LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO BIOLOGICO NELLE STRUTTURE
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LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO BIOLOGICO NELLE STRUTTURE
FACOLTÁ DI FARMACIA E MEDICINA CORSO DI LAUREA IN TECNICHE DELLA PREVENZIONE NELL’AMBIENTE E NEI LUOGHI DI LAVORO - Sede di Frosinone - “LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO BIOLOGICO NELLE STRUTTURE SANITARIE: UN CASO APPLICATIVO” Relatore Laureanda Dott. Claudio Berna Chiara Fiorini Correlatore Dott.ssa Romina Scarsellone Anno Accademico 2011/2012 1 INDICE INTRODUZIONE La sicurezza in ospedale ……………………………..…………1 CAPITOLO I Il rischio biologico e gli agenti biologici …………………….....4 Le modalità di trasmissione …………………………………...10 Le infezioni ospedaliere occupazionali………………………...14 CAPITOLO II Panorama letterario e normativo……………...…………….…19 Organizzazione e gestione della sicurezza in sanità……..…….25 Il procedimento della valutazione dei rischi……….………….30 CAPITOLO III IL CASO APPLICATIVO IN UN REPARTO DELL’OSPEDALE “F. SPAZIANI” DI FROSINONE Criteri e metodi adottati per la Valutazione del Rischio Biologico ……………...……………………………... 49 2 Fase preliminare di valutazione ………………...……………..55 Valutazione del rischio biologico nel Pronto Soccorso………..74 Gestione del rischi e gli strumenti di prevenzione e protezione ………………………………………..…….……89 CONCLUSIONI …………………………………………….108 BIBLIOGRAFIA ………………………………………...….110 3 INTRODUZIONE LA SICUREZZA IN OSPEDALE La tipologia costruttiva degli ospedali è variata nei secoli e poi, sempre più velocemente con la tecnologia, nei decenni. Da assistenza più spirituale che fisica dei primi ospedali, realizzati in ampie camerate con l’altare in fondo, si è passati ad un’assistenza e cura sempre più specialistica, prima in strutture a padiglioni (Es. Policlinico Umberto I di Roma 1899), tali da rendere possibile l’isolamento fisico delle malattie di origine e natura diversa e, successivamente, a strutture a monoblocco, poliblocco, fino ad arrivare alla suddivisione strutturale ed organizzativa in dipartimenti. Le varie strutture rispecchiano le diverse necessità che, nel corso degli anni, si sono concretizzate in seguito alle numerose scoperte scientifiche sull’origine e la cura delle malattie, al supporto ed all’ausilio di tecnologie e metodiche sempre più sofisticate; più di recente, in alcuni casi, le modifiche strutturali sono state dettate dalla necessità di ridurre i costi e razionalizzare gli spazi. Attualmente in Italia, circa un quarto degli ospedali è collocato in edifici storici costruiti prima del 1900 e quasi la metà di essi in edifici che risalgono a prima del 1940. Naturalmente, rispecchiando l’esigenze costruttive dell’epoca, la gran parte degli ospedali italiani presenta vincoli architettonici, strutturali e impiantistici che ne condizionano anche la funzionalità e la disponibilità degli spazi e dei servizi. Tali strutture, molto spesso inglobate completamente nel centro urbano, hanno raramente la possibilità di estendersi e di adeguarsi alle nuove necessità organizzative, di prestazioni, di sicurezza, di igiene, di logistica, di confort e per accogliere, oltre ai pazienti e ai dipendenti, altro personale convenzionato o equiparato. La costruzione di nuovi ospedali moderni, innovativi ed efficienti sebbene sembra essere la soluzione migliore da adottare, richiede l’impiego 4 di ingenti somme di denaro, che in alternativa potrebbero essere utilizzate a vantaggio di un numero più cospicuo di strutture già esistenti per migliorarne le condizioni generali e in particolare quelle di igiene e sicurezza. Un altro aspetto caratteristico degli ospedali è la normale e costante presenza di persone differenti dal personale dipendente: pazienti, visitatori, volontari, lavoratori di ditte sterne, studenti e quant’altro, i quali sebbene non esperti di igiene e sicurezza sul lavoro riescono ad avvertire o notare delle situazioni anomale e talvolta paradossali all’interno di molti ospedali. Garantire quindi un ambiente sanitario confortevole e sicuro, non solo per gli utenti ma anche per tutti i lavoratori, è un impegno di primaria importanza che va perseguito e mantenuto con tenacia per evitare sgradevoli realtà di trascuratezza, troppo spesso vissute dagli utenti e dal personale sanitario. Quando si parla di personale sanitario si deve intendere qualsiasi persona che fornisca assistenza sanitaria o che lavori in una struttura sanitaria interagendo con i pazienti in qualità di medico, infermiere, farmacista, tecnico di laboratorio, volontario ospedaliero o funzionario amministrativo; non bisogna, inoltre, trascurare il personale in formazione come studenti di medicina e delle professioni sanitarie. I rischi e le patologie legate alle attività lavorative costituiscono un problema di grande rilevanza per la nostra organizzazione sociale, segnalato purtroppo dall’elevato numero di morti e di inabili che ogni anno si devono contare. Paradossalmente, però, esso appare ancora in gran parte sottovalutato se consideriamo quanta poca attenzione venga posta a tutte quelle iniziative e a quegli interventi preventivi e di controllo, in grado di ridurre i rischi di incidente e di minimizzare le conseguenze dannose per l’organismo umano. Nelle strutture e i servizi sanitari, il tema della sicurezza ha una propria dimensione di estrema complessità. Chi lavora nelle strutture sanitarie è esposto ad agenti fisici, chimici, biologici. 5 È costretto ad attività e responsabilità che comportano fatica fisica e mentale che scaturiscono dal contatto con persone che necessitano di cure; ciò genera un evidente conflitto tra la tutela della propria salute e la necessità di garantire una adeguata assistenza, attività diagnostica e terapeutica. Il problema del luogo di cura “sicuro“ in tutta la sua globalità, sia rispetto agli utenti che al personale operante, è obiettivo primario sul quale si misura la qualità della gestione sanitaria. 6 CAPITOLO I IL RISCHIO BIOLOGICO E GLI AGENTI BIOLOGICI Con il termine rischio biologico ci si riferisce alla possibilità che, in un ambiente lavorativo, la presenza di agenti biologici pericolosi e l’esistenza di una esposizione ad essi, possa comportare un danno per la salute del lavoratori. Come per gli altri rischi lavorativi, viene suddiviso in: Rischio generico: è presente nella quasi totalità degli ambienti di lavoro per la presenza ubiquitaria di microrganismi non pericolosi. Di entità trascurabile, questo rischio è controllabile con l’adozione delle comuni norme igieniche. Rischio specifico: è presente in quegli ambienti di lavoro in cui, per la particolarità delle attività svolte, è riconducibile la presenza, sia intenzionale che eventuale, di microrganismi pericolosi per la salute e il possibile contatto con essi. Il rischi biologico è regolamentato al Titolo X del Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro (D.Lgs. 9 aprile 2008, n.81 s.m.i). Per agente biologico si intende qualsiasi microrganismo, anche se geneticamente modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano, in grado di provocare: infezioni; allergie; intossicazioni. Per microrganismo si intende qualsiasi entità microbiologica, cellulare o meno, in grado di riprodursi o trasferire materiale genetico. 7 Gli agenti biologici comprendono: Batteri In ordine: Streptococcus pneumoniae, Mycobacterium tuberculosis, Legionella pneumophila. Virus In ordine: Virus HCV, Virus HIV, Herpesvirus varicella-zoster 8 Miceti In ordine: Trichophyton rubrum , Candida albicans, Histoplasma capsulatum. Parassiti In ordine: Plasmodium falciparum, Giardia lamblia, Sarcoptes scabiei. 9 L’INFEZIONE è l’interazione di un agente biologico con un ospite recettivo, l’uomo, in cui si ha una replicazione dell’agente. La malattia infettiva è l’espressione clinica dell’infezione, ma essa segue alla penetrazione di un microrganismo solo in presenza di determinate condizioni favorevoli. Per carica infettante si intende la quantità minima di agente biologico che penetra nell’organismo, di innescare il processo patogeno; è variabile sia in funzione delle caratteristiche di patogenicità dell’agente infettante, sia alla modalità di trasmissione e sia in funzione della capacità di difesa immunitaria dell’organismo ospite. La resistenza ai microrganismi patogeni varia da persona a persona. Alcuni individui possono essere refrattari all’infezione, altri, esposti allo stesso agente possono stabilire un rapporto commensalistico con esso e diventare portatori asintomatici, altri ancora, invece, possono sviluppare una malattia clinicamente manifesta. Fattori quali l’età, le condizioni di salute, lo stato immunitario, rendono alcune persone più suscettibili di altre. L’ALLERGIA è una risposta del sistema immunitario caratterizzata da reazioni eccessive sostenute da particolari anticorpi, le IgE, nei confronti di sostanze prodotte da batteri, miceti o protozoi. L’INTOSSIZAZIONE è l’insieme delle manifestazioni patologiche provocate dalla penetrazione nell’organismo di sostanze estranee, capaci di indurre alterazioni dei processi vitali. Nello specifico questo stato anormale può essere causato da tossine batteriche e micotossine. Gli agenti biologi di interesse umano sono classificati in base alla loro pericolosità, valutata sia nei confronti della salute dei lavoratori (sani) che della popolazione generale (Allegato XLVI del D.Lgs. 81/08). 10 Tra le caratteristiche di pericolosità sono state considerate: l'infettività, intesa come capacità di un microrganismo di penetrare e moltiplicarsi nell'ospite; la patogenicità, riferibile alla capacità di produrre malattia a seguito di infezione; la trasmissibilità, intesa come la capacità di un microrganismo di essere trasmesso da un soggetto infetto ad uno suscettibile; la neutralizzabilità, intesa come la suscettibilità dell’agente, ad essere ucciso o innocuizzato mediante efficaci misure profilattiche atte a prevenire la malattia o terapeutiche per la cura della stessa. Sulla base delle suddette caratteristiche e, in alcuni casi, considerando anche le proprietà allergeniche e tossinogeniche, i microrganismi sono stati suddivisi in 4 classi di pericolosità, con valori crescenti da uno a quattro e delle quali la quarta, la più pericolosa, è riferita ai microrganismi, in particolare a soli virus, che assommano la presenza di tutte e quattro le caratteristiche negative considerate. 11 Classificazione Agenti Biologici Agente che GRUPPO 1 presenta poche Es.Saccharomyces probabilità di cervisiae, causare malattie Lactobacillus casei in soggetti umani. agente che può causare GRUPPO 2 malattie in soggetti umani e costituire un rischio per i lavoratori è poco probabile che si propaghi nella comunità sono di norma disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche agente che può causare GRUPPO 3 malattie gravi in soggetti umani e costituire un serio rischio per i Es. Legionella spp, Clostridium tetani, Herpes simplex virus tipi 1 e 2 Es. Brucella può propagarsi nella comunità di norma sono melitensis, disponibili Mycobacterium efficaci misure tuberculosis, profilattiche o Plasmodium terapeutiche falciparum, Virus lavoratori HIV, HCV, HBV agente che può causare malattie gravi in GRUPPO 4 può presentare un soggetti elevato umani e rischio di costituisce un serio rischio per i propagazione nella comunità non sono disponibili, di norma, efficaci Es. Virus ebola, misure Virus lassa profilattiche o terapeutiche. lavoratori 12 LE MODALITÀ DI TRASMISSIONE Negli ambienti ospedalieri i microrganismi possono essere trasmessi attraverso varie modalità. Le principali sono: Trasmissione per contatto diretto: comporta un contatto diretto da persona a persona ed un trasferimento fisico di microrganismi dall’individuo infetto o colonizzato ad un ospite suscettibile. 13 Trasmissione per contatto indiretto: comporta un contatto di un ospite suscettibile con un veicolo, vettore contaminato che fa da intermediario. - attraverso veicoli: i soggetti sani vengono a contatto con gli agenti biologici attraverso l’uso di oggetti, strumenti o attraverso il cibo o l’acqua contaminati. Esempi di malattia sono : epatiti, Aids e malattie gastrointestinali. - attraverso vettori: si tratta di esseri viventi (mosche, zanzare, pulci) che ospitano il parassita o lo trasportano per poi disperderlo nell’ambiente esterno o inocularlo attraverso punture direttamente in un organismo sano. Un esempio di malattia è la malaria. 14 mediante droplet: il soggetto infetto durante la tosse, la fonazione, gli starnuti, genera aerosol contenenti i microrganismi patogeni che vengono espulsi a brevi distanze, 1-2 metri. Queste goccioline di grosse dimensioni possono depositarsi sulle mucose nasali o della bocca e sulla congiuntiva dell’ospite vicino al paziente-fonte. Esse tendono a cadere a terra per il troppo peso e non restano sospese nell’aria. Esempi di malattie a trasmissione tramite droplet sono: le influenze, la pertosse, la difterite, le polmoniti, la rosolia e le meningiti. 15 per via aerea: si tratta di goccioline più piccole delle precedenti (diametro minore dei 5 µm) o di particelle di polvere contenenti microrganismi che restano sospese nell’aria per un lungo periodo di tempo. I soggetti che si trovano in questo ambiente, anche lontano dal paziente-fonte, si contaminano con l’inalazione delle stesse. Esempi di malattie a trasmissione per via aerea sono: la tubercolosi, il morbillo e la varicella. Dopo la sua trasmissione, un agente biologico può penetrare nell’organismo ospite attraverso varie vie che sono: La cute: irritata o che presenta ferite e lesioni anche microscopiche, viene facilmente attraversata dai microrganismi. Le mucose: delle vie respiratorie, delle vie digerenti e le congiuntive, rappresentano in importante via di ingresso per molti microrganismi. 16 LE INFEZIONI OSPEDALIERE OCCUPAZIONALI Le infezioni ospedaliere sono per definizione un importante problema di sanità pubblica per le gravi ripercussioni sui pazienti e sugli operatori sanitari. Sono principalmente tre i casi in cui tali agenti biologici possono trasmettersi: Nosocomiale: trasmissione da paziente infetto a paziente o da ambiente contaminato a paziente; Da operatore infetto a paziente Occupazionale: trasmissione da paziente infetto a operatore sanitario o da ambiente contaminato a operatore sanitario. Per quanto riguarda le infezioni occupazionali in ambiente sanitario, la sorgente è rappresentata soprattutto dai pazienti, (che sono considerati anche come serbatoi dell’infezione, cioè individui nei quali un agente infettivo risiede, si moltiplica e dai quali dipende primariamente per la sopravvivenza o il mantenimento in attività), e da veicoli contaminanti come ad esempio l’aria, le superfici, oggetti personali, strumenti, aghi ed altro. Per gli operatori sanitari il pericolo biologico è insito nella professione ed è difficilmente eliminabile. 17 Quali le categorie a rischio?ITAL IA PIE In Italia gli operatori del settore sanitario sono circa 450.000. Con il 41% di incidenza, l’esposizione al rischio biologico rappresenta l’infortunio occupazionale più frequentemente segnalato seguito dai “traumi” al 30%. Tuttavia gli incidenti di rischio biologico segnalati dagli operatori sanitari, rappresentano notoriamente solo una parte di quelli effettivamente verificatisi, configurandosi quindi una sottonotifica. Probabilmente le disposizioni di legge, sull’introduzione dei servizi di prevenzione e protezione, sulla sorveglianza sanitaria, sull’obbligatorietà della segnalazione, sulla riservatezza, il mantenimento del posto di lavoro e la compensazione per chi contrae un’infezione occupazionale, giustificano in Italia, per questo tipo di infortuni, un tasso di sottonotifica non molto elevato rispetto ad altri paesi. All’interno del complesso di professionalità coinvolte nella produzione dei servizi sanitari, gli infermieri costituiscono sicuramente una delle categorie più numerose e più a rischio; sono collocati in maniera diffusa in quasi tutti i livelli e le strutture organizzative del sistema (in quelle di ricovero, negli ambulatori, nelle attività domiciliari, territoriali e dell’emergenza, nei laboratori diagnostici biochimici e radiologici e così 18 via) e sono in contatto diretto con i pazienti ed a esposizione costante con materiale biologico. Circa il 75% delle esposizioni totali ad agenti biologici è di tipo percutaneo. L’esposizione percutanea si verifica quando l’operatore si ferisce accidentalmente con un tagliente contaminato, ad esempio con un ago, una punta, una lama o altro. Circa il 25% delle esposizioni totali è di tipo mucocutaneo. L’esposizione mucocutanea si verifica quando il materiale biologico potenzialmente infetto entra accidentalmente in contatto con le mucose degli occhi, della bocca, delle vie respiratorie e con la cute integra o lesa dell’operatore esposto. Ovviamente nell’esposizione percutanea, la probabilità che gli agenti patogeni potenzialmente presenti nei materiali biologici infettino l’operatore esposto, è di gran lunga superiore alla probabilità che ciò possa accadere a seguito di un’esposizione mucocutanea. 19 Tra gli oltre sessanta agenti patogeni trasmissibili per via ematica a seguito di un’esposizione accidentale si impongono all’attenzione, per la gravità delle patologie associate, i virus dell’immunodeficienza acquisita (HIV), dell’epatite C (HCV) e dell’epatite B (HBV). La grande attenzione sociale riservata negli ultimi anni alle suddette infezioni da virus ematici ha probabilmente contribuito ad abbassare il livello generale di interesse nei confronti di altre infezioni trasmesse per via aerea o tramite droplet, quali le polmoniti, la tubercolosi, la meningite, la scarlattina, la difterite, e quelle causate da parassiti della cute come la scabbia. Esse rappresentano situazioni di pericolo per tutti gli operatori sanitari, specialmente nei locali del Pronto Soccorso, a causa anche della comparsa di nuove infezioni e per il “riemergere” di patologie infettive che si riteneva fossero sotto controllo. A seguito di un’esposizione accidentale, l’operatore infortunato vive, inevitabilmente, momenti di grande tensione nell’attesa del verdetto medico. Mentre aspetta di conoscere se la sorgente sia infetta (e non sempre è possibile raccogliere questa informazione), sa che in ogni caso lo attendono mesi di incertezza e, non raramente, di intenso disagio psico-fisico. Le misure di prevenzione, raccomandate per tutti gli operatori sanitari, implicano comportamenti corretti ed omogenei in un vasto complesso di attività quotidiane da applicare a tutti i pazienti prescindendo dalla conoscenza o meno dello stato patologico degli stessi. A tale scopo, sono state introdotte a partire dal 1970 delle Precauzioni Standard (Precauzioni Universali) valide per molti agenti patogeni potenzialmente trasmissibili. Esse comprendono: il lavaggio delle mani, l’utilizzo di adeguati Dispositivi di Protezione Individuale e Needlestick Prevention Devices (sono dei presidi medici, comprendenti aghi e altri oggetti taglienti, dotati di dispositivi di sicurezza che impediscono o limitano il rischio di ferite), il rispetto dell’asepsi nelle procedure invasive, la disinfezione e la sterilizzazione dei presidi sanitari, l’igiene respiratoria, il corretto 20 smaltimento dei rifiuti tra cui aghi, bisturi e taglienti, il trattamento della biancheria sporca, la sanificazione ambientale, la sistemazione del paziente, pratiche sicure per iniezioni e prelievi e misure di controllo per procedure speciali. La possibilità di prevenire le infezioni ospedaliere è quindi correlata in buona parte al rispetto di queste semplici norme igieniche aspecifiche. Non possono mancare inoltre adeguati programmi di sensibilizzazione, informazione, formazione, di sorveglianza sanitaria, di vaccinazioni e di profilassi post esposizione, da applicare per gli operatori sanitari. 21 CAPITOLO II PANORAMA LETTERARIO E NORMATIVO La tutela della salute e sicurezza sul lavoro, oltre che un valore etico è un principio fondamentale affermato esplicitamente dal nostro ordinamento già a partire dalla Costituzione: Articolo 32 - La repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettivita …; Articolo 41 - L’iniziativa economica non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana; Anche nel codice civile e nel codice penale, sono presenti leggi in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro: C.c - art. 2087 Tutela delle condizioni di lavoro C.p - art. 437 Rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro; C.p - art. 451 Omissione colposa di cautele o difese contro disastri o infortuni sul lavoro; C.p - art. 589 Omicidio colposo; C.p - art. 590 Lesioni personali colpose; I primi testi normativi in tema di norme per la prevenzione, la sicurezza e l’igiene dei luoghi di lavoro risalgono agli anni cinquanta, in ordine cronologico sono stati il D.P.R. 547 del 1955, D.P.R 164 e il D.P.R. 303 del 1956. Si trattava di una legislazione puramente prevenzionistica in cui non veniva riconosciuto un interesse dei lavoratori a determinare attivamente la 22 propria sicurezza e non vi era collaborazione tra essi e il Datore di Lavoro. Non si prevedeva quindi un modello partecipativo nella gestione della sicurezza sui luoghi di lavoro e il rischio infortunistico era da ridurre alla fonte eliminando i fattori di esposizione. Una serie di direttive comunitarie tra la fine degli anni ottanta e gli inizi degli anni novanta, aveva imposto un ripensamento della disciplina prevenzionistica. Con l’emanazione del D.Lgs. 626/94 sono stati introdotti dei principi innovativi: la normativa è stata applicata sia nel settore pubblico che privato per tutti i tipi di lavoratori; i lavoratori devono cooperare al processo prevenzionistica e sono destinatari non solo di diritti ma anche di obblighi in materia di sicurezza; valorizzazione del principio di sicurezza del lavoro da difendere in chiave assoluta con l’introduzione di nuovi concetti e di nuove figure di riferimento tra le quali il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, il Medico Competente e il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza; per il Datore di Lavoro, obbligo di effettuare la valutazione di tutti i rischi presenti nell’attività lavorativa e della stesura del relativo documento tenendo conto, ove non possibile l’eliminazione del rischio connesso all’attività lavorativa, del principio di massima riduzione del rischio stesso. La contemporanea vigenza del suddetto decreto e dei decreti precedenti degli anni cinquanta, rimasti in vigore fino ad allora, ha imposto la necessità di un riassetto legislativo in materia di sicurezza sul lavoro. Il riordino e coordinamento delle disposizioni vigenti è stato operato dal D.Lgs. 81/08. La Direttiva per la protezione dei lavoratori esposti ad agenti biologici è stata emanata dal Parlamento europeo e dal Consiglio il 26 novembre 1990 (90/679/CE e successive modifiche). La Direttiva 90/679/CE è stata in 23 seguito sostituita dalla Direttiva 2000/54/ CE del 18 settembre 2000, la quale ha evidenziato, con ulteriore incisività gli specifici aspetti legati al rischio biologico in ambito occupazionale. Le Direttive sopra menzionate sono state recepite nell’ordinamento normativo italiano dal D.Lgs. 626/94, più precisamente al Titolo VIII. Ad oggi, come precedentemente detto, il D.Lgs. 626/94 risulta integrato al D.Lgs. 81/08. D.Lgs. 81/08 e s.m.i. - Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro Questa “legge quadro” individua l’esposizione agli agenti biologici al titolo X presentando minime novità rispetto al D. Lgs. 626/1994. Essa recepisce, come avveniva nel precedente testo, la Direttiva CE 200/54. Le norme del titolo si applicano a tutte le attività lavorative nelle quali vi è rischio di esposizione ad agenti biologici, sia quelle che comportano un uso deliberato di agenti biologici ( cioè essi vengono deliberatamente introdotti nel ciclo lavorativo, per esservi trattati, manipolati o trasformati ovvero per sfruttarne le proprietà biologiche a qualsiasi titolo; tali condizioni si verificano ogni volta che i microrganismi si configurano quali materia prima, substrato, catalizzatore, reagente o prodotto in un processo lavorativo, come ad esempio nei laboratori diagnostici), sia quelle attività che invece, pur non comportando l’intenzione di operare con agenti biologici, possono implicare l’esposizione agli stessi per la loro presenza occasionale o concentrata. Le strutture sanitarie ospedaliere o ambulatoriali ne sono un significativo esempio. Viene inoltre specificato che il Datore di Lavoro che intende esercitare attività che comportano uso di agenti biologici dei gruppi 2 o 3, deve darne comunicazione all’organo di vigilanza territorialmente competente almeno 30 giorni prima dell’inizio dei lavori. Deve inoltre inviare una nuova comunicazione ogni qualvolta si verificano mutamenti 24 che comportano una variazione significativa del rischio per la salute sul posto di lavoro, o comunque quando si intende utilizzare un nuovo agente biologico classificato dal Datore di Lavoro in via provvisoria. Il Datore di Lavoro che invece intende utilizzare, nell'esercizio della propria attività, un agente biologico del gruppo 4, oltre alla comunicazione, deve richiedere apposita autorizzazione al Ministero del Lavoro, della salute e delle politiche sociali. L'autorizzazione è rilasciata dal Ministero, previo parere dell’organo tecnico scientifico, ha la durata di 5 anni ed è rinnovabile alla scadenza. E’ revocabile qualora venga meno qualsiasi condizione per l’autorizzazione stessa. Ad ogni variazione o cessazione di utilizzo di un agente del gruppo 4, il Datore di Lavoro deve informare il Ministero del lavoro. La valutazione dei rischi nell’ambito della sicurezza, è stata e sarà sempre, l’adempimento principale del Datore di Lavoro. Nel caso degli agenti biologici, egli deve tener conto delle caratteristiche dell’agente considerato in base alle informazioni che si possiedono e in rapporto alle modalità lavorative. Come già previsto in generale per tutte le variazioni significative nell’azienda, il datore deve precedere con una nuova valutazione del rischio in caso di modifiche importanti per la sicurezza e, in ogni caso, trascorsi 3 anni dall’ultima valutazione effettuata. Prima di effettuare la valutazione dei rischi, deve essere consultato il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, che ha inoltre libero accesso ai dati sopra elencati. Nel momento in cui la valutazione ha messo in evidenza rischi per la salute del lavoratore, il Datore di Lavoro ha l’obbligo di: attuare misure tecniche, organizzative e procedurali, assicurare idonee misure igieniche per i lavoratori, fornire dispositivi di protezione individuali e dare adeguata informazione e formazione su tutto ciò che riguarda l’attività lavorativa, anche nel caso in cui si verifichino incidenti. Qualora l’esito della valutazione del rischio ne riveli la nacessità, i lavoratori esposti ad agenti biologici sono sottoposti a sorveglianza sanitaria 25 da parte del Medico Competente. Le visite mediche servono a controllare lo stato di salute dei lavoratori ed a esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica. Il Datore di Lavoro collaborando con il Medico Competente adotta così misure specifiche di protezione per il personale sanitario, quali le vaccinazioni e, se necessario, l’allontanamento temporaneo del lavoratore dal posto di lavoro o il cambio della mansione. I lavoratori vanno inoltre informati sul controllo sanitario cui sono sottoposti e sul loro stato di salute. I lavoratori addetti ad attività comportanti uso di agenti del gruppo 3 ovvero 4 sono iscritti in un registro in cui sono riportati, per ciascuno di essi, l'attività svolta, l’agente utilizzato e gli eventuali casi di esposizione individuale. Il registro viene aggiornato dal Datore di Lavoro e custodito presso il servizio di prevenzione e protezione dove può essere consultato sia dal Medico Competente che dal RLS. Copia del registro e di ogni sua variazione, deve inoltre essere inviata all’ ISPESL e all’organo di vigilanza territorialmente competente. La documentazione deve essere custodita e trasmessa con salvaguardia del segreto professionale. I medici e le strutture sanitarie sia pubbliche che private che refertano casi di malattia o di decesso dovuti all’esposizione ad agenti biologici, devono trasmettere all’ISPESL copia della relativa documentazione clinica. Il registro dei casi di malattia o di decesso vengono utilizzati per fini di controllo, studi o indagini dal Ministero della salute e del lavoro e della previdenza sociale. Per la violazione delle disposizioni contenute nel presente titolo, il Datore di Lavoro, i dirigenti e i preposti, il Medico Competente e lavoratori, sono soggetti a sanzioni sia amministrative che penali. 26 Linee guida Le linee guida sono un insieme di raccomandazioni sviluppate in modo sistematico, cioè basate sulle prove scientifiche esistenti a favore o contro un determinato intervento, allo scopo di sostenere professionisti e utenti nelle decisioni da prendere circa la gestione più appropriata e più efficace di una determinata situazione. Le linee guida non vengono concepite come degli schemi di sequenza comportamentali da seguire ed applicare in modo rigido, come possono essere i protocolli e le procedure, ma rappresentano quindi documenti di valore universale, prodotti negli anni da gruppi di esperti, professionisti e da strutture dedicate, come ad esempio Inail, Ispesl, Simlii, DCD, enti regionali e quant’altro, finalizzate al trasferimento nella pratica dei risultati della ricerca clinica, mediante una sistematica attività di revisione della letteratura scientifica. Alcuni esempi di linee guida che trattano del tema del rischio biologico nelle strutture sanitarie sono: - Linee Guida SIMLII (2005), Rischio biologico per i lavoratori della sanità: linee guida per la sorveglianza sanitaria; - Linee Guida ISPESL, Il Rischio Biologico: procedura applicativa per la valutazione del rischio e la pianificazione degli interventi di prevenzione e protezione; 27 ORGANIZZAZIONE E GESTIONE DELLA SICUREZZA IN SANITÁ Per sicurezza si intende una situazione in cui non sono presenti pericoli tale da garantire lo svolgimento delle attività lavorative senza pregiudizi per l’integrità fisica e morale dei lavoratori. Le figure della sicurezza sono essenzialmente rappresentate dal Datore di Lavoro, dai Dirigenti e Preposti, dal Responsabile del servizio di prevenzione e protezione ed il relativo servizio, dal Medico competente, dal Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza e dagli Addetti alle emergenze. In una struttura ospedaliera occorre anche ben definire l’ambito di competenza del Direttore Sanitario all’interno della gestione dell’igiene e della sicurezza del lavoro, ferme restando le sue funzioni, compiti e responsabilità per ciò che concerne la gestione dell’intera struttura sanitaria. DIRETTORE GENERALE DIRETTORE SANITARIO SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE DIRETTORE AMMINISTRATIVO MEDICO COMPETENTE 28 Datore di Lavoro: è il soggetto titolare del rapporto di lavoro e che ha la primaria responsabilità dell’azienda o dell’unità produttiva, in quanto titolare dei poteri decisionali e di spesa. Egli deve adottare tutte quelle misure che sono necessarie a prevenire malattie o infortuni e a garantire la sicurezza sul lavoro. In particolare: - mette a disposizione l’ambiente di lavoro, macchinari attrezzature, strumenti e quant’altro necessario all’attività lavorativa; - organizza la sicurezza in azienda nominando RSPP, MC, addetti alle emergenze; - redige il documento di valutazione dei rischi e il piano di gestione dell’emergenze; - fornisce i dispositivi di protezione sia collettivi che individuali ai lavoratori; - informa e forma i lavoratori riguardo i rischi presenti in azienda a cui sono esposti; - vigila sull’osservanza da parte dei lavoratori delle norme e delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza. Dirigente e Preposto: figure professionali che in azienda ricoprono posizioni importanti, che coordinano e guidano il lavoro degli altri dipendenti attuando le direttive ricevute dal Datore di Lavoro. Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione: egli coordina il servizio e collabora con il Datore di Lavoro e le altre figure presenti in azienda. - individua i fattori di rischio, valuta i rischi e indica le misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro ai fini della stesura del documento di valutazione dei rischi; 29 - elabora le misure preventive e protettive; - elabora le procedure di sicurezza; - partecipa alle consultazioni in materia di salute e sicurezza; - proporre e fornisce programmi di informazione e formazione ai lavoratori. Medico Competente: è un figura necessaria in tutte quelle aziende nelle quali sono presenti rischi che comportano la sorveglianza sanitaria per i lavoratori. Egli ha diversi compiti, tra cui: - collabora con il Datore di Lavoro e il SPP nella valutazione dei rischi, definendo le misure necessarie per eliminare o ridurre tali rischi predisponendo inoltre le misure di tutela per la salute dei lavoratori, - visita gli ambienti di lavoro almeno una volta l’anno; - definisce il protocollo sanitario dei lavoratori da allegare al documento di valutazione dei rischi; - effettua accertamenti sanitari ed elabora per ogni lavoratore sottoposto a visita una cartella sanitaria e di rischio, informandolo dei risultati dell’accertamento; - esprime il giudizio di idoneità alla mansione; - informa il Datore di Lavoro e i lavoratori dell’esistenza di effetti pregiudizievoli per la salute imputabili all’esposizione a rischi lavorativi; - collabora all’attività di formazione e informazione dei lavoratori. Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza: è la persona eletta dai lavoratori di un’azienda per essere rappresentati sugli aspetti della salute sicurezza sul lavoro. Egli: - accede ai luoghi di lavoro; 30 - è preventivamente consultato per quello che riguarda la valutazione dei rischi, la programmazione e verifica della prevenzione; - viene consultato sulla programmazione della formazione dei lavoratori addetti alla gestione delle emergenze; - riceve tutte le informazione e la documentazione che riguardano rischi per i lavoratori; - agisce da punto di riferimento tra Datore di Lavoro, lavoratori, sindacato ed istituzioni; - partecipa alle verifiche ispettive dell’organo di vigilanza; - può fare ricorso alle autorità competenti se ritiene che le misure di prevenzione e protezione non son adeguate. Addetti alla gestione delle emergenze: sono i lavoratori incaricati di gestire le possibili emergenze che vengono designati preventivamente dal Datore di Lavoro in base alla situazione lavorativa e ai rischi ipotizzati. Essi devono attuare le misure di prevenzione e protezione incendi, l’evacuazione delle persone in caso di pericolo grave e immediato, il salvataggio delle persone che si trovino in condizioni di pericolo e il primo soccorso. Direttore Sanitario: dirige i servizi sanitari ai fini organizzativi e concorre al governo dell'azienda coadiuvando il Direttore Generale nella determinazione delle politiche aziendali finalizzate all'erogazione delle prestazioni sanitarie, alla loro appropriatezza e alla qualità dei servizi. La sicurezza è una questione riguardante non solo le figure sopra citate ma tutto il personale presente nell’ambiente lavorativo che deve essere informato, formato, sensibilizzato e responsabilizzato sulla sicurezza per far in modo che si raggiungano ottimi risultati. 31 Il grado massimo di organizzazione è rappresentato da un sistema di gestione della sicurezza (SGSL) attraverso il quale vengono definiti in modo univoco le procedure, le responsabilità e i compiti del personale coinvolto. 32 Un sistema di gestione della sicurezza dovrebbe essere il frutto di una cultura sulla sicurezza, fatto di procedure che non sono adottate dall’esterno ma già eseguite ed utilizzate con successo all’interno dell’ospedale e che sono condivise in quanto utili al buon funzionamento delle attività. Esse non devono essere generiche e di conseguenza numerose, ma idonee e focalizzate su quelle problematiche che vanno tenute sotto controllo e gestite continuamente. La sicurezza nei luoghi di lavoro è un obiettivo a lunga scadenza, in cui i risultati non sono immediati ma più tardivi, che deve coinvolgere un numero sempre maggiore di persone ben organizzate, collaborative e disponibili. 33 IL PROCEDIMENTO DELLA VALUTAZIONE DEI RISCHI La valutazione dei rischi, regolata dal D.Lgs.81/08 ( artt.28, 29, 30 ), è un procedimento per l’identificazione dei pericoli e la stima dei rischi ad essi connessi, finalizzata alla prevenzione degli incidenti ed alla protezione da eventuali danni alla salute delle persone, ai beni ed alle strutture. Essa va eseguita secondo una programmazione ed una revisione periodica al fine di definire gli interventi da attuare nell’ottica di un miglioramento continuo della prevenzione e protezione della salute e dell’integrità psico-fisica dei lavoratori nei luoghi di lavoro. La valutazione dei rischi è un dovere non delegabile del Datore di Lavoro, il quale si avvale della collaborazione o consulenza di esperti interni o esterni sulle diverse problematiche di igiene e sicurezza sul lavoro da affrontare. Il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione e il Medico Competente collaborano con il Datore di Lavoro nel processo di valutazione e gestione dei rischi. Il documento, redatto a conclusione della valutazione, deve essere tenuto in forma scritta, munito di data certa e della sottoscrizione del Datore di Lavoro, del RSPP, del MC ove presente e del RLS. In base all’art. 28 del citato decreto il documento di valutazione dei rischi deve, obbligatoriamente, contenere: - dati generali dell’azienda; - nominativi del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, del Medico Competente e del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza; - descrizione degli ambienti di lavoro e del ciclo produttivo; - l’individuazione delle attività lavorative che eventualmente espongono i lavoratori a rischi specifici e la loro suddivisione in gruppi omogenei; 34 - relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute presenti in azienda e la descrizione dei criteri adottati per la valutazione degli stessi; - l’indicazione delle misure di prevenzione protezione attuate e dei dispositivi di protezione adottati; - il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza; - l’individuazione delle procedure per l’attuazione delle misure da realizzare, nonché dei ruoli dell’organizzazione aziendale che vi devono provvedere. La valutazione dei rischi deve essere aggiornata nei casi in cui si verificano variazioni delle attività, vengono introdotte nuove sostanze, tecnologie, apparecchiature e quant’altro, o qualora subentrino delle modifiche strutturali che possono influire sulla sicurezza. Essa è costituita essenzialmente da quattro fasi fondamentali: Fase conoscitiva: - Individuazione delle mansioni / attività Questa fase prevede la raccolta delle informazioni riguardanti la struttura aziendale e la descrizione anche mediante schemi a blocchi del ciclo delle attività aziendali o dell’unità operativa oggetto di analisi, individuando le singole fasi di lavoro, le attrezzature, macchine e impianti presenti sui luoghi di lavoro, e il personale addetto. All’interno della fase preliminare di analisi e valutazione dei rischi, è opportuno individuare le mansioni dei singoli lavoratori separandole per aree omogenee di appartenenza. Per area omogenea di appartenenza si intende l’insieme delle attività associate per affinità di situazioni o per mansioni svolte 35 che è sempre possibile riscontrare (competenze, strumenti operativi, caratteristiche ambientali) e per le quali le esposizioni dei lavoratori a rischi per la sicurezza e salute o di tipo trasversale sono riconducibili ad analoghi fattori. A grandi linee nelle aziende ospedaliere è possibile identificare le seguenti aree omogenee di appartenenza: Area omogenea del Personale direttivo e di amministrazione In questa area possono essere inseriti tutti quei lavoratori addetti allo svolgimento di specifiche mansioni quali: il direttore o responsabile amministrativo, i dirigenti, l’assistente e tutto il personale che svolge le tipiche mansioni d’ufficio. Area omogenea del Personale addetto alle prestazioni sanitarie All’interno di questa area omogenea è considerato tutto il personale che svolge attività nei reparti e nei laboratori e che può quindi essere esposto anche a rischi specifici. Per questa tipologia di lavoratori, oltre ai rischi comuni inerenti le strutture e gli impianti, quelli trasversali ed organizzativi, vi sono anche quelli specifici della mansione svolta. Tali rischi pertanto sono identificati come rischi propri. L’analisi e la valutazione per questa categoria di lavoratori è pertanto sviluppata valutando le sorgenti di rischio generico e quelli relativi alla mansione svolta, alle sostanza utilizzate, e ai fattori specifici di pericolo per le attività svolte. - Individuazione dei rischi e dei lavoratori esposti Per individuare in modo uniforme, dettagliato e completo tutti i rischi presenti nelle diverse unità operative sarebbe opportuno avvalersi di strumenti di lavoro efficaci, quali ad esempio i sopralluoghi negli ambienti di lavoro, le liste di controllo e il registro infortuni. 36 Occorre quindi verificare eventuali criticità di attrezzature, impianti, strutture, ed in genere di qualsiasi fattore possa determinare o rappresentare una fonte di pericolo. Per l’individuazione dei lavoratori esposti si procede dapprima ad un esame generale della struttura ospedaliera in collaborazione con il Direttore sanitario, e successivamente si passa ad esaminare in fase di sopralluogo le singole specifiche mansioni e di correlarle con i pericoli individuati. A fronte di tale correlazione si formula la selezione delle diverse tipologie di rischio per i diversi lavoratori esposti. I rischi si classificano in tre macrocategorie: - Rischi trasversali ed organizzativi: sono quelli individuabili all’interno della complessa articolazione che caratterizza il rapporto tra il lavoratore e l’organizzazione lavorativa in cui è inserito. Tale rapporto può comportare problemi di natura psicologica o fisica che possono determinare rischi infortunistici e di salute per i lavoratori. - Rischi per la sicurezza e l’incolumità fisica: sono quelli responsabili del potenziale verificarsi di incidenti o infortuni che causano danni o menomazioni fisiche del lavoratori, in seguito ad un impatto fisico-traumatico di diversa natura. - Rischi igienico ambientali per la salute: sono quelli responsabili della potenziale compromissione dell’equilibrio biologico dei lavoratori addetti ad attività in cui sono presenti agenti biologici, chimici e fisici con conseguente esposizione ad essi. 37 I rischi potenziali a carico dell’area omogenea del Personale direttivo e di amministrazione possono derivare dai seguenti fattori: Per i rischi di natura trasversale ed organizzativa: - stress o disagio derivante da eccessivo carico di lavoro; - stress lavoro - correlato; - adempimenti a mansioni improprie; - errata gestione delle procedure in caso di emergenza; - da errato utilizzo dei presidi antincendio; - carenza di adeguata informazione sui rischi propri della sua attività; - carenza di informazione formazione e addestramento; - inadeguatezza dimensionale o strutturale degli ambienti in cui operano; - eventuali attività svolte all’esterno della sede di lavoro; - rischi derivanti dalle differenze di genere; - errata o non bilanciata organizzazione delle attività lavorative. Per i rischi di natura infortunistica: - specifiche criticità a carico delle strutture o dei locali o parti architettoniche degli stessi non conformi alle specifiche norme tecniche o alle leggi in vigore; - incendi all’interno del locale in cui svolge la mansione; - urti, cadute o scivolamenti, causati da sconnessioni della pavimentazione o con parti di materiale di arredo del locale; - elettrocuzione o scosse elettriche a causa di criticità all’impianto elettrico; - errato utilizzo delle attrezzature di lavoro o oggetti contundenti o taglienti; - assenza di adeguati presidi di pronto soccorso o cassette di medicazione; 38 - criticità a carico di impianti con i quali può venire a contatto; - movimentazione manuale dei carichi; - eccessivo ingombro dei locali in cui svolge le attività. Per i rischi per la salute: - ergonomia delle singole postazioni di lavoro; - patologie dovute a posture incongrue; - patologie all’apparato muscolo scheletrico dovute a non conformità delle postazioni dotate di videoterminale; - patologie all’apparato visivo derivate da un uso non corretto delle postazioni dotate di videoterminale; - criticità relative alle condizioni igieniche dei singoli ambienti o locali; - microclima non adeguato alle mansioni da svolgere, correlati a particolari condizioni atmosferiche esterne; - illuminamento non corretto delle singole postazioni di lavoro; - eccessivi livelli di rumorosità all’interno degli ambienti o degli ambienti adiacenti; - esposizioni a sorgenti cancerogene o nocive eventualmente presenti. I rischi potenziali a carico dell’area omogenea del Personale addetto alle prestazioni sanitarie possono derivare dai seguenti fattori: Per i rischi di natura trasversale ed organizzativa: - stress o disagio derivante da eccessivo carico di lavoro; - stress lavoro - correlato; - aggressioni; - turni lavorativi non bilanciati e lavoro notturno; - adempimenti a mansioni improprie; - errata gestione delle procedure in caso di emergenza; 39 - carenza di adeguata informazione sui rischi propri della sua attività; - carenza di informazione formazione e addestramento; - inadeguatezza dimensionale o strutturale degli ambienti in cui operano; - eventuali attività svolte in esterno; - rischi derivanti dalle differenze di genere; - errata o non bilanciata organizzazione delle attività lavorative. Per i rischi di natura infortunistica: - specifiche criticità a carico delle strutture o dei locali o parti architettoniche degli stessi non conformi a specifica normativa tecnica; - manomissione o rimozione di protezioni applicate a macchine con lame o parti taglienti o acuminate come macchine distruggi documenti o fotocopiatrici; - cadute accidentali o scivolamenti a causa di superfici bagnate; - urti, cadute o scivolamenti, causati da sconnessioni della pavimentazione o con parti di materiale di arredo del locale; - elettrocuzione o scosse elettriche a causa di criticità all’impianto elettrico; - infortuni derivanti da attività all’esterno della sede di lavoro; - rischio di lesioni, o infortuni, durante l’utilizzo di macchine o attrezzature di lavoro proprie della mansione. Per i rischi per la salute: - criticità relative all’organizzazione degli spazi di lavoro; - criticità relative alle condizioni igieniche dei singoli ambienti o locali; - movimentazione manuale dei carichi e dei pazienti; - microclima non adeguato alle mansioni da svolgere; - esposizioni a radiazioni ionizzanti e non; - eccessivi livelli di rumorosità all’interno degli ambienti o degli 40 ambienti adiacenti; - rischi derivanti dalla manipolazione di agenti chimici; - rischi derivanti da esposizione ad agenti biologici. - esposizioni a sorgenti cancerogene o nocive eventualmente presenti. Fase di valutazione dei rischi: i criteri di valutazione si basano sull’analisi oggettiva delle criticità riscontrate valutando l’effettiva probabilità di accadimento di un evento infortunistico, o di un danno per la salute e la sicurezza dei lavoratori, direttamente riconducibile alla criticità riscontrata, tenendo conto dell’adeguatezza e dell’affidabilità delle misure di prevenzione già esistenti, quali ad esempio: tipo di organizzazione del lavoro ai fini della sicurezza, livello di formazione e informazione, presenza e congruità dei dispositivi di protezione individuale e collettivi, presenza di adeguati piani di emergenza, sorveglianza sanitaria e quant’altro. Si provvede alla quantificazione del rischio in termini analitici attraverso la stima semiquantitativa dei due parametri presi in considerazione, la probabilità (P) e la gravità del danno (D). Dalla combinazione di questi ultimi, si ricava il valore di rischio, la cui entità è data dalla relazione: Rischio = Probabilità × Danno Il rischio può essere considerato quindi come l’eventualità della produzione di un danno più o meno grave. Nelle successive tabelle sono descritte le scale semiquantitative della probabilità e del danno, i cui valori sono espressi in un intervallo che va da 1 a 4, ed i criteri per l’attribuzione dei valori stessi. Le due variabili hanno dunque la stessa definizione quantitativa in modo da rendere omogenea la determinazione del fattore di rischio. 41 Scala delle probabilità “P” di accadimento di un evento: VALORE LIVELLO DEFINIZIONI, CRITERI -La mancanza rilevata può provocare un danno per la concomitanza di più eventi 1 Improbabile poco probabili indipendenti; -non sono noti episodi già verificatesi; -il verificarsi del danno susciterebbe incredulità in azienda. -La mancanza rilevata può provocare un danno solo in presenza di una circostanza sfortunata di eventi; 2 Poco probabile -sono noti rarissimi episodi già verificatesi; -il verificarsi del danno ipotizzato susciterebbe grande sorpresa in azienda. -La mancanza rilevata può provocare un danno anche se non in modo automatico e diretto; 3 Probabile -è noto qualche episodio in cui alla mancanza ha fatto seguito il danno; -il verificarsi del danno ipotizzato susciterebbe una moderata sorpresa in azienda. -Esiste una correlazione diretta tra la mancanza rilevata ed il verificarsi del danno; -si sono già verificati danni per la stessa 4 Altamente probabile mancanza nella stessa azienda, in aziende simili o in situazioni operative simili; -il verificarsi del danno conseguente la mancanza rilevata non susciterebbe alcuno stupore in azienda. 42 Scala dell’entità del danno “D”: VALORE LIVELLO DEFINIZIONE, CRITERI -Infortunio o episodio di esposizione acuta 1 Lieve con inabilità rapidamente reversibile; -piccoli infortuni o patologie di carattere fisico rapidamente reversibili. -Infortunio o episodio di esposizione 2 Medio acuta con inabilità reversibile; -infortunio o patologie di carattere fisico e/o psicofisico croniche con effetti reversibili. -Infortunio o episodio di esposizione 3 Grave acuta con effetti di invalidità parziale; -infortuni o patologie di carattere fisico e/o psicofisico croniche con effetti parzialmente invalidanti. -Infortunio o episodio di esposizione acuta con effetti anche letali o che possono determinare una condizione di 4 Gravissimo invalidità permanente ; -infortuni o patologie di carattere fisico e/o psicofisico croniche con effetti totalmente invalidanti. 43 In base alle valutazioni effettuate, definiti il danno e la probabilità, il rischio viene determinato automaticamente con la formula R=P×D Esso si colloca in una matrice in cui i diversi riquadri rappresentano le varie situazioni di rischio. PROBABILITÁ 4 4 8 12 16 3 3 6 9 12 2 2 4 6 8 1 1 2 3 4 1 2 3 4 DANNO I rischi che possono provocare i danni più gravi occupano in tale matrice le caselle in alto a destra (in cui la probabilità è elevata e il danno gravissimo), quelli minori occupano invece le posizioni più vicine all’origine degli assi (in cui il danno è lieve e la probabilità trascurabile), con tutta la serie di posizioni intermedie facilmente individuabili. Una tale rappresentazione costituisce di per se un punto di partenza per la definizione delle priorità e la programmazione temporale degli interventi di protezione e prevenzione da adottare. 44 E’ da sottolineare che laddove non sia possibile individuare una specifica fonte di rischio, o dove questa possa essere legata a più di un fattore, è stata omessa la determinazione del valore di rischio come prodotto tra probabilità di accadimento e relativo danno, ovvero R = P x D. Ciò è dovuto dal fatto che, soprattutto per i rischi trasversali ed organizzativi, spesso non è possibile individuare in modo univoco un’unica fonte di rischio attribuibile alla specifica voce di analisi, ma potrebbero intervenire più fattori concomitanti a determinare condizione che possono essere assimilate a potenziali danni fisici o a patologie. Dove ciò si sia verificato occorre riportare nella parte di valutazione tutti i possibili fattori che potrebbero determinare l’insorgenza di infortuni o patologie a carico dei lavoratori esposti. Si terrà pertanto conto di tali fattori, elencandoli e predisponendo per ciascuno di essi le idonee misure di prevenzione e protezione. La valutazione numerica del Livello di Rischio “R” comporta l’attuazione di misure di prevenzione e protezione in relazione alla valutazione dei rischi. Azioni migliorative da R=1 programmare non richiedenti Priorità P4 un intervento immediato Azioni correttive e/o 2≤R≤3 migliorative da programmare Priorità P3 nel breve medio termine Azioni correttive necessarie 4≤R≤8 da programmare con Priorità P2 urgenza R>8 Azioni correttive indilazionabili Priorità P1 Questa tabella permette di individuare una corrispondente scala di priorità degli interventi “P” da attuare o porre in essere al fine di ridurre in modo sensibile il livello di rischio: 45 Priorità nella realizzazione degli interventi Il seguente indice di priorità corrisponde più che ad una non conformità specifica ad uno stato di fatto che, pur Bassa priorità P4 ( dai 6 mesi ad 1 anno ) rispondente alla normativa di igiene e sicurezza, evidenzia la necessità di essere migliorato ed ottimizzato. Gli interventi di adeguamento corrispondenti, di tipo organizzativo e tecnico, verranno programmati nel tempo con il fine di elevare il livello di prevenzione e ottimizzare lo stato dei luoghi e le procedure di lavoro. Non conformità di carattere tecnico/documentale derivante dall'aggiornamento e/o dall'evoluzione della normativa Media priorità P3 ( circa 3 mesi ) tecnica di riferimento e non implicante l’insorgere di particolari condizioni di rischio per la sicurezza e la salute dei lavoratori. Gli interventi di adeguamento corrispondenti al presente livello di priorità possono essere programmati nel tempo in funzione della fattibilità degli stessi. Non conformità che implica la sussistenza di una condizione di rischio grave ma non imminente per i lavoratori, e che potrebbe causare danni con un elevato Alta priorità P2 ( circa 1 mese ) grado di inabilità o determinare patologie dagli effetti invalidanti permanenti. Le non conformità classificate come P2 richiedono interventi a medio termine poiché configurano condizioni di pericolo e/o violazioni alle norme di sicurezza con conseguente responsabilità del Datore di Lavoro sanzionabili penalmente. Non conformità che implica la sussistenza di una Elevatissima priorità P1 ( interventi immediati ) condizione di rischio grave ed imminente per i lavoratori. Le non conformità classificate come P1 richiedono interventi urgenti poiché oltre a creare i presupposti per l’accadimento di un possibile infortunio prefigurano per il Datore di Lavoro sanzioni penali di carattere detentivo o pecuniario. 46 Si evidenzia che la metodologia indicata per la valutazione dei rischi e la conseguente elaborazione del documento, è quella indicata nell’art. 28 del D.Lgs.81/08, modificato dal D.Lgs.106/09, rispettando i criteri di semplicità, comprensibilità e brevità al fine di garantire una immediata programmazione degli eventuali interventi di miglioramento. Valutazioni specifiche su particolari fattori di rischio, risultanti da indagini strumentali, potranno essere inserite in specifici documenti laddove espressamente previsto da norme specifiche o ritenuto necessario, ai fini di una corretta valutazione del rischio e/o di una verifica delle misure di contenimento degli agenti pericolosi, o laddove si riscontri un rischio grave ed imminente per i lavoratori. Fase di definizione delle misure di prevenzione e protezione; Questa fase prevede l’analisi dei risultati, ottenuti dalle due fasi precedenti, in base alla quale potrebbe essere necessario intervenire per ridurre il rischio di alcuni luoghi di lavoro o di alcune mansioni. Gli adempimenti conseguenti alla valutazione dei rischi riguardano: le misure di prevenzione tecnica, organizzative e procedurale, l’informazione, la formazione e l’addestramento dei lavoratori, i dispositivi di protezione individuali e collettivi, la sorveglianza sanitaria. Il processo di informazione e formazione dei lavoratori è regolamentato dal D.Lgs. 81/08. - Informazione: è il complesso delle attività dirette a fornire conoscenze utili alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi in ambito lavorativo. Secondo la normativa vigente, ogni lavoratore deve ricevere una adeguata informazione riguardo: tutti i rischi per la salute e sicurezza sul lavoro connessi con l’attività dell’azienda e su quelli connessi con la specifica mansione, sulle normative di sicurezza e le diposizioni aziendali in materia, sui nominativi del RSPP e del MC, degli addetti alla gestione delle emergenze e sulle misure di prevenzione e protezione adottate. 47 - Formazione: è un processo educativo attraverso il quale si trasferisce ai lavoratori ed agli altri soggetti del sistema di prevenzione e protezione aziendale conoscenze e procedure utili alla acquisizione di competenze per lo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti in azienda e alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi, in particolare a quelli specifici connessi con il proprio posto di lavoro e con la propria mansione. - Addestramento: è il complesso delle attività dirette a fare apprendere ai lavoratori l’uso corretto di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi e le procedure di lavoro. Viene effettuato da personale esperto direttamente sul luogo di lavoro. Il Datore di Lavoro assicura l’informazione e la formazione dei lavoratori, durante l’orario lavorativo e senza comportare oneri economici a loro carico, in modo semplice e chiaro attraverso strumenti quali: assemblee, incontri individuali e di gruppo, depliant, libretti, circolari, volantini, video, avvisi e cartellonistica, o nel caso della formazione attraverso corsi strutturati con lezioni frontali, lavori di gruppo, singoli seminari monotematici, simulazione casi ed esercitazioni pratiche. Il Datore di Lavoro collabora con il Medico Competente, con il Servizio di Prevenzione e Protezione, con il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza e con consulenti esterni, all’attività di formazione e informazione del lavoratori. Il materiale formativo-informativo deve essere chiaro e comprensibile, adeguato al livello di istruzione dei lavoratori ai quali è sottoposto e alle conoscenze linguistiche. La formazione e, ove previsto, l'addestramento specifico, devono avvenire in occasione della costituzione del rapporto di lavoro, del trasferimento o cambiamento di mansione e dell’introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze e preparati pericolosi. Essi vanno ripetuti periodicamente in relazione all’evoluzione dei rischi o all’insorgenza di nuovi rischi. 48 - Dispositivi di protezione individuali: secondo la definizione riportata nel Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro (art.74), si definisce dispositivo di protezione individuale qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo. Il D.Lgs.475/92 (Attuazione della direttiva 89/686/CEE del Consiglio del 21 dicembre 1989, in materia di ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai dispositivi di protezione individuale) e s.m.i., regola la fabbricazione e la commercializzazione dei DPI, in particolare indica i requisiti essenziali di sicurezza che un prodotto deve soddisfare e le condizioni per la commercializzazione e la libera circolazione all’interno dell’Unione Europea inclusi: iter di certificazione, attestato di certificazione CE e la marcatura CE. Essi vengono divisi in tre categorie in base al grado di rischio, di conseguenza più alto è il rischio per il quale il DPI è utilizzato, più severa è la procedura di certificazione. - Categoria I Comprende tutti i DPI utilizzati per la protezione contro rischi minimi, per i quali l’utente può valutare il livello di protezione necessario o gli effetti sono graduali e possono essere tempestivamente identificati dall’utilizzatore. Autocertificazione di conformità del produttore e marcatura CE. - Categoria II Comprende i DPI che proteggono contro un livello di rischio 'normale', quali protezioni per il capo, per il volto, protettori auricolari, protezioni oculari, indumenti, scarpe e guanti. Certificazione di conformità rilasciata da organismo notificato e marcatura CE. 49 - Categoria III Comprende tutti i DPI utilizzati per la protezione contro rischi mortali o contro rischi che potrebbero danneggiare gravemente ed irreversibilmente la salute, oppure i dispositivi da utilizzare nelle situazioni in cui gli effetti non possono essere identificati in tempo sufficiente. Nella categoria rientrano, ad esempio, i respiratori, le tute integrali e guanti in nitrile contro i rischi biologici. Certificazione più numero di riconoscimento dell’organismo notificato che ha rilasciato la certificazione e marcatura CE Il D.Lgs.81/ 08 recepisce la Direttiva CEE 89/656/CEE (Utilizzo dei DPI nell’ambiente di lavoro) che riguarda l’utilizzo corretto dei DPI e definisce il loro ruolo nel miglioramento dei livelli di salute e sicurezza nell’ambiente di lavoro. Nei casi in cui i rischi per la salute e la sicurezza possono essere identificati, è prioritario eliminare il rischio ricercando alternative più sicure, come attuare misure tecniche di prevenzione, misure, metodi e procedimenti di riorganizzazione del lavoro o misure di protezione collettiva. Il Datore di Lavoro, quindi, prima di disporre l’uso dei DPI da parte dei lavoratori, deve valutare attentamente la possibilità di attuare le suddette misure alternative, che coinvolgono sia gli aspetti relativi ai materiali e macchinari impiegati per lo svolgimento dell’attività lavorativa, sia le modalità organizzative dei singoli reparti o attività. Se, a seguito di una dettagliata analisi, si accerta l’impossibilità tecnica di ricorrere a metodi alternativi ai dispositivi di protezione individuale, si può residualmente ricorrere ad essi. L’uso dei DPI quindi è permesso soltanto quando non è possibile ottenere il grado di protezione richiesto utilizzando uno dei suddetti metodi. Tutti i DPI devono essere conformi alle norme del D.Lgs.475/92, devono essere idonei per l’utilizzatore e l’attività svolta, nel caso in cui sia necessario utilizzare più di un DPI, tutti i dispositivi utilizzati devono essere 50 compatibili, ove fattibile dovrebbe essere realizzato su misura ed infine devono essere utilizzati esclusivamente per la finalità designata e nel rispetto delle istruzioni del produttore. Il Datore di Lavoro ha l’obbligo di fornire ai lavoratori i necessari DPI in relazione ai rischi presenti, garantire che gli stessi siano conformi alla normativa vigente e che vengano indossati ed utilizzati correttamente. Inoltre, è sempre compito del Datore di Lavoro provvedere al corretto mantenimento, pulizia e sostituzione dei DPI. - Sorveglianza sanitaria: La sorveglianza sanitaria è definita dal D.Lgs 81/08 come l’insieme degli atti medici, finalizzati alla tutela dello stato di salute e sicurezza dei lavoratori, in relazione all’ambiente di lavoro, ai fattori di rischio professionali e alle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa. Si può definire come la somma delle visite mediche, delle indagini specialistiche e di laboratorio, delle informazioni sanitarie e dei provvedimenti adottati dal Medico Competente. È un’attività complessa volta a tutelare la salute dei lavoratori e a prevenire l’insorgenza di malattie professionali attraverso la diagnosi precoce. Essa comprende: - visita preventiva, ha lo scopo di stabilire se le condizioni di salute del lavoratore gli consentono di essere esposto ai rischi presenti nella sua mansione e sul suo luogo di lavoro. Essa deve essere effettuata prima che il lavoratore inizi a lavorare, e deve essere ripetuta nel caso di cambio mansione; - visita periodica, mirata a controllare che l’esposizione a tali rischi non abbia prodotto dei danni, cioè non abbia provocato l’insorgenza di malattia, e a confermare l’idoneità del lavoratore a svolgere la sua mansione; - visita straordinaria, richiesta dal lavoratore stesso quando ritiene di avere dei disturbi provocati dal lavoro; - visita alla cessazione del rapporto di lavoro prevista nel caso che il lavoratore sia stato esposto a particolari rischi; 51 - visita al rientro al lavoro dopo un periodo di assenza per malattia di almeno 60 giorni. La visita, si conclude con l’espressione di un giudizio di idoneità alla mansione specifica che deve essere consegnato in forma scritta al lavoratore e al Datore di Lavoro. Il lavoratore, in base al giudizio di idoneità, può essere considerato come idoneo, idoneo con prescrizioni o limitazioni, inidoneo, inidoneo temporaneamente. Per ogni lavoratore viene istituita e periodicamente aggiornata una cartella sanitaria dove sono riportate le sue condizioni psicofisiche, i risultati degli accertamenti strumentali, di laboratorio e specialistici eseguiti, eventuali livelli di esposizione professionale individuali forniti dal Servizio di Prevenzione e Protezione, nonché il giudizio di idoneità alla mansione specifica. Gli accertamenti sanitari specialistici previsti per i lavoratori sono riportati all’interno del protocollo sanitario definito dal Medico Competente in funzione dei rischi specifici presenti in azienda e tenendo in considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati. Essi devono essere sempre e comunque mirati al rischio specifico e il meno invasivi possibile. Il protocollo sanitario va considerato parte integrante dello stesso documento di valutazione dei rischi. Il Medico Competente inoltre visitando gli ambienti di lavoro, collabora con il Datore di Lavoro e il Responsabile del Servizio di Prevenzione Protezione alla valutazione dei rischi, alla predisposizione delle misure di tutela dei lavoratori e alla loro informazione e formazione. Fase conclusiva che, correlando i risultati delle fasi precedenti, consente di pervenire al documento finale. Questa fase prevede la correlazione dei risultati, ottenuti nelle precedenti fasi, per la redazione del documento finale sulla valutazione dei rischi e l’indispensabile programmazione di eventuali azioni correttive che possono ridurre il rischio valutato. 52 CAPITOLO III IL CASO APPLICATIVO IN UN REPARTO DELL’OSPEDALE “F. SPAZIANI” DI FROSINONE CRITERI E METODI ADOTTATI PER LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO BIOLOGICO In ambito sanitario il rischio biologico risulta universalmente riconosciuto e verificato sia per l’elevato numero di soggetti coinvolti, sia per i numerosi incidenti che si registrano e sia per le possibili gravi conseguenze sulla salute degli operatori sanitari che vi lavorano. In relazione alla legislazione vigente, in particolare riferimento al D.Lgs.81/08, il Datore di Lavoro in collaborazione con il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione e il Medico Competente effettua la valutazione del rischio biologico e attua tutte le misure necessarie per eliminare o ridurre il più possibile tale rischio e salvaguardare la salute dei lavoratori sanitari potenzialmente esposti agli agenti biologici presenti sul luogo di lavoro. L’adozione di tali misure nelle attività, come in questo caso, in cui non vi è un uso deliberato di agenti biologici, ma la possibile presenza, 53 presenta una serie difficoltà per l’incerta entità del rischio che l’esposizione potenziale ad agenti biologici comporta. In questi casi il termine potenziale comprende l’eventualità di un possibile contagio, la cui occorrenza però è remota o non ben definibile in termini quantitativi. Per la valutazione del rischio è fondamentale: la stima del pericolo, della probabilità del verificarsi di un evento e la stima del conseguente danno. Queste ultime, in relazione agli agenti biologici, appaiono però di non semplice esecuzione poiché rese difficili da una serie di limiti conoscitivi. Molti dei concetti e delle metodologie ormai consolidate dall’Igiene Industriale per la valutazione dell’esposizione, ad esempio a sostanze chimiche, non sono infatti immediatamente trasferibili ai microrganismi per: - la varietà e l’ubiquitarietà dei microrganismi presenti su superfici di lavoro o aerodispersi problematico. Risulta rendono complicato il monitoraggio misurare i ambientale microrganismi aerodispersi con la stessa affidabilità con cui vengono ad esempio misurati gas e vapori di sostanze chimiche; - altrettanto difficoltoso é l’utilizzo del monitoraggio biologico nella valutazione dell’avvenuto contagio da microrganismi, poiché risulta molto articolata la risposta adattativa o immunitaria dell’organismo umano ospite; - non sono disponibili inoltre dati di letteratura che indichino per gli agenti biologici sicure relazioni dose-risposta (in termini di entità del contagio-infettività) per nessuno dei microrganismi di maggior interesse patologico o di larga trasmissibilità. La mancanza di questa conoscenza non permette in buona sostanza di definire delle dosi (sul modello dei TLV per le sostanze chimiche) che abbiano funzione di soglia per discriminare tra condizioni di presenza o assenza di rischio, o meglio, tra situazioni con grado di controllo accettabile o non accettabile e di conoscere con buona approssimazione, ad una certa 54 entità di esposizione (contagio), quale è la frequenza di danno atteso nel gruppo di soggetti esposti. Tuttavia, nonostante questi limiti, la stima del rischio risulta comunque essenziale e deve ricondursi a categorie conoscitive logiche e concretamente applicabili Le fasi della valutazione del rischio biologico, come esposto precedentemente prevedono : l’identificazione delle attività svolte all’interno del reparto ospedaliero oggetto della valutazione; l’identificazione dei fattori di rischio presenti all’interno della realtà lavorativa, in relazione ai quali si può ipotizzare la comparsa di eventi indesiderati; la determinazione dell’entità di esposizione, in funzione della quale può variare l’entità del rischio; anche se non esistono limiti di esposizione utilizzabili come valori soglia per gli agenti biologici, verranno utilizzati strumenti come il registro infortuni aziendale, dati presenti in letteratura e campionamenti microbiologici ambientali. Secondo quanto riportato dalle Linee Guida Simlii del 2005, “Rischio biologico per i lavoratori della sanità: linee guida per la sorveglianza sanitaria”, la valutazione del rischio sarà effettuata considerando: lo svolgimento di attività che comportino assistenza diretta ai pazienti con possibilità maggiore di entrare in contatto con sangue o altri fluidi corporei. Il Decreto del Ministero della Sanità del 04/10/91 e s.m.i, relativo all’offerta gratuita della vaccinazione per epatite B per i soggetti a rischio, elencava alcune aree a maggior rischio di contagio in funzione delle attività svolte tra cui: - sale operatorie e sale parto; - reparti di chirurgia, ostetricia, ginecologia; - rianimazione; 55 - ambulatori odontoiatrici; - emodialisi ed ematologia; - immunoematologia e centro trasfusionale; - Pronto Soccorso; - oncologia; - medicina legale e sale autoptiche; - malattie infettive; - laboratori di analisi. lo svolgimento di Procedure invasive a rischio di esposizione, Exposure Prone Procedures, che vennero considerate dalla Commissione Nazionale per la lotta contro l’AIDS quelle con: - penetrazione chirurgica in tessuti, cavità, organi o la sutura di ferite traumatiche maggiori effettuate in sala operatoria o sala parto, Pronto Soccorso o ambulatorio sia medico che chirurgico; - cateterizzazione cardiaca o procedure angiografiche; - parto naturale o cesareo, o altre operazioni ostetriche durante le quali possono verificarsi perdite di sangue; - manipolazione, sutura o rimozione di ogni tessuto orale, inclusi i denti; - in generale tutte le altre manovre durante le quali si verificano sanguinamenti o esiste il rischio che il sanguinamento avvenga. incidenza di infortuni, la valenza a fini preventivi della rilevazione degli eventi accidentali o degli infortuni che comportano il possibile contagio con agenti biologici dotati di potenzialità infettiva, anche se effettuate a posteriori, risultano l’unica strategia perseguibile laddove il pericolo di contagio (esposizione) non sia presente come condizione intrinseca nel ciclo produttivo o nell’attività svolta, ma nasca come evento accidentale, più o meno scarsamente prevedibile e spesso legato, oltre che alle caratteristiche del lavoro, anche alle caratteristiche individuali e alle attitudini lavorative del singolo. 56 A tale proposito, si pone l’accento sul fatto che le strategie di contenimento del rischio biologico trovano un vero ostacolo nella cosiddetta “assuefazione” al rischio stesso da parte del personale sanitario esposto, che spesso tende a diminuire la soglia di percezione e quindi di attenzione nei confronti di questa problematica con l’aumentare dell’anzianità di servizio, dell’esperienza acquisita e della ripetitività manuale di alcune operazioni. La pericolosità e la dannosità di un certo ambiente di lavoro o di una singola attività lavorativa forniscono delle stime di rischio per eventi o situazioni già verificatisi. In questo caso si parla di rischio osservato, osservato per distinguerlo dalla situazione opposta di rischio atteso in cui il pericolo, pur presente al momento della valutazione, non é abbinato al danno, ma la cui comparsa é attesa in un tempo successivo. É complicato effettuare stime di rischio atteso, poiché diventa difficile misurare l’entità dell’esposizione ed é quasi impossibile stimare quale sarà il reale danno ad esse associato. Il rischio osservato, quindi, va necessariamente calcolato stimando la pericolosità e la dannosità già manifestatesi, osservate con accurati programmi di monitoraggio degli eventi accidentali e degli infortuni a rischio biologico e di sorveglianza dello stato di salute della popolazione esposta. possibilità o meno di adottare soluzioni atte a limitare i fattori condizionanti sfavorevolmente le attività lavorative, in quanto possono incidere sul rischio di infortuni a rischio biologico. - Fattori di tipo edilizio/ambientale, alcune caratteristiche edilizio/ambientali possono condizionare il rischio biologico. Ad esempio, le superfici dei pavimenti, delle pareti e dei soffitti devono poter essere facilmente puliti e detersi per ottenere condizioni 57 igieniche adeguate, deve essere presente un sistema di ricambio e filtraggio dell’aria all’interno dei vari reparti, le zone ad accesso limitato o di pericolo devono essere segnalate in modo chiaro e visibile, devono essere presenti lavandini attrezzati per il lavaggio delle mani, degli occhi o nel caso docce di emergenza. - Fattori di tipo organizzativo e amministrativo, come ad esempio la divisione chiara dei ruoli e delle mansioni e la presenza nelle strutture sanitarie del Comitato per il controllo delle Infezioni Ospedaliere. Il CIO, che è stato istituito per la prima volta in Italia in seguito alla Circolare Ministeriale n. 52/1985 ("Lotta contro le Infezioni Ospedaliere"), ha come obbiettivo quello di prevenire e controllare le infezioni ospedaliere tra pazienti ed evitarne l’insorgenza negli operatori sanitari attraverso l’elaborazione di strategie di lotta e collaborando con il Medico Competente e il Servizio di Prevenzione e Protezione. - Fattori legati a procedure di lavoro, è noto che la presenza condivisa a livello aziendale e presso ogni unità operativa di disposizioni scritte, relative alle procedure di lavoro, e di norme comportamentali sia in condizioni normali che straordinarie (misure di precauzioni standard e misure di isolamento), diminuisce notevolmente gli infortuni di rischio biologico tra gli operatori sanitari assieme all’attuazione delle attività di Medicina Preventiva quali: la sorveglianza sanitaria, le vaccinazioni, il registro degli esposti ad agenti biologici di gruppo 3 e 4 e il registro degli infortuni. - Fattori legati all’uso di dispositivi di protezione individuale e collettiva, opportunamente forniti al personale sanitario in base all’entità del rischio, il quale dovrebbe essere precedentemente informato e formato sul corretto utilizzo. - Fattori legati alla Informazione - Formazione, cioè attuazione a livello aziendale di programmi di informazione-formazione per tutti gli operatori sanitari relativi al rischio biologico 58 FASE PRELIMINARE DI VALUTAZIONE DELL’ESPOSIZIONE AD AGENTI BIOLOGICI ELABORAZIONE E ANALISI DEI DATI INFORTUNISTICI DISPONIBILI Per una iniziale stima del rischio biologico ho consultato il registro infortuni relativo ai presidi ospedalieri territoriali della ASL di Frosinone dall’anno 2006 ad i primi 3 mesi del 2012. Dopo aver inserito al computer i dati infortunistici, li ho analizzati costruendo tabelle e grafici in modo da poter ottenere informazioni utili per l’elaborazione di questo testo. Dal registro infortuni si è deciso di estrapolare solo le informazioni strettamente necessarie per la valutazione del rischio biologico. Su un totale di circa 1050 infortuni registrati, circa 620 si sono verificati soltanto nell’ospedale di Frosinone. Il seguente grafico mostra per ogni tipologia di infortunio i numeri di casi accaduti. 59 Gli infortuni a potenziale rischio biologico riguardano le ferite da punta con aghi potenzialmente infetti, le ferite da taglio soprattutto con bisturi e vari strumenti e le contaminazioni accidentali con liquidi biologici. Sommando il numero di questi infortuni, si osserva che gli incidenti a rischio biologico avvenuti in circa 6 anni sono in totale 216. Essi rappresentano quindi più del 40% del totale degli infortuni segnalati dagli operatori sanitari, tendo conto anche del fatto che una parte degli incidenti non viene notificata da questi ultimi secondo quanto appare dalla letteratura grigia consultata. Mettendo a confronto i dati ottenuti relativamente all’ospedale di Frosinone con quelli condotti da vari studi italiani effettuati dall’Inail, Ispesl o dall’AIRESPSA, si può affermare che essi non si discostano molto dalla 60 media nazionale e che il rischio biologico nelle strutture sanitarie è ampiamente diffuso e complesso da valutare. Nel seguente grafico vengono riportati i numeri degli infortuni per contaminazione accidentale, ferita da punta e ferita da taglio relativi ai reparti ospedalieri in cui il rischio è maggiormente presente: 61 Dal grafico si nota che il reparto in cui è stato registrato il maggior numero di infortuni è senza dubbio il Pronto Soccorso, in cui si sono verificate 19 ferite accidentali con aghi potenzialmente infetti, 1 ferita da taglio con attrezzatura e 13 contaminazioni accidentali da parte degli operatori sanitari con liquidi biologici. In ordine decrescente per numero di infortuni, seguono i reparti di: medicina generale, cardiologia, chirurgia generale e sala operatoria, rianimazione, ortopedia e traumatologia, urologia, malattie infettive, laboratorio analisi, ematologia ed infine il reparto di ostetricia e ginecologia. 62 Gli operatori sanitari maggiormente coinvolti sono stati gli infermieri. Si tratta di un dato atteso per il motivo che essi forniscono una maggiore assistenza diretta ai pazienti, sono quindi esposti al contatto con liquidi biologici e rappresentano la categoria più numerosa e varia all’interno della struttura sanitaria. Da non sottovalutare è il dato che emerge riguardo gli allievi infermieri che frequentano quotidianamente i reparti ospedalieri per praticare il tirocinio formativo. Si presuppone che, data l’inesperienza lavorativa e una insufficiente informazione e formazione riguardo i rischi in ambito ospedaliero e le procedure corrette da adottare durante l’attività, essi risultino una categoria esposta ad un rischio maggiore spesso non percepito come tale. Dall’analisi dei dati infortunistici si è potuto dedurre che circa il 75% delle esposizioni ad agenti biologici è di tipo percutaneo e il restante 25% è di tipo muco cutaneo. Nel seguente grafico sono riportati invece i valori associati alle più frequenti fonti di contaminazione da cui poi ne è derivata l’esposizione accidentale da parte dei lavoratori della sanità. Maggiori fonti di esposizione ad agenti biologici 70% 64% 60% 50% 40% 30% 17% 20% 10% 10% 5% 4% 0% Ago Non spcificato Strumenti Bisturi Paziente 63 EPIDEMIOLOGIA DELLE MALATTIE INFETTIVE OCCUPAZIONALI A TRASMISSIONE EMATICA Come osservato dall’analisi dei dati infortunistici, le ferite con ago o altri oggetti taglienti negli operatori sanitari rappresentano un evento estremamente frequente nell’ ospedale di Frosinone come del resto in tutti gli ospedali italiani. Le infezioni occupazionali acquisite attraverso queste modalità comprendono una vasta gamma di agenti patogeni, tra i quali per frequenza di esposizione, quelli maggiormente considerati sono il virus dell’immunodeficienza umana HIV, il virus dell’epatite B HBV e il virus dell’epatite C HCV. Questi, in condizioni ambientali favorevoli, hanno una resistenza su superfici o oggetti molto alta: il virus dell’epatite B resiste all’esterno di un organismo ospite fino a 180 giorni, mentre il virus dell’epatite C e dell’HIV hanno una resistenza di circa 3 giorni. Il rischio di trasmissione di virus ematici a seguito di un infortunio, varia a seconda del tipo e dalla gravità dell’esposizione: - rischio elevato: ferita profonda o taglio con strumenti o ago cavo contaminati visibilmente da sangue, o contaminazione congiuntivale massiva con sangue potenzialmente infetto; - rischio medio: puntura o lacerazione con sanguinamento, con strumenti non visibilmente sporchi di sangue, o contaminazione di una ferita aperta o della congiuntiva con liquidi contenenti sangue; - rischio basso: lesioni superficiali non sanguinanti, contaminazioni di mucose diverse dalla congiuntiva, contatto prolungato con cute apparentemente integra. Non avendo a disposizione dati in merito riguardanti il numero delle sieroconversioni (sviluppo di una risposta anticorpale nei confronti di una malattia o di un vaccino evidenziabile con test sierologici) e delle malattie professionali causate da agenti biologici patogeni, verificatesi nell’ospedale tra gli operatori sanitari, si ricorre alla letteratura scientifica attualmente disponibile. 64 In Italia la prevalenza di infezioni da virus ematici nella popolazione varia in base all’area geografica, alle diverse fasce di età, alle condizioni socioeconomiche ed alla presenza o meno di specifici fattori di rischio. In generale, la prevalenza di infezioni da HBV, HCV e HIV nella popolazione afferente alle strutture sanitarie è stimata rispettivamente intorno al 2%, al 4% e all’ 1% , (dati I.S.S. 1999). HBV L’infezione occupazionale da HBV rappresenta un rischio ben riconosciuto nell’ambito delle attività legate all’assistenza sanitaria. Gli studi, ormai da considerare storici, condotti prima dell’avvento della vaccinazione dimostravano una prevalenza di marcatori di infezione da HBV tra gli operatori sanitari significativamente più alta di quella osservabile nella popolazione generale. La frequenza di epatite B acuta in seguito ad una singola esposizione percutanea a paziente portatore dell’antigene di superficie dell’HBV (HBsAg) era stimata, in assenza di interventi, essere compresa tra il 5% in caso di fonte negativa per l’antigene virale e il 40% in caso di fonte positiva. La disponibilità di un vaccino efficace sia come prevenzione che nella gestione post-esposizione ha profondamente modificato tali statistiche. L’Italia è oggi un paese a bassa endemia, la prevalenza di infezione per gli operatori sanitari è stimata per HBsAG intorno al 2%. Pur persistendo un apprezzabile pericolo di esposizione a fonte HBV positiva, l’infezione occupazionale è divenuta un evento poco probabile. Nel decennio 1995-2004 l’incidenza di epatite B acuta negli operatori sanitari e nella popolazione generale è risultata sovrapponibile ed è in discesa in entrambi i gruppi; negli operatori sanitari al contempo è significativamente aumentata la copertura vaccinale, che ha raggiunto oltre l’85% nel 2006, pur persistendo significative differenze tra nord (93%) e sud (78%) del paese. 65 HCV Nella popolazione generale italiana la prevalenza di infezione da HCV oscilla tra lo 0,5 ed il 3% circa, con punte anche molto più elevate a seconda della zona geografica e dell’età. La prevalenza di HCV negli operatori sanitari è risultata generalmente simile a quella della popolazione generale di riferimento, è stimata anch’essa intorno al 2%. Negli ultimi anni l’incidenza di epatite C acuta è risultata invece significativamente più alta negli operatori sanitari rispetto alla popolazione generale e numerosi casi continuano ad essere osservati. Il tasso di trasmissione per singola esposizione occupazionale è compreso tra lo 0,5% e l’1,8%. Attualmente una profilassi per HCV dopo esposizione ad un paziente fonte HCV positivo non è raccomandata e gli studi condotti per valutarne la possibilità hanno finora dato risultati non determinanti. Invece, sulla base di diversi studi controllati e non, una terapia precoce durante l’infezione acuta sintomatica o durante i primi sei mesi di infezione è presa in considerazione per prevenire la cronicizzazione dell’infezione. La gestione dell’esposizione occupazionale a HCV dipende pertanto dall’indicazione o meno al trattamento precoce dell’infezione da HCV. HIV Negli ultimi anni le segnalazioni di casi di infezione occupazionale da HIV nella letteratura sono diminuite, probabilmente anche come effetto secondario positivo del trattamento dei pazienti e del ricorso alla profilassi post-esposizione (PPE) con farmaci antiretrovirali. La prevalenza di infezione da HIV tra gli operatori sanitari è pari allo 0,1%. Le più recenti segnalazioni sono riferibili a casi associati a resistenza ai farmaci nel ceppo del paziente fonte o alla mancata assunzione della profilassi post-esposizione. 66 Dal 1997, quando si sono resi disponibili trattamenti e profilassi di combinazione efficaci contro l’HIV, al 2007 su un totale di circa 1000 esposizioni ad HIV riportate è stato osservato un solo caso di infezione perché l’operatore sanitario non ha usufruito della profilassi post esposizione. L’utilizzo della PPE negli operatori sanitari esposti per via percutanea ad HIV è aumentato dopo il 1997, raggiungendo dopo un decennio solo il 70%. La stima del rischio di infezione è determinata dal prodotto fra: - prevalenza di sieropositività per una data infezione tra i pazienti; - probabilità di trasmissione (tasso di sieroconversione); - frequenza di incidenti a rischio biologico; - stato di immunizzazione degli operatori sanitari; - impiego di DPI; - esistenza di efficaci misure di profilassi post esposizione. I tassi di sieroconversione dopo esposizione ad agenti biologi a trasmissioni ematica sono rispettivamente: per HBV 5-30%, per HCV 0,45% e per HIV 0,13%. È opportuno che ogni struttura sanitaria produca le proprie stime di rischio basandosi sui dati effettivi rilevati sui propri dipendenti attraverso i comuni indici infortunistici, valutandoli alle specifiche procedure aziendali, alle specifiche mansioni o aree lavorative. In alternativa si fa riferimento alle stime di rischio disponibili in letteratura, come nella seguente tabella (linee guida SIMLII, 2005): 67 RANGE % RANGE % RANGE % HBV HCV HIV Medico 0,1 - 2,6 0,02 – 0,6 0.001 – 0,01 Medico chirurgo 0,8 – 11,3 0,8 – 2,7 0,04 – 04 0,5 – 5,7 0,3 – 1,3 0,005 – 0,02 Ostetrica 0,6 – 4,8 0,1 – 1,1 0,006 – 0,02 Tecnico di laboratorio 0,2 – 1,9 0,04 – 0.4 0,002 – 0,007 Ausiliari 0,1 – 2,9 0,02 – 0,7 0,001 – 0,01 PROFILO PROFESSIONALE Infermiere professionale EPIDEMIOLOGIA DELLA TBC, MALATTIA A TRASMISSIONE AEREA LA TBC Globalmente si calcolano circa 2 miliardi di soggetti con infezione tubercolare, con circa 14 milioni di casi attivi. In Italia sono stati notificati nel 2008 4.418 casi di TBC. Il tasso di incidenza è di circa 8/100.000 abitanti. Il dato reale di rischio tubercolosi nei lavoratori è poco conosciuto, in quanto pochi studi si sono dedicati a definire la prevalenza e l’incidenza della tubercolosi in ambito occupazionale. L’unico dato importante a livello mondiale che si conosce e che è stato ampiamente documentato è l’elevato rischio di tubercolosi per gli operatori sanitari, rispetto alla popolazione generale. Esso può variare anche notevolmente, in base al reparto, alla specifica mansione, alla prevalenza della TB nella popolazione di riferimento, al numero dei pazienti infettati con TB afferenti alla struttura 68 sanitaria, nonché alle effettive misure di prevenzione e protezione messe in atto. Nel periodo dal 1984 al 1992, fondandosi sui risultati dei test tubercolinici negli Stati Uniti si è osservato per il personale degli ospedali un rischio annuale d'infezione tra lo 0,12 e il 10 %, contro lo 0,02-0,08% nella popolazione generale. Il rischio dipendeva soprattutto dal numero dei pazienti tubercolotici ammessi in ospedale e dalle condizioni di lavoro locali. Negli ultimi 15 anni si è ripetutamente riferito di casi di tubercolosi nei lavoratori dell'ambito sanitario, da ricondurre a contatti con pazienti tubercolotici. Il contagio ha avuto luogo soprattutto nell'ambulatorio di Pronto Soccorso, nel reparto di cure intense, nei reparti di chirurgia e nel reparto di malattie infettive. I fattori favorenti la trasmissione degli agenti tubercolari sono stati segnatamente l'identificazione tardiva di una tubercolosi nel paziente, le sfavorevoli condizioni di ventilazione con ricircolazione dell'aria e il non corretto utilizzo di dispositivi di protezione delle vie aeree. Il D.Lgs 81/2008, in attuazione delle direttive comunitarie, prevede che, per tali figure professionali, a seguito della valutazione del rischio, sia predisposta, tra le misure generali di tutela, la sorveglianza sanitaria obbligatoria. IL SOPRALLUOGO Il sopralluogo è un’attività molto importante per la conoscenza dell’ambiente lavorativo oggetto della valutazione. Lo scopo principale è quello di individuare ed accertare la presenza di fattori di rischio per la salute dei lavoratori, andando a valutare complessivamente la struttura e l’igiene dell’ambiente, il tipo di attività 69 lavorativa e la sua organizzazione, la corretta esecuzione delle procedure interne e l’utilizzo di dispositivi di protezioni individuali. IL MONITORAGGIO MICROBIOLOGICO AMBIENTALE L’interesse per la misura della contaminazione microbica dell’aria si è particolarmente sviluppato negli ultimi anni. Questo interesse nasce dalla consapevolezza che i microrganismi aerodiffusi abbiano potenziali effetti nocivi sulla salute degli individui. Tutte le tipologie di microrganismi possono essere presenti nell’aria e sulle superfici: batteri, funghi e protozoi, cosi come alcuni virus capaci di resistere in un mezzo esterno. Tramite l’aria si diffondono inoltre particelle di origine microbica quali ad esempio tossine e frammenti cellulari. Prima dell’inizio della campagna di campionamento e necessario effettuare un sopralluogo per un’analisi dettagliata del ciclo produttivo, degli ambienti e delle attività lavorative in essi svolte. Lo scopo è individuare le possibili fonti di rischio biologico (sorgenti, serbatoi, amplificatori di carica microbica), in particolare quelle aerodisperse o veicolabili dall’aria e, di conseguenza, le fasi lavorative o i punti “critici” ed annotare ogni informazione utile per la definizione di un dettagliato protocollo di campionamento, fondamentale per la buona riuscita della campagna di monitoraggio in cui vengono elencati i microrganismi o i loro prodotti da campionare, le tecniche analitiche da utilizzare, la durata del campionamento, il numero e la localizzazione dei siti dove effettuare il monitoraggio. E’ necessario, inoltre, acquisire tramite letteratura scientifica, eventuali informazioni circa l’esposizione ad agenti biologici nel settore lavorativo in esame. Nel caso di attività lavorative che comportino un uso deliberato di agenti biologici, si procede al monitoraggio di tali agenti, che consente anche la verifica dell’adozione di corrette procedure operative da parte dei lavoratori e di idonee misure di contenimento ambientale per evitare la diffusione degli agenti biologici. 70 Per le attività nelle quali invece non c’è un uso deliberato di agenti biologici, ma esiste comunque la presenza di microrganismi anche patogeni, è utile l’applicazione di indici di contaminazione che consentono di valutare la salubrità dell’ambiente di lavoro anche senza ricercare lo specifico patogeno eventualmente presente. La contaminazione microbica è dovuta principalmente a due fattori: - la contaminazione diretta da parte di presidi non sterili e dai pazienti portatori di infezioni; - la contaminazione indiretta da parte di agenti microbici aerodispersi. La sorgente di contaminazione è rappresentata soprattutto dall’uomo e dai sistemi di ventilazione. Sulla base di tali considerazioni si è andato sviluppando nel tempo il concetto di MAM (Monitoraggio Microbiologico Ambientale), un sistema che si prefigge di quantificare la carica microbica in un ambiente confinato. Il monitoraggio microbiologico ambientale viene eseguito effettuando controlli: - dell’aria; - delle superfici di lavoro. I parametri microbiologici che vengono generalmente determinati nel corso del monitoraggio sono: - carica batterica totale a 36°C, per la ricerca di batteri mesofili. In questa categoria si collocano i batteri patogeni convenzionali, opportunisti e tutti i batteri che costituiscono la flora normale dell’uomo; - carica batterica totale a 20°C, per la ricerca dei batteri psicrofili. In questa categoria sono compresi tutti i microrganismi saprofiti che sono in grado di compiere il proprio ciclo vitale a spese di sostanze organiche in decomposizione, per cui sono in grado di colonizzare il suolo e gli ambienti umidi; - carica micetica totale, i funghi di interesse comprendono muffe e 71 lieviti. La determinazione del parametro micetico nei campioni ambientali è necessaria poiché la loro presenza è spesso correlata alla presenza di polvere e può essere considerevole in presenza di elevata umidità; - Staphylococcus spp.: sono batteri Gram positivi e sono numericamente i più rappresentati nella popolazione microbica normale della cute e delle alte vie respiratorie dell’uomo. Alcune specie sono patogene. - Legionella spp.: sono batteri Gram negativi, il loro riscontro negli impianti idrici e di ventilazione è di notevole importanza perchè essi possono causare infezioni anche gravi dell’apparato respiratorio. In tutti i tipi di campionamento, le cellule microbiche sospese nell’aria o presenti sulle superfici vengono prelevate e fatte moltiplicare su idonei terreni di coltura, in modo da poterle poi quantificare ed eventualmente identificare. I metodi di monitoraggio che prevedono la conta batterica su terreno solido e liquido sono in grado di rilevare solo la frazione microbica vitale metabolicamente attiva e, di conseguenza, in grado di riprodursi e di formare colonie visibili. E’ da precisare che la dispersione dei microrganismi nell’aria e la loro resistenza, la temperatura e l’umidità ambientale, e le stesse tecniche di campionamento possono determinare una condizione di stress per i microrganismi stessi, compromettendone la vitalità e la capacità di riprodursi su un terreno di coltura, comportando una possibile sottostima del rischio biologico. Controllo dell’aria L’aria è veicolo di contaminazione per molti microrganismi patogeni, per questo motivo le aree nelle strutture sanitarie sono dotate di sistemi di filtrazione dell’aria a vari livelli di efficienza che minimizzano la presenza di microrganismi. E’ dunque necessario un controllo costante di tali aree per 72 valutare l’efficacia dei sistemi di filtrazione e garantirne il buon funzionamento con il monitoraggio. Campionamento attivo Sono a disposizione diversi modelli di campionatori attivi, Surface Air Sistem, basati su vari principi di funzionamento. Essi aspirano volumi predeterminati di aria, convogliandoli su un terreno di coltura liquido o solido. I microrganismi presenti nell’aria aderiscono al terreno e, dopo un adeguato periodo di incubazione, danno origine a colonie visibili a occhio nudo, che si possono numerare e, dopo isolamento, identificare. Il livello di contaminazione microbica si esprime come Unità Formanti Colonie (UFC) per metro cubo di aria secondo la formula: UFC/m3 = ( Numero colonie cresciute / Volume di aria campionato espresso in litri ) × 1000. Questo metodo di campionamento ha il vantaggio di permettere l’aspirazione di grandi volumi di aria confinata, minimizzando le differenze di distribuzione dei batteri dovute alle correnti, alla temperatura e alle dimensioni degli aggregati aerodispersi. Campionamento passivo Nel campionamento passivo si espongono nell’ambiente in esame, per opportuni intervalli di tempo, piastre contenenti idoneo terreno di coltura. Su di esse si raccolgono per sedimentazione i microrganismi veicolati da particelle solide o liquide sospese nell’aria con diametro superiore ai 10 micron. Dopo opportuna incubazione delle piastre, si procede alla conta del numero di colonie cresciute. L’efficienza di raccolta dipende dalle caratteristiche aerodinamiche delle particelle e dal grado di ventilazione dell’ambiente. 73 Il metodo maggiormente utilizzato a livello igienistico è l’Indice Microbico Aria (IMA), il quale esprime il grado di inquinamento microbiologico dell’aria come numero di unità formanti colonia (UFC) che si contano in una piastra Petri. Essa, contenente agar nutriente viene lasciata aperta nell’ambiente per un’ora, ad un metro da terra e ad un metro da ogni ostacolo fisico rilevante e successivamante messa in incubazione a condizioni di tempo e temperatura stabilite. L’utilizzo di piastre di sedimentazione, rispetto al campionamento volumetrico dell’aria, presenta il vantaggio di essere più semplice ed economico. Esso è particolarmente vantaggioso per il monitoraggio dell’inquinamento microbiologico in una camera operatoria o in una camera asettica, in quanto permette di avere una stima diretta del numero di microrganismi che si depositano sugli oggetti o sulle superfici presenti in questi luoghi. I campionatori volumetrici, invece, misurando il numero totale di microrganismi vitali presenti nell’aria, forniscono solo un indice indiretto della probabile contaminazione di oggetti o prodotti. Le piastre a sedimentazione, infine, possono essere più facilmente posizionate in vicinanza delle zone di possibile inquinamento. II metodo passivo presenta tuttavia diversi svantaggi: non è quantitativo, non permette cioè di correlare il numero di microrganismi a un volume noto di aria ed ha una bassissima sensibilità. E’ dimostrato, infatti, che esso rileva una carica ambientale notevolmente minore rispetto a quella misurabile con il campionamento attivo effettuato con il S.A.S. L’efficienza di questo metodo viene influenzata da fattori non sempre riproducibili e controllabili, quali: distribuzione non uniforme dei microrganismi nell’aria, diversa dimensione dei microrganismi e di conseguenza diversa velocità di sedimentazione delle particelle vitali, temperatura dell’ambiente, ridotti volumi di aria campionati. 74 Controllo delle superfici La contaminazione delle superfici è causata dalla deposizione del bioaerosol sospeso nell’aria (fall out microbico), o dal contatto con l’uomo o materiali contaminati. Oggetto di valutazione possono essere pareti e superfici sia di piani che di apparecchiature e utensili di lavoro. Si possono utilizzare diverse tecniche quali: applicazione di piastre Petri di tipo a contatto; tamponi o spugne sterili, nel caso di superfici bagnate o irregolari; slides flessibili. Questi metodi di campionamento consentono di determinare, dopo un idoneo periodo di incubazione, il valore di UFC riferito all’area di contatto della piastra con la superficie interessata dal prelievo. Il campionamento delle superfici può essere eseguito anche mediante l’utilizzo di un applicatore temporizzato a peso standardizzato, per assicurare maggiore omogeneità di pressione della piastra sulla superficie stessa e pertanto migliore riproducibilità e comparabilità del dato. I risultati del monitoraggio consentono di verificare l’efficacia delle procedure di pulizia eventualmente adottate. Ovviamente, il rinvenimento di microrganismi patogeni e funghi produttori di tossine costituisce di per se un elemento di rischio, indipendentemente dalle concentrazioni osservate. In campo ospedaliero la necessità di monitorare il livello di contaminazione microbica dell’aria è oramai riconosciuta ed in molti Paesi sono state approvate norme ufficiali relative a vari settori produttivi. In Italia, Dacarro e collaboratori hanno proposto un altro tipo di approccio per la valutazione delle cariche batteriche e fungine ambientali da correlare ad un giudizio sulla qualità dell’aria. Tale approccio si avvale dell’utilizzo di particolari “indici di contaminazione microbiologica”. Poichè diverse sono le categorie microbiche che concorrono alla genesi dell’inquinamento microbiologico indoor, viene proposto l’indice globale di 75 contaminazione, IGCM per la misura complessiva dell’inquinamento microbico ambientale: IGCM, è dato da : UFCbat (37°C) + UFCbat (20°C) + UFCmic. Le UFCbat (37°C) e (20°C) sono le UFC di batteri per m3 d’aria, che si sono sviluppate incubando i campioni rispettivamente a 37°C e a 20°C. Le UFCmic sono le UFC fungine per m3 d’aria, determinate dopo incubazione dei campioni a 20°C. L’indice di contaminazione da batteri mesofili ICM consente, invece, di valutare il contributo all’inquinamento da parte dei batteri di origine umana e animale, tra i quali possono essere presenti specie potenzialmente patogene. Negli ambienti confinati tale indice riveste fondamentale importanza ai fini della valutazione dell’efficienza dei ricambi d’aria: ICM = UFCbat (37°C) / UFCbat (20°C) L’indice di amplificazione IA permette di analizzare le differenze tra i livelli di contaminazione esterni ed interni, conseguenti alla attività lavorativa svolta: IA = IGCM/m3 (interno) / IGCM/m3 (esterno) Valori di IGCM/metro3 inferiori a 500 vengono associati, dagli Autori, alla categoria di contaminazione microbica “molto bassa”, mentre valori di IGCM/m3 superiori a 1000 sono collegati ad una significativa contaminazione microbica ambientale. Ricerca di Legionella spp. nell’impianto idrico e nell’impianto di condizionamento e ventilazione dell’aria in ambiente ospedaliero. Le legionelle possono essere responsabili di forme infettive anche gravi dell’apparato respiratorio. Esse si sono progressivamente imposte nel panorama sanitario nazionale e internazionale, al punto da indurre l’istituzione di un sistema di sorveglianza a livello europeo, di un Registro 76 Nazionale della Legionellosi e l’emanazione di apposite linee guida sull’argomento, per il controllo del rischio di esposizione. Legionella spp. in particolare Legionella pneumophila, sono incluse nelle liste degli agenti biologici di cui al D.Lgs. 81/08, allegato XLVI. Il Datore di Lavoro è obbligato a procedere alla valutazione del rischio specifico per le sue implicanze sulla salute dei pazienti e degli operatori sanitari. Le legionelle si trovano comunemente negli habitat acquatici naturali, ma possono in condizioni ambientali favorevoli, colonizzare siti artificiali come le reti di distribuzione dell’acqua potabile, i sistemi di acqua calda sanitaria, i sistemi di climatizzazione e ventilazione e quant’altro. Una inadeguata progettazione, installazione e manutenzione degli impianti idrici e aeraulici degli edifici, può trasformare tali impianti in serbatoi e sorgenti di disseminazione batterica importante, anche a distanza, attraverso fenomeni di turbolenza o aerosolizzazione di acqua (condizionatori, lavabi, docce), con conseguente sviluppo di aerosol contaminato. Nei casi in cui se ne sospetti la presenza, si deve procedere alla ricerca di Legionella in campioni di acqua prelevati in punti rappresentativi dell’impianto della struttura in esame. Gli ospedali sono ambienti a rischio legionellosi perché molti di essi presentano tubazioni obsolete e complesse e per il fatto che l’acqua calda sanitaria viene mantenuta intorno ai 45°C-50°C. Al termine della campagna di analisi, deve essere predisposto un referto. Allo scopo di formulare un giudizio sulla qualità microbiologica dell’ambiente di lavoro e sulla possibile esposizione del personale, è utile confrontare i valori ottenuti con riferimenti disponibili ed esprimere un giudizio in termini di contaminazione molto bassa, bassa, media, alta, altissima. Si tratta comunque di giudizi indicativi basati su una scala di livelli di contaminazione suscettibile di modifiche. 77 VALUTAZIONE DEL RISCHIO BIOLOGICO NEL PRONTO SOCCORSO Il Pronto Soccorso è un' unità operativa dell' ospedale dedicata ai casi di emergenza-urgenza in cui ai pazienti vengono prestate le prime cure. Si tratta di un reparto a rischio biologico nel quale vengono eseguite prestazioni di assistenza diretta ai pazienti in condizioni di grande stress ed impegno professionale, comportanti lo svolgimento di attività spesso invasive e l’esposizione continuativa degli operatori sanitari ad agenti biologici per contatto diretto o indiretto con il paziente fonte. Il rischio biologico in questa struttura non è dato da un uso deliberato dei microrganismi ma da una potenziale presenza, più o meno alta, conseguente alle attività lavorative e alla numerosa presenza di soggetti che ogni giorno si recano al Pronto Soccorso per ricevere assistenza con patologie infettive o non ancora chiaramente diagnosticate. Dal sopralluogo effettuato all’interno della struttura sono state acquisite svariate informazioni utili alla valutazione del rischio biologico. Complessivamente operano nel Pronto Soccorso 66 operatori sanitari, in particolare: - 17 medici; - 35 infermieri; - 14 ausiliari. L’attività prevista nel Pronto Soccorso viene svolta attraverso aree organizzate, in particolare: - ingresso e camera calda; - spazio triage; - sala di attesa post triage per pazienti in barella e non ed eventuali accompagnatori; - sale per la gestione dell’emergenza; - ambulatori visita e trattamenti, - osservazione breve; 78 - locale infermieri e medici; - segreteria e archivio; - servizi igienici distinti per personale ed utenti; - deposito materiale pulito; - deposito materiale sporco; - locale per la pulizia e sanificazione degli strumenti; - deposito barelle, sedie a rotelle ed altri oggetti. Le attività a rischio che gli infermieri, i medici e gli ausiliari svolgono all’interno del Pronto Soccorso sono svariate e alcune di esse sono comprese nelle EPP, ovvero procedure invasive a rischio di esposizione. Alcuni esempi possono essere: - interventi di chirurgia minori; - incannulazione, manipolazione delle vie arteriose o venose; - prelievi o iniezioni endovenose e intramuscolari; - interventi di Pronto Soccorso; - biopsie e agoaspirati; - intubazione naso-oro tracheale, - cistoscopia; broncoscopia, isteroscopia; - trachoestomia o manipolazione cannule tracheostomiche; - manipolazione stomie e drenaggi; - visita medica; - medicazioni di ferite e ustioni; - puntura lombare, sternale; - manipolazioni e trasporto contenitori di materiale biologico per analisi di laboratorio; - tricotomia; - svuotamento, lavaggio contenitori di materiale biologico. 79 DATI RELATIVI AGLI INFORTUNI A RISCHIO BIOLOGICO NEL PRONTO SOCCORSO DI FROSINONE DALL’ANNO 2006 AD I PRIMI TRE MESI DEL 2012 Si è potuto osservare che nel periodo di osservazione, nel reparto di Pronto Soccorso si sono verificati 30 casi, ossia il maggior numero di incidenti a rischio biologico tra gli operatori sanitari, rappresentando circa il 15% del totale. Questo dato è non è in linea con i relativi studi scientifici presenti in letteratura, eseguiti a livello nazionale da vari istituiti, enti e gruppi di ricerca. Essi forniscono come reparto ospedaliero, in cui si verificano i più alti casi di infortuni a rischio biologico, la sale operatoria e non i locali di Pronto Soccorso come avviene in questo caso. Gli incidenti sono distribuiti negli anni nel seguente modo: 80 Nel grafico non sono presenti i numeri di incidenti avvenuti nel 2012, dato che la ricerca è stata condotta fino ai primi tre mesi del 2012 non ne era ancora stato segnalato alcuno in Pronto Soccorso. Si sono verificate complessivamente negli anni considerati: 19 punture accidentali con aghi potenzialmente infetti, una ferita da taglio con strumentazione e 10 contatti mucocutanei con liquidi biologici, specialmente sangue ed urina. Le punture accidentali con aghi potenzialmente infetti sono avvenute principalmente nel corso di operazioni quali i prelievi ematici e la somministrazione di terapia per via endovenosa. Solo in un caso di incidente si conosceva lo stato della fonte, cioè il paziente era affetto da HCV. In linea con quanto mostrato in un altro grafico, gli operatori sanitari che sono stati esposti ad agenti biologici in Pronto Soccorso risultano essere maggiormente gli infermieri, seguiti dai medici ed infine dagli ausiliari. Più precisamente sono stati coinvolti 21 infermieri, 5 medici e 4 ausiliari. In mancanza di dati specifici sull’ospedale di Frosinone riguardo l’epidemiologia delle malattie infettive presenti e di dati riguardo la sorveglianza sanitaria e la prevalenza delle infezioni occupazionali, si ci limita a mostrare, come nella seguente tabella, una lista delle più comuni malattie infettive, sia virali che batteriche e delle parassitosi, alle quali gli operatori sanitari possono essere esposti durante l’attività lavorativa in Pronto Soccorso e le relative modalità di trasmissione: Malattie Modalità di trasmissione Epatite B, E e Aids Trasmissione ematica Morbillo e varicella, tubercolosi Trasmissione aerea Meningiti, polmoniti, scarlattina, pertosse, parotite, rosolia, comuni influenze. Trasmissione mediante droplets Infezioni gastrointestinali o enteriche, epatite A, infezioni della cute, ulcere, scabbia, pediculosi, Trasmissione per contatto sia diretto che indiretto congiuntiviti virali o emorragiche 81 CALCOLO DEL RISCHIO BIOLOGICO Procedendo al calcolo del rischio biologico sono stati utilizzati due metodi, che se pur diversi hanno dato risultati simili tra loro. PROGRAMMA INFORMATICO BLU MATICA SAFTEY Il processo adottato si articola in: - identificazione degli agenti biologici; - indicazione dei livelli di contenimento adottati; - identificazione di specifiche procedure di sicurezza adottate; - identificazione degli eventuali rischi; - indicazione delle misure di prevenzione e protezione specifiche in funzione dei rischi individuati Nella seguente tabella vengono elencati alcuni tra i più comuni agenti biologici presenti o comunque possibili nel Pronto Soccorso: 82 AGENTE BIOLOGICO Denominazione agente biologico RILIEVI PATOLOGIE E MODALITA’ DI TRASMISSIONE Tipologia Gruppo BLS A T V D Patologie Virus dell'epatite C Virus dell'epatite B Virus dell'epatite A (enterovirus dell'uomo 72) Virus Influenzale tipi A, B e C Virus Virus Gruppo 3 Gruppo 3 3 3 NO NO NO NO NO SI SI SI epatite cirrosi cancro Virus Gruppo 2 2 NO NO SI NO Epatite A Virus Gruppo 2 2 NO NO SI NO Herpesvirus varicella-zoster Virus Gruppo 2 2 NO NO NO NO Virus del morbillo Virus Gruppo 2 2 NO NO SI NO Virus Gruppo 2 2 NO NO NO NO Virus Gruppo 2 2 NO NO SI NO Virus Gruppo 3 3 NO NO NO SI AIDS Batteri e simili Gruppo 2 2 NO NO SI NO Enterobacter spp Batteri e simili Gruppo 2 2 NO NO NO NO Legionella pneumophila Batteri e simili Gruppo 2 2 NO NO NO NO Haemophilus influenzae Mycobacterium tuberculosis Neisseria meningitidis Batteri e simili Batteri e simili Batteri e simili Gruppo 2 Gruppo 3 Gruppo 2 2 3 2 NO NO NO NO NO NO SI SI SI NO NO NO Streptococcus pneumoniae Batteri e simili Gruppo 2 2 NO NO NO NO Pertosse Enterite - Gastroenterite Infezione delle vie urinarie - Tifo o Febbre tifoide Legionellosi (Febbre di Pontiac) Influenza Tubercolosi Meningite Batteriemia - Endocardite - Infezioni dell'orecchio od Otite - Meningite Pericardite - Polmonite Parassiti Gruppo 2 2 NO NO NO NO Parassiti Gruppo 3 3 NO NO NO NO Funghi Gruppo 3 3 NO NO NO NO Candida albicans Funghi Gruppo 2 2 SI NO NO NO Trichophyton spp Funghi Gruppo 2 2 NO NO NO NO TO TC TE TV tI SI SI SI SI SI 20-150 giorni 50-180 giorni SI 15-30 giorni SI Varicella (V. Varicella Zoster) Affezioni respiratorie Morbillo - Parotite Virus della congiuntivite emorragica (AHC) Virus della parotite Virus della sindrome di immunodeficienza umana Bordetella pertussis Giardia lamblia (Giardia intestinalis) Echinococcus multilocularis Histoplasma capsulatum var. capsulatum TA SI SI SI SI Gastroenterite SI SI SI SI 6 MESI-5-8 ANNI 7-10 giorni SI SI 5-10 giorni SI SI SI SI SI SI SI Micosi cutanee - Micosi profonde Dermatomicosi SI 3-5 giorni SI Legenda: TA trasmissione aerea, TO trasmissione oro fecale, TC trasmissione cutanea, TE trasmissione ematica, TV trasmissione verticale, tI tempo di incubazione. 83 La valutazione viene effettuata determinando un indice numerico calcolato in base alla relazione che lega la probabilità che si verifichi un evento pericoloso e il danno che ne consegue, attraverso la formula: R = D × P. Si fa quindi riferimento ad un calcolo effettuato con una matrice di valutazione, come riportato nel capitolo precedente. Calcolo del danno L’Allegato XLVI del D.Lgs. 81/08 riporta la classificazione dei più noti agenti biologici che possono provocare malattie, effetti allergici o tossici nell’uomo, suddivisi in 4 gruppi in base alle loro caratteristiche di patogenicità, infettività, trasmissibilità e neutralizzabilità. Il valore della stima del danno risulta essere il numero corrispondente al Gruppo di classificazione più alto tra gli agenti biologici presenti o ipotizzabili: in particolare, se l’agente biologico presente più pericoloso appartiene al gruppo 4 il D = 4, se l’agente biologico più pericoloso appartiene al gruppo 3 il D = 3, se l’agente biologico più pericoloso presente appartiene al gruppo 2 il D = 2 e se l’agente biologico più pericoloso appartiene al gruppo 1 il D = 1. In particolare, gli agenti biologici più pericolosi a cui possono essere esposti i lavoratori del Pronto Soccorso risultano appartenere al gruppo 3 (Mycobacterium tuberculosis, HIV, HCV, HBV). Il danno assumerà quindi il valore di 3. D=3 Calcolo della probabilità Per il calcolo della probabilità P, viene utilizzata la seguente formula proposta da ARPA ed INAIL: P = C × Σ [ ( F1 : F6 ) + 1 ] / 7 84 In questa formula: - C rappresenta la contaminazione presuntiva degli agenti utilizzati con valore numerico pari al danno. C=3 - I fattori F sono invece rappresentativi delle quantità e frequenza delle manipolazioni degli agenti biologici, delle caratteristiche ambientali, delle procedure adottate, utilizzo di DPI, valutati in corso di sopralluogo e, della formazione informazione degli gli operatori sanitari. F1 Quantità di campione o sostanza potenzialmente infetta manipolata per turno lavorativo e anche in una singola manipolazione di elevate quantità: F1 PUNTEGGIO BASSA (piccoli quantitativi) MEDIA (quantitativi inferiori a 500 gr 500 ml) ALTA (quantitativi superiori ai 500 gr o 500 ml) NON ATTINENTE 0 0,5 1 0 Nel Pronto Soccorso si manipolano campioni e sostanze infette superiori ai 500 ml o 500 gr al giorno. Si attribuisce quindi valore per F1 = 1 85 F2 Frequenza di manipolazione di sostanze potenzialmente infette: F2 PUNTEGGIO Frequenza BASSA (una o poche volte al mese) 0 Frequenza MEDIA (una o poche volte alla settimana) 0,5 Frequenza ALTA (almeno giornaliera) 1 NON ATTINENTE 0 Data la tipologia lavorativa del Pronto Soccorso, la manipolazione di sostanze probabilmente infette si verifica continuamente durante l’intera giornata. Per questo motivo si attribuisce valore per F2 = 1 F3 Caratteristiche strutturali: F3 SI / NO Pavimenti e pareti lisce e lavabili Si Superfici di lavoro lisce e lavabili Si Presenza di lavandini in ogni locale Si Presenza di lavaocchi ove necessari No Adeguato ricambio di aria naturale o artificiale Si Illuminazione adeguata Si Cappe biohazard funzionanti e correttamente mantenute Armadietti con compartimenti separati Non presenti Si 86 Sono presenti tutte le attrezzature necessarie all’interni dei locali di lavoro Se le caratteristiche considerate sono positive in 6 casi su 9, esse sono considerate adeguate e il valore corrispondente, come in questo caso, di F3 = 0 Se sono positive in 5 casi su 9 sono considerate come parzialmente adeguate e il punteggio di F3 sarà uguale a 0,5. Se le caratteristiche considerate sono invece positive in 4 casi o meno, esse sono considerate non adeguate e il punteggio di F3 sarà uguale a 1. F4 Buone pratiche e norme igieniche: F4 ADEGUATE buone pratiche esistenti e diffuse a tutto il personale esposto PUNTEGGIO 0 PARZIALMENTE ADEGUATE buone pratiche esistenti ma formazione non 0,5 effettuata NON ADEGUATE buone pratiche non esistenti 1 All’interno del Pronto Soccorso sono presenti buone pratiche e adeguate norme igieniche, F4 = 0 87 F5 Frequenza e utilizzo di DPI idonei per rischio biologico: F5 ADEGUATO tutto il personale è dotato di tutti i DPI necessari (100%) PUNTEGGIO 0 PARZIALMENTE ADEGUATO non tutto il personale è dotato o non è stato 0,5 fornito anche un solo DPI (<100%) NON ADEGUATO il personale dotato di DPI idonei è meno del 50% oppure 1 alcuni DPI non sono stati forniti Tutti il personale all’interno del Pronto Soccorso è dotato di DPI necessari e idonei, F5 = 0 F6 Formazione e informazione: F6 PUNTEGGIO ADEGUATA tutto il personale esposto a rischio biologico ha ricevuto la 0 formazione e informazione specifica PARZIALMENTE ADEGUATA solo parte del personale esposto a rischio biologico ha ricevuto la formazione e 0,5 informazione specifica (più del 50%) NON ADEGUATA nessuno o pochi lavoratori esposti a rischio biologico ha 1 ricevuto la formazione e l’informazione 88 specifica La formazione/informazione degli operatori del Pronto Soccorso risulta esser parzialmente adeguata, non tutto il personale è stato formato e informato riguardo il rischio biologico e le corrette procedure da adottare, F6 = 0,5 Dopo aver assegnato i relativi punteggi ai tutti i fattori F, si procede al calcolo della probabilità con la specifica formula sopra descritta, in questo caso: P = 1,50 Si procede quindi alla valutazione finale dell’ entità del RISCHIO in base alla combinazione dei due precedenti fattori e mediante l’utilizzo della seguente MATRICE di valutazione, ottenuta a partire dalle curve Iso-Rischio: MATRICE DI VALUTAZIONE 4 DANNO D GRAVISSIMO GRAVE MODESTO 3 2 1 LIEVE 4 2 3 4 4 (4) (8) (12) (16) 2 3 3 4 (3) (6) (9) (12) 1 2 3 3 (2) (4) (6) (8) 1 1 2 2 (1) (2) (3) (4) 1 2 3 4 0 0 2 3 MOLTO PROBABILE 1 PROBABILE IMPROBABILE 2 POSSIBILE PROBABILITA’ P 3 4 89 RISCHIO 1 MOLTO BASSO 1≤D×P≤2 RISCHIO 2 BASSO 2<D×P≤4 RISCHIO 3 MEDIO 4<D×P≤9 RISCHIO 4 ALTO 9 < D × P ≤ 16 SCHEDA DI VALUTAZIONE UNITÁ OPERATIVA DI PRONTO SOCCORSO “ F. SPAZIANI” DI FROSINONE Valutazione finale Entità del danno D 3 MEDIO Probabilità di accadimento P 1,50 POSSIBILE RISCHIO ATTIVITÁ ANALIZZATA (P × D) 4,50 MEDIO 90 Il metodo di valutazione che viene anche suggerito dalle LINEE GUIDA SIMLII 2005, che indica un approccio meno complesso, si basa sull’assunto che nelle aziende sanitarie, nello specifico nell’unità di Pronto Soccorso, il pericolo biologico è ubiquitario e per tutti gli operatori sanitari e non è completamente eliminabile. Per definire se e di che entità sia il rischio biologico, è necessario valutare in che modo si esplica l’attività lavorativa nella struttura considerata e valutare la presenza o meno di requisiti essenziali tipici. Si eseguono attività di assistenza diretta ai pazienti con manipolazione di campioni biologici NO CLASSE DI RISCHIO 0 TRASCURABILE SI Durante l’attività lavorativa vengono svolte procedure invasive o EPP NO CLASSE DI RISCHIO 1 LIEVE SI Sono presenti carenze Organizzative, Strutturali, Formative, DPI, DPC NO CLASSE DI RISCHIO 2 MEDIO 91 SI CLASSE DI RISCHIO 3 ALTO CLASSE DI RISCHIO TIPOLOGIA ATTIVITÁ Gli operatori sanitari non eseguono assistenza diretta ai pazienti e non manipolano materiali biologici. TRASCURABILE RB 0 gli operatori sanitari effettuano assistenza diretta ai pazienti e LIEVE RB 1 manipolano materiali biologici. gli operatori sanitari eseguono procedure invasive ad elevato rischio di esposizione con materiale biologico. MEDIO RB 2 gli operatori sanitari eseguono attività di assistenza diretta al paziente, manipolazione campioni biologici, o di procedure invasive a rischio di esposizione in condizioni tecniche, strutturali, organizzative e procedurali insufficienti o sfavorevoli. ALTO RB 3 SCHEDA DI VALUTAZIONE UNITÁ OPERATIVA DI PRONTO SOCCORSO “ F. SPAZIANI” DI FROSINONE Svolgimento di attività che comportino assistenza diretta a pazienti e manipolazione di materiali biologici? SI Svolgimento di Procedure Invasive a Rischio di Esposizione? SI Sono presenti carenze Organizzative, Strutturali, Formative, DPI, DPC NO Conclusioni: gli operatori sanitari sono esposti a rischio medio. RB 2 92 GESTIONE DEL RISCHIO E PREVENZIONE E PROTEZIONE GLI STRUMENTI DI In base all’entità del rischio calcolata mediante i precedenti modelli, si interverrà, entro un termine di tempo stabilito, utilizzando gli strumenti di prevenzione e protezione disponibili e attuando misure correttive o di miglioramento al fine di tutelare la salute e sicurezza del personale nell’ambiente di lavoro. Le misure di contenimento applicate, relative al Gruppo più rischioso (Gruppo 3) sono qui di seguito riportate e corrispondono al Livello Terzo di BIOSICUREZZA: - non mangiare, bere, fumare, fiutare tabacco, truccarsi e conservare alimenti nei locali di lavoro; - indossare un camice da laboratorio o altri indumenti protettivi - evitare la formazione di aerosol; - lavarsi le mani dopo ogni fase di lavoro e ogni volta che si lascia il locale di lavoro; - tenere puliti e in ordine i locali di lavoro, tenere a portata di mano soltanto i materiali e gli apparecchi occorrenti; - conservare le riserve nei locali e negli armadi predisposti; - effettuare l’ informazione e formazione specifica, informando i lavoratori sui possibili pericoli derivanti dall’espletamento delle rispettive mansioni; - effettuare una sorveglianza adeguata, verificando l’osservanza delle regole indicate; 93 - effettuare controlli biologici periodici, anche al fine di accertare la validità delle procedure di disinfezione utilizzate; - combattere costantemente i parassiti; - l'aria immessa nella zona di lavoro e l'aria estratta vengono filtrate attraverso un ultrafiltro (HEPA) sull’aria estratta; - l’accesso è limitato alle persone autorizzate; - vengono impiegate specifiche procedure di disinfezione; - la zona di lavoro è realizzata in modo tale da poter essere chiusa a tenuta per consentire la disinfezione; - viene effettuato un controllo efficace dei possibili vettori; - i banchi di lavoro ed il pavimento sono realizzati con superfici idrorepellenti e di facile pulitura; - le superfici sono resistenti agli acidi, agli alcali, ai solventi, ai disinfettanti; - gli ambienti di lavoro contengono tutte le attrezzature a loro necessarie; - vengono impiegati idonei mezzi e procedure per il trattamento dei rifiuti. 94 LE PRECAUZIONI UNIVERSALI Nell’ambito della prevenzione del RB, accanto agli interventi sull’ambiente e all’adozione di dispositivi ed attrezzature utilizzate per impedire la trasmissione delle infezioni, è di fondamentale importanza l’adozione di procedure e di una organizzazione del lavoro tale da rendere efficaci i sistemi di barriera per gli AB. Le procedure di lavoro infatti permettono al lavoratore e all’azienda di seguire percorsi studiati per contenere o eliminare il rischio come ad esempio l’isolamento di un paziente infetto contagioso. Il più recente e valido contributo al controllo delle infezioni in ambito ospedaliero, trasmesse da paziente ad operatore sanitario, è stato apportato dalla pubblicazione nel 1996 di linee guida per le misure di isolamento destinate a ridurre il rischio di trasmissione di agenti biologici in ambito ospedaliero da parte dei CDC di Atlanta (USA). Le indicazioni contenute nelle linee guida sono destinate a tutti gli operatori sanitari e sono state formulate con particolare attenzione alla semplificazione delle procedure ed al rapporto costo-efficacia. Le linee guida identificano 2 livelli di precauzioni di isolamento. Al primo e più importante livello vi sono le precauzioni indicate per l’assistenza di tutti i pazienti in ospedale, indipendentemente dalla diagnosi o dalla presenza o meno di infezione. Esse sintetizzano in una singola serie le Precauzioni Universali, che riguardano l’esposizione professionale ai patogeni trasmessi per via ematica e l’isolamento da liquidi biologici. Le Precauzioni Standard devono pertanto essere applicate al sangue e a tutti i liquidi corporei, secrezioni, ed escrezioni escluso il sudore e per ogni paziente prescindendo dalla conoscenza o meno del loro stato di salute. 95 Al secondo livello vi sono le precauzioni destinate all’assistenza di pazienti di cui è nota o sospettata un’infezione da parte di un AB. Esse integrano le precauzioni standard e vengono applicate in base alla modalità di trasmissione degli agenti biologici, che può essere mediante aria, goccioline o contatto con cute asciutta o con superfici contaminate. Le precauzioni in generale riguardano: - igiene delle mani; - dispositivi di protezione individuale; - presidi e attrezzature assistenziali contaminate; - sanificazione ambientale; - biancheria e teleria; - aghi e taglienti; - sistemazione del paziente, - igiene respiratoria. PRECAUZIONI STANDARD DA APPLICARE A TUTTI I PAZIENTI - lavare le mani dopo ogni contatto con liquidi biologici ed oggetti contaminati; - lavare le mani dopo l’uso dei guanti; - lavare le mani dopo contatto con il paziente e tra un paziente e l’altro; - effettuare il lavaggio delle mani sociale o antisettico o chirurgico in base alle situazioni presenti; - l’uso dei guanti non deve mai essere un’alternativa all’igiene delle mani; - rimuovere i guanti dopo aver assistito un paziente e aver toccato l’ambiente a lui circostante (anche attrezzature mediche); - non usare lo stesso paio di guanti tra un paziente e l’altro; - cambiare i guanti durante l’assistenza ad uno stesso paziente quando si passa da un sito corporeo contaminato ad uno pulito o prima di toccare presidi mobili (computer, telefoni, apparecchiature e quant’altro); 96 - non lavare i guanti per il loro riutilizzo perché i patogeni non vengono adeguatamente rimossi e viene compromessa l’integrità del guanto; - in caso di utilizzo combinato con altri DPI, indossare i guanti per ultimi, possibilmente sopra i polsini dei camici o della divisa; - rimuovere appropriatamente i guanti e lavarsi sempre le mani dopo il loro utilizzo (le mani si possono sporcare per rotture del guanto o durante le manovre di rimozione del guanto); - usare mascherini, occhiali o visiere per proteggersi durante le procedure che possono generare schizzi o aerosol; - effettuare la pulizia ambientale e delle superfici; - usare sempre i camici durante l’attività lavorativa e ricorrere ai camici aggiuntivi nel caso vengono effettuate procedure che possono comportare contaminazioni degli indumenti abituali; - prestare attenzione ai taglienti, in particolare: non incappucciare, non togliere gli aghi con le mani, usare contenitori specifici per il loro smaltimento e denunciare prontamente gli incidenti; - maneggiare correttamente la biancheria sporca evitando ulteriori contaminazioni; - collocare in camera singola i pazienti che non mantengono una corretta igiene ambientale. PRECAUZIONI DA ADOTTARE IN CASO DI PAZIENTI AFFETTI ,O SOSPETTATI DI ESSERLO, DA MALATTIE A TRASMISSIONE AEREA - sistemare il paziente in camera singola, a pressione negativa e con circa 10 ricambi di aria l’ora. Lo scarico dell’aria deve avvenire all’esterno della struttura o nel caso non sia possibile procedere con filtrazione efficace; - indossare protezioni delle vie respiratorie quando si entra nella stanze del paziente; - limitare il trasporto del paziente e il contatto con ulteriori persone, 97 - far indossare loro mascherina protettiva. PRECAUZIONI DA ADOTTARE IN CASO DI PAZIENTI AFFETTI ,O SOSPETTATI DI ESSERLO, DA MALATTIE TRASMESSE MEDIANTE DROPLET - porre il paziente in camera singola. Ove ciò non sia possibile procedere alla sistemazione per coorte assicurando la separazione fisica tra i pazienti e tra pazienti e visitatori di almeno 1 metro; - indossare mascherine se ci si avvicina a meno di un metro dal paziente; - limitare il trasporto del paziente o eventualmente fargli usare la maschera. PRECAUZIONI DA ADOTTARE IN CASO DI PAZIENTI AFFETTI ,O SOSPETTATI DI ESSERLO, DA MALATTIE TRASMESSE PER CONTATTO DIRETTO E INDIRETTO TRAMITE VEICOLI - sistemare il paziente in camera singola, ove ciò non sia possibile procedere alla sistemazione in coorte; - indossare sempre i guanti se si entra in stanza; - rimuovere i guanti prima di lasciare la camera e lavare le mani con antisettico o antimicrobico; - usare camice aggiuntivo se si è a contatto con il paziente; - limitare il suo trasporto; - usare attrezzature riservate per ogni singolo paziente. 98 SANIFICAZIONE AMBIENTALE La pulizia nelle strutture sanitarie e nel caso specifico nei locali di Pronto Soccorso, ha come scopo principale la prevenzione dell’esposizione da parte degli operatori sanitari ai microrganismi patogeni. Si devono adottare regolari e periodiche attività di pulizia al fine di evitare l’accumulo di sporco nei locali vista la grande affluenza di persone e la variabilità dei casi in cui viene richiesta l’assistenza in emergenza urgenza. Il Pronto Soccorso, in base ai sistemi di sanificazione, è considerato in letteratura come un’area a medio rischio. Sanificare significa restituire in condizioni di sanità l'ambiente e le attrezzature in modo tale da arrestare la diffusione microbica ed il relativo anello della catena contaminante. La tecnica di sanificazione comprende quattro momenti ben distinti, ma non indipendenti tra loro: la pulizia, la disinfezione, la sterilizzazione e la disinfestazione. La pulizia, si basa sull'asportazione di ogni residuo di sporco attraverso l'uso di spazzole, abrasivi, acqua e detersivi a cui segue un abbondante risciacquo. La pulizia è un processo che non riguarda solo l'ambiente ma anche le attrezzature e lo strumentario. Essa deve essere operata a umido per evitare di sollevare polvere aumentando così la circolazione dei germi. Il principio che deve essere sempre rispettato è quello secondo cui è necessario procedere partendo dalla zona più pulita, procedendo verso quella più sporca. La disinfezione è un processo che mira a ridurre il numero di microorganismi patogeni presenti sulla superficie di oggetti e tessuti. Questo processo non rimuove tutta la flora, ma riduce la carica microbica su livelli differenti, escluse le spore, a seconda 99 della modalità di trattamento utilizzata. Gli oggetti da sottoporre a disinfezione devono sempre essere lavati ed asciugati prima del trattamento, al fine di evitarne l'inattivazione e la diluizione della concentrazione ideale. La scelta del disinfettante da utilizzare non deve essere fatta a caso, ma sulla base delle caratteristiche biologiche dei microorganismi e delle proprietà delle singole soluzioni. Questo è un passaggio di fondamentale importanza, poichè non tutti i prodotti hanno la stessa efficacia. I requisiti fondamentali di un disinfettante possono essere sintetizzati in: - ampio spettro di azione; - rapidità d'azione; - persistenza nel tempo; - capacità di agire anche in presenza di sostanze organiche; - non tossicità; - basso costo; - elevato potere di penetrazione. Mentre, l'efficacia del processo è condizionata da alcuni fattori quali: la concentrazione, il tempo di contatto, la carica batterica e la specie microbica, la natura del materiale oggetto della sanificazione e la temperatura. La sterilizzazione è un processo che comporta l'assoluta distruzione di tutti i microorganismi presenti, sia in forma vegetativa che sporale. È dunque nello specifico un processo che conferisce la più ampia probabilità statistica di sterilità. Ogni attività di pulizia giornaliera e periodica deve essere documentata e registrata su apposite schede di rilevazione. Tutte le registrazioni dovranno essere opportunamente conservate per un tempo definito al fine del monitoraggio e della rintracciabilità dell’attività di pulizia e sanificazione. 100 PRINCIPI GENERALI Le pulizie devono iniziare dalla zona meno sporca verso quella più sporca. Nel caso di oggetti che non vanno a diretto contatto con il paziente, dopo la disinfezione non risciacquare. Evitare il rabboccamento dei contenitori (sia detergente che disinfettante) e rispettare la diluizione dei prodotti indicata dalla casa produttrice. Segnalare le zone bagnate con apposita segnaletica. Per le aree di passaggio (atri e corridoi), effettuare il lavaggio in due tempi successivi, in modo da mantenere sempre una metà asciutta, per permettere il passaggio. Utilizzare sempre idonei dispositivi di protezione individuale durante le procedure di pulizia. Dopo l’uso tutte le attrezzature, compreso il carrello delle pulizie, devono essere detersi ed asciugati. L’umidità e la temperatura ambiente sono ottimi terreni di cultura per il proliferare di germi. Allo stesso modo ogni panno, spugna, sistema Mop e quant’altro dopo l’uso deve essere lavato, disinfettato e lasciato asciugare. La presenza di materiale organico può ridurre o inattivare l’azione del disinfettante, perciò è necessario sempre effettuare una decontaminazione con detersione. Le operazioni di pulizia tipologicamente sono inquadrate come: pulizie ordinarie: comprendono attività di pulizia di carattere continuativo e routinario; pulizie periodiche: comprendo attività di pulizia più profonda a periodicità più lunga da svolgersi con frequenze prestabilite; pulizie straordinarie: comprendono interventi imprevedibili richiesti per esigenze occasionali che possono comprendere attività di tipo quotidiano e periodico. 101 MODALITÁ DI PULIZIA DELLE SUPERFICI, DEGLI ARREDI E DEI PAVIMENTI Non contaminate da materiale organico: dopo aver rimosso lo sporco con un sistema “ad umido”, lavare la superficie con la soluzione detergente, far asciugare e passare sulla superficie un panno imbevuto di disinfettante e lasciare asciugare. Superfici contaminate da materiale organico: con un panno imbevuto di disinfettante, rimuovere lo sporco e gettarlo nel sacco dei "Rifiuti Ospedalieri". Lavare accuratamente la superficie con la soluzione detergente e sciacquare; lasciar asciugare o asciugare. Infine passare sulla superficie un panno imbevuto di disinfettante e lasciare asciugare. MODALITÁ DI DECONTAMINAZIONE DELLE SUPERFICI, DEGLI ARREDI E DEI PAVIMENTI In caso di contaminazione da sangue o altro materiale organico fresco: indossare i guanti e con un panno o della carta assorbente rimuovere lo sporco e gettarlo nel sacco dei “Rifiuti Ospedalieri”. Allontanare detto materiale con i rifiuti speciali, coprire l’area interessata con garza imbevuta di ipoclorito di sodio al 5% per almeno 10 minuti. Successivamente togliere i guanti utilizzati, avendo cura di rovesciarli durante l’operazione di sfilamento, ed eliminarli coi rifiuti speciali. Infine lavarsi le mani. In caso di contaminazione da sangue o altro materiale organico essiccato: indossare i guanti, inumidire per qualche minuto il materiale secco con candeggina per poterlo rimuovere meglio e con un panno o della carta assorbente rimuovere lo sporco e gettarlo nel 102 sacco dei “Rifiuti Ospedalieri”. Togliere i guanti utilizzati, avendo cura di rovesciarli durante l’operazione di sfilamento, ed eliminarli coi rifiuti speciali. Lavarsi le mani. Nel caso le operazioni sopra riportate non fossero possibili, esporre la superficie contaminata ad ipoclorito di sodio al 5% per un periodo di 20 - 30 minuti. MANUTENZIONE E PULIZIA DELL’ IMPIANTO IDRAULICO E DELL’IMPIANTO DI CONDIZIONAMENTO E VENTILAZIONE DELLARIA In Pronto Soccorso al fine di garantire una corretta igiene ambientale, anche in relazione ai risultati del monitoraggio microbiologico dell’aria, il sistema di ventilazione e condizionamento dell’aria va controllato periodicamente per un corretto funzionamento. I filtri di dell’aria vanno cambiati o puliti a seconda della necessità per evitare l’accumulo di sporco e la proliferazione batterica e micetica, per non compromettere la qualità dell’aria all’interno dei locali. Anche il sistema idraulico va controllato onde evitare l’accumulo e la proliferazione di microrganismi quali le legionelle. Queste attività sono affidate a ditte esterne alla struttura sanitaria, in generale esse devono effettuare attività come ad esempio: - pulizia e sostituzione periodica dei filtri del sistema di ventilazione e condizionamento; - decalcificazione dei rompi getto dei rubinetti e dei diffusori delle docce; - sostituzione delle guarnizioni ed altri parti usurate delle reti idriche; - evitare di installare tubazioni con tratti terminali cechi e ristagni di acqua; - periodica decontaminazione dell’impianto idrico. 103 CORRETTO SMALTIMENTO DEI RIFUITI SANITARI La gravità delle possibili malattie trasmesse in ambito occupazionale e la notevole resistenza ambientale di alcuni agenti patogeni, determinano l’opportunità di porre particolare cura nel trattamento e smaltimento dell’attrezzatura utilizzata per l’assistenza dei pazienti I rifiuti sanitari prodotti all’interno delle strutture sanitarie, possono essere generalmente classificati come: - rifiuti sanitari non pericolosi, non a rischio infettivo e assimilabili ai rifiuti urbani; - rifiuti sanitari a rischio infettivo e che richiedono particolari misure di smaltimento. Per quanto riguarda i rifiuti a rischio infettivo, bisogna smaltire immediatamente dopo l’utilizzo e in maniera sicura oggetti taglienti e aghi (non rincappucciati) in appositi contenitori rigidi di colore giallo (questo colore contraddistingue il rifiuto sanitario pericoloso a rischio infettivo). Gli altri oggetti o materiali devono essere gettati in contenitore di cartone con sacchi di plastica sempre di colore giallo. I contenitori per rifiuti sanitari devono sempre trovarsi in vicinanza e in posizione comoda, rispetto al posto di effettivo utilizzo, in modo che essi siano direttamente e prontamente eliminati. Essi devono essere manipolati con attenzione e stoccati ordinatamente in locali appositi nell’attesa di essere prelevati e smaltiti correttamente. 104 UTILIZZO DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALI Gli operatori sanitari devono essere adeguatamente formati e informati per poter utilizzare correttamente i DPI. Nel caso di utilizzo di dispositivi di III categoria si procede preventivamente con l’addestramento del personale sanitario. L’informazione e la formazione all’uso corretto dei mezzi di protezione individuale assumono un ruolo fondamentale nella prevenzione delle patologie e degli infortuni nell’ambiente di lavoro. I DPI che si devono rendere sempre disponibili per gli operatori del Pronto Soccorso sono: i guanti, gli indumenti di protezione, i sistemi per la protezione del volto da schizzi di liquidi biologici, i dispositivi per la protezione delle vie respiratorie e nel caso siano disponibili dispositivi di sicurezza per la prevenzione delle punture accidentali. Generalmente essi devono riportare la marcatura CE, la classificazione di categoria (I, II, III) e la dicitura “protezione da agenti biologici” in conformità alle norme tecniche. DPI da indossare in base all’attività da svolgere Incannulazione di vie venose centrali GUANTI e/o periferiche Incannulazione di vie arteriose o GUANTI E PROTEZIONE FACCIALE prelievi arteriosi Broncoscopia, cistoscopia, GUANTI E PROTEZIONE FACCIALE gastroscopia Introduzione di sondino naso-gastrico GUANTI E PROTEZIONE FACCIALE, CAMICE IMPERMEABILE Aspirazione endotracheale GUANTI Intubazioni naso-orotreacheali, GUANTI E PROTEZIONE FACCIALE tracheotomie, sostituzione cannule tracheali 105 Punture esplorative ed evacuative in GUANTI E PROTEZIONE FACCIALE cavità ed organi DPI da indossare in base all’attività da svolgere Manovre invasive chirurgiche; GUANTI, PROTEZIONE FACCIALE E trattamento di lesioni traumatiche di CAMICE IMPERMEABILE svariate entità, effettuate in: sala operatoria, Pronto Soccorso, sala parto, ambulatori dentistici Cateterismo cardiaco e angiografie GUANTI E PROTEZIONE FACCIALE Prelievi di sangue, iniezioni GUANTI, CONTENITORI PER IL endovenose, fleboclisi TRASPORTO DELLE PROVETTE; CONTENITORI PER GLI AGHI Tricotomie, clisteri e pulizia del cavo GUANTI Orale Detersione materiali e strumenti GUANTI IN VINILE CON SOPRAGUANTO IN GOMMA; PROTEZIONE FACCIALE E CAMICE IMPERMEABILE In base all’attività da svolgere, gli operatori del Pronto Soccorso sceglieranno i dispositivi di protezione più idonei. I guanti vanno utilizzati sempre nell’assistenza diretta del paziente per evitare il contatto con i fluidi corporei e per proteggersi da esposizioni cutanee e percutanee a microrganismi infettivi. Possono essere: - di tipo chirurgico, sterili in lattice; - sterili in vinile; - non sterili in lattice; - in polietilene; - per operazioni di pulizia. 106 I filtranti facciali devono essere di tipo, FFP2 o FFP3 o mascherina chirurgica, devono cioè filtrare efficacemente grandi concentrazioni di aerosol contaminanti e proteggere così le mucose del naso e della bocca. In aggiunta ad essi, devono esseri indossate visiere facciali o occhiali per la protezione della congiuntiva contro gli schizzi o spruzzi di materiale biologico se l’attività da svolgere lo rende necessario. Gli indumenti di protezione devono essere indossati dall’operatore sanitario al fine di evitare il contatto mucocutaneo con gli agenti patogeni. Essi devono coprire e proteggere le parti del corpo più esposte come ad esempio le braccia, il busto e la base del collo. Gli indumenti devono essere a maniche lunghe e composti da materiale impermeabile e devono essere utilizzati per tutto il tempo in cui permane il rischio di esposizione ad agenti biologici. Possono essere: - camici a maniche lunghe con lunghezza almeno al di sotto del ginocchio; - copriscarpe; - completo giacca con maniche lunghe e pantaloni; - tuta integrale; - sovra camice impermeabile. I dispositivi per la prevenzione delle punture accidentali, NPDs, sono dei dispositivi di sicurezza associati ad aghi e taglienti che hanno lo scopo di limitare le ferite da punta o da taglio tra gli operatori sanitari. Sono ad esempio gli aghi retrattili, gli aghi da sutura a punta smussa o i bisturi con lama a rilascio automatizzato. Da vari studi condotti si osserva che l’esperienza italiana di questi dispositivi è ancora limitata ma molto significativa per quanto riguarda l’incidenza degli infortuni. Essi quindi dovrebbero essere messi a disposizione del personale del Pronto Soccorso e di tutti gli operatori 107 sanitari, per la prevenzione delle esposizioni occupazionali da puntura con ago o lesione da tagliente, in linea con la Direttiva 2010/32 UE. LA SORVEGLIANZA SANITARIA La sorveglianza sanitaria è uno dei principali strumenti che concorre al controllo del rischio biologico negli ambienti di lavoro sanitari, viene effettuata dal Medico Competente dell’azienda sanitaria. Sono sottoposti a sorveglianza sanitaria, previo parere del medico competente, tutti i soggetti che utilizzano o che si possono trovare a contatto con agenti biologici. Lo scopo è quello di proteggere la salute dei lavoratori in relazione al rischio presente nell’attività lavorativa attraverso: - corretta informazione del lavoratore a rischio biologico; - riconoscimento precoce di stati individuali e/o ambientali atti a favorire l’aggressione da parte di agenti biologici; - presenza di eventuali patologie o alterazioni che potrebbero subire aggravamenti in caso di azione di agenti biologici; - impostazione di idonei programmi di immunoprofilassi, ove siano disponibili mezzi efficaci di prevenzione. Il Medico Competente effettua visite mediche preventive, periodiche (di norma una volta l’anno) e straordinarie, vaccinazioni, altre azioni sanitarie e il monitoraggio continuo dell’andamento delle malattie infettive che si presentano negli operatori sanitari posteriormente all’accadimento di un infortunio a rischio biologico. VACCINAZIONI 108 Una malattia infettiva causata da agenti biologici in ambito occupazionale si verifica quando si ha, da un lato un’esposizione efficace e dall’altro la recettività della persona esposta all’agente in causa. I vaccini sono preparati ad elevato potere antigenico in grado di indurre immunità attiva nei riguardi di determinati patogeni. Vanno somministrati, in un’unica o più dosi, agli operatori sanitari esposti a rischio biologico al fine di proteggerli da specifiche infezioni o malattie che possono contrarre durante l’attività lavorativa. La vaccinazione deve essere considerata come una misura di sicurezza preventiva ulteriore e non un modo per evitare o considerare meno stringente la necessità di adottare efficaci misure di contenimento primario come particolari procedure di lavoro. I vaccini raccomandati per il personale del Pronto Soccorso sono: Epatite B; Epatite A; Tubercolosi; Varicella; Rosolia; Morbillo; Parotite; Influenza stagionale. PROFILASSI POST – ESPOSIZIONE Sebbene la prevenzione delle esposizioni occupazionali a virus emotrasmessi rappresenti il principale mezzo di difesa dall’infezione, un’appropriata gestione post-esposizione agli incidenti costituisce un elemento importante della sicurezza sul luogo di lavoro. 109 La profilassi è raccomandata nei casi in cui ci sia stata una ferita da punta o da taglio, contaminazione congiuntivale e di cute lesa con sangue o liquido biologico contenente sangue. Inoltre è raccomandata nei casi in cui si conosce lo stato infettivo positivo del paziente fonte per una malattia. L’operatore sanitario, in caso di lesione o contaminazione con aghi o taglienti dovrà: stimolare l’emorragia della ferita, lavarla con sapone e acqua calda corrente e se possibile coprirla con medicazione. Una profilassi è raccomandata anche nel caso in cui gli operatori sanitari sono stati a stretto contatto con pazienti affetti da altre malattie a trasmissione non ematica come ad esempio le meningite la tubercolosi. Successivamente all’esposizione l’operatore sanitario seguirà un percorso di counselling, durante il quale insieme con il Medico Competente ed altre figure professionali si deciderà il protocollo da adottare per un’ idonea profilassi. FORMAZIONE E INFORMAZIONE La formazione l’informazione per gli operatori sanitari del Pronto Soccorso viene effettuata dal Servizio Prevenzione e Protezione in collaborazione con il Medico Competente ed altri professionisti. Questa attività ha lo scopo di fornire ai lavoratori informazioni generali sul rischio biologico e formarli sulle correte procedure e sui comportamenti da adottare durante il lavoro per una prevenzione degli infortuni e delle situazioni di pericolo per la salute. Per un corretto utilizzo dei DPI di III categoria si dovrà procedere, come già detto precedentemente con l’addestramento del personale. Un esempio della costruzione di un programma di formazione informazione sul rischio biologico rivolto agli operatori sanitari è mostrato di seguito. 110 Obiettivi formativi generali e specifici Riduzione degli infortuni da contaminazione agenti biologici (scegliere gli indicatori) Destinatari Medici, infermieri, ausiliari (n.15-25) Durata Moduli di 3 ore - Principi normativi - Dati epidemiologici - Caratteristiche delle infezioni più frequentemente trasmissibili agli O.S - Strategie per il controllo delle infezioni: Contenuti (in relazione agli obiettivi precauzioni standard, precauzioni specifici) d’isolamento, DPI, Dispositivi di protezione collettiva, dispositivi medici sicuri, disinfezione e sterilizzazione, gestione e sorveglianza sanitaria del personale esposto comprese PPE, - follow-up post IRB, vaccinazioni, idoneita’ lavorative Mezzi didattici Docenti Dispense, lucidi, diapositive, videocassette, CDROM, internet, intranet MC, infettivologo, infermieri esperti, SPP - Lezioni frontali brevi e concise Metodologia didattica - Esercitazioni dimostrative - Momenti di discussione - Questionario di apprendimento pre e post intervento - Questionario di valutazione dell’intervento formativo - Indicatori obiettivi (n. infortuni, etc.) Valutazione (indicatori scelti all’inizio) - Valutazione di altri indicatori (creazione di reti, attivazione di nuovi progetti, costruzione di un pool pluridisciplinare, convegni, seminari, giornate di studio etc.) - Interviste ai lavoratori (gruppi di lavoro, testimoni privilegiati), pre e post intervento 111 CONCLUSIONI Il tema della salute e della sicurezza sul lavoro, nelle strutture sanitarie, è una questione di notevole importanza e di grande complessità dal punto di vista della sua realizzazione. Gli operatori sanitari durante la propria attività di assistenza ai pazienti sono esposti a vari fattori di rischio, tra cui in particolare anche quello biologico. Lavorare in un reparto di Pronto Soccorso in qualità di infermiere, medico, ausiliario e gestire durante il turno lavorativo numerosi casi di emergenza-urgenza, comporta un notevole impegno sia fisico che mentale. In situazioni del genere, assicurare un’adeguata assistenza e garantire allo stesso tempo la propria sicurezza e salute sul lavoro, risulta un compito non facile. Il Pronto Soccorso rappresenta la zona di primo accesso dell’ospedale per numerosi utenti traumatizzati o con una diagnosi di malattia non ancora conosciuta, potenzialmente contagiosa sia per gli utenti presenti che, ovviamente, per gli operatori sanitari. È per tale ragione che lo scopo del mio lavoro è stato quello di valutare l’entità del rischio biologico a cui sono esposti quest’ultimi e di definire le principali misure di prevenzione e protezione. La protezione dall’esposizione ad agenti infettivi in Pronto Soccorso comincia attraverso una corretta valutazione del rischio biologico, come impone il D.Lgs. 81/08, e la conseguente pianificazione degli interventi necessari. Grazie alla disponibilità e alla professionalità del personale del Servizio di Prevenzione e Protezione della ASL di Frosinone, ho consultato per prima cosa il registro degli infortuni per avere delle stime sugli incidenti a rischio biologico avvenuti tra il personale sanitario dell’ Ospedale di Frosinone negli ultimi sei anni. 112 Su un totale di circa 216 infortuni a rischio biologico, circa il 15% di essi si è verificato tra gli operatori del Pronto Soccorso. Questo risultato non è in accordo con i dati disponibili in letteratura, relativi ugualmente agli incidenti a rischio biologico tra i lavoratori delle strutture sanitarie. Procedendo con l’analisi dei risultati, si è osservato che la maggior parte degli incidenti sono avvenuti tra gli infermieri professionali per puntura accidentale con ago potenzialmente infetto durante l’esecuzione di prelievi ematici o somministrazione di terapia per via endovenosa. Solo in un caso si conosceva lo stato di malattia del paziente fonte. Durante il sopralluogo condotto nel Pronto Soccorso, ho proceduto con l’identificazione nella struttura dei requisiti costruttivi ed organizzativi, dei possibili fattori di rischio e degli strumenti di prevenzione e protezione presenti. Per il calcolo della valutazione dei rischi mi sono avvalsa di due metodi diversi che comunque hanno dato lo stesso risultato riguardo l’entità del rischio biologico presente nel Pronto Soccorso. Si tratta di una struttura a medio rischio in cui i più pericolosi agenti biologici a cui il personale sanitario può essere esposto risultano essere quelli a trasmissione ematica, HBV, HCV, HIV e quelli a trasmissione aerea come ad esempio il batterio della tubercolosi, tutti appartenenti al III Gruppo di classificazione secondo il D.Lgs. 81/08. La gestione del rischio prevedrà, quindi, l’applicazione delle corrette misure di prevenzione e protezione con strumenti quali: le Precauzioni Universali, l’utilizzo di adeguati DPI, l’uso di dispositivi medici per la protezione delle punture accidentali, chiamati comunemente Needlestick Prevention Device, le corrette procedure di sanificazione ambientale e smaltimento dei rifiuti sanitari pericolosi, i programmi di sorveglianza sanitaria, vaccinazioni e profilassi post esposizione, nonché la formazione e informazione dei lavoratori che è risultata essere parzialmente adeguata nei confronti degli operatori sanitari. Il Piano di miglioramento verrà effettuato dal Datore di Lavoro con la collaborazione delle altre figure della sicurezza presenti in azienda, 113 attraverso un programma mirato a tutelare la salute e sicurezza degli operatori sanitari i cui effetti positivi ricadranno in seguito anche sull’attività assistenziale e sui pazienti. BIBLIOGRAFIA - Decreto Legislativo 9 Aprile 2008 n.81 e s.m.i. (D.Lgs 106/09); - INAIL: La sicurezza in ospedale. Strumenti di valutazione e gestione del rischio. Edizione 2007; - INAIL: Rischio biologico negli ambulatori “Prime Cure”, Vademecum per l’infermiere. Edizione 2010; - Linee Guida SIMLII (2005) – Rischio biologico per i lavoratori della sanità: la sorveglianza sanitaria; - Linee Guida ISPESL: Il Rischio Biologico: procedura applicativa per la valutazione del rischio e la pianificazione degli interventi di prevenzione e protezione; - Documento tecnico del Dipartimento Igiene del Lavoro INAIL ex ISPESL: Criteri procedurali per la scelta e caratterizzazione dei Dispositivi di Protezione Individuale per il rischio biologico in attuazione degli adempimenti normativi del D.Lgs.81/2008 e s.m.i.; - ISPESL: Studio per la predisposizione di Linee Guida per gli interventi di prevenzione relativi alla sicurezza e all’igiene del lavoro nelle Strutture di Pronto Soccorso; - Direttiva 2000/54/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 settembre 2000 relativa alla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti biologici durante il lavoro; - Grignano E., DaCarro C., Grisoli P., Cottica D.: Valutazione della contaminazione microbiologica aerodiffusa in ambiente ospedaliero. 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