Il diritto alla copia degli atti tra garantismo formale e prassi devianti

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Il diritto alla copia degli atti tra garantismo formale e prassi devianti
Processo penale e giustizia n. 5 | 2016
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TERESA ALESCI
Dottore di ricerca – Seconda Università degli Studi di Napoli
Il diritto alla copia degli atti tra garantismo formale e prassi
devianti
The right to the copy of deeds among formal defense of civil rights
and deviant practices
La Suprema Corte nega l’esistenza di un diritto alla copia degli atti integrale ed immediata, ponendo un discrimen
tra il diritto di visionare gli atti e il diritto di ottenerne copia. L’occasione consente di svolgere una riflessione sui
limiti e sulle condizioni poste al diritto ad una difesa consapevole.
The Supreme Court denies the existence of a right to the integral and immediate copy of deeds, by setting a discrimen among the right to view deeds and the right to obtain a copy of them. The occasion allows to carry out a
deliberation upon limits and conditions set to the right to an aware defense.
LA VICENDA
La questione sottoposta all’attenzione della Suprema Corte trae origine da una vicenda molto lineare e
frequente nella prassi giudiziaria. Su istanza della difesa, il Tribunale del riesame di Roma annullava la
misura cautelare della custodia cautelare disposta in capo all’indagato solo relativamente ad uno dei
capi contestati. Avverso tale decisione, l’indagato proponeva, con l’assistenza del suo difensore, due ricorsi, uno immediatamente successivo al deposito del dispositivo e l’altro dopo il deposito delle motivazioni del riesame 1.
La difesa lamentava la intempestiva consegna della documentazione delle indagini preliminari, contenuta in un dvd, fornita materialmente solo un quarto d’ora prima dell’udienza di riesame; tale circostanza avrebbe causato un “intollerabile pregiudizio” del diritto di difesa, in virtù della totale ignoranza
degli elementi di accusa. L’indagato, dunque, chiedeva l’annullamento del procedimento previa remissione alla Corte costituzionale della questione di legittimità dell’art. 309 c.p.p., nella parte in cui non
prevede che i documenti relativi alle indagini preliminari debbano essere consegnati al difensore con
congruo anticipo rispetto all’udienza di riesame.
Preliminarmente, la Suprema Corte ritiene irrilevante nel giudizio de quo la questione di legittimità
costituzionale, poiché il Tribunale del Riesame, a seguito della censura mossa in udienza dal difensore
circa l’impossibilità di “conoscere” gli atti, concedeva un rinvio ad horas, per consentire alla difesa di articolare le proprie argomentazioni; rinvio a cui la stessa rinunciava. Dunque, secondo il ragionamento
della Suprema Corte, la rinuncia alla concessione di un termine breve impedisce alla difesa di “dolersi”
di non averne avuto uno più lungo. Inoltre, i giudici di legittimità attribuiscono alla difesa la responsabilità della mancata consultazione degli atti, poiché il dvd contenente la documentazione relativa alle
indagini preliminari era stato posto a disposizione della difesa già dal mattino precedente l’udienza,
come provato dalla pec inviata dalla segreteria del p.m. Dunque, se il difensore si fosse “diligentemente e
prontamente attivato” – prosegue la Corte – avrebbe avuto un intero giorno per consultare la documentazione. In tale prospettiva, il diritto di difesa nella sua dimensione formale risulta pienamente garantito.
1
La Suprema Corte, ritenendo i ricorsi sostanzialmente sovrapponibili e coincidenti, ritiene possibile la trattazione unitaria
dei vari motivi di ricorso.
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Suscita diverse perplessità l’argomentazione a sostegno dell’infondatezza della questione di legittimità, laddove si ritiene che il difensore lamenti non già la violazione del diritto di difesa di esaminare
gli atti, quanto un “ inesistente” diritto alla copia integrale ed immediata. I giudici di legittimità si “avventurano” in un percorso argomentativo poco lineare, volto a scindere in due segmenti il diritto di cui
al comma 8 dell’art. 309 c.p.p., secondo cui “Fino al giorno dell’udienza gli atti restano depositati in cancelleria, con facoltà per il difensore di esaminarli e di estrarne copia” 2. Ad avviso della Suprema Corte, dunque, i
due profili di tale diritto sono dotati di diverso regime giuridico: se il diritto di visionare gli atti è assolutamente garantito nei tre giorni anteriori all’udienza di riesame, il diritto a riceverne copia è subordinato all’indicazione, da parte del difensore, degli atti cui è interessato, ai tempi tecnici di estrazione delle copie e al pagamento dei diritti di cancelleria. Grava sul difensore un onere di attivazione maggiormente oneroso rispetto alla mera consultazione degli atti direttamente in cancelleria. La diversa disciplina applicabile, inoltre, non determina alcuna violazione dei precetti costituzionali, poiché è il primo,
e non il secondo, a garantire l’effettivo diritto di difesa dell’imputato.
La decisione della Suprema Corte, articolata in brevi ma eloquenti argomentazioni, mortifica le
istanze difensive, ponendo il diritto alla copia degli atti in posizione gradata rispetto al diritto di visione degli stessi, in totale distonia con il dato letterale delle disposizioni normative che legano i due corollari del diritto di difesa dalla congiunzione “e” ponendo, inequivocabilmente, gli stessi sul medesimo
piano.
LE COORDINATE SISTEMICHE DEL DIRITTO AD ESTRARRE COPIA DEGLI ATTI
Per valutare la fondatezza della decisione, appare opportuno svolgere alcune riflessioni sulla natura e
sulla portata del diritto al rilascio della copia degli atti, quale naturale corollario del diritto di difesa di
cui all’art. 24 Cost. La conoscenza degli atti 3, realizzabile attraverso la visione e l’estrazione della copia,
dà concretezza al diritto di godere del tempo e delle possibilità necessarie alla preparazione della difesa. La discovery, dunque, è tesa a ridurre la fisiologica distanza intercorrente tra le parti processuali; rileva, invero, anche il canone della parità delle parti, quale declinazione del diritto ad un equo processo,
ex art. 6 par. 1 della Cedu 4. Nell’elaborare il concetto di “conoscenza degli atti”, infatti, la giurisprudenza di Strasburgo ha richiamato il principio della parità delle armi inteso quale canone di lealtà processuale 5.
A livello codicistico, l’istituto in esame è disciplinato da un paradigma normativo, costituito dalla
disciplina generale per la circolazione degli atti, prevista dagli artt. 116, 117 e 118 c.p.p., e dalla disciplina “speciale” di cui agli artt. 42 e 43 disp. att. c.p.p. 6.
L’art. 116, unitamente agli artt. 117-118 c.p.p., prevede come regola generale che ogni persona interessata possa ottenere a proprie spese il rilascio di copie, estratti o certificati di atti. La norma, dunque,
non attribuisce alle parti un incondizionato diritto di copia, quanto il diritto di “richiesta” degli atti, subordinata alla valutazione discrezionale dell’autorità giudiziaria 7. La disposizione è stata censura-
2
Si veda G. Spangher, Le misure cautelari personali, in A. Marandola (a cura di), Misure cautelari. Indagini preliminari. Giudizio,
in G. Spangher-A. Marandola-G. Garuti-L. Kalb (diretto da), Procedura penale. Teoria e pratica del processo, Torino, 2015, vol. II, p.
153.
3
Secondo G. Giostra, voce Contraddittorio (principio del), II, Diritto processuale penale, in Enc. giur. Treccani, 2001, p. 1, essa
è “condizione minima perché il dialogo a battute asincrone possa ancora qualificarsi contraddittorio”.
4
Cfr. S. Allegrezza, La conoscenza degli atti nel processo penale fra ordinamento interno e Convenzione europea, in A. Balsamo-R.E.
Kostoris (a cura di), Giurisprudenza europea e processo penale italiano, Torino, 2008, p. 143 ss.
5
Corte e.d.u., 17 gennaio 1970, Delcourt c. Belgio, par. 28; Corte e.d.u., 16 dicembre 1992, Edwards c. Regno Unito, par. 33;
Corte e.d.u., 24 giugno 2003, Dowsett c. Regno Unito, par. 40.
6
La disciplina contenuta nel codice di rito previgente, all’art. 165, risultava inadeguata nella prospettiva di garanzia delle
istanze difensive. Per questo alcuni autori avevano suggerito di riformulare la norma, ampliando i poteri delle parti “nella
ricerca degli elementi di prova formatisi in altri procedimenti penali”. Si veda D. Grosso, Trasmissione di atti, informazioni e dati nel
processo penale, Milano, 1987, p. 256.
7
L’autorizzazione è emessa con decreto non motivato dall’autorità procedente, se sussiste un effettivo interesse della parte
al rilascio, ovvero se l’atto di cui si chiede il rilascio non sia segreto o segretato o oggetto di un divieto di pubblicazione.
Competente ad autorizzare il rilascio delle copie sono gli organi nella cui effettiva e materiale disponibilità si trova l’atto al
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ta 8 per l’eccessiva discrezionalità, poiché affida al prudente apprezzamento del magistrato l’esercizio in
concreto di un difficile contemperamento tra un importante diritto di garanzia della difesa ed altri valori di riferimento egualmente riconosciuti e protetti dal nuovo codice. La norma, inoltre, risulta lacunosa, laddove non indica i criteri interpretatavi, i parametri di riferimento, le condizioni ed i presupposti
per il rilascio delle copie, affidando alla prassi giurisprudenziale il compito di determinarli. Sicché il
combinato disposto normativo esclude la possibilità del rilascio di copie di atti ancora coperti dal segreto, ovvero divenuti oggetto di un decreto di segretazione emesso dal p.m. 9.
D’altro canto, ai sensi del comma 3 dell’art. 116, il rilascio delle copie non fa cadere il divieto di pubblicazione dell’atto. La norma, però, va coordinata con l’art. 43 disp. att. c.p.p., secondo cui l’autorizzazione prevista dall’art. 116, comma 2, del codice non è richiesta nei casi in cui è riconosciuto espressamente 10 al richiedente il diritto al rilascio di “copie, estratti o certificati di atti 11”, in riferimento ad alcune specifiche attività compiute dai soggetti processuali, come ad esempio la certificazione o la copia
delle dichiarazioni rese dalle parti oralmente, nonché più in generale per tutte le ipotesi nelle quali la
facoltà al rilascio di copie derivi dal deposito dell’atto nella segreteria del p.m. o nella cancelleria del
giudice 12. È evidente il rapporto di genere a specie intercorrente tra le due disposizioni normative: la
discrezionalità valutativa dell’organo procedente si affievolisce totalmente nelle tassative ipotesi cui
rinvia l’art. 43 13 disp. att. c.p.p.
Laddove non sia espressamente riconosciuta la facoltà di estrarre copia dell’atto depositato, è sorto il
dubbio sul se il rilascio della copia sia prerogativa automaticamente connessa al deposito oppure se
debba essere oggetto di un’apposita autorizzazione ex art. 116 c.p.p. L’esegesi dottrinale e giurisprudenziale ha tuttavia attribuito alla norma una portata estensiva, riconoscendo la facoltà di estrarre copia
in tutte le ipotesi in cui il legislatore ha riconosciuto la sola attività di visione degli atti, argomentando
sulle motivazioni della sentenza della Corte costituzionale del 1997 14. La Corte, come è noto, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 293, comma 3, c.p.p. nella parte in cui non prevede la facoltà
per il difensore di estrarre copia, insieme all’ordinanza che ha disposto la misura cautelare, della richiesta del p.m. e degli atti presentati con la stessa. La pronuncia del giudice delle Leggi si poneva in totale
continuità interpretativa con la sentenza delle Sezioni Unite emessa alla vigilia della riforma del 1995,
in relazione all’art. 309, comma 8, c.p.p. 15. Pur riaffermando la distinzione tra deposito di atti a disposi-
momento della richiesta; nella fase delle indagini preliminari, la richiesta va presentata al p.m. anche nel caso di incidente
probatorio. Si veda F. Dinacci, Incostituzionale l’orientamento riduttivo delle Sezioni Unite sul diritto alla copia degli atti processuali, in
Cass. pen., 1996, p. 980. Una deroga alla competenza del p.m. è stata individuata con riguardo alla fase del riesame delle misure
cautelari, nel corso delle quali il provvedimento di autorizzazione al rilascio di copie, estratti o certificati di singoli atti deve
essere richiesto al tribunale del Riesame, e non all’organo d’accusa. Così Cass., sez. II, 11 ottobre 1994, n. 4212, in Arch. n. proc.
pen., 1995, p. 100.
8
Cfr. F. Fabbri, Il diritto al rilascio di copia degli atti depositati nel giudizio di riesame fra la giurisprudenza delle Sezioni Unite e le
modifiche normative, in Cass. pen., 1995, p. 2490 ss.
9
Cfr. G. Ubertis, Sub art. 116, in E. Amodio-O. Dominioni (diretto da), Commentario del nuovo codice di procedura penale,
Milano, I, 1989, p. 25.
10
Cfr. G.P. Voena, Sub art. 116, in Comm. C.p.p., A. Giarda-G. Spangher, I, Milano, 2010, p. 1179.
11
Il termine “copie” si riferisce alla riproduzione totale dell’atto; l’estratto comporta una riproduzione parziale dell’atto,
mentre i certificati costituiscono delle attestazioni sintetiche relative all’esistenza al contenuto o alla data di un atto. Sul punto si
veda L. Della Ragione, Le notificazioni e gli atti processuali del giudice, in G. Spangher (a cura di), Soggetti. Atti. Prove, in G. SpangherA. Marandola-G. Garuti-L. Kalb (diretto da), Procedura penale. Teoria e pratica del processo, cit., vol. II, p. 639.
12
Cfr. G. Dean, Gli atti, in AA.VV. (a cura di), Procedura penale, Torino, 2010, p. 167.
13
Ed infatti, vari tasselli normativi compongono un microsistema riconducibile ad una sostanziale unità di significati. Così
G. De Amicis, Appunti per una ricostruzione sistematica del diritto alla consultazione degli atti processuali, in Cass. pen., 1996, p. 982.
14
Si veda di recente Cass., sez. II, 3 aprile 2007, n. 15500, in Guida dir., 2007, 24, p. 65, secondo cui “L’art. 43 disp. att. c.p.p., nel
prevedere che, quando il diritto al rilascio di copie di atti è espressamente previsto, non è necessaria autorizzazione, implicitamente prevede che il
rilascio di copie possa avvenire anche quando non è espressamente previsto, sicché il rilascio di copie può essere autorizzato o negato sulla base
dell’esistenza di un interesse protetto dall’art. 116 c.p.p. Da ciò derivando che l’art. 116 c.p.p. consente il rilascio di copie anche nell’ipotesi di cui
all’art. 408, comma 3, c.p.p., ossia in favore della persona offesa avvisata della richiesta di archiviazione avanzata dal p. m.”.
15
Cfr. Cass., sez. un., 14 aprile 1995, n. 4, in Cass. pen., 1995, 2488, con nota di F. Fabbri, Il diritto al rilascio di copia degli atti
depositati nel giudizio di riesame fra la giurisprudenza delle Sezioni Unite e le modifiche normative. Con tale sentenza, la Corte affermò
che nelle procedure ex artt. 309 e 310 c.p.p. non sussiste un diritto della parte interessato ad ottenere de plano copia degli atti di
indagine. Come è noto, però, la questione affrontata dalla Corte fu risolta in limine per tabulas ad opera della legge 8 agosto
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zione della difesa e diritto alla copia, secondo la Corte, una lettura costituzionalmente orientata impone
una stretta correlazione tra i due profili, sicché «il deposito degli atti in cancelleria a disposizione della parti
deve comportare necessariamente, insieme al diritto di prenderne visione, la facoltà di estrarne copia» 16. Peraltro,
l’esigenza di segretezza addotta dalla giurisprudenza a sostegno di un diverso regime risulta “fuori
luogo” con riferimento alle ipotesi di deposito di atti senza contestuale riconoscimento del “diritto alla
copia”, poiché è irragionevole ritenere di poter tutelare meglio la riservatezza delle indagini inibendo a
quegli stessi soggetti che hanno accesso al fascicolo il diritto di estrarne copia 17.
GLI APPRODI GIURISPRUDENZIALI IN TEMA DI DIRITTO ALLA COPIA DELLA TRACCIA FONICA
Il percorso teso al riconoscimento del diritto alla copia degli atti si è sviluppato prevalentemente in
relazione al deposito delle intercettazioni ai fini della richiesta di applicazione di una misura cautelare.
Invero, nell’impianto codicistico originario, le captazioni rimanevano all’interno della sfera di cognizione del p.m. 18, impedendo al difensore di esercitare efficacemente il proprio ruolo. La manifesta violazione dei principi di cui agli artt. 24 e 111 Cost. ha condotto la Corte costituzionale 19 alla dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 268 c.p.p., nella parte in cui tale disposizione non prevede il
diritto del difensore dell’indagato ad ottenere la trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni di
conversazioni o comunicazioni intercettate ed utilizzate ai fini dell’adozione di una ordinanza cautelare
del medesimo provvedimento 20. Pur nella limitata portata della decisione, cd. “additiva di principio” 21,
la Corte ha irrobustito le prerogative della difesa, ma al tempo stesso ha lasciato fisiologicamente irrisolta la pratica attuazione del diritto nella dinamica processuale 22. Secondo la Corte, dunque, in mancanza dell’intervento peritale, il diritto alla copia della reale fonte di prova risulta «incondizionato», al
1995, n. 332, Modifiche al codice di procedura penale in tema di semplificazione dei procedimenti, di misure cautelari e di diritto di difesa.
L’attuale assetto normativo prevede esplicitamente per il difensore, fino al giorno dell’udienza, di esaminare gli atti e estrarne
copia. Si veda sull’argomento, G. Spangher, Commento all’art. 16 della l. n. 332/95, in G. Giostra (a cura di) La riforma della custodia
cautelare. Documenti Italia Oggi, II, 10 agosto 1995, p. 28.
16
La Corte costituzionale prosegue: «Al contenuto minimo del diritto di difesa, ravvisabile nella conoscenza degli atti depositati
mediante la loro visione, deve (…) accompagnarsi automaticamente, salvo che la legge disponga diversamente la facoltà di estrarne copia, al
fine di agevolare le ovvie esigenze del difensore di disporre direttamente e materialmente degli atti per preparare la difesa e utilizzarli nella
redazione di richieste, memorie, motivi di impugnazione».
17
Cosi G. Di Chiara, Deposito di atti e “ diritto alla copia”: prodromi del contraddittorio e garanzie difensive in una recente declaratoria
di incostituzionalità, in Giur. cost., 1997, p. 1889.
18
Cfr. V. Bosco, L’accesso della difesa alle intercettazioni telefoniche utilizzate in sede cautelare: un diritto davvero “incondizionato”?,
in Giur. it., 2012, 8/9, p. 1900 ss.
19
Corte cost., 23 settembre 2008, n. 336, in Guida dir., 2008,43, p. 59 ss.
20
Il p.m., infatti, poteva depositare a supporto della richiesta di misura cautelare, non le registrazioni ma solo i brogliacci,
ossia i verbali nei quali la polizia giudiziaria trascrive anche sommariamente il contenuto delle comunicazioni intercettate. La
Corte costituzionale, tuttavia, ritiene che l’ascolto diretto delle conversazioni non può mai essere surrogato dalla trascrizioni
eseguite senza contraddittorio dalla polizia giudiziaria, posto che l’accesso diretto alle registrazioni può essere necessario per
valutare l’effettivo significato probatorio. Non sussiste alcuna giustificazione per limitare l’accesso alle registrazioni delle
conversazioni intercettate; con la richiesta di applicazione della cautela le esigenze di segretezza del procedimento vengono
meno, sicché «la limitazione all’accesso alle registrazioni non è bilanciata da alcun altro interesse processuale riconosciuto dalla
legge». Si segnala, in senso contrario, L. Milani, Sul diritto del difensore all’ascolto e alla copia delle conversazioni intercettate poste a
fondamento di una misura cautelare (tra salvaguardia delle garanzie difensive e tutela della riservatezza), in Riv. it. dir. proc. pen., 2009, p.
926, secondo il quale sarebbe stato preferibile un «distinguo tra la facoltà di accesso auditivo alle registrazioni da parte del difensore e
possibilità di estrarne copia, limitandosi a riconoscere la disposizione impugnata in contrasto con i parametri evocati solo per la parte in cui
non prevede il diritto del difensore di ascoltare le registrazioni ed esaminare i verbali relativi alle conversazioni poste a fondamento di una
misura cautelare eseguita». Si veda anche A. Corbo, Il diritto di conoscere il contenuto integrale delle intercettazioni impiegate per un
provvedimento cautelare personale, in Cass. pen., 2009, p. 865; C. Santoriello, Diritto alla copia della traccia fonica: tanto rumore per
nulla, in Giur. it., 2011, 2/3, p. 716.
21
Cfr. L. Milani, Problemi aperti in tema di diritto del difensore ad ottenere la copia delle registrazioni di conversazioni o comunicazioni
intercettate poste a fondamento di una misura cautelare, in Cass. pen., 2010, p. 2759. Secondo l’A., l’enunciazione del principio della
Corte Costituzionale “difetta, …, di profili pratico-operativi, tali da renderlo self-executing”. Si veda anche F. Giunchedi, Rimedi
minimi a tutela del diritto di difesa, in Giur. it., 2011, p. 720.
22
Cfr. P. Gaeta, Le Sezioni Unite dopo l’intervento della Consulta dettano il decalogo della garanzia difensiva, in Guida dir., 2010, 28,
p. 79.
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punto da non apparire sufficiente l’applicazione della disciplina del combinato disposto degli artt. 116
c.p.p. e 43 disp. att. c.p.p., laddove subordina il rilascio di copia alla valutazione giudiziale 23. Nelle
trame del percorso argomentativo si rinviene, inoltre, la non ostensibilità per esigenze procedimentali,
quali la segretezza del materiale investigativo, al riconoscimento di un pieno diritto alla copia degli atti;
sicché «la limitazione all’accesso alle registrazioni non è bilanciata da alcun altro interesse processuale
riconosciuto dalla legge» 24.
La decisione della Corte Costituzionale ha prospettato un orizzonte problematico ben più ampio rispetto allo specifico tema delle intercettazioni: quello della generale facoltà di accesso da parte del difensore a tutto il materiale che nell’indagine viene “surrogato” dalla forma cartacea, onde consentire
una verifica circa l’effettiva “corrispondenza” con il dato probatorio oggettivo 25. Se l’ascolto diretto delle conversazioni non può essere surrogato dalle trascrizioni sintetiche dei brogliacci, l’esigenza di controllo del difensore si può prospettare anche in relazione ai verbali di sequestro del corpo del reato e ad
ogni verifica sui reperti. Dunque, l’accesso diretto al dato probatorio diviene cardine dell’esercizio difensivo e tale principio si estende anche ad ogni segmento formale che nell’incidente cautelare si frappone tra dato probatorio e “rappresentanza” grafica.
In attesa di un auspicato intervento legislativo, la giurisprudenza si era mostrata cauta nell’individuare conseguenze pratiche logicamente derivanti dall’astratto riconoscimento della sussistenza del diritto della difesa di ottenere la copia della traccia fonica delle intercettazioni del procedimento incidentale de libertate. Nel comporre le oscillazioni giurisprudenziali, le Sezioni Unite 26 hanno ricostruito, seppur non agevolmente 27, lo scenario procedurale in cui si colloca il diritto incondizionato del difensore
ad acquisire copia delle intercettazioni, elaborando un vero decalogo normativo 28.
Solo il difensore può richiedere la copia degli atti; risulta ardua 29, infatti, una interpretazione “espansiva” degli effetti della dichiarazione di illegittimità, in riferimento alla legittimazione attiva. Sebbene in talune occasioni, si è espressamente prevista la titolarità del diritto di copia in capo sia al difensore che all’indagato 30, nella materia delle intercettazioni di comunicazioni tale facoltà spetta al solo difensore. La scelta legislativa, di riservare l’accesso ai soli soggetti sottoposti a precisi doveri deontologici, risulta coerente con il principio di riservatezza 31.
La richiesta di copia, inoltre, deve essere azionata “tempestivamente”, ovvero entro un termine
“congruo” 32, tenendo conto delle esigenze di celerità tipiche del giudizio di riesame, nonché dell’eventuale complessità delle operazioni di duplicazione dei supporti 33. I giudici della Suprema Corte, dun-
23
Il precedente si rinviene nella sentenza delle Sezioni Unite, 3 febbraio 1995, n. 4, cit., che, «alla luce del canone ubi noluit tacuit» –
ha riconosciuto un vero e proprio diritto alla copia della parte richiedente nei soli casi di espressa previsione normativa.
24
Testualmente Corte cost., sent. 10 ottobre 2008, n. 336, cit. In dottrina, G. Sola, Le intercettazioni telefoniche tra “nuovi” assetti
cautelari e “diritto di difendersi provando, in Dir. pen. proc., 2010, p. 582.
25
Si veda P. Gaeta, Le Sezioni Unite dopo l’intervento della Consulta dettano il decalogo della garanzia difensiva, cit., p. 82.
26
Cass., sez. un., 22 aprile 2010, n. 20300, in Cass. pen., 2011, p. 482 ss.
27
Così S. Sau, Niente accesso alle intercettazioni se l’istanza del difensore non è tempestiva, in Dir. pen. proc., 2011, p. 321.
28
Cfr. P. Gaeta, Le Sezioni Unite dopo l’intervento della Consulta dettano il decalogo della garanzia difensiva, cit., p. 79 ss., secondo
cui la Cassazione ha svolto un “paziente lavoro di tessitura di norme e principi per rendere normativa e concreta l’affermazione del diritto
scaturita dai dicta della Consulta. Insomma, un esempio di sinergia necessaria del diritto giurisprudenziale”.
29
Secondo L. Milani, Sul diritto del difensore all’ascolto e alla copia delle conversazioni intercettate poste a fondamento di una misura
cautelare (tra salvaguardia delle garanzie difensive e tutela della riservatezza), cit., p. 921, sarebbe stato maggiormente idoneo estendere il diritto de quo pure all’indagato.
30
È il caso disciplinato dall’art. 415 bis c.p.p., in relazione all’avviso della conclusione delle indagini, ovvero quello regolato dall’art.
466 c.p.p., con riferimento agli atti e ai documenti raccolti nel fascicolo per il dibattimento durante il termine per comparire.
31
Cfr. contra, A. Corbo, Il diritto di conoscere il contenuto integrale delle intercettazioni impiegate per un provvedimento cautelare
personale, cit., p. 870.
32
La dottrina aveva prospettato diverse soluzioni per attribuire alle richieste difensore connotati di determinatezza temporale. Si veda L. Milani, Sul diritto del difensore all’ascolto e alla copia delle conversazioni intercettate poste a fondamento di una misura
cautelare (tra salvaguardia delle garanzie difensive e tutela della riservatezza), cit., p. 922, secondo cui era applicabile alla fattispecie de
qua il termine di 5 giorni previsto dall’art. 268, comma 4, c.p.p. per il deposito delle registrazioni una volta concluse le operazioni.
33
La Suprema Corte, infatti, ha ritenuto manifestamente tardiva una richiesta di copia avanzata a meno di quarantotto ore
dall’udienza di riesame, cfr. Cass., sez. I, 24 giugno 2010, n. 332571, in Dir. pen. proc., 2011, p. 321.
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que, pongono l’accento sulle cadenze temporali della richiesta di rilascio copie, nella prospettiva finalistica cui essa tende: esperire efficacemente tutti i rimedi previsti dalle norme processuali. Pertanto, perché l’eventuale inerzia del p.m. possa essere sanzionata, essa deve essere presentata in maniera tempestiva, valorizzando il dovere di lealtà che incombe sulle parti del processo 34.
Esercitato il diritto, l’autorità giudiziaria ha un obbligo di adempimento; in prospettiva organizzativa, dunque, il p.m., e per esso la segreteria, dovrebbe “prepararsi” tempestivamente alla richiesta della
difesa, anche alla luce dei progressi tecnologici che consentono l’acquisizione di copie di atti in pochi
minuti, tramite acquisizione del fascicolo telematico su pen drive ovvero su cd rom. Epperò, il limite posto dalla giurisprudenza, ovvero della compatibilità dell’istanza difensiva con le rigide scadenze temporali procedimentali, nella prassi incontra ulteriori limiti nella mancanza di adeguati strumenti tecnologici, nel ridotto numero di personale e nei ristretti tempi di apertura al pubblico delle segreterie– cancellerie. Si condivide, dunque, la perplessità di chi ritiene che non sono più i diritti del singolo a determinare le regole di svolgimento del processo penale ma le risorse, di cui l’amministrazione della giustizia dispone, ad individuare le facoltà difensive dell’accusato 35. D’altro canto, se il progresso tecnologico
tende (o almeno dovrebbe) verso il rispetto del diritto alla copia in tempi brevi, non può e non deve sottacersi l’esigenza della difesa di avere il tempo necessario a disposizione per studiare, onde sviluppare
le proprie argomentazioni difensive in modo coerente e responsabile 36.
L’individuazione di “limitazioni, condizioni, vincoli” costituisce le “matriosche” 37 del diritto di difesa, poiché possono prestarsi a differenti strumentalizzazioni collegate alle rispettive posizioni. Da un
lato, l’organo d’accusa può addurre difficoltà oggettive tecniche legate all’intempestività della richiesta;
di converso il difensore può presentare l’istanza in qualsiasi momento, lamentando l’inefficacia dell’Ufficio di Procura. Per impedire motivazioni standardizzate e di comodo 38, dunque, la giurisprudenza fa
leva sul dovere di lealtà incombente sulle parti.
Sul versante patologico, le Sezioni Unite individuano la specie di invalidità che si configura laddove
sia ingiustificatamente negata 39 la possibilità di copia. Esclusa la nullità del provvedimento cautelare
genetico, che risulta fondato su atti prodotti a sostegno della richiesta del pubblico ministero, ed esclusa
l’inutilizzabilità delle captazioni, non essendo l’ipotesi de qua contemplata dall’art. 271c.p.p. 40, i giudici
di legittimità individuano un vizio nel procedimento di acquisizione della prova per illegittima compressione del diritto di difesa; vizio che determina una nullità di ordine generale a regime intermedio
ex art. 178 lett. c), soggetta a regime, deducibilità e sanatorie di cui agli artt. 180, 182 e 183 c.p.p. 41.
La giurisprudenza successiva si è uniformata a tali principi di diritto, sebbene abbia circoscritto ulteriormente le ipotesi nelle quali sia ravvisabile una lesione del diritto di difesa sanzionato con la nullità 42.
34
Cosi Cass., sez. VI, 7 maggio 2009, n. 19150, in Dir. pen. proc., 2010, p. 575: “L’interesse della difesa a conoscere le registrazioni
poste alla base del provvedimento eseguito … non integra una regola che possa invalidare l’epilogo della richiesta cautelare”.
35
Si veda C. Santoriello, Diritto alla copia della traccia fonica: tanto rumore per nulla, cit., p. 716.
36
Così C. Santoriello, Diritto alla copia della traccia fonica: tanto rumore per nulla, cit., p. 716; si veda Cass., Sez. VI, 6 novembre
2014, n. 48649, in CED Cass., n. 261085, secondo cui il diritto del difensore della persona sottoposta a provvedimento limitativo
della libertà personale ad avere copia (cartacea o digitale) delle registrazioni delle intercettazioni può essere limitato, mai
nell’an, ma solo nel quando, in ragione di difficoltà obbiettivamente riscontrabili – di natura tecnica piuttosto che organizzativa,
dipendenti dal numero degli atti o dei file da ricercare e duplicare, dalla difficoltà di individuare le captazioni da riprodurre o
altro – di cui l’inquirente è tuttavia tenuto a fornire adeguata giustificazione, suscettibile di verifica da parte del Gip e,
soprattutto, del Collegio investito del giudizio di riesame.
37
Il termine è utilizzato da D. Bedeschi, Nuovi obblighi del pubblico ministero per soddisfare il diritto del difensore ad accedere alla
registrazioni di suoi o immagini in vista del giudizio di riesame, in Proc. pen. giust., 2012, 3, p. 90.
38
Così D. Cenci, La prova per intercettazione tra resistenze della prassi e diritto assoluto della difesa alla conoscenza degli atti, in Giur.
it., 2011, p. 722. Sul rischio dell’adozione di formule di stile si veda G. Magliocca, Violazione del diritto di accesso alle registrazioni
delle conversazioni intercettate e “sorte “del giudizio di riesame, in Giust. pen., 2011, III, c. 404.
39
Cfr. A. Spinelli, Intercettazioni e difesa: il diritto alla copia delle registrazioni nel procedimento de libertate, in Dir. pen. proc., 2012,
6, p. 563 ss., secondo cui “ l’ingiustizia del diniego risiede, nella maggior parte dei casi, nell’assenza di ostacoli, per così dire, burocratici
all’ostensione dei file richiesti”.
40
Così anche Cass., sez. fer., 10 settembre 2009, n. 37151, in Arch. n. proc. pen., 2010, p. 783.
41
Si veda Cass., sez. I, 10 novembre 2009, n. 44226, in CED Cass.,n. 245688; Cass., Sez. II, 7 luglio 2010, n. 32490, in Giur. it.,
2011, I, p. 180 ss., con nota di E.N. La Rocca, Prova per intercettazione e tutela sostanziale del diritto di difesa.
42
Si veda Cass., sez. VI, 22 ottobre 2014, n. 53425, in Cass. pen., 2015, 12, p. 456, secondo cui nel procedimento di appello ex
art. 310 c.p.p., la nullità o l’inutilizzabilità delle risultanze delle video riprese di cui il difensore non abbia ottenuto il rilascio di
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E dunque, a fronte di un diritto del difensore di ottenere la copia degli atti, dichiarato incondizionato,
fa seguito una costruzione esegetica elastica, cedevole e discrezionale che tradisce quanto affermato
dalla Corte costituzionale.
La mera conoscenza degli atti depositati dal p.m., non accompagnata dal diritto di estrarre copia,
rappresenta una ingiustificata limitazione del diritto di difesa, tenuto conto che la disciplina limitativa
non trova ragione né nell’esigenza di riservatezza, superata dall’esecuzione della misura, né nel timore
che le operazioni di rilascio delle copie possano interferire con i termini rapidi e vincolanti. La finalità è
quella di garantire l’attuazione del diritto di difesa, ponendo il difensore in condizioni di avere piena
cognizione degli elementi a disposizione dell’accusa al fine di adottare, consapevolmente, le strategie
difensive più efficaci 43.
LA SOTTOVALUTAZIONE CULTURALE DEL DIRITTO DI DIFESA: PROSPETTIVE
Con la sentenza che si annota, la Suprema Corte mortifica le prerogative difensive, non riconoscendo
all’imputato il diritto all’estrazione della copia degli atti. La pronuncia si inserisce nel trend che eleva il
rispetto del diritto di difesa a mero orpello formale, consentendo al sistema di essere conforme al modello legale e sovranazionale, senza poi garantire un effettivo esercizio del diritto compromesso da esigenze non meritevoli di un giudizio di bilanciamento.
Appare, inoltre, inopportuna la valutazione in termini negativi compiuta dalla Suprema Corte circa
il rifiuto del difensore ad un rinvio ad horas per la consultazione degli atti 44. In linea di principio il breve
rinvio non consente un’efficace e corretto esercizio dell’attività professionale. Vieppiù, nel caso di specie gli atti erano contenuti in un dvd. Il difensore, dunque, nel breve arco temporale, avrebbe dovuto
avere un pc a disposizione, ovvero trovarlo, ed eventualmente stampare e studiare gli atti.
Tali argomentazioni risultano in linea con la tendenza ad irrigidire la posizione assunta dalla giurisprudenza di legittimità in materia di leale collaborazione del difensore 45, tesa ad una responsabilizzazione della difesa allo scopo di semplificare le procedure dirette alla formazione del contraddittorio, riducendo così possibili pratiche dilatorie 46. La sensazione è che tale nobilissimo principio venga esasperato ed applicato indistintamente, senza una previa valutazione delle circostanze di fatto del singolo caso.
Ed invero, le esigenze di rispetto delle scadenze temporali non possono incidere sulle scelte difensive al punto da annientare il diritto di difesa 47. Ciò si risolverebbe in un mero contraddittorio formale,
ove la difesa è a conoscenza dell’attività processuale svolta dal p.m., ma in prospettiva sostanziale non
è posta nelle condizioni di argomentare. Solo seguendo una logica di apparente salvaguardia delle garanzie, si può affermare che il diritto di difesa è garantito dal mero accesso alla cancelleria.
In sostanziale continuità con precedenti sentenze, tese a condizionare il diritto alla copia degli atti ad
altri fattori, temporali e burocratici, la decisione in commento riduce gli spazi applicativi dell’esercizio
copia in tempo utile per la discussione del giudizio presuppone che l’istanza sia stata non solo ritualmente e tempestivamente
presentata al p.m., ma anche corredata dal materiale tecnico necessario su cui riversare le registrazioni. In senso conforme,
Cass., sez. VI, 24 novembre 2011, n. 43654, in CED Cass., n. 250850; Cass., sez. VI, 25 ottobre 2011, n. 38673, in Cass. pen., 2012,
p.1406, con nota di G. Colla, È onere del difensore informarsi dell’esito dell’istanza di audizione delle registrazioni delle intercettazioni in
vista dell’udienza di riesame.
43
L. Kalb, Solo l’ascolto diretto del “captato” assicura un pieno diritto di difesa, in Guida dir., 2008, 11,43, p. 66.
44
Il rinvio ad horas evoca la problematica connessa all’ipotesi disciplinata dall’art. 97, comma 4 c.p.p., cui non si applica l’art.
108 c.p.p. sul termine a difesa, come stabilito anche dalla Corte costituzionale, in diverse pronunce. Si veda Corte cost., sent. 30
dicembre 1997, n. 450, in Giur. cost., 1997, p. 3993; Id., sent. 8 maggio 1998, n. 162, in Giur. cost., 1998, p. 1410; Id. sent. 20 gennaio
2006, n. 17, in Giur. cost., 2006, p. 1. La norma sul termine a difesa dovrebbe consentire al difensore sostituto una difesa meditata
e attribuisce al nuovo difensore dell’imputato, subentrato per rinuncia, revoca, abbandono o incompatibilità, ad ottenere un
congruo termine non inferiore a sette giorni, per prendere visione degli atti. Tale situazione tipizzata dal legislatore, calata nella
prospettiva d’indagine, non appare dissimile da quella dell’originario difensore che non abbia potuto prendere cognizione degli
atti, quanto a necessità di garantire l’effettività nell’esercizio del diritto di difesa. Per un commento si veda T. Bene, Il difensore
d’ufficio: profili sistematici e prospettive di riforma, Napoli, 2012, p. 181 ss.
45
Si veda Cass., sez. un., 27 gennaio 2011, n. 22242, in CED Cass., n. 249651, secondo cui “se il processo penale è contraddistinto
dalla dialettica delle parti, la lealtà del difensore diventa un canone di regolarità della giurisdizione”.
46
Cfr. E. Bassi, Un ulteriore passo in avanti nella semplificazione degli avvisi urgenti al difensore,in Cass. pen., 2003, p. 1290.
47
Si veda K. La Regina, Avviso al difensore, leale collaborazione e diritto di difesa, in Giur. it., 2015, 5, p. 1248.
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consapevole dell’attività difensiva. Sarebbe opportuno, invece, mutuando le argomentazioni sostenute
dalle Sezioni unite con la sentenza Lasala 48, prevedere la nullità di ordine generale a regime intermedio
del materiale di cui il difensore non ha avuto la materiale copia; invalidità, dunque, che non inficia
l’efficacia del provvedimento cautelare adottato, ma solo le risultanze delle indagini sulla base delle
quali il Tribunale del riesame fonda la propria decisione. Come sostenuto in diverse pronunce 49, alla
regressione del procedimento alla fase processuale in cui è stato compiuto l’atto nullo ex art. 185 c.p.p.,
consegue un nuovo giudizio di riesame, svincolato dai termini perentori di cui al 309, comma 10 c.p.p.
In alternativa, il difensore previdente e consapevole dell’eventualità che, per diverse ragioni, sarà
difficile ottenere il materiale in tempo per l’udienza di riesame, dovrebbe attivare la nuova procedura
di differimento dell’udienza, introdotta al comma 9 bis dell’art. 309 del codice di rito dalla legge n.
47/2015 50.
Sin dalla prima formulazione 51, il differimento è stato inteso quale strumento per la difesa per “prepararsi meglio chiedendo termine”, e per consentirle di dar seguito ad una eventuale tempestiva richiesta
di accesso alle registrazioni delle conversazioni intercettate. Risulta evidente come la Commissione
Canzio intendesse porre rimedio alle prassi devianti citate relative alla persistente difficoltà di ottenere
copia della traccia fonica. La norma 52, dunque, cerca un adeguato bilanciamento tra il diritto del soggetto privato della libertà ad un celere controllo sulla legalità della detenzione 53 e il diritto ad una difesa effettiva 54, garantito all’imputato e al suo difensore dalla possibilità di fruire del tempo necessario ad
un’adeguata analisi del materiale trasmesso ex art. 309, comma 5, c.p.p., nonché sufficiente ad una
compiuta predisposizione della linea difensiva. Ed infatti, l’imputato 55, entro due giorni dalla notificazione dell’avviso, può chiedere il differimento dell’udienza da un minimo di cinque ad un massimo di
dieci giorni in presenza di “giustificati motivi”, a cui segue, di riflesso, una proroga dei termini per decidere e depositare l’ordinanza. Dunque, la tempistica del riesame appare permeata dalla ragionevolezza di predisporre una difesa più consapevole, con positivi riscontri sui contenuti del contraddittorio
camerale 56. Nel fornire un’interpretazione dei “giustificati motivi”, la Suprema Corte ha avuto l’occa-
48
Cass., sez. un., 22 aprile 2010, n. 20300, cit.
49
Cass., Sez. VI, 14 dicembre 2011, n. 46536, in Dir. proc. pen., 2012, 5, p. 559.
50
Per una ricostruzione organica della riforma si veda L. Giuliani (a cura di), La riforma delle misure cautelari personali, Torino,
2016; T. Bene, Il rinnovamento delle misure cautelari. Analisi della legge n. 47 del 16 aprile 2015, Torino, 2015.
51
Si veda la relazione finale della Commissione Canzio, del 14 luglio 2013, in www.dirittopenalecontemporaneo.it, secondo cui i
vantaggi del differimento potevano essere anche individuati nella possibilità per il Tribunale nei casi di particolare complessità
di effettuare una “valutazione autonoma e adeguatamente approfondita”. La Commissione Canzio era stata istituita con decreto
del 10 giugno 2013 presso l’Ufficio legislativo del Ministero della Giustizia.
52
La norma si applica anche al riesame delle misura cautelari reali, in forza del rinvio operato dall’art. 324 ai commi 9 e 9 bis
dell’art. 309. Per una analisi sulla natura del rinvio si veda G. Spangher, Quel “pasticciaccio brutto” di piazza Cavour. Le Sezioni
unite sul riformato riesame cautelare reale, in ilpenalista.it, 12 aprile 2016; Id., Il comma 10 dell’art. 309 si applica al riesame cautelare
reale, in Dir. pen. proc. 2015, 10, p. 1280.
53
Così come consacrato dall’art. 5 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali, nonché dall’art. 9 del Patto internazionale sui diritti civili e politici. Sul punto si veda P. Spagnolo, Il tribunale della
libertà: tra normativa nazionale e normativa internazionale, Milano, 2008, p. 49 ss. Secondo l’Autrice, infatti, l’art. 5 par. 4 CEDU
impone un sistema giurisdizionale di controllo sulla legalità della detenzione, anche in relazione al merito del provvedimento,
in cui siano assicurati il contraddittorio e la parità delle armi.
54
Si veda B. Romanelli, Il differimento dell’udienza di riesame tra esigenze di difesa sostanziale e limiti all’impugnazione, in www.
penalecontemporaneo.it, 8 giugno 2016.
55
In seno alla commissione Giustizia del Senato, era stata avanzata la proposta di attribuzione della legittimazione a
chiedere il differimento dell’udienza anche in via officiosa in capo al giudice, per la complessità del caso e del materiale
probatorio. La proposta, però, è stata soppressa alla Camera, nel tentativo di tutelare la libertà personale dell’imputato e di
garantire la sicurezza della collettività. All’indomani dell’entrata in vigore della legge, tuttavia, alcuni Autori hanno
segnalato l’inopportunità di tale previsione, poiché l’intervento dilatorio ex officio non sarebbe stato solo funzionale alle
esigenze del collegio, ma avrebbe riverberato i propri effetti positivi sulla concreta possibilità di una valutazione critica dei
provvedimenti impugnati e sull’accuratezza della decisione, con un indiretto beneficio anche delle ragioni difensive. Si veda
P. Borrelli, Una prima lettura delle novità della legge 47 del 2015 in tema di misure cautelari personali, in www.penalecontem
poraneo.it, 3 giugno 2015, p. 28.
56
Così P. Maggio, I controlli, in T. Bene (a cura di), Il rinnovamento delle misure cautelari. Analisi della legge n. 47 del 16 aprile
2015, cit., p. 108.
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sione per ricondurli nell’ambito delle esigenze funzionali all’esercizio in concreto del diritto di difesa
tecnica e, di riflesso, personale, condividendo, peraltro, le indicazioni fornite dalla dottrina 57. In particolare, i giudici di legittimità enucleano quali ipotesi di giustificato motivo le esigenze di «studio del
materiale indiziario» e di «raccolta di prove della difesa» 58.
Se la giurisprudenza, dunque, tende a ridimensionare e a condizionare l’esercizio del diritto di difesa, l’avvocato dovrà necessariamente “usufruire” di tali escamotage per garantire l’effettivo e consapevole esercizio difensivo, pur sacrificando, per un tempo maggiore, la libertà personale dell’imputato, sottoposto a misura cautelare personale.
57
Cfr. G. Spangher, Un restyling per le misure cautelari, in Dir. pen. proc., 2015, 5, p. 532. L’A., elaborando una mera semplificazione, ritiene che tali ragioni possano essere costituite dalla grande quantità del materiale posto a fondamento dell’ordinanza cautelare; dalla necessità di sviluppare una più penetrante attività difensiva rispetto a quanto esplicitato in sede di interrogatorio di garanzia; dalla esigenza di completare lo svolgimento di indagini private; dalla finalità di valutare l’(eventuale)
materiale sopravvenuto trasmesso al collegio del pubblico ministero, ovvero da impedimenti personali (fisici o psicologici).
58
Cass., sez. VI, 3 marzo 2016, n. 13049, in CED Cass. n. 266189; Cass., sez. VI, 24 marzo 2016, n. 12556, in Dir. e giustizia, 2016,
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