettiva è l’espressione clinica dell’infezione, ma essa segue alla
penetrazione di un microrganismo solo in presenza di determinate
condizioni favorevoli.
Per carica infettante si intende la quantità minima di agente
biologico che penetra nell’organismo, di innescare il processo patogeno; è
variabile sia in funzione delle caratteristiche di patogenicità dell’agente
infettante, sia alla modalità di trasmissione e sia in funzione della capacità di
difesa immunitaria dell’organismo ospite.
La resistenza ai microrganismi patogeni varia da persona a persona.
Alcuni individui possono essere refrattari all’infezione, altri, esposti allo
stesso agente possono stabilire un rapporto commensalistico con esso e
diventare portatori asintomatici, altri ancora, invece, possono sviluppare una
malattia clinicamente manifesta. Fattori quali l’età, le condizioni di salute,
lo stato immunitario, rendono alcune persone più suscettibili di altre.
L’ALLERGIA è una risposta del sistema immunitario caratterizzata
da reazioni eccessive sostenute da particolari anticorpi, le IgE, nei confronti
di sostanze prodotte da batteri, miceti o protozoi.
L’INTOSSIZAZIONE è l’insieme delle manifestazioni patologiche
provocate dalla penetrazione nell’organismo di sostanze estranee, capaci di
indurre alterazioni dei processi vitali. Nello specifico questo stato anormale
può essere causato da tossine batteriche e micotossine.
Gli agenti biologi di interesse umano sono classificati in base alla
loro pericolosità, valutata sia nei confronti della salute dei lavoratori (sani)
che della popolazione generale (Allegato XLVI del D.Lgs. 81/08).
10
Tra le caratteristiche di pericolosità sono state considerate:
™ l'infettività, intesa come capacità di un microrganismo di penetrare e
moltiplicarsi nell'ospite;
™ la patogenicità, riferibile alla capacità di produrre malattia a seguito
di infezione;
™ la trasmissibilità, intesa come la capacità di un microrganismo di
essere trasmesso da un soggetto infetto ad uno suscettibile;
™ la neutralizzabilità, intesa come la suscettibilità dell’agente, ad
essere ucciso o innocuizzato mediante efficaci misure profilattiche
atte a prevenire la malattia o terapeutiche per la cura della stessa.
Sulla base delle suddette caratteristiche e, in alcuni casi,
considerando anche le proprietà allergeniche e tossinogeniche, i
microrganismi sono stati suddivisi in 4 classi di pericolosità, con valori
crescenti da uno a quattro e delle quali la quarta, la più pericolosa, è riferita
ai microrganismi, in particolare a soli virus, che assommano la presenza di
tutte e quattro le caratteristiche negative considerate.
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Classificazione Agenti Biologici
Agente che
GRUPPO
1
presenta poche
Es.Saccharomyces
probabilità di
cervisiae,
causare malattie
Lactobacillus casei
in soggetti umani.
agente che può
causare
GRUPPO
2
malattie in
soggetti umani e
costituire un
rischio per i
lavoratori
è poco
probabile che
si
propaghi
nella
comunità
sono di norma
disponibili
efficaci misure
profilattiche
o terapeutiche
agente che può
causare
GRUPPO
3
malattie gravi in
soggetti umani e
costituire un serio
rischio per i
Es. Legionella spp,
Clostridium tetani,
Herpes simplex
virus tipi 1 e 2
Es. Brucella
può
propagarsi
nella
comunità
di norma sono
melitensis,
disponibili
Mycobacterium
efficaci misure
tuberculosis,
profilattiche o
Plasmodium
terapeutiche
falciparum, Virus
lavoratori
HIV, HCV, HBV
agente che può
causare
malattie gravi in
GRUPPO
4
può
presentare un
soggetti
elevato
umani e
rischio di
costituisce un
serio
rischio per i
propagazione
nella
comunità
non sono
disponibili,
di norma, efficaci
Es. Virus ebola,
misure
Virus lassa
profilattiche o
terapeutiche.
lavoratori
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LE MODALITÀ DI TRASMISSIONE
Negli ambienti ospedalieri i microrganismi possono essere trasmessi
attraverso varie modalità.
Le principali sono:
™ Trasmissione per contatto diretto: comporta un contatto diretto
da persona a persona ed un trasferimento fisico di microrganismi
dall’individuo infetto o colonizzato ad un ospite suscettibile.
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™ Trasmissione per contatto indiretto: comporta un contatto di
un ospite suscettibile con un veicolo, vettore contaminato che fa
da intermediario.
-
attraverso veicoli: i soggetti sani vengono a contatto con gli agenti
biologici attraverso l’uso di oggetti, strumenti o attraverso il cibo o
l’acqua contaminati. Esempi di malattia sono : epatiti, Aids e
malattie gastrointestinali.
-
attraverso vettori: si tratta di esseri viventi (mosche, zanzare,
pulci) che ospitano il parassita o lo trasportano per poi disperderlo
nell’ambiente esterno o inocularlo attraverso punture direttamente in
un organismo sano. Un esempio di malattia è la malaria.
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™ mediante droplet: il soggetto infetto durante la tosse, la fonazione,
gli starnuti, genera aerosol contenenti i microrganismi patogeni che
vengono espulsi a brevi distanze, 1-2 metri. Queste goccioline di
grosse dimensioni possono depositarsi sulle mucose nasali o della
bocca e sulla congiuntiva dell’ospite vicino al paziente-fonte. Esse
tendono a cadere a terra per il troppo peso e non restano sospese
nell’aria. Esempi di malattie a trasmissione tramite droplet sono: le
influenze, la pertosse, la difterite, le polmoniti, la rosolia e le
meningiti.
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™ per via aerea: si tratta di goccioline più piccole delle precedenti
(diametro minore dei 5 µm) o di particelle di polvere contenenti
microrganismi che restano sospese nell’aria per un lungo periodo di
tempo. I soggetti che si trovano in questo ambiente, anche lontano
dal paziente-fonte, si contaminano con l’inalazione delle stesse.
Esempi di malattie a trasmissione per via aerea sono: la tubercolosi,
il morbillo e la varicella.
Dopo la sua trasmissione, un agente biologico può penetrare nell’organismo
ospite attraverso varie vie che sono:
™ La cute: irritata o che presenta ferite e lesioni anche microscopiche,
viene facilmente attraversata dai microrganismi.
™ Le mucose: delle vie respiratorie, delle vie digerenti e le
congiuntive, rappresentano in importante via di ingresso per molti
microrganismi.
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LE INFEZIONI OSPEDALIERE OCCUPAZIONALI
Le infezioni ospedaliere sono per definizione un importante
problema di sanità pubblica per le gravi ripercussioni sui pazienti e sugli
operatori sanitari.
Sono principalmente tre i casi in cui tali agenti biologici possono
trasmettersi:
™ Nosocomiale: trasmissione da paziente infetto a paziente o
da ambiente contaminato a paziente;
™ Da operatore infetto a paziente
™ Occupazionale: trasmissione da paziente infetto a operatore
sanitario o da ambiente contaminato a operatore sanitario.
Per quanto riguarda le infezioni occupazionali in ambiente sanitario,
la sorgente è rappresentata soprattutto dai pazienti, (che sono considerati
anche come serbatoi dell’infezione, cioè individui nei quali un agente
infettivo risiede, si moltiplica e dai quali dipende primariamente per la
sopravvivenza o il mantenimento in attività), e da veicoli contaminanti come
ad esempio l’aria, le superfici, oggetti personali, strumenti, aghi ed altro.
Per gli operatori sanitari il pericolo biologico è insito nella
professione ed è difficilmente eliminabile.
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Quali le categorie a rischio?ITAL
IA
PIE
In Italia gli operatori del settore sanitario sono circa 450.000. Con il
41% di incidenza, l’esposizione al rischio biologico rappresenta l’infortunio
occupazionale più frequentemente segnalato seguito dai “traumi” al 30%.
Tuttavia gli incidenti di rischio biologico segnalati dagli operatori
sanitari, rappresentano notoriamente solo una parte di quelli effettivamente
verificatisi, configurandosi quindi una sottonotifica.
Probabilmente le disposizioni di legge, sull’introduzione dei servizi
di prevenzione e protezione, sulla sorveglianza sanitaria, sull’obbligatorietà
della segnalazione, sulla riservatezza, il mantenimento del posto di lavoro e
la compensazione per chi contrae un’infezione occupazionale, giustificano
in Italia, per questo tipo di infortuni, un tasso di sottonotifica non molto
elevato rispetto ad altri paesi.
All’interno del complesso di professionalità coinvolte nella
produzione dei servizi sanitari, gli infermieri costituiscono sicuramente una
delle categorie più numerose e più a rischio; sono collocati in maniera
diffusa in quasi tutti i livelli e le strutture organizzative del sistema (in
quelle di ricovero, negli ambulatori, nelle attività domiciliari, territoriali e
dell’emergenza, nei laboratori diagnostici biochimici e radiologici e così
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via) e sono in contatto diretto con i pazienti ed a esposizione costante con
materiale biologico.
Circa il 75% delle esposizioni totali ad agenti biologici è di tipo
percutaneo.
L’esposizione percutanea si verifica quando l’operatore si ferisce
accidentalmente con un tagliente contaminato, ad esempio con un ago, una
punta, una lama o altro.
Circa il 25% delle esposizioni totali è di tipo mucocutaneo.
L’esposizione mucocutanea si verifica quando il materiale biologico
potenzialmente infetto entra accidentalmente in contatto con le mucose degli
occhi, della bocca, delle vie respiratorie e con la cute integra o lesa
dell’operatore esposto.
Ovviamente nell’esposizione percutanea, la probabilità che gli agenti
patogeni potenzialmente presenti nei materiali biologici infettino l’operatore
esposto, è di gran lunga superiore alla probabilità che ciò possa accadere a
seguito di un’esposizione mucocutanea.
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Tra gli oltre sessanta agenti patogeni trasmissibili per via ematica a
seguito di un’esposizione accidentale si impongono all’attenzione, per la
gravità delle patologie associate, i virus dell’immunodeficienza acquisita
(HIV), dell’epatite C (HCV) e dell’epatite B (HBV).
La grande attenzione sociale riservata negli ultimi anni alle suddette
infezioni da virus ematici ha probabilmente contribuito ad abbassare il
livello generale di interesse nei confronti di altre infezioni trasmesse per via
aerea o tramite droplet, quali le polmoniti, la tubercolosi, la meningite, la
scarlattina, la difterite, e quelle causate da parassiti della cute come la
scabbia.
Esse rappresentano situazioni di pericolo per tutti gli operatori
sanitari, specialmente nei locali del Pronto Soccorso, a causa anche della
comparsa di nuove infezioni e per il “riemergere” di patologie infettive che
si riteneva fossero sotto controllo.
A seguito di un’esposizione accidentale, l’operatore infortunato vive,
inevitabilmente, momenti di grande tensione nell’attesa del verdetto medico.
Mentre aspetta di conoscere se la sorgente sia infetta (e non sempre è
possibile raccogliere questa informazione), sa che in ogni caso lo attendono
mesi di incertezza e, non raramente, di intenso disagio psico-fisico.
Le misure di prevenzione, raccomandate per tutti gli operatori
sanitari, implicano comportamenti corretti ed omogenei in un vasto
complesso di attività quotidiane da applicare a tutti i pazienti prescindendo
dalla conoscenza o meno dello stato patologico degli stessi.
A tale scopo, sono state introdotte a partire dal 1970 delle
Precauzioni Standard (Precauzioni Universali)
valide per molti
agenti
patogeni potenzialmente trasmissibili.
Esse comprendono: il lavaggio delle mani, l’utilizzo di adeguati
Dispositivi di Protezione Individuale e Needlestick Prevention Devices
(sono dei presidi medici, comprendenti aghi e altri oggetti taglienti, dotati di
dispositivi di sicurezza che impediscono o limitano il rischio di ferite), il
rispetto dell’asepsi nelle procedure invasive, la disinfezione e la
sterilizzazione dei presidi sanitari, l’igiene respiratoria, il corretto
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smaltimento dei rifiuti tra cui aghi, bisturi e taglienti, il trattamento della
biancheria sporca, la sanificazione ambientale, la sistemazione del paziente,
pratiche sicure per iniezioni e prelievi e misure di controllo per procedure
speciali.
La possibilità di prevenire le infezioni ospedaliere è quindi correlata
in buona parte al rispetto di queste semplici norme igieniche aspecifiche.
Non
possono
mancare
inoltre
adeguati
programmi
di
sensibilizzazione, informazione, formazione, di sorveglianza sanitaria, di
vaccinazioni e di profilassi post esposizione, da applicare per gli operatori
sanitari.
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CAPITOLO II
PANORAMA LETTERARIO E NORMATIVO
La tutela della salute e sicurezza sul lavoro, oltre che un valore etico
è un principio fondamentale affermato esplicitamente dal nostro
ordinamento già a partire dalla Costituzione:
Articolo 32 - La repubblica tutela la salute come fondamentale diritto
dell’individuo e interesse della collettivita …;
Articolo 41 - L’iniziativa economica non può svolgersi in contrasto con
l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla
dignità umana;
Anche nel codice civile e nel codice penale, sono presenti leggi in materia di
salute e sicurezza sui luoghi di lavoro:
C.c - art. 2087 Tutela delle condizioni di lavoro
C.p - art. 437 Rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul
lavoro;
C.p - art. 451 Omissione colposa di cautele o difese contro disastri o
infortuni sul lavoro;
C.p - art. 589 Omicidio colposo;
C.p - art. 590 Lesioni personali colpose;
I primi testi normativi in tema di norme per la prevenzione, la
sicurezza e l’igiene dei luoghi di lavoro risalgono agli anni cinquanta, in
ordine cronologico sono stati il D.P.R. 547 del 1955, D.P.R 164 e il D.P.R.
303 del 1956.
Si trattava di una legislazione puramente prevenzionistica in cui non
veniva riconosciuto un interesse dei lavoratori a determinare attivamente la
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propria sicurezza e non vi era collaborazione tra essi e il Datore di Lavoro.
Non si prevedeva quindi un modello partecipativo nella gestione della
sicurezza sui luoghi di lavoro e il rischio infortunistico era da ridurre alla
fonte eliminando i fattori di esposizione.
Una serie di direttive comunitarie tra la fine degli anni ottanta e gli
inizi degli anni novanta, aveva imposto un ripensamento della disciplina
prevenzionistica.
Con l’emanazione del D.Lgs. 626/94 sono stati introdotti dei principi
innovativi:
™ la normativa è stata applicata sia nel settore pubblico che privato per
tutti i tipi di lavoratori;
™ i lavoratori devono cooperare al processo prevenzionistica e sono
destinatari non solo di diritti ma anche di obblighi in materia di
sicurezza;
™ valorizzazione del principio di sicurezza del lavoro da difendere in
chiave assoluta con l’introduzione di nuovi concetti e di nuove
figure di riferimento tra le quali il responsabile del servizio di
prevenzione e protezione, il Medico Competente e il rappresentante
dei lavoratori per la sicurezza;
™ per il Datore di Lavoro, obbligo di effettuare la valutazione di tutti i
rischi presenti nell’attività lavorativa e della stesura del relativo
documento tenendo conto, ove non possibile l’eliminazione del
rischio connesso all’attività lavorativa, del principio di massima
riduzione del rischio stesso.
La contemporanea vigenza del suddetto decreto e dei decreti precedenti
degli anni cinquanta, rimasti in vigore fino ad allora, ha imposto la necessità
di un riassetto legislativo in materia di sicurezza sul lavoro.
Il riordino e coordinamento delle disposizioni vigenti è stato operato dal
D.Lgs. 81/08.
La Direttiva per la protezione dei lavoratori esposti ad agenti biologici è
stata emanata dal Parlamento europeo e dal Consiglio il 26 novembre 1990
(90/679/CE e successive modifiche). La Direttiva 90/679/CE è stata in
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seguito sostituita dalla Direttiva 2000/54/ CE del 18 settembre 2000, la
quale ha evidenziato, con ulteriore incisività gli specifici aspetti legati al
rischio biologico in ambito occupazionale.
Le Direttive sopra menzionate sono state recepite nell’ordinamento
normativo italiano dal D.Lgs. 626/94, più precisamente al Titolo VIII.
Ad oggi, come precedentemente detto, il D.Lgs. 626/94 risulta integrato
al D.Lgs. 81/08.
D.Lgs. 81/08 e s.m.i. - Testo unico sulla salute e sicurezza sul
lavoro
Questa “legge quadro” individua l’esposizione agli agenti biologici
al titolo X presentando minime novità rispetto al D. Lgs. 626/1994.
Essa recepisce, come avveniva nel precedente testo, la Direttiva CE
200/54. Le norme del titolo si applicano a tutte le attività lavorative nelle
quali vi è rischio di esposizione ad agenti biologici, sia quelle che
comportano un uso deliberato di agenti biologici ( cioè essi vengono
deliberatamente introdotti nel ciclo lavorativo, per esservi trattati,
manipolati o trasformati ovvero per sfruttarne le proprietà biologiche a
qualsiasi titolo; tali condizioni si verificano ogni volta che i microrganismi
si configurano quali materia prima, substrato, catalizzatore, reagente o
prodotto in un processo lavorativo, come ad esempio nei laboratori
diagnostici), sia quelle attività che invece, pur non comportando l’intenzione
di operare con agenti biologici, possono implicare l’esposizione agli stessi
per la loro presenza occasionale o concentrata.
Le strutture sanitarie ospedaliere o ambulatoriali ne sono un
significativo esempio.
Viene inoltre specificato che il Datore di Lavoro che intende
esercitare attività che comportano uso di agenti biologici dei gruppi 2 o 3,
deve darne comunicazione all’organo di vigilanza territorialmente
competente almeno 30 giorni prima dell’inizio dei lavori. Deve inoltre
inviare una nuova comunicazione ogni qualvolta si verificano mutamenti
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che comportano una variazione significativa del rischio per la salute sul
posto di lavoro, o comunque quando si intende utilizzare un nuovo agente
biologico classificato dal Datore di Lavoro in via provvisoria.
Il Datore di Lavoro che invece intende utilizzare, nell'esercizio della
propria attività, un agente biologico del gruppo 4, oltre alla comunicazione,
deve richiedere apposita autorizzazione al Ministero del Lavoro, della salute
e delle politiche sociali.
L'autorizzazione è rilasciata dal Ministero, previo parere dell’organo
tecnico scientifico, ha la durata di 5 anni ed è rinnovabile alla scadenza.
E’ revocabile qualora venga meno qualsiasi condizione per
l’autorizzazione stessa.
Ad ogni variazione o cessazione di utilizzo di un agente del gruppo
4, il Datore di Lavoro deve informare il Ministero del lavoro.
La valutazione dei rischi nell’ambito della sicurezza, è stata e sarà
sempre, l’adempimento principale del Datore di Lavoro. Nel caso degli
agenti biologici, egli deve tener conto delle caratteristiche dell’agente
considerato in base alle informazioni che si possiedono e in rapporto alle
modalità lavorative.
Come già previsto in generale per tutte le variazioni significative
nell’azienda, il datore deve precedere con una nuova valutazione del rischio
in caso di modifiche importanti per la sicurezza e, in ogni caso, trascorsi 3
anni dall’ultima valutazione effettuata. Prima di effettuare la valutazione dei
rischi, deve essere consultato il rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza, che ha inoltre libero accesso ai dati sopra elencati.
Nel momento in cui la valutazione ha messo in evidenza rischi per la
salute del lavoratore, il Datore di Lavoro ha l’obbligo di: attuare misure
tecniche, organizzative e procedurali, assicurare idonee misure igieniche per
i lavoratori, fornire dispositivi di protezione individuali e dare adeguata
informazione e formazione su tutto ciò che riguarda l’attività lavorativa,
anche nel caso in cui si verifichino incidenti.
Qualora l’esito della valutazione del rischio ne riveli la nacessità, i
lavoratori esposti ad agenti biologici sono sottoposti a sorveglianza sanitaria
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da parte del Medico Competente. Le visite mediche servono a controllare lo
stato di salute dei lavoratori ed a esprimere il giudizio di idoneità alla
mansione specifica.
Il Datore di Lavoro collaborando con il Medico Competente adotta
così misure specifiche di protezione per il personale sanitario, quali le
vaccinazioni e, se necessario, l’allontanamento temporaneo del lavoratore
dal posto di lavoro o il cambio della mansione.
I lavoratori vanno inoltre informati sul controllo sanitario cui sono
sottoposti e sul loro stato di salute.
I lavoratori addetti ad attività comportanti uso di agenti del gruppo 3
ovvero 4 sono iscritti in un registro in cui sono riportati, per ciascuno di
essi, l'attività svolta, l’agente utilizzato e gli eventuali casi di esposizione
individuale. Il registro viene aggiornato dal Datore di Lavoro e custodito
presso il servizio di prevenzione e protezione dove può essere consultato sia
dal Medico Competente che dal RLS. Copia del registro e di ogni sua
variazione, deve inoltre essere inviata all’ ISPESL e all’organo di vigilanza
territorialmente competente.
La documentazione deve essere custodita e trasmessa con
salvaguardia del segreto professionale.
I medici e le strutture sanitarie sia pubbliche che private che
refertano casi di malattia o di decesso dovuti all’esposizione ad agenti
biologici,
devono
trasmettere
all’ISPESL
copia
della
relativa
documentazione clinica. Il registro dei casi di malattia o di decesso vengono
utilizzati per fini di controllo, studi o indagini dal Ministero della salute e
del lavoro e della previdenza sociale.
Per la violazione delle disposizioni contenute nel presente titolo, il
Datore di Lavoro, i dirigenti e i preposti, il Medico Competente e lavoratori,
sono soggetti a sanzioni sia amministrative che penali.
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Linee guida
Le linee guida sono un insieme di raccomandazioni sviluppate in
modo sistematico, cioè basate sulle prove scientifiche esistenti a favore o
contro un determinato intervento, allo scopo di sostenere professionisti e
utenti nelle decisioni da prendere circa la gestione più appropriata e più
efficace di una determinata situazione.
Le linee guida non vengono concepite come degli schemi di
sequenza comportamentali da seguire ed applicare in modo rigido, come
possono essere i protocolli e le procedure, ma rappresentano quindi
documenti di valore universale, prodotti negli anni da gruppi di esperti,
professionisti e da strutture dedicate, come ad esempio Inail, Ispesl, Simlii,
DCD, enti regionali e quant’altro, finalizzate al trasferimento nella pratica
dei risultati della ricerca clinica, mediante una sistematica attività di
revisione della letteratura scientifica.
Alcuni esempi di linee guida che trattano del tema del rischio
biologico nelle strutture sanitarie sono:
-
Linee Guida SIMLII (2005), Rischio biologico per i lavoratori della
sanità: linee guida per la sorveglianza sanitaria;
-
Linee Guida ISPESL, Il Rischio Biologico: procedura applicativa per
la valutazione del rischio e la pianificazione degli interventi di
prevenzione e protezione;
27
ORGANIZZAZIONE E GESTIONE DELLA SICUREZZA
IN SANITÁ
Per sicurezza si intende una situazione in cui non sono presenti
pericoli tale da garantire lo svolgimento delle attività lavorative senza
pregiudizi per l’integrità fisica e morale dei lavoratori.
Le figure della sicurezza sono essenzialmente rappresentate dal
Datore di Lavoro, dai Dirigenti e Preposti, dal Responsabile del servizio di
prevenzione e protezione ed il relativo servizio, dal Medico competente, dal
Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza e dagli Addetti alle
emergenze.
In una struttura ospedaliera occorre anche ben definire l’ambito di
competenza del Direttore Sanitario all’interno della gestione dell’igiene e
della sicurezza del lavoro, ferme restando le sue funzioni, compiti e
responsabilità per ciò che concerne la gestione dell’intera struttura sanitaria.
DIRETTORE GENERALE
DIRETTORE
SANITARIO
SERVIZIO DI
PREVENZIONE E
PROTEZIONE
DIRETTORE
AMMINISTRATIVO
MEDICO
COMPETENTE
28
™ Datore di Lavoro: è il soggetto titolare del rapporto di lavoro e che
ha la primaria responsabilità dell’azienda o dell’unità produttiva, in
quanto titolare dei poteri decisionali e di spesa. Egli deve adottare
tutte quelle misure che sono necessarie a prevenire malattie o
infortuni e a garantire la sicurezza sul lavoro. In particolare:
-
mette a disposizione l’ambiente di lavoro,
macchinari
attrezzature, strumenti e quant’altro necessario all’attività
lavorativa;
-
organizza la sicurezza in azienda nominando RSPP, MC, addetti
alle emergenze;
-
redige il documento di valutazione dei rischi e il piano di
gestione dell’emergenze;
-
fornisce i dispositivi di protezione sia collettivi che individuali ai
lavoratori;
-
informa e forma i lavoratori riguardo i rischi presenti in azienda
a cui sono esposti;
-
vigila sull’osservanza da parte dei lavoratori delle norme e delle
disposizioni aziendali in materia di sicurezza.
™ Dirigente e Preposto: figure professionali che in azienda ricoprono
posizioni importanti, che coordinano e guidano il lavoro degli altri
dipendenti attuando le direttive ricevute dal Datore di Lavoro.
™ Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione: egli
coordina il servizio e collabora con il Datore di Lavoro e le altre
figure presenti in azienda.
-
individua i fattori di rischio, valuta i rischi e indica le misure per
la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro ai fini della
stesura del documento di valutazione dei rischi;
29
-
elabora le misure preventive e protettive;
-
elabora le procedure di sicurezza;
-
partecipa alle consultazioni in materia di salute e sicurezza;
-
proporre e fornisce programmi di informazione e formazione ai
lavoratori.
™ Medico Competente: è un figura necessaria in tutte quelle aziende
nelle quali sono presenti rischi che comportano la sorveglianza
sanitaria per i lavoratori. Egli ha diversi compiti, tra cui:
-
collabora con il Datore di Lavoro e il SPP nella valutazione dei
rischi, definendo le misure necessarie per eliminare o ridurre tali
rischi predisponendo inoltre le misure di tutela per la salute dei
lavoratori,
-
visita gli ambienti di lavoro almeno una volta l’anno;
-
definisce il protocollo sanitario dei lavoratori da allegare al
documento di valutazione dei rischi;
-
effettua accertamenti sanitari ed elabora per ogni lavoratore
sottoposto a visita una cartella sanitaria e di rischio,
informandolo dei risultati dell’accertamento;
-
esprime il giudizio di idoneità alla mansione;
-
informa il Datore di Lavoro e i lavoratori dell’esistenza di effetti
pregiudizievoli per la salute imputabili all’esposizione a rischi
lavorativi;
-
collabora all’attività di formazione e informazione dei lavoratori.
™ Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza: è la persona
eletta dai lavoratori di un’azienda per essere rappresentati sugli
aspetti della salute sicurezza sul lavoro.
Egli:
-
accede ai luoghi di lavoro;
30
-
è preventivamente consultato per quello che riguarda la
valutazione dei rischi, la programmazione e verifica della
prevenzione;
-
viene consultato sulla programmazione della formazione dei
lavoratori addetti alla gestione delle emergenze;
-
riceve tutte le informazione e la documentazione che riguardano
rischi per i lavoratori;
-
agisce da punto di riferimento tra Datore di Lavoro, lavoratori,
sindacato ed istituzioni;
-
partecipa alle verifiche ispettive dell’organo di vigilanza;
-
può fare ricorso alle autorità competenti se ritiene che le misure
di prevenzione e protezione non son adeguate.
™ Addetti alla gestione delle emergenze: sono i lavoratori incaricati
di
gestire
le
possibili
emergenze
che
vengono
designati
preventivamente dal Datore di Lavoro in base alla situazione
lavorativa e ai rischi ipotizzati. Essi devono attuare le misure di
prevenzione e protezione incendi, l’evacuazione delle persone in
caso di pericolo grave e immediato, il salvataggio delle persone che
si trovino in condizioni di pericolo e il primo soccorso.
™ Direttore Sanitario: dirige i servizi sanitari ai fini organizzativi e
concorre al governo dell'azienda coadiuvando il Direttore Generale
nella
determinazione
delle
politiche
aziendali
finalizzate
all'erogazione delle prestazioni sanitarie, alla loro appropriatezza e
alla qualità dei servizi.
La sicurezza è una questione riguardante non solo le figure sopra
citate ma tutto il personale presente nell’ambiente lavorativo che deve
essere informato, formato, sensibilizzato e responsabilizzato sulla sicurezza
per far in modo che si raggiungano ottimi risultati.
31
Il grado massimo di organizzazione è rappresentato da un sistema di
gestione della sicurezza (SGSL) attraverso il quale vengono definiti in modo
univoco le procedure, le responsabilità e i compiti del personale coinvolto.
32
Un sistema di gestione della sicurezza dovrebbe essere il frutto di
una cultura sulla sicurezza, fatto di procedure che non sono adottate
dall’esterno ma già eseguite ed utilizzate con successo all’interno
dell’ospedale e che sono condivise in quanto utili al buon funzionamento
delle attività.
Esse non devono essere generiche e di conseguenza numerose, ma
idonee e focalizzate su quelle problematiche che vanno tenute sotto
controllo e gestite continuamente.
La sicurezza nei luoghi di lavoro è un obiettivo a lunga scadenza, in
cui i risultati non sono immediati ma più tardivi, che deve coinvolgere un
numero sempre maggiore di persone ben organizzate, collaborative e
disponibili.
33
IL
PROCEDIMENTO
DELLA
VALUTAZIONE
DEI
RISCHI
La valutazione dei rischi, regolata dal D.Lgs.81/08 ( artt.28, 29, 30 ),
è un procedimento per l’identificazione dei pericoli e la stima dei rischi ad
essi connessi, finalizzata alla prevenzione degli incidenti ed alla protezione
da eventuali danni alla salute delle persone, ai beni ed alle strutture.
Essa va eseguita secondo una programmazione ed una revisione
periodica al fine di definire gli interventi da attuare nell’ottica di un
miglioramento continuo della prevenzione e protezione della salute e
dell’integrità psico-fisica dei lavoratori nei luoghi di lavoro.
La valutazione dei rischi è un dovere non delegabile del Datore di
Lavoro, il quale si avvale della collaborazione o consulenza di esperti
interni o esterni sulle diverse problematiche di igiene e sicurezza sul lavoro
da affrontare. Il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione e il
Medico Competente collaborano con il Datore di Lavoro nel processo di
valutazione e gestione dei rischi.
Il documento, redatto a conclusione della valutazione, deve essere
tenuto in forma scritta, munito di data certa e della sottoscrizione del Datore
di Lavoro, del RSPP, del MC ove presente e del RLS.
In base all’art. 28 del citato decreto il documento di valutazione dei
rischi deve, obbligatoriamente, contenere:
-
dati generali dell’azienda;
-
nominativi del Responsabile del Servizio di Prevenzione e
Protezione,
del Medico
Competente e del Rappresentante dei
Lavoratori per la Sicurezza;
-
descrizione degli ambienti di lavoro e del ciclo produttivo;
-
l’individuazione
delle
attività
lavorative
che
eventualmente
espongono i lavoratori a rischi specifici e la loro suddivisione in
gruppi omogenei;
34
-
relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute
presenti in azienda e la descrizione dei criteri adottati per la
valutazione degli stessi;
-
l’indicazione delle misure di prevenzione protezione attuate e dei
dispositivi di protezione adottati;
-
il programma delle misure ritenute opportune per garantire il
miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza;
-
l’individuazione delle procedure per l’attuazione delle misure da
realizzare, nonché dei ruoli dell’organizzazione aziendale che vi
devono provvedere.
La valutazione dei rischi deve essere aggiornata nei casi in cui si
verificano variazioni delle attività, vengono introdotte nuove sostanze,
tecnologie, apparecchiature e quant’altro, o qualora subentrino delle
modifiche strutturali che possono influire sulla sicurezza.
Essa è costituita essenzialmente da quattro fasi fondamentali:
™ Fase conoscitiva:
-
Individuazione delle mansioni / attività Questa fase prevede la raccolta delle informazioni riguardanti la struttura aziendale e la descrizione anche mediante schemi a blocchi
del ciclo delle attività aziendali o dell’unità operativa oggetto di
analisi, individuando le singole fasi di lavoro, le attrezzature,
macchine e impianti presenti sui luoghi di lavoro, e il personale
addetto.
All’interno della fase preliminare di analisi e valutazione dei
rischi, è opportuno individuare le mansioni dei singoli lavoratori
separandole per aree omogenee di appartenenza. Per area omogenea di appartenenza
si intende l’insieme
delle attività associate per affinità di situazioni o per mansioni svolte
35
che è sempre possibile riscontrare (competenze, strumenti operativi,
caratteristiche ambientali) e per le quali le esposizioni dei lavoratori
a rischi per la sicurezza e salute o di tipo trasversale sono
riconducibili ad analoghi fattori.
A grandi linee nelle aziende ospedaliere è possibile
identificare le seguenti aree omogenee di appartenenza:
Area omogenea del Personale direttivo e di amministrazione
In questa area possono essere inseriti tutti quei lavoratori addetti allo
svolgimento di specifiche mansioni quali: il direttore o responsabile
amministrativo, i dirigenti, l’assistente e tutto il personale che svolge
le tipiche mansioni d’ufficio.
Area omogenea del Personale addetto alle prestazioni sanitarie
All’interno di questa area omogenea è considerato tutto il personale
che svolge attività nei reparti e nei laboratori e che può quindi essere
esposto anche a rischi specifici. Per questa tipologia di lavoratori,
oltre ai rischi comuni inerenti le strutture e gli impianti, quelli
trasversali ed organizzativi, vi sono anche quelli specifici della
mansione svolta. Tali rischi pertanto sono identificati come rischi
propri. L’analisi e la valutazione per questa categoria di lavoratori è
pertanto sviluppata valutando le sorgenti di rischio generico e quelli
relativi alla mansione svolta, alle sostanza utilizzate, e ai fattori
specifici di pericolo per le attività svolte.
-
Individuazione dei rischi e dei lavoratori esposti
Per individuare in modo uniforme, dettagliato e completo tutti i
rischi presenti nelle diverse unità operative sarebbe opportuno
avvalersi di strumenti di lavoro efficaci, quali ad esempio i
sopralluoghi negli ambienti di lavoro, le liste di controllo e il registro
infortuni.
36
Occorre quindi verificare eventuali criticità di attrezzature, impianti,
strutture, ed in genere di qualsiasi fattore possa determinare o
rappresentare una fonte di pericolo. Per l’individuazione dei
lavoratori esposti si procede dapprima ad un esame generale della
struttura ospedaliera in collaborazione con il Direttore sanitario, e
successivamente si passa ad esaminare in fase di sopralluogo le
singole specifiche mansioni e di correlarle con i pericoli individuati.
A fronte di tale correlazione si formula la selezione delle diverse
tipologie di rischio per i diversi lavoratori esposti.
I rischi si classificano in tre macrocategorie:
-
Rischi trasversali ed organizzativi: sono quelli individuabili
all’interno della complessa articolazione che caratterizza il
rapporto tra il lavoratore e l’organizzazione lavorativa in cui è
inserito. Tale rapporto può comportare problemi di natura
psicologica o fisica che possono determinare rischi infortunistici
e di salute per i lavoratori.
-
Rischi per la sicurezza e l’incolumità fisica: sono quelli
responsabili del potenziale verificarsi di incidenti o infortuni che
causano danni o menomazioni fisiche del lavoratori, in seguito
ad un impatto fisico-traumatico di diversa natura.
-
Rischi igienico ambientali per la salute: sono quelli
responsabili della potenziale compromissione dell’equilibrio
biologico dei lavoratori addetti ad attività in cui sono presenti
agenti biologici, chimici e fisici con conseguente esposizione ad
essi.
37
I rischi potenziali a carico dell’area omogenea del Personale
direttivo e di amministrazione possono derivare dai seguenti fattori:
Per i rischi di natura trasversale ed organizzativa:
-
stress o disagio derivante da eccessivo carico di lavoro;
-
stress lavoro - correlato;
-
adempimenti a mansioni improprie;
-
errata gestione delle procedure in caso di emergenza;
-
da errato utilizzo dei presidi antincendio;
-
carenza di adeguata informazione sui rischi propri della sua
attività;
-
carenza di informazione formazione e addestramento;
-
inadeguatezza dimensionale o strutturale degli ambienti in cui
operano;
-
eventuali attività svolte all’esterno della sede di lavoro;
-
rischi derivanti dalle differenze di genere;
-
errata o non bilanciata organizzazione delle attività lavorative.
Per i rischi di natura infortunistica:
-
specifiche criticità a carico delle strutture o dei locali o parti
architettoniche degli stessi non conformi alle specifiche norme
tecniche o alle leggi in vigore;
-
incendi all’interno del locale in cui svolge la mansione;
-
urti, cadute o scivolamenti, causati da sconnessioni della
pavimentazione o con parti di materiale di arredo del locale;
-
elettrocuzione o scosse elettriche a causa di criticità all’impianto
elettrico;
-
errato utilizzo delle attrezzature di lavoro o oggetti contundenti o
taglienti;
-
assenza di adeguati presidi di pronto soccorso o cassette di
medicazione;
38
-
criticità a carico di impianti con i quali può venire a contatto;
-
movimentazione manuale dei carichi;
-
eccessivo ingombro dei locali in cui svolge le attività.
Per i rischi per la salute:
-
ergonomia delle singole postazioni di lavoro;
-
patologie dovute a posture incongrue;
-
patologie all’apparato muscolo scheletrico dovute a non conformità
delle postazioni dotate di videoterminale;
-
patologie all’apparato visivo derivate da un uso non corretto delle
postazioni dotate di videoterminale;
-
criticità relative alle condizioni igieniche dei singoli ambienti o
locali;
-
microclima non adeguato alle mansioni da svolgere, correlati a
particolari condizioni atmosferiche esterne;
-
illuminamento non corretto delle singole postazioni di lavoro;
-
eccessivi livelli di rumorosità all’interno degli ambienti o degli
ambienti adiacenti;
-
esposizioni a sorgenti cancerogene o nocive eventualmente
presenti.
I rischi potenziali a carico dell’area omogenea del Personale addetto
alle prestazioni sanitarie possono derivare dai seguenti fattori:
Per i rischi di natura trasversale ed organizzativa:
-
stress o disagio derivante da eccessivo carico di lavoro;
-
stress lavoro - correlato;
-
aggressioni;
-
turni lavorativi non bilanciati e lavoro notturno;
-
adempimenti a mansioni improprie;
-
errata gestione delle procedure in caso di emergenza;
39
-
carenza di adeguata informazione sui rischi propri della sua
attività;
-
carenza di informazione formazione e addestramento;
-
inadeguatezza dimensionale o strutturale degli ambienti in cui
operano;
-
eventuali attività svolte in esterno;
-
rischi derivanti dalle differenze di genere;
-
errata o non bilanciata organizzazione delle attività lavorative. Per i rischi di natura infortunistica:
-
specifiche criticità a carico delle strutture o dei locali o parti
architettoniche degli stessi non conformi a specifica normativa
tecnica;
-
manomissione o rimozione di protezioni applicate a macchine con
lame o parti taglienti o acuminate come macchine distruggi
documenti o fotocopiatrici;
-
cadute accidentali o scivolamenti a causa di superfici bagnate;
-
urti, cadute o scivolamenti, causati da sconnessioni della
pavimentazione o con parti di materiale di arredo del locale;
-
elettrocuzione o scosse elettriche a causa di criticità all’impianto
elettrico;
-
infortuni derivanti da attività all’esterno della sede di lavoro;
-
rischio di lesioni, o infortuni, durante l’utilizzo di macchine o
attrezzature di lavoro proprie della mansione.
Per i rischi per la salute:
-
criticità relative all’organizzazione degli spazi di lavoro;
-
criticità relative alle condizioni igieniche dei singoli ambienti o
locali;
-
movimentazione manuale dei carichi e dei pazienti;
-
microclima non adeguato alle mansioni da svolgere;
-
esposizioni a radiazioni ionizzanti e non;
-
eccessivi livelli di rumorosità all’interno degli ambienti o degli
40
ambienti adiacenti;
-
rischi derivanti dalla manipolazione di agenti chimici;
-
rischi derivanti da esposizione ad agenti biologici.
-
esposizioni a sorgenti cancerogene o nocive eventualmente
presenti.
™ Fase di valutazione dei rischi:
i criteri di valutazione si basano sull’analisi oggettiva delle criticità
riscontrate valutando l’effettiva probabilità di accadimento di un
evento infortunistico, o di un danno per la salute e la sicurezza dei
lavoratori, direttamente riconducibile alla criticità riscontrata,
tenendo conto dell’adeguatezza e dell’affidabilità delle misure di
prevenzione già esistenti, quali ad esempio: tipo di organizzazione
del lavoro ai fini della sicurezza, livello di formazione e
informazione, presenza e congruità dei dispositivi di protezione
individuale e collettivi, presenza di adeguati piani di emergenza,
sorveglianza sanitaria e quant’altro. Si provvede alla quantificazione del rischio in termini
analitici attraverso la stima semiquantitativa dei due parametri presi
in considerazione, la probabilità (P) e la gravità del danno (D).
Dalla combinazione di questi ultimi, si ricava il valore di rischio, la
cui entità è data dalla relazione:
Rischio = Probabilità × Danno
Il rischio può essere considerato quindi come l’eventualità della
produzione di un danno più o meno grave.
Nelle
successive
tabelle
sono
descritte
le
scale
semiquantitative della probabilità e del danno, i cui valori sono
espressi in un intervallo che va da 1 a 4, ed i criteri per l’attribuzione
dei valori stessi. Le due variabili hanno dunque la stessa definizione
quantitativa in modo da rendere omogenea la determinazione del
fattore di rischio.
41
Scala delle probabilità “P” di accadimento di un evento:
VALORE
LIVELLO
DEFINIZIONI, CRITERI
-La mancanza rilevata può provocare un
danno per la concomitanza di più eventi
1
Improbabile
poco probabili indipendenti;
-non sono noti episodi già verificatesi;
-il verificarsi del danno susciterebbe
incredulità in azienda.
-La mancanza rilevata può provocare un
danno solo in presenza di una circostanza
sfortunata di eventi;
2
Poco probabile
-sono noti rarissimi episodi già verificatesi;
-il
verificarsi
del
danno
ipotizzato
susciterebbe grande sorpresa in azienda.
-La mancanza rilevata può provocare un
danno anche se non in modo automatico e
diretto;
3
Probabile
-è noto qualche episodio in cui alla
mancanza ha fatto seguito il danno;
-il
verificarsi
del
danno
ipotizzato
susciterebbe una moderata sorpresa in
azienda.
-Esiste una correlazione diretta tra la
mancanza rilevata ed il verificarsi del
danno;
-si sono già verificati danni per la stessa
4
Altamente probabile
mancanza nella stessa azienda, in aziende
simili o in situazioni operative simili;
-il verificarsi del danno conseguente la
mancanza rilevata non susciterebbe alcuno
stupore in azienda.
42
Scala dell’entità del danno “D”:
VALORE
LIVELLO
DEFINIZIONE, CRITERI
-Infortunio o episodio di esposizione
acuta
1
Lieve
con
inabilità
rapidamente
reversibile;
-piccoli
infortuni
o
patologie
di
carattere fisico rapidamente reversibili.
-Infortunio o episodio di esposizione
2
Medio
acuta con inabilità reversibile;
-infortunio o patologie di carattere
fisico e/o psicofisico croniche con
effetti reversibili.
-Infortunio o episodio di esposizione
3
Grave
acuta con effetti di invalidità parziale;
-infortuni o patologie di carattere fisico
e/o psicofisico croniche con effetti
parzialmente invalidanti.
-Infortunio o episodio di esposizione
acuta con effetti anche letali o che
possono determinare una condizione di
4
Gravissimo
invalidità permanente ;
-infortuni o patologie di carattere fisico
e/o psicofisico croniche con effetti
totalmente invalidanti.
43
In base alle valutazioni effettuate, definiti il danno e la probabilità, il
rischio viene determinato automaticamente con la formula
R=P×D
Esso si colloca in una matrice in cui i diversi riquadri rappresentano
le varie situazioni di rischio.
PROBABILITÁ
4
4
8
12
16
3
3
6
9
12
2
2
4
6
8
1
1
2
3
4
1
2
3
4
DANNO
I rischi che possono provocare i danni più gravi occupano in tale
matrice le caselle in alto a destra (in cui la probabilità è elevata e il danno
gravissimo), quelli minori occupano invece le posizioni più vicine
all’origine degli assi (in cui il danno è lieve e la probabilità trascurabile),
con tutta la serie di posizioni intermedie facilmente individuabili.
Una tale rappresentazione costituisce di per se un punto di partenza
per la definizione delle priorità e la programmazione temporale degli
interventi di protezione e prevenzione da adottare.
44
E’ da sottolineare che laddove non sia possibile individuare una
specifica fonte di rischio, o dove questa possa essere legata a più di un
fattore, è stata omessa la determinazione del valore di rischio come prodotto
tra probabilità di accadimento e relativo danno, ovvero R = P x D.
Ciò è dovuto dal fatto che, soprattutto per i rischi trasversali ed
organizzativi, spesso non è possibile individuare in modo univoco
un’unica fonte di rischio attribuibile alla specifica voce di analisi, ma
potrebbero intervenire più fattori concomitanti a determinare condizione
che possono essere assimilate a potenziali danni fisici o a patologie.
Dove ciò si sia verificato occorre riportare nella parte di valutazione
tutti i possibili fattori che potrebbero determinare l’insorgenza di infortuni o
patologie a carico dei lavoratori esposti. Si terrà pertanto conto di tali fattori,
elencandoli e predisponendo per ciascuno di essi le idonee misure di
prevenzione e protezione.
La valutazione numerica del Livello di Rischio “R” comporta
l’attuazione di misure di prevenzione e protezione in relazione alla
valutazione dei rischi.
Azioni migliorative da
R=1
programmare non richiedenti
Priorità P4
un intervento immediato
Azioni correttive e/o
2≤R≤3
migliorative da programmare
Priorità P3
nel breve medio termine
Azioni correttive necessarie
4≤R≤8
da programmare con
Priorità P2
urgenza
R>8
Azioni correttive indilazionabili
Priorità P1
Questa tabella permette di individuare una corrispondente scala di
priorità degli interventi “P” da attuare o porre in essere al fine di ridurre in
modo sensibile il livello di rischio:
45
Priorità nella realizzazione degli interventi
Il seguente indice di priorità corrisponde più che ad una non
conformità specifica ad uno stato di fatto che, pur
Bassa priorità
P4
( dai 6 mesi ad 1
anno )
rispondente alla normativa di igiene e sicurezza, evidenzia
la necessità di essere migliorato ed ottimizzato.
Gli interventi di adeguamento corrispondenti, di tipo
organizzativo e tecnico, verranno programmati nel tempo
con il fine di elevare il livello di prevenzione e ottimizzare
lo stato dei luoghi e le procedure di lavoro.
Non conformità di carattere tecnico/documentale derivante
dall'aggiornamento e/o dall'evoluzione della normativa
Media priorità
P3
( circa 3 mesi )
tecnica di riferimento e non implicante l’insorgere di
particolari condizioni di rischio per la sicurezza e la salute
dei lavoratori.
Gli interventi di adeguamento corrispondenti al presente
livello di priorità possono essere programmati nel tempo in
funzione della fattibilità degli stessi.
Non conformità che implica la sussistenza di una
condizione di rischio grave ma non imminente per i
lavoratori, e che potrebbe causare danni con un elevato
Alta priorità
P2
( circa 1 mese )
grado di inabilità o determinare patologie dagli effetti
invalidanti permanenti.
Le non conformità classificate come P2 richiedono
interventi a medio termine poiché configurano condizioni di
pericolo e/o violazioni alle norme di sicurezza con
conseguente
responsabilità
del
Datore
di
Lavoro
sanzionabili penalmente.
Non conformità che implica la sussistenza di una
Elevatissima
priorità
P1
( interventi
immediati )
condizione di rischio grave ed imminente per i lavoratori.
Le non conformità classificate come P1 richiedono
interventi urgenti poiché oltre a creare i presupposti per
l’accadimento di un possibile infortunio prefigurano per il
Datore di Lavoro sanzioni penali di carattere detentivo o
pecuniario.
46
Si evidenzia che la metodologia indicata per la valutazione dei rischi
e la conseguente elaborazione del documento, è quella indicata nell’art. 28
del D.Lgs.81/08, modificato dal D.Lgs.106/09, rispettando i criteri di
semplicità, comprensibilità e brevità al fine di garantire una immediata
programmazione degli eventuali interventi di miglioramento.
Valutazioni specifiche su particolari fattori di rischio, risultanti da
indagini strumentali, potranno essere inserite in specifici documenti laddove
espressamente previsto da norme specifiche o ritenuto necessario, ai fini di
una corretta valutazione del rischio e/o di una verifica delle misure di
contenimento degli agenti pericolosi, o laddove si riscontri un rischio grave
ed imminente per i lavoratori.
™ Fase di definizione delle misure di prevenzione e protezione;
Questa fase prevede l’analisi dei risultati, ottenuti dalle due fasi
precedenti, in base alla quale potrebbe essere necessario intervenire per
ridurre il rischio di alcuni luoghi di lavoro o di alcune mansioni.
Gli adempimenti conseguenti alla valutazione dei rischi riguardano:
le
misure
di
prevenzione
tecnica,
organizzative
e
procedurale,
l’informazione, la formazione e l’addestramento dei lavoratori, i dispositivi
di protezione individuali e collettivi, la sorveglianza sanitaria.
Il processo di informazione e formazione dei lavoratori è
regolamentato dal D.Lgs. 81/08.
- Informazione: è il complesso delle attività dirette a fornire conoscenze
utili alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi in ambito
lavorativo.
Secondo la normativa vigente, ogni lavoratore deve ricevere una
adeguata informazione riguardo: tutti i rischi per la salute e sicurezza sul
lavoro connessi con l’attività dell’azienda e su quelli connessi con la
specifica mansione, sulle normative di sicurezza e le diposizioni aziendali in
materia, sui nominativi del RSPP e del MC, degli addetti alla gestione delle
emergenze e sulle misure di prevenzione e protezione adottate.
47
- Formazione: è un processo educativo attraverso il quale si trasferisce ai
lavoratori ed agli altri soggetti del sistema di prevenzione e protezione
aziendale conoscenze e procedure utili alla acquisizione di competenze per
lo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti in azienda e alla
identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi, in particolare a
quelli specifici connessi con il proprio posto di lavoro e con la propria
mansione.
- Addestramento: è il complesso delle attività dirette a fare apprendere ai
lavoratori l’uso corretto di attrezzature, macchine, impianti, sostanze,
dispositivi e le procedure di lavoro. Viene effettuato da personale esperto
direttamente sul luogo di lavoro.
Il Datore di Lavoro assicura l’informazione e la formazione dei
lavoratori, durante l’orario lavorativo e senza comportare oneri economici a
loro carico, in modo semplice e chiaro attraverso strumenti quali:
assemblee, incontri individuali e di gruppo, depliant, libretti, circolari,
volantini, video, avvisi e cartellonistica, o nel caso della formazione
attraverso corsi strutturati con lezioni frontali, lavori di gruppo, singoli
seminari monotematici, simulazione casi ed esercitazioni pratiche.
Il Datore di Lavoro collabora con il Medico Competente, con il
Servizio di Prevenzione e Protezione, con il Rappresentante dei Lavoratori
per la Sicurezza e con consulenti esterni, all’attività di formazione e
informazione del lavoratori.
Il
materiale
formativo-informativo
deve
essere
chiaro
e
comprensibile, adeguato al livello di istruzione dei lavoratori ai quali è
sottoposto e alle conoscenze linguistiche.
La formazione e, ove previsto, l'addestramento specifico, devono
avvenire in occasione della costituzione del rapporto di lavoro, del
trasferimento o cambiamento di mansione e dell’introduzione di nuove
attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze e preparati
pericolosi. Essi vanno ripetuti periodicamente in relazione all’evoluzione
dei rischi o all’insorgenza di nuovi rischi.
48
- Dispositivi di protezione individuali: secondo la definizione riportata nel
Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro (art.74), si definisce
dispositivo di protezione individuale qualsiasi attrezzatura destinata ad
essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno
o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il
lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo.
Il D.Lgs.475/92 (Attuazione della direttiva 89/686/CEE del
Consiglio del 21 dicembre 1989, in materia di ravvicinamento delle
legislazioni degli Stati membri relative ai dispositivi di protezione
individuale) e s.m.i., regola la fabbricazione e la commercializzazione dei
DPI, in particolare indica i requisiti essenziali di sicurezza che un prodotto
deve soddisfare e le condizioni per la commercializzazione e la libera
circolazione all’interno dell’Unione Europea inclusi: iter di certificazione,
attestato di certificazione CE e la marcatura CE.
Essi vengono divisi in tre categorie in base al grado di rischio, di
conseguenza più alto è il rischio per il quale il DPI è utilizzato, più severa è
la procedura di certificazione.
-
Categoria I
Comprende tutti i DPI utilizzati per la protezione contro rischi minimi, per i
quali l’utente può valutare il livello di protezione necessario o gli effetti
sono
graduali
e
possono
essere
tempestivamente
identificati
dall’utilizzatore. Autocertificazione di conformità del produttore e
marcatura CE.
-
Categoria II
Comprende i DPI che proteggono contro un livello di rischio 'normale',
quali protezioni per il capo, per il volto, protettori auricolari, protezioni
oculari, indumenti, scarpe e guanti. Certificazione di conformità rilasciata
da organismo notificato e marcatura CE.
49
-
Categoria III
Comprende tutti i DPI utilizzati per la protezione contro rischi mortali o
contro rischi che potrebbero danneggiare gravemente ed irreversibilmente la
salute, oppure i dispositivi da utilizzare nelle situazioni in cui gli effetti non
possono essere identificati in tempo sufficiente.
Nella categoria rientrano, ad esempio, i respiratori, le tute integrali e
guanti in nitrile contro i rischi biologici. Certificazione più numero di
riconoscimento dell’organismo notificato che ha rilasciato la certificazione e
marcatura CE
Il D.Lgs.81/ 08 recepisce la Direttiva CEE 89/656/CEE (Utilizzo dei
DPI nell’ambiente di lavoro) che riguarda l’utilizzo corretto dei DPI e
definisce il loro ruolo nel miglioramento dei livelli di salute e sicurezza
nell’ambiente di lavoro.
Nei casi in cui i rischi per la salute e la sicurezza possono essere
identificati, è prioritario eliminare il rischio ricercando alternative più
sicure, come attuare misure tecniche di prevenzione, misure, metodi e
procedimenti di riorganizzazione del lavoro
o misure di protezione
collettiva.
Il Datore di Lavoro, quindi, prima di disporre l’uso dei DPI da parte
dei lavoratori, deve valutare attentamente la possibilità di attuare le suddette
misure alternative, che coinvolgono sia gli aspetti relativi ai materiali e
macchinari impiegati per lo svolgimento dell’attività lavorativa, sia le
modalità organizzative dei singoli reparti o attività. Se, a seguito di una
dettagliata analisi, si accerta l’impossibilità tecnica di ricorrere a metodi
alternativi ai dispositivi di protezione individuale, si può residualmente
ricorrere ad essi.
L’uso dei DPI quindi è permesso soltanto quando non è possibile
ottenere il grado di protezione richiesto utilizzando uno dei suddetti metodi.
Tutti i DPI devono essere conformi alle norme del D.Lgs.475/92,
devono essere idonei per l’utilizzatore e l’attività svolta, nel caso in cui sia
necessario utilizzare più di un DPI, tutti i dispositivi utilizzati devono essere
50
compatibili, ove fattibile dovrebbe essere realizzato su misura ed infine
devono essere utilizzati esclusivamente per la finalità designata e nel
rispetto delle istruzioni del produttore.
Il Datore di Lavoro ha l’obbligo di fornire ai lavoratori i necessari
DPI in relazione ai rischi presenti, garantire che gli stessi siano conformi
alla normativa vigente e che vengano indossati ed utilizzati correttamente.
Inoltre, è sempre compito del Datore di Lavoro provvedere al
corretto mantenimento, pulizia e sostituzione dei DPI.
- Sorveglianza sanitaria: La sorveglianza sanitaria è definita dal D.Lgs
81/08 come l’insieme degli atti medici, finalizzati alla tutela dello stato di
salute e sicurezza dei lavoratori, in relazione all’ambiente di lavoro, ai
fattori di rischio professionali e alle modalità di svolgimento dell’attività
lavorativa.
Si può definire come la somma delle visite mediche, delle indagini
specialistiche e di laboratorio, delle informazioni sanitarie e dei
provvedimenti adottati dal Medico Competente. È un’attività complessa
volta a tutelare la salute dei lavoratori e a prevenire l’insorgenza di malattie
professionali attraverso la diagnosi precoce.
Essa comprende:
- visita preventiva, ha lo scopo di stabilire se le condizioni di salute del
lavoratore gli consentono di essere esposto ai rischi presenti nella sua
mansione e sul suo luogo di lavoro. Essa deve essere effettuata prima che il
lavoratore inizi a lavorare, e deve essere ripetuta nel caso di cambio
mansione;
- visita periodica, mirata a controllare che l’esposizione a tali rischi non
abbia prodotto dei danni, cioè non abbia provocato l’insorgenza di malattia,
e a confermare l’idoneità del lavoratore a svolgere la sua mansione;
- visita straordinaria, richiesta dal lavoratore stesso quando ritiene di avere
dei disturbi provocati dal lavoro;
- visita alla cessazione del rapporto di lavoro prevista nel caso che il
lavoratore sia stato esposto a particolari rischi;
51
- visita al rientro al lavoro dopo un periodo di assenza per malattia di
almeno 60 giorni.
La visita, si conclude con l’espressione di un giudizio di idoneità alla
mansione specifica che deve essere consegnato in forma scritta al lavoratore
e al Datore di Lavoro.
Il lavoratore, in base al giudizio di idoneità, può essere considerato
come idoneo, idoneo con prescrizioni o limitazioni, inidoneo, inidoneo
temporaneamente.
Per ogni lavoratore viene istituita e periodicamente aggiornata una
cartella sanitaria dove sono riportate le sue condizioni psicofisiche, i risultati
degli accertamenti strumentali, di laboratorio e specialistici eseguiti,
eventuali livelli di esposizione professionale individuali forniti dal Servizio
di Prevenzione e Protezione, nonché il giudizio di idoneità alla mansione
specifica.
Gli accertamenti sanitari specialistici previsti per i lavoratori sono
riportati all’interno del protocollo sanitario definito dal Medico Competente
in funzione dei rischi specifici presenti in azienda e tenendo in
considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati. Essi devono essere
sempre e comunque mirati al rischio specifico e il meno invasivi possibile.
Il protocollo sanitario va considerato parte integrante dello stesso
documento di valutazione dei rischi.
Il Medico Competente inoltre visitando gli ambienti di lavoro,
collabora con il Datore di Lavoro e il Responsabile del Servizio di
Prevenzione Protezione alla valutazione dei rischi, alla predisposizione delle
misure di tutela dei lavoratori e alla loro informazione e formazione.
™
Fase conclusiva che, correlando i risultati delle fasi precedenti,
consente di pervenire al documento finale.
Questa fase prevede la correlazione dei risultati, ottenuti nelle
precedenti fasi, per la redazione del documento finale sulla valutazione dei
rischi e l’indispensabile programmazione di eventuali azioni correttive che
possono ridurre il rischio valutato.
52
CAPITOLO III
IL CASO APPLICATIVO IN UN REPARTO
DELL’OSPEDALE “F. SPAZIANI” DI FROSINONE
CRITERI
E
METODI
ADOTTATI
PER
LA
VALUTAZIONE DEL RISCHIO BIOLOGICO
In ambito sanitario il rischio biologico risulta universalmente
riconosciuto e verificato sia per l’elevato numero di soggetti coinvolti, sia
per i numerosi incidenti che si registrano e sia per le possibili gravi
conseguenze sulla salute degli operatori sanitari che vi lavorano.
In relazione alla legislazione vigente, in particolare riferimento al
D.Lgs.81/08, il Datore di Lavoro in collaborazione con il Responsabile del
Servizio di Prevenzione e Protezione e il Medico Competente effettua la
valutazione del rischio biologico e attua tutte le misure necessarie per
eliminare o ridurre il più possibile tale rischio e salvaguardare la salute dei
lavoratori sanitari potenzialmente esposti agli agenti biologici presenti sul
luogo di lavoro.
L’adozione di tali misure nelle attività, come in questo caso, in cui
non vi è un uso deliberato di agenti biologici, ma la possibile presenza,
53
presenta una serie difficoltà per l’incerta entità del rischio che l’esposizione
potenziale ad agenti biologici comporta.
In questi casi il termine potenziale comprende l’eventualità di un
possibile contagio, la cui occorrenza però è remota o non ben definibile in
termini quantitativi.
Per la valutazione del rischio è fondamentale: la stima del pericolo,
della probabilità del verificarsi di un evento e la stima del conseguente
danno.
Queste ultime, in relazione agli agenti biologici, appaiono però di
non semplice esecuzione poiché rese difficili da una serie di limiti
conoscitivi.
Molti dei concetti e delle metodologie ormai consolidate dall’Igiene
Industriale per la valutazione dell’esposizione, ad esempio a sostanze
chimiche, non sono infatti immediatamente trasferibili ai microrganismi per:
-
la varietà e l’ubiquitarietà dei microrganismi presenti su superfici di
lavoro
o
aerodispersi
problematico.
Risulta
rendono
complicato
il
monitoraggio
misurare
i
ambientale
microrganismi
aerodispersi con la stessa affidabilità con cui vengono ad esempio
misurati gas e vapori di sostanze chimiche;
-
altrettanto difficoltoso é l’utilizzo del monitoraggio biologico nella
valutazione dell’avvenuto contagio da microrganismi, poiché risulta
molto articolata la risposta adattativa o immunitaria dell’organismo
umano ospite;
-
non sono disponibili inoltre dati di letteratura che indichino per gli
agenti biologici sicure relazioni dose-risposta (in termini di entità del
contagio-infettività) per nessuno dei microrganismi di maggior
interesse patologico o di larga trasmissibilità.
La mancanza di questa conoscenza non permette in buona sostanza
di definire delle dosi (sul modello dei TLV per le sostanze chimiche) che
abbiano funzione di soglia per discriminare tra condizioni di presenza o
assenza di rischio, o meglio, tra situazioni con grado di controllo accettabile
o non accettabile e di conoscere con buona approssimazione, ad una certa
54
entità di esposizione (contagio), quale è la frequenza di danno atteso nel
gruppo di soggetti esposti.
Tuttavia, nonostante questi limiti, la stima del rischio risulta
comunque essenziale e deve ricondursi a categorie conoscitive logiche e
concretamente applicabili
Le fasi della valutazione del rischio biologico, come esposto
precedentemente prevedono :
™ l’identificazione delle attività svolte all’interno del reparto
ospedaliero oggetto della valutazione;
™ l’identificazione dei fattori di rischio presenti all’interno della realtà
lavorativa, in relazione ai quali si può ipotizzare la comparsa di
eventi indesiderati;
™ la determinazione dell’entità di esposizione, in funzione della quale
può variare l’entità del rischio; anche se non esistono limiti di
esposizione utilizzabili come valori soglia per gli agenti biologici,
verranno utilizzati strumenti come il registro infortuni aziendale, dati
presenti in letteratura e campionamenti microbiologici ambientali.
Secondo quanto riportato dalle Linee Guida Simlii del 2005,
“Rischio biologico per i lavoratori della sanità: linee guida per la
sorveglianza sanitaria”, la valutazione del rischio sarà effettuata
considerando:
™ lo svolgimento di attività che comportino assistenza diretta ai
pazienti con possibilità maggiore di entrare in contatto con sangue o
altri fluidi corporei.
Il Decreto del Ministero della Sanità del 04/10/91 e s.m.i, relativo
all’offerta gratuita della vaccinazione per epatite B per i soggetti a
rischio, elencava alcune aree a maggior rischio di contagio in
funzione delle attività svolte tra cui:
-
sale operatorie e sale parto;
-
reparti di chirurgia, ostetricia, ginecologia;
-
rianimazione;
55
-
ambulatori odontoiatrici;
-
emodialisi ed ematologia;
-
immunoematologia e centro trasfusionale;
-
Pronto Soccorso;
-
oncologia;
-
medicina legale e sale autoptiche;
-
malattie infettive;
-
laboratori di analisi.
™ lo svolgimento di Procedure invasive a rischio di esposizione,
Exposure Prone Procedures, che vennero considerate dalla
Commissione Nazionale per la lotta contro l’AIDS quelle con:
-
penetrazione chirurgica in tessuti, cavità, organi o la sutura di ferite
traumatiche maggiori effettuate in sala operatoria o sala parto,
Pronto Soccorso o ambulatorio sia medico che chirurgico;
-
cateterizzazione cardiaca o procedure angiografiche;
-
parto naturale o cesareo, o altre operazioni ostetriche durante le quali
possono verificarsi perdite di sangue;
-
manipolazione, sutura o rimozione di ogni tessuto orale, inclusi i
denti;
-
in generale tutte le altre manovre durante le quali si verificano
sanguinamenti o esiste il rischio che il sanguinamento avvenga.
™ incidenza di infortuni, la valenza a fini preventivi della rilevazione
degli eventi accidentali o degli infortuni che comportano il possibile
contagio con agenti biologici dotati di potenzialità infettiva, anche se
effettuate a posteriori, risultano l’unica strategia perseguibile
laddove il pericolo di contagio (esposizione) non sia presente come
condizione intrinseca nel ciclo produttivo o nell’attività svolta, ma
nasca come evento accidentale, più o meno scarsamente prevedibile
e spesso legato, oltre che alle caratteristiche del lavoro, anche alle
caratteristiche individuali e alle attitudini lavorative del singolo.
56
A tale proposito, si pone l’accento sul fatto che le strategie di
contenimento del rischio biologico trovano un vero ostacolo nella
cosiddetta “assuefazione” al rischio stesso da parte del personale
sanitario esposto, che spesso tende a diminuire la soglia di
percezione e quindi di attenzione nei confronti di questa
problematica
con
l’aumentare
dell’anzianità
di
servizio,
dell’esperienza acquisita e della ripetitività manuale di alcune
operazioni.
La pericolosità e la dannosità di un certo ambiente di lavoro o
di una singola attività lavorativa forniscono delle stime di rischio per
eventi o situazioni già verificatisi.
In questo caso si parla di rischio osservato, osservato per
distinguerlo dalla situazione opposta di rischio atteso in cui il
pericolo, pur presente al momento della valutazione, non é abbinato
al danno, ma la cui comparsa é attesa in un tempo successivo.
É complicato effettuare stime di rischio atteso, poiché diventa
difficile misurare l’entità dell’esposizione ed é quasi impossibile
stimare quale sarà il reale danno ad esse associato.
Il rischio osservato, quindi, va necessariamente calcolato
stimando la pericolosità e la dannosità già manifestatesi, osservate
con accurati programmi di monitoraggio degli eventi accidentali e
degli infortuni a rischio biologico e di sorveglianza dello stato di
salute della popolazione esposta.
™ possibilità o meno di adottare soluzioni atte a limitare i fattori
condizionanti sfavorevolmente le attività lavorative, in quanto
possono incidere sul rischio di infortuni a rischio biologico.
-
Fattori
di
tipo
edilizio/ambientale,
alcune
caratteristiche
edilizio/ambientali possono condizionare il rischio biologico. Ad
esempio, le superfici dei pavimenti, delle pareti e dei soffitti devono
poter essere facilmente puliti e detersi per ottenere condizioni
57
igieniche adeguate, deve essere presente un sistema di ricambio e
filtraggio dell’aria all’interno dei vari reparti, le zone ad accesso
limitato o di pericolo devono essere segnalate in modo chiaro e
visibile, devono essere presenti lavandini attrezzati per il lavaggio
delle mani, degli occhi o nel caso docce di emergenza.
-
Fattori di tipo organizzativo e amministrativo, come ad esempio la
divisione chiara dei ruoli e delle mansioni e la presenza nelle
strutture sanitarie del Comitato per il controllo delle Infezioni
Ospedaliere.
Il CIO, che è stato istituito per la prima volta in Italia in
seguito alla Circolare Ministeriale n. 52/1985 ("Lotta contro le
Infezioni Ospedaliere"), ha come obbiettivo quello di prevenire e
controllare le infezioni ospedaliere tra
pazienti
ed evitarne
l’insorgenza negli operatori sanitari attraverso l’elaborazione di
strategie di lotta e collaborando con il Medico Competente e il
Servizio di Prevenzione e Protezione.
-
Fattori legati a procedure di lavoro, è noto che la presenza condivisa
a livello aziendale e presso ogni unità operativa di disposizioni
scritte, relative alle procedure di lavoro, e di norme comportamentali
sia in condizioni normali che straordinarie (misure di precauzioni
standard e misure di isolamento), diminuisce notevolmente gli
infortuni di rischio biologico tra gli operatori sanitari assieme
all’attuazione delle attività di Medicina Preventiva quali: la
sorveglianza sanitaria, le vaccinazioni, il registro degli esposti ad
agenti biologici di gruppo 3 e 4 e il registro degli infortuni.
-
Fattori legati all’uso di dispositivi di protezione individuale e
collettiva, opportunamente forniti al personale sanitario in base
all’entità del rischio, il quale dovrebbe essere precedentemente
informato e formato sul corretto utilizzo.
-
Fattori legati alla Informazione - Formazione, cioè attuazione a
livello aziendale di programmi di informazione-formazione per tutti
gli operatori sanitari relativi al rischio biologico
58
FASE
PRELIMINARE
DI
VALUTAZIONE
DELL’ESPOSIZIONE AD AGENTI BIOLOGICI
ELABORAZIONE E ANALISI DEI DATI INFORTUNISTICI
DISPONIBILI
Per una iniziale stima del rischio biologico ho consultato il registro
infortuni relativo ai presidi ospedalieri territoriali della ASL di Frosinone
dall’anno 2006 ad i primi 3 mesi del 2012.
Dopo aver inserito al computer i dati infortunistici, li ho analizzati
costruendo tabelle e grafici in modo da poter ottenere informazioni utili per
l’elaborazione di questo testo.
Dal registro infortuni si è deciso di estrapolare solo le informazioni
strettamente necessarie per la valutazione del rischio biologico.
Su un totale di circa 1050 infortuni registrati, circa 620 si sono verificati
soltanto nell’ospedale di Frosinone.
Il seguente grafico mostra per ogni tipologia di infortunio i numeri di
casi accaduti.
59
Gli infortuni a potenziale rischio biologico riguardano le ferite da
punta con aghi potenzialmente infetti, le ferite da taglio soprattutto con
bisturi e vari strumenti e le contaminazioni accidentali con liquidi biologici.
Sommando il numero di questi infortuni, si osserva che gli incidenti a
rischio biologico avvenuti in circa 6 anni sono in totale 216.
Essi rappresentano quindi più del 40% del totale degli infortuni
segnalati dagli operatori sanitari, tendo conto anche del fatto che una parte
degli incidenti non viene notificata da questi ultimi secondo quanto appare
dalla letteratura grigia consultata.
Mettendo a confronto i dati ottenuti relativamente all’ospedale di
Frosinone con quelli condotti da vari studi italiani effettuati dall’Inail, Ispesl
o dall’AIRESPSA, si può affermare che essi non si discostano molto dalla
60
media nazionale e che il rischio biologico nelle strutture sanitarie è
ampiamente diffuso e complesso da valutare.
Nel seguente grafico vengono riportati i numeri degli infortuni per
contaminazione accidentale, ferita da punta e ferita da taglio relativi ai
reparti ospedalieri in cui il rischio è maggiormente presente:
61
Dal grafico si nota che il reparto in cui è stato registrato il maggior
numero di infortuni è senza dubbio il Pronto Soccorso, in cui si sono
verificate 19 ferite accidentali con aghi potenzialmente infetti, 1 ferita da
taglio con attrezzatura e 13 contaminazioni accidentali da parte degli
operatori sanitari con liquidi biologici.
In ordine decrescente per numero di infortuni, seguono i reparti di:
medicina generale, cardiologia, chirurgia generale e sala operatoria,
rianimazione, ortopedia e traumatologia, urologia, malattie infettive,
laboratorio analisi, ematologia ed infine il reparto di ostetricia e ginecologia.
62
Gli operatori sanitari maggiormente coinvolti sono stati gli
infermieri. Si tratta di un dato atteso per il motivo che essi forniscono una
maggiore assistenza diretta ai pazienti, sono quindi esposti al contatto con
liquidi biologici e rappresentano la categoria più numerosa e varia
all’interno della struttura sanitaria.
Da non sottovalutare è il dato che emerge
riguardo gli allievi
infermieri che frequentano quotidianamente i reparti ospedalieri per
praticare il tirocinio formativo. Si presuppone che, data l’inesperienza
lavorativa e una insufficiente informazione e formazione riguardo i rischi in
ambito ospedaliero e le procedure corrette da adottare durante l’attività, essi
risultino una categoria esposta ad un rischio maggiore spesso non percepito
come tale.
Dall’analisi dei dati infortunistici si è potuto dedurre che circa il 75%
delle esposizioni ad agenti biologici è di tipo percutaneo e il restante 25% è
di tipo muco cutaneo.
Nel seguente grafico sono riportati invece i valori associati alle più
frequenti fonti di contaminazione da cui poi ne è derivata l’esposizione
accidentale da parte dei lavoratori della sanità.
Maggiori fonti di esposizione ad agenti
biologici
70%
64%
60%
50%
40%
30%
17%
20%
10%
10%
5%
4%
0%
Ago
Non
spcificato
Strumenti
Bisturi
Paziente
63
EPIDEMIOLOGIA
DELLE
MALATTIE
INFETTIVE
OCCUPAZIONALI A TRASMISSIONE EMATICA
Come osservato dall’analisi dei dati infortunistici, le ferite con ago o
altri oggetti taglienti negli operatori sanitari rappresentano un evento
estremamente frequente nell’ ospedale di Frosinone come del resto in tutti
gli ospedali italiani.
Le infezioni occupazionali acquisite attraverso queste modalità
comprendono una vasta gamma di agenti patogeni, tra i quali per frequenza
di
esposizione,
quelli
maggiormente
considerati
sono
il
virus
dell’immunodeficienza umana HIV, il virus dell’epatite B HBV e il virus
dell’epatite C HCV. Questi, in condizioni ambientali favorevoli, hanno una
resistenza su superfici o oggetti molto alta: il virus dell’epatite B resiste
all’esterno di un organismo ospite fino a 180 giorni, mentre il virus
dell’epatite C e dell’HIV hanno una resistenza di circa 3 giorni.
Il rischio di trasmissione di virus ematici a seguito di un infortunio, varia
a seconda del tipo e dalla gravità dell’esposizione:
-
rischio elevato: ferita profonda o taglio con strumenti o ago cavo
contaminati visibilmente da sangue, o contaminazione congiuntivale
massiva con sangue potenzialmente infetto;
-
rischio medio: puntura o lacerazione con sanguinamento, con
strumenti non visibilmente sporchi di sangue, o contaminazione di
una ferita aperta o della congiuntiva con liquidi contenenti sangue;
-
rischio basso: lesioni superficiali non sanguinanti, contaminazioni di
mucose diverse dalla congiuntiva, contatto prolungato con cute
apparentemente integra.
Non avendo a disposizione dati in merito riguardanti il numero delle
sieroconversioni (sviluppo di una risposta anticorpale nei confronti di una
malattia o di un vaccino evidenziabile con test sierologici) e delle malattie
professionali causate da agenti biologici patogeni, verificatesi nell’ospedale
tra gli operatori sanitari, si ricorre alla letteratura scientifica attualmente
disponibile.
64
In Italia la prevalenza di infezioni da virus ematici nella popolazione
varia in base all’area geografica, alle diverse fasce di età, alle condizioni
socioeconomiche ed alla presenza o meno di specifici fattori di rischio.
In generale, la prevalenza di infezioni da HBV, HCV e HIV nella
popolazione afferente alle strutture sanitarie è stimata rispettivamente
intorno al 2%, al 4% e all’ 1% , (dati I.S.S. 1999).
HBV
L’infezione occupazionale da HBV rappresenta un rischio ben
riconosciuto nell’ambito delle attività legate all’assistenza sanitaria.
Gli studi, ormai da considerare storici, condotti prima dell’avvento
della vaccinazione dimostravano una prevalenza di marcatori di infezione da
HBV tra gli operatori sanitari significativamente più alta di quella
osservabile nella popolazione generale.
La frequenza di epatite B acuta in seguito ad una singola esposizione
percutanea a paziente portatore dell’antigene di superficie dell’HBV
(HBsAg) era stimata, in assenza di interventi, essere compresa tra il 5% in
caso di fonte negativa per l’antigene virale e il 40% in caso di fonte positiva.
La disponibilità di un vaccino efficace sia come prevenzione che
nella gestione post-esposizione ha profondamente modificato tali statistiche.
L’Italia è oggi un paese a bassa endemia, la prevalenza di infezione
per gli operatori sanitari è stimata per HBsAG intorno al 2%. Pur
persistendo un apprezzabile pericolo di esposizione a fonte HBV positiva,
l’infezione occupazionale è divenuta un evento poco probabile.
Nel decennio 1995-2004 l’incidenza di epatite B acuta negli
operatori sanitari e nella popolazione generale è risultata sovrapponibile ed
è in discesa in entrambi i gruppi; negli operatori sanitari al contempo è
significativamente aumentata la copertura vaccinale, che ha raggiunto oltre
l’85% nel 2006, pur persistendo significative differenze tra nord (93%) e
sud (78%) del paese.
65
HCV
Nella popolazione generale italiana la prevalenza di infezione da
HCV oscilla tra lo 0,5 ed il 3% circa, con punte anche molto più elevate a
seconda della zona geografica e dell’età.
La prevalenza di HCV negli operatori sanitari è risultata generalmente
simile a quella della popolazione generale di riferimento, è stimata
anch’essa intorno al 2%.
Negli ultimi anni l’incidenza di epatite C acuta è risultata invece
significativamente più alta negli operatori sanitari rispetto alla popolazione
generale e numerosi casi continuano ad essere osservati. Il tasso di
trasmissione per singola esposizione occupazionale è compreso tra lo 0,5%
e l’1,8%.
Attualmente una profilassi per HCV dopo esposizione ad un paziente
fonte HCV positivo non è raccomandata e gli studi condotti per valutarne la
possibilità hanno finora dato risultati non determinanti.
Invece, sulla base di diversi studi controllati e non, una terapia
precoce durante l’infezione acuta sintomatica o durante i primi sei mesi di
infezione è presa in considerazione per prevenire la cronicizzazione
dell’infezione.
La gestione dell’esposizione occupazionale a HCV dipende pertanto
dall’indicazione o meno al trattamento precoce dell’infezione da HCV.
HIV
Negli ultimi anni le segnalazioni di casi di infezione occupazionale
da HIV nella letteratura sono diminuite, probabilmente anche come effetto
secondario positivo del trattamento dei pazienti e del ricorso alla profilassi
post-esposizione (PPE) con farmaci antiretrovirali. La prevalenza di
infezione da HIV tra gli operatori sanitari è pari allo 0,1%.
Le più recenti segnalazioni sono riferibili a casi associati a resistenza
ai farmaci nel ceppo del paziente fonte o alla mancata assunzione della
profilassi post-esposizione.
66
Dal 1997, quando si sono resi disponibili trattamenti e profilassi di
combinazione efficaci contro l’HIV, al 2007 su un totale di circa 1000
esposizioni ad HIV riportate è stato osservato un solo caso di infezione
perché l’operatore sanitario non ha usufruito della profilassi post
esposizione.
L’utilizzo della PPE negli operatori sanitari esposti per via
percutanea ad HIV è aumentato dopo il 1997, raggiungendo dopo un
decennio solo il 70%.
La stima del rischio di infezione è determinata dal prodotto fra:
-
prevalenza di sieropositività per una data infezione tra i pazienti;
-
probabilità di trasmissione (tasso di sieroconversione);
-
frequenza di incidenti a rischio biologico;
-
stato di immunizzazione degli operatori sanitari;
-
impiego di DPI;
-
esistenza di efficaci misure di profilassi post esposizione.
I tassi di sieroconversione dopo esposizione ad agenti biologi a
trasmissioni ematica sono rispettivamente: per HBV 5-30%, per HCV
0,45% e per HIV 0,13%.
È opportuno che ogni struttura sanitaria produca le proprie stime di
rischio basandosi sui dati effettivi rilevati sui propri dipendenti attraverso i
comuni indici infortunistici, valutandoli alle specifiche procedure aziendali,
alle specifiche mansioni o aree lavorative.
In alternativa si fa riferimento alle stime di rischio disponibili in
letteratura, come nella seguente tabella (linee guida SIMLII, 2005):
67
RANGE %
RANGE %
RANGE %
HBV
HCV
HIV
Medico
0,1 - 2,6
0,02 – 0,6
0.001 – 0,01
Medico chirurgo
0,8 – 11,3
0,8 – 2,7
0,04 – 04
0,5 – 5,7
0,3 – 1,3
0,005 – 0,02
Ostetrica
0,6 – 4,8
0,1 – 1,1
0,006 – 0,02
Tecnico di laboratorio
0,2 – 1,9
0,04 – 0.4
0,002 – 0,007
Ausiliari
0,1 – 2,9
0,02 – 0,7
0,001 – 0,01
PROFILO PROFESSIONALE
Infermiere professionale
EPIDEMIOLOGIA
DELLA
TBC,
MALATTIA
A
TRASMISSIONE AEREA
LA TBC
Globalmente si calcolano circa 2 miliardi di soggetti con infezione
tubercolare, con circa 14 milioni di casi attivi.
In Italia sono stati notificati nel 2008 4.418 casi di TBC. Il tasso di
incidenza è di circa 8/100.000 abitanti.
Il dato reale di rischio tubercolosi nei lavoratori è poco conosciuto,
in quanto pochi studi si sono dedicati a definire la prevalenza e l’incidenza
della tubercolosi in ambito occupazionale. L’unico dato importante a livello
mondiale che si conosce e che è stato ampiamente documentato è l’elevato
rischio di tubercolosi per gli operatori sanitari, rispetto alla popolazione
generale.
Esso può variare anche notevolmente, in base al reparto, alla
specifica mansione, alla prevalenza della TB nella popolazione di
riferimento, al numero dei pazienti infettati con TB afferenti alla struttura
68
sanitaria, nonché alle effettive misure di prevenzione e protezione messe in
atto.
Nel periodo dal 1984 al 1992, fondandosi sui risultati dei test
tubercolinici negli Stati Uniti si è osservato per il personale degli ospedali
un rischio annuale d'infezione tra lo 0,12 e il 10 %, contro lo 0,02-0,08%
nella popolazione generale. Il rischio dipendeva soprattutto dal numero dei
pazienti tubercolotici ammessi in ospedale e dalle condizioni di lavoro
locali.
Negli ultimi 15 anni si è ripetutamente riferito di casi di tubercolosi
nei lavoratori dell'ambito sanitario, da ricondurre a contatti con pazienti
tubercolotici. Il contagio ha avuto luogo soprattutto nell'ambulatorio di
Pronto Soccorso, nel reparto di cure intense, nei reparti di chirurgia e nel
reparto di malattie infettive.
I fattori favorenti la trasmissione degli agenti tubercolari sono stati
segnatamente l'identificazione tardiva di una tubercolosi nel paziente, le
sfavorevoli condizioni di ventilazione con ricircolazione dell'aria e il non
corretto utilizzo di dispositivi di protezione delle vie aeree.
Il D.Lgs 81/2008, in attuazione delle direttive comunitarie, prevede
che, per tali figure professionali, a seguito della valutazione del rischio, sia
predisposta, tra le misure generali di tutela, la sorveglianza sanitaria
obbligatoria.
IL SOPRALLUOGO
Il sopralluogo è un’attività molto importante per la conoscenza
dell’ambiente lavorativo oggetto della valutazione.
Lo scopo principale è quello di individuare ed accertare la presenza
di fattori di rischio per la salute dei lavoratori, andando a valutare
complessivamente la struttura e l’igiene dell’ambiente, il tipo di attività
69
lavorativa e la sua organizzazione, la corretta esecuzione delle procedure
interne e l’utilizzo di dispositivi di protezioni individuali.
IL MONITORAGGIO MICROBIOLOGICO AMBIENTALE
L’interesse per la misura della contaminazione microbica dell’aria si
è particolarmente sviluppato negli ultimi anni.
Questo interesse nasce dalla consapevolezza che i microrganismi
aerodiffusi abbiano potenziali effetti nocivi sulla salute degli individui.
Tutte le tipologie di microrganismi possono essere presenti nell’aria
e sulle superfici: batteri, funghi e protozoi, cosi come alcuni virus capaci di
resistere in un mezzo esterno. Tramite l’aria si diffondono inoltre particelle
di origine microbica quali ad esempio tossine e frammenti cellulari.
Prima dell’inizio della campagna di campionamento e necessario
effettuare un sopralluogo per un’analisi dettagliata del ciclo produttivo,
degli ambienti e delle attività lavorative in essi svolte.
Lo scopo è individuare le possibili fonti di rischio biologico
(sorgenti, serbatoi, amplificatori di carica microbica), in particolare quelle
aerodisperse o veicolabili dall’aria e, di conseguenza, le fasi lavorative o i
punti “critici” ed annotare ogni informazione utile per la definizione di un
dettagliato protocollo di campionamento, fondamentale per la buona riuscita
della campagna di monitoraggio in cui vengono elencati i microrganismi o i
loro prodotti da campionare, le tecniche analitiche da utilizzare, la durata del
campionamento, il numero e la localizzazione dei siti dove effettuare il
monitoraggio. E’ necessario, inoltre, acquisire tramite letteratura scientifica,
eventuali informazioni circa l’esposizione ad agenti biologici nel settore
lavorativo in esame.
Nel caso di attività lavorative che comportino un uso deliberato di
agenti biologici, si procede al monitoraggio di tali agenti, che consente
anche la verifica dell’adozione di corrette procedure operative da parte dei
lavoratori e di idonee misure di contenimento ambientale per evitare la
diffusione degli agenti biologici.
70
Per le attività nelle quali invece non c’è un uso deliberato di agenti
biologici, ma esiste comunque la presenza di microrganismi anche patogeni,
è utile l’applicazione di indici di contaminazione che consentono di valutare
la salubrità dell’ambiente di lavoro anche senza ricercare lo specifico
patogeno eventualmente presente.
La contaminazione microbica è dovuta principalmente a due fattori:
-
la contaminazione diretta da parte di presidi non sterili e dai pazienti
portatori di infezioni;
-
la contaminazione indiretta da parte di agenti microbici aerodispersi.
La sorgente di contaminazione è rappresentata soprattutto dall’uomo e
dai sistemi di ventilazione.
Sulla base di tali considerazioni si è andato sviluppando nel tempo il
concetto di MAM (Monitoraggio Microbiologico Ambientale), un sistema
che si prefigge di quantificare la carica microbica in un ambiente confinato.
Il monitoraggio microbiologico ambientale viene eseguito effettuando
controlli:
-
dell’aria;
-
delle superfici di lavoro.
I parametri microbiologici che vengono generalmente determinati nel
corso del monitoraggio sono:
-
carica batterica totale a 36°C, per la ricerca di batteri mesofili. In
questa categoria si collocano i batteri patogeni convenzionali,
opportunisti e tutti i batteri che costituiscono la flora normale
dell’uomo;
-
carica batterica totale a 20°C, per la ricerca dei batteri psicrofili. In
questa categoria sono compresi tutti i microrganismi saprofiti che
sono in grado di compiere il proprio ciclo vitale a spese di sostanze
organiche in decomposizione, per cui sono in grado di colonizzare il
suolo e gli ambienti umidi;
-
carica micetica totale, i funghi di interesse comprendono muffe e
71
lieviti. La determinazione del parametro micetico nei campioni
ambientali è necessaria poiché la loro presenza è spesso correlata
alla presenza di polvere e può essere considerevole in presenza di
elevata umidità;
-
Staphylococcus
spp.:
sono
batteri
Gram
positivi
e
sono
numericamente i più rappresentati nella popolazione microbica
normale della cute e delle alte vie respiratorie dell’uomo. Alcune
specie sono patogene.
-
Legionella spp.: sono batteri Gram negativi, il loro riscontro negli
impianti idrici e di ventilazione è di notevole importanza perchè essi
possono causare infezioni anche gravi dell’apparato respiratorio.
In tutti i tipi di campionamento, le cellule microbiche sospese nell’aria o
presenti sulle superfici vengono prelevate e fatte moltiplicare su idonei
terreni di coltura, in modo da poterle poi quantificare ed eventualmente
identificare.
I metodi di monitoraggio che prevedono la conta batterica su terreno
solido e liquido sono in grado di rilevare solo la frazione microbica vitale
metabolicamente attiva e, di conseguenza, in grado di riprodursi e di
formare colonie visibili.
E’ da precisare che la dispersione dei microrganismi nell’aria e la
loro resistenza, la temperatura e l’umidità ambientale, e le stesse tecniche di
campionamento possono determinare una condizione di stress per i
microrganismi stessi, compromettendone la vitalità e la capacità di
riprodursi su un terreno di coltura, comportando una possibile sottostima del
rischio biologico.
Controllo dell’aria
L’aria è veicolo di contaminazione per molti microrganismi patogeni,
per questo motivo le aree nelle strutture sanitarie sono dotate di sistemi di
filtrazione dell’aria a vari livelli di efficienza che minimizzano la presenza
di microrganismi. E’ dunque necessario un controllo costante di tali aree per
72
valutare l’efficacia dei sistemi di filtrazione e garantirne il buon
funzionamento con il monitoraggio.
™ Campionamento attivo
Sono a disposizione diversi modelli di campionatori attivi, Surface
Air Sistem, basati su vari principi di funzionamento. Essi aspirano
volumi predeterminati di aria, convogliandoli su un terreno di
coltura liquido o solido. I microrganismi presenti nell’aria
aderiscono al terreno e, dopo un adeguato periodo di incubazione,
danno origine a colonie visibili a occhio nudo, che si possono
numerare e, dopo isolamento, identificare.
Il livello di contaminazione microbica si esprime come Unità
Formanti Colonie (UFC) per metro cubo di aria secondo la formula:
UFC/m3 = ( Numero colonie cresciute / Volume di aria campionato
espresso in litri ) × 1000.
Questo metodo di campionamento ha il vantaggio di permettere
l’aspirazione di grandi volumi di aria confinata, minimizzando le
differenze di distribuzione dei batteri dovute alle correnti, alla
temperatura e alle dimensioni degli aggregati aerodispersi.
™ Campionamento passivo
Nel campionamento passivo si espongono nell’ambiente in
esame, per opportuni intervalli di tempo, piastre contenenti idoneo
terreno di coltura. Su di esse si raccolgono per sedimentazione i
microrganismi veicolati da particelle solide o liquide sospese
nell’aria con diametro superiore ai 10 micron. Dopo opportuna
incubazione delle piastre, si procede alla conta del numero di colonie
cresciute.
L’efficienza
di
raccolta
dipende
dalle
caratteristiche
aerodinamiche delle particelle e dal grado di ventilazione
dell’ambiente.
73
Il metodo maggiormente utilizzato a livello igienistico è
l’Indice Microbico Aria (IMA), il quale esprime il grado di
inquinamento microbiologico dell’aria come numero di unità
formanti colonia (UFC) che si contano in una piastra Petri.
Essa, contenente agar nutriente viene lasciata aperta
nell’ambiente per un’ora, ad un metro da terra e ad un metro da ogni
ostacolo fisico rilevante e successivamante messa in incubazione a
condizioni di tempo e temperatura stabilite.
L’utilizzo di piastre di sedimentazione, rispetto al campionamento
volumetrico dell’aria, presenta il vantaggio di essere più semplice ed
economico. Esso è particolarmente vantaggioso per il monitoraggio
dell’inquinamento microbiologico in una camera operatoria o in una camera
asettica, in quanto permette di avere una stima diretta del numero di
microrganismi che si depositano sugli oggetti o sulle superfici presenti in
questi luoghi. I campionatori volumetrici, invece, misurando il numero
totale di microrganismi vitali presenti nell’aria, forniscono solo un indice
indiretto della probabile contaminazione di oggetti o prodotti. Le piastre a
sedimentazione, infine, possono essere più facilmente posizionate in
vicinanza delle zone di possibile inquinamento.
II metodo passivo presenta tuttavia diversi svantaggi: non è
quantitativo, non permette cioè di correlare il numero di microrganismi a un
volume noto di aria ed ha una bassissima sensibilità. E’ dimostrato, infatti,
che esso rileva una carica ambientale notevolmente minore rispetto a quella
misurabile con il campionamento attivo effettuato con il S.A.S.
L’efficienza di questo metodo viene influenzata da fattori non
sempre riproducibili e controllabili, quali: distribuzione non uniforme dei
microrganismi nell’aria, diversa dimensione dei microrganismi e di
conseguenza diversa velocità di sedimentazione delle particelle vitali,
temperatura dell’ambiente, ridotti volumi di aria campionati.
74
Controllo delle superfici
La contaminazione delle superfici è causata dalla deposizione del
bioaerosol sospeso nell’aria (fall out microbico), o dal contatto con l’uomo
o materiali contaminati.
Oggetto di valutazione possono essere pareti e superfici sia di piani che di
apparecchiature e utensili di lavoro.
Si possono utilizzare diverse tecniche quali:
™ applicazione di piastre Petri di tipo a contatto;
™ tamponi o spugne sterili, nel caso di superfici bagnate o irregolari;
™ slides flessibili.
Questi metodi di campionamento consentono di determinare, dopo un
idoneo periodo di incubazione, il valore di UFC riferito all’area di contatto
della piastra con la superficie interessata dal prelievo. Il campionamento
delle superfici può essere eseguito anche mediante l’utilizzo di un
applicatore temporizzato a peso standardizzato, per assicurare maggiore
omogeneità di pressione della piastra sulla superficie stessa e pertanto
migliore riproducibilità e comparabilità del dato.
I risultati del monitoraggio consentono di verificare l’efficacia delle
procedure di pulizia eventualmente adottate.
Ovviamente, il rinvenimento di microrganismi patogeni e funghi
produttori di tossine costituisce di per se un elemento di rischio,
indipendentemente dalle concentrazioni osservate.
In campo ospedaliero la necessità di monitorare il livello di
contaminazione microbica dell’aria è oramai riconosciuta ed in molti Paesi
sono state approvate norme ufficiali relative a vari settori produttivi.
In Italia, Dacarro e collaboratori hanno proposto un altro tipo di
approccio per la valutazione delle cariche batteriche e fungine ambientali da
correlare ad un giudizio sulla qualità dell’aria. Tale approccio si avvale
dell’utilizzo di particolari “indici di contaminazione microbiologica”.
Poichè diverse sono le categorie microbiche che concorrono alla genesi
dell’inquinamento microbiologico indoor, viene proposto l’indice globale di
75
contaminazione, IGCM per la misura complessiva dell’inquinamento
microbico ambientale:
™ IGCM, è dato da : UFCbat (37°C) + UFCbat (20°C) + UFCmic.
Le UFCbat (37°C) e (20°C) sono le UFC di batteri per m3 d’aria, che si
sono sviluppate incubando i campioni rispettivamente a 37°C e a 20°C.
Le UFCmic sono le UFC fungine per m3 d’aria, determinate dopo
incubazione dei campioni a 20°C.
L’indice di contaminazione da batteri mesofili ICM consente, invece, di
valutare il contributo all’inquinamento da parte dei batteri di origine umana
e animale, tra i quali possono essere presenti specie potenzialmente
patogene.
Negli ambienti confinati tale indice riveste fondamentale importanza
ai fini della valutazione dell’efficienza dei ricambi d’aria:
ICM = UFCbat (37°C) / UFCbat (20°C)
L’indice di amplificazione IA permette di analizzare le differenze tra
i livelli di contaminazione esterni ed interni, conseguenti alla attività
lavorativa svolta:
IA = IGCM/m3 (interno) / IGCM/m3 (esterno)
Valori di IGCM/metro3 inferiori a 500 vengono associati, dagli Autori, alla
categoria di contaminazione microbica “molto bassa”, mentre valori di
IGCM/m3
superiori
a
1000
sono
collegati
ad
una
significativa
contaminazione microbica ambientale.
Ricerca di Legionella spp. nell’impianto idrico e nell’impianto di
condizionamento e ventilazione dell’aria in ambiente ospedaliero.
Le legionelle possono essere responsabili di forme infettive anche
gravi dell’apparato respiratorio. Esse si sono progressivamente imposte nel
panorama sanitario nazionale e internazionale, al punto da indurre
l’istituzione di un sistema di sorveglianza a livello europeo, di un Registro
76
Nazionale della Legionellosi e l’emanazione di apposite linee guida
sull’argomento, per il controllo del rischio di esposizione.
Legionella spp. in particolare Legionella pneumophila, sono incluse
nelle liste degli agenti biologici di cui al D.Lgs. 81/08, allegato XLVI.
Il Datore di Lavoro è obbligato a procedere alla valutazione del
rischio specifico per le sue implicanze sulla salute dei pazienti e degli
operatori sanitari.
Le legionelle si trovano comunemente negli habitat acquatici
naturali, ma possono in condizioni ambientali favorevoli, colonizzare siti
artificiali come le reti di distribuzione dell’acqua potabile, i sistemi di acqua
calda sanitaria, i sistemi di climatizzazione e ventilazione e quant’altro.
Una inadeguata progettazione, installazione e manutenzione degli
impianti idrici e aeraulici degli edifici, può trasformare tali impianti in
serbatoi e sorgenti di disseminazione batterica importante, anche a distanza,
attraverso
fenomeni
di
turbolenza
o
aerosolizzazione
di
acqua
(condizionatori, lavabi, docce), con conseguente sviluppo di aerosol
contaminato. Nei casi in cui se ne sospetti la presenza, si deve procedere alla
ricerca di Legionella in campioni di acqua prelevati in punti rappresentativi
dell’impianto della struttura in esame.
Gli ospedali sono ambienti a rischio legionellosi perché molti di essi
presentano tubazioni obsolete e complesse e per il fatto che l’acqua calda
sanitaria viene mantenuta intorno ai 45°C-50°C.
Al termine della campagna di analisi, deve essere predisposto un
referto.
Allo scopo di formulare un giudizio sulla qualità microbiologica
dell’ambiente di lavoro e sulla possibile esposizione del personale, è utile
confrontare i valori ottenuti con riferimenti disponibili ed esprimere un
giudizio in termini di contaminazione molto bassa, bassa, media, alta,
altissima. Si tratta comunque di giudizi indicativi basati su una scala di
livelli di contaminazione suscettibile di modifiche.
77
VALUTAZIONE
DEL
RISCHIO
BIOLOGICO
NEL
PRONTO SOCCORSO
Il Pronto Soccorso è un' unità operativa dell' ospedale dedicata ai
casi di emergenza-urgenza in cui ai pazienti vengono prestate le prime cure.
Si tratta di un reparto a rischio biologico nel quale vengono eseguite
prestazioni di assistenza diretta ai pazienti in condizioni di grande stress ed
impegno professionale, comportanti lo svolgimento di attività
spesso
invasive e l’esposizione continuativa degli operatori sanitari ad agenti
biologici per contatto diretto o indiretto con il paziente fonte.
Il rischio biologico in questa struttura non è dato da un uso
deliberato dei microrganismi ma da una potenziale presenza, più o meno
alta, conseguente alle attività lavorative e alla numerosa presenza di soggetti
che ogni giorno si recano al Pronto Soccorso per ricevere assistenza con
patologie infettive o non ancora chiaramente diagnosticate.
Dal sopralluogo effettuato all’interno della struttura sono state
acquisite svariate informazioni utili alla valutazione del rischio biologico.
Complessivamente operano nel Pronto Soccorso 66 operatori sanitari, in
particolare:
-
17 medici;
-
35 infermieri;
-
14 ausiliari. L’attività prevista nel Pronto Soccorso viene svolta attraverso aree
organizzate, in particolare:
-
ingresso e camera calda;
-
spazio triage;
-
sala di attesa post triage per pazienti in barella e non ed eventuali
accompagnatori;
-
sale per la gestione dell’emergenza;
-
ambulatori visita e trattamenti,
-
osservazione breve;
78
-
locale infermieri e medici;
-
segreteria e archivio;
-
servizi igienici distinti per personale ed utenti;
-
deposito materiale pulito;
-
deposito materiale sporco;
-
locale per la pulizia e sanificazione degli strumenti;
-
deposito barelle, sedie a rotelle ed altri oggetti.
Le attività a rischio che gli infermieri, i medici e gli ausiliari svolgono
all’interno del Pronto Soccorso sono svariate e alcune di esse sono comprese
nelle EPP, ovvero procedure invasive a rischio di esposizione.
Alcuni esempi possono essere:
-
interventi di chirurgia minori;
-
incannulazione, manipolazione delle vie arteriose o venose;
-
prelievi o iniezioni endovenose e intramuscolari;
-
interventi di Pronto Soccorso;
-
biopsie e agoaspirati;
-
intubazione naso-oro tracheale,
-
cistoscopia; broncoscopia, isteroscopia;
-
trachoestomia o manipolazione cannule tracheostomiche;
-
manipolazione stomie e drenaggi;
-
visita medica;
-
medicazioni di ferite e ustioni;
-
puntura lombare, sternale;
-
manipolazioni e trasporto contenitori di materiale biologico per
analisi di laboratorio;
-
tricotomia;
-
svuotamento, lavaggio contenitori di materiale biologico.
79
DATI
RELATIVI
AGLI
INFORTUNI
A
RISCHIO
BIOLOGICO NEL PRONTO SOCCORSO DI FROSINONE
DALL’ANNO 2006 AD I PRIMI TRE MESI DEL 2012
Si è potuto osservare che nel periodo di osservazione, nel reparto di
Pronto Soccorso si sono verificati 30 casi, ossia il maggior numero di
incidenti a rischio biologico tra gli operatori sanitari, rappresentando circa
il 15% del totale.
Questo dato è non è in linea con i relativi studi scientifici presenti in
letteratura, eseguiti a livello nazionale da vari istituiti, enti e gruppi di
ricerca.
Essi forniscono come reparto ospedaliero, in cui si verificano i più
alti casi di infortuni a rischio biologico, la sale operatoria e non i locali di
Pronto Soccorso come avviene in questo caso.
Gli incidenti sono distribuiti negli anni nel seguente modo:
80
Nel grafico non sono presenti i numeri di incidenti avvenuti nel
2012, dato che la ricerca è stata condotta fino ai primi tre mesi del 2012 non
ne era ancora stato segnalato alcuno in Pronto Soccorso.
Si sono verificate complessivamente negli anni considerati:
19 punture accidentali con aghi potenzialmente infetti, una ferita da taglio
con strumentazione e 10 contatti mucocutanei con liquidi biologici,
specialmente sangue ed urina.
Le punture accidentali con aghi potenzialmente infetti sono avvenute
principalmente nel corso di operazioni quali i prelievi ematici e la
somministrazione di terapia per via endovenosa. Solo in un caso di incidente
si conosceva lo stato della fonte, cioè il paziente era affetto da HCV.
In linea con quanto mostrato in un altro grafico, gli operatori sanitari
che sono stati esposti ad agenti biologici in Pronto Soccorso risultano essere
maggiormente gli infermieri, seguiti dai medici ed infine dagli ausiliari. Più
precisamente sono stati coinvolti 21 infermieri, 5 medici e 4 ausiliari.
In mancanza di dati specifici sull’ospedale di Frosinone riguardo
l’epidemiologia delle malattie infettive presenti e di dati riguardo la
sorveglianza sanitaria e la prevalenza delle infezioni occupazionali, si ci
limita a mostrare, come nella seguente tabella, una lista delle più comuni
malattie infettive, sia virali che batteriche e delle parassitosi, alle quali gli
operatori sanitari possono essere esposti durante l’attività lavorativa in
Pronto Soccorso e le relative modalità di trasmissione:
Malattie
Modalità di trasmissione
Epatite B, E e Aids
Trasmissione ematica
Morbillo e varicella, tubercolosi
Trasmissione aerea
Meningiti, polmoniti, scarlattina, pertosse,
parotite, rosolia, comuni influenze.
Trasmissione mediante droplets
Infezioni gastrointestinali o enteriche, epatite A,
infezioni della cute, ulcere, scabbia, pediculosi,
Trasmissione per contatto sia diretto che indiretto
congiuntiviti virali o emorragiche
81
CALCOLO DEL RISCHIO BIOLOGICO
Procedendo al calcolo del rischio biologico sono stati utilizzati due metodi,
che se pur diversi hanno dato risultati simili tra loro.
™ PROGRAMMA INFORMATICO BLU MATICA SAFTEY
Il processo adottato si articola in:
-
identificazione degli agenti biologici;
-
indicazione dei livelli di contenimento adottati;
-
identificazione di specifiche procedure di sicurezza adottate;
-
identificazione degli eventuali rischi;
-
indicazione delle misure di prevenzione e protezione specifiche in
funzione dei rischi individuati
Nella seguente tabella vengono elencati alcuni tra i più comuni agenti
biologici presenti o comunque possibili nel Pronto Soccorso:
82
AGENTE BIOLOGICO
Denominazione agente
biologico
RILIEVI
PATOLOGIE E MODALITA’ DI TRASMISSIONE
Tipologia
Gruppo
BLS
A
T
V
D
Patologie
Virus dell'epatite C
Virus dell'epatite B
Virus dell'epatite A (enterovirus
dell'uomo 72)
Virus Influenzale tipi A, B e C
Virus
Virus
Gruppo 3
Gruppo 3
3
3
NO
NO
NO
NO
NO
SI
SI
SI
epatite cirrosi cancro
Virus
Gruppo 2
2
NO
NO
SI
NO
Epatite A
Virus
Gruppo 2
2
NO
NO
SI
NO
Herpesvirus varicella-zoster
Virus
Gruppo 2
2
NO
NO
NO
NO
Virus del morbillo
Virus
Gruppo 2
2
NO
NO
SI
NO
Virus
Gruppo 2
2
NO
NO
NO
NO
Virus
Gruppo 2
2
NO
NO
SI
NO
Virus
Gruppo 3
3
NO
NO
NO
SI
AIDS
Batteri e simili
Gruppo 2
2
NO
NO
SI
NO
Enterobacter spp
Batteri e simili
Gruppo 2
2
NO
NO
NO
NO
Legionella pneumophila
Batteri e simili
Gruppo 2
2
NO
NO
NO
NO
Haemophilus influenzae
Mycobacterium tuberculosis
Neisseria meningitidis
Batteri e simili
Batteri e simili
Batteri e simili
Gruppo 2
Gruppo 3
Gruppo 2
2
3
2
NO
NO
NO
NO
NO
NO
SI
SI
SI
NO
NO
NO
Streptococcus pneumoniae
Batteri e simili
Gruppo 2
2
NO
NO
NO
NO
Pertosse
Enterite - Gastroenterite Infezione delle vie
urinarie - Tifo o Febbre
tifoide
Legionellosi (Febbre di
Pontiac)
Influenza
Tubercolosi
Meningite
Batteriemia - Endocardite
- Infezioni dell'orecchio
od Otite - Meningite Pericardite - Polmonite
Parassiti
Gruppo 2
2
NO
NO
NO
NO
Parassiti
Gruppo 3
3
NO
NO
NO
NO
Funghi
Gruppo 3
3
NO
NO
NO
NO
Candida albicans
Funghi
Gruppo 2
2
SI
NO
NO
NO
Trichophyton spp
Funghi
Gruppo 2
2
NO
NO
NO
NO
TO
TC
TE
TV
tI
SI
SI
SI
SI
SI
20-150 giorni
50-180 giorni
SI
15-30 giorni
SI
Varicella (V. Varicella
Zoster)
Affezioni respiratorie Morbillo - Parotite
Virus della congiuntivite
emorragica (AHC)
Virus della parotite
Virus della sindrome di
immunodeficienza umana
Bordetella pertussis
Giardia lamblia (Giardia
intestinalis)
Echinococcus multilocularis
Histoplasma capsulatum var.
capsulatum
TA
SI
SI
SI
SI
Gastroenterite
SI
SI
SI
SI
6 MESI-5-8
ANNI
7-10 giorni
SI
SI
5-10 giorni
SI
SI
SI
SI
SI
SI
SI
Micosi cutanee - Micosi
profonde
Dermatomicosi
SI
3-5 giorni
SI
Legenda: TA trasmissione aerea, TO trasmissione oro fecale, TC trasmissione cutanea, TE trasmissione ematica, TV trasmissione verticale, tI tempo di incubazione.
83
La valutazione viene effettuata determinando un indice numerico calcolato
in base alla relazione che lega la probabilità che si verifichi un evento
pericoloso e il danno che ne consegue, attraverso la formula:
R = D × P.
Si fa quindi riferimento ad un calcolo effettuato con una matrice di
valutazione, come riportato nel capitolo precedente.
™ Calcolo del danno L’Allegato XLVI del D.Lgs. 81/08 riporta la classificazione
dei più noti agenti biologici che possono provocare malattie, effetti allergici
o tossici nell’uomo, suddivisi in 4 gruppi in base alle loro caratteristiche di
patogenicità, infettività, trasmissibilità e neutralizzabilità.
Il valore della stima del danno risulta essere il numero
corrispondente al Gruppo di classificazione più alto tra gli agenti biologici
presenti o ipotizzabili: in particolare, se l’agente biologico presente più
pericoloso appartiene al gruppo 4 il D = 4, se l’agente biologico più
pericoloso appartiene al gruppo 3 il D = 3, se l’agente biologico più
pericoloso presente appartiene al gruppo 2 il D = 2 e se l’agente biologico
più pericoloso appartiene al gruppo 1 il D = 1. In particolare, gli agenti biologici più pericolosi a cui possono essere
esposti i lavoratori del Pronto Soccorso risultano appartenere al gruppo 3
(Mycobacterium tuberculosis, HIV, HCV, HBV). Il danno assumerà quindi
il valore di 3.
D=3
™ Calcolo della probabilità
Per il calcolo della probabilità P, viene utilizzata la seguente
formula proposta da ARPA ed INAIL:
P = C × Σ [ ( F1 : F6 ) + 1 ] / 7
84
In questa formula:
-
C rappresenta la contaminazione presuntiva degli agenti utilizzati
con valore numerico pari al danno.
C=3
-
I fattori F sono invece rappresentativi delle quantità e frequenza
delle manipolazioni degli agenti biologici, delle caratteristiche
ambientali, delle procedure adottate, utilizzo di DPI, valutati in corso
di sopralluogo e, della formazione informazione degli gli operatori
sanitari.
F1 Quantità di campione o sostanza potenzialmente infetta
manipolata per turno lavorativo e anche in una singola
manipolazione di elevate quantità:
F1
PUNTEGGIO
BASSA (piccoli quantitativi)
MEDIA (quantitativi
inferiori a 500 gr 500 ml)
ALTA (quantitativi superiori
ai 500 gr o 500 ml)
NON ATTINENTE
0
0,5
1
0
Nel Pronto Soccorso si manipolano campioni e sostanze infette superiori ai
500 ml o 500 gr al giorno. Si attribuisce quindi valore per F1 = 1
85
F2 Frequenza di manipolazione di sostanze potenzialmente
infette:
F2
PUNTEGGIO
Frequenza BASSA (una o poche volte al mese)
0
Frequenza MEDIA (una o poche volte alla settimana)
0,5
Frequenza ALTA (almeno giornaliera)
1
NON ATTINENTE
0
Data la tipologia lavorativa del Pronto Soccorso, la manipolazione di
sostanze probabilmente infette si verifica continuamente durante
l’intera giornata. Per questo motivo si attribuisce valore per F2 = 1
F3 Caratteristiche strutturali:
F3
SI / NO
Pavimenti e pareti lisce e lavabili
Si
Superfici di lavoro lisce e lavabili
Si
Presenza di lavandini in ogni locale
Si
Presenza di lavaocchi ove necessari
No
Adeguato ricambio di aria naturale o artificiale
Si
Illuminazione adeguata
Si
Cappe biohazard funzionanti e correttamente mantenute
Armadietti con compartimenti separati
Non
presenti
Si
86
Sono presenti tutte le attrezzature necessarie all’interni dei locali di
lavoro
Se le caratteristiche considerate sono positive in 6 casi su 9, esse
sono considerate adeguate e il valore corrispondente, come in questo
caso, di F3 = 0
Se sono positive in 5 casi su 9 sono considerate come parzialmente
adeguate e il punteggio di F3 sarà uguale a 0,5.
Se le caratteristiche considerate sono invece positive in 4 casi o
meno, esse sono considerate non adeguate e il punteggio di F3 sarà
uguale a 1.
F4 Buone pratiche e norme igieniche:
F4
ADEGUATE buone pratiche esistenti e
diffuse a tutto il personale esposto
PUNTEGGIO
0
PARZIALMENTE ADEGUATE buone
pratiche esistenti ma formazione non
0,5
effettuata
NON ADEGUATE buone pratiche non
esistenti
1
All’interno del Pronto Soccorso sono presenti buone pratiche e
adeguate norme igieniche, F4 = 0
87
F5 Frequenza e utilizzo di DPI idonei per rischio biologico:
F5
ADEGUATO tutto il personale è dotato
di tutti i DPI necessari (100%)
PUNTEGGIO
0
PARZIALMENTE ADEGUATO non
tutto il personale è dotato o non è stato
0,5
fornito anche un solo DPI (<100%)
NON ADEGUATO il personale dotato
di DPI idonei è meno del 50% oppure
1
alcuni DPI non sono stati forniti
Tutti il personale all’interno del Pronto Soccorso è dotato di
DPI necessari e idonei, F5 = 0
F6 Formazione e informazione:
F6
PUNTEGGIO
ADEGUATA tutto il personale esposto
a rischio biologico ha ricevuto la
0
formazione e informazione specifica
PARZIALMENTE ADEGUATA solo
parte del personale esposto a rischio
biologico ha ricevuto la formazione e
0,5
informazione specifica (più del 50%)
NON ADEGUATA nessuno o pochi
lavoratori esposti a rischio biologico ha
1
ricevuto la formazione e l’informazione
88
specifica
La formazione/informazione degli operatori del Pronto
Soccorso risulta esser parzialmente adeguata, non tutto il personale è
stato formato e informato riguardo il rischio biologico e le corrette
procedure da adottare, F6 = 0,5
Dopo aver assegnato i relativi punteggi ai tutti i fattori F, si
procede al calcolo della probabilità con la specifica formula sopra
descritta, in questo caso:
P = 1,50
Si procede quindi alla valutazione finale dell’ entità del
RISCHIO in base alla combinazione dei due precedenti fattori e
mediante l’utilizzo della seguente MATRICE di valutazione,
ottenuta a partire dalle curve Iso-Rischio:
MATRICE DI VALUTAZIONE
4
DANNO D
GRAVISSIMO
GRAVE
MODESTO
3
2
1
LIEVE
4
2
3
4
4
(4)
(8)
(12)
(16)
2
3
3
4
(3)
(6)
(9)
(12)
1
2
3
3
(2)
(4)
(6)
(8)
1
1
2
2
(1)
(2)
(3)
(4)
1
2
3
4
0
0
2
3
MOLTO
PROBABILE
1
PROBABILE
IMPROBABILE
2
POSSIBILE
PROBABILITA’ P
3
4
89
RISCHIO 1
MOLTO BASSO
1≤D×P≤2
RISCHIO 2
BASSO
2<D×P≤4
RISCHIO 3
MEDIO
4<D×P≤9
RISCHIO 4
ALTO
9 < D × P ≤ 16
SCHEDA DI VALUTAZIONE
UNITÁ OPERATIVA DI PRONTO SOCCORSO “ F. SPAZIANI” DI
FROSINONE
Valutazione finale
Entità del danno D
3
MEDIO
Probabilità di accadimento P
1,50
POSSIBILE
RISCHIO ATTIVITÁ
ANALIZZATA (P × D)
4,50
MEDIO
90
™ Il metodo di valutazione che viene anche suggerito dalle LINEE
GUIDA SIMLII 2005, che indica un approccio meno complesso, si
basa sull’assunto che nelle aziende sanitarie, nello specifico
nell’unità di Pronto Soccorso, il pericolo biologico è ubiquitario e
per tutti gli operatori sanitari e non è completamente eliminabile.
Per definire se e di che entità sia il rischio biologico, è
necessario valutare in che modo si esplica l’attività lavorativa nella
struttura considerata e valutare la presenza o meno di requisiti
essenziali tipici.
Si eseguono attività di
assistenza diretta ai
pazienti con
manipolazione di
campioni biologici
NO
CLASSE DI
RISCHIO 0
TRASCURABILE
SI
Durante l’attività
lavorativa vengono
svolte procedure
invasive o EPP
NO
CLASSE DI
RISCHIO 1
LIEVE
SI
Sono presenti carenze
Organizzative,
Strutturali,
Formative,
DPI, DPC
NO
CLASSE DI
RISCHIO 2
MEDIO
91
SI
CLASSE DI
RISCHIO 3
ALTO
CLASSE DI
RISCHIO
TIPOLOGIA ATTIVITÁ
Gli operatori sanitari non eseguono assistenza diretta ai pazienti e
non manipolano materiali biologici.
TRASCURABILE
RB 0
gli operatori sanitari effettuano assistenza diretta ai pazienti e
LIEVE
RB 1
manipolano materiali biologici.
gli operatori sanitari eseguono procedure invasive ad elevato
rischio di esposizione con materiale biologico.
MEDIO
RB 2
gli operatori sanitari eseguono attività di assistenza diretta al
paziente, manipolazione campioni biologici, o di procedure
invasive a rischio di esposizione in condizioni tecniche,
strutturali, organizzative e procedurali insufficienti o sfavorevoli.
ALTO
RB 3
SCHEDA DI VALUTAZIONE
UNITÁ OPERATIVA DI PRONTO SOCCORSO “ F. SPAZIANI” DI
FROSINONE
Svolgimento di attività che comportino assistenza diretta a pazienti e
manipolazione di materiali biologici?
SI
Svolgimento di Procedure Invasive a Rischio di Esposizione?
SI
Sono presenti carenze Organizzative, Strutturali, Formative,
DPI, DPC
NO
Conclusioni: gli operatori sanitari sono esposti a rischio medio.
RB
2
92
GESTIONE DEL RISCHIO E
PREVENZIONE E PROTEZIONE
GLI
STRUMENTI
DI
In base all’entità del rischio calcolata mediante i precedenti modelli,
si interverrà, entro un termine di tempo stabilito, utilizzando gli strumenti di
prevenzione e protezione disponibili e attuando misure correttive o di
miglioramento al fine di tutelare la salute e sicurezza del personale
nell’ambiente di lavoro.
Le misure di contenimento applicate, relative al Gruppo più
rischioso (Gruppo 3) sono qui di seguito riportate e corrispondono al Livello
Terzo di BIOSICUREZZA:
-
non mangiare, bere, fumare, fiutare tabacco, truccarsi e conservare
alimenti nei locali di lavoro;
-
indossare un camice da laboratorio o altri indumenti protettivi
-
evitare la formazione di aerosol;
-
lavarsi le mani dopo ogni fase di lavoro e ogni volta che si lascia il
locale di lavoro;
-
tenere puliti e in ordine i locali di lavoro, tenere a portata di mano
soltanto i materiali e gli apparecchi occorrenti;
-
conservare le riserve nei locali e negli armadi predisposti;
-
effettuare l’ informazione e formazione specifica, informando i
lavoratori sui possibili pericoli derivanti dall’espletamento delle
rispettive mansioni;
-
effettuare una sorveglianza adeguata, verificando l’osservanza delle
regole indicate;
93
-
effettuare controlli biologici periodici, anche al fine di accertare la
validità delle procedure di disinfezione utilizzate;
-
combattere costantemente i parassiti;
-
l'aria immessa nella zona di lavoro e l'aria estratta vengono filtrate
attraverso un ultrafiltro (HEPA) sull’aria estratta;
-
l’accesso è limitato alle persone autorizzate;
-
vengono impiegate specifiche procedure di disinfezione;
-
la zona di lavoro è realizzata in modo tale da poter essere chiusa a
tenuta per consentire la disinfezione;
-
viene effettuato un controllo efficace dei possibili vettori;
-
i banchi di lavoro ed il pavimento sono realizzati con superfici
idrorepellenti e di facile pulitura;
-
le superfici sono resistenti agli acidi, agli alcali, ai solventi, ai
disinfettanti;
-
gli ambienti di lavoro contengono tutte le attrezzature a loro
necessarie;
-
vengono impiegati idonei mezzi e procedure per il trattamento dei
rifiuti.
94
LE PRECAUZIONI UNIVERSALI
Nell’ambito della prevenzione del RB, accanto agli interventi
sull’ambiente e all’adozione di dispositivi ed attrezzature utilizzate per
impedire la trasmissione delle infezioni, è di fondamentale importanza
l’adozione di procedure e di una organizzazione del lavoro tale da rendere
efficaci i sistemi di barriera per gli AB.
Le procedure di lavoro infatti permettono al lavoratore e all’azienda
di seguire percorsi studiati per contenere o eliminare il rischio come ad
esempio l’isolamento di un paziente infetto contagioso.
Il più recente e valido contributo al controllo delle infezioni in ambito
ospedaliero, trasmesse da paziente ad operatore sanitario, è stato apportato
dalla pubblicazione nel 1996 di linee guida per le misure di isolamento
destinate a ridurre il rischio di trasmissione di agenti biologici in ambito
ospedaliero da parte dei CDC di Atlanta (USA). Le indicazioni contenute
nelle linee guida sono destinate a tutti gli operatori sanitari e sono state
formulate con particolare attenzione alla semplificazione delle procedure ed
al rapporto costo-efficacia.
Le linee guida identificano 2 livelli di precauzioni di isolamento.
Al primo e più importante livello vi sono le precauzioni indicate per
l’assistenza di tutti i pazienti in ospedale, indipendentemente dalla diagnosi
o dalla presenza o meno di infezione. Esse sintetizzano in una singola serie
le Precauzioni Universali, che riguardano l’esposizione professionale ai
patogeni trasmessi per via ematica e l’isolamento da liquidi biologici.
Le Precauzioni Standard devono pertanto essere applicate al sangue e a tutti
i liquidi corporei, secrezioni, ed escrezioni escluso il sudore e per ogni
paziente prescindendo dalla conoscenza o meno del loro stato di salute.
95
Al secondo livello vi sono le precauzioni destinate all’assistenza di
pazienti di cui è nota o sospettata un’infezione da parte di un AB. Esse
integrano le precauzioni standard e vengono applicate in base alla modalità
di trasmissione degli agenti biologici, che può essere mediante aria,
goccioline o contatto con cute asciutta o con superfici contaminate.
Le precauzioni in generale riguardano:
-
igiene delle mani;
-
dispositivi di protezione individuale;
-
presidi e attrezzature assistenziali contaminate;
-
sanificazione ambientale;
-
biancheria e teleria;
-
aghi e taglienti;
-
sistemazione del paziente,
-
igiene respiratoria.
PRECAUZIONI STANDARD DA APPLICARE A TUTTI I PAZIENTI
-
lavare le mani dopo ogni contatto con liquidi biologici ed oggetti
contaminati;
-
lavare le mani dopo l’uso dei guanti;
-
lavare le mani dopo contatto con il paziente e tra un paziente e
l’altro;
-
effettuare il lavaggio delle mani sociale o antisettico o chirurgico in
base alle situazioni presenti;
-
l’uso dei guanti non deve mai essere un’alternativa all’igiene delle
mani;
-
rimuovere i guanti dopo aver assistito un paziente e aver toccato
l’ambiente a lui circostante (anche attrezzature mediche);
-
non usare lo stesso paio di guanti tra un paziente e l’altro;
-
cambiare i guanti durante l’assistenza ad uno stesso paziente quando
si passa da un sito corporeo contaminato ad uno pulito o prima di
toccare presidi mobili (computer, telefoni, apparecchiature e
quant’altro);
96
-
non lavare i guanti per il loro riutilizzo perché i patogeni non
vengono adeguatamente rimossi e viene compromessa l’integrità del
guanto;
-
in caso di utilizzo combinato con altri DPI, indossare i guanti per
ultimi, possibilmente sopra i polsini dei camici o della divisa;
-
rimuovere appropriatamente i guanti e lavarsi sempre le mani dopo il
loro utilizzo (le mani si possono sporcare per rotture del guanto o
durante le manovre di rimozione del guanto);
-
usare mascherini, occhiali o visiere per proteggersi durante le
procedure che possono generare schizzi o aerosol;
-
effettuare la pulizia ambientale e delle superfici;
-
usare sempre i camici durante l’attività lavorativa e ricorrere ai
camici aggiuntivi nel caso vengono effettuate procedure che possono
comportare contaminazioni degli indumenti abituali;
-
prestare attenzione ai taglienti, in particolare: non incappucciare, non
togliere gli aghi con le mani, usare contenitori specifici per il loro
smaltimento e denunciare prontamente gli incidenti;
-
maneggiare correttamente la biancheria sporca evitando ulteriori
contaminazioni;
-
collocare in camera singola i pazienti che non mantengono una
corretta igiene ambientale.
PRECAUZIONI DA ADOTTARE IN CASO DI PAZIENTI AFFETTI ,O
SOSPETTATI DI ESSERLO, DA MALATTIE A TRASMISSIONE
AEREA
-
sistemare il paziente in camera singola, a pressione negativa e con
circa 10 ricambi di aria l’ora. Lo scarico dell’aria deve avvenire
all’esterno della struttura o nel caso non sia possibile procedere con
filtrazione efficace;
-
indossare protezioni delle vie respiratorie quando si entra nella
stanze del paziente;
-
limitare il trasporto del paziente e il contatto con ulteriori persone,
97
-
far indossare loro mascherina protettiva.
PRECAUZIONI DA ADOTTARE IN CASO DI PAZIENTI AFFETTI ,O
SOSPETTATI
DI
ESSERLO,
DA
MALATTIE
TRASMESSE
MEDIANTE DROPLET
-
porre il paziente in camera singola. Ove ciò non sia possibile
procedere alla sistemazione per coorte assicurando la separazione
fisica tra i pazienti e tra pazienti e visitatori di almeno 1 metro;
-
indossare mascherine se ci si avvicina a meno di un metro dal
paziente;
-
limitare il trasporto del paziente o eventualmente fargli usare la
maschera.
PRECAUZIONI DA ADOTTARE IN CASO DI PAZIENTI AFFETTI ,O
SOSPETTATI DI ESSERLO, DA MALATTIE
TRASMESSE PER
CONTATTO DIRETTO E INDIRETTO TRAMITE VEICOLI
-
sistemare il paziente in camera singola, ove ciò non sia possibile
procedere alla sistemazione in coorte;
-
indossare sempre i guanti se si entra in stanza;
-
rimuovere i guanti prima di lasciare la camera e lavare le mani con
antisettico o antimicrobico;
-
usare camice aggiuntivo se si è a contatto con il paziente;
-
limitare il suo trasporto;
-
usare attrezzature riservate per ogni singolo paziente.
98
SANIFICAZIONE AMBIENTALE
La pulizia nelle strutture sanitarie e nel caso specifico nei locali di
Pronto Soccorso, ha come scopo principale la prevenzione dell’esposizione
da parte degli operatori sanitari ai microrganismi patogeni.
Si devono adottare regolari e periodiche attività di pulizia al fine di
evitare l’accumulo di sporco nei locali vista la grande affluenza di persone e
la variabilità dei casi in cui viene richiesta l’assistenza in emergenza
urgenza.
Il Pronto Soccorso, in base ai sistemi di sanificazione, è considerato
in letteratura come un’area a medio rischio.
Sanificare significa restituire in condizioni di sanità l'ambiente e le
attrezzature in modo tale da arrestare la diffusione microbica ed il relativo
anello della catena contaminante.
La tecnica di sanificazione comprende quattro momenti ben distinti,
ma non indipendenti tra loro: la pulizia, la disinfezione, la sterilizzazione e
la disinfestazione.
™ La pulizia, si basa sull'asportazione di ogni residuo di sporco
attraverso l'uso di spazzole, abrasivi, acqua e detersivi a cui segue un
abbondante risciacquo. La pulizia è un processo che non riguarda
solo l'ambiente ma anche le attrezzature e lo strumentario. Essa deve
essere operata a umido per evitare di sollevare polvere aumentando
così la circolazione dei germi. Il principio che deve essere sempre
rispettato è quello secondo cui è necessario procedere partendo dalla
zona più pulita, procedendo verso quella più sporca.
™ La disinfezione è un processo che mira a ridurre il numero di
microorganismi patogeni
presenti sulla superficie di oggetti e
tessuti. Questo processo non rimuove tutta la flora, ma riduce la
carica microbica su livelli differenti, escluse le spore, a seconda
99
della modalità di trattamento utilizzata. Gli oggetti da sottoporre a
disinfezione devono sempre essere lavati ed asciugati prima del
trattamento, al fine di evitarne l'inattivazione e la diluizione della
concentrazione ideale. La scelta del disinfettante da utilizzare non
deve essere fatta a caso, ma sulla base delle caratteristiche
biologiche dei microorganismi e delle proprietà delle singole
soluzioni. Questo è un passaggio di fondamentale importanza,
poichè non tutti i prodotti hanno la stessa efficacia.
I requisiti fondamentali di un disinfettante possono essere sintetizzati
in:
-
ampio spettro di azione;
-
rapidità d'azione;
-
persistenza nel tempo;
-
capacità di agire anche in presenza di sostanze organiche;
-
non tossicità;
-
basso costo;
-
elevato potere di penetrazione.
Mentre, l'efficacia del processo è condizionata da alcuni fattori quali: la
concentrazione, il tempo di contatto, la carica batterica e la specie
microbica, la natura del materiale oggetto della sanificazione e la
temperatura.
™ La sterilizzazione è un processo che comporta l'assoluta distruzione
di tutti i microorganismi presenti, sia in forma vegetativa che
sporale. È dunque nello specifico un processo che conferisce la più
ampia probabilità statistica di sterilità.
Ogni attività di pulizia giornaliera e periodica deve essere documentata
e registrata su apposite schede di rilevazione. Tutte le registrazioni
dovranno essere opportunamente conservate per un tempo definito al
fine del monitoraggio e della rintracciabilità dell’attività di pulizia e
sanificazione.
100
PRINCIPI GENERALI
Le pulizie devono iniziare dalla zona meno sporca verso quella più
sporca. Nel caso di oggetti che non vanno a diretto contatto con il paziente,
dopo la disinfezione non risciacquare. Evitare il rabboccamento dei
contenitori (sia detergente che disinfettante) e rispettare la diluizione dei
prodotti indicata dalla casa produttrice. Segnalare le zone bagnate con
apposita segnaletica.
Per le aree di passaggio (atri e corridoi), effettuare il lavaggio in due
tempi successivi, in modo da mantenere sempre una metà asciutta, per
permettere il passaggio.
Utilizzare sempre idonei dispositivi di protezione individuale durante
le procedure di pulizia.
Dopo l’uso tutte le attrezzature, compreso il carrello delle pulizie,
devono essere detersi ed asciugati.
L’umidità e la temperatura ambiente sono ottimi terreni di cultura
per il proliferare di germi. Allo stesso modo ogni panno, spugna, sistema
Mop e quant’altro dopo l’uso deve essere lavato, disinfettato e lasciato
asciugare. La presenza di materiale organico può ridurre o inattivare
l’azione del disinfettante, perciò è necessario sempre effettuare una
decontaminazione con detersione.
Le operazioni di pulizia tipologicamente sono inquadrate come:
™ pulizie ordinarie: comprendono attività di pulizia di carattere
continuativo e routinario;
™ pulizie periodiche: comprendo attività di pulizia più profonda a
periodicità più lunga da svolgersi con frequenze prestabilite;
™ pulizie
straordinarie:
comprendono
interventi
imprevedibili
richiesti per esigenze occasionali che possono comprendere attività
di tipo quotidiano e periodico.
101
MODALITÁ DI PULIZIA DELLE SUPERFICI, DEGLI ARREDI E DEI
PAVIMENTI
™ Non contaminate da materiale organico: dopo aver rimosso lo sporco
con un sistema “ad umido”, lavare la superficie con la soluzione
detergente, far asciugare e passare sulla superficie un panno
imbevuto di disinfettante e lasciare asciugare.
™ Superfici contaminate da materiale organico: con un panno imbevuto
di disinfettante, rimuovere lo sporco e gettarlo nel sacco dei "Rifiuti
Ospedalieri". Lavare accuratamente la superficie con la soluzione
detergente e sciacquare; lasciar asciugare o asciugare. Infine passare
sulla superficie un panno imbevuto di disinfettante e lasciare
asciugare.
MODALITÁ DI DECONTAMINAZIONE DELLE SUPERFICI, DEGLI
ARREDI E DEI PAVIMENTI
™ In caso di contaminazione da sangue o altro materiale organico
fresco: indossare i guanti e con un panno o della carta assorbente
rimuovere lo sporco e gettarlo nel sacco dei “Rifiuti Ospedalieri”.
Allontanare detto materiale con i rifiuti speciali, coprire l’area
interessata con garza imbevuta di ipoclorito di sodio al 5% per
almeno 10 minuti. Successivamente togliere i guanti utilizzati,
avendo cura di rovesciarli durante l’operazione di sfilamento, ed
eliminarli coi rifiuti speciali. Infine lavarsi le mani.
™ In caso di contaminazione da sangue o altro materiale organico
essiccato: indossare i guanti, inumidire per qualche minuto il
materiale secco con candeggina per poterlo rimuovere meglio e con
un panno o della carta assorbente rimuovere lo sporco e gettarlo nel
102
sacco dei “Rifiuti Ospedalieri”. Togliere i guanti utilizzati, avendo
cura di rovesciarli durante l’operazione di sfilamento, ed eliminarli
coi rifiuti speciali. Lavarsi le mani. Nel caso le operazioni sopra
riportate non fossero possibili, esporre la superficie contaminata ad
ipoclorito di sodio al 5% per un periodo di 20 - 30 minuti.
MANUTENZIONE
E
PULIZIA
DELL’
IMPIANTO
IDRAULICO E DELL’IMPIANTO DI CONDIZIONAMENTO
E VENTILAZIONE DELLARIA
In Pronto Soccorso al fine di garantire una corretta igiene
ambientale, anche in relazione ai risultati del monitoraggio microbiologico
dell’aria, il sistema di ventilazione e condizionamento dell’aria va
controllato periodicamente per un corretto funzionamento. I filtri di
dell’aria vanno cambiati o puliti a seconda della necessità per evitare
l’accumulo di sporco e la proliferazione batterica e micetica, per non
compromettere la qualità dell’aria all’interno dei locali. Anche il sistema
idraulico va controllato onde evitare l’accumulo e la proliferazione di
microrganismi quali le legionelle.
Queste attività sono affidate a ditte esterne alla struttura sanitaria, in
generale esse devono effettuare attività come ad esempio:
-
pulizia e sostituzione periodica dei filtri del sistema di ventilazione e
condizionamento;
-
decalcificazione dei rompi getto dei rubinetti e dei diffusori delle
docce;
-
sostituzione delle guarnizioni ed altri parti usurate delle reti idriche;
-
evitare di installare tubazioni con tratti terminali cechi e ristagni di
acqua;
-
periodica decontaminazione dell’impianto idrico.
103
CORRETTO SMALTIMENTO DEI RIFUITI SANITARI
La gravità delle possibili malattie trasmesse in ambito occupazionale
e la notevole resistenza ambientale di alcuni agenti patogeni, determinano
l’opportunità di porre particolare cura nel trattamento e smaltimento
dell’attrezzatura utilizzata per l’assistenza dei pazienti
I rifiuti sanitari prodotti all’interno delle strutture sanitarie, possono
essere generalmente classificati come:
- rifiuti sanitari non pericolosi, non a rischio infettivo e assimilabili ai
rifiuti urbani;
- rifiuti sanitari a rischio infettivo e che richiedono particolari misure
di smaltimento.
Per quanto riguarda i rifiuti a rischio infettivo, bisogna smaltire
immediatamente dopo l’utilizzo e in maniera sicura oggetti taglienti e aghi
(non rincappucciati) in appositi contenitori rigidi di colore giallo (questo
colore contraddistingue il rifiuto sanitario pericoloso a rischio infettivo).
Gli altri oggetti o materiali devono essere gettati in contenitore di
cartone con sacchi di plastica sempre di colore giallo.
I contenitori per rifiuti sanitari devono sempre trovarsi in vicinanza
e in posizione comoda, rispetto al posto di effettivo utilizzo, in modo che
essi siano direttamente e prontamente eliminati.
Essi
devono
essere
manipolati
con
attenzione
e
stoccati
ordinatamente in locali appositi nell’attesa di essere prelevati e smaltiti
correttamente.
104
UTILIZZO DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALI
Gli operatori sanitari devono essere adeguatamente formati e
informati per poter utilizzare correttamente i DPI.
Nel caso di utilizzo di dispositivi di III categoria si procede
preventivamente con l’addestramento del personale sanitario.
L’informazione e la formazione all’uso corretto dei mezzi di
protezione individuale assumono un ruolo fondamentale nella prevenzione
delle patologie e degli infortuni nell’ambiente di lavoro.
I DPI che si devono rendere sempre disponibili per gli operatori del
Pronto Soccorso sono: i guanti, gli indumenti di protezione, i sistemi per la
protezione del volto da schizzi di liquidi biologici, i dispositivi per la
protezione delle vie respiratorie e nel caso siano disponibili dispositivi di
sicurezza per la prevenzione delle punture accidentali.
Generalmente
essi
devono
riportare
la
marcatura
CE,
la
classificazione di categoria (I, II, III) e la dicitura “protezione da agenti
biologici” in conformità alle norme tecniche.
DPI da indossare in base all’attività da svolgere
Incannulazione di vie venose centrali
GUANTI
e/o periferiche
Incannulazione di vie arteriose o
GUANTI E PROTEZIONE FACCIALE
prelievi arteriosi
Broncoscopia, cistoscopia,
GUANTI E PROTEZIONE FACCIALE
gastroscopia
Introduzione di sondino naso-gastrico
GUANTI E PROTEZIONE FACCIALE,
CAMICE IMPERMEABILE
Aspirazione endotracheale
GUANTI
Intubazioni naso-orotreacheali,
GUANTI E PROTEZIONE FACCIALE
tracheotomie, sostituzione cannule
tracheali
105
Punture esplorative ed evacuative in
GUANTI E PROTEZIONE FACCIALE
cavità ed organi
DPI da indossare in base all’attività da svolgere
Manovre invasive chirurgiche;
GUANTI, PROTEZIONE FACCIALE E
trattamento di lesioni traumatiche di
CAMICE IMPERMEABILE
svariate entità, effettuate in: sala
operatoria, Pronto Soccorso, sala parto,
ambulatori dentistici
Cateterismo cardiaco e angiografie
GUANTI E PROTEZIONE FACCIALE
Prelievi di sangue, iniezioni
GUANTI, CONTENITORI PER IL
endovenose, fleboclisi
TRASPORTO DELLE PROVETTE;
CONTENITORI PER GLI AGHI
Tricotomie, clisteri e pulizia del cavo
GUANTI
Orale
Detersione materiali e strumenti
GUANTI IN VINILE CON
SOPRAGUANTO IN GOMMA;
PROTEZIONE FACCIALE E CAMICE
IMPERMEABILE
In base all’attività da svolgere, gli operatori del Pronto Soccorso
sceglieranno i dispositivi di protezione più idonei.
I guanti vanno utilizzati sempre nell’assistenza diretta del paziente
per evitare il contatto con i fluidi corporei e per proteggersi da esposizioni
cutanee e percutanee a microrganismi infettivi. Possono essere:
-
di tipo chirurgico, sterili in lattice;
-
sterili in vinile;
-
non sterili in lattice;
-
in polietilene;
-
per operazioni di pulizia.
106
I filtranti facciali devono essere di tipo, FFP2 o FFP3 o mascherina
chirurgica, devono cioè filtrare efficacemente grandi concentrazioni di
aerosol contaminanti e proteggere così le mucose del naso e della bocca.
In aggiunta ad essi, devono esseri indossate visiere facciali o occhiali
per la protezione della congiuntiva contro gli schizzi o spruzzi di materiale
biologico se l’attività da svolgere lo rende necessario.
Gli indumenti di protezione devono essere indossati dall’operatore
sanitario al fine di evitare il contatto mucocutaneo con gli agenti patogeni.
Essi devono coprire e proteggere le parti del corpo più esposte come
ad esempio le braccia, il busto e la base del collo.
Gli indumenti devono essere a maniche lunghe e composti da
materiale impermeabile e devono essere utilizzati per tutto il tempo in cui
permane il rischio di esposizione ad agenti biologici.
Possono essere:
-
camici a maniche lunghe con lunghezza almeno al di sotto del
ginocchio;
-
copriscarpe;
-
completo giacca con maniche lunghe e pantaloni;
-
tuta integrale;
-
sovra camice impermeabile.
I dispositivi per la prevenzione delle punture accidentali, NPDs, sono
dei dispositivi di sicurezza associati ad aghi e taglienti che hanno lo scopo di
limitare le ferite da punta o da taglio tra gli operatori sanitari. Sono ad
esempio gli aghi retrattili, gli aghi da sutura a punta smussa o i bisturi con
lama a rilascio automatizzato.
Da vari studi condotti si osserva che l’esperienza italiana di questi
dispositivi è ancora limitata ma molto significativa per quanto riguarda
l’incidenza degli infortuni. Essi quindi dovrebbero essere messi a
disposizione del personale del Pronto Soccorso e di tutti gli operatori
107
sanitari, per la prevenzione delle esposizioni occupazionali da puntura con
ago o lesione da tagliente, in linea con la Direttiva 2010/32 UE.
LA SORVEGLIANZA SANITARIA
La sorveglianza sanitaria è uno dei principali strumenti che concorre al
controllo del rischio biologico negli ambienti di lavoro sanitari, viene
effettuata dal Medico Competente dell’azienda sanitaria.
Sono sottoposti a sorveglianza sanitaria, previo parere del medico
competente, tutti i soggetti che utilizzano o che si possono trovare a contatto
con agenti biologici.
Lo scopo è quello di proteggere la salute dei lavoratori in relazione
al rischio presente nell’attività lavorativa attraverso:
-
corretta informazione del lavoratore a rischio biologico;
-
riconoscimento precoce di stati individuali e/o ambientali atti a
favorire l’aggressione da parte di agenti biologici;
-
presenza di eventuali patologie o alterazioni che potrebbero
subire aggravamenti in caso di azione di agenti biologici;
-
impostazione di idonei programmi di immunoprofilassi, ove
siano disponibili mezzi efficaci di prevenzione.
Il Medico Competente effettua visite mediche preventive, periodiche
(di norma una volta l’anno) e straordinarie, vaccinazioni, altre azioni
sanitarie e il monitoraggio continuo dell’andamento delle malattie infettive
che si presentano negli operatori sanitari posteriormente all’accadimento di
un infortunio a rischio biologico.
VACCINAZIONI
108
Una malattia infettiva causata da agenti biologici in ambito
occupazionale si verifica quando si ha, da un lato un’esposizione efficace e
dall’altro la recettività della persona esposta all’agente in causa.
I vaccini sono preparati ad elevato potere antigenico in grado di
indurre immunità attiva nei riguardi di determinati patogeni.
Vanno somministrati, in un’unica o più dosi, agli operatori sanitari
esposti a rischio biologico al fine di proteggerli da specifiche infezioni o
malattie che possono contrarre durante l’attività lavorativa.
La vaccinazione deve essere considerata come una misura di
sicurezza preventiva ulteriore e non un modo per evitare o considerare meno
stringente la necessità di adottare efficaci misure di contenimento primario
come particolari procedure di lavoro.
I vaccini raccomandati per il personale del Pronto Soccorso sono:
™ Epatite B;
™ Epatite A;
™ Tubercolosi;
™ Varicella;
™ Rosolia;
™ Morbillo;
™ Parotite;
™ Influenza stagionale.
PROFILASSI POST – ESPOSIZIONE
Sebbene la prevenzione delle esposizioni occupazionali a virus
emotrasmessi rappresenti il principale mezzo di difesa dall’infezione,
un’appropriata gestione post-esposizione agli incidenti costituisce un
elemento importante della sicurezza sul luogo di lavoro.
109
La profilassi è raccomandata nei casi in cui ci sia stata una ferita da
punta o da taglio, contaminazione congiuntivale e di cute lesa con sangue o
liquido biologico contenente sangue. Inoltre è raccomandata nei casi in cui
si conosce lo stato infettivo positivo del paziente fonte per una malattia.
L’operatore sanitario, in caso di lesione o contaminazione con aghi
o taglienti dovrà: stimolare l’emorragia della ferita, lavarla con sapone e
acqua calda corrente e se possibile coprirla con medicazione.
Una profilassi è raccomandata anche nel caso in cui gli operatori
sanitari sono stati a stretto contatto con pazienti affetti da altre malattie a
trasmissione non ematica come ad esempio le meningite la tubercolosi.
Successivamente all’esposizione l’operatore sanitario seguirà un
percorso di counselling, durante il quale insieme con il Medico Competente
ed altre figure professionali si deciderà il protocollo da adottare per un’
idonea profilassi.
FORMAZIONE E INFORMAZIONE
La formazione l’informazione per gli operatori sanitari del Pronto
Soccorso viene effettuata dal Servizio Prevenzione e Protezione in
collaborazione con il Medico Competente ed altri professionisti.
Questa attività ha lo scopo di fornire ai lavoratori informazioni
generali sul rischio biologico e formarli sulle correte procedure e
sui
comportamenti da adottare durante il lavoro per una prevenzione degli
infortuni e delle situazioni di pericolo per la salute.
Per un corretto utilizzo dei DPI di III categoria si dovrà procedere,
come già detto precedentemente con l’addestramento del personale.
Un esempio della costruzione di un programma di formazione
informazione sul rischio biologico rivolto agli operatori sanitari è mostrato
di seguito.
110
Obiettivi formativi generali e specifici
Riduzione degli infortuni da contaminazione agenti
biologici (scegliere gli indicatori)
Destinatari
Medici, infermieri, ausiliari (n.15-25)
Durata
Moduli di 3 ore
- Principi normativi
- Dati epidemiologici
- Caratteristiche delle infezioni più
frequentemente trasmissibili agli O.S
- Strategie per il controllo delle infezioni:
Contenuti (in relazione agli obiettivi
precauzioni standard, precauzioni
specifici)
d’isolamento, DPI, Dispositivi di protezione
collettiva, dispositivi medici sicuri, disinfezione e
sterilizzazione, gestione e sorveglianza sanitaria del
personale esposto comprese PPE,
- follow-up post IRB, vaccinazioni, idoneita’
lavorative
Mezzi didattici
Docenti
Dispense, lucidi, diapositive, videocassette, CDROM, internet, intranet
MC, infettivologo, infermieri esperti, SPP
- Lezioni frontali brevi e concise
Metodologia didattica
- Esercitazioni dimostrative
- Momenti di discussione
- Questionario di apprendimento pre e post
intervento
- Questionario di valutazione dell’intervento
formativo
- Indicatori obiettivi (n. infortuni, etc.)
Valutazione (indicatori scelti all’inizio)
- Valutazione di altri indicatori (creazione di reti,
attivazione di nuovi progetti,
costruzione di un pool pluridisciplinare, convegni,
seminari, giornate di studio
etc.)
- Interviste ai lavoratori (gruppi di lavoro, testimoni
privilegiati), pre e post intervento
111
CONCLUSIONI
Il tema della salute e della sicurezza sul lavoro, nelle strutture
sanitarie, è una questione di notevole importanza e di grande complessità
dal punto di vista della sua realizzazione.
Gli operatori sanitari durante la propria attività di assistenza ai
pazienti sono esposti a vari fattori di rischio, tra cui in particolare anche
quello biologico. Lavorare in un reparto di Pronto Soccorso in qualità di
infermiere, medico, ausiliario e gestire durante il turno lavorativo numerosi
casi di emergenza-urgenza, comporta un notevole impegno sia fisico che
mentale.
In situazioni del genere, assicurare un’adeguata assistenza e
garantire allo stesso tempo la propria sicurezza e salute sul lavoro, risulta un
compito non facile.
Il Pronto Soccorso rappresenta la zona di primo accesso
dell’ospedale per numerosi utenti traumatizzati o con una diagnosi di
malattia non ancora conosciuta, potenzialmente contagiosa sia per gli utenti
presenti che, ovviamente, per gli operatori sanitari.
È per tale ragione che lo scopo del mio lavoro è stato quello di
valutare l’entità del rischio biologico a cui sono esposti quest’ultimi e di
definire le principali misure di prevenzione e protezione.
La protezione dall’esposizione ad agenti infettivi in Pronto Soccorso
comincia attraverso una corretta valutazione del rischio biologico, come
impone il D.Lgs. 81/08, e la conseguente pianificazione degli interventi
necessari. Grazie alla disponibilità e alla professionalità del personale del
Servizio di Prevenzione e Protezione della ASL di Frosinone, ho consultato
per prima cosa il registro degli infortuni per avere delle stime sugli incidenti
a rischio biologico avvenuti tra il personale sanitario dell’ Ospedale di
Frosinone negli ultimi sei anni.
112
Su un totale di circa 216 infortuni a rischio biologico, circa il 15% di
essi si è verificato tra gli operatori del Pronto Soccorso. Questo risultato non
è in accordo con i dati disponibili in letteratura, relativi ugualmente agli
incidenti a rischio biologico tra i lavoratori delle strutture sanitarie.
Procedendo con l’analisi dei risultati, si è osservato che la maggior
parte degli incidenti sono avvenuti tra gli infermieri professionali per
puntura accidentale con ago potenzialmente infetto durante l’esecuzione di
prelievi ematici o somministrazione di terapia per via endovenosa.
Solo in un caso si conosceva lo stato di malattia del paziente fonte.
Durante il sopralluogo condotto nel Pronto Soccorso, ho proceduto
con l’identificazione nella struttura dei requisiti costruttivi ed organizzativi,
dei possibili fattori di rischio e degli strumenti di prevenzione e protezione
presenti.
Per il calcolo della valutazione dei rischi mi sono avvalsa di due
metodi diversi che comunque hanno dato lo stesso risultato riguardo l’entità
del rischio biologico presente nel Pronto Soccorso.
Si tratta di una struttura a medio rischio in cui i più pericolosi agenti
biologici a cui il personale sanitario può essere esposto risultano essere
quelli a trasmissione ematica, HBV, HCV, HIV e quelli a trasmissione aerea
come ad esempio il batterio della tubercolosi, tutti appartenenti al III
Gruppo di classificazione secondo il D.Lgs. 81/08.
La gestione del rischio prevedrà, quindi, l’applicazione delle corrette
misure di prevenzione e protezione con strumenti quali: le Precauzioni
Universali, l’utilizzo di adeguati DPI, l’uso di dispositivi medici per la
protezione delle punture accidentali, chiamati comunemente Needlestick
Prevention Device, le corrette procedure di sanificazione ambientale e
smaltimento dei rifiuti sanitari pericolosi, i programmi di sorveglianza
sanitaria, vaccinazioni e profilassi post esposizione, nonché la formazione e
informazione dei lavoratori che è risultata essere parzialmente adeguata nei
confronti degli operatori sanitari.
Il Piano di miglioramento verrà effettuato dal Datore di Lavoro con
la collaborazione delle altre figure della sicurezza presenti in azienda,
113
attraverso un
programma mirato a tutelare la salute e sicurezza degli
operatori sanitari i cui effetti positivi ricadranno in seguito anche
sull’attività assistenziale e sui pazienti.
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