sommario cartella stampa - Gallery

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sommario cartella stampa - Gallery
sommario cartella stampa
Milano,
Museo del Novecento
22 ottobre 2014
15 marzo 2015
Comunicato stampa
Scheda informativa
Colophon
Testo istituzionale
Filippo Del Corno
Il cielo in una stanza.
La Struttura al Neon di Fontana
e Pigment pur di Klein al Museo
del Novecento
Marina Pugliese
Universi paralleli.
Yves Klein e Lucio Fontana
Silvia Bignami, Giorgio Zanchetti
Biografie essenziali
Elenco delle opere in mostra
Scheda catalogo
main sponsor
Klein Fontana
Milano Parigi 1957—1962
a cura di Silvia Bignami e Giorgio Zanchetti
Milano,
Museo del Novecento
22 ottobre 2014
15 marzo 2015
Apre al Museo del Novecento Yves Klein Lucio Fontana. Milano Parigi 1957-1962, una
mostra che per la prima volta si snoda oltre lo spazio espositivo della manica lunga che ospita
abitualmente le esposizioni temporanee, occupando alcune delle sale più rappresentative della
collezione permanente: quelle già ‘fontaniane’ della Struttura al neon del 1951 e dei Concetti spaziali
– riformulate in un nuovo allestimento per accogliere in uno stretto confronto visivo anche le opere di
Klein – la saletta video, la sala Focus e gli Archivi Ettore e Claudia Gian Ferrari.
Le mostre del Museo del Novecento sono rese possibili grazie alla sensibilità degli sponsor
Bank of America Merrill Lynch e Finmeccanica.
Organizzata in collaborazione con la Fondazione Lucio Fontana di Milano e con gli Archives
Yves Klein di Parigi e prodotta dal Museo del Novecento con Electa, curata da Silvia Bignami e
Giorgio Zanchetti dell’Università degli Studi di Milano, l’esposizione indaga secondo una prospettiva
inedita il percorso parallelo – tra il 1957 e il 1962, tra Milano e Parigi – di Yves Klein (1928-1962) e
Lucio Fontana (1899-1968), nella piena autonomia dell’originalità artistica di ciascuno. La loro vicenda
creativa, intrecciata a un sorprendente legame personale, è raccontata attraverso oltre 90 opere e
una ricchissima documentazione di fotografie, filmati d’epoca e carte d’archivio grazie a prestiti
importanti da musei italiani e stranieri: tra gli altri, il Mnam - Centre Georges Pompidou (da cui
arriva una grande Anthropométrie di Klein mai esposta in Italia), il Mamac di Nizza, il Kaiser Wilhelm
Museum di Krefeld, il Louisiana di Humlebæk, la Gam di Torino e la Gnam di Roma.
Nel gennaio 1957 Yves Klein tiene la prima personale di monocromi blu alla Galleria
Apollinaire di Milano (Proposte monocrome. Epoca blu) con una presentazione di Pierre Restany. Dino
Buzzati nella straordinaria recensione Blu Blu Blu racconta la mostra di questo “fenomeno” venuto da
Parigi. Nell’occasione, Lucio Fontana è tra i primi acquirenti di un monocromo dell’artista francese e
diventerà nei primi anni Sessanta, uno dei suoi più importanti collezionisti in Italia.
Tra gli episodi significativi del loro rapporto sono documentati i contatti di Klein con
galleristi e amici di Fontana (oltre a Guido Le Noci e Dino Buzzati, Peppino Palazzoli, che già nel
maggio 1957 presenta alla Galleria Blu le collezioni private di Fontana e Bruno Munari e che sarà il
primo acquirente di una Zone de sensibilité picturale immatérielle di Klein); un invito di Fontana
a Klein per il progetto, non realizzato, di un’“architecture de l’air” da presentare alla XII Triennale
di Milano, nel 1960; il ruolo dell’esuberante Iris Clert che, oltre alle numerose mostre di Klein (la più
nota è Le Vide, inaugurata il 28 aprile 1958), presenta nel 1961 le Nature di Fontana nella sua galleria
parigina; i viaggi in Italia di Klein, tra cui i pellegrinaggi al Santuario di Cascia – dove dedica a Santa
Rita un meraviglioso Ex-voto, presente in mostra – e i soggiorni parigini di Fontana che lo lanciano
definitivamente sulla scena internazionale.
Le ricerche dei due artisti dialogano lungo un itinerario che – sviluppandosi secondo una
puntuale ricostruzione biografica e storico-filologica – mette a confronto le loro opere principali
main sponsor
attraverso accostamenti tematici e visivi, affidati a soluzioni espositive progettate ad hoc.
Ne è un esempio il colloquio immaginario tra il segno del neon di Fontana del 1951 – snodo
fondamentale della collezione permanente – e la riproposizione della grande installazione di
Pigment pur, presentata nel maggio del 1957 alla Galerie Colette Allendy di Parigi.
Le aperture spaziali di Fontana (fisiche e concettuali) trovano corrispondenza nel procedere
di Klein dal monocromo al vuoto. Entrambi evocano uno spazio immateriale, cosmico o spirituale,
facendo un riferimento storico all’oro della pittura medievale e al blu di Giotto, ma anche impiegando
direttamente elementi naturali quali la luce, il fuoco e l’aria, oppure ispirandosi alle suggestioni di
immagini astronomiche.
Durante i 5 mesi di apertura sono previste iniziative ed eventi collaterali per avvicinare
il pubblico ai temi della mostra e ai percorsi creativi degli artisti. Tra questi il 17 novembre 2014,
presso l’Auditorium di Milano di Largo Gustav Mahler, l’Orchestra Verdi, diretta da Roland Dahinden,
eseguirà la Symphonie monoton-silence di Yves Klein – un unico accordo continuo tenuto per venti
minuti e seguito da venti minuti di silenzio – che ha accompagnato alcuni dei momenti culminanti
della sua arte, come la realizzazione delle Anthropométries.
main sponsor
SCHEDA INFORMATIVA
Main Sponsor
Bank of America Merrill Lynch
Finmeccanica
Sede
Museo del Novecento, via Marconi 1, Milano
Titolo
Klein Fontana. Milano–Parigi, 1957-1962
Ufficio stampa
Comune di Milano
Orari
lunedì 14.30 – 19.30
martedì, mercoledì, venerdì e domenica 9.30 – 19.30
giovedì e sabato 9.30 – 22.30
Elena Conenna
[email protected]
Tel. 02.88453314
Electa
Ilaria Maggi
[email protected]
Tel. 02.71046250
Biglietto
intero 10 €
ridotto 8 €
adulti oltre i 65 anni; studenti universitari
e accademie; dipendenti dell’amministrazione comunale
ridotto 5 €
funzionari delle Soprintendenze; giornalisti accreditati dopo
il 27 ottobre; cittadini tra i 13 e 25 anni; iscritti ad associazioni
riconosciute a livello locale e nazionale aventi nelle proprie
finalità la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale,
storico monumentale, naturalistico e ambientale; insegnanti
accompagnate da scolaresche, studiosi accreditati
gratuito
ragazzi fino ai 12 anni; giornalisti per i primi 10 giorni
dall’inaugurazione; membri dell’ICOM; guide turistiche ed
interpreti accompagnatori di gruppi; portatori di handicap;
possessori di card OttoNoveCento.
Info
Tel. 02.88444061
www.museodelnovecento.org
Visite guidate
Civita
Info e prenotazioni
Tel. 02.43353522
[email protected]
main sponsor
Responsabile comunicazione
Monica Brognoli
[email protected]
Tel. 02.71046456
Museo del Novecento
Francesco Lucchini
[email protected]
Organizzazione, comunicazione e catalogo
ELECTA
Colophon
Yves Klein Lucio Fontana
Milano Parigi 1957 – 1962
Milano, Museo del Novecento
22.10.2014 – 15.03.2015
Sindaco
Giuliano Pisapia
Direttore
Marina Pugliese
Assessore alla Cultura
Filippo Del Corno
Coordinamento amministrativo
e organizzativo
Annamaria Bagarini
Direttore Centrale Cultura
Giulia Amato
Ufficio stampa
Elena Maria Conenna
Conservatori
Danka Giacon
Iolanda Ratti
Responsabile sponsorizzazioni
e acquisizioni
Stefania Audenino
Referente didattica
Maria Elena Santomauro
Ufficio prestiti, Archivio iconografico,
Archivi e Biblioteca
Ignazio Amuro
Maria Grazia Conti
Dionigi Tresoldi
Ufficio comunicazione
Francesco Lucchini
Referente manutenzione
Loris Vendramini
Amministrazione e contabilità
Rosa Pisani
Tina Trentadue
Segreteria
Maria Elena Pizzi
Laura Tommencioni
Gestione depositi
Emanuele Beda
Antonietta Broggio
Servizio civile
Eleonora Bedon
Nadia Puricelli
Marta Toma
Comitato scientifico
Marina Pugliese
Piergiovanni Castagnoli
Flavio Fergonzi
Danka Giacon
Maria Grazia Messina
Antonello Negri
Iolanda Ratti
Paola Zatti
main sponsor
Mostra a cura di
Silvia Bignami
Giorgio Zanchetti
In collaborazione con
Yves Klein Archives
Fondazione Lucio Fontana
Direzione mostra
Anna Grandi
Roberto Cassetta
con
Chiara Brighi
Catalogo
Carlotta Branzanti
Ufficio stampa e comunicazione
Monica Brognoli
Ilaria Maggi
con
Marta Santomauro
Immagine coordinata di mostra
e progetto del catalogo
Designwork
Artemio Croatto
con
Chiara Caucig
Progetto di allestimento
della mostra
Top Tag
Ringraziamenti
Valentina Balzarotti Barbieri, Elena
Bertolaso, David Bordes, Véronique
Borgeaud, Justin Brancato, Paolo Campiglio,
Michele Casamonti, Sergio Casoli, Francesco
Clerici, Stefania Colonna Preti, Giorgia
Dalla Pietà, Andrea Dall’Asta S.J., Sébastien
Gokalp, Claudia Grisanti, Laura Guidetti,
Giulia Guzzini, Laura Iamurri, Choghakate
Kazarian, Shelley Lee, Maria Eugenia Le
Noci, Dario Maccari, Miranda MacPhail,
Manuela Magliano, Barbara Mantovani,
Alberto Marchesini, Ada Masoero, Melina
Mulas, Pier Luigi Mulas, Valentina Mulas,
Antonello Negri, Luca Pietro Nicoletti,
Antonella Ortelli, Carla Pellegrini, Francesca
Piccolboni, Fulvio Porena, Alessandra
Pozzati, Viviana Pozzoli, Luca Quartana,
Fabio Roversi Monaco, Paolo Rusconi,
Evan Ryer, Alberto Saibene, Rossella Savio,
Christina Schenk, Iris Schmeisser, Marta
Sironi, Roberta Sommariva, Emilio Stracchi,
Federico Torra, Silvia Vacca, Lorenzo Viganò,
Carmela Vilardo, Maria Villa, Valentina
Zucchetti e tutti i prestatori che hanno
generosamente contribuito alla mostra
un ringraziamento particolare a
Enrico Crispolti, Jacopo Galimberti,
Tommaso Trini.
Main sponsor del Museo
del Novecento
Supporting sponsor
Articolarte
main sponsor
Prestatori
Milano, Fondazione Lucio Fontana
Stoccarda, Staatsgalerie
Krefeld, Leihgabe Collection Adolf
Luther Stiftung
Krefeld, Kunstmuseen, Kaiser Wilhem
Museum
Humlabæk, Louisiana Museum
of Modern Art
Parigi, Centre Pompidou, Musée
national d’art moderne – Centre
de création industrielle
Zurigo, Kunsthaus
Parigi, Musée d’art modern de la ville
Torino, Fondazione per l’arte moderna e
contemporanea – CRT, in comodato
presso la Galleria Civica d’Arte
Moderna e Contemporanea di Torino
Hannover, Alhers Collection
Cascia, Monastero di Santa Rita
Milano, Fondazione Prada
Parma, Università degli Studi, CSAC
Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna
Roma, Università degli Studi
“La Sapienza”, Museo di Mineralogia
Milano, CASVA – Fondo Luciano
Baldessarri
Milano, Archivio Storico – La Triennale
di Milano. XII Triennale di Milano
Milano, Galleria Blu
Milano, Editoriale Domus S.p.A.
Milano, Archivio storico della
Fondazione Culturale San Fedele
Parigi, Centre Pompidou, Bibliothèque
Kandinsky, Fonds General e Fonds
Iris Clert
Milano, Archivio Storico U. Hoepli
Lissone, Famiglia Artistica Lissonese
Milano, Fondazione Guido Lodovico
Luzzatto
Milano, Università degli Studi,
Centro Apice
Milano, Civica Biblioteca d’Arte
Milano, Soprintendenza archivistica
per la Lombardia
RAI Teche
Bologna, Collezioni d’arte e di storia della
Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna
Testo istituzionale
Milano,
Museo del Novecento
dal catalogo della mostra
22 ottobre 2014
15 marzo 2015
La mostra “Yves Klein Lucio Fontana, Milano Parigi 1957-1962” è uno degli appuntamenti principali del
palinsesto espositivo e culturale “Milano cuore d’Europa”, programmazione che in occasione del semestre di
presidenza italiana dell’Unione Europea proporrà in città una serie di iniziative dedicate ad alcuni importanti
artisti fortemente rappresentativi della complessa, affascinante e molteplice identità europea.
Klein e Fontana sono due protagonisti della scena artistica del secondo dopoguerra e il loro rapporto,
indagato nella mostra al Museo del Novecento e testimoniato dalla ricca documentazione pubblicata in questo
catalogo, si snoda lungo la traiettoria che lega Milano e Parigi, attraverso amicizie personali, collezionisti,
intellettuali, attraverso le gallerie e i mercanti che nelle due città lavorano.
A Milano, Yves Klein espone per la prima volta nel 1957 alla Galleria Apollinaire, una delle gallerie
milanesi che negli anni cinquanta non solo si rivolgono al contesto nazionale ma guardano con attenzione a
cosa accade oltralpe, portando in città le nuove sperimentazioni artistiche francesi e tedesche. Proprio in questa
circostanza Lucio Fontana acquista un’opera dell’artista francese. A Parigi la gallerista Iris Clert, oltre alle
numerose mostre di Klein, presenta le opere di Fontana che lanciano definitivamente l’artista italo argentino, ma
milanese d’adozione, sulla scena internazionale.
Questa mostra nasce grazie alla preziosa collaborazione con la Fondazione Lucio Fontana e gli Archives
Yves Klein di Parigi, depositari delle eredità dei due artisti.
A sottolineare la centralità di questo progetto nel palinsesto, il logo di “Milano cuore d’Europa” è stato
scelto proprio l’Arengario con il suo arabesco luminoso, la Struttura al Neon realizzata da Lucio Fontana per la
IX Triennale di Milano del 1951, e ora installato nelle sale del Museo del Novecento e divenuto riferimento per
piazza Duomo, centro della città.
Filippo Del Corno
Assessore alla Cultura
main sponsor
Il cielo in una stanza.
La Struttura al Neon di Fontana
e Pigment pur di Klein al Museo
del Novecento
Milano,
Museo del Novecento
22 ottobre 2014
15 marzo 2015
Marina Pugliese
dal catalogo della mostra
La sala centrale del Museo del Novecento, dedicata in permanenza all’artista italo-argentino, ospita
un insolito dialogo: sotto l’arabesco in neon realizzato nel 1951 per la IX Triennale sarà allestito Pigment pur,
un’installazione di pigmento blu oltremare realizzata da Klein dal 14 al 23 maggio 1957 per la mostra personale
presso la galleria Colette Allendy di Parigi.
Il dialogo è motivato dall’interesse che entrambi gli artisti svilupparono nel rapporto con lo spazio e con
il vuoto. Un ulteriore elemento di collegamento tra le due opere è dato dall’utilizzo in entrambe del colore blu.
La Struttura al neon, un arabesco di luce fluorescente di circa cento metri, si stagliava in origine su un fondo blu,
presumibilmente a richiamare il colore dello spazio siderale. Alcuni bozzetti esposti in mostra, opera di Luciano
Baldessari, illustrano il complesso programma decorativo studiato dall’architetto in collaborazione con Marcello
Grisotti per lo scalone della Triennale.
Il progetto complessivo di Baldessari prevedeva interventi di varia natura commissionati a più artisti:
oltre al neon di Fontana, un altorilievo in ceramica di Antonia Campi sotto il neon con un pannello di Giuseppe
Ajmone alla base e un pavimento colorato in resina sintetica di Attilio Rossi al pianterreno.
I bozzetti a china e collage mostrano chiaramente la tavolozza di colori e forme pensata da Baldessari per
lo scalone, con diverse prove di colore per la parte di soffitto retrostante la luce del neon con tonalità dall’azzurro
all’oltremare tra cui una indicata come “Giotto”, presumibilmente riferita al colore del soffitto della cappella
degli Scrovegni di Padova; analogamente, Pierre Restany si riferirà agli “affreschi di Assisi” nel testo scritto per
la personale di Klein Proposte monocrome. Epoca blu del gennaio 1957 presso la Galleria Apollinaire di Milano.
Un dépliant pubblicitario della resina Vipla, realizzato in occasione della IX Triennale e illustrato da
immagini in bianco nero poi colorate in stampa, attesta la presenza di un fondo blu dietro all’arabesco al neon.
La Struttura al neon non era la prima occasione in cui Fontana si rapportava in modo sperimentale con
lo spazio: due anni prima, sempre a Milano, presso la Galleria del Naviglio l’artista aveva allestito dal 5 all’11
febbraio 1949 l’Ambiente nero, un oggetto oblungo in cartapesta dipinto con colori fluorescenti, illuminato
nel buio da una luce di Wood. L’opera rappresentava la concretizzazione di un’arte nuova data attraverso
l’abbandono di pratiche artistiche già note e il passaggio dall’opera tradizionale “alla pura immagine aerea,
universale, sospesa” come sostenuto nel manifesto Spaziali del 1947.
Nonostante la consapevolezza con cui l’artista concepì un nuovo medium artistico, riuscendo anche,
con la scelta del titolo, a definirne l’essenza, la ricezione dell’opera non ebbe riverberi internazionali e solo una
rivista di architettura quale “Domus” dedicò all’opera una copertina.
Il trait d’union tra due opere formalmente molto diverse quali l’Ambiente nero e la Struttura al neon è
dato dall’utilizzo di materiali innovativi – la luce di Wood e la luce fluorescente – e sopratutto dalla attenzione
per lo spazio, inteso come spazio espositivo e come spazio siderale. Il principale polo di interesse extra
artistico di Fontana era infatti rappresentato dalla scienza. Nel manifesto Spaziali del 1947 aveva sostenuto
che “Gli artisti anticipano gesti scientifici, i gesti scientifici provocano sempre gesti artistici”. E proprio per la
main sponsor
comprensione dell’utilizzo dell’aggettivo spaziale sono necessari una serie di approfondimenti in relazione alla
ricerca scientifica del tempo. Nello stesso manifesto Fontana faceva un blando riferimento alla ricerca di una
nuova dimensione nello spazio data dall’astrofisica, laddove spiegava che “È impossibile che l’uomo dalla tela,
dal bronzo, dal gesso, dalla plastilina non passi alla pura immagine aerea, universale, sospesa […]”.
Con il manifesto Spaziali del 18 marzo 1948 il concetto si chiarisce in modo inequivocabile: “Ma non
intendiamo abolire l’arte del passato o fermare la vita: vogliamo che il quadro esca dalla sua cornice e la
scultura dalla sua campana di vetro. Una espressione d’arte aerea di un minuto è come se durasse un millennio,
nell’eternità.
A tal fine, con le risorse della tecnica moderna, faremo apparire nel cielo: forme artificiali, arcobaleni di
meraviglia, scritte luminose.
Trasmetteremo per radiotelevisione, espressioni artistiche di nuovo modello”.
Anche nei disegni e nei testi preparatori – in larga parte inediti – per l’intervento per il I Congresso
Internazionale sulla Proporzione nelle Arti del settembre 1951 alla Triennale di Milano ritorna più volte il
concetto di spazio siderale, di nuovo orizzonte della terra visto dall’alto. La IX Triennale costituì per Fontana la
prima importante occasione di visibilità internazionale, anche grazie al convegno sulla “Divina Proportione”
al quale parteciparono storici e critici quali Rudolf Wittkower, James Ackerman, architetti quali Nervi, Le
Corbusier e Bruno Zevi e artisti quali Max Bill e Vantongerloo.
Per l’occasione Fontana fece un intervento sull’arte quale “quarta dimensione ideale dell’architettura”,
conferenza che poi sarebbe confluita nel Manifesto tecnico dello Spazialismo. I documenti conservati negli
archivi della Triennale mostrano come Fontana avesse urgenza di dichiarare pubblicamente la sua idea di una
nuova forma artistica che andasse oltre pittura e scultura in quanto aveva paura delle similitudini con le recenti
dichiarazioni teoriche degli artisti francesi del Group Espace. Nel testo definitivo parlò del rapporto tra l’uomo
e il dominio dello spazio: “La vera conquista dello spazio fatta dall’uomo, è il distacco dalla terra, dalla linea
d’orizzonte, che per millenni fu la base della sua estetica e proporzione. Nasce così la 4a dimensione, il volume
è ora veramente contenuto nello spazio in tutte le sue dimensioni. […] Si va formando una nuova estetica, forme
luminose attraverso gli spazi. Movimento, colore, tempo, e spazio i concetti della nuova arte. Nel subcosciente
dell’uomo della strada una nuova concezione della vita; i creatori iniziano lentamente ma inesorabilmente la
conquista dell’uomo della strada.
L’opera d’arte non è eterna, nel tempo esiste l’uomo e la sua creazione, finito l’uomo continua l’infinito”.
L’arabesco al neon era quindi un’opera dematerializzata, un segno ambientale di luce artificiale,
dimostrazione concreta di una nuova attenzione allo spazio e alla tecnologia che gli valse il premio della
Triennale e la pubblicazione con più immagini su due numeri di “Architecture d’Aujourd’hui” e sullo speciale
dedicato all’arte italiana in “Art d’Aujourd’hui” nel 1952.
Al cielo e allo spazio, sebbene con una attitudine meno “tecnicistica” e più poetica e concettuale
guardava anche il giovane artista francese Yves Klein.
Se per Fontana la ricerca scientifica era un esplicito termine di riferimento, anche l’opera di Klein, come
ben dimostra il testo di Stephen Petersen in questo catalogo, si sviluppò avendo sullo sfondo la coeva ricerca
aerospaziale. La purezza stessa e l’essenzialità della monocromia nella scelta del colore blu, testimonia la ricerca
di uno spazio “oltre la dimensione”, con le tele esposte nel gennaio 1957 presso la Galleria Apollinaire staccate
dal muro, appese in modo da galleggiare apparentemente nello spazio.
Cinque mesi dopo, la mostra da Colette Allendy testimoniava la nuova attitudine sperimentale di Klein
main sponsor
nei confronti dello spazio. Aperta quattro giorni più tardi e con lo stesso titolo, “Proposition Monochrome”, della
mostra inaugurata da Iris Clert con il lancio di 1001 palloncini blu, l’esposizione dalla Allendy includeva diverse
opere di natura installativa: Pigment pur, una distesa di colore in polvere blu sovrastata da Le grande paravent
bleu, un paravento composto da cinque pannelli; la Pluie bleue, una serie di bacchette in legno dipinte di blu
appese al soffitto a imitare la pioggia; e Les surfaces et blocs de sensibilité picturale invisible, una piccola stanza
vuota al secondo piano della galleria, l’idea in nuce di quello che un anno dopo presso la galleria Iris Clert
sarebbe passato alla storia come “Le Vide”.
Un filmato a colori mostra le opere e gli spazi della galleria, il Pigment pur sovrastato da Le grand
paravent bleu e Yves che mostra la stanza vuota intrisa di sensibilità pittorica invisibile spalancando le braccia.
Anche Pigment pur va letto in senso ambientale. Klein commentò l’intervento sostenendo che si trattava
di un quadro allestito al suolo che aveva il vantaggio di permettere l’uso del pigmento puro laddove la forza di
gravità faceva da fissativo naturale, e il limite di forzare lo sguardo del pubblico, naturalmente portato a dirigersi
verso l’orizzonte.
In realtà oltre al dato tecnico, che dà conto dell’attenzione di Klein alla purezza del colore, avendo egli
stesso messo a punto e brevettato una precisa formula di rapporto tra pigmento e resina acrilica, emerge in
Pigment pur il tema dello spazio e del rapporto tra opera e spettatore. Nella lunga intervista del 1969 a Carla
Lonzi, Fontana disse “Klein ha intuito lo spazio”. L’intuizione dello spazio in Pigment pur, un quadro di colore
puro sul suolo, è data dall’inversione della relazione tra opera e spettatore e tra spettatore e spazio: il cielo e
l’infinito sono abbattuti e messi ai piedi di chi guarda.
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Universi paralleli.
Yves Klein e Lucio Fontana
Silvia Bignami, Giorgio Zanchetti
dal catalogo della mostra
Milano,
Museo del Novecento
22 ottobre 2014
15 marzo 2015
Milano, 2 gennaio 1957. Le prime pagine dei giornali sono occupate dalla crisi del canale di Suez e da
quella seguita ai fatti d’Ungheria, che ha investito pesantemente il Partito comunista italiano: Natalino Sapegno,
Gaetano Trombatore, Domenico Purificato e Leoncillo Leonardi rassegnano le dimissioni dal Pci. Mentre la
Gioconda di Leonardo torna a essere esposta al Louvre, dopo un rapido restauro seguito a un tentativo di
vandalizzazione da parte di uno squilibrato, a New York Gene Fullmer, detto “Cyclone”, si prepara a scalzare dal
podio dei pesi medi Sugar Ray Robinson e alla Piccola Scala Zeffirelli dirige le prove della Buona figliuola di
Piccinni, con la Sciutti, Alva e Panerai. Esce in libreria la nuova edizione della Letteratura artistica di Schlosser e
l’ex olimpionico di scherma Ciro Verratti lamenta, sul “Corriere della Sera”, le sfortune dell’Inter che, battuta 1 a
0 dall’Udinese, abbandona la vetta della classifica1.
In città la circolazione è bloccata da dieci centimetri di neve e probabilmente non sono in molti a sapere
che in un piccolo locale che dà sulla strada al 4 di via Brera, la Galleria Apollinaire di Guido Le Noci, si inaugura
la mostra “Proposte monocrome, epoca blu” di Yves Klein.
Mario Lepore, tre giorni dopo, lo liquida inspiegabilmente come “un astrattista a volte abbastanza
decorativo”2 e Marco Valsecchi stronca senza troppi riguardi la mostra, senza neppure prendersi la briga di
mettere piede in galleria3. L’operazione orchestrata da Yves Klein con il supporto critico di Pierre Restany è,
nell’apparente semplicità, troppo radicale per essere colta dai più nella sua reale profondità e complessità.
Fa eccezione la straordinaria recensione Blu blu blu di Dino Buzzati, uscita negli ultimi giorni di apertura
dell’esposizione sul “Corriere d’Informazione”. Lo scrittore, che per nostra fortuna sostituisce casualmente
Lepore, racconta così la mostra di questo “fenomeno” venuto da Parigi: “Undici quadri assolutamente identici
(almeno nell’apparenza), formati da rettangoli blu senza il più piccolo segno, neanche la firma c’è. Solo il
dodicesimo è diverso: invece che rettangolare è quadrato e invece di blu è rosso”4. Appesi a barre verticali
d’alluminio che li tengono discosti dalla parete, i monocromi galleggiano nello spazio entro il suggestivo
allestimento brutalista di Vittoriano Viganò, sottolineando, pur nella loro identità, la propria irripetibile astanza.
Ma l’incomprensione della critica giornalistica più attardata – due settimane dopo Leonardo Borgese,
sul “Corriere della Sera”, stronca la grande mostra di Mondrian a Palazzo Reale, definendo le sue composizioni
astratte “collocamenti a riposo del pensiero e della coscienza e del tragico”5 – non corrisponde affatto allo spirito
di audacia sperimentale e di apertura internazionale che caratterizza i nuovi ambienti artistici milanesi da quasi
un decennio, da quando, cioè, è tornato dall’Argentina Lucio Fontana, portando nella valigia il suo Manifiesto
blanco e tanta voglia di cominciare daccapo i discorsi intrecciati dell’avanguardia astratta e della sintesi delle
arti, rimasti in sospeso allo scoppio della Seconda guerra mondiale.
E Lucio Fontana è il primo acquirente di una delle Proposte monocrome di Klein esposte all’Apollinaire6,
dimostrando anche in questa occasione di essere non soltanto “un uomo pieno d’umorismo e sportivissimo”
– come scrive Buzzati7 –, ma soprattutto un maestro consapevole e sempre attento alle feconde esperienze
delle nuove e nuovissime generazioni artistiche, dai più giovani spazialisti come Crippa, Dova e Peverelli, a
Castellani, Manzoni, Dadamaino, Scheggi, Colombo e gli artisti delle nuove tendenze ottico-cinetiche e psicopercettive internazionali, fino a Paolini e Fabro8. Benché nessuna delle numerose fotografie scattate a Milano
main sponsor
nei giorni della mostra li ritragga insieme, è verosimile che Klein e Fontana si siano incontrati per la prima volta
chez Le Noci in quell’occasione.
Nel testo introduttivo per la mostra, Pierre Restany introduce il fortunato paragone tra il “Blu autonomo,
disancorato da qualunque giustificazione funzionale” del giovane pittore francese e il “Blu-Signore, padrone
assoluto della più definitiva tra le frontiere liberate, il Blu degli affreschi di Assisi” di Giotto, inteso come un
“vuoto colmo … Niente che afferma il Tutto Possibile”9. Ma nel dattiloscritto originale il riferimento ad Assisi è
aggiunto a penna blu da Klein, correggendo un primo “fresques de San Zeno”10. A conferma della predominanza
di una vocazione poetico-letteraria nel giovane Restany, nel paragone proposto sembra pesare, assai più che
una precisa reminescenza storico-artistica11, la suggestione di due celebri passaggi proustiani, che si mescolano
nella memoria del critico.
Si tratta della menzione del “retable de San Zeno et les fresques des Eremitani” di Mantegna – in Un
amour de Swann12 – e della rivelazione improvvisa della volta giottesca color lapislazzuli della cappella degli
Scrovegni (e non del ciclo di Assisi) nel capitolo dedicato al viaggio a Venezia (e nel Veneto) di Albertine
disparue: “Après avoir traversé en plein soleil le jardin de l’Arena, j’entrai dans la chapelle des Giotto, où la
voûte entière et le fond des fresques sont si bleus qu’il semble que la radieuse journée ait passé le seuil, elle
aussi, avec le visiteur et soit venue un instant mettre à l’ombre et au frais son ciel pur, à peine un peu plus foncé
d’être débarrassé des dorures de la lumière, comme en ces courts répits dont s’interrompent les plus beaux jours
quand, sans qu’on ait vu aucun nuage, le soleil ayant tourné son regard ailleurs pour un moment, l’azur, plus
doux encore, s’assombrit”13.
E un’eco di quest’ultimo passaggio – con il cielo di pietra azzurro scuro attraversato dai voli di angeli
“qu’ils semblaient des volatiles d’une espèce particulière”14 – risuona forse anche nell’episodio fondativo della
scoperta kleiniana del blu assoluto, quando adolescente, sulla spiaggia di Nizza, immagina di appropriarsi del
cielo: “I went to sign my name on the underside of the sky during a fantastic ‘realistico-imaginary’ journey. That
day, as I lay on the beach at Nice, I began hate the birds which occasionally flew in my pure, unclouded blue sky,
because they tried to bore holes in my greatest and more beautiful work”15.
Ma per una più puntuale ispirazione a Mallarmé di questa intuizione mitica narrata da Klein, si veda
soprattutto il suo accenno a un passo dell’epistemologo Gaston Bachelard (divenuto per lui un autore di
riferimento fondamentale)16, nella conferenza L’évolution de l’art vers l’immatériel tenuta alla Sorbona il 3
giugno 1959: “Le poète … souffre de l’ironie de l’azur. Il connaît un azur trop offensif qui veut boucher d’une main
jamais lasse ‘les grands trous bleus que font méchamment les oiseaux’”17.
È difficile che Klein e Restany potessero saperlo, nonostante i ripetuti soggiorni di entrambi in Italia fin
dalla fine degli anni quaranta, ma di “blu Giotto” era dipinto, già nel 1951, il soffitto della grandiosa installazione
ambientale della Struttura al neon, ideata da Fontana per l’allestimento, progettato da Luciano Baldessari, dello
scalone della IX Triennale18: lo attestano le raffinatissime carte a collage nelle quali l’architetto armonizza la
tavolozza cromatica dei suoi interventi e le fotografie vivacemente colorate di un dépliant dei rivestimenti
pavimentali in Vipla, pubblicato in quell’occasione19.
Klein attraversa l’Italia nell’agosto del 1948, in un tipico itinerario di liberazione e d’istruzione in autostop
verso Capri, del quale ha lasciato un appassionato resoconto epistolare indirizzato ai suoi genitori.
Tocca Ventimiglia, Sanremo, Genova, Rapallo20, Santa Margherita e Portofino, poi Pisa, Firenze,
Roma, Napoli, Pompei (dove può aver colto anche la suggestione delle impronte di corpi fissate nei calchi
di Fiorelli, come già negli anni trenta avevano fatto Arturo Martini e Fontana21, serbandone memoria per le
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sue Anthropométries), Ercolano, Amalfi, Sorrento e, finalmente, Capri; e di là, in barca a vela, a Ischia, Reggio
Calabria, Messina, Stromboli e ancora a Capri; poi, di ritorno, Napoli, Roma, Firenze e infine “passé deux jours
dans l’inoubliable Venise et son joyau la place St Marc – je prends le train pour Nice! avec deux livres en poche …
Ici finit l’Histoire!!!!”22.
Nel settembre del 1951, poi, viaggia di nuovo in Italia con l’affezionatissima zia materna, Rose Raymond:
alcune foto-ricordo documentano la loro presenza sul lago di Garda, a Verona e a Venezia, ma non ci sono
testimonianze che Klein possa essere stato a Milano e tantomeno che possa aver visitato la Triennale.
Sul retro di una fotografia dell’articolo di Buzzati dedicato alla sua mostra all’Apollinaire del gennaio
1957, Klein ha incollato un ritaglio dattiloscritto con un appunto che collega l’inizio della sua “epoca blu” alla
nuova liberazione della scultura dalla sua base rappresentata dal lancio di 1001 palloncini blu “dans le ciel de
St-Germain-des-Prés” in occasione della mostra delle “Propositions monochromes” nella galleria di Iris Clert
a Parigi: “Les formes libérées par moi à l’occasion du vernissage de mon époque bleue se sont élevées dans
l’air, dans notre atmosphere, puis peu à peu ont disparu à nos yeux, elles ne sont jamais plus revenues, elles ne
voulaient pas que reprenne, pour elles, l’esclavage de la pesanteur sous le joug duquel nous vivons”23.
È ancora Buzzati che, nel 1962, suggerisce il collegamento tra la mostra di Milano e la popolarissima
canzone Volare (Nel blu dipinto di blu) scritta da Domenico Modugno e Franco Migliacci e portata a un
trionfale successo dal cantautore pugliese e dal debuttante Johnny Dorelli al Festival di Sanremo, il 1° febbraio
del 1958: “Era nato veramente il blu dipinto di blu cioè l’International Klein Blue – IKB –, e giusto due mesi dopo,
chissà come, venne fuori la famosa canzone di Modugno”24. Klein, infatti, nel suo album di ritagli di stampa e
fotografie relativi alla mostra del gennaio 1957 a Milano ha raccolto anche lo spartito a stampa di Volare.
In un su un foglio volante aggiunto al suo manoscritto L’aventure monochrome, ricorda la canzone,
collegandola al libro, ricevuto in dono dalla madre, L’air et les songes di Bachelard e agli scritti dello psicologo
Robert Desoille: “Ce travaux de Robert Desoille jetteront aussi sans doute une lumière psychologique
scientifique sur le succès extraordinaire de la chanson que j’ai inspirée a Modugno, ‘Nel blu dipinto di blu’, en
exposant à Milan une époque bleue en 1957”25.
Attribuendo univocamente alla propria mostra l’ispirazione di Modugno, Klein dimostra non soltanto
la sua capacità di comunicatore, anche al di fuori della più ristretta cerchia sociale degli esperti e degli
appassionati d’arte contemporanea, ma altresì la sua consapevole volontà di estendere viralmente a tutte le
componenti, alte e basse, della cultura del suo tempo la propria rivoluzione pittorica dell’“epoca blu”. Migliacci
ha ricondotto più tardi, forse più banalmente, l’idea di partenza della canzone all’immagine onirica suscitata
in lui da due stampe di Chagall, appese nella sua camera26; ma la curiosità e l’attenzione per il lavoro di Klein
da parte dei media e dell’ambiente mondano dello spettacolo e del cinema sono attestate anche dalla bella
fotografia di Ugo Tognazzi che rimira, un po’ perplesso, il monocromo esposto dall’artista nella mostra “Arte
nucleare” alla Galleria San Fedele, nell’ottobre dello stesso anno27. Il manifesto Contro lo stile, pubblicato in
quell’occasione, è sottoscritto anche da Arman, Restany e Klein e riconosce le sue “proposizioni monocrome”
come unica alternativa possibile alla “tabula rasa” o ai “rotoli di tappezzeria di Capogrossi”28.
La generosa solidarietà di Fontana verso gli artisti delle più giovani generazioni è celebrata, il 15 maggio
del 1957, da Peppino Palazzoli, che allestisce alla Galleria Blu una mostra delle collezioni private di Fontana
e di Bruno Munari29. Fra gli autori raccolti dal primo figurano Baj, Burri, Capogrossi, Crippa, Dangelo, De
Luigi, Dova, Licini e Scanavino: il monocromo blu di Klein, acquistato quattro mesi prima da Le Noci, fa bella
mostra di sé al centro di una parete in una serie di provini fotografici che ritraggono gli intervenuti il giorno
dell’inaugurazione30.
Non può quindi stupire il riconoscimento del ruolo di caposcuola ricoperto dallo scultore italo-argentino
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da parte di Castellani e Manzoni che, insieme ad Agnetti e Bonalumi, sul primo numero della rivista “Azimuth”
ripubblicano, con il titolo Oltre la pittura, la presentazione di Fontana scritta per la Biennale del 1958 da Guido
Ballo: “Fontana ha più di tanti altri sentito e vissuto i fermenti di una cultura nuova: oggi è vicino ai giovani, ne
ha già precorso con libertà certe poetiche”31. Sul secondo numero della stessa rivista, presentando la mostra “La
nuova concezione artistica” alla quale partecipa anche Klein, Udo Kultermann, annovera tra gli “artisti pionieri”
il sessantenne Fontana, Mark Rothko e Clyfford Still, insieme a Castellani, Dorazio, Holweck, Klein, Mack,
Manzoni, Mavignier, Piene e Tinguely32.
Subito prima della mostra di Klein “Propositions monochromes” alla Galerie Iris Clert, un’opera di
Fontana è esposta nello stesso spazio sulla Rive Gauche – quartiere delle piccole gallerie33 – in occasione del
“Micro Salon d’Avril” inaugurato il 12 aprile (poi riproposto alla Galleria La Tartaruga di Roma, alla Galerie
d’Europe di Bruxelles, al Kunstamt Charlottenburg di Berlino, alla Galleria Apollinaire di Milano): il nome
deriva dall’idea di presentare opere di piccolo formato, “zéro figures”34, di circa 123 artisti, in contrapposizione
al più istituzionale e riconosciuto Salon de Mai. Alla mostra partecipa anche Klein che collabora con la Clert
all’allestimento, collocando tre dei suoi monocromi (di colori diversi) al centro delle pareti della galleria35.
Nel maggio 1957 esce a Parigi, sulla rivista “XXe Siècle” di Gualtieri di San Lazzaro36, un primo articolo
monografico su Fontana, firmato da Maria Luz37: viene messo in luce il ruolo fondamentale dell’argentino nel
panorama dell’arte contemporanea e presentata – come introduzione alla sua poetica – una sintesi dei punti
principali del Manifiesto Blanco.
I cinque “barocchi” a corredo dell’articolo sono di proprietà della Galleria del Naviglio di Carlo Cardazzo,
o vi sono comunque transitati. In aprile Fontana si era recato a Parigi38 con Cardazzo: in una lettera a San
Lazzaro scrive che la città inizia a piacergli e ci tornerà “più di sovente”39. Sembra aver cambiato idea rispetto a
quanto affermava in una lettera dell’inverno precedente: “Sono tornato spaventato da Parigi, non so come potrei
viverci, ormai sono un vecchiaccio, buono per Albissola, lì posso ancora darmi delle arie, ho solo Tullio come
concorrente!”40. Nell’ottobre 1956 aveva infatti esposto alla collettiva “Structures en devenir” organizzata da
Michel Tapié41, nella galleria “ultramoderne” dello svizzero Rodolphe Stadler al 51 di rue de Seine, che sarebbe
diventata, sotto la direzione artistica dello stesso Tapié, il centro di diffusione dell’art autre.
La prima testimonianza di un’attenzione più approfondita di Tapié per Fontana risale al luglio 1958,
quando in un testo critico per “Notizie” indica – tra le “opere vive” della XXIX Biennale – i quadri esposti nella
sala a lui interamente dedicata42. È il punto di partenza della riflessione di Tapié sull’artista, che si sarebbe
sviluppata per diversi anni.
Intanto, anche Iris Clert pensava di avvicinare Fontana, come si evince da una lettera di Piero Manzoni
del novembre 1958: “Pour avoir les tableaux de Fontana il serait bien de lui écrire pour lui rappeler tout ça”43.
Il colto e articolato sincretismo che caratterizza la spiritualità di Klein lo porta a far propri alcuni spunti
ricavati dalle filosofie dell’estremo Oriente e, in particolare, dallo Zen, senza però rinunciare a una religiosità
profondamente radicata nella cultura cattolica della sua infanzia.
In questa prospettiva va letto il suo desiderio di porre la propria vita e la propria opera sotto la protezione
di santa Rita da Cascia, che godeva di una particolare devozione nella città di Nizza. Senza dare notizia di questi
viaggi, all’infuori della cerchia più ristretta dei familiari, l’artista compie almeno cinque pellegrinaggi a Cascia
tra l’inizio di aprile del 1958 e il novembre del 196144. Il 7 aprile 1958 passando da Assisi, di ritorno da Cascia,
scrive a Iris Clert una bella cartolina rappresentante la scena dell’Elemosina del mantello dagli affreschi della
basilica superiore di San Francesco: “Chère Iris il ya dans la Basilique de St François d’Assise des tableaux
monochromes intégralement Bleus!”. La scoperta delle specchiature azzurre della basilica inferiore diviene
così un ulteriore elemento portante della propria genealogia artistica e un momento di snodo quasi rivelatorio,
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in vista della prossima apertura della mostra “La spécialisation de la sensibilité à l’état matière première en
sensibilité picturale stabilisée (Le Vide)” alla Galerie Iris Clert, il 28 aprile45. È, effettivamente, un periodo
estremamente fervido di nuove realizzazioni: due giorni prima dell’inaugurazione dalla Clert, Klein illumina
di blu l’obelisco di place de la Concorde e il 5 giugno, a casa dell’amico Robert Godet, l’artista sperimenta
per la prima volta la tecnica del Pinceau vivant, eseguendo col corpo nudo di una modella un grande quadro
monocromo46.
In settembre, poi, Yves ritorna a Cascia insieme alla zia Rose, per offrire a santa Rita un monocromo
blu, in segno di devozione e di gratitudine. Lungo il viaggio si ferma di nuovo a Venezia: una fotografia ritrae
Klein nel Padiglione sovietico della Biennale di quell’anno, davanti al grande quadro di Arkadij Plastov, L’aia di
un colcos (1949)47. Ma a quella storica Biennale, l’artista francese può vedere con maggior interesse e profitto
le importanti sale personali di Rothko e di Lucio Fontana48, che espone le grandi tele forate dell’ultimo anno,
mentre sta già mettendo in cantiere i primi “tagli”.
Proprio nelle stesse settimane Fontana aveva informato con una punta di compiacimento l’amico Tullio
Mazzotti, famoso ceramista albisolese, che sulle pagine di “Elle”49 avrebbe potuto trovare uno dei pochi servizi
fotografici sull’allestimento della sua sala alla Biennale di Venezia di quell’anno: “La rivista di moda – Elle –
(francese) pubblica a tutta pagina a colori le mie [op]ere. Didascalia: – C’est le plus beau garçon du monde
le peintre argentin – Attendo con ansia la reazione delle donne parigine! Sassu e Crippa hanno protestato al
Governo Francese!”50.
Dal 1959 i soggiorni parigini di Fontana s’infittiscono. Sul retro di uno dei suoi tagli Fontana scrive: “Me
gustaria ir a Paris”51. Il quadro potrebbe essere stato eseguito poco prima del 17 marzo 1959, quando Fontana è a
Parigi per esporre – appena un mese dopo la presentazione della nuova serie dei tagli alla Galleria del Naviglio
– alla galleria Stadler, introdotto da un testo critico di Tapié: “Fontana est allé immédiatement au choix extrême,
en prenant comme élément ce vide spatial qu’est le trou fait dans une surface elle même quelconque … Aucune
attitude artistique n’a autant demandé a la seule abstraction de conditionner qualitativement une oeuvre,
aucune démarche n’a été aussi indifféremment non-classique”52.
La mostra parigina lo lancia sulla scena internazionale, con importanti sbocchi sul collezionismo europeo
e newyorchese, affrancandolo dalla lateralità di certa critica d’arte italiana del tempo e, in particolare, dai
“giornalisti culturali alla ricerca dello scandalo”53.
L’organizzazione dell’esposizione si precisa tra il viaggio di Tapié in gennaio a Milano, dove visita lo
studio di Fontana, e le successive lettere di Rodolphe Stadler e della sua assistente, Edith Zerlaut-Rauscher, a
Cardazzo che invia ventidue dipinti prima del 15 marzo54. Non si tratta ancora di una personale. Fontana ha
a disposizione due delle tre sale dalle pareti smaltate rosse e nere della galleria, mentre la terza è occupata
dall’artista sudafricano Christo Coetzee, un compagno di viaggio improbabile per il “pape du Spatialisme”:
lo sottolinea Pierre Restany, che in “Cimaise” paragona la scelta di Stadler a una “douche froide”. Dopo una
successiva visita nello studio milanese, Restany lamenterà che Fontana non abbia affrontato Parigi, per la prima
volta, “seul”: “Ce qu’il y a de plus triste c’est que l’on ait imposé à Fontana un tel voisinage, pour sa première
manifestation importante à Paris. La personnalité de Fontana est mal connue ici … L’envergure du personnage,
son passé, la somme de ses recherches, tout ça méritait mieux. Ou tout au moins une autre présentation.
Les oeuvres exposées étaient toutes récentes: des toiles généralement monochromes, trouées de lacérations
longitudinales. Tout réside là dans l’affirmation du geste.
Mais ce geste perdait toute son ampleur dans un contexte aussi agressivement baroque que celui de
Coetzee”55.
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Un giornalista del quotidiano socialista “Combat” – forse Claude Rivière – riferisce della riluttanza del
pubblico, già anticipata da Tapié nel suo testo, complimentandosi invece con Stadler per la proposta audace: le
“fentes” di Fontana non istituiscono un rapporto conflittuale con il quadro; al contrario, “scavano degli spazi”
dotati di qualità plastiche56.
Il vernissage – documentato da un servizio fotografico inedito di cui si conservano i provini negli
Archives Stadler di Parigi57 – si rivela un avvenimento mondano: sono presenti i galleristi con cui Fontana
avrebbe organizzato future mostre – Iris Clert, Jean Larcade e Alfred Schmela – la scrittrice Milena Milani, forse
in rappresentanza della Galleria del Naviglio, l’attrice italiana Gaby Sylvia, collezionisti come Anthony Denney
e artisti, tra cui Ruth Francken, Antonio Saura, Roland Algernon Penrose e Georges Mathieu. Yves Klein non c’è,
perché si trova ad Anversa per la preparazione della collettiva “Motion in Vision / Vision in Motion”58.
Il lavoro di Fontana inizia a essere ascritto in modo univoco all’informale e lo spazialismo viene soltanto
citato da Tapié in apertura del suo breve testo. Forse anche la galleria di Denise René, centro di ricerche astrattogeometriche, sarebbe potuto diventare un trampolino di lancio per Fontana a Parigi, ma nel 1959 l’artista arriva
in città sotto lo scudo di due suoi antagonisti, Stadler e Tapié, e il suo lavoro – come anche quello di Klein – le
sembra, per questo fraintendimento, fuori dalla linea delle sue scelte: “J’étais contre le travail de Fontana. Je dois
dire que je ne l’ai jamais rencontré, mais je n’ai jamais compris comment il était possible de s’intéresser à un
artiste qui est, selon moi, destructif et pas constructif. Lacérer la toile pour moi c’est comparable à un meurtre.
Un jour Soto m’a dit ‘Denise. Vous avez fait deux erreurs: vous avez manqué Yves Klein et Fontana’”59.
Anche nelle recensioni alla mostra da Stadler emerge una lettura un po’ parziale, d’impronta
esistenzialista, secondo la quale i tagli sarebbero da intendere come “mutilations”60, residui di un gesto
drammatico, violento, radicale, “destructeur et naïf ”61. Cominciano a essere ventilate, come nell’articolo di
Georges Limbour in “Les Lettres Nouvelles”, analogie con organi sessuali femminili: “Fontana jouit des murs
rouges. Une vulve largement ouverte révèle le mur comme le secret pourpre de son fruit”62.
Di più ampio respiro, la recensione sull’edizione mensile di “XXe Siècle”63 parla di “poesia imperitura”
per le sue tele e pone un interrogativo che ancora oggi si sente talvolta ripetere: “Faut-il voir dans ce nouvel
exploit une réaction à la peinture totale des américains? Fontana, a-t-il vraiment voulu crever les ‘écrans’ de
Rothko pour revenir une fois de plus à ‘Dada’?”64. Mentre per Fontana il buco, e poi il taglio, è essenzialmente
l’apertura di una dimensione ulteriore che precede la pittura.
Il collezionista milanese Antonio Boschi – estimatore di Fontana sin dagli anni trenta e assiduo
frequentatore del suo studio, insieme alla moglie Marieda Di Stefano –, consegnandoci una sua testimonianza
sulla nascita dei “tagli”, ne suggerisce una possibile lettura iconografica, non priva d’interesse: “Noi andavamo
quasi ogni sabato in quel suo magnifico studio in via Monforte e seguivamo passo passo il suo arrovellarsi e le
sue geniali invenzioni. Così vedemmo nascere i tagli. Fontana aveva fatto un quadro giocato sull’azzurro che
mi piaceva molto e glielo chiesi. Egli lo trovava ancora incompleto e vuoto, voleva aggiungere ancora qualcosa
e non sapeva cosa. Finalmente un sabato lo trovammo con i tagli, che erano i personaggi del paesaggio.
Così nacquero i tagli, dei quali poi apprezzò il valore plastico e impiegò come spazialità”65. Effettivamente, la
ricercata cromia e la nebulosa sensibilità emotiva dei primi “tagli” di Fontana, del 1958, permettono di leggerli
come un’estrema illustrazione, ormai in un contesto artistico e culturale radicalmente mutato, della poetica degli
stati d’animo di Boccioni e in particolare della prima versione di Quelli che restano (1911), entrata nelle Civiche
Raccolte d’Arte di Milano per donazione di Ausonio Canavese sin dal 1934, che offre anche una significativa
giustificazione per il titolo Attese, imposto alla serie da Fontana66.
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I Boschi, purtroppo, non acquistano opere di Yves Klein per la collezione che, nel 1974, doneranno al
Comune di Milano; ma, nel corso delle ricerche per la preparazione di questa mostra, sono state identificate
nel loro lascito due carte di Marie Raymond, la madre di Yves, firmate e dedicate dal figlio: “a madame Marieda
Boschi” e “a monsieur Boschi de la part de ma mère … Paris le 7 juillet 1957”67.
Nel maggio del 1959, Fontana è già una leggenda a Parigi, se Pierre Guéguen lo presenta ai lettori del
“XXe Siècle” come “l’innovateur”, paragonandolo a Paul Valéry: “Lucio Fontana, la soixantaine, le front en
coupole, le regard rêveur tenant par deux doigts pince à sucre la cigarette dans une sobre moustache, ressemble
à Paul Valéry, poète français un peu génois, beaucoup latin”68. L’articolo è corredato da opere emblematiche del
suo percorso. Oltre all’accostamento a Fautrier e Dubuffet per certe sperimentazioni materiche, in chiusura la
“peinture au couteau” dei tagli è paragonata all’architettura di Le Corbusier: “Fontana peut s’énorgueillir d’être
d’accord avec le plus grand architecte de l’époque, Le Corbusier. On sait, en effet que l’une des plus grandes
originalités et trouvailles de la Chapelle de Ronchamps a consisté à percer, de trous inégaux, certaines façades,
ces ‘jour’ permettant à la lumière d’éclairer avec retenue l’atmosphère volontairement obscure de l’intérieur.
Rencontre de luminaristes en des arts différents”69.
Nonostante il libro delle firme della galleria si riempia anche d’insulti e ingiurie, due tele vengono
acquistate e Fontana riceve dal Credit Commercial de France 70.000 lire per un quadro70.
In Italia, una recensione di Gillo Dorfles in “Domus”, molto breve, è accompagnata da numerose
illustrazioni di opere, distribuite su più pagine. Sotto il titolo Lucio Fontana: tagli nelle tele, vengono
accomunate le mostre di Milano e Parigi, al Naviglio e da Stadler: “In queste sottili fessure che sciabolano la
tela, è presente un ritmo compositivo per cui – nella loro labilità – i chiaroscuri e le brevi estroflessioni plastiche
che esse creano, hanno il rigore di più impegnati lavori dell’artista”71.
Enrico Crispolti entra maggiormente in sintonia con la nuova serie di Fontana e, scrivendo nello
stesso mese di marzo per “Il Taccuino delle Arti”, commenta le sue “tele recentissime” esposte da Stadler e la
personale di Pietro Consagra alla Galerie de France collegando entrambi all’ambito europeo dell’informale e
dell’art autre72. Sono gli unici riflessi di rilievo del successo parigino di Fontana, il quale è comunque colpito
dalle considerazioni di Crispolti. Così, in una lettera lo ringrazia per la recensione, “tanto più ch’è scritta
generosamente da un giovane”73. È il punto di partenza di un lungo e cordiale rapporto tra artista e critico dagli
immediati sviluppi: già nel giugno 1959 Crispolti avvia una ricognizione storico-critica dell’intero percorso di
Fontana di cui, alla fine di ottobre, ordina una prima completa retrospettiva all’Attico di Roma.
Di ben diversa intonazione è un curioso articolo, uscito su una testata dedicata agli italiani residenti in
Francia, il “Giornale degli Italiani”, dove le opere esposte a Parigi vengono enumerate senza commenti – al di
là di una sintetica annotazione tra parentesi che vale forse da giudizio sulla mostra nel suo insieme (“oscena”)
– seguendo il filo del colore e della quantità di buchi o tagli: “Una tela color malva con buchi, una tela viola
con tre tagli trasversali, un’altra malva con buchi, un’altra rossa con sette tagli. Un quadro bianco con buchi,
cristalli azzurri e cristalli gialli, una tela con due bande gialle e la banda centrale in oro: cinque tagli orizzontali.
Una tela grigia con dei tagli e una olivegreen (marca Roowney) con dieci buchi e lievi ghirigori. Una grande
tela in oro con silhouette in argento con taglio verticale (oscena), una tela nera con sei tagli, una tela rossa con
quindici tagli. Ancora una tela bianca con nove tagli verticali, due grigie – una con tre tagli e l’altra con due tagli
trasversi. Galop finale con due vecchi quadri sottovetro e cornice dorata (il tempo arcaico dell’artista), uno giallo
e uno grigio con i primi ‘buchi’ di Lucio Fontana che espone alla galleria Stadler”74.
Pochi giorni dopo averla conosciuta all’inaugurazione da Stadler, Fontana va a trovare Iris Clert in
galleria: “Un jour j’eus la visite de Lucio Fontana. Il exposait chez Stadler … Il était d’une générosité et d’une
bonté extrême. Je me pris pour lui d’une immense affection.
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Lucio, grand séducteur, essaya son pouvoir su moi. Avec beaucoup de peine je repoussai ses avances
mais aussi avec beaucoup de tact. Comment dire à ce Don Juan automnal que je le voyais plutôt comme un père
et qu’en outre ses yeux noirs auraient eu sur moi un effet de blocage? Par la suite, Fontana, que j’exposerai à
maintes reprises, se consolera en me disant: ‘Nous sommes deux génies. C’est trop pour vivre ensemble’”75.
Tornato a Milano, le manda tre piccoli quadri: uno, in nero e oro, è un ritratto di Iris, ancora intitolato
Concetto spaziale - Attesa. Nudo76. Si tratta del primo dei quattro dipinti a lei dedicati77, uno dei quali sarà
esposto alla mostra “Les 41 présentent Iris Clert dans sa nouvelle galerie”, che propone una serie di ritratti della
gallerista realizzati in suo onore da 41 artisti in occasione dell’inaugurazione, il 15 maggio 1961, della nuova
sede, al numero 28 dell’elegante rue du Faubourg St-Honoré, sulla riva destra della Senna, dove la galleria
si è trasferita dai locali angusti di rue des Beaux-Arts78. Il passaggio sull’altra sponda del fiume ha un valore
simbolico e di prestigio, così Fontana si complimenta con lei per la realizzazione di un sogno: “Je suis sur que
vôtre galerie deviendrà très rapidement une de plus importante y vivante de Paris”79.
Grazie al carteggio tra i due, è possibile anticipare la datazione di questi ritratti, avvicinandoli alla serie
degli “olii” del 1960 da considerarsi come laboratorio di preparazione del più noto ciclo delle Venezie. Con
un gusto più decorativo – verosimilmente alla ricerca di soluzioni diverse dalla concettualità minimale del
monocromo – Fontana ritrova il piacere di una materia pittorica ricca, dove sembra delinearsi il profilo graffito
di un volto: ma a campeggiare è un unico taglio slabbrato che gioca ironicamente tra aperture conoscitive e
possibili allusioni erotiche.
Intorno al 10 aprile 1959 Fontana ritorna a Parigi e fa visita a Yves Klein nel suo appartamento in rue
Campagne-Première, come testimoniano due fotografie e una lettera. Lo scatto di Klein, che ben restituisce
la sottile complicità instauratasi tra i due artisti, ritrae un Fontana sornione e divertito dall’abito che indossa:
l’uniforme dei Cavalieri dell’Ordine di San Sebastiano, di cui Klein è membro. L’episodio è ricordato da Klein
nella lettera del 1° agosto dello stesso anno inviata da Gelsenkirchen, dove si trova per il suo unico incarico
pubblico, la decorazione del nuovo teatro dell’Opera: “Llegando aqui en Gelsenkirchen he descubierto las
photos qui habia tomado de usted a mi casa con el uniforme de los caballeros de San Sebastian. Estoy contento
de enviarle estas photos que créia habier perdido”80.
Alle spalle di Fontana s’intravedono le spugne che saranno poi esposte alla mostra “Bas-reliefs dans une
forêt d’éponges”, inaugurata alla Galerie Iris Clert il 15 giugno. Dalla medesima lettera sappiamo che Klein ha
chiesto alla gallerista di mandare a Fontana due suoi pezzi: un Relief éponge81 e un’Éponge82.
Fontana sarà quindi, nei primi anni sessanta, uno dei più importanti collezionisti di Klein in Italia:
possiede infatti anche un’Anthropométrie del 1960 e un Monogold del 1960, con la dedica: “À Fontana un
monogold âge d’or”83. Alla fine del 1962 – riconoscendo nel gesto del Saut dans le vide, compiuto da Klein
nell’ottobre 1960, un’immagine emblematica di quel “distacco dell’uomo dalla terra” che egli stesso aveva
vaticinato, anni prima, negli appunti preparatori del suo Manifesto tecnico dello spazialismo84 – Fontana
acquisterà da Harry Shunk e János Kender un esemplare della famosa fotografia di quell’azione85.
A sua volta, lo scultore italo-argentino donerà a Klein, un Concetto spaziale forato del 1960, con la dedica
“al amigo Yves Klein”86 e, successivamente, regalerà a Rotraut Uecker un Concetto spaziale - Attese del 1961 e
uno, azzurro, del 1965 con l’affettuosa dedica: “A mon cherie amie Tro-Tro”87.
Ulteriore testimonianza della stima reciproca tra i due artisti è l’invito che Fontana rivolge a Klein, il 2
maggio 1959, per realizzare “una demostración de arte nueva”88 in occasione della XII Triennale di Milano del
1960. A Fontana era stato chiesto dalla Commissione (di cui facevano parte anche Agenore Fabbri e Roberto
Sambonet) di suggerire idee per eventi all’aria aperta nel parco: “Seria necesario vernos y hablar, precisar en lo
posible la forma de realisación, los gustos, enfin un programa mas concreto y presentarlo a la comición, yo estoy
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seguro que seria una cosa formidable para la proxima Triennale que se inaugura en junio de el proximo año
1960”89.
Il 2 ottobre 1959, dopo scambi di opinioni su preventivi e aspetti organizzativi – con qualche incertezza
sul coinvolgimento di Tinguely, perché “es un espiritu diferente que no es de nuestra familia, la familia de los
‘espaciales’”90 – e un soggiorno a Milano (il 22 luglio), Klein invia una lunga e circostanziata lettera a Maurizio
Ferraris, segretario della Triennale, per illustrare con dovizia di particolari il progetto e i costi di realizzazione,
accludendo uno schizzo (non rinvenuto) della pianta della Triennale. La proposta è di ricoprire le scale con
un “tetto climatizzato”, mentre dei getti d’acqua colorata sarebbero caduti in verticale su una corrente d’aria
orizzontale: “Un spectacle assez inouï de trombes d’eau arrêtées en plein vol au-dessus des têtes des visiteurs
gravissant ces marches d’escalier à l’entrée”91.
Davanti alle scale, sul pavimento, si prevede una sorta di piazzale in sabbia rossa, mentre a sinistra
dev’essere collocato un grande blocco di plastica blu di tre metri per tre, che emette in continuazione la
“symphonie monoton”. Di fronte alle scale, in fondo alla zona di sabbia, è immaginato un muro di fuoco da far
funzionare con il gas della città; a sinistra, un “un mur animé”. Vengono allegati come esempio le fotografie
del progetto per la piazza dell’Opera di Gelsenkirchen con i suoi muri di fuoco, le colonne di fuoco su supporti
d’acqua e il tetto d’aria per proteggere la caffetteria; inoltre, il progetto di un tetto d’aria per le rovine del
monastero di Bad Hersfeld92. Secondo Klein, l’effetto di caldo e di freddo provocato dal muro di fuoco di fronte al
tetto d’aria “réfrigéré et aspergé” avrebbe creato “un climat psychologique et dynamique de réconfort physique
permanent pour les visiteurs”93, del resto molto apprezzabile, secondo l’artista, nei mesi da giugno a settembre,
quando a Milano si è spesso soffocati dal caldo.
Il progetto per la Triennale rientra nelle ricerche di un’immateriale “architecture de l’air”, nel quadro
di una visionaria utopia di ricostruzione dell’universo dove gli uomini siano liberi da costrizioni fisiche in
quell’architettura senza tetto e senza piani che l’artista teorizza alla conferenza della Sorbona del 1959: “Mes
murs de feu, mes murs d’eau, sont, avec les toits d’air, des matériaux pour construire une nouvelle architecture.
Avec les trois éléments classiques feu, air et eau, la ville de demain sera construite; elle sera enfin flexible,
spirituelle et immatérielle”94.
Klein elabora anche l’idea di un Centre de la sensibilité, una sorta di Bauhaus, le cui le differenti sezioni
dovrebbero essere affidate a Tinguely (scultura), Klein, Fontana e Piene (pittura), Otto Frei (architettura), Claude
Pascal, Pierre Henry, Sylvano Bussotti, Mauricio Kagel e Jacques Polieri (musica e teatro).
Alcuni dei disegni con progetti di “architettura dell’aria” (conservati in una collezione privata) illustrano
soluzioni di grandi allestimenti ambientali dove è possibile riconoscere le proposte dall’artista francese per la
Triennale: dal tetto d’aria che sovrasta una rampa di scale esterna colpito da un getto d’acqua colorata, alle due
grandi pareti – una monocroma blu, l’altra animata da forme ugualmente blu – a sinistra e a destra del piazzale
davanti alle scale95. Il preventivo è di circa 25 milioni di franchi: una cifra esorbitante per la Triennale, che lo
rifiuta ufficialmente in una lettera del 6 novembre 1959, anche – forse – per dissapori sorti con Fabbri, ai quali lo
stesso Klein allude in una lettera del 2 ottobre 1959.
Un altro progetto di arte pubblica ideato da Klein è proposto al Sindaco di Tivoli per i giardini di Villa
d’Este, nell’ottobre del 1961, da Jean Larcade che aveva appena inaugurato nella sua Galerie Rive Droite la
mostra personale “Yves Klein le monochrome” e si apprestava a rappresentare il lavoro dell’artista in esclusiva.
Riprendendo un’idea elaborata anni prima con Norbert Kricke – dove le fontane di acqua e fuoco si inserivano
in quelle già esistenti del Trocadéro – Klein aveva immaginato di “inclure des jets de feu dans les cascatelles et
dans les jardins de Tivoli, au moment de la grande saison d’été”96.
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Nel settembre del 1959, Fabrizio Mondadori che pubblicava a Milano la rivista “Direzioni”, invita
Klein a inviargli immagini o testi relativi al suo lavoro. L’artista scrive appositamente l’articolo Le réalisme
authentique d’aujourd’hui, che non potrà essere pubblicato a causa della cessazione della rivista. Si tratta di un
testo importante, nel quale Klein introduce originalmente il concetto di realismo per spiegare gli aspetti più
estremi delle proprie sperimentazioni artistiche, anticipando la fondamentale prospettiva di appropriazione del
reale che caratterizzerà il Nouveau Réalisme, lanciato da Restany alla Galleria Apollinaire l’anno successivo97:
“J’effectue depuis longtemps un retour au réalisme, à un authentique réalisme d’aujourd’hui et de demain, par
l’immatériel! … Il s’agit pour moi non plus de brosser une toile mais plutôt d’établir d’une manière permanente et
bien durable entre moi et cette nature, qui en fait ne font qu’un, la toile néo-figurative à la fois la plus réelle et la
plus immatérielle qui existe”98.
Già all’indomani della mostra “Le Vide” da Iris Clert, nell’aprile del 1958, Klein aveva iniziato a elaborare
un’ipotesi di formalizzazione della cessione ad altri delle sue Zones de sensibilité picturale. Incuriosito dalla
sfida di questo scambio apparentemente impossibile, il gallerista milanese Peppino Palazzoli, che conosceva
il lavoro di Klein dal 1957, sarà il primo acquirente in assoluto di una Zona, per il corrispettivo di 20 grammi
d’oro zecchino: ne resta testimonianza in due lettere a Palazzoli scritte da Iris Clert il 20 gennaio 1959 – per
confermare la cessione e annunciare che Klein sta studiando la forma della ricevuta da inviare all’acquirente – e
il 18 novembre quando la ricevuta è finalmente inviata a Milano99.
Frattanto Klein mette a punto una serie di regole rituali per la cessione delle sue Zones de sensibilité, che
allo scopo di valorizzarne il carattere non commerciale e immateriale prevedono che la ricevuta debba essere
solennemente bruciata dall’intestatario e l’oro restituito dall’artista alla natura, gettandolo nella Senna100.
Nel febbraio del 1960 Lucio Fontana espone un Concetto spaziale del 1959, proveniente dalla Galerie
Stadler, alla mostra “Antagonismes”, curata da Julien Alvard e François Mathy al Musée des Arts Decoratifs101.
Partecipa anche Klein, che propone per la prima volta, accanto a due Zones de sensibilité picturale immaterielle,
un Monogold frémissant, in foglia d’oro, offrendo in questo modo la rappresentazione simbolica dell’avvenuta
trasformazione alchemica del proprio atto creativo102.
Il mese dopo, Fontana e Klein partecipano a New York alla collettiva “Paris Obsession” (con René Brô,
Konrad Klapheck, Jesús Rafael Soto ed Eva Aeppli) allestita grazie alla mediazione di Iris Clert nella galleria di
George Staempfli. L’esposizione è importante per stabilire contatti oltreoceano sia per la Clert sia per gli artisti.
Contemporaneamente all’esposizione veneziana “Dalla natura all’arte” – organizzata nell’estate del 1960
da Bruno Munari ed Enzo Mari per il Centro Internazionale delle Arti e del Costume a Palazzo Grassi – dove
ha esposto, nella seconda delle tre sale a disposizione, un gruppo di Nature eseguite ad Albisola103, Fontana
presenta due sculture della stessa serie a Parigi, alla mostra “Sculpture italienne contemporaine, d’Arturo
Martini à nos jours”104, inaugurata il 30 giugno al Musée Rodin a cura di Rodolfo Pallucchini. Queste opere
straordinariamente innovative, anche nell’ambito della produzione recente dell’artista, passano però del tutto
inosservate in Francia, come rimarcherà il critico portoghese José-Augusto França, lodandone l’anno seguente
la prepotenza arcaica alla mostra da Iris Clert: “Elles s’offrent maintenant à nous, comme l’explosion retardée,
des mines piégées, des bouées éclatées qui nous entraînent dans la profondeur des eaux … Et c’est encore un
espace au-delà de l’espace, intérieur, à peine illuminé, mystérieux, aux menaces anciennes, qui se propose dans
ces bronzes magnifiques. Des bronzes vieux comme la terre, qui se placent aussi au-delà du temps”105.
La novità “formidabile” delle Nature non tarda a trovare altri estimatori: come il pittore e scultore belga
Paul Van Hoeydonck, che le vede nel febbraio 1961 a Milano, nella Galleria del Grattacielo: “L’exposition des
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boules de Fontana est formidable, c’est une des plus impressionnantes choses que j’ai vu jusqu’à présent”106.
Sulla questione degli inquietanti, enigmatici ma impressionanti “ballons”, come Fontana scherzosamente
chiamava in francese le sue Nature, sarebbe di lì a poco ritornata, scrivendo nella rivista “L’OEil”, Luce Hochtin,
riferendosi ancora alla mostra di Palazzo Grassi: “Quant aux ‘Ballons’, ces sphères d’argile ou de terre cuite
aux surfaces nues, sans fioritures, mais sans aucune recherché de lisse ou de poli, je les aperçois comme
d’énigmatiques présences, d’autant plus impressionnantes qu’elles se trouvent groupées comme ce fut le cas,
l’été dernier, lors de l’exposition du Palazzo Grassi. Nées de l’argile prise à pleines mains, jetée à la volée sur le
volume qui s’amplifie sans cesse, dans un geste où la justesse de l’oeil contrôle les effets du hasard, puis ensuite
fendues à demi, ou trouées, d’une entaille nette, elles évoquent à la fois les formes les plus primitives et les
plus ancestrales, roulées par les flots et les vents, – et des organismes, des corps vivants et lourds, chargés de
sensualité et que l’on dirait – parfois – blessés. Ce sont ces formes – sculptures, sphères, créatures?”107.
La stupefacente mole metallica, del meteorite ferroso rinvenuto nel 1921 a Dersa, presso Uegit in Somalia,
portato in Italia ed esposto nel Museo mineralogico della Sapienza, è un esempio di come la fotografia di
divulgazione scientifica e, in particolare, astronomica possa aver agito anche con tempi lunghi sull’immaginario
di Fontana. Il “più grande meteorite esistente in Italia” era infatti riprodotto nel ricco atlante fotografico Il
cielo e le sue meraviglie pubblicato nel 1934 da Pio Emanuelli108, con intenti anche divulgativi, e accostato
alle Nature rappresenta soltanto un esempio delle moltissime puntuali corrispondenze iconografiche con
immagini di astronomia delle opere di Fontana dagli anni trenta a tutti i sessanta: dal Soffitto del 1953 per il
Cinema del Padiglione Breda di Baldessari alla XXXI Fiera di Milano, fino alle tele dei primi anni cinquanta,
bucate e variamente elaborate con l’applicazione di sabbia, pietre e porporina seguendo un andamento a
spirale, fotografate da Attilio Bacci con retroilluminazione o luce radente che creano effetti fantasmagorici
da planetario; dal motivo cosmico degli enigmatici disegni a inchiostro109 che accompagnavano l’Ambiente
spaziale del 1949 alla Galleria del Naviglio, fino alle analogie quasi illustrative tra le immagini di aurore boreali
dell’Emanuelli110 e i Teatrini di Fontana del 1965 o tra le tavole fotografiche che illustrano nebulose a spirale
riprese “di taglio”111 e le Attese degli anni sessanta.
In una lettera del 18 aprile 1961, Fontana accenna a un prossimo soggiorno a Parigi, lasciando intuire
l’idea di una mostra interamente dedicata ai “ballons”. Qualche mese dopo, in settembre, di ritorno dalle vacanze
in Grecia, Iris Clert visita lo studio di Fontana a Milano e le sue ultime creazioni la incantano, come racconta,
caricando di un’aura leggendaria, nella sua autobiografia e facendo passare in secondo piano l’impegno
precedente dell’artista con Jean Larcade, che ha un contratto con Fontana fino al settembre 1962: “– Lucio, je
veux les exposer dans ma galerie! – Vous êtes folle, c’est invendable. Tous les marchands les ont refusées.
Mon ami San Lazzaro, lui-même, a refusé de les exposer. – Moi je les aime tant que je vais les vendre
toutes! Envoyez-les-moi. Même le transport, je le prends à ma charge. – ‘Iris Klein’ il y a un problème. C’est
que j’ai un engagement avec Jean Larcade, qui doit exposer mes tableaux en novembre. – Ah! c’est parfait! Je
demanderai à Jean qu’on fasse l’exposition le même jour. Les gens n’auront qu’à traverser la rue pour assister
aux deux vernissages”112.
Il sogno di Fontana – che aveva appena scritto a Ezio Gribaudo di aver immaginato di distribuire insieme
a “due ninfette” la monografia di Michel Tapié Devenir de Fontana alla prossima mostra parigina113 – si avvera.
Già in ottobre, infatti, la doppia mostra è annunciata per il mese successivo in una pubblicità sulla rivista “Lettre
Ouverte”: da Iris Clert “Concetti spaziali de Fontana: sculptures Nature 1959-1961” e alla Galerie Rive Droite di
Jean Larcade, contemporaneamente, “Concetti spaziali de Fontana 1949-1961: peintures”.
L’unico invito, valido per entrambe, è un cartoncino viola ripiegato con le riproduzioni di un Concetto
spaziale (in realtà rosso)114 e – in azzurro ciano – di una Natura115. La mostra è un gran successo e le “palle
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crepate” si trasformano in mijons: milioni, nel gergo francoargentino-milanese di Fontana. Lo dirà lo stesso
Fontana in una lettera del 14 dicembre alla modella Daria: “Mi sono fermato qualche giorno a Parigi, lì la mostra
di scultura è andata bene, esito e tutto venduto! Pas mal!”116.
L’audacia intellettuale dell’esuberante Iris Clert, i suoi accrochages originali e imprevisti, il gusto
singolare, “le sensationnel, la mise en exposition” 117, si ritrovano in questo allestimento. Si tratta di un ambiente
“froid, lunaire”118 con cinque palle raggruppate al centro e altre quattro negli angoli, in una luce completamente
blu: “Une musique inédite, Métastases, di Yannis Xenakis donnera à ces ‘cratères’ une dimension extraterrestre”119. Due foto di André Morain immortalano Yves Klein all’inaugurazione, che osserva attentamente le
opere. Yves e Lucio posano per Shunk e Kender insieme.
“Sont-ils des objets martiens, peu importe!”120, scrive Claude Rivière, sottolineando la meraviglia di una
materia che sorge “menaçante et autoritaire” nella forma di grandi e pesanti anfore, più magiche – a suo parere –
delle tele tagliate esposte alla Rive Droite.
Cariche di allusioni erotiche, le Nature scandalizzano i collezionisti di New York Emily e Burton
Tremaine; ma Iris li tranquillizza, bisogna considerare quei pezzi semplicemente “comme un accouchement
cosmique”121. D’altra parte, a concorrere alla riuscita economica della mostra ci sono anche gli acquisti di
entusiasti collezionisti belgi come Philippe Dotremont, Madeleine Evrard, Betty Barman e Carlo Van Den Bosch,
invitati da Van Hoeydonck che il 15 dicembre avrebbe inaugurato la mostra “Espaces du silence”.
Per festeggiare questo successo, dopo il soggiorno a New York con Ezio Gribaudo, il fotografo Francesco
Aschieri e Tapié122, il 2 dicembre 1961 Fontana organizza al ristorante La Coupole a Montparnasse una cena che
diventa leggendaria: “Dans cette atmosphère enfumée et bruyante, les légendes naissent autour des tables”123.
E anche in quell’occasione, piacere della vita, estro, generosità, ironia e autoironia di Fontana sono al centro dei
ricordi di Iris Clert: “Fontana, depuis cette exposition semait à tous vents: Iris est un génie, elle a vendu mes
ballons pour des ‘mijons’ (Lucio avait une façon de s’exprimer pleine de charme. Les millions, il les appelait
des ‘mijons’; les ‘boules’, des ‘ballons’. Il avait en outre une préférence pour les huîtres de La Coupole). Cet
homme si généreux, dès qu’il avait touché un ‘mijon’ invitait tous le jeunes peintres à déguster des huîtres en sa
compagnie”124.
Tra i commensali siedono Klein e Rotraut che si sarebbero sposati alcune settimane dopo, il 21 gennaio
1962: accanto a loro, al centro della lunga tavolata, Fontana tiene banco, ma a un certo punto si volta e, con la sua
dolcezza piena di fascino, sorride alla moglie Teresita.
In Italia, sulle riviste d’arte, le notizie sulle due mostre parigine del 1961 si pubblicano con il contagocce.
Bisogna leggere “Vanità”, l’anno dopo, per apprendere che, oltre ai collezionisti redenti, “critici di alta e
snobistica cultura, come il famoso Tapié, partono da Parigi per contemplare da vicino i gesti liberatori di
Fontana: gli inviati dell’‘OEil’, di ‘Connaissance des Arts’ bussano al portone di Palazzo Cicogna”125. Fino
alla metà degli anni sessanta, del Fontana di Parigi si continua a parlar poco nei “luoghi” dell’arte e bisogna
ricorrere a “Vogue & Novità” per sentirlo raccontare a Ninette Lyon di certe sue passioni d’oltralpe: “Ora quando
vado a Parigi, mangio almeno sessanta ostriche al giorno, a volte quaranta in un solo pasto”126.
Ma l’artventure parigina di Fontana continua. Il 19 febbraio 1964 è ancora la Galerie Iris Clert a ospitare
una sua personale intitolata “Les OEufs Célestes”. Si tratta della serie di quadri a olio, ovali monocromi con
buchi, strappi e lustrini, tutti del medesimo formato, oggi nota come Fine di Dio. La mostra parigina, introdotta
da uno scritto di Claude Rivière su “Iris.time”, è organizzata con il consenso della Galleria Marlborough di
Roma (con cui Fontana è sotto contratto). Sono esposti nove quadri che giocano sulla ricerca di una nuova
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spazialità tra pieni e vuoti – dove le “lacerazioni” lasciano intravedere il muro – e la gallerista progetta, più che
un accrochage, “une installation dans un espace en trois dimensions”127.
Inizialmente, la data prevista per l’apertura è l’8 dicembre, ma la mostra viene posticipata per concedere
più tempo a Fontana, preoccupato inoltre di un possibile fraintendimento del suo lavoro: “Comme je te dit dans
mon lettre je pense che la date du dicembre ne ce pas bonne. Vous m’ecrit que seront exposée comme des oeuf
de Noël, c’est bien ça? Il feu que fair beaucoup de attencion qui les personnes ou la critique ne fait pas de ca la
razon de fair de l’humur caricatural”128.
Il riferimento all’uovo (come forma in grado di rompere la definizione dello spazio) e alle sue possibili
implicazioni storico-artistiche, simboliche, religiose e alchemiche, era già stato colto tempestivamente da
Dorfles che intitola più elementarmente quei lavori Le ova129. Pur partendo dalla metafora cosmologica del
disco volante per le “oeufs spatiaux, vert smaragdin, violet ou jaune, couleurs initiatiques et rouge”, anche
Rivière finisce per parlare di una dimensione escatologica: “Ainsi tendu vers l’absolu infini, le monde de Fontana
devient la révélation de la Rédemption, celle qui est annoncée par la semaine pascale”130. Sulla simbologia
dell’uovo e della fecondazione ritornerà anche François Pluchart: “Fontana … a laissé la sphère originelle pour
expérimenter l’oeuf primordial.
Ce n’est pas tant la fécondation qui intéresse Fontana que l’évolution de cette fécondation. Le vert cru,
le rose, le jaune, le blanc, le noir pailleté sur une toile lacérée pour donner toutes ses chances à la lumière, c’est
un développement. C’est toute l’évolution de la vie envers la vie”131. Qualche considerazione, più in termini di
narrazione che di affermazione teorica e sistematica (che non gli è connaturata), arriva all’inaugurazione dallo
stesso Fontana, come racconta la gallerista: “Dieu est mort, disait-il.
L’art est mort aussi par conséquent. Aujourd’hui les véritables oeuvres d’art ce sont les spoutniks, les
fusées, les avions, les usines, car c’est là où l’homme déploie son génie inventif ”132.
Molte opere vengono comprate dal solito affezionato giro di collezionisti belgi, a eccezione di una tela133
“acquise par le seul collectionneur français d’avant-garde, René de Montaigu” 134. A questo quadro si riferisce
qualche anno dopo anche Gilbert Lascault: “Vers 1962 les trous se grandissent, les bords se déchiquettent: une
oeuvre ovale, noire, couverte d’une substance un peu gluante semble une maléfique dentelle de deuil. Le soustitre de ce Concept spatial est d’ailleurs: La fine di Dio: la fin, la mort de Dieu. Les solutions de Fontana ont
toujours quelque chose de paradoxal”135.
Alla fine di febbraio del 1961 Yves Klein va nuovamente in pellegrinaggio a Cascia per deporre presso
la tomba di santa Rita una delle sue opere più misteriose e coerenti. È un vero e proprio Ex voto dedicato alla
santa, nel quale l’artista sintetizza, entro una teca di plexiglas, alcuni degli elementi fondamentali del proprio
lavoro: il pigmento puro, rosa e blu acceso, la foglia d’oro fremente e i tre lingotti d’oro ricavati dalla vendita,
alla fine del 1959 delle prime tre Zones de sensibilité picturale immaterielle; al centro della teca il manoscritto
della preghiera composta da Klein per santa Rita: “Le Bleu, l’Or, le Rose, l’Immatériel …”. Rimasta segreta per
quasi vent’anni, l’opera è stata scoperta da Armando Marrocco nel 1979, durante una campagna di restauri e
integrazioni alle decorazioni del santuario di Cascia136.
Dopo un lungo soggiorno negli Stati Uniti, in occasione della sua personale da Leo Castelli a New York
(21-29 aprile) e alla Dwan Gallery di Los Angeles (29 maggio - 24 giugno), tra il 17 e il 19 luglio Klein si dedica
a documentare sistematicamente, attraverso il mezzo filmico, la complessa drammaturgia della realizzazione
di alcune serie delle sue opere: mette in scena per le riprese Paolo Cavara una pubblica esecuzione delle
Anthropométries, accompagnata dalla Symphonie monoton-silence, che confluirà malauguratamente stravolta
in Mondo cane di Jacopetti137, e si fa riprendere mentre esegue alcune Peintures de feu al Centre d’essais du Gaz
de France di La Plaine Saint-Denis.
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In occasione di un breve viaggio a Roma il 13 novembre, per vedere un primo montaggio di Mondo
cane, Klein compie un ultimo pellegrinaggio a Cascia, in compagnia di Rotraut, e poi rientra a Milano per
l’inaugurazione della sua antologica “Yves Klein le Monochrome. Il nuovo realismo del colore”, sempre
presentata da Restany alla Galleria Apollinaire (21 novembre 1961). La mostra e la sua inaugurazione sono
documentate in numerose fotografie, tra le quali spicca un bel servizio scattato da Ugo Mulas.
Dino Buzzati, che come si è visto aveva saputo apprezzare il lavoro di Klein fin dal suo debutto
italiano nel gennaio del 1957, si prodiga per sostenerlo anche in questa occasione, pubblicando sul “Corriere
d’Informazione” una divertita rassegna della sua opera138. Per ringraziarlo, Klein vorrà offrirgli un suo lavoro, ma
lo scrittore, incuriosito dalle nuove aperture rituali e immateriali delle ricerche di Klein, chiederà piuttosto di
ricevere una Zone de sensibilité picturale immatérielle, realizzata a Parigi il 26 gennaio 1962. Buzzati ne dava un
ampio resoconto, nei suoi
caratteristici toni: “Il folletto di nome Yves Klein, questo personaggio vivo e incredibile, firmò con una
biro la ricevuta e io gli consegnai l’oro … Allora con notevole fatica a motivo del vento io accesi un fiammifero
e diedi fuoco al cartiglio, che cominciò a bruciare. Nello stesso tempo Yves Klein aprì il coperchio della
scatola di plexiglas e cominciò ad estrarre i quasi impalpabili foglietti d’oro, abbandonandoli nell’aria … Ma la
cosa straordinaria non avvenne, che almeno io sappia. E la colpa è mia … Se il suo sortilegio, se l’incantesimo
di Puck è fallito, la colpa è … del mio meschino spirito borghese. Perché il foglio della ricevuta non bruciò
completamente e me ne rimase in mano la coda. E a titolo di souvenir mi piacque tenerlo, e, senza che Klein se
ne accorgesse, me lo infilai in una tasca. E ancora adesso lo tengo nel portafogli. E mi piace pensare di avere una
specie di talismano, una piccola riserva di poesia, o di felicità, o di illusione, che potrò consumare un giorno a
mio capriccio”139.
Dopo aver eseguito, a Parigi, tra gennaio e febbraio, i calchi anatomici degli amici Arman, Claude Pascal
e Martial Raysse, per ricavarne le figure metafisiche dei suoi Portrait reliefs in blu e oro, Klein morirà il 6 giugno
per un attacco cardiaco.
Così lo ricorda Buzzati, sulle pagine del “Corriere della Sera”: “Riesce difficile, almeno a me, far coincidere
l’idea di morte con la personalità di Yves Klein, uno degli artisti più bizzarri e sconcertanti di questo secolo …
Certo non era facile seguirlo in tutte quelle sue scorribande mentali. Ma il suo candore era quello dei bambini,
più precisamente quello dei piccoli spiriti bizzarri, capricciosi e dispettosi, che accompagnano la vita dei
bambini fino a quando essi diventano persone ragionevoli e allora il grande incantesimo finisce”140.
Alla fine del 1967, intervistato dalla rivista “Art et Création” a proposito di Klein, Fontana dichiara:
“Il représentait l’esprit nouveau. Différent des peintres expressionnistes comme Rothko, qui s’occupe de la
vibration lumineuse de l’espace, de Pollock qui veut détruire, le faire exploser, casser le tableau. Différent de moi
qui cherche un espace autre. Lui, il était pour l’infini”141.
Qualche mese dopo, il 7 settembre 1968, anche Fontana sarà tradito dal cuore…
Ma Yves e Lucio continuano a sorridere insieme in quella fotografia scattata alla mostra delle “Nature”
da Iris Clert, che Carla Lonzi sceglie d’inserire nell’apparato iconografico intimo e non convenzionale del suo
Autoritratto del 1969142.
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* Dipartimento di Beni culturali e
ambientali, Università degli Studi di Milano.
A uso dei concorsi si specifica che le parti
su Lucio Fontana sono scritte da Silvia
Bignami e quelle su Yves Klein da Giorgio
Zanchetti.
Il titolo del saggio fa riferimento
alla diffusa immagine, derivata
dall’interpretazione della meccanica
quantistica detta dei “molti mondi”,
formulata nel 1957 dal fisico americano
Hugh Everett III. Cfr. H. Everett, Relative
State Formulation of Quantum Mechanics,
in “Reviews of Modern Physics”, 29, 1957, pp.
454-462; The Many-Worlds Interpretation of
Quantum Mechanics, a cura di B.S. DeWitt,
N. Graham, Princeton 1973.
1
Si vedano “Il Nuovo Corriere della
Sera” e il “Corriere d’Informazione” dell’1° e
2 gennaio 1957.
Verratti, medaglia d’oro nel fioretto
a squadre alle Olimpiadi di Berlino del
1936, era celebre per il suo fisico atletico;
nel 1932 era stato ritratto da Fontana nel
sorprendente nudo dipinto di blu del
Campione olimpico (Atleta in attesa):
un’opera seminale – accanto al perduto
Uomo nero e alla Signorina seduta del
Museo del Novecento – per la capacità di
sublimare l’incombente presenza fisica delle
masse scultoree attraverso la vibrazione
della luce sulle superfici mosse e attraverso
l’uso antinaturalistico e straniante del
colore o dell’oro.
Cfr. M. Milan, scheda, in Anni Trenta.
Arti in Italia oltre il fascismo, catalogo
della mostra (Firenze, Palazzo Strozzi, 22
settembre 2012 - 27 gennaio 2013), a cura
di A. Negri, S. Bignami, P. Rusconi, G.
Zanchetti, S. Ragionieri, Firenze 2012, p.
134, cat. 2.04.
M. Lep. [M. Lepore], Taccuino delle
mostre d’arte, in “Corriere d’Informazione”,
5-6 gennaio 1957, p. 4. Per una disamina più
completa di questa prima mostra di Klein
a Milano e i suoi successivi rapporti con Le
Noci, cfr. il testo di Laura Calvi in questo
stesso catalogo.
2
3
M.V. [M. Valsecchi], Le mostre. Yves
Klein, in “Il Giorno”, 8 gennaio 1957, p. 4.
Si veda la teca di documenti allestita da
Le Noci per la mostra retrospettiva di Klein
del 1964, sempre alla Galleria Apollinaire,
nella quale campeggiava il ritaglio
dell’articolo di Valsecchi con la scritta a
pennarello: “Valsecchi scrisse questo pezzo
senza visitare la mostra”.
Il ritaglio è riprodotto, con analoga
scritta, nel primo numero del bollettino
“Galleria Apollinaire”, a. I, n. 1, Milano,
novembre 1963, [p. 2]. La risposta all’attacco
pregiudiziale di Valsecchi, indirizzata da
Restany alla direzione del giornale, restava
inedita (dattiloscritto, Parigi, collezione
privata), ma, quasi a risarcirne l’artista, il
12 gennaio Adele Cambria dava spazio alla
sua figura e alla sua mostra nell’evocativo
L’avanguardia in tram (in “Il Giorno”, 12
gennaio 1957) che riferisce di un intervento
di Klein alla radio italiana, nei giorni della
mostra, e permette di fissare a sabato 12
gennaio la sua esibizione al Judo Club
Jigoro Kano, di proprietà dell’artista Bruno
Facchini, in arte Contenotte.
D. Buzzati, Un fenomeno alla Galleria
Apollinaire.
Blu blu blu, in “Corriere d’Informazione”,
9-10 gennaio 1957, p. 8. In realtà, come
risulta dalle principali ricostruzioni
retrospettive della mostra, il monocromo
rosso non era esposto insieme agli altri,
ma conservato nel piccolo retrobottega
della galleria. Maria Eugenia Le Noci,
4
moglie e vivace compartecipe delle
imprese galleristiche di Guido, ricorda
però anche la presenza di un monocromo
giallo (color “risotto”) nella stanza sul retro
(testimonianza orale, gennaio 2014). Una
fulminea sintesi dell’articolo di Buzzati
è pubblicata sul rotocalco “Orizzonti” di
Roma il 20 gennaio 1957 come didascalia di
una fotografia di Klein che dipinge a rullo
una delle sue tele sotto gli occhi affascinati
di due ammiratrici: “Il pittore francese
Yves Klein, campione di lotta giapponese,
ha presentato la più paradossale mostra di
pittura che si sia vista al mondo … I suoi
quadri sono costituiti da una superficie
liscia di uniforme colore bleu unito: su
questa superficie non c’è alcun segno o
linea, né alcuna macchia o interruzione:
soltanto un bleu tutto uguale, lievemente e
regolarmente increspato come la cementite
dei nostri appartamenti. Solo le misure e i
colori dei quadri variano.
I suoi arnesi da lavoro sono i tipici rulli
di gomma usati per colorare le pareti”
(“Orizzonti”, n. VIII, Roma, 20 gennaio
1957).
5
L. Borgese, Una mostra a Palazzo
Reale. Mondrian, replica geometrica della
disperazione di Van Gogh, in “Il Nuovo
Corriere della Sera”, 20 gennaio 1957, p. 3.
Con buona pace di Borgese, tra il 1956
e il 1957 si assiste in Italia a una vera e
propria riscoperta di Mondrian, con la
personale alla XXVIII Biennale di Venezia
e con quella, allestita da Carlo Scarpa,
presentata alla Galleria Nazionale d’Arte
Moderna di Roma nel novembre 1956 e a
Milano nei primi mesi dell’anno successivo.
6
“Acquirenti finora due: un noto sarto
collezionista d’arte astratta e il pittorescultore Lucio Fontana, quello dei buchi
per intenderci” (Buzzati, Un fenomeno…
cit.). In un secondo tempo, in L’aventure
monochrome (1958-1960), Klein dichiarerà
che ciascuno dei suoi monocromi blu,
apparentemente identici per tecnica
e dimensioni, era stato venduto a un
prezzo differente, sottolineando così il
carattere di catalizzatori di sensibilità
mentale e spirituale di queste sue opere
e la loro sostanziale inassimilabilità alla
pittura tradizionale [Y. Klein, L’aventure
monochrome, in Idem, Le dépassement
de la problématique de l’art et autres
écrits, a cura di M.A. Sichère, D. Semin,
Paris 2003, pp. 223-268 (p. 233); cfr. anche
M. Meneguzzo, Klein et l’Italie: entre
“Nucléaires” et “Spatialistes”, in Yves Klein.
Corps, couleur, immateriel, catalogo
della mostra (Parigi, Centre Pompidou,
5 ottobre 2006 - 5 febbraio 2007; Vienna,
Museum Kunst Stiftung Ludwig, 9 marzo - 3
giugno 2007), a cura di C. Morineau, Paris
2006, pp. 192-195 (p. 193)].
7
Buzzati, Un fenomeno… cit. Oltre al
quadro acquistato da Fontana, Klein vende
altre quattro opere alla mostra del 1957
all’Apollinaire.
Una al “noto sarto” citato da Buzzati e
due ad altri collezionisti vicini alla galleria.
L’episodio, ricordato da Restany,
dell’acquisto di un monocromo rosso da
parte di Giuseppe Panza di Biumo, che lo
restituiva poco dopo al gallerista [cfr. H.
Périer, Pierre Restany. Le prohète de l’art
(nuova edizione di Idem, Pierre Restany.
L’alchimiste de l’art, Paris 1998), Paris 2013,
p. 51; P. Restany, in L. De Domizio Durini,
Pierre Restany. L’eco del futuro, Milano
2005, p. 56)] è confermato parzialmente
dalla testimonianza dello stesso Panza di
Biumo (intervista di C. Knight a G. Panza,
Los Angeles, 2-4 aprile 1985, Oral history
interview, Archives of American Art,
main sponsor
Smithsonian Institution; trad. it. in L’arte
degli anni ’50, ’60, ’70.
Collezione Panza, Milano, 1999, p. 31)
e con maggior precisione da un appunto
conservato a Parigi in collezione privata
(che attribuisce a Panza l’acquisto di un
monocromo rosso e di un monocromo
blu) e dalla testimonianza orale di Maria
Eugenia Le Noci.
8
G. Zanchetti, “Non vi sono ragioni di
pittura e scultura…” Estro, sperimentazioni
e avventure di Lucio Fontana, 1957-1960, in
Lucio Fontana.
Concetto spaziale, 1957, catalogo della
mostra (Milano, Museo della Permanente,
7 novembre - 3 dicembre 2000), a cura di G.
Zanchetti, Milano 2000, pp. 5-29; Francesco
Tedeschi, Sul “magistero” di Fontana.
Fontana nell’avanguardia milanese degli
anni Cinquanta-Sessanta, in Lucio Fontana.
Metafore barocche, catalogo della mostra
(Verona, Palazzo Forti, 25 ottobre 2002
- 6 marzo 2003), pp. 145-155; A. Bruciati,
Podriamos hacer una demostraciòn de arte
nueva. Neoavanguardia e “grado zero” in
Fontana, ivi, pp. 157-171; J. Galimberti, Nella
famiglia degli spazialisti.
L’amicizia e la collaborazione tra Lucio
Fontana e Yves Klein, in Lucio Fontana e
l’artventure parigina, a cura di S. Bignami, J.
Galimberti, Milano 2014, pp. 105-106.
9
P. Restany, L’epoca blu o Il secondo
minuto della verità (novembre 1956), trad.
it. di B. Joppolo, in Yves Klein. Proposte
monocrome epoca Blu (Pittori della scuola
di Parigi), dépliant di presentazione della
mostra (Milano, Galleria Apollinaire, 2-12
gennaio 1957), a cura di P. Restany, Milano
1957.
10
P. Restany, L’époque bleue ou La
deuxième minute de vérité, novembre
1956, dattiloscritto (Parigi, collezione
privata). Sulla pagina d’album sulla quale
ha incollato il foglio (che è ritagliato
irregolarmente agli angoli, evidentemente
per eliminare altre annotazioni manoscritte
che l’artista non ha ritenuto di conservare),
Yves Klein scrive: “Vernissage à Milan.
Nous étions partis de Paris sept Bertini,
Bernadette Allain, Restany et sa femme
[Aline Popper], Lutka Pink, Bellegarde,
moi”. (“Vernissage a Milano. Siamo partiti
in sette Bertini, Bernadette Allain, Restany
et sua moglie, Lutka Pink, Bellegarde, io”).
Anche il viaggio in treno è documentato
da alcuni scatti fotografici conservati a
Parigi in collezione privata.
Swann, II parte: Un amour de Swann.
13
“Dopo aver attraversato in pieno
sole il giardino dell’Arena, entrai nella
cappella Giotto, dove l’intera volta e il
fondo degli affreschi sono così azzurri che
la giornata radiosa sembra aver varcato
anch’essa la soglia assieme al visitatore
per mettere all’ombra e al fresco, per un
istante, il suo cielo puro … fatto appena più
cupo dell’essersi sbarazzato delle dorature
della luce, come in quelle brevi tregue
che interrompono le più belle giornate
quando il sole, senza che si siano avvistate
nuvole, volge altrove il suo sguardo e per
un momento l’azzurro, ancora più dolce, si
incupisce”.
Idem, Albertine disparue / La fugitive,
cap. III: Séjour à Venise (trad. it. di G.
Raboni).
14
“Rappresentati … come volatili d’una
specie particolare e realmente esistita”.
Ibidem.
15
Y. Klein, Chelsea Hotel Manifesto
(primavera 1961), pubblicato in Yves Klein,
catalogo della mostra (New York, Alexandre
Iolas Gallery, novembre 1962), New York
1962.
16
G. Bachelard, L’Air et les songes. Essai
sur l’imagination du mouvement, Paris 1943.
17
“Il poeta … soffre l’ironia dell’azzurro.
Conosce un azzurro troppo aggressivo che
vuol chiudere con una mano infaticabile ‘i
grandi buchi blu che fanno malignamente
gli uccelli’”.
Y. Klein, L’évolution de l’art vers
l’immatériel. Conférence à la Sorbonne,
3 giugno 1959 (una replica, inizialmente
prevista per il 5 giugno, non ha avuto
luogo); se ne veda il testo originale,
trascritto dalla registrazione audio, in Klein,
Le dépassement… cit., pp. 118-153, 356-361
(p. 137).
Il verso di Stéphane Mallarmé, citato
da Bachelard, è tratto da L’Azur (1864). E,
in fondo, all’origine di quella prima panica
appropriazione del blu da parte di Klein,
c’è lo stesso cielo (o il mare?) azzurrissimo
ritagliato a Vence nel 1947 dal vecchio
Matisse nella sua gouache découpée Les
Voiles.
18
Cfr. G. Zanchetti, Fontana e la luce.
Una “nuova evoluzione del mezzo per l’arte”,
in Lucio Fontana, catalogo delle mostre del
centenario (Milano, PAC, Triennale, Museo
Diocesano, Museo della Scala, Accademia
di Brera, aprile-giugno 1999), Milano 1999,
pp. 165-169; Idem, scheda, in Il museo
del Novecento. La collezione, a cura di F.
Fergonzi, A. Negri, M. Pugliese, Milano
2010, pp. 218- 219. Sull’importanza dell’opera
– anche in relazione agli sviluppi ambientali
del lavoro di Yves Klein e in particolare
all’installazione di Pigment pur proposta
nel maggio del 1957 alla Galerie Colette
Allendy di Parigi – si veda l’intervento di
Marina Pugliese, in questo stesso catalogo.
11
Eppure Restany, nei primissimi anni
cinquanta, aveva studiato Storia dell’arte
all’Università per stranieri di Perugia
e, forse, a quella di Pisa: di quegli anni
ricorda soprattutto le lezioni di Argan, che
teneva effettivamente alcuni corsi estivi a
Perugia tra il 1950 e il 1955 e che, nel 1947,
aveva dedicato un articolo al personaggio
di Elstir nel numero dedicato a Proust di
“Letteratura” (G.C. Argan, Elstir o della
pittura, in “Letteratura”, n. IX, 6, novembredicembre 1947, pp. 209-216). Cfr. Périer,
Pierre Restany…, 2013, cit., p. 19; C. Gamba,
Cronologia della vita e dell’opera di Giulio
Carlo Argan. Sezione V. Riportare l’Italia in
Europa: dopoguerra e ricostruzione 1945-54,
in Giulio Carlo Argan. Intellettuale e storico
dell’arte, atti dei convegni e dei seminari
promossi dal Comitato Nazionale per le
celebrazioni del centenario della nascita di
Giulio Carlo Argan (Roma, Accademia dei
Lincei e Università La Sapienza, 2009), a
cura di C. Gamba, Milano 2012, pp. 489-495.
20
Dove lo conduce, alla guida di una
Buick, un anonimo collezionista italiano di
“Matisse, Picasso, Braque, etc.” che sarebbe
bello poter identificare (Y. Klein, diario
del viaggio in Italia, agosto 1948, Parigi,
collezione privata; pubblicato in trad. it. in
Yves Klein. La Vita… cit., pp. I-IV).
12
“Il polittico di San Zeno e gli affreschi
degli Eremitani”. M. Proust, Du côté de chez
21
G. Zanchetti, “Un futuro c’è stato…”
Anacronismo e suggestioni iconografiche
19
Cfr. I pavimenti di Vipla alla Nona
Triennale di Milano, Milano 1951 (Milano,
Archivio Fondazione Lucio Fontana).
in Fontana, in Intorno a Fontana, a cura di
G. Zanchetti, atti degli incontri di studio su
L. Fontana (Milano, Università degli Studi
e Università Cattolica del Sacro Cuore,
marzo-maggio 2002), numero monografico
di “L’uomo nero. Materiali per una storia
delle arti della modernità”, a. I, n. 1, Milano,
giugno 2003, pp. 89-100.
Pomodoro, Rossello, Sordini, Verga, Jorn,
Vandercam, catalogo della mostra (Milano,
Galleria San Fedele, 12-30 ottobre 1957),
Milano, 1957.
È probabile che il tramite con Baj per
la partecipazione di Klein a questa mostra
fosse, prima ancora che Le Noci, Gianni
Bertini.
22
“Dopo aver trascorso due giorni
nell’indimenticabile Venezia, con il suo
gioiello piazza San Marco – Salgo sul treno
per Nizza! con due lire in tasca … Fine della
Storia!!!!” Klein, diario del viaggio in Italia,
cit., Parigi, collezione privata.
28
Armand, Enrico Baj, Bemporad,
Gianni Bertini, Jacques Colonne, Stanley
Chapmans, Mario Colucci, Dangelo,
Enrico De Miceli, Reinhout D’Haese, Wout
Hoeboer, Hundertwasser, Yves Klein,
Théodore Koenig, Piero Manzoni, Nando,
Joseph Noiret, Arnaldo Pomodoro, Gio
Pomodoro, Pierre Restany, Saura, Ettore
Sordini, Serge Vandercam, Angelo Verga,
Contro lo stile, Milano, settembre 1957.
23
“Nel cielo di St-Germaindes-Prés”.
“Le forme da me liberate in occasione del
vernissage della mia epoca blu si sono
elevate nell’aria, nella nostra atmosfera,
poi a poco a poco sono sparite ai nostri
occhi, non volevano più assoggettarsi alla
schiavitù della pesantezza sotto il giogo
della quale viviamo”, Parigi, collezione
privata. Il testo riportato nel ritaglio fa
parte di una nota più ampia pubblicata
in Klein, Le dépassement…, p. 368. La
doppia mostra parigina delle Propositions
monochromes si svolgeva alla Galerie Iris
Clert (10-25 maggio) e alla Galerie Colette
Allendy (14-23 maggio 1957): da Iris Clert,
Klein presenta nuovamente i monocromi
blu, mentre dall’Allendy, propone alcune
innovative operazioni decisamente
innovative: l’installazione a pavimento del
Pigment pur, un monocromo trafitto da
fuochi artificiali che vengono accesi la sera
dell’apertura (Feux de Bengale.
Tableau de feu bleu d’une minute)
e un ambiente completamente vuoto
(Surfaces et blocs de sensibilité picturale,
Intentions picturales), che l’artista mostra
personalmente soltanto ad alcuni spettatori,
anticipando così La Spécialisation de la
sensibilité à l’état matière première en
sensibilité picturale stabilisée, l’intervento
generalmente conosciuto come Le Vide,
realizzato alla Galerie Iris Clert dal 28 aprile
al 12 maggio 1958.
24
D. Buzzati, Sortilegio a Notre Dame, in
“Corriere della Sera”, 4 febbraio 1962, p. 3.
25
“Questi lavori di Robert Desoille
potranno indubbiamente gettare una
luce psicologico-scientifica sul successo
straordinari della canzone ‘Nel blu dipinto
di blu’, che io ho ispirato a Modugno
quando ho esposto a Milano la mia epoca
blu”, Parigi, collezione privata. Cfr. Y. Klein,
L’aventure monochrome - Alchimie, in Yves
Klein, catalogo della mostra (Parigi, Centre
Georges Pompidou, Musée National d’Art
Moderne, 3 marzo - 23 maggio 1983), a cura
di J.Y. Mock, Paris 1983, p. 177; Y. Klein,
L’Avventura monocroma - Alchimia, in Yves
Klein. La Vita, la vita stessa che è l’arte
assoluta”, catalogo della mostra (Nizza,
Musée d’art moderne et d’art contemporain,
28 aprile - 4 settembre 2000; Prato, Museo
Pecci, 23 settembre 2000 - 10 gennaio 2001),
a cura di B. Corà, G. Perlein, Nice - Prato
2000, p. 84.
Cfr. G. Borgna, Storia della canzone
italiana, Milano, 19922, pp. 225- 226; G.
Castaldo, Nel blu di Modugno l’Italia si
mise a cantare, 19 novembre 1999. E più
chagalliana che kleiniana è senz’altro anche
la messinscena animata, decisamente
kitsch, per la presentazione televisiva del
brano a Canzonissima 1958 da parte di
Johnny Dorelli.
26
Cfr. G. Kaisserlian, E. Jaguer,
Baj, Bemporad, Bertini, Dangelo, Yves
Klein, Manzoni, Arnaldo Pomodoro, Gio
27
29
18 opere della collezione privata di
Lucio Fontana, 18 opere della collezione
privata di Bruno Munari (Milano, Galleria
Blu, maggio 1957).
31
G. Ballo, Oltre la pittura, in “Azimuth”,
n. 1, Milano, [settembre] 1959.
Lettera di Lucio Fontana a Gualtieri di
San Lazzaro, Milano, 27 aprile 1957, Milano,
Centro APICE, Fondo San Lazzaro, serie
2, ua 84.
32
U. Kultermann, Una nuova concezione
di pittura, in “Azimuth”, n. 2, gennaio 1960,
n.p. Cfr. anche Zanchetti, “Non vi sono
ragioni”… cit., pp. 26-29.
40
Lettera di Lucio Fontana a Gualtieri
di San Lazzaro, Milano, 6 novembre 1956,
Milano, Centro APICE, Fondo San Lazzaro,
serie 2, ua 84.
33
Cfr. R. Moulin, Le marché de la
peinture en France, Paris 1970, pp. 92,
144. Le gallerie della Rive Gauche sono
frequentate da amanti dell’arte con capitale
limitato e per questo hanno vita breve.
Si tratta spesso di realtà piccole,
destinate a brillare per l’arco di una
stagione o poco più, ma capaci di lasciare
il segno perché sede di eventi cardine nella
storia dell’arte contemporanea.
41
Alla collettiva partecipano anche
Carla Accardi, Giuseppe Capogrossi, Horia
Damian, Enard, Claire Falkenstein, Gerdur,
Georges Mathieu, Jaroslav Serpan e Mark
Tobey.
Per i rapporti tra Fontana e Tapié si veda
J. Galimberti, Michel Tapié e Lucio Fontana.
Parigi e il rischio dell’informale, in
Fontana e l’artventure parigina, cit., pp.
95-96.
34
Iris Clert. Microspective (Strasburgo,
Musée d’Art Moderne et Contemporain de
Strasbourg, 2003-2004), Strasbourg 2003,
p. 10.
42
M. Tapié, OEuvres vives de la
Biennale de 1958, in “Notizie”, a. II, n. 6
(luglio 1958), pp. 31-34. Già nel 1954, Tapié
aveva citato Fontana nella recensione: M.
Tapié, La Biennale de Venise, in “Cimaise”,
II serie, n. 1, Paris, settembre-ottobre 1954,
pp. 8-10.
30
Milano, Archivio Galleria Blu.
sue sculture astratte figurano nel numero
4 di “Abstraction-Création” del 1935). Nella
primavera del 1937 partecipa alla Exposition
Internationale des Arts et des Techniques
dans la Vie Moderne con una scultura per
la torre del Padiglione italiano di Marcello
Piacentini.
In quell’occasione realizza per il
Padiglione delle compagnie di navigazione
Italia degli architetti BBPR – installato
su una zattera galleggiante sulla Senna –
quattro gruppi scultorei in gesso colorato,
Vittoria marinara, Marinai che salpano,
La rotta del sole e La Dea del Mare, che
simboleggiavano “tutto il fascino, la forza
e il mistero del mare e della vita sul mare”.
Nell’estate del 1937 si trasferisce a Parigi,
lavora a Sèvres e approfondisce il rapporto
con Ossip Zadkine.
Le ceramiche vengono esposte alla
mostra “Sculptures en céramique de Lucio
Fontana exécutées à Sèvres” (Parigi, Jeanne
Boucher-Myrbor, 16 dicembre - 31 dicembre
1937).
35
S. Stich, Yves Klein, Stuttgart 1994, p.
89. La studiosa statunitense indica inoltre
che, in questa occasione, Fontana avrebbe
acquistato un secondo monocromo di Klein,
traendo evidentemente l’informazione da
un passo delle memorie di Iris Clert, che
però appare a una lettura più attenta non
privo di imprecisioni (fa riferimento ai tagli
di Fontana, in una data anteriore alla loro
prima produzione) e non specificamente
riferibile all’episodio del “Micro Salon” (Cfr.
I. Clert, Iris-Time: L’Artventure, Paris 2003 [I
ed. 1978], p. 145).
Sui rapporti tra Fontana e Gualtieri
di San Lazzaro cfr. L. Nicoletti, Gualtieri di
San Lazzaro e Lucio Fontana, da Albisola
a Parigi, in Lucio Fontana e l’artventure
parigina, cit. pp. 137-148.
36
37
M. Luz, Chroniques du Jour - Lucio
Fontana explore le monde, in Vrai et faux
réalisme dans l’art contemporain, numero
monografico di “XXe Siècle”, 9 maggiogiugno 1957, n.p.
38
A metà degli anni trenta Fontana
lavora in Francia tra Parigi e Sèvres,
instaurando contatti con Brancusi e Tzara,
come ricorda nella conversazione con Carla
Lonzi (C. Lonzi, Autoritratto.
Accardi, Alviani, Castellani, Consagra,
Fabro, Fontana, Kounellis, Nigro, Paolini,
Pascali, Rotella, Scarpitta, Turcato, Twombly,
Bari 1969, p. 168). Nel maggio-giugno 1935
espone al Premier Salon de l’art mural (e
main sponsor
39
43
“Per avere i quadri di Fontana sarebbe
meglio scrivere a lui per ricordarglielo”
(lettera di Piero Manzoni a Iris Clert, 7
novembre 1958, Parigi, Centre Pompidou,
Bibliothèque Kandinsky, Fonds Iris Clert).
44
Sidra Stich ne fissa così le date:
aprile 1958; settembre dello stesso anno,
in compagnia della zia Rose; giugno 1959;
febbraio 1961; novembre 1961, con Rotraut.
(S. Stich, op. cit., p. 131).
Per l’importanza assegnata ai
“monocromi” di Assisi, si vedano
anche L’aventure monochrome. Sur la
monochromie e Conférence de la Sorbonne,
in Klein, Le dépassement… cit., pp. 136 e 258.
45
46
Su questo episodio e sulla
realizzazione delle Anthropométries, si veda
il saggio di Denys Riout in questo stesso
catalogo.
47
Cfr. XXIX Biennale internazionale
d’arte, catalogo della mostra (Venezia,
Giardini, 1958), Venezia 1958, p. 380, n. 39.
48
Cfr. Stich, op. cit., pp. 148-149.
Elle à la Biennale de Venise, in “Elle”,
13 ottobre 1958.
49
50
Lettere di Lucio Fontana a Tullio
d’Albisola (“Quaderni di Tullio d’Albisola”,
n. 4), a cura di D. Presotto, Savona 1987,
p. 144.
51
È la scritta autografa sul retro di
un dipinto del 1959 (59 T 119). Cfr. Lucio
Fontana.
Catalogo ragionato a cura di E. Crispolti,
con la collaborazione di N. Ardemagni
Laurini, V. Ernesti, Milano 2006, p. 468.
52
“Fontana è approdato senza
mediazioni all’opzione più estrema,
scegliendo come elemento questo vuoto
spaziale che è il buco fatto su una superficie
qualunque … Nessun atteggiamento
artistico ha mai preteso in questo modo di
condizionare qualitativamente un’opera
attraverso la sola astrazione; nessun
percorso è mai stato così indifferentemente
nonclassico”. M. Tapié, Fontana, testo
critico per la mostra, Parigi, Galerie Stadler,
marzoaprile 1959.
53
F. Fergonzi, Definire un artista:
Fontana prima dei tagli, in Brera mai vista.
Due quadri di Lucio Fontana: Concetti
spaziali. Forme, 1957, catalogo della mostra
(Milano, Pinacoteca di Brera, marzogiugno
2005), a cura di F. Fergonzi, G. Zanchetti,
Milano 2005, pp. 9-13.
54
Si tratta in massima parte di opere già
esposte al Naviglio; la vicenda è ricostruita
in Fontana e l’artventure parigina, cit., pp.
15-17.
55
“La cosa più triste è che sia stato
imposto a Fontana un tale accostamento
per la sua prima mostra importante a
Parigi. Qui la personalità di Fontana è poco
conosciuta.
L’ampiezza del personaggio, il suo
passato, l’apertura delle sue ricerche, tutto
questo meritava di meglio o perlomeno
un’altra presentazione.
Le opere esposte erano tutte recenti:
tele generalmente monocrome bucate
da lacerazioni longitudinali. Sta tutto
lì, nell’affermazione del gesto. Ma in un
contesto così aggressivamente barocco
come quello di Coetzee questo gesto
perdeva tutta la sua ampiezza”. Cfr. P.R.
[P. Restany], Fontana, Coetzee, Tàpies, in
“Cimaise”, n. 5, giugno-luglio-agosto 1959,
p. 46.
56
L’art abstrait, in “Combat”, 30 marzo
1959, p. 7.
57
L’archivio è in corso di studio e di
riordino e non è stato possibile ottenerne i
materiali per la mostra.
58
Motion in Vision / Vision in Motion.
Robert Breer, Pol Bury, Yves Klein,
Heinz Mack, Enzo Mari, Bruno Munari,
Necker, Dieter Rot, Jesus Raphael Soto,
Daniel Spoerri, Jean Tinguely, Paul Van
Hoeydonck, catalogo della mostra (Anversa,
Hessenhuis, 21 marzo – 3 maggio 1959), a
cura di M. Cammewaert, Antwerpen 1959.
59
“Ero contro il lavoro di Fontana. Devo
ammettere che non l’ho mai incontrato, ma
non ho mai capito come fosse possibile
interessarsi a un artista che è, secondo me,
distruttivo e non costruttivo.
Lacerare una tela per me equivale a un
assassinio.
Un giorno Soto mi ha detto: ‘Denise, lei
ha fatto due errori: le sono sfuggiti Yves
Klein e Fontana’”. J.-P. Ameline, Hans Mayer
et Denise René, in Denise René, l’intrépide.
Une galerie dans l’aventure de l’art abstrait
1944-1978, catalogo della mostra (Parigi,
Centre Georges Pompidou, 4 aprile - 4
giugno 2001), a cura di J. P. Ameline, V.
Wiesinger, Paris 2001, p. 170.
Parigi, in “Il Taccuino delle Arti”, n. 40,
marzo 1959, p. 1.
60
M. Conil-Lacoste, À travers les
galeries, in “Le Monde”, 10 aprile 1959, p. 9.
73
Lettera di Lucio Fontana a Enrico
Crispolti, Milano, 18 aprile 1959, in Lucio
Fontana.
Lettere 1919-1968, a cura di P. Campiglio,
Milano 1999, p. 162.
61
L. Hoctin, Pour vous guider dans les
galeries de Paris, in “Arts Spectacles”, a. X,
n. 715, marzo 1959, p. 13.
“Fontana è contento dei muri rossi,
una vulva ben aperta rivela la parete come
il segreto porpora del suo frutto.” Cfr.
G. Limbour, senza titolo, in “Les Lettres
Nouvelles”, 8 aprile 1959.
62
“Poesia imperitura”, Fontana peint à
coup de couteaux, in “XXe Siècle”, édition
mensuelle, a. I, n. 2, marzo 1959, p. 14.
Sebbene l’articolo sia anonimo l’autore è
probabilmente Gualtieri di San Lazzaro.
63
64
“Bisogna vedere in questo nuovo
exploit una reazione alla pittura totale degli
americani? Fontana ha veramente voluto
bucare lo ‘schermo’ di Rothko per tornare
ancora una volta a ‘Dada’?”, ibidem.
A. Boschi, in 50 anni di pittura italiana
nella collezione Boschi - Di Stefano donata
al Comune di Milano, catalogo della mostra
(Milano, Palazzo Reale, 27 maggio - 20
settembre 1974), a cura di M. Precerutti
Garberi, Milano 1974, pp. 11-12, (p. 12). Per
i rapporti tra Fontana e i Boschi si veda:
Zanchetti, “Non vi sono ragioni”… cit., pp.
22-26.
Sulla collezione si vedano anche: L.
Caramel, M.T. Fiorio, C. Pirovano, Galleria
d’Arte Moderna. Collezione Boschi, Milano
1980; R. Ghiazza, La collezione Boschi-Di
Stefano al Palazzo Reale di Milano, Milano
1993.
65
Cfr. Zanchetti, “Un futuro c’è stato”…
cit., p. 100, nota 18.
66
67
Fanno parte della Collezione Boschi
del Comune di Milano anche una terza
opera su carta di Marie Raymond, acquisita
nella stessa data, e un grande dipinto a
olio su tela.
Sull’attività della pittrice, si veda
R. Fleck, Marie Raymond, Yves Klein,
pubblicato in occasione della mostra
(Angers, Musée des Beaux-arts, 20
novembre 2004 - 24 febbraio 2005), Angers
2004.
68
“Lucio Fontana, sulla sessantina, la
testa a cupola, lo sguardo sognante, tiene
fra due dita la sigaretta fra i baffi, ricorda
Paul Valéry, poeta francese un po’ genovese,
molto latino”. Cfr. P. Guéguen, Fontana
l’innovateur, in Psycologie de la tecnique,
numero monografico di “XXe Siècle”, n. 12,
maggio-giugno 1959, pp. 75-77.
69 “Fontana può essere orgoglioso
di trovarsi in accordo con il più grande
architetto di questi tempi, Le Corbusier.
Si sa, infatti, che una delle trovate più
originali della Cappella di Ronchamps
fu di bucare con fori disuguali alcune
facciate, permettendo alla luce di rischiarare
discretamente l’atmosfera volutamente
oscura dell’interno. Un incontro di
‘luministi’ in arti diverse”. Cfr. Guéguen,
cit., p. 77.
Lettera di Lucio Fontana a Rodolphe
Stadler, 14 aprile 1959 (Parigi, Archives
Stadler). 71 G.D., Lucio Fontana: tagli nelle
tele, in “Domus”, n. 356, luglio 1959, pp.
26-28.
70
72
E. Crispolti, Fontana e Consagra a
74
Fontana, in “Il Giornale degli Italiani”,
28 marzo 1959, p. 4.
75
“Un giorno ricevetti la visita di
Fontana, esponeva da Stadler. Era di una
generosità e di una bontà estreme. Ebbi
per lui un immenso affetto. Lucio, gran
seduttore, provò il suo fascino su di me.
Con dispiacere respinsi le sue avances,
ma lo feci con molto tatto. Come dire a
questo Don Giovanni autunnale che lo
vedevo più come un padre e che i suoi occhi
neri mi avrebbero bloccato? In seguito
Fontana, che esposi a più riprese, si consolò
dicendomi: ‘Siamo due geni. Troppo per
vivere insieme’”. Clert, Iris-Time, cit., pp.
138-139. Il carteggio tra Fontana e Iris
Clert è pubblicato in S. Bignami, Le plus
parisien des artistes italiens, in Fontana
e l’artventure parigina, cit., pp. 54-74. La
prima lettera del carteggio è del 24 marzo
1959, una settimana dopo l’inaugurazione
da Stadler.
A questo lasso di tempo va ricondotta la
visita dell’artista in galleria.
76
Si tratta dell’opera 59 T 68 in Lucio
Fontana. Catalogo ragionato, cit., p. 457.
Oltre al precedente, gli altri tre ritratti
sono le opere 61 O 34 (presente in questa
mostra e verosimilmente da datare al 1959
come peraltro indica la scritta sul retro:
l.fontana/Ritratto di Iris Clert/1959), 61
O 35 e 61 O 36. Sulla base del carteggio
almeno uno di questi due è da datare
prima dell’ottobre 1960 e non nel 1961,
come indicato in Lucio Fontana. Catalogo
ragionato, cit., p. 552.
77
78
Nel 1955, a Parigi, Iris Clert organizza
la sua prima mostra alla Galerie Haut-Pavé,
al numero 3 di quai Montebello, gestita
dal domenicano père Gilles Vallée. L’anno
dopo affitta un piccolo negozio di 12 metri
quadrati al numero 3 di rue des Beaux-Arts,
che diventa la Galerie Iris Clert. La prima
esposizione del febbraio 1956 è di Dora
Tuynman, presentata da Claude Rivière e
Julien Alvard.
79
“Sono certo che la sua galleria
diventerà presto una delle più importanti
e vivaci di Parigi” (lettera di Lucio Fontana
a Iris Clert, 6 ottobre 1960, Parigi, Centre
Pompidou, Bibliothèque Kandinsky, Fonds
Iris Clert).
80
“Venendo qui a Gelsenkirchen ho
ritrovato le foto con l’uniforme dei cavalieri
di San Sebastiano che le avevo fatto a casa
mia. Sono contento di inviarle queste foto
che credevo di aver perso!”. Lettera di
Yves Klein a Lucio Fontana, 1° agosto 1959
(Parigi, collezione privata).
Una delle fotografie è stata rintracciata
presso l’archivio della Fondazione Lucio
Fontana.
81
Nei mesi immediatamente successivi,
Fontana cede il Relief éponge sans titre
(RE 51), del 1959, a un collezionista privato.
L’opera è passata in asta da Christie’s a
Londra nel giugno 2012.
Sculpture éponge bleue sans titre, (SE
203), 1959.
In una successiva lettera da Albisola,
82
main sponsor
del 20 agosto, Fontana informa la Clert
di aver dato del denaro a Piero Manzoni,
augurandosi di trovare “il quadro” di Klein
a Milano; Manzoni, che in quel periodo
si trova come Fontana nella cittadina
ligure, scrive in una lettera non datata alla
gallerista: “J’ai vu Fontana, qui, hélas, ne m’a
pas voulu donner l’argent, parce qui’il n’a
pas encore recu l’oeuvre d’eponge d’Yves”.
(“Ho visto Fontana che, ahimé, non mi ha
voluto dare il denaro, perché non ha ancora
ricevuto la spugna di Yves”).
Da ulteriori missive conservate
nell’archivio della Fondazione Piero
Manzoni e nei Fonds Iris Clert si evince
che la gallerista è in debito con Manzoni
avendo venduto quattro quadri che l’artista
milanese le aveva lasciato a Parigi: così
Fontana salda il debito della gallerista con
l’amico. Per le lettere tra Manzoni e Iris
Clert si veda anche F. Pola, Una visione
internazionale. Piero Manzoni e Albisola,
Milano 2013.
Anthropométrie sans titre (ANT 136),
1960; Monogold “Age d’or”, (MG 42), 1960.
83
84
“Il volo crea la 4 dimensione il
distacco dell’uomo dalla terra, dalla linea
d’orizzonte che per millenni fu la base
della sua estetica e proprozione, una nuova
estetica e proprozione, una nuova estetica
appena agli inizi”. “Un sasso bucato, un
elemento verso il cielo, una spirale è la
conquista illusoria dello spazio, sono
forme contenute nello spazio, si parlerà
di arte spaziale solo colla conquista della
4a dimensione nello spazio, il volo”. Cfr. L.
Fontana, appunti per il Manifesto tecnico
dello Spazialismo, Milano, Fondazione Lucio
Fontana.
85
Lettera di Fontana a H. Shunk e J.
Kender, Milano, 30 dicembre 1962 (Parigi,
Centre Pompidou, Bibliothèque Kandinsky,
Fonds Iris Clert).
86
Lucio Fontana. Catalogo ragionato,
cit., 60 B 30, p. 403.
87
Concetto spaziale - Attese (61 T 53),
1961; Concetto spaziale - Attese (65 T 96),
1965: quest’ultimo reca sul retro anche la
scritta autografa: “Luigi crede che io sono
interrista!!”. Cfr. anche J. Galimberti, Nella
“famiglia degli spazialisti”.
L’amicizia e la collaborazione tra
Lucio Fontana e Yves Klein, in Fontana e
l’artventure parigina, cit., pp. 103-104.
88
Lettera di Lucio Fontana a Yves Klein,
2 maggio 1959 (Parigi, collezione privata).
89
Ivi. “Sarebbe necessario vedersi e
parlarne, precisare, per quel che è possibile,
la forma della realizzazione, i gusti,
insomma, un programma più concreto
e presentarlo alla Commissione. Io sono
sicuro che sarebbe una cosa formidabile
per la prossima Triennale, che si inaugura
nel giugno del 1960, l’anno prossimo”. Del
progetto è già al corrente Iris Clert: “Je
doi voir c’est semaine la commision de la
Triennale, y je voulé faire le posible pour
faire travaillé Klein y les artist de vôtre
galerie”. (“Devo incontrare questa settimana
la commissione della Triennale, e volevo
fare il possibile per far lavorare Klein e gli
artisti della sua galleria”). Lettera di Lucio
Fontana a Iris Clert, 25 aprile 1959 (Parigi,
Centre Pompidou, Bibliothèque Kandinsky,
Fonds Iris Clert).
90
“È di uno spirito diverso rispetto
alla nostra famiglia, la famiglia degli
‘spazialisti’”. (minuta della lettera di Yves
Klein a Lucio Fontana, 1° agosto 1959,
Parigi, collezione privata).
Klein pensa che le sculture di Tinguely
siano troppo piccole e “psicologiche” e
soprattutto più adatte a un interno che a
un esterno. Suggerisce il nome di Nicolas
Schöffer che dipinge quadri in cielo con luci
di diversi colori la notte e quindi creerebbe
uno spazio più emotivo.
91
“Uno spettacolo inaudito di trombe
d’acqua fermate in volo al di sopra della
testa dei visitatori che saliranno i gradini
delle scale all’entrata”.
92
Nel giugno del 1959 è stato indetto
un bando allo scopo di ricostruirne il tetto.
Klein partecipa con un progetto che però
non viene selezionato dalla commissione.
93
“Un ambiente psicologico e dinamico
di permanente conforto fisico per i
visitatori”.
94
“I miei muri di fuoco, i miei muri
d’acqua, sono con il tetto d’aria, i materiali
per costruire una nuova architettura. Con
questi tre elementi classici fuoco, aria e
acqua, la città di domani sarà costruita,
flessibile, spirituale e immateriale”. Klein,
L’évolution… cit., p. 152.
95
In alcuni disegni è sommariamente
tracciata la pianta di un lungo edificio
absidato, verosimilmente riconoscibile nel
Palazzo della Triennale costruito da Muzio
nei primi anni trenta.
96
“Inserire zampilli di fuoco nelle
piccole cascate e nei giardini di Tivoli,
nella lunga stagione estiva”, lettera di Jean
Larcade al Sindaco di Tivoli, 17 ottobre 1961
(Parigi, collezione privata).
97
Arman, Hains, Dufrêne, Yves le
Monochrome, Villeglé, Tinguely. Les
Nouveaux Réalistes, catalogo della mostra
(Milano, Galleria Apollinaire, maggiogiugno 1960), a cura di P. Restany, Milano
1960.
98
“Ho messo in atto da tempo un
ritorno al realismo, a un autentico realismo
valido per oggi e per domani, attraverso
l’immateriale! … Per me non si tratta di
più di dipingere delle tele, ma piuttosto di
stabilire in modo permanente e durevole
tra me e la natura, che in fondo sono
tutt’uno, la tela non-figurativa, che è a un
tempo la più reale e la più immateriale che
esiste”. Y. Klein, Le réalisme authentique
d’aujourd’hui, Parigi, settembre 1959,
dattiloscritto (Parigi, collezione privata);
pubblicato in Klein, Le dépassement… cit.,
pp. 154-155, 362. Si veda anche la lettera di
Fabrizio Mondadori a Klein, Camaiore, 10
settembre 1959 (Parigi, collezione privata).
99
Lettere di Iris Clert a Peppino
Palazzoli, Paris, 20 gennaio e 18 novembre
1959 (Milano, Archivio Galleria Blu). Un
importante collezionista milanese, Paride
Accetti, acquisterà il 7 dicembre la terza
Zone de sensibilité di questa prima serie.
100
Règles rituelles de la cession de
zones de sensibilité picturale immaterielle,
1957-1959, dattiloscritto (Parigi, collezione
privata); pubblicato in Klein, Le
dépassement… cit., pp. 278-279, 411-413.
101
Antagonismes, catalogo della mostra
(Parigi Musée des Arts Décoratifs, Palais
du Louvre, Pavillon de Marsan, febbraio
1960), a cura di J. Alvard, F. Mathey, Paris
1960, p. 65.
102 Ivi, p. 97. Cfr. Stich, op. cit., pp.
201-202; D. Riout, Yves Klein. Manifester
l’immatériel, Paris 2004, pp. 118-119.
103
“Ho fatto quasi 30 palloni in
terracotta molto grandi con dei grandi tagli
e buchi, sono molto contento, è il nulla! La
morte della materia, è la pura filosofia della
vita! Bene”.
Lettera di Lucio Fontana a Jef Verheyen,
Milano 5 ottobre 1960, in Lucio Fontana.
Lettere, cit., p. 180.
104
Sculpture italienne contemporaine,
d’Arturo Martini à nos jours, catalogo della
mostra (Parigi, Musée Rodin, 1961), Paris
1961. Le due Nature sono le opere n. 26
(illustrata nella tavola 11, Lucio Fontana.
Catalogo ragionato, cit., 59-60 N 17, p. 534)
e 27.
“Sono come delle esplosioni
ritardate, delle mine cariche di esplosivo,
boe scoppiate che ci trasportano nella
profondità delle acque… Ed è ancora uno
spazio al di là dello spazio, uno spazio
interiore, appena illuminato, misterioso,
che racchiude un’antica minaccia, quello
proposto in questi magnifici bronzi. Bronzi
vecchi come la terra che si collocano al
di là del tempo” (J.-A. França, Fontana, in
“Aujourd’hui.
Art et Architecture”, n. 34, dicembre
1961, p. 45. A p. 44 è riprodotta una
fotografia di Iris Clert sulle Nature).
105
106
“La mostra delle palle di Fontana
è formidabile, è una delle cose più
impressionanti che abbia visto sinora”
(lettera di Paul Van Hoeydonck a Iris Clert,
3 marzo 1961 (Parigi, Centre Pompidou,
Bibliothèque Kandinsky, Fonds Iris Clert).
107
“Quanto ai ‘palloni’, sento queste sfere
di argilla o terracotta dalla superficie nuda,
prive di fioriture, senza nessun tentativo di
levigatura o lucidatura, come delle presenze
misteriose, ancora più impressionanti in
gruppo, come nell’esposizione di Palazzo
Grassi della scorsa estate. Create dall’argilla
presa a piene mani e gettata sulla forma
ad ampliarne incessantemente il volume,
con un gesto controllato da un occhio
attento agli effetti del caso, poi tagliate a
metà, o bucate, da un taglio netto, evocano
allo stesso tempo le forme più primitive
e ancestrali, trasportate dalle onde e dai
venti – o degli organismi, dei corpi viventi
e pesanti, carichi di sensualità e, allo stesso
tempo, feriti.
Che cosa sono queste forme? sculture,
sfere, creature?…” (L. Hoctin, Les ‘Ballons’ de
Lucio Fontana, in “XXe Siècle”, a. XXIII, n.
16, maggio 1961, pp. 87-89.)
108
P. Emanuelli, Il cielo e le sue
meraviglie. Atlante di 150 tavole,
riproduzioni di fotografie celesti ottenute
con i più grandi telescopi moderni, Milano
1934.
Il volume era pubblicato da Ulrico
Hoepli, che pochi anni prima, nel 1930,
aveva donato alla città di Milano il
Planetario, progettato da Piero Portaluppi.
109
Cfr. Lucio Fontana. Catalogo
ragionato delle opere su carta, a cura di L.M.
Barbero, 3 voll., Milano 2013, vol. II, p. 519.
110
Emanuelli, op. cit., tavv. 50-52.
Ivi, tavv. 134-136. Per una più
circostanziata disamina dell’interesse di
Fontana per le immagini astronomiche, si
veda: Zanchetti, “Un futuro c’è stato”… cit.; S.
Petersen, Space – Age Aestetics.
Lucio Fontana, Yves Klein, and
the Postwar European Avant – Garde,
111
University Park, PA 2009. Per l’interesse di
Fontana e di Klein per questo tipo di fonti,
si vedano rispettivamente i saggi di Sileno
Salvagnini e di Stephen Petersen in questo
stesso catalogo.
“– Lucio, le voglio esporre nella mia
galleria! – Lei è pazza, sono invendibili.
Tutti i mercanti le hanno rifiutate. Il
mio amico San Lazzaro, persino lui ha
rifiutato di esporle. – Mi piacciono talmente
che le venderò tutte! Me le invii. Anche il
trasporto sarà a mio carico. – ‘Iris Klein’,
c’è un problema. Ho un impegno con
Jean Larcade che mi deve esporre a metà
novembre. – Ah! Perfetto.
Chiederò a Jean che si faccia la mostra
lo stesso giorno. La gente non dovrà che
attraversare la strada per assistere ai due
vernissage”. Si veda: Clert, Iris-Time, cit.,
pp. 252-253.
112
113
Lettera di Lucio Fontana a Ezio
Gribaudo, Milano, 14 ottobre 1961, in Ezio
Gribaudo e Lucio Fontana. Cronaca di un
viaggio americano, a cura di S. Cecchetto,
Milano 2011, p. 14.
114
Lucio Fontana. Catalogo ragionato,
cit., 61 O 73, p. 566 (olio, buchi e graffiti su
tela, rosso).
115
Lucio Fontana. Catalogo ragionato,
cit., 59-60 N 30, p. 539.
116
Lettera di Lucio Fontana a Daria, 14
dicembre 1961, in Lucio Fontana. Lettere,
cit., p. 233.
117
“Il sensazionale, l’esposizione”. V.
Clert, Une aventure (typo)graphique, in Iris
Clert. Microspective, cit., pp. 16-27.
118
Clert, Iris-Time, cit., p. 253.
Ibidem, “Una musica inedita,
Métastases, di Yannis Xenakis, darà a questi
‘crateri’ una dimensione extraterrestre”.
In realtà il brano orchestrale Metastasis –
sviluppato graficamente sulla linea della
parabola che Xenakis avrebbe poi utilizzato
per il padiglione Philips, progettato
nello studio di Le Corbusier per l’Expo di
Bruxelles del 1958 – era stato composto
dieci anni prima, entro la fine del 1954.
119
120
“Sono degli oggetti marziani? Non
ha importanza”. Cfr. C. Rivière, Au-delà de
la forme. Fontana la matière menaçante, in
“Combat”, 20 novembre 1961, p. 7.
“Come un parto cosmico”, Clert, IrisTime, cit., p. 254.
121
122
Cfr. Ezio Gribaudo e Lucio Fontana.
Cronaca di un viaggio americano, cit.
123
“In questa atmosfera fumosa e
rumorosa, le leggende nascono attorno ai
tavoli”. Cfr. Périer, Pierre Restany… cit., p. 95.
124
“Fontana, a partire da questa mostra
raccontava ai quattro venti: Iris è un genio,
ha venduto tutti i miei palloni per dei
‘mijons’ (Lucio aveva un modo d’esprimersi
pieno di fascino. I milioni lui li chiamava
‘mijons’; le palle, ‘palloni’. Poi adorava le
ostriche della Coupole).
Quest’uomo così generoso, non
appena toccava un ‘mijon’ invitava tutti i
giovani pittori a degustare ostriche in sua
compagnia.” Cfr. Clert, Iris-Time, cit., p. 254
125
G. Livi, L’anima con il buco, in
“L’Europeo”, a. XVI, n. 8, 21 febbraio 1960,
pp. 30-35.
main sponsor
126
N. Lyon, Lucio Fontana. Sono famosi
sono golosi, “Vogue & Novità”, n. 178,
febbraio 1966, pp. 82-83, 87.
127
J. Verlaine, Le galeries d’art
contemporain à Paris, Paris 2012, p. 455.
128
“Come dicevo nella mia lettera, penso
che la data di dicembre non vada bene. Lei
mi dice inoltre che saranno esposte come
delle uova di Natale, ma le sembra una
buona idea? Bisogna fare molta attenzione
che le persone o la critica non possano
prenderne spunto per fare dello humor
caricaturale” (lettera di Lucio Fontana a
Iris Clert, 3 ottobre 1963, Parigi, Centre
Pompidou, Bibliothèque Kandinsky, Fonds
Iris Clert).
129
G. Dorfles, Lucio Fontana, le ova,
catalogo della mostra (Milano, Galleria
dell’Ariete giugno 1963) 130 “Uova spaziali,
verde smeraldo, viola o giallo, colori
iniziatici e rosso”. “Teso in tal modo verso
l’infinito, il mondo di Fontana diventa la
rivelazione della Redenzione, quella che è
annunciata dalla settiamana pasquale”.
Cfr. C. Rivière, Naissance du monde
nouveau, in “Iris. Time Unlimited”, n. 12
(19 febbraio 1964), pp. 3-4; in copertina è
riprodotto un Concetto spaziale (cfr. Lucio
Fontana. Catalogo ragionato, cit., 63 FD 6,
p. 651). All’interno del giornale nella rubrica
iris.news un gioco di parole: “Allez, découvir
une fontaine de jouvence qui en Italie
s’appelle Fontana”.
131
“Fontana … ha lasciato la sfera
originaria per sperimentare l’uovo
primordiale. Non è tanto la fecondazione
che interessa Fontana ma l’evoluzione di
questa fecondazione. Il verde crudo, il rosa,
il giallo, il bianco, il nero ornato di lustrini
su una tela lacerata per dare alla luce tutte
le sue possibilità è uno sviluppo. È tutta
l’evoluzione della vita verso la vita”. Cfr. F.
Pluchart, Des disques et des couleurs.
La symbolique de l’oeuf, in “Combat”, 24
febbraio 1964.
“Dio è morto, diceva. Di conseguenza,
anche l’Arte è morta. Oggi le autentiche
opere d’arte sono gli sputnik, i missili, gli
aerei, le officine, poiché è lì che l’uomo
dispiega il suo genio inventivo”. Clert, IrisTime cit., p. 306.
132
133
Lucio Fontana. Catalogo ragionato,
cit., 63 FD 23, p. 660.
134
“Acquistata dall’unico collezionista
francese di avanguardia, René de
Montaigu”. Clert, Iris-Time, cit., p. 306. A
luglio, e in concomitanza con l’esposizione
ufficiale, le “uova” vengono riproposte a
Venezia alla Biennale Flottante organizzata
dalla vulcanica Iris Clert a bordo della
sua barca Bella Laura, ancorata alla Salute
davanti alla Dogana sul Canal Grande.
La mostra non ha ancora una volta un
grande riscontro sulla stampa italiana.
Qualche nota di costume si ricava dai
rotocalchi. Tra i “corsari” sbarcati a Venezia,
Giorgio Mascherpa include, con qualche
errore grossolano, anche Iris Clert. Fr. G.
Mascherpa, Lo sbarco dei corsari a Venezia,
in “Gente”, a. VIII, n. 27, 2 luglio 1964, pp.
58-61. Più dettagliato il resoconto di Renata
Pisu: “Sullo yacht di Iris Clert è allestita
una specie di Biennale galleggiante. Due
figurine di fili galleggianti.
Due figurine di fili metallici nell’oscurità
della cabina illuminate da un filo di luce, si
contorcono grazie a un invisibile motorino
elettrico nei gesti consueti dell’amore. Sul
ponte due tempere sul ‘bacio’ interpretano
come l’accostarsi di due enormi disgustose
bocche con lingua pendente rosso-violacea.
Iris Clert è una pittrice greca, scende dal
suo yacht e si intrattiene con Lucio Fontana,
posano insieme per una fotografia, sotto
un altro quadro enorme di bocche violacee
che si cercano. Fontana si lamenta perché
al ristorante La Colomba, i camerieri non lo
lasciano in pace e lo obbligano a creare per
loro qualche ‘taglio’. ‘Magari se li tenessero
a casa – dice – invece vanno in giro a
venderli e li vendono a prezzi inferiori a
quello del mercato”. Cfr. R. Pisu, Tutto è
perduto, anche il pudore, in “ABC”, a. V, n.
26, 28 giugno 1964, pp. 8, 10-12 135 “Verso il
1962 i buchi crescono, i bordi si dilaniano:
un’opera ovale, nera, coperta da una
sostanza un po’ collosa sembra un malefico
pizzo da lutto. Il sottotitolo di questo
Concetto spaziale è, del resto: La fine di
Dio, la morte di Dio. Le soluzioni di Fontana
hanno sempre qualcosa di paradossale”.
Cfr. G. Lascault, Fontana: espace et vide,
in Panorama 70, numero monografico di
“XXe Siècle”, a. XXXII, n. 34, dicembre
1970, p. 100.
136
Cfr. P. Restany, Yves Klein e la mistica
di Santa Rita da Cascia, Milano 1981; Klein,
Le dépassement… cit., pp. 276-277, 410-411; L.
Scaraffia, La santa degli impossibili. Rita da
Cascia tra devozione e arte, Milano 2014.
137
Cfr. il saggio di Raffaele De Berti in
questo stesso catalogo.
138
D. Buzzati, Un piccolo Cagliostro
della pittura.
Invece dei pennelli adopera donne nude,
in “Corriere d’Informazione”, 5-6 dicembre
1961, p. 7; si veda anche un altro articolo,
poco noto, di Buzzati: Idem, Non è bello
quello che è bello, ma è bello quello che non
piace, ritaglio di rivista non identificata,
novembre 1961 - gennaio 1962 (archivio
privato), pp. 7-8.
139
Buzzati, Sortilegio a Notre Dame,
cit., p. 3.
140
D. Buzzati, Addio al folletto, in
“Corriere della Sera”, 9 giugno 1962,
p. 3; ripubblicato in Idem, Cronache
terrestri, a cura di D. Porzio, Milano (1972)
1995, pp. 461-464. Buzzati pubblicava
anche, l’8 settembre del 1968, una bella
commemorazione di Fontana: È morto
Lucio Fontana. L’artista di una “quarta
dimensione”, in “Corriere della Sera”, 8
settembre 1962, p. 3.
141
“Klein ha rappresentato uno
spirito nuovo. È diverso da un pittore
espressionista come Rothko, che è
interessato alla vibrazione luminosa dello
spazio, e da Pollock, che vuole distruggerlo,
farlo esplodere, spaccando il quadro. È
diverso da me, perché io cerco uno spazio
ulteriore. Lui voleva l’infinito”. L. Fontana,
in “Art et Création”, a. I, n. 1, gennaiofebbraio 1968, p. 78; (traduzione italiana in
Yves Klein. Verso l’immateriale dell’arte.
Con scritti inediti, a cura di A. Del Guercio,
Milano 2009, pp. 107-109).
142
Lonzi, Autoritratto… cit., p. 121, ill. 31.
Biografie essenziali
Milano,
Museo del Novecento
a cura di Laura Calvi
22 ottobre 2014
15 marzo 2015
Lucio Fontana
1899
Lucio Fontana nasce il 19 febbraio a Rosario di Santa
Fé, in Argentina, da Lucia Bottini, attrice di origine
italiana, e Luigi, emigrato da Varese, scultore che
aveva frequentato l’Accademia di Brera. Dopo gli
studi, infatti, il padre aveva avviato un laboratorio
di scultura e decorazione in Argentina, lavorando
per committenze pubbliche private, in particolare
cimiteriali. Nel 1905, dopo il divorzio dalla Bottini,
Luigi torna a Milano portando con sé il piccolo Lucio.
1910-1915
Prosegue gli studi a Seregno presso il Collegio
Arcivescovile Ballerini. Nel 1914 si trasferisce con il
padre a Milano e si iscrive all’istituto tecnico.
1916-1921
Allo scoppio della Prima guerra mondiale, interrompe
gli studi e si arruola come volontario.
Combatte sul Carso, ma viene congedato per un
principio di congelamento al braccio. Insignito della
medaglia d’argento al valore militare, riprende gli
studi e si diploma come perito edile.
1922-1926
È di nuovo a Rosario, dove nel 1924 apre un proprio
atelier e nel 1925 espone all’VIII Salón de Bellas Artes
lo studio di un volto intitolato Melodías. L’attività
artistica in questo periodo vede alternarsi studi
indipendenti sulla rappresentazione della figura
umana ed elaborazioni più complesse destinate anche
a concorsi, come quello per il monumento a Juana
Elena Blanco nel cimitero di El Salvador.
1927-1929
Nel 1927, stabilitosi nuovamente a Milano, si iscrive
all’Accademia di Belle Arti di Brera e frequenta
main sponsor
i corsi di Adolfo Wildt. Qui stringe amicizia con
Fausto Melotti, che lo metterà in contatto con Carlo
Belli, Gino Pollini e Luciano Baldessari. Alla lezione
di Wildt, pur circoscritta agli anni di formazione,
rimanda l’utilizzo dell’oro e il valore attribuito
al trascendente, secondo un criterio antirealista
nell’approccio all’arte.
Pur continuando a partecipare a distanza a mostre
e concorsi in Argentina, intensifica la propria
attività nel capoluogo lombardo, realizzando diversi
monumenti funebri per il Cimitero Monumentale
(Cappella Mapelli, le tombe della famiglia Lentati, di
Ettore De Medici conte di Gavardo, la tomba di Juan
Berardi).
1930
Ottenuto il diploma di scultore, nell’estate del 1930
partecipa alla Biennale di Venezia, presentando due
sculture, Vittoria ed Eva, entrambe del 1929. Inizia a
esporre alla Galleria del Milione.
È l’anno del celebre e oggi disperso Uomo nero,
scultura in gesso ricoperta di catrame, nel quale la
critica riconosce il dirompente avvio del suo percorso
maturo: è l’esaltazione di una massa di materia
appena riconoscibile che allude a una condizione
originaria dell’umanità. Conosce Teresita Rasini, sua
futura moglie.
1931-1935
L’altro aspetto del lavoro di Fontana di questi anni,
intrecciato all’immaginazione di figure, riguarda l’arte
astratta. I primi esperimenti non figurativi hanno
origine, a partire dal 1931, da una serie di tavolette
graffite su cemento colorato, che negli anni successivi
si sviluppano in strutture aeree dai contorni
variamente articolati.
Queste opere, che trasformano la scultura in un
disegno nello spazio, rappresentano una possibilità
di arricchimento linguistico che il Fontana spazialista
riprenderà negli anni successivi. Le sculture astratte
vengono esposte alla Galleria del Milione nel febbraio
1935. Inizia i primi lavori in ceramica ad Albisola
e realizza alcune delle sue sculture più famose, dal
Fiocinatore – che vince il primo premio al concorso
Tantardini per i giovani scultori lombardi – alla
Signorina seduta, presentata a Milano alla V Mostra
del Sindacato Interprovinciale delle Belle Arti di
Lombardia nel 1934, fino alla Vittoria alata esposta alla
Mostra dell’Aeronautica italiana nel 1935.
Avvia i contatti con Carlo Belli e il gruppo di artisti
astratti e firma il manifesto della Prima mostra
collettiva di arte astratta.
1936-1939
Sul finire del 1935 e nel 1936, lavora con Marcello
Nizzoli, Giancarlo Palanti ed Edoardo Persico
per la realizzazione del Salone della Vittoria,
esplicita concretizzazione di quella saldatura tra
architettura e arti figurative che si era già invocata
dal 1933, all’insegna della “sintesi tra le arti”. In
quest’occasione realizza il grande gruppo scultoreo
con la Vittoria affiancata da due cavalli. Lavora ad
alcune commissioni pubbliche come la statua di san
Protasio per il Duomo, il rilievo della Giustizia e il
potere legislativo per il Palazzo di Giustizia e il Volo
di Vittorie, fregio realizzato sul soffitto del Sacrario dei
martiri fascisti in piazza San Sepolcro a Milano.
Nel 1937 partecipa all’Esposizione Universale
di Parigi: per il Padiglione delle compagnie di
navigazione italiane degli architetti BBPR – installato
su una zattera galleggiante sulla Senna – realizza
quattro gruppi scultorei in gesso colorato.
Lavora la ceramica nelle manifatture di Sèvres.
Inizia ad attirare l’interesse della critica italiana, da
Argan a Carrieri.
Ad Albisola inizia il sodalizio con Tullio Mazzotti
(Tullio d’Albisola) e la Manifattura Giuseppe Mazzotti,
dalla fine degli anni venti in stretto contatto con
i protagonisti del secondo futurismo, come Fillia,
Prampolini e Diulgheroff, e con Bruno Munari.
1940-1946
Poco dopo lo scoppio della Seconda guerra mondiale,
si imbarca nuovamente per l’Argentina. Qui
main sponsor
partecipa a mostre e concorsi di carattere pubblico e
registra un crescente successo.
Trasferisce il suo studio in centro a Buenos Aires
ed entra in contatto con l’alta borghesia della città,
dove viene nominato professore di modellato presso
la Escuela Nacional de Bellas Artes. Nel 1946 con
Jorge Romero e Jorge Larco, apre la scuola libera
di arti plastiche Altamíra, che diviene un punto di
riferimento per gli artisti più giovani.
Dalle sue lezioni, i suoi allievi argentini traggono il
Manifiesto Blanco, riassunto programmatico delle
nuove ricerche.
Comincia a intitolare le sue opere Concepto espacial,
Concetto spaziale.
1947-1953
Rientrato a Milano nel maggio del 1947, raccoglie
attorno a sé, grazie alla collaborazione del gallerista
Carlo Cardazzo, il gruppo dei pittori che prenderanno
il nome di Spazialisti. In dicembre viene pubblicato
il Primo Manifesto dello Spazialismo al quale segue,
l’anno successivo, il secondo.
All’inizio del 1949 presenta alla Galleria del Naviglio
di Cardazzo la prima opera d’arte ambientale:
Ambiente spaziale a luce nera.
Del 1951 è la Struttura al neon per la IX Triennale di
Milano, realizzata in collaborazione con gli architetti
Luciano Baldessari e Marcello Grisotti. In questa
occasione viene anche dato alle stampe il Manifesto
tecnico dello Spazialismo.
Questo stesso anno sposa Teresita. Partecipa al
concorso per la quinta porta del Duomo di Milano,
ottenendo il secondo premio ex aequo con Luciano
Minguzzi.
Nel 1952 realizza una pionieristica azione con
Immagini luminose in movimento per le trasmissioni
sperimentali della Radiotelevisione Italiana; per
l’occasione esce il Manifesto del Movimento Spaziale
per la Televisione.
Dal 1949 avvia il ciclo dei “buchi”, proseguendo la
propria collaborazione con architetti come Osvaldo
Borsani e Baldessari (Soffitto spaziale per il Cinema
del Padiglione della Breda alla XXXI Fiera di Milano,
1953).
1954-1956
Nel 1956 partecipa alla XXVII Biennale di Venezia
con una sala monografica: esponendo una ventina di
opere, tra le quali dominano i Concetti spaziali forati.
Seguiranno anni di intensa attività espositiva,
soprattutto in gallerie italiane quali Il Naviglio e Il
Cavallino, San Fedele, Schettini, Lo Zodiaco, Selecta, Il
Prisma, Rotta, tra le altre.
1957-1963
La sua pittura si evolve per cicli, passando, tra il 1957
e il 1958, dalla riduzione quasi minimalista dei “gessi”
alla nuova proposta dei Concetti spaziali - Attese: i
celebri “tagli”, presentati alla Galleria del Naviglio nei
primi mesi del 1959.
Dopo l’importante sala personale alla Biennale
del 1958, l’interesse per il suo lavoro cresce anche
all’estero: sono infatti dell’anno seguente la prima
personale parigina nella galleria Stadler, presentata
da Michel Tapié, la partecipazione a Documenta 2 a
Kassel e alla V Biennale di San Paolo in Brasile.
Intenso è anche il rapporto con Heinz Mack e Otto
Piene, giovani del Gruppo Zero, con i quali esporrà
a diverse collettive a Düsseldorf e, nel 1960, alla
collettiva “Monochrome Malerei” a Leverkusen, curata
da Udo Kultermann, alla quale partecipa anche Yves
Klein. Nel gennaio-febbraio del 1962 Kultermann
curerà una grande personale di Fontana nello stesso
museo.
Nel 1961 avvia la collaborazione con la gallerista
Iris Clert, presso la quale inaugura a Parigi una
mostra dedicata alle Nature, già presentate a Venezia
nell’esposizione “Dalla natura all’arte”, a Palazzo
Grassi. Il nuovo ciclo di olii (le Venezie) viene
allestito a Venezia (“Arte e contemplazione”) e,
successivamente, alla Martha Jackson Gallery di New
York. Qui, inizia a elaborare la nuova serie dei Metalli.
Nel 1963, alla Galleria dell’Ariete espone le Fine di
Dio. Nel Castello Spagnolo dell’Aquila si tiene la
prima ampia retrospettiva curata da Enrico Crispolti.
1964-1968 Nel 1964 partecipa alla XIII Triennale
di Milano con due ambienti, Utopie, realizzati con
Nanda Vigo. L’accento sulle ricerche ambientali
viene posto anche dalle importanti retrospettive
internazionali, che gli dedicano il Walker Art Center
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di Minneapolis e l’University of Texas Art Museum
a Austin (1966), lo Stedelijk Museum di Amsterdam
(1967), e dalla sala personale alla XXXII Biennale di
Venezia (1966), allestita in collaborazione con Carlo
Scarpa. Nel 1968, a causa di alcuni problemi di salute,
si stabilisce definitivamente a Comabbio. Le edizioni
della XXXIV Biennale di Venezia e Documenta 4 sono
segnate dalla progettazione di due “ambienti spaziali”
dall’impianto labirintico.
Muore a Varese il 7 settembre 1968.
Yves Klein
1928-1946
Yves Klein nasce a Nizza il 28 aprile 1928, unico
figlio di Marie Raymond, pittrice astratta, e Fred
Klein, pittore figurativo di origine neerlandese e
indonesiana. Risiede a Parigi e trascorre le estati a
Cagnes-sur-Mer nella casa della zia materna Rose,
dove la famiglia si trasferirà durante i primi anni della
guerra. Rientrato a Parigi nel 1943, frequenta l’École
National de la Marine Marchande.
1947-1950
A Nizza, nel 1947, si iscrive a un corso di judo e stringe
amicizia con Claude Pascal e Armand Fernandez
(Arman).
Ispirati dalla mistica rosacrociana, i tre amici entrano
in contatto con la Société des Ros-Croix di Oceanside,
California.
Il primo soggiorno in Italia risale all’estate 1948: un
viaggio in autostop, attraverso musei e città d’arte, in
direzione di Capri.
Dopo il servizio militare in Germania, tra il 1949 e
il 1950 è a Londra – dove lavora nella bottega del
corniciaio e decoratore Robert Savage – e poi in
Irlanda.
Elabora i primi monocromi su carta e la prima idea
della Symphonie Monoton-Silence.
1951-1953
Nel 1951 parte alla volta di Madrid, dove trova impiego
come maestro di judo. Nell’estate visita di nuovo
l’Italia, accompagnato dalla zia Rose. Nell’autunno
1952 intraprende un lungo viaggio in Giappone,
dove approfondisce la tecnica del judo al Kodokan di
Tokyo, raggiungendo il quarto dan.
1954-1956
A Parigi inizia a lavorare al libro Les Fondaments du
Judo – che uscirà in dicembre – e riparte per Madrid,
dove si dedica all’insegnamento del judo. I primi
dipinti monocromi sono allestiti nella palestra dove
insegna e poi riprodotti nelle pubblicazioni Yves
peintures e Haguenault Peintures.
Nel 1955, rientrato definitivamente a Parigi, propone
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al Salon des Réalités Nouvelles un monocromo
arancione, che viene rifiutato.
Dopo l’estate, apre una scuola di judo e in ottobre
allestisce la sua prima personale, che comprende
monocromi di diversi colori, al Club des Solitaires. In
questa occasione incontra per la prima volta Pierre
Restany: il giovane critico francese dopo pochi mesi,
tra febbraio e marzo 1956, curerà la sua seconda
personale, nella galleria di Colette Allendy. In questi
mesi diventa cavaliere dell’Ordine degli Arcieri di San
Sebastiano. In autunno conosce Iris Clert, che sarà per
alcuni anni la sua gallerista di riferimento.
1957
Nel gennaio 1957 espone per la prima volta in
Italia, presso la Galleria Apollinaire a Milano, con
la personale “Proposizioni monocrome. Epoca blu”,
presentata da Restany.
L’“Epoque Bleu” ha ufficialmente inizio con il lancio
di 1001 palloncini blu in occasione dell’inaugurazione
della mostra “Propositions monocromes” da Iris Clert,
nel mese di maggio. I monocromi verranno esposti
anche a Düsseldorf da Alfred Schmela, importante
scalo per i rapporti con il Gruppo Zero tedesco, e a
Londra alla galleria One. Parallelamente alla mostra
da Iris Clert, espone nella Galerie Colette Allendy
alcune opere che anticipano il successivo passaggio
alla smaterializzazione della pittura (Pigment pur,
Surfaces et blocs de sensibilité picturale, Intentions
picturales).
Quell’estate, in vacanza a Nizza, conoscerà la sua
futura moglie Rotraut Uecker. In autunno, a Milano,
firma il Manifesto contro lo stile e partecipa alla
mostra “Arte Nucleare” alla Galleria San Fedele.
1958-1959
Il 1958 si apre con i lavori di decorazione del nuovo
teatro di Gelsenkirchen, in cui impiega in scala
ambientale i rilievi di spugne. Elabora la teoria
dell’“architettura dell’aria”.
In aprile presenta da Iris Clert “La spécialisation de
la sensibilité à l’état matière première en sensibilité
picturale stabilisée (Le Vide)” e in giugno le prime
antropometrie, alla presenza di un pubblico ristretto
riunito nell’appartamento parigino dell’amico Robert
Godet. Si fanno sempre più intensi i rapporti con la
scena artistica tedesca, non solo per il cantiere di
Gelsenkirchen (che ispirerà la mostra “Collaboration
internationale entre artistes et architectes dans la
réalisation du nouvel Opéra de Gelsenkirchen” alla
galleria Iris Clert), ma anche per la partecipazione
alle importanti collettive “Vision in motion / Motion
in Vision” ad Anversa nel maggio 1959 e, l’anno
successivo, “Monochrome Malerei” al museo di
Leverkusen diretto da Udo Kultermann. Il 3 giugno
tiene alla Sorbona la conferenza L’évolution de l’art
vers l’immatériel, summa delle ricerche dell’ultimo
biennio. Il 18 novembre vende la sua prima Zone
de sensibilité picturale immatérielle a Peppino
Palazzoli e nel mese successivo, in Belgio, pubblica Le
dépassement de la problématique de l’art.
1960
A gennaio prende parte alle collettive “La nuova
concezione artistica”, alla Galleria Azimut, e
“Antagonismes”, allestita al Musée des Arts décoratifs
di Parigi, dove presenta uno dei primi Monogold.
Il 9 marzo esegue pubblicamente Anthropométries
de l’Époque Bleue alla Galerie Internationale d’Art
Contemporain di Parigi.
La Galleria Apollinaire il 18 aprile lancia il manifesto
del Nouveau réalisme e allestisce la prima collettiva
del gruppo, che tiene la sua prima riunione ufficiale in
ottobre nello studio parigino di Klein.
A novembre partecipa al Festival d’art d’avantgarde
con il Teatre du vide e la distribuzione di “Dimanche
27 novembre. Le journal d’un seul jour”, seguita da una
conferenza stampa alla Galerie Rive Droite.
1961-1962
Il 14 gennaio 1961 inaugura nel Museum Haus Lange
di Krefeld la sua prima importante retrospettiva
museale, dove tra le altre opere, presenta anche Le
Mur de Feu.
In primavera – dopo un pellegrinaggio a Cascia, dove
ha offerto un exvoto a santa Rita – tiene la prima
personale a New York, da Leo Castelli: è l’occasione
per un soggiorno negli Stati Uniti, dove scrive il
Chelsea Hotel Manifesto.
Tornato a Parigi, il regista Paolo Cavara gira
main sponsor
una lunga sequenza della realizzazione di
un’Anthropométrie, che sarà incorporata l’anno
successivo, con tagli e montaggio incongrui, nel film a
episodi Mondo cane di Gualtiero Jacopetti.
Il 1962 si apre con le nozze con Rotraut e i primi mesi
dell’anno sono dedicati alla cessione di alcune Zones
de sensibilité picturale immatérielle, all’elaborazione
dei calchi in gesso di figure umane per i Portrait
reliefs degli amici Arman, Claude Pascal e Martial
Raysse e delle Peintures de feu.
Dopo aver assistito alla prima di Mondo cane a
Cannes, avverte i primi sintomi di una crisi cardiaca,
che ne causerà la scomparsa, a Parigi, il 6 giugno.
Elenco delle opere in mostra
Milano,
Museo del Novecento
22 ottobre 2014
15 marzo 2015
Umberto Boccioni
Stati d’animo (1). Quelli che restano
— 1911
Olio su tela
Milano, Museo del Novecento
Lucio Fontana
Concetto spaziale – Attese (59 T 2)
— 1959
Anilina, tagli e buchi su tela
Milano, Museo del Novecento,
Collezione Boschi Di Stefano
Lucio Fontana
Signorina seduta
— 1934
Bronzo colorato
Lucio Fontana
Uomini a cavallo
— 1932
Gesso graffito e colorato a tempera
Luciano Baldessari
Atrio della IX Triennale
— 1951
China e collage con carte
preparate a tempera su carta
Milano, Casva, Fondo Luciano
Baldessari
Luciano Baldessari
Atrio della IX Triennale
— 1951
Collage con carte preparate
a tempera e scritte a matita su carta
Milano, Casva, Fondo Luciano
Baldessari
Luciano Baldessari
Atrio della IX Triennale
— 1951
Collage con carte preparate
a tempera e scritte a matita su carta
Milano, Casva, Fondo Luciano
Baldessari
Luciano Baldessari
Atrio della IX Triennale
— 1951
Collage con carte preparate
a tempera e scritte a matita su carta
Milano, Casva, Fondo Luciano
Baldessari
Luciano Baldessari
Atrio della IX Triennale
— 1951
Collage con carte preparate
a tempera e scritte a matita su carta
Milano, Casva, Fondo Luciano
Baldessari
Lucio Fontana
Ambiente spaziale per la
IX Triennale di Milano (51 DAS 79)
— 1951
China su carta
Milano, Fondazione Lucio Fontana
Lucio Fontana
Ambiente spaziale per la
IX Triennale di Milano (51 DAS 61)
— 1951
Inchiostro su carta
Milano, collezione privata
Lucio Fontana
Ambiente spaziale per la
IX Triennale di Milano (51 DAS 85)
— 1951
China su carta
Milano, Fondazione Lucio Fontana
Yves Klein
Monochrome bleu sans titre
— 1959
Pigmento puro e resina
sintetica su cartone
Milano, collezione privata
Lucio Fontana
Appunti per il “Manifesto tecnico
dello Spazialismo”
— 1951
Inchiostro su carta, 6 fogli
Milano, Fondazione Lucio Fontana
main sponsor
Lucio Fontana
Concetto spaziale – La notte (56 BA 2)
— 1956
Buchi, olio, lustrini
e tecnica mista su tela
Collezione Boschi Di Stefano
Lucio Fontana
Concetto spaziale (50 DCSA 10)
— 1950
Gouache su carta montata su tela
Milano, Fondazione Lucio Fontana
Lucio Fontana
Concetto spaziale (50 DCSA 3)
— 1950
Gouache su carta montata su tela
Milano, Fondazione Lucio Fontana
Lucio Fontana
Concetto spaziale (50 DCSA 2)
— 1950
Gouache su carta montata su tela
Milano, Fondazione Lucio Fontana
Lucio Fontana
Ambiente spaziale (49 DCSA 18)
— 1949
Gouache su carta
Milano, Fondazione Lucio Fontana
Lucio Fontana
Ambiente spaziale (49 DCSA 5)
— 1949
Gouache su carta patinata
Milano, Fondazione Lucio Fontana
Lucio Fontana
Ambiente spaziale (49 DCSA 4)
— 1949
Gouache su carta patinata
Milano, Fondazione Lucio Fontana
Lucio Fontana
Ambiente spaziale (49 DCSA 3)
— 1949
Inchiostro di china su carta
Milano, Fondazione Lucio Fontana
Lucio Fontana
Concetto spaziale (51 B 17)
— 1951
Buchi, olio e sabbia su tela
Milano, Fondazione Lucio Fontana
Lucio Fontana
Concetto spaziale (55 P 25)
— 1955
Buchi, olio e vetri su tela
Biella, collezione privata
Lucio Fontana
Concetto spaziale (56 P 8)
— 1956
Buchi, vetri, olio e tecnica mista su tela
Milano, Museo del Novecento,
Collezione Boschi Di Stefano
Lucio Fontana
Concetto spaziale – Forma (58 SC 1)
— 1958
Ferro
Milano, Fondazione Lucio Fontana
Yves Klein
Sculpture éponge bleue
sans titre (SE 203)
— 1959
Pigmento puro e resina sintetica,
spugna naturale, supporto di metallo
Collezione privata
Yves Klein
Sculpture éponge bleue
sans titre (SE 100)
— 1960
Pigmento puro e resina sintetica,
spugna naturale, supporto di metallo
montato su marmo
Humlebæk, Louisiana Museum
of Modern Art
Yves Klein
Le Veilleur I.K.B. (SE 174)
— 1959
Pigmento puro e resina sintetica,
spugna naturale, supporto di metallo
Krefeld, Kunstmuseen,
Kaiser Wilhelm Museum
Yves Klein
Une Pluie fine de printemps (COS 40)
— 1961
Pigmento puro e legante
imprecisato su cartone
Collezione privata
Yves Klein
Monochrome bleu sans titre
— 1957
Pigmento puro e resina
sintetica su carta
Milano, collezione privata
Yves Klein
Peinture de feu sans titre (F 16)
— 1961
Cartone bruciato
Appartenuto a Lucio Fontana
Milano, Fondazione Lucio Fontana
Yves Klein
Le Vent du voyage (COS 27)
— 1961 circa
Pigmento puro e legante
imprecisato su cartone
Collezione privata
Lucio Fontana
Concetto spaziale – Il pane (50 SC 3)
— 1950
Buchi, incisioni e graffito
su terracotta colorata a freddo
Milano, Fondazione Lucio Fontana
Yves Klein
Cosmogonie sans titre (COS 8)
— 1960
Pigmento puro e resina sintetica
su cartone montato su tela
Collezione privata
Yves Klein
Rocket Pneumatique
(Maquette Tallon-Technès)
— 1962
Metallo cromato e caucciù dipinti
Collezione privata
Yves Klein
Relief planétaire “Région de Grenoble”
(RP 10)
— 1961
Pigmento puro e resina sintetica
su bronzo
Collezione privata
Yves Klein
Monochrome bleu sans titre
— 1959
Pigmento puro e resina
sintetica su cartone
Milano, collezione privata
Yves Klein
Relief planétaire sans titre (RP 8)
— 1961
Pigmento puro, resina sintetica e
pietre su gesso montato su tavola
Zurich, Kunsthaus
Yves Klein
Globe terrestre bleu (RP 7)
— 1957
Pigmento puro e resina sintetica
su gesso
Collezione privata
Lucio Fontana
Concetto spaziale (65 B 6)
— 1965
Buchi e idropittura su tela
Milano, Fondazione Lucio Fontana
Yves Klein
Feu de l’enfer (FC 30)
— 1962
Pigmento puro e resina sintetica
su cartone bruciato fissato su tavola
Milano, Fondazione Prada
main sponsor
Yves Klein
Plan pour l’accrochage de “Bas-reliefs
dans une forêt d’éponges”
— 1959
Penna a sfera su carta
Collezione privata
Yves Klein
Plan pour l’accrochage de “Bas-reliefs
dans une forêt d’éponges”
— 1959
Penna a sfera su carta
Collezione privata
Yves Klein
Dessin sans titre
— 1959
Penna a sfera su carta
Collezione privata
Yves Klein
Sculpture aéromagnétique
— 1959
Penna a sfera su carta
Collezione privata
Yves Klein
(in collaborazione con Claude Parent)
Fontaines d’eau et toit de feu
— 1959 circa
Acquerello e inchiostro su
carta montata su tela
Collezione privata
Yves Klein
Projet pour une fontaine d’eau
— 1958
Acquerello e gouache su carta
Collezione privata
Yves Klein
Triptyque de Krefeld
— 1961
Cartoncino colorato, pigmento
e foglia d’oro tre fogli
Realizzato per il catalogo della mostra
(Krefeld, Museum Haus Lange,
gennaio-febbraio 1961)
Collezione privata
Marie Raymond
Composizione
— 1957
Olio su carta
sul retro, dedica di Yves Klein
“A madame Marieda / Boschi de la /
part de ma mère / Yves Klein /
Paris le 7 julliet / 1957”
Milano, Museo del Novecento,
Collezione Boschi Di Stefano
Marie Raymond
Composizione
— 1957
Olio su carta
sul retro, dedica di Yves Klein
“A monsieur Boschi de la /
part de ma mére / Yves Klein /
Paris le 7 julliet 1957”
Milano, Museo del Novecento,
Collezione Boschi Di Stefano
Yves Klein
Monochrome bleu sans titre (IKB 100)
— 1956
Pigmento puro e resina sintetica
su garza montata su tavola
Appartenuto a Lucio Fontana
Milano, Fondazione Lucio Fontana
Yves Klein
Monochrome bleu sans titre (IKB 219)
— 1956
Pigmento puro e resina sintetica
su garza montata su tavola
Stuttgart, Staatsgalerie
Yves Klein
Monochrome bleu sans titre (IKB 104)
— 1956
Pigmento puro e resina sintetica
su garza montata su tavola
Krefeld, Adolf-Luther-Stiftung
Yves Klein
Monochrome bleu sans titre (IKB 98)
— 1957
Pigmento puro e resina sintetica
su garza montata su tavola
Krefeld, Kunstmuseen,
Kaiser Wilhelm Museum
Yves Klein
L’Esclave de Michel-Ange (S 20)
— 1962
Pigmento puro e resina
sintetica su gesso
Collezione privata
Yves Klein
Vénus bleue (S 12)
Blue Venus (S 12)
— 1962
Pigmento puro e resina
sintetica su bronzo
Paris, Musée d’art moderne de la Ville
Yves Klein
Vénus bleue (S 41)
— 1962
Pigmento puro e resina
sintetica su gesso
Collezione privata
Yves Klein
Victoire de Samothrace (S 9)
— 1962
Pigmento puro e resina sintetica
su gesso con base di pietra
Collezione privata
main sponsor
Lucio Fontana
Angelo per la tomba Chinelli
al Cimitero Monumentale di Milano
(49 A 2)
— 1949
Bozzetto. Terracotta policroma
e struttura in gesso.
Struttura architettonica di
Renato Zavanella
Parma, Università degli Studi, Csac
Yves Klein
Monochrome bleu sans titre
(IKB Godet)
— 1958
Pigmento puro e resina sintetica
su garza montata su tavola
Collezione privata
Yves Klein
Monochrome orange sans titre (M 111)
— 1955
Pigmento puro e legante
imprecisato su masonite
Hannover, Ahlers Collection
Yves Klein
Monochrome jaune sans titre (M 74)
— 1957
Pigmento puro e resina sintetica
su garza montata su tavola
Hannover, Ahlers Collection
Yves Klein
Monochrome vert sans titre (M 103)
— 1957
Pigmento puro e resina sintetica su
tela montata su tavola di compensato
Hannover, Ahlers Collection
Yves Klein
Monochrome vert sans titre (M 105)
— 1956 circa
Pigmento puro e resina sintetica
su garza montata su tavola
Hannover, Ahlers Collection
Yves Klein
Monochrome rouge sans titre (M 64)
— 1957
Pigmento puro e resina
sintetica su tavola
Hannover, Ahlers Collection
Yves Klein
Monochrome bleu sans titre (IKB 249)
— 1959
Pigmento puro e resina
sintetica su tavola
Milano, collezione privata
Lucio Fontana
Concetto spaziale – Natura (59-60 N 8)
— 1959–1960
Terracotta
Roma, Galleria Nazionale d’Arte
Moderna e Contemporanea
Lucio Fontana
Concetto spaziale – Ritratto
di Iris Clert (61 O 34)
— 1959–1961
Olio, graffiti, tagli e vetri su tela
Collezione privata
Yves Klein
Monochrome blanc sans titre (M 100)
— 1961
Pigmento puro e resina sintetica
su garza montata su tavola
Hannover, Ahlers Collection
Lucio Fontana
Concetto spaziale – Natura
(59-60 N 11)
— 1959–1960
Terracotta
Collezione privata
Lucio Fontana
Concetto spaziale (61 O 8)
— 1961
Olio, buco, graffiti e vetri su tela
Milano, collezione privata
Yves Klein
Anthropométrie sans titre (ANT 136)
— 1960
Pigmento puro e resina
sintetica su carta
Appartenuto a Lucio Fontana
Milano, Fondazione Lucio Fontana
Lucio Fontana
Concetto spaziale – Natura
(59-60 N 17)
— 1959–1960
Bronzo
Milano, Fondazione Lucio Fontana
Yves Klein
Anthropométrie de l’époque bleue
(ANT 82)
— 1960
Pigmento puro e resina sintetica
su carta montata su tela
Paris, Centre Pompidou, Musée national
d’art moderne – Centre de création
industrielle, acquisto 1984
Yves Klein
Ex voto dedicato a
Santa Rita da Cascia
— 1961
Pigmento puro, foglia d’oro, lingotti
d’oroe manoscritto in teca di plexiglas
Cascia, Monastero di Santa Rita
Lucio Fontana
Concetto spaziale – Natura
(59-60 N 25)
— 1959–1960
Terracotta
Milano, Fondazione Lucio Fontana
Lucio Fontana
Concetto spaziale – Natura
(59-60 N 31)
— 1959–1960
Terracotta
Milano, Fondazione Lucio Fontana
Meteorite di Uegit
Rinvenuto a Dersa, a est di Uegit,
Somalia, nel 1921
Ottaedrite, lega di ferro e nichel
Roma, Università degli Studi
“La Sapienza”, Museo di Mineralogia
Lucio Fontana
Concetto spaziale – Attese (59 T 30)
— 1959
Tagli su tela
Milano, collezione privata
Lucio Fontana
Concetto spaziale – Attese (59 T 1)
— 1959
Anilina, tagli e buchi su tela
Milano, Fondazione Lucio Fontana
Lucio Fontana
Concetto spaziale – Attese (59 T 16)
— 1959
Anilina e tagli su tela
Milano, Fondazione Lucio Fontana
Lucio Fontana
Concetto spaziale – Attesa (59 T 73)
— 1959
Olio e taglio su tela
Milano, collezione privata
main sponsor
Lucio Fontana
Concetto spaziale (62 O 32)
— 1962
Olio, squarci e graffiti su tela
Milano, Fondazione Lucio Fontana
Lucio Fontana
Concetto spaziale – La fine di Dio
(63 FD 28)
— 1963
Olio, squarci, buchi, graffiti
e lustrini su tela
Milano, Fondazione Lucio Fontana
Yves Klein
Portrait relief de Claude Pascal (PR 3)
— 1962
Pigmento puro e resina sintetica
su bronzo montato su tavola rivestita
di foglia d’oro
Torino, Fondazione per l’arte moderna
e contemporanea – CRT, in comodato
presso la Galleria civica d’arte
moderna e contemporanea
Lucio Fontana
Campione olimpico (Atleta in attesa)
(32 SC 8)
— 1932
Gesso colorato
Bologna, Collezioni d’arte e di storia
della Fondazione Cassa di Risparmio
in Bologna
SOMMARIO
Yves KLEIN
Lucio FONTANA
MILANO PARIGI
1957 — 1962
A CURA DI
Silvia Bignami, Giorgio Zanchetti
PAGINE: 272
ILLUSTRAZIONI: 312
PREZZO: 45 € in libreria, 39 € in mostra
EDITORE: Electa
IN LIBRERIA: novembre 2014
Biografie essenziali
a cura di Laura Calvi
pag. 2
Universi paralleli.
Yves Klein e Lucio Fontana
Silvia Bignami e Giorgio Zanchetti
pag. 22
Opere in mostra
pag. 58
Il cielo in una stanza.
La Struttura al Neon di Fontana
e Pigment pur di Klein
al Museo del Novecento
Marina Pugliese
pag. 136
Possibili fonti iconografiche
nel Fontana degli anni cinquanta
Sileno Salvagnini
pag. 144
Il monocromo e la carne.
Le Anthropométries di Yves Klein
Denys Riout
pag. 164
L’uomo nello spazio!
L’astronautica di Yves Klein
Stephen Petersen
pag. 174
“Noi che abbiamo le antenne che captano
nuovi spazi spirituali”
Yves Klein, Guido Le Noci e Pierre Restany
Laura Calvi
pag. 186
Fontana, Klein, Manzoni: tre vie dell’assoluto
(irrisorio) secondo Emilio Villa
Davide Colombo
pag. 196
Yves Klein e Paolo Cavara.
Sequenze di un film mancato
Raffaele De Berti
pag. 208
Regesto delle opere in mostra
pag. 214
Regesto dei materiali d’archivio
e delle edizioni
pag. 226
Vademecum per la mostra
Scritti e testimonianze di Lucio Fontana
e Yves Klein, con sei articoli di Dino Buzzati
a cura di Laura Calvi
pag. 241
Bibliografia selezionata su Lucio Fontana
e Yves Klein
a cura di Laura Calvi
pag. 264
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