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sommario cartella stampa Milano, Museo del Novecento 22 ottobre 2014 15 marzo 2015 Comunicato stampa Scheda informativa Colophon Testo istituzionale Filippo Del Corno Il cielo in una stanza. La Struttura al Neon di Fontana e Pigment pur di Klein al Museo del Novecento Marina Pugliese Universi paralleli. Yves Klein e Lucio Fontana Silvia Bignami, Giorgio Zanchetti Biografie essenziali Elenco delle opere in mostra Scheda catalogo main sponsor Klein Fontana Milano Parigi 1957—1962 a cura di Silvia Bignami e Giorgio Zanchetti Milano, Museo del Novecento 22 ottobre 2014 15 marzo 2015 Apre al Museo del Novecento Yves Klein Lucio Fontana. Milano Parigi 1957-1962, una mostra che per la prima volta si snoda oltre lo spazio espositivo della manica lunga che ospita abitualmente le esposizioni temporanee, occupando alcune delle sale più rappresentative della collezione permanente: quelle già ‘fontaniane’ della Struttura al neon del 1951 e dei Concetti spaziali – riformulate in un nuovo allestimento per accogliere in uno stretto confronto visivo anche le opere di Klein – la saletta video, la sala Focus e gli Archivi Ettore e Claudia Gian Ferrari. Le mostre del Museo del Novecento sono rese possibili grazie alla sensibilità degli sponsor Bank of America Merrill Lynch e Finmeccanica. Organizzata in collaborazione con la Fondazione Lucio Fontana di Milano e con gli Archives Yves Klein di Parigi e prodotta dal Museo del Novecento con Electa, curata da Silvia Bignami e Giorgio Zanchetti dell’Università degli Studi di Milano, l’esposizione indaga secondo una prospettiva inedita il percorso parallelo – tra il 1957 e il 1962, tra Milano e Parigi – di Yves Klein (1928-1962) e Lucio Fontana (1899-1968), nella piena autonomia dell’originalità artistica di ciascuno. La loro vicenda creativa, intrecciata a un sorprendente legame personale, è raccontata attraverso oltre 90 opere e una ricchissima documentazione di fotografie, filmati d’epoca e carte d’archivio grazie a prestiti importanti da musei italiani e stranieri: tra gli altri, il Mnam - Centre Georges Pompidou (da cui arriva una grande Anthropométrie di Klein mai esposta in Italia), il Mamac di Nizza, il Kaiser Wilhelm Museum di Krefeld, il Louisiana di Humlebæk, la Gam di Torino e la Gnam di Roma. Nel gennaio 1957 Yves Klein tiene la prima personale di monocromi blu alla Galleria Apollinaire di Milano (Proposte monocrome. Epoca blu) con una presentazione di Pierre Restany. Dino Buzzati nella straordinaria recensione Blu Blu Blu racconta la mostra di questo “fenomeno” venuto da Parigi. Nell’occasione, Lucio Fontana è tra i primi acquirenti di un monocromo dell’artista francese e diventerà nei primi anni Sessanta, uno dei suoi più importanti collezionisti in Italia. Tra gli episodi significativi del loro rapporto sono documentati i contatti di Klein con galleristi e amici di Fontana (oltre a Guido Le Noci e Dino Buzzati, Peppino Palazzoli, che già nel maggio 1957 presenta alla Galleria Blu le collezioni private di Fontana e Bruno Munari e che sarà il primo acquirente di una Zone de sensibilité picturale immatérielle di Klein); un invito di Fontana a Klein per il progetto, non realizzato, di un’“architecture de l’air” da presentare alla XII Triennale di Milano, nel 1960; il ruolo dell’esuberante Iris Clert che, oltre alle numerose mostre di Klein (la più nota è Le Vide, inaugurata il 28 aprile 1958), presenta nel 1961 le Nature di Fontana nella sua galleria parigina; i viaggi in Italia di Klein, tra cui i pellegrinaggi al Santuario di Cascia – dove dedica a Santa Rita un meraviglioso Ex-voto, presente in mostra – e i soggiorni parigini di Fontana che lo lanciano definitivamente sulla scena internazionale. Le ricerche dei due artisti dialogano lungo un itinerario che – sviluppandosi secondo una puntuale ricostruzione biografica e storico-filologica – mette a confronto le loro opere principali main sponsor attraverso accostamenti tematici e visivi, affidati a soluzioni espositive progettate ad hoc. Ne è un esempio il colloquio immaginario tra il segno del neon di Fontana del 1951 – snodo fondamentale della collezione permanente – e la riproposizione della grande installazione di Pigment pur, presentata nel maggio del 1957 alla Galerie Colette Allendy di Parigi. Le aperture spaziali di Fontana (fisiche e concettuali) trovano corrispondenza nel procedere di Klein dal monocromo al vuoto. Entrambi evocano uno spazio immateriale, cosmico o spirituale, facendo un riferimento storico all’oro della pittura medievale e al blu di Giotto, ma anche impiegando direttamente elementi naturali quali la luce, il fuoco e l’aria, oppure ispirandosi alle suggestioni di immagini astronomiche. Durante i 5 mesi di apertura sono previste iniziative ed eventi collaterali per avvicinare il pubblico ai temi della mostra e ai percorsi creativi degli artisti. Tra questi il 17 novembre 2014, presso l’Auditorium di Milano di Largo Gustav Mahler, l’Orchestra Verdi, diretta da Roland Dahinden, eseguirà la Symphonie monoton-silence di Yves Klein – un unico accordo continuo tenuto per venti minuti e seguito da venti minuti di silenzio – che ha accompagnato alcuni dei momenti culminanti della sua arte, come la realizzazione delle Anthropométries. main sponsor SCHEDA INFORMATIVA Main Sponsor Bank of America Merrill Lynch Finmeccanica Sede Museo del Novecento, via Marconi 1, Milano Titolo Klein Fontana. Milano–Parigi, 1957-1962 Ufficio stampa Comune di Milano Orari lunedì 14.30 – 19.30 martedì, mercoledì, venerdì e domenica 9.30 – 19.30 giovedì e sabato 9.30 – 22.30 Elena Conenna [email protected] Tel. 02.88453314 Electa Ilaria Maggi [email protected] Tel. 02.71046250 Biglietto intero 10 € ridotto 8 € adulti oltre i 65 anni; studenti universitari e accademie; dipendenti dell’amministrazione comunale ridotto 5 € funzionari delle Soprintendenze; giornalisti accreditati dopo il 27 ottobre; cittadini tra i 13 e 25 anni; iscritti ad associazioni riconosciute a livello locale e nazionale aventi nelle proprie finalità la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale, storico monumentale, naturalistico e ambientale; insegnanti accompagnate da scolaresche, studiosi accreditati gratuito ragazzi fino ai 12 anni; giornalisti per i primi 10 giorni dall’inaugurazione; membri dell’ICOM; guide turistiche ed interpreti accompagnatori di gruppi; portatori di handicap; possessori di card OttoNoveCento. Info Tel. 02.88444061 www.museodelnovecento.org Visite guidate Civita Info e prenotazioni Tel. 02.43353522 [email protected] main sponsor Responsabile comunicazione Monica Brognoli [email protected] Tel. 02.71046456 Museo del Novecento Francesco Lucchini [email protected] Organizzazione, comunicazione e catalogo ELECTA Colophon Yves Klein Lucio Fontana Milano Parigi 1957 – 1962 Milano, Museo del Novecento 22.10.2014 – 15.03.2015 Sindaco Giuliano Pisapia Direttore Marina Pugliese Assessore alla Cultura Filippo Del Corno Coordinamento amministrativo e organizzativo Annamaria Bagarini Direttore Centrale Cultura Giulia Amato Ufficio stampa Elena Maria Conenna Conservatori Danka Giacon Iolanda Ratti Responsabile sponsorizzazioni e acquisizioni Stefania Audenino Referente didattica Maria Elena Santomauro Ufficio prestiti, Archivio iconografico, Archivi e Biblioteca Ignazio Amuro Maria Grazia Conti Dionigi Tresoldi Ufficio comunicazione Francesco Lucchini Referente manutenzione Loris Vendramini Amministrazione e contabilità Rosa Pisani Tina Trentadue Segreteria Maria Elena Pizzi Laura Tommencioni Gestione depositi Emanuele Beda Antonietta Broggio Servizio civile Eleonora Bedon Nadia Puricelli Marta Toma Comitato scientifico Marina Pugliese Piergiovanni Castagnoli Flavio Fergonzi Danka Giacon Maria Grazia Messina Antonello Negri Iolanda Ratti Paola Zatti main sponsor Mostra a cura di Silvia Bignami Giorgio Zanchetti In collaborazione con Yves Klein Archives Fondazione Lucio Fontana Direzione mostra Anna Grandi Roberto Cassetta con Chiara Brighi Catalogo Carlotta Branzanti Ufficio stampa e comunicazione Monica Brognoli Ilaria Maggi con Marta Santomauro Immagine coordinata di mostra e progetto del catalogo Designwork Artemio Croatto con Chiara Caucig Progetto di allestimento della mostra Top Tag Ringraziamenti Valentina Balzarotti Barbieri, Elena Bertolaso, David Bordes, Véronique Borgeaud, Justin Brancato, Paolo Campiglio, Michele Casamonti, Sergio Casoli, Francesco Clerici, Stefania Colonna Preti, Giorgia Dalla Pietà, Andrea Dall’Asta S.J., Sébastien Gokalp, Claudia Grisanti, Laura Guidetti, Giulia Guzzini, Laura Iamurri, Choghakate Kazarian, Shelley Lee, Maria Eugenia Le Noci, Dario Maccari, Miranda MacPhail, Manuela Magliano, Barbara Mantovani, Alberto Marchesini, Ada Masoero, Melina Mulas, Pier Luigi Mulas, Valentina Mulas, Antonello Negri, Luca Pietro Nicoletti, Antonella Ortelli, Carla Pellegrini, Francesca Piccolboni, Fulvio Porena, Alessandra Pozzati, Viviana Pozzoli, Luca Quartana, Fabio Roversi Monaco, Paolo Rusconi, Evan Ryer, Alberto Saibene, Rossella Savio, Christina Schenk, Iris Schmeisser, Marta Sironi, Roberta Sommariva, Emilio Stracchi, Federico Torra, Silvia Vacca, Lorenzo Viganò, Carmela Vilardo, Maria Villa, Valentina Zucchetti e tutti i prestatori che hanno generosamente contribuito alla mostra un ringraziamento particolare a Enrico Crispolti, Jacopo Galimberti, Tommaso Trini. Main sponsor del Museo del Novecento Supporting sponsor Articolarte main sponsor Prestatori Milano, Fondazione Lucio Fontana Stoccarda, Staatsgalerie Krefeld, Leihgabe Collection Adolf Luther Stiftung Krefeld, Kunstmuseen, Kaiser Wilhem Museum Humlabæk, Louisiana Museum of Modern Art Parigi, Centre Pompidou, Musée national d’art moderne – Centre de création industrielle Zurigo, Kunsthaus Parigi, Musée d’art modern de la ville Torino, Fondazione per l’arte moderna e contemporanea – CRT, in comodato presso la Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino Hannover, Alhers Collection Cascia, Monastero di Santa Rita Milano, Fondazione Prada Parma, Università degli Studi, CSAC Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna Roma, Università degli Studi “La Sapienza”, Museo di Mineralogia Milano, CASVA – Fondo Luciano Baldessarri Milano, Archivio Storico – La Triennale di Milano. XII Triennale di Milano Milano, Galleria Blu Milano, Editoriale Domus S.p.A. Milano, Archivio storico della Fondazione Culturale San Fedele Parigi, Centre Pompidou, Bibliothèque Kandinsky, Fonds General e Fonds Iris Clert Milano, Archivio Storico U. Hoepli Lissone, Famiglia Artistica Lissonese Milano, Fondazione Guido Lodovico Luzzatto Milano, Università degli Studi, Centro Apice Milano, Civica Biblioteca d’Arte Milano, Soprintendenza archivistica per la Lombardia RAI Teche Bologna, Collezioni d’arte e di storia della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna Testo istituzionale Milano, Museo del Novecento dal catalogo della mostra 22 ottobre 2014 15 marzo 2015 La mostra “Yves Klein Lucio Fontana, Milano Parigi 1957-1962” è uno degli appuntamenti principali del palinsesto espositivo e culturale “Milano cuore d’Europa”, programmazione che in occasione del semestre di presidenza italiana dell’Unione Europea proporrà in città una serie di iniziative dedicate ad alcuni importanti artisti fortemente rappresentativi della complessa, affascinante e molteplice identità europea. Klein e Fontana sono due protagonisti della scena artistica del secondo dopoguerra e il loro rapporto, indagato nella mostra al Museo del Novecento e testimoniato dalla ricca documentazione pubblicata in questo catalogo, si snoda lungo la traiettoria che lega Milano e Parigi, attraverso amicizie personali, collezionisti, intellettuali, attraverso le gallerie e i mercanti che nelle due città lavorano. A Milano, Yves Klein espone per la prima volta nel 1957 alla Galleria Apollinaire, una delle gallerie milanesi che negli anni cinquanta non solo si rivolgono al contesto nazionale ma guardano con attenzione a cosa accade oltralpe, portando in città le nuove sperimentazioni artistiche francesi e tedesche. Proprio in questa circostanza Lucio Fontana acquista un’opera dell’artista francese. A Parigi la gallerista Iris Clert, oltre alle numerose mostre di Klein, presenta le opere di Fontana che lanciano definitivamente l’artista italo argentino, ma milanese d’adozione, sulla scena internazionale. Questa mostra nasce grazie alla preziosa collaborazione con la Fondazione Lucio Fontana e gli Archives Yves Klein di Parigi, depositari delle eredità dei due artisti. A sottolineare la centralità di questo progetto nel palinsesto, il logo di “Milano cuore d’Europa” è stato scelto proprio l’Arengario con il suo arabesco luminoso, la Struttura al Neon realizzata da Lucio Fontana per la IX Triennale di Milano del 1951, e ora installato nelle sale del Museo del Novecento e divenuto riferimento per piazza Duomo, centro della città. Filippo Del Corno Assessore alla Cultura main sponsor Il cielo in una stanza. La Struttura al Neon di Fontana e Pigment pur di Klein al Museo del Novecento Milano, Museo del Novecento 22 ottobre 2014 15 marzo 2015 Marina Pugliese dal catalogo della mostra La sala centrale del Museo del Novecento, dedicata in permanenza all’artista italo-argentino, ospita un insolito dialogo: sotto l’arabesco in neon realizzato nel 1951 per la IX Triennale sarà allestito Pigment pur, un’installazione di pigmento blu oltremare realizzata da Klein dal 14 al 23 maggio 1957 per la mostra personale presso la galleria Colette Allendy di Parigi. Il dialogo è motivato dall’interesse che entrambi gli artisti svilupparono nel rapporto con lo spazio e con il vuoto. Un ulteriore elemento di collegamento tra le due opere è dato dall’utilizzo in entrambe del colore blu. La Struttura al neon, un arabesco di luce fluorescente di circa cento metri, si stagliava in origine su un fondo blu, presumibilmente a richiamare il colore dello spazio siderale. Alcuni bozzetti esposti in mostra, opera di Luciano Baldessari, illustrano il complesso programma decorativo studiato dall’architetto in collaborazione con Marcello Grisotti per lo scalone della Triennale. Il progetto complessivo di Baldessari prevedeva interventi di varia natura commissionati a più artisti: oltre al neon di Fontana, un altorilievo in ceramica di Antonia Campi sotto il neon con un pannello di Giuseppe Ajmone alla base e un pavimento colorato in resina sintetica di Attilio Rossi al pianterreno. I bozzetti a china e collage mostrano chiaramente la tavolozza di colori e forme pensata da Baldessari per lo scalone, con diverse prove di colore per la parte di soffitto retrostante la luce del neon con tonalità dall’azzurro all’oltremare tra cui una indicata come “Giotto”, presumibilmente riferita al colore del soffitto della cappella degli Scrovegni di Padova; analogamente, Pierre Restany si riferirà agli “affreschi di Assisi” nel testo scritto per la personale di Klein Proposte monocrome. Epoca blu del gennaio 1957 presso la Galleria Apollinaire di Milano. Un dépliant pubblicitario della resina Vipla, realizzato in occasione della IX Triennale e illustrato da immagini in bianco nero poi colorate in stampa, attesta la presenza di un fondo blu dietro all’arabesco al neon. La Struttura al neon non era la prima occasione in cui Fontana si rapportava in modo sperimentale con lo spazio: due anni prima, sempre a Milano, presso la Galleria del Naviglio l’artista aveva allestito dal 5 all’11 febbraio 1949 l’Ambiente nero, un oggetto oblungo in cartapesta dipinto con colori fluorescenti, illuminato nel buio da una luce di Wood. L’opera rappresentava la concretizzazione di un’arte nuova data attraverso l’abbandono di pratiche artistiche già note e il passaggio dall’opera tradizionale “alla pura immagine aerea, universale, sospesa” come sostenuto nel manifesto Spaziali del 1947. Nonostante la consapevolezza con cui l’artista concepì un nuovo medium artistico, riuscendo anche, con la scelta del titolo, a definirne l’essenza, la ricezione dell’opera non ebbe riverberi internazionali e solo una rivista di architettura quale “Domus” dedicò all’opera una copertina. Il trait d’union tra due opere formalmente molto diverse quali l’Ambiente nero e la Struttura al neon è dato dall’utilizzo di materiali innovativi – la luce di Wood e la luce fluorescente – e sopratutto dalla attenzione per lo spazio, inteso come spazio espositivo e come spazio siderale. Il principale polo di interesse extra artistico di Fontana era infatti rappresentato dalla scienza. Nel manifesto Spaziali del 1947 aveva sostenuto che “Gli artisti anticipano gesti scientifici, i gesti scientifici provocano sempre gesti artistici”. E proprio per la main sponsor comprensione dell’utilizzo dell’aggettivo spaziale sono necessari una serie di approfondimenti in relazione alla ricerca scientifica del tempo. Nello stesso manifesto Fontana faceva un blando riferimento alla ricerca di una nuova dimensione nello spazio data dall’astrofisica, laddove spiegava che “È impossibile che l’uomo dalla tela, dal bronzo, dal gesso, dalla plastilina non passi alla pura immagine aerea, universale, sospesa […]”. Con il manifesto Spaziali del 18 marzo 1948 il concetto si chiarisce in modo inequivocabile: “Ma non intendiamo abolire l’arte del passato o fermare la vita: vogliamo che il quadro esca dalla sua cornice e la scultura dalla sua campana di vetro. Una espressione d’arte aerea di un minuto è come se durasse un millennio, nell’eternità. A tal fine, con le risorse della tecnica moderna, faremo apparire nel cielo: forme artificiali, arcobaleni di meraviglia, scritte luminose. Trasmetteremo per radiotelevisione, espressioni artistiche di nuovo modello”. Anche nei disegni e nei testi preparatori – in larga parte inediti – per l’intervento per il I Congresso Internazionale sulla Proporzione nelle Arti del settembre 1951 alla Triennale di Milano ritorna più volte il concetto di spazio siderale, di nuovo orizzonte della terra visto dall’alto. La IX Triennale costituì per Fontana la prima importante occasione di visibilità internazionale, anche grazie al convegno sulla “Divina Proportione” al quale parteciparono storici e critici quali Rudolf Wittkower, James Ackerman, architetti quali Nervi, Le Corbusier e Bruno Zevi e artisti quali Max Bill e Vantongerloo. Per l’occasione Fontana fece un intervento sull’arte quale “quarta dimensione ideale dell’architettura”, conferenza che poi sarebbe confluita nel Manifesto tecnico dello Spazialismo. I documenti conservati negli archivi della Triennale mostrano come Fontana avesse urgenza di dichiarare pubblicamente la sua idea di una nuova forma artistica che andasse oltre pittura e scultura in quanto aveva paura delle similitudini con le recenti dichiarazioni teoriche degli artisti francesi del Group Espace. Nel testo definitivo parlò del rapporto tra l’uomo e il dominio dello spazio: “La vera conquista dello spazio fatta dall’uomo, è il distacco dalla terra, dalla linea d’orizzonte, che per millenni fu la base della sua estetica e proporzione. Nasce così la 4a dimensione, il volume è ora veramente contenuto nello spazio in tutte le sue dimensioni. […] Si va formando una nuova estetica, forme luminose attraverso gli spazi. Movimento, colore, tempo, e spazio i concetti della nuova arte. Nel subcosciente dell’uomo della strada una nuova concezione della vita; i creatori iniziano lentamente ma inesorabilmente la conquista dell’uomo della strada. L’opera d’arte non è eterna, nel tempo esiste l’uomo e la sua creazione, finito l’uomo continua l’infinito”. L’arabesco al neon era quindi un’opera dematerializzata, un segno ambientale di luce artificiale, dimostrazione concreta di una nuova attenzione allo spazio e alla tecnologia che gli valse il premio della Triennale e la pubblicazione con più immagini su due numeri di “Architecture d’Aujourd’hui” e sullo speciale dedicato all’arte italiana in “Art d’Aujourd’hui” nel 1952. Al cielo e allo spazio, sebbene con una attitudine meno “tecnicistica” e più poetica e concettuale guardava anche il giovane artista francese Yves Klein. Se per Fontana la ricerca scientifica era un esplicito termine di riferimento, anche l’opera di Klein, come ben dimostra il testo di Stephen Petersen in questo catalogo, si sviluppò avendo sullo sfondo la coeva ricerca aerospaziale. La purezza stessa e l’essenzialità della monocromia nella scelta del colore blu, testimonia la ricerca di uno spazio “oltre la dimensione”, con le tele esposte nel gennaio 1957 presso la Galleria Apollinaire staccate dal muro, appese in modo da galleggiare apparentemente nello spazio. Cinque mesi dopo, la mostra da Colette Allendy testimoniava la nuova attitudine sperimentale di Klein main sponsor nei confronti dello spazio. Aperta quattro giorni più tardi e con lo stesso titolo, “Proposition Monochrome”, della mostra inaugurata da Iris Clert con il lancio di 1001 palloncini blu, l’esposizione dalla Allendy includeva diverse opere di natura installativa: Pigment pur, una distesa di colore in polvere blu sovrastata da Le grande paravent bleu, un paravento composto da cinque pannelli; la Pluie bleue, una serie di bacchette in legno dipinte di blu appese al soffitto a imitare la pioggia; e Les surfaces et blocs de sensibilité picturale invisible, una piccola stanza vuota al secondo piano della galleria, l’idea in nuce di quello che un anno dopo presso la galleria Iris Clert sarebbe passato alla storia come “Le Vide”. Un filmato a colori mostra le opere e gli spazi della galleria, il Pigment pur sovrastato da Le grand paravent bleu e Yves che mostra la stanza vuota intrisa di sensibilità pittorica invisibile spalancando le braccia. Anche Pigment pur va letto in senso ambientale. Klein commentò l’intervento sostenendo che si trattava di un quadro allestito al suolo che aveva il vantaggio di permettere l’uso del pigmento puro laddove la forza di gravità faceva da fissativo naturale, e il limite di forzare lo sguardo del pubblico, naturalmente portato a dirigersi verso l’orizzonte. In realtà oltre al dato tecnico, che dà conto dell’attenzione di Klein alla purezza del colore, avendo egli stesso messo a punto e brevettato una precisa formula di rapporto tra pigmento e resina acrilica, emerge in Pigment pur il tema dello spazio e del rapporto tra opera e spettatore. Nella lunga intervista del 1969 a Carla Lonzi, Fontana disse “Klein ha intuito lo spazio”. L’intuizione dello spazio in Pigment pur, un quadro di colore puro sul suolo, è data dall’inversione della relazione tra opera e spettatore e tra spettatore e spazio: il cielo e l’infinito sono abbattuti e messi ai piedi di chi guarda. main sponsor Universi paralleli. Yves Klein e Lucio Fontana Silvia Bignami, Giorgio Zanchetti dal catalogo della mostra Milano, Museo del Novecento 22 ottobre 2014 15 marzo 2015 Milano, 2 gennaio 1957. Le prime pagine dei giornali sono occupate dalla crisi del canale di Suez e da quella seguita ai fatti d’Ungheria, che ha investito pesantemente il Partito comunista italiano: Natalino Sapegno, Gaetano Trombatore, Domenico Purificato e Leoncillo Leonardi rassegnano le dimissioni dal Pci. Mentre la Gioconda di Leonardo torna a essere esposta al Louvre, dopo un rapido restauro seguito a un tentativo di vandalizzazione da parte di uno squilibrato, a New York Gene Fullmer, detto “Cyclone”, si prepara a scalzare dal podio dei pesi medi Sugar Ray Robinson e alla Piccola Scala Zeffirelli dirige le prove della Buona figliuola di Piccinni, con la Sciutti, Alva e Panerai. Esce in libreria la nuova edizione della Letteratura artistica di Schlosser e l’ex olimpionico di scherma Ciro Verratti lamenta, sul “Corriere della Sera”, le sfortune dell’Inter che, battuta 1 a 0 dall’Udinese, abbandona la vetta della classifica1. In città la circolazione è bloccata da dieci centimetri di neve e probabilmente non sono in molti a sapere che in un piccolo locale che dà sulla strada al 4 di via Brera, la Galleria Apollinaire di Guido Le Noci, si inaugura la mostra “Proposte monocrome, epoca blu” di Yves Klein. Mario Lepore, tre giorni dopo, lo liquida inspiegabilmente come “un astrattista a volte abbastanza decorativo”2 e Marco Valsecchi stronca senza troppi riguardi la mostra, senza neppure prendersi la briga di mettere piede in galleria3. L’operazione orchestrata da Yves Klein con il supporto critico di Pierre Restany è, nell’apparente semplicità, troppo radicale per essere colta dai più nella sua reale profondità e complessità. Fa eccezione la straordinaria recensione Blu blu blu di Dino Buzzati, uscita negli ultimi giorni di apertura dell’esposizione sul “Corriere d’Informazione”. Lo scrittore, che per nostra fortuna sostituisce casualmente Lepore, racconta così la mostra di questo “fenomeno” venuto da Parigi: “Undici quadri assolutamente identici (almeno nell’apparenza), formati da rettangoli blu senza il più piccolo segno, neanche la firma c’è. Solo il dodicesimo è diverso: invece che rettangolare è quadrato e invece di blu è rosso”4. Appesi a barre verticali d’alluminio che li tengono discosti dalla parete, i monocromi galleggiano nello spazio entro il suggestivo allestimento brutalista di Vittoriano Viganò, sottolineando, pur nella loro identità, la propria irripetibile astanza. Ma l’incomprensione della critica giornalistica più attardata – due settimane dopo Leonardo Borgese, sul “Corriere della Sera”, stronca la grande mostra di Mondrian a Palazzo Reale, definendo le sue composizioni astratte “collocamenti a riposo del pensiero e della coscienza e del tragico”5 – non corrisponde affatto allo spirito di audacia sperimentale e di apertura internazionale che caratterizza i nuovi ambienti artistici milanesi da quasi un decennio, da quando, cioè, è tornato dall’Argentina Lucio Fontana, portando nella valigia il suo Manifiesto blanco e tanta voglia di cominciare daccapo i discorsi intrecciati dell’avanguardia astratta e della sintesi delle arti, rimasti in sospeso allo scoppio della Seconda guerra mondiale. E Lucio Fontana è il primo acquirente di una delle Proposte monocrome di Klein esposte all’Apollinaire6, dimostrando anche in questa occasione di essere non soltanto “un uomo pieno d’umorismo e sportivissimo” – come scrive Buzzati7 –, ma soprattutto un maestro consapevole e sempre attento alle feconde esperienze delle nuove e nuovissime generazioni artistiche, dai più giovani spazialisti come Crippa, Dova e Peverelli, a Castellani, Manzoni, Dadamaino, Scheggi, Colombo e gli artisti delle nuove tendenze ottico-cinetiche e psicopercettive internazionali, fino a Paolini e Fabro8. Benché nessuna delle numerose fotografie scattate a Milano main sponsor nei giorni della mostra li ritragga insieme, è verosimile che Klein e Fontana si siano incontrati per la prima volta chez Le Noci in quell’occasione. Nel testo introduttivo per la mostra, Pierre Restany introduce il fortunato paragone tra il “Blu autonomo, disancorato da qualunque giustificazione funzionale” del giovane pittore francese e il “Blu-Signore, padrone assoluto della più definitiva tra le frontiere liberate, il Blu degli affreschi di Assisi” di Giotto, inteso come un “vuoto colmo … Niente che afferma il Tutto Possibile”9. Ma nel dattiloscritto originale il riferimento ad Assisi è aggiunto a penna blu da Klein, correggendo un primo “fresques de San Zeno”10. A conferma della predominanza di una vocazione poetico-letteraria nel giovane Restany, nel paragone proposto sembra pesare, assai più che una precisa reminescenza storico-artistica11, la suggestione di due celebri passaggi proustiani, che si mescolano nella memoria del critico. Si tratta della menzione del “retable de San Zeno et les fresques des Eremitani” di Mantegna – in Un amour de Swann12 – e della rivelazione improvvisa della volta giottesca color lapislazzuli della cappella degli Scrovegni (e non del ciclo di Assisi) nel capitolo dedicato al viaggio a Venezia (e nel Veneto) di Albertine disparue: “Après avoir traversé en plein soleil le jardin de l’Arena, j’entrai dans la chapelle des Giotto, où la voûte entière et le fond des fresques sont si bleus qu’il semble que la radieuse journée ait passé le seuil, elle aussi, avec le visiteur et soit venue un instant mettre à l’ombre et au frais son ciel pur, à peine un peu plus foncé d’être débarrassé des dorures de la lumière, comme en ces courts répits dont s’interrompent les plus beaux jours quand, sans qu’on ait vu aucun nuage, le soleil ayant tourné son regard ailleurs pour un moment, l’azur, plus doux encore, s’assombrit”13. E un’eco di quest’ultimo passaggio – con il cielo di pietra azzurro scuro attraversato dai voli di angeli “qu’ils semblaient des volatiles d’une espèce particulière”14 – risuona forse anche nell’episodio fondativo della scoperta kleiniana del blu assoluto, quando adolescente, sulla spiaggia di Nizza, immagina di appropriarsi del cielo: “I went to sign my name on the underside of the sky during a fantastic ‘realistico-imaginary’ journey. That day, as I lay on the beach at Nice, I began hate the birds which occasionally flew in my pure, unclouded blue sky, because they tried to bore holes in my greatest and more beautiful work”15. Ma per una più puntuale ispirazione a Mallarmé di questa intuizione mitica narrata da Klein, si veda soprattutto il suo accenno a un passo dell’epistemologo Gaston Bachelard (divenuto per lui un autore di riferimento fondamentale)16, nella conferenza L’évolution de l’art vers l’immatériel tenuta alla Sorbona il 3 giugno 1959: “Le poète … souffre de l’ironie de l’azur. Il connaît un azur trop offensif qui veut boucher d’une main jamais lasse ‘les grands trous bleus que font méchamment les oiseaux’”17. È difficile che Klein e Restany potessero saperlo, nonostante i ripetuti soggiorni di entrambi in Italia fin dalla fine degli anni quaranta, ma di “blu Giotto” era dipinto, già nel 1951, il soffitto della grandiosa installazione ambientale della Struttura al neon, ideata da Fontana per l’allestimento, progettato da Luciano Baldessari, dello scalone della IX Triennale18: lo attestano le raffinatissime carte a collage nelle quali l’architetto armonizza la tavolozza cromatica dei suoi interventi e le fotografie vivacemente colorate di un dépliant dei rivestimenti pavimentali in Vipla, pubblicato in quell’occasione19. Klein attraversa l’Italia nell’agosto del 1948, in un tipico itinerario di liberazione e d’istruzione in autostop verso Capri, del quale ha lasciato un appassionato resoconto epistolare indirizzato ai suoi genitori. Tocca Ventimiglia, Sanremo, Genova, Rapallo20, Santa Margherita e Portofino, poi Pisa, Firenze, Roma, Napoli, Pompei (dove può aver colto anche la suggestione delle impronte di corpi fissate nei calchi di Fiorelli, come già negli anni trenta avevano fatto Arturo Martini e Fontana21, serbandone memoria per le main sponsor sue Anthropométries), Ercolano, Amalfi, Sorrento e, finalmente, Capri; e di là, in barca a vela, a Ischia, Reggio Calabria, Messina, Stromboli e ancora a Capri; poi, di ritorno, Napoli, Roma, Firenze e infine “passé deux jours dans l’inoubliable Venise et son joyau la place St Marc – je prends le train pour Nice! avec deux livres en poche … Ici finit l’Histoire!!!!”22. Nel settembre del 1951, poi, viaggia di nuovo in Italia con l’affezionatissima zia materna, Rose Raymond: alcune foto-ricordo documentano la loro presenza sul lago di Garda, a Verona e a Venezia, ma non ci sono testimonianze che Klein possa essere stato a Milano e tantomeno che possa aver visitato la Triennale. Sul retro di una fotografia dell’articolo di Buzzati dedicato alla sua mostra all’Apollinaire del gennaio 1957, Klein ha incollato un ritaglio dattiloscritto con un appunto che collega l’inizio della sua “epoca blu” alla nuova liberazione della scultura dalla sua base rappresentata dal lancio di 1001 palloncini blu “dans le ciel de St-Germain-des-Prés” in occasione della mostra delle “Propositions monochromes” nella galleria di Iris Clert a Parigi: “Les formes libérées par moi à l’occasion du vernissage de mon époque bleue se sont élevées dans l’air, dans notre atmosphere, puis peu à peu ont disparu à nos yeux, elles ne sont jamais plus revenues, elles ne voulaient pas que reprenne, pour elles, l’esclavage de la pesanteur sous le joug duquel nous vivons”23. È ancora Buzzati che, nel 1962, suggerisce il collegamento tra la mostra di Milano e la popolarissima canzone Volare (Nel blu dipinto di blu) scritta da Domenico Modugno e Franco Migliacci e portata a un trionfale successo dal cantautore pugliese e dal debuttante Johnny Dorelli al Festival di Sanremo, il 1° febbraio del 1958: “Era nato veramente il blu dipinto di blu cioè l’International Klein Blue – IKB –, e giusto due mesi dopo, chissà come, venne fuori la famosa canzone di Modugno”24. Klein, infatti, nel suo album di ritagli di stampa e fotografie relativi alla mostra del gennaio 1957 a Milano ha raccolto anche lo spartito a stampa di Volare. In un su un foglio volante aggiunto al suo manoscritto L’aventure monochrome, ricorda la canzone, collegandola al libro, ricevuto in dono dalla madre, L’air et les songes di Bachelard e agli scritti dello psicologo Robert Desoille: “Ce travaux de Robert Desoille jetteront aussi sans doute une lumière psychologique scientifique sur le succès extraordinaire de la chanson que j’ai inspirée a Modugno, ‘Nel blu dipinto di blu’, en exposant à Milan une époque bleue en 1957”25. Attribuendo univocamente alla propria mostra l’ispirazione di Modugno, Klein dimostra non soltanto la sua capacità di comunicatore, anche al di fuori della più ristretta cerchia sociale degli esperti e degli appassionati d’arte contemporanea, ma altresì la sua consapevole volontà di estendere viralmente a tutte le componenti, alte e basse, della cultura del suo tempo la propria rivoluzione pittorica dell’“epoca blu”. Migliacci ha ricondotto più tardi, forse più banalmente, l’idea di partenza della canzone all’immagine onirica suscitata in lui da due stampe di Chagall, appese nella sua camera26; ma la curiosità e l’attenzione per il lavoro di Klein da parte dei media e dell’ambiente mondano dello spettacolo e del cinema sono attestate anche dalla bella fotografia di Ugo Tognazzi che rimira, un po’ perplesso, il monocromo esposto dall’artista nella mostra “Arte nucleare” alla Galleria San Fedele, nell’ottobre dello stesso anno27. Il manifesto Contro lo stile, pubblicato in quell’occasione, è sottoscritto anche da Arman, Restany e Klein e riconosce le sue “proposizioni monocrome” come unica alternativa possibile alla “tabula rasa” o ai “rotoli di tappezzeria di Capogrossi”28. La generosa solidarietà di Fontana verso gli artisti delle più giovani generazioni è celebrata, il 15 maggio del 1957, da Peppino Palazzoli, che allestisce alla Galleria Blu una mostra delle collezioni private di Fontana e di Bruno Munari29. Fra gli autori raccolti dal primo figurano Baj, Burri, Capogrossi, Crippa, Dangelo, De Luigi, Dova, Licini e Scanavino: il monocromo blu di Klein, acquistato quattro mesi prima da Le Noci, fa bella mostra di sé al centro di una parete in una serie di provini fotografici che ritraggono gli intervenuti il giorno dell’inaugurazione30. Non può quindi stupire il riconoscimento del ruolo di caposcuola ricoperto dallo scultore italo-argentino main sponsor da parte di Castellani e Manzoni che, insieme ad Agnetti e Bonalumi, sul primo numero della rivista “Azimuth” ripubblicano, con il titolo Oltre la pittura, la presentazione di Fontana scritta per la Biennale del 1958 da Guido Ballo: “Fontana ha più di tanti altri sentito e vissuto i fermenti di una cultura nuova: oggi è vicino ai giovani, ne ha già precorso con libertà certe poetiche”31. Sul secondo numero della stessa rivista, presentando la mostra “La nuova concezione artistica” alla quale partecipa anche Klein, Udo Kultermann, annovera tra gli “artisti pionieri” il sessantenne Fontana, Mark Rothko e Clyfford Still, insieme a Castellani, Dorazio, Holweck, Klein, Mack, Manzoni, Mavignier, Piene e Tinguely32. Subito prima della mostra di Klein “Propositions monochromes” alla Galerie Iris Clert, un’opera di Fontana è esposta nello stesso spazio sulla Rive Gauche – quartiere delle piccole gallerie33 – in occasione del “Micro Salon d’Avril” inaugurato il 12 aprile (poi riproposto alla Galleria La Tartaruga di Roma, alla Galerie d’Europe di Bruxelles, al Kunstamt Charlottenburg di Berlino, alla Galleria Apollinaire di Milano): il nome deriva dall’idea di presentare opere di piccolo formato, “zéro figures”34, di circa 123 artisti, in contrapposizione al più istituzionale e riconosciuto Salon de Mai. Alla mostra partecipa anche Klein che collabora con la Clert all’allestimento, collocando tre dei suoi monocromi (di colori diversi) al centro delle pareti della galleria35. Nel maggio 1957 esce a Parigi, sulla rivista “XXe Siècle” di Gualtieri di San Lazzaro36, un primo articolo monografico su Fontana, firmato da Maria Luz37: viene messo in luce il ruolo fondamentale dell’argentino nel panorama dell’arte contemporanea e presentata – come introduzione alla sua poetica – una sintesi dei punti principali del Manifiesto Blanco. I cinque “barocchi” a corredo dell’articolo sono di proprietà della Galleria del Naviglio di Carlo Cardazzo, o vi sono comunque transitati. In aprile Fontana si era recato a Parigi38 con Cardazzo: in una lettera a San Lazzaro scrive che la città inizia a piacergli e ci tornerà “più di sovente”39. Sembra aver cambiato idea rispetto a quanto affermava in una lettera dell’inverno precedente: “Sono tornato spaventato da Parigi, non so come potrei viverci, ormai sono un vecchiaccio, buono per Albissola, lì posso ancora darmi delle arie, ho solo Tullio come concorrente!”40. Nell’ottobre 1956 aveva infatti esposto alla collettiva “Structures en devenir” organizzata da Michel Tapié41, nella galleria “ultramoderne” dello svizzero Rodolphe Stadler al 51 di rue de Seine, che sarebbe diventata, sotto la direzione artistica dello stesso Tapié, il centro di diffusione dell’art autre. La prima testimonianza di un’attenzione più approfondita di Tapié per Fontana risale al luglio 1958, quando in un testo critico per “Notizie” indica – tra le “opere vive” della XXIX Biennale – i quadri esposti nella sala a lui interamente dedicata42. È il punto di partenza della riflessione di Tapié sull’artista, che si sarebbe sviluppata per diversi anni. Intanto, anche Iris Clert pensava di avvicinare Fontana, come si evince da una lettera di Piero Manzoni del novembre 1958: “Pour avoir les tableaux de Fontana il serait bien de lui écrire pour lui rappeler tout ça”43. Il colto e articolato sincretismo che caratterizza la spiritualità di Klein lo porta a far propri alcuni spunti ricavati dalle filosofie dell’estremo Oriente e, in particolare, dallo Zen, senza però rinunciare a una religiosità profondamente radicata nella cultura cattolica della sua infanzia. In questa prospettiva va letto il suo desiderio di porre la propria vita e la propria opera sotto la protezione di santa Rita da Cascia, che godeva di una particolare devozione nella città di Nizza. Senza dare notizia di questi viaggi, all’infuori della cerchia più ristretta dei familiari, l’artista compie almeno cinque pellegrinaggi a Cascia tra l’inizio di aprile del 1958 e il novembre del 196144. Il 7 aprile 1958 passando da Assisi, di ritorno da Cascia, scrive a Iris Clert una bella cartolina rappresentante la scena dell’Elemosina del mantello dagli affreschi della basilica superiore di San Francesco: “Chère Iris il ya dans la Basilique de St François d’Assise des tableaux monochromes intégralement Bleus!”. La scoperta delle specchiature azzurre della basilica inferiore diviene così un ulteriore elemento portante della propria genealogia artistica e un momento di snodo quasi rivelatorio, main sponsor in vista della prossima apertura della mostra “La spécialisation de la sensibilité à l’état matière première en sensibilité picturale stabilisée (Le Vide)” alla Galerie Iris Clert, il 28 aprile45. È, effettivamente, un periodo estremamente fervido di nuove realizzazioni: due giorni prima dell’inaugurazione dalla Clert, Klein illumina di blu l’obelisco di place de la Concorde e il 5 giugno, a casa dell’amico Robert Godet, l’artista sperimenta per la prima volta la tecnica del Pinceau vivant, eseguendo col corpo nudo di una modella un grande quadro monocromo46. In settembre, poi, Yves ritorna a Cascia insieme alla zia Rose, per offrire a santa Rita un monocromo blu, in segno di devozione e di gratitudine. Lungo il viaggio si ferma di nuovo a Venezia: una fotografia ritrae Klein nel Padiglione sovietico della Biennale di quell’anno, davanti al grande quadro di Arkadij Plastov, L’aia di un colcos (1949)47. Ma a quella storica Biennale, l’artista francese può vedere con maggior interesse e profitto le importanti sale personali di Rothko e di Lucio Fontana48, che espone le grandi tele forate dell’ultimo anno, mentre sta già mettendo in cantiere i primi “tagli”. Proprio nelle stesse settimane Fontana aveva informato con una punta di compiacimento l’amico Tullio Mazzotti, famoso ceramista albisolese, che sulle pagine di “Elle”49 avrebbe potuto trovare uno dei pochi servizi fotografici sull’allestimento della sua sala alla Biennale di Venezia di quell’anno: “La rivista di moda – Elle – (francese) pubblica a tutta pagina a colori le mie [op]ere. Didascalia: – C’est le plus beau garçon du monde le peintre argentin – Attendo con ansia la reazione delle donne parigine! Sassu e Crippa hanno protestato al Governo Francese!”50. Dal 1959 i soggiorni parigini di Fontana s’infittiscono. Sul retro di uno dei suoi tagli Fontana scrive: “Me gustaria ir a Paris”51. Il quadro potrebbe essere stato eseguito poco prima del 17 marzo 1959, quando Fontana è a Parigi per esporre – appena un mese dopo la presentazione della nuova serie dei tagli alla Galleria del Naviglio – alla galleria Stadler, introdotto da un testo critico di Tapié: “Fontana est allé immédiatement au choix extrême, en prenant comme élément ce vide spatial qu’est le trou fait dans une surface elle même quelconque … Aucune attitude artistique n’a autant demandé a la seule abstraction de conditionner qualitativement une oeuvre, aucune démarche n’a été aussi indifféremment non-classique”52. La mostra parigina lo lancia sulla scena internazionale, con importanti sbocchi sul collezionismo europeo e newyorchese, affrancandolo dalla lateralità di certa critica d’arte italiana del tempo e, in particolare, dai “giornalisti culturali alla ricerca dello scandalo”53. L’organizzazione dell’esposizione si precisa tra il viaggio di Tapié in gennaio a Milano, dove visita lo studio di Fontana, e le successive lettere di Rodolphe Stadler e della sua assistente, Edith Zerlaut-Rauscher, a Cardazzo che invia ventidue dipinti prima del 15 marzo54. Non si tratta ancora di una personale. Fontana ha a disposizione due delle tre sale dalle pareti smaltate rosse e nere della galleria, mentre la terza è occupata dall’artista sudafricano Christo Coetzee, un compagno di viaggio improbabile per il “pape du Spatialisme”: lo sottolinea Pierre Restany, che in “Cimaise” paragona la scelta di Stadler a una “douche froide”. Dopo una successiva visita nello studio milanese, Restany lamenterà che Fontana non abbia affrontato Parigi, per la prima volta, “seul”: “Ce qu’il y a de plus triste c’est que l’on ait imposé à Fontana un tel voisinage, pour sa première manifestation importante à Paris. La personnalité de Fontana est mal connue ici … L’envergure du personnage, son passé, la somme de ses recherches, tout ça méritait mieux. Ou tout au moins une autre présentation. Les oeuvres exposées étaient toutes récentes: des toiles généralement monochromes, trouées de lacérations longitudinales. Tout réside là dans l’affirmation du geste. Mais ce geste perdait toute son ampleur dans un contexte aussi agressivement baroque que celui de Coetzee”55. main sponsor Un giornalista del quotidiano socialista “Combat” – forse Claude Rivière – riferisce della riluttanza del pubblico, già anticipata da Tapié nel suo testo, complimentandosi invece con Stadler per la proposta audace: le “fentes” di Fontana non istituiscono un rapporto conflittuale con il quadro; al contrario, “scavano degli spazi” dotati di qualità plastiche56. Il vernissage – documentato da un servizio fotografico inedito di cui si conservano i provini negli Archives Stadler di Parigi57 – si rivela un avvenimento mondano: sono presenti i galleristi con cui Fontana avrebbe organizzato future mostre – Iris Clert, Jean Larcade e Alfred Schmela – la scrittrice Milena Milani, forse in rappresentanza della Galleria del Naviglio, l’attrice italiana Gaby Sylvia, collezionisti come Anthony Denney e artisti, tra cui Ruth Francken, Antonio Saura, Roland Algernon Penrose e Georges Mathieu. Yves Klein non c’è, perché si trova ad Anversa per la preparazione della collettiva “Motion in Vision / Vision in Motion”58. Il lavoro di Fontana inizia a essere ascritto in modo univoco all’informale e lo spazialismo viene soltanto citato da Tapié in apertura del suo breve testo. Forse anche la galleria di Denise René, centro di ricerche astrattogeometriche, sarebbe potuto diventare un trampolino di lancio per Fontana a Parigi, ma nel 1959 l’artista arriva in città sotto lo scudo di due suoi antagonisti, Stadler e Tapié, e il suo lavoro – come anche quello di Klein – le sembra, per questo fraintendimento, fuori dalla linea delle sue scelte: “J’étais contre le travail de Fontana. Je dois dire que je ne l’ai jamais rencontré, mais je n’ai jamais compris comment il était possible de s’intéresser à un artiste qui est, selon moi, destructif et pas constructif. Lacérer la toile pour moi c’est comparable à un meurtre. Un jour Soto m’a dit ‘Denise. Vous avez fait deux erreurs: vous avez manqué Yves Klein et Fontana’”59. Anche nelle recensioni alla mostra da Stadler emerge una lettura un po’ parziale, d’impronta esistenzialista, secondo la quale i tagli sarebbero da intendere come “mutilations”60, residui di un gesto drammatico, violento, radicale, “destructeur et naïf ”61. Cominciano a essere ventilate, come nell’articolo di Georges Limbour in “Les Lettres Nouvelles”, analogie con organi sessuali femminili: “Fontana jouit des murs rouges. Une vulve largement ouverte révèle le mur comme le secret pourpre de son fruit”62. Di più ampio respiro, la recensione sull’edizione mensile di “XXe Siècle”63 parla di “poesia imperitura” per le sue tele e pone un interrogativo che ancora oggi si sente talvolta ripetere: “Faut-il voir dans ce nouvel exploit une réaction à la peinture totale des américains? Fontana, a-t-il vraiment voulu crever les ‘écrans’ de Rothko pour revenir une fois de plus à ‘Dada’?”64. Mentre per Fontana il buco, e poi il taglio, è essenzialmente l’apertura di una dimensione ulteriore che precede la pittura. Il collezionista milanese Antonio Boschi – estimatore di Fontana sin dagli anni trenta e assiduo frequentatore del suo studio, insieme alla moglie Marieda Di Stefano –, consegnandoci una sua testimonianza sulla nascita dei “tagli”, ne suggerisce una possibile lettura iconografica, non priva d’interesse: “Noi andavamo quasi ogni sabato in quel suo magnifico studio in via Monforte e seguivamo passo passo il suo arrovellarsi e le sue geniali invenzioni. Così vedemmo nascere i tagli. Fontana aveva fatto un quadro giocato sull’azzurro che mi piaceva molto e glielo chiesi. Egli lo trovava ancora incompleto e vuoto, voleva aggiungere ancora qualcosa e non sapeva cosa. Finalmente un sabato lo trovammo con i tagli, che erano i personaggi del paesaggio. Così nacquero i tagli, dei quali poi apprezzò il valore plastico e impiegò come spazialità”65. Effettivamente, la ricercata cromia e la nebulosa sensibilità emotiva dei primi “tagli” di Fontana, del 1958, permettono di leggerli come un’estrema illustrazione, ormai in un contesto artistico e culturale radicalmente mutato, della poetica degli stati d’animo di Boccioni e in particolare della prima versione di Quelli che restano (1911), entrata nelle Civiche Raccolte d’Arte di Milano per donazione di Ausonio Canavese sin dal 1934, che offre anche una significativa giustificazione per il titolo Attese, imposto alla serie da Fontana66. main sponsor I Boschi, purtroppo, non acquistano opere di Yves Klein per la collezione che, nel 1974, doneranno al Comune di Milano; ma, nel corso delle ricerche per la preparazione di questa mostra, sono state identificate nel loro lascito due carte di Marie Raymond, la madre di Yves, firmate e dedicate dal figlio: “a madame Marieda Boschi” e “a monsieur Boschi de la part de ma mère … Paris le 7 juillet 1957”67. Nel maggio del 1959, Fontana è già una leggenda a Parigi, se Pierre Guéguen lo presenta ai lettori del “XXe Siècle” come “l’innovateur”, paragonandolo a Paul Valéry: “Lucio Fontana, la soixantaine, le front en coupole, le regard rêveur tenant par deux doigts pince à sucre la cigarette dans une sobre moustache, ressemble à Paul Valéry, poète français un peu génois, beaucoup latin”68. L’articolo è corredato da opere emblematiche del suo percorso. Oltre all’accostamento a Fautrier e Dubuffet per certe sperimentazioni materiche, in chiusura la “peinture au couteau” dei tagli è paragonata all’architettura di Le Corbusier: “Fontana peut s’énorgueillir d’être d’accord avec le plus grand architecte de l’époque, Le Corbusier. On sait, en effet que l’une des plus grandes originalités et trouvailles de la Chapelle de Ronchamps a consisté à percer, de trous inégaux, certaines façades, ces ‘jour’ permettant à la lumière d’éclairer avec retenue l’atmosphère volontairement obscure de l’intérieur. Rencontre de luminaristes en des arts différents”69. Nonostante il libro delle firme della galleria si riempia anche d’insulti e ingiurie, due tele vengono acquistate e Fontana riceve dal Credit Commercial de France 70.000 lire per un quadro70. In Italia, una recensione di Gillo Dorfles in “Domus”, molto breve, è accompagnata da numerose illustrazioni di opere, distribuite su più pagine. Sotto il titolo Lucio Fontana: tagli nelle tele, vengono accomunate le mostre di Milano e Parigi, al Naviglio e da Stadler: “In queste sottili fessure che sciabolano la tela, è presente un ritmo compositivo per cui – nella loro labilità – i chiaroscuri e le brevi estroflessioni plastiche che esse creano, hanno il rigore di più impegnati lavori dell’artista”71. Enrico Crispolti entra maggiormente in sintonia con la nuova serie di Fontana e, scrivendo nello stesso mese di marzo per “Il Taccuino delle Arti”, commenta le sue “tele recentissime” esposte da Stadler e la personale di Pietro Consagra alla Galerie de France collegando entrambi all’ambito europeo dell’informale e dell’art autre72. Sono gli unici riflessi di rilievo del successo parigino di Fontana, il quale è comunque colpito dalle considerazioni di Crispolti. Così, in una lettera lo ringrazia per la recensione, “tanto più ch’è scritta generosamente da un giovane”73. È il punto di partenza di un lungo e cordiale rapporto tra artista e critico dagli immediati sviluppi: già nel giugno 1959 Crispolti avvia una ricognizione storico-critica dell’intero percorso di Fontana di cui, alla fine di ottobre, ordina una prima completa retrospettiva all’Attico di Roma. Di ben diversa intonazione è un curioso articolo, uscito su una testata dedicata agli italiani residenti in Francia, il “Giornale degli Italiani”, dove le opere esposte a Parigi vengono enumerate senza commenti – al di là di una sintetica annotazione tra parentesi che vale forse da giudizio sulla mostra nel suo insieme (“oscena”) – seguendo il filo del colore e della quantità di buchi o tagli: “Una tela color malva con buchi, una tela viola con tre tagli trasversali, un’altra malva con buchi, un’altra rossa con sette tagli. Un quadro bianco con buchi, cristalli azzurri e cristalli gialli, una tela con due bande gialle e la banda centrale in oro: cinque tagli orizzontali. Una tela grigia con dei tagli e una olivegreen (marca Roowney) con dieci buchi e lievi ghirigori. Una grande tela in oro con silhouette in argento con taglio verticale (oscena), una tela nera con sei tagli, una tela rossa con quindici tagli. Ancora una tela bianca con nove tagli verticali, due grigie – una con tre tagli e l’altra con due tagli trasversi. Galop finale con due vecchi quadri sottovetro e cornice dorata (il tempo arcaico dell’artista), uno giallo e uno grigio con i primi ‘buchi’ di Lucio Fontana che espone alla galleria Stadler”74. Pochi giorni dopo averla conosciuta all’inaugurazione da Stadler, Fontana va a trovare Iris Clert in galleria: “Un jour j’eus la visite de Lucio Fontana. Il exposait chez Stadler … Il était d’une générosité et d’une bonté extrême. Je me pris pour lui d’une immense affection. main sponsor Lucio, grand séducteur, essaya son pouvoir su moi. Avec beaucoup de peine je repoussai ses avances mais aussi avec beaucoup de tact. Comment dire à ce Don Juan automnal que je le voyais plutôt comme un père et qu’en outre ses yeux noirs auraient eu sur moi un effet de blocage? Par la suite, Fontana, que j’exposerai à maintes reprises, se consolera en me disant: ‘Nous sommes deux génies. C’est trop pour vivre ensemble’”75. Tornato a Milano, le manda tre piccoli quadri: uno, in nero e oro, è un ritratto di Iris, ancora intitolato Concetto spaziale - Attesa. Nudo76. Si tratta del primo dei quattro dipinti a lei dedicati77, uno dei quali sarà esposto alla mostra “Les 41 présentent Iris Clert dans sa nouvelle galerie”, che propone una serie di ritratti della gallerista realizzati in suo onore da 41 artisti in occasione dell’inaugurazione, il 15 maggio 1961, della nuova sede, al numero 28 dell’elegante rue du Faubourg St-Honoré, sulla riva destra della Senna, dove la galleria si è trasferita dai locali angusti di rue des Beaux-Arts78. Il passaggio sull’altra sponda del fiume ha un valore simbolico e di prestigio, così Fontana si complimenta con lei per la realizzazione di un sogno: “Je suis sur que vôtre galerie deviendrà très rapidement une de plus importante y vivante de Paris”79. Grazie al carteggio tra i due, è possibile anticipare la datazione di questi ritratti, avvicinandoli alla serie degli “olii” del 1960 da considerarsi come laboratorio di preparazione del più noto ciclo delle Venezie. Con un gusto più decorativo – verosimilmente alla ricerca di soluzioni diverse dalla concettualità minimale del monocromo – Fontana ritrova il piacere di una materia pittorica ricca, dove sembra delinearsi il profilo graffito di un volto: ma a campeggiare è un unico taglio slabbrato che gioca ironicamente tra aperture conoscitive e possibili allusioni erotiche. Intorno al 10 aprile 1959 Fontana ritorna a Parigi e fa visita a Yves Klein nel suo appartamento in rue Campagne-Première, come testimoniano due fotografie e una lettera. Lo scatto di Klein, che ben restituisce la sottile complicità instauratasi tra i due artisti, ritrae un Fontana sornione e divertito dall’abito che indossa: l’uniforme dei Cavalieri dell’Ordine di San Sebastiano, di cui Klein è membro. L’episodio è ricordato da Klein nella lettera del 1° agosto dello stesso anno inviata da Gelsenkirchen, dove si trova per il suo unico incarico pubblico, la decorazione del nuovo teatro dell’Opera: “Llegando aqui en Gelsenkirchen he descubierto las photos qui habia tomado de usted a mi casa con el uniforme de los caballeros de San Sebastian. Estoy contento de enviarle estas photos que créia habier perdido”80. Alle spalle di Fontana s’intravedono le spugne che saranno poi esposte alla mostra “Bas-reliefs dans une forêt d’éponges”, inaugurata alla Galerie Iris Clert il 15 giugno. Dalla medesima lettera sappiamo che Klein ha chiesto alla gallerista di mandare a Fontana due suoi pezzi: un Relief éponge81 e un’Éponge82. Fontana sarà quindi, nei primi anni sessanta, uno dei più importanti collezionisti di Klein in Italia: possiede infatti anche un’Anthropométrie del 1960 e un Monogold del 1960, con la dedica: “À Fontana un monogold âge d’or”83. Alla fine del 1962 – riconoscendo nel gesto del Saut dans le vide, compiuto da Klein nell’ottobre 1960, un’immagine emblematica di quel “distacco dell’uomo dalla terra” che egli stesso aveva vaticinato, anni prima, negli appunti preparatori del suo Manifesto tecnico dello spazialismo84 – Fontana acquisterà da Harry Shunk e János Kender un esemplare della famosa fotografia di quell’azione85. A sua volta, lo scultore italo-argentino donerà a Klein, un Concetto spaziale forato del 1960, con la dedica “al amigo Yves Klein”86 e, successivamente, regalerà a Rotraut Uecker un Concetto spaziale - Attese del 1961 e uno, azzurro, del 1965 con l’affettuosa dedica: “A mon cherie amie Tro-Tro”87. Ulteriore testimonianza della stima reciproca tra i due artisti è l’invito che Fontana rivolge a Klein, il 2 maggio 1959, per realizzare “una demostración de arte nueva”88 in occasione della XII Triennale di Milano del 1960. A Fontana era stato chiesto dalla Commissione (di cui facevano parte anche Agenore Fabbri e Roberto Sambonet) di suggerire idee per eventi all’aria aperta nel parco: “Seria necesario vernos y hablar, precisar en lo posible la forma de realisación, los gustos, enfin un programa mas concreto y presentarlo a la comición, yo estoy main sponsor seguro que seria una cosa formidable para la proxima Triennale que se inaugura en junio de el proximo año 1960”89. Il 2 ottobre 1959, dopo scambi di opinioni su preventivi e aspetti organizzativi – con qualche incertezza sul coinvolgimento di Tinguely, perché “es un espiritu diferente que no es de nuestra familia, la familia de los ‘espaciales’”90 – e un soggiorno a Milano (il 22 luglio), Klein invia una lunga e circostanziata lettera a Maurizio Ferraris, segretario della Triennale, per illustrare con dovizia di particolari il progetto e i costi di realizzazione, accludendo uno schizzo (non rinvenuto) della pianta della Triennale. La proposta è di ricoprire le scale con un “tetto climatizzato”, mentre dei getti d’acqua colorata sarebbero caduti in verticale su una corrente d’aria orizzontale: “Un spectacle assez inouï de trombes d’eau arrêtées en plein vol au-dessus des têtes des visiteurs gravissant ces marches d’escalier à l’entrée”91. Davanti alle scale, sul pavimento, si prevede una sorta di piazzale in sabbia rossa, mentre a sinistra dev’essere collocato un grande blocco di plastica blu di tre metri per tre, che emette in continuazione la “symphonie monoton”. Di fronte alle scale, in fondo alla zona di sabbia, è immaginato un muro di fuoco da far funzionare con il gas della città; a sinistra, un “un mur animé”. Vengono allegati come esempio le fotografie del progetto per la piazza dell’Opera di Gelsenkirchen con i suoi muri di fuoco, le colonne di fuoco su supporti d’acqua e il tetto d’aria per proteggere la caffetteria; inoltre, il progetto di un tetto d’aria per le rovine del monastero di Bad Hersfeld92. Secondo Klein, l’effetto di caldo e di freddo provocato dal muro di fuoco di fronte al tetto d’aria “réfrigéré et aspergé” avrebbe creato “un climat psychologique et dynamique de réconfort physique permanent pour les visiteurs”93, del resto molto apprezzabile, secondo l’artista, nei mesi da giugno a settembre, quando a Milano si è spesso soffocati dal caldo. Il progetto per la Triennale rientra nelle ricerche di un’immateriale “architecture de l’air”, nel quadro di una visionaria utopia di ricostruzione dell’universo dove gli uomini siano liberi da costrizioni fisiche in quell’architettura senza tetto e senza piani che l’artista teorizza alla conferenza della Sorbona del 1959: “Mes murs de feu, mes murs d’eau, sont, avec les toits d’air, des matériaux pour construire une nouvelle architecture. Avec les trois éléments classiques feu, air et eau, la ville de demain sera construite; elle sera enfin flexible, spirituelle et immatérielle”94. Klein elabora anche l’idea di un Centre de la sensibilité, una sorta di Bauhaus, le cui le differenti sezioni dovrebbero essere affidate a Tinguely (scultura), Klein, Fontana e Piene (pittura), Otto Frei (architettura), Claude Pascal, Pierre Henry, Sylvano Bussotti, Mauricio Kagel e Jacques Polieri (musica e teatro). Alcuni dei disegni con progetti di “architettura dell’aria” (conservati in una collezione privata) illustrano soluzioni di grandi allestimenti ambientali dove è possibile riconoscere le proposte dall’artista francese per la Triennale: dal tetto d’aria che sovrasta una rampa di scale esterna colpito da un getto d’acqua colorata, alle due grandi pareti – una monocroma blu, l’altra animata da forme ugualmente blu – a sinistra e a destra del piazzale davanti alle scale95. Il preventivo è di circa 25 milioni di franchi: una cifra esorbitante per la Triennale, che lo rifiuta ufficialmente in una lettera del 6 novembre 1959, anche – forse – per dissapori sorti con Fabbri, ai quali lo stesso Klein allude in una lettera del 2 ottobre 1959. Un altro progetto di arte pubblica ideato da Klein è proposto al Sindaco di Tivoli per i giardini di Villa d’Este, nell’ottobre del 1961, da Jean Larcade che aveva appena inaugurato nella sua Galerie Rive Droite la mostra personale “Yves Klein le monochrome” e si apprestava a rappresentare il lavoro dell’artista in esclusiva. Riprendendo un’idea elaborata anni prima con Norbert Kricke – dove le fontane di acqua e fuoco si inserivano in quelle già esistenti del Trocadéro – Klein aveva immaginato di “inclure des jets de feu dans les cascatelles et dans les jardins de Tivoli, au moment de la grande saison d’été”96. main sponsor Nel settembre del 1959, Fabrizio Mondadori che pubblicava a Milano la rivista “Direzioni”, invita Klein a inviargli immagini o testi relativi al suo lavoro. L’artista scrive appositamente l’articolo Le réalisme authentique d’aujourd’hui, che non potrà essere pubblicato a causa della cessazione della rivista. Si tratta di un testo importante, nel quale Klein introduce originalmente il concetto di realismo per spiegare gli aspetti più estremi delle proprie sperimentazioni artistiche, anticipando la fondamentale prospettiva di appropriazione del reale che caratterizzerà il Nouveau Réalisme, lanciato da Restany alla Galleria Apollinaire l’anno successivo97: “J’effectue depuis longtemps un retour au réalisme, à un authentique réalisme d’aujourd’hui et de demain, par l’immatériel! … Il s’agit pour moi non plus de brosser une toile mais plutôt d’établir d’une manière permanente et bien durable entre moi et cette nature, qui en fait ne font qu’un, la toile néo-figurative à la fois la plus réelle et la plus immatérielle qui existe”98. Già all’indomani della mostra “Le Vide” da Iris Clert, nell’aprile del 1958, Klein aveva iniziato a elaborare un’ipotesi di formalizzazione della cessione ad altri delle sue Zones de sensibilité picturale. Incuriosito dalla sfida di questo scambio apparentemente impossibile, il gallerista milanese Peppino Palazzoli, che conosceva il lavoro di Klein dal 1957, sarà il primo acquirente in assoluto di una Zona, per il corrispettivo di 20 grammi d’oro zecchino: ne resta testimonianza in due lettere a Palazzoli scritte da Iris Clert il 20 gennaio 1959 – per confermare la cessione e annunciare che Klein sta studiando la forma della ricevuta da inviare all’acquirente – e il 18 novembre quando la ricevuta è finalmente inviata a Milano99. Frattanto Klein mette a punto una serie di regole rituali per la cessione delle sue Zones de sensibilité, che allo scopo di valorizzarne il carattere non commerciale e immateriale prevedono che la ricevuta debba essere solennemente bruciata dall’intestatario e l’oro restituito dall’artista alla natura, gettandolo nella Senna100. Nel febbraio del 1960 Lucio Fontana espone un Concetto spaziale del 1959, proveniente dalla Galerie Stadler, alla mostra “Antagonismes”, curata da Julien Alvard e François Mathy al Musée des Arts Decoratifs101. Partecipa anche Klein, che propone per la prima volta, accanto a due Zones de sensibilité picturale immaterielle, un Monogold frémissant, in foglia d’oro, offrendo in questo modo la rappresentazione simbolica dell’avvenuta trasformazione alchemica del proprio atto creativo102. Il mese dopo, Fontana e Klein partecipano a New York alla collettiva “Paris Obsession” (con René Brô, Konrad Klapheck, Jesús Rafael Soto ed Eva Aeppli) allestita grazie alla mediazione di Iris Clert nella galleria di George Staempfli. L’esposizione è importante per stabilire contatti oltreoceano sia per la Clert sia per gli artisti. Contemporaneamente all’esposizione veneziana “Dalla natura all’arte” – organizzata nell’estate del 1960 da Bruno Munari ed Enzo Mari per il Centro Internazionale delle Arti e del Costume a Palazzo Grassi – dove ha esposto, nella seconda delle tre sale a disposizione, un gruppo di Nature eseguite ad Albisola103, Fontana presenta due sculture della stessa serie a Parigi, alla mostra “Sculpture italienne contemporaine, d’Arturo Martini à nos jours”104, inaugurata il 30 giugno al Musée Rodin a cura di Rodolfo Pallucchini. Queste opere straordinariamente innovative, anche nell’ambito della produzione recente dell’artista, passano però del tutto inosservate in Francia, come rimarcherà il critico portoghese José-Augusto França, lodandone l’anno seguente la prepotenza arcaica alla mostra da Iris Clert: “Elles s’offrent maintenant à nous, comme l’explosion retardée, des mines piégées, des bouées éclatées qui nous entraînent dans la profondeur des eaux … Et c’est encore un espace au-delà de l’espace, intérieur, à peine illuminé, mystérieux, aux menaces anciennes, qui se propose dans ces bronzes magnifiques. Des bronzes vieux comme la terre, qui se placent aussi au-delà du temps”105. La novità “formidabile” delle Nature non tarda a trovare altri estimatori: come il pittore e scultore belga Paul Van Hoeydonck, che le vede nel febbraio 1961 a Milano, nella Galleria del Grattacielo: “L’exposition des main sponsor boules de Fontana est formidable, c’est une des plus impressionnantes choses que j’ai vu jusqu’à présent”106. Sulla questione degli inquietanti, enigmatici ma impressionanti “ballons”, come Fontana scherzosamente chiamava in francese le sue Nature, sarebbe di lì a poco ritornata, scrivendo nella rivista “L’OEil”, Luce Hochtin, riferendosi ancora alla mostra di Palazzo Grassi: “Quant aux ‘Ballons’, ces sphères d’argile ou de terre cuite aux surfaces nues, sans fioritures, mais sans aucune recherché de lisse ou de poli, je les aperçois comme d’énigmatiques présences, d’autant plus impressionnantes qu’elles se trouvent groupées comme ce fut le cas, l’été dernier, lors de l’exposition du Palazzo Grassi. Nées de l’argile prise à pleines mains, jetée à la volée sur le volume qui s’amplifie sans cesse, dans un geste où la justesse de l’oeil contrôle les effets du hasard, puis ensuite fendues à demi, ou trouées, d’une entaille nette, elles évoquent à la fois les formes les plus primitives et les plus ancestrales, roulées par les flots et les vents, – et des organismes, des corps vivants et lourds, chargés de sensualité et que l’on dirait – parfois – blessés. Ce sont ces formes – sculptures, sphères, créatures?”107. La stupefacente mole metallica, del meteorite ferroso rinvenuto nel 1921 a Dersa, presso Uegit in Somalia, portato in Italia ed esposto nel Museo mineralogico della Sapienza, è un esempio di come la fotografia di divulgazione scientifica e, in particolare, astronomica possa aver agito anche con tempi lunghi sull’immaginario di Fontana. Il “più grande meteorite esistente in Italia” era infatti riprodotto nel ricco atlante fotografico Il cielo e le sue meraviglie pubblicato nel 1934 da Pio Emanuelli108, con intenti anche divulgativi, e accostato alle Nature rappresenta soltanto un esempio delle moltissime puntuali corrispondenze iconografiche con immagini di astronomia delle opere di Fontana dagli anni trenta a tutti i sessanta: dal Soffitto del 1953 per il Cinema del Padiglione Breda di Baldessari alla XXXI Fiera di Milano, fino alle tele dei primi anni cinquanta, bucate e variamente elaborate con l’applicazione di sabbia, pietre e porporina seguendo un andamento a spirale, fotografate da Attilio Bacci con retroilluminazione o luce radente che creano effetti fantasmagorici da planetario; dal motivo cosmico degli enigmatici disegni a inchiostro109 che accompagnavano l’Ambiente spaziale del 1949 alla Galleria del Naviglio, fino alle analogie quasi illustrative tra le immagini di aurore boreali dell’Emanuelli110 e i Teatrini di Fontana del 1965 o tra le tavole fotografiche che illustrano nebulose a spirale riprese “di taglio”111 e le Attese degli anni sessanta. In una lettera del 18 aprile 1961, Fontana accenna a un prossimo soggiorno a Parigi, lasciando intuire l’idea di una mostra interamente dedicata ai “ballons”. Qualche mese dopo, in settembre, di ritorno dalle vacanze in Grecia, Iris Clert visita lo studio di Fontana a Milano e le sue ultime creazioni la incantano, come racconta, caricando di un’aura leggendaria, nella sua autobiografia e facendo passare in secondo piano l’impegno precedente dell’artista con Jean Larcade, che ha un contratto con Fontana fino al settembre 1962: “– Lucio, je veux les exposer dans ma galerie! – Vous êtes folle, c’est invendable. Tous les marchands les ont refusées. Mon ami San Lazzaro, lui-même, a refusé de les exposer. – Moi je les aime tant que je vais les vendre toutes! Envoyez-les-moi. Même le transport, je le prends à ma charge. – ‘Iris Klein’ il y a un problème. C’est que j’ai un engagement avec Jean Larcade, qui doit exposer mes tableaux en novembre. – Ah! c’est parfait! Je demanderai à Jean qu’on fasse l’exposition le même jour. Les gens n’auront qu’à traverser la rue pour assister aux deux vernissages”112. Il sogno di Fontana – che aveva appena scritto a Ezio Gribaudo di aver immaginato di distribuire insieme a “due ninfette” la monografia di Michel Tapié Devenir de Fontana alla prossima mostra parigina113 – si avvera. Già in ottobre, infatti, la doppia mostra è annunciata per il mese successivo in una pubblicità sulla rivista “Lettre Ouverte”: da Iris Clert “Concetti spaziali de Fontana: sculptures Nature 1959-1961” e alla Galerie Rive Droite di Jean Larcade, contemporaneamente, “Concetti spaziali de Fontana 1949-1961: peintures”. L’unico invito, valido per entrambe, è un cartoncino viola ripiegato con le riproduzioni di un Concetto spaziale (in realtà rosso)114 e – in azzurro ciano – di una Natura115. La mostra è un gran successo e le “palle main sponsor crepate” si trasformano in mijons: milioni, nel gergo francoargentino-milanese di Fontana. Lo dirà lo stesso Fontana in una lettera del 14 dicembre alla modella Daria: “Mi sono fermato qualche giorno a Parigi, lì la mostra di scultura è andata bene, esito e tutto venduto! Pas mal!”116. L’audacia intellettuale dell’esuberante Iris Clert, i suoi accrochages originali e imprevisti, il gusto singolare, “le sensationnel, la mise en exposition” 117, si ritrovano in questo allestimento. Si tratta di un ambiente “froid, lunaire”118 con cinque palle raggruppate al centro e altre quattro negli angoli, in una luce completamente blu: “Une musique inédite, Métastases, di Yannis Xenakis donnera à ces ‘cratères’ une dimension extraterrestre”119. Due foto di André Morain immortalano Yves Klein all’inaugurazione, che osserva attentamente le opere. Yves e Lucio posano per Shunk e Kender insieme. “Sont-ils des objets martiens, peu importe!”120, scrive Claude Rivière, sottolineando la meraviglia di una materia che sorge “menaçante et autoritaire” nella forma di grandi e pesanti anfore, più magiche – a suo parere – delle tele tagliate esposte alla Rive Droite. Cariche di allusioni erotiche, le Nature scandalizzano i collezionisti di New York Emily e Burton Tremaine; ma Iris li tranquillizza, bisogna considerare quei pezzi semplicemente “comme un accouchement cosmique”121. D’altra parte, a concorrere alla riuscita economica della mostra ci sono anche gli acquisti di entusiasti collezionisti belgi come Philippe Dotremont, Madeleine Evrard, Betty Barman e Carlo Van Den Bosch, invitati da Van Hoeydonck che il 15 dicembre avrebbe inaugurato la mostra “Espaces du silence”. Per festeggiare questo successo, dopo il soggiorno a New York con Ezio Gribaudo, il fotografo Francesco Aschieri e Tapié122, il 2 dicembre 1961 Fontana organizza al ristorante La Coupole a Montparnasse una cena che diventa leggendaria: “Dans cette atmosphère enfumée et bruyante, les légendes naissent autour des tables”123. E anche in quell’occasione, piacere della vita, estro, generosità, ironia e autoironia di Fontana sono al centro dei ricordi di Iris Clert: “Fontana, depuis cette exposition semait à tous vents: Iris est un génie, elle a vendu mes ballons pour des ‘mijons’ (Lucio avait une façon de s’exprimer pleine de charme. Les millions, il les appelait des ‘mijons’; les ‘boules’, des ‘ballons’. Il avait en outre une préférence pour les huîtres de La Coupole). Cet homme si généreux, dès qu’il avait touché un ‘mijon’ invitait tous le jeunes peintres à déguster des huîtres en sa compagnie”124. Tra i commensali siedono Klein e Rotraut che si sarebbero sposati alcune settimane dopo, il 21 gennaio 1962: accanto a loro, al centro della lunga tavolata, Fontana tiene banco, ma a un certo punto si volta e, con la sua dolcezza piena di fascino, sorride alla moglie Teresita. In Italia, sulle riviste d’arte, le notizie sulle due mostre parigine del 1961 si pubblicano con il contagocce. Bisogna leggere “Vanità”, l’anno dopo, per apprendere che, oltre ai collezionisti redenti, “critici di alta e snobistica cultura, come il famoso Tapié, partono da Parigi per contemplare da vicino i gesti liberatori di Fontana: gli inviati dell’‘OEil’, di ‘Connaissance des Arts’ bussano al portone di Palazzo Cicogna”125. Fino alla metà degli anni sessanta, del Fontana di Parigi si continua a parlar poco nei “luoghi” dell’arte e bisogna ricorrere a “Vogue & Novità” per sentirlo raccontare a Ninette Lyon di certe sue passioni d’oltralpe: “Ora quando vado a Parigi, mangio almeno sessanta ostriche al giorno, a volte quaranta in un solo pasto”126. Ma l’artventure parigina di Fontana continua. Il 19 febbraio 1964 è ancora la Galerie Iris Clert a ospitare una sua personale intitolata “Les OEufs Célestes”. Si tratta della serie di quadri a olio, ovali monocromi con buchi, strappi e lustrini, tutti del medesimo formato, oggi nota come Fine di Dio. La mostra parigina, introdotta da uno scritto di Claude Rivière su “Iris.time”, è organizzata con il consenso della Galleria Marlborough di Roma (con cui Fontana è sotto contratto). Sono esposti nove quadri che giocano sulla ricerca di una nuova main sponsor spazialità tra pieni e vuoti – dove le “lacerazioni” lasciano intravedere il muro – e la gallerista progetta, più che un accrochage, “une installation dans un espace en trois dimensions”127. Inizialmente, la data prevista per l’apertura è l’8 dicembre, ma la mostra viene posticipata per concedere più tempo a Fontana, preoccupato inoltre di un possibile fraintendimento del suo lavoro: “Comme je te dit dans mon lettre je pense che la date du dicembre ne ce pas bonne. Vous m’ecrit que seront exposée comme des oeuf de Noël, c’est bien ça? Il feu que fair beaucoup de attencion qui les personnes ou la critique ne fait pas de ca la razon de fair de l’humur caricatural”128. Il riferimento all’uovo (come forma in grado di rompere la definizione dello spazio) e alle sue possibili implicazioni storico-artistiche, simboliche, religiose e alchemiche, era già stato colto tempestivamente da Dorfles che intitola più elementarmente quei lavori Le ova129. Pur partendo dalla metafora cosmologica del disco volante per le “oeufs spatiaux, vert smaragdin, violet ou jaune, couleurs initiatiques et rouge”, anche Rivière finisce per parlare di una dimensione escatologica: “Ainsi tendu vers l’absolu infini, le monde de Fontana devient la révélation de la Rédemption, celle qui est annoncée par la semaine pascale”130. Sulla simbologia dell’uovo e della fecondazione ritornerà anche François Pluchart: “Fontana … a laissé la sphère originelle pour expérimenter l’oeuf primordial. Ce n’est pas tant la fécondation qui intéresse Fontana que l’évolution de cette fécondation. Le vert cru, le rose, le jaune, le blanc, le noir pailleté sur une toile lacérée pour donner toutes ses chances à la lumière, c’est un développement. C’est toute l’évolution de la vie envers la vie”131. Qualche considerazione, più in termini di narrazione che di affermazione teorica e sistematica (che non gli è connaturata), arriva all’inaugurazione dallo stesso Fontana, come racconta la gallerista: “Dieu est mort, disait-il. L’art est mort aussi par conséquent. Aujourd’hui les véritables oeuvres d’art ce sont les spoutniks, les fusées, les avions, les usines, car c’est là où l’homme déploie son génie inventif ”132. Molte opere vengono comprate dal solito affezionato giro di collezionisti belgi, a eccezione di una tela133 “acquise par le seul collectionneur français d’avant-garde, René de Montaigu” 134. A questo quadro si riferisce qualche anno dopo anche Gilbert Lascault: “Vers 1962 les trous se grandissent, les bords se déchiquettent: une oeuvre ovale, noire, couverte d’une substance un peu gluante semble une maléfique dentelle de deuil. Le soustitre de ce Concept spatial est d’ailleurs: La fine di Dio: la fin, la mort de Dieu. Les solutions de Fontana ont toujours quelque chose de paradoxal”135. Alla fine di febbraio del 1961 Yves Klein va nuovamente in pellegrinaggio a Cascia per deporre presso la tomba di santa Rita una delle sue opere più misteriose e coerenti. È un vero e proprio Ex voto dedicato alla santa, nel quale l’artista sintetizza, entro una teca di plexiglas, alcuni degli elementi fondamentali del proprio lavoro: il pigmento puro, rosa e blu acceso, la foglia d’oro fremente e i tre lingotti d’oro ricavati dalla vendita, alla fine del 1959 delle prime tre Zones de sensibilité picturale immaterielle; al centro della teca il manoscritto della preghiera composta da Klein per santa Rita: “Le Bleu, l’Or, le Rose, l’Immatériel …”. Rimasta segreta per quasi vent’anni, l’opera è stata scoperta da Armando Marrocco nel 1979, durante una campagna di restauri e integrazioni alle decorazioni del santuario di Cascia136. Dopo un lungo soggiorno negli Stati Uniti, in occasione della sua personale da Leo Castelli a New York (21-29 aprile) e alla Dwan Gallery di Los Angeles (29 maggio - 24 giugno), tra il 17 e il 19 luglio Klein si dedica a documentare sistematicamente, attraverso il mezzo filmico, la complessa drammaturgia della realizzazione di alcune serie delle sue opere: mette in scena per le riprese Paolo Cavara una pubblica esecuzione delle Anthropométries, accompagnata dalla Symphonie monoton-silence, che confluirà malauguratamente stravolta in Mondo cane di Jacopetti137, e si fa riprendere mentre esegue alcune Peintures de feu al Centre d’essais du Gaz de France di La Plaine Saint-Denis. main sponsor In occasione di un breve viaggio a Roma il 13 novembre, per vedere un primo montaggio di Mondo cane, Klein compie un ultimo pellegrinaggio a Cascia, in compagnia di Rotraut, e poi rientra a Milano per l’inaugurazione della sua antologica “Yves Klein le Monochrome. Il nuovo realismo del colore”, sempre presentata da Restany alla Galleria Apollinaire (21 novembre 1961). La mostra e la sua inaugurazione sono documentate in numerose fotografie, tra le quali spicca un bel servizio scattato da Ugo Mulas. Dino Buzzati, che come si è visto aveva saputo apprezzare il lavoro di Klein fin dal suo debutto italiano nel gennaio del 1957, si prodiga per sostenerlo anche in questa occasione, pubblicando sul “Corriere d’Informazione” una divertita rassegna della sua opera138. Per ringraziarlo, Klein vorrà offrirgli un suo lavoro, ma lo scrittore, incuriosito dalle nuove aperture rituali e immateriali delle ricerche di Klein, chiederà piuttosto di ricevere una Zone de sensibilité picturale immatérielle, realizzata a Parigi il 26 gennaio 1962. Buzzati ne dava un ampio resoconto, nei suoi caratteristici toni: “Il folletto di nome Yves Klein, questo personaggio vivo e incredibile, firmò con una biro la ricevuta e io gli consegnai l’oro … Allora con notevole fatica a motivo del vento io accesi un fiammifero e diedi fuoco al cartiglio, che cominciò a bruciare. Nello stesso tempo Yves Klein aprì il coperchio della scatola di plexiglas e cominciò ad estrarre i quasi impalpabili foglietti d’oro, abbandonandoli nell’aria … Ma la cosa straordinaria non avvenne, che almeno io sappia. E la colpa è mia … Se il suo sortilegio, se l’incantesimo di Puck è fallito, la colpa è … del mio meschino spirito borghese. Perché il foglio della ricevuta non bruciò completamente e me ne rimase in mano la coda. E a titolo di souvenir mi piacque tenerlo, e, senza che Klein se ne accorgesse, me lo infilai in una tasca. E ancora adesso lo tengo nel portafogli. E mi piace pensare di avere una specie di talismano, una piccola riserva di poesia, o di felicità, o di illusione, che potrò consumare un giorno a mio capriccio”139. Dopo aver eseguito, a Parigi, tra gennaio e febbraio, i calchi anatomici degli amici Arman, Claude Pascal e Martial Raysse, per ricavarne le figure metafisiche dei suoi Portrait reliefs in blu e oro, Klein morirà il 6 giugno per un attacco cardiaco. Così lo ricorda Buzzati, sulle pagine del “Corriere della Sera”: “Riesce difficile, almeno a me, far coincidere l’idea di morte con la personalità di Yves Klein, uno degli artisti più bizzarri e sconcertanti di questo secolo … Certo non era facile seguirlo in tutte quelle sue scorribande mentali. Ma il suo candore era quello dei bambini, più precisamente quello dei piccoli spiriti bizzarri, capricciosi e dispettosi, che accompagnano la vita dei bambini fino a quando essi diventano persone ragionevoli e allora il grande incantesimo finisce”140. Alla fine del 1967, intervistato dalla rivista “Art et Création” a proposito di Klein, Fontana dichiara: “Il représentait l’esprit nouveau. Différent des peintres expressionnistes comme Rothko, qui s’occupe de la vibration lumineuse de l’espace, de Pollock qui veut détruire, le faire exploser, casser le tableau. Différent de moi qui cherche un espace autre. Lui, il était pour l’infini”141. Qualche mese dopo, il 7 settembre 1968, anche Fontana sarà tradito dal cuore… Ma Yves e Lucio continuano a sorridere insieme in quella fotografia scattata alla mostra delle “Nature” da Iris Clert, che Carla Lonzi sceglie d’inserire nell’apparato iconografico intimo e non convenzionale del suo Autoritratto del 1969142. main sponsor * Dipartimento di Beni culturali e ambientali, Università degli Studi di Milano. A uso dei concorsi si specifica che le parti su Lucio Fontana sono scritte da Silvia Bignami e quelle su Yves Klein da Giorgio Zanchetti. Il titolo del saggio fa riferimento alla diffusa immagine, derivata dall’interpretazione della meccanica quantistica detta dei “molti mondi”, formulata nel 1957 dal fisico americano Hugh Everett III. Cfr. H. Everett, Relative State Formulation of Quantum Mechanics, in “Reviews of Modern Physics”, 29, 1957, pp. 454-462; The Many-Worlds Interpretation of Quantum Mechanics, a cura di B.S. DeWitt, N. Graham, Princeton 1973. 1 Si vedano “Il Nuovo Corriere della Sera” e il “Corriere d’Informazione” dell’1° e 2 gennaio 1957. Verratti, medaglia d’oro nel fioretto a squadre alle Olimpiadi di Berlino del 1936, era celebre per il suo fisico atletico; nel 1932 era stato ritratto da Fontana nel sorprendente nudo dipinto di blu del Campione olimpico (Atleta in attesa): un’opera seminale – accanto al perduto Uomo nero e alla Signorina seduta del Museo del Novecento – per la capacità di sublimare l’incombente presenza fisica delle masse scultoree attraverso la vibrazione della luce sulle superfici mosse e attraverso l’uso antinaturalistico e straniante del colore o dell’oro. Cfr. M. Milan, scheda, in Anni Trenta. Arti in Italia oltre il fascismo, catalogo della mostra (Firenze, Palazzo Strozzi, 22 settembre 2012 - 27 gennaio 2013), a cura di A. Negri, S. Bignami, P. Rusconi, G. Zanchetti, S. Ragionieri, Firenze 2012, p. 134, cat. 2.04. M. Lep. [M. Lepore], Taccuino delle mostre d’arte, in “Corriere d’Informazione”, 5-6 gennaio 1957, p. 4. Per una disamina più completa di questa prima mostra di Klein a Milano e i suoi successivi rapporti con Le Noci, cfr. il testo di Laura Calvi in questo stesso catalogo. 2 3 M.V. [M. Valsecchi], Le mostre. Yves Klein, in “Il Giorno”, 8 gennaio 1957, p. 4. Si veda la teca di documenti allestita da Le Noci per la mostra retrospettiva di Klein del 1964, sempre alla Galleria Apollinaire, nella quale campeggiava il ritaglio dell’articolo di Valsecchi con la scritta a pennarello: “Valsecchi scrisse questo pezzo senza visitare la mostra”. Il ritaglio è riprodotto, con analoga scritta, nel primo numero del bollettino “Galleria Apollinaire”, a. I, n. 1, Milano, novembre 1963, [p. 2]. La risposta all’attacco pregiudiziale di Valsecchi, indirizzata da Restany alla direzione del giornale, restava inedita (dattiloscritto, Parigi, collezione privata), ma, quasi a risarcirne l’artista, il 12 gennaio Adele Cambria dava spazio alla sua figura e alla sua mostra nell’evocativo L’avanguardia in tram (in “Il Giorno”, 12 gennaio 1957) che riferisce di un intervento di Klein alla radio italiana, nei giorni della mostra, e permette di fissare a sabato 12 gennaio la sua esibizione al Judo Club Jigoro Kano, di proprietà dell’artista Bruno Facchini, in arte Contenotte. D. Buzzati, Un fenomeno alla Galleria Apollinaire. Blu blu blu, in “Corriere d’Informazione”, 9-10 gennaio 1957, p. 8. In realtà, come risulta dalle principali ricostruzioni retrospettive della mostra, il monocromo rosso non era esposto insieme agli altri, ma conservato nel piccolo retrobottega della galleria. Maria Eugenia Le Noci, 4 moglie e vivace compartecipe delle imprese galleristiche di Guido, ricorda però anche la presenza di un monocromo giallo (color “risotto”) nella stanza sul retro (testimonianza orale, gennaio 2014). Una fulminea sintesi dell’articolo di Buzzati è pubblicata sul rotocalco “Orizzonti” di Roma il 20 gennaio 1957 come didascalia di una fotografia di Klein che dipinge a rullo una delle sue tele sotto gli occhi affascinati di due ammiratrici: “Il pittore francese Yves Klein, campione di lotta giapponese, ha presentato la più paradossale mostra di pittura che si sia vista al mondo … I suoi quadri sono costituiti da una superficie liscia di uniforme colore bleu unito: su questa superficie non c’è alcun segno o linea, né alcuna macchia o interruzione: soltanto un bleu tutto uguale, lievemente e regolarmente increspato come la cementite dei nostri appartamenti. Solo le misure e i colori dei quadri variano. I suoi arnesi da lavoro sono i tipici rulli di gomma usati per colorare le pareti” (“Orizzonti”, n. VIII, Roma, 20 gennaio 1957). 5 L. Borgese, Una mostra a Palazzo Reale. Mondrian, replica geometrica della disperazione di Van Gogh, in “Il Nuovo Corriere della Sera”, 20 gennaio 1957, p. 3. Con buona pace di Borgese, tra il 1956 e il 1957 si assiste in Italia a una vera e propria riscoperta di Mondrian, con la personale alla XXVIII Biennale di Venezia e con quella, allestita da Carlo Scarpa, presentata alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma nel novembre 1956 e a Milano nei primi mesi dell’anno successivo. 6 “Acquirenti finora due: un noto sarto collezionista d’arte astratta e il pittorescultore Lucio Fontana, quello dei buchi per intenderci” (Buzzati, Un fenomeno… cit.). In un secondo tempo, in L’aventure monochrome (1958-1960), Klein dichiarerà che ciascuno dei suoi monocromi blu, apparentemente identici per tecnica e dimensioni, era stato venduto a un prezzo differente, sottolineando così il carattere di catalizzatori di sensibilità mentale e spirituale di queste sue opere e la loro sostanziale inassimilabilità alla pittura tradizionale [Y. Klein, L’aventure monochrome, in Idem, Le dépassement de la problématique de l’art et autres écrits, a cura di M.A. Sichère, D. Semin, Paris 2003, pp. 223-268 (p. 233); cfr. anche M. Meneguzzo, Klein et l’Italie: entre “Nucléaires” et “Spatialistes”, in Yves Klein. Corps, couleur, immateriel, catalogo della mostra (Parigi, Centre Pompidou, 5 ottobre 2006 - 5 febbraio 2007; Vienna, Museum Kunst Stiftung Ludwig, 9 marzo - 3 giugno 2007), a cura di C. Morineau, Paris 2006, pp. 192-195 (p. 193)]. 7 Buzzati, Un fenomeno… cit. Oltre al quadro acquistato da Fontana, Klein vende altre quattro opere alla mostra del 1957 all’Apollinaire. Una al “noto sarto” citato da Buzzati e due ad altri collezionisti vicini alla galleria. L’episodio, ricordato da Restany, dell’acquisto di un monocromo rosso da parte di Giuseppe Panza di Biumo, che lo restituiva poco dopo al gallerista [cfr. H. Périer, Pierre Restany. Le prohète de l’art (nuova edizione di Idem, Pierre Restany. L’alchimiste de l’art, Paris 1998), Paris 2013, p. 51; P. Restany, in L. De Domizio Durini, Pierre Restany. L’eco del futuro, Milano 2005, p. 56)] è confermato parzialmente dalla testimonianza dello stesso Panza di Biumo (intervista di C. Knight a G. Panza, Los Angeles, 2-4 aprile 1985, Oral history interview, Archives of American Art, main sponsor Smithsonian Institution; trad. it. in L’arte degli anni ’50, ’60, ’70. Collezione Panza, Milano, 1999, p. 31) e con maggior precisione da un appunto conservato a Parigi in collezione privata (che attribuisce a Panza l’acquisto di un monocromo rosso e di un monocromo blu) e dalla testimonianza orale di Maria Eugenia Le Noci. 8 G. Zanchetti, “Non vi sono ragioni di pittura e scultura…” Estro, sperimentazioni e avventure di Lucio Fontana, 1957-1960, in Lucio Fontana. Concetto spaziale, 1957, catalogo della mostra (Milano, Museo della Permanente, 7 novembre - 3 dicembre 2000), a cura di G. Zanchetti, Milano 2000, pp. 5-29; Francesco Tedeschi, Sul “magistero” di Fontana. Fontana nell’avanguardia milanese degli anni Cinquanta-Sessanta, in Lucio Fontana. Metafore barocche, catalogo della mostra (Verona, Palazzo Forti, 25 ottobre 2002 - 6 marzo 2003), pp. 145-155; A. Bruciati, Podriamos hacer una demostraciòn de arte nueva. Neoavanguardia e “grado zero” in Fontana, ivi, pp. 157-171; J. Galimberti, Nella famiglia degli spazialisti. L’amicizia e la collaborazione tra Lucio Fontana e Yves Klein, in Lucio Fontana e l’artventure parigina, a cura di S. Bignami, J. Galimberti, Milano 2014, pp. 105-106. 9 P. Restany, L’epoca blu o Il secondo minuto della verità (novembre 1956), trad. it. di B. Joppolo, in Yves Klein. Proposte monocrome epoca Blu (Pittori della scuola di Parigi), dépliant di presentazione della mostra (Milano, Galleria Apollinaire, 2-12 gennaio 1957), a cura di P. Restany, Milano 1957. 10 P. Restany, L’époque bleue ou La deuxième minute de vérité, novembre 1956, dattiloscritto (Parigi, collezione privata). Sulla pagina d’album sulla quale ha incollato il foglio (che è ritagliato irregolarmente agli angoli, evidentemente per eliminare altre annotazioni manoscritte che l’artista non ha ritenuto di conservare), Yves Klein scrive: “Vernissage à Milan. Nous étions partis de Paris sept Bertini, Bernadette Allain, Restany et sa femme [Aline Popper], Lutka Pink, Bellegarde, moi”. (“Vernissage a Milano. Siamo partiti in sette Bertini, Bernadette Allain, Restany et sua moglie, Lutka Pink, Bellegarde, io”). Anche il viaggio in treno è documentato da alcuni scatti fotografici conservati a Parigi in collezione privata. Swann, II parte: Un amour de Swann. 13 “Dopo aver attraversato in pieno sole il giardino dell’Arena, entrai nella cappella Giotto, dove l’intera volta e il fondo degli affreschi sono così azzurri che la giornata radiosa sembra aver varcato anch’essa la soglia assieme al visitatore per mettere all’ombra e al fresco, per un istante, il suo cielo puro … fatto appena più cupo dell’essersi sbarazzato delle dorature della luce, come in quelle brevi tregue che interrompono le più belle giornate quando il sole, senza che si siano avvistate nuvole, volge altrove il suo sguardo e per un momento l’azzurro, ancora più dolce, si incupisce”. Idem, Albertine disparue / La fugitive, cap. III: Séjour à Venise (trad. it. di G. Raboni). 14 “Rappresentati … come volatili d’una specie particolare e realmente esistita”. Ibidem. 15 Y. Klein, Chelsea Hotel Manifesto (primavera 1961), pubblicato in Yves Klein, catalogo della mostra (New York, Alexandre Iolas Gallery, novembre 1962), New York 1962. 16 G. Bachelard, L’Air et les songes. Essai sur l’imagination du mouvement, Paris 1943. 17 “Il poeta … soffre l’ironia dell’azzurro. Conosce un azzurro troppo aggressivo che vuol chiudere con una mano infaticabile ‘i grandi buchi blu che fanno malignamente gli uccelli’”. Y. Klein, L’évolution de l’art vers l’immatériel. Conférence à la Sorbonne, 3 giugno 1959 (una replica, inizialmente prevista per il 5 giugno, non ha avuto luogo); se ne veda il testo originale, trascritto dalla registrazione audio, in Klein, Le dépassement… cit., pp. 118-153, 356-361 (p. 137). Il verso di Stéphane Mallarmé, citato da Bachelard, è tratto da L’Azur (1864). E, in fondo, all’origine di quella prima panica appropriazione del blu da parte di Klein, c’è lo stesso cielo (o il mare?) azzurrissimo ritagliato a Vence nel 1947 dal vecchio Matisse nella sua gouache découpée Les Voiles. 18 Cfr. G. Zanchetti, Fontana e la luce. Una “nuova evoluzione del mezzo per l’arte”, in Lucio Fontana, catalogo delle mostre del centenario (Milano, PAC, Triennale, Museo Diocesano, Museo della Scala, Accademia di Brera, aprile-giugno 1999), Milano 1999, pp. 165-169; Idem, scheda, in Il museo del Novecento. La collezione, a cura di F. Fergonzi, A. Negri, M. Pugliese, Milano 2010, pp. 218- 219. Sull’importanza dell’opera – anche in relazione agli sviluppi ambientali del lavoro di Yves Klein e in particolare all’installazione di Pigment pur proposta nel maggio del 1957 alla Galerie Colette Allendy di Parigi – si veda l’intervento di Marina Pugliese, in questo stesso catalogo. 11 Eppure Restany, nei primissimi anni cinquanta, aveva studiato Storia dell’arte all’Università per stranieri di Perugia e, forse, a quella di Pisa: di quegli anni ricorda soprattutto le lezioni di Argan, che teneva effettivamente alcuni corsi estivi a Perugia tra il 1950 e il 1955 e che, nel 1947, aveva dedicato un articolo al personaggio di Elstir nel numero dedicato a Proust di “Letteratura” (G.C. Argan, Elstir o della pittura, in “Letteratura”, n. IX, 6, novembredicembre 1947, pp. 209-216). Cfr. Périer, Pierre Restany…, 2013, cit., p. 19; C. Gamba, Cronologia della vita e dell’opera di Giulio Carlo Argan. Sezione V. Riportare l’Italia in Europa: dopoguerra e ricostruzione 1945-54, in Giulio Carlo Argan. Intellettuale e storico dell’arte, atti dei convegni e dei seminari promossi dal Comitato Nazionale per le celebrazioni del centenario della nascita di Giulio Carlo Argan (Roma, Accademia dei Lincei e Università La Sapienza, 2009), a cura di C. Gamba, Milano 2012, pp. 489-495. 20 Dove lo conduce, alla guida di una Buick, un anonimo collezionista italiano di “Matisse, Picasso, Braque, etc.” che sarebbe bello poter identificare (Y. Klein, diario del viaggio in Italia, agosto 1948, Parigi, collezione privata; pubblicato in trad. it. in Yves Klein. La Vita… cit., pp. I-IV). 12 “Il polittico di San Zeno e gli affreschi degli Eremitani”. M. Proust, Du côté de chez 21 G. Zanchetti, “Un futuro c’è stato…” Anacronismo e suggestioni iconografiche 19 Cfr. I pavimenti di Vipla alla Nona Triennale di Milano, Milano 1951 (Milano, Archivio Fondazione Lucio Fontana). in Fontana, in Intorno a Fontana, a cura di G. Zanchetti, atti degli incontri di studio su L. Fontana (Milano, Università degli Studi e Università Cattolica del Sacro Cuore, marzo-maggio 2002), numero monografico di “L’uomo nero. Materiali per una storia delle arti della modernità”, a. I, n. 1, Milano, giugno 2003, pp. 89-100. Pomodoro, Rossello, Sordini, Verga, Jorn, Vandercam, catalogo della mostra (Milano, Galleria San Fedele, 12-30 ottobre 1957), Milano, 1957. È probabile che il tramite con Baj per la partecipazione di Klein a questa mostra fosse, prima ancora che Le Noci, Gianni Bertini. 22 “Dopo aver trascorso due giorni nell’indimenticabile Venezia, con il suo gioiello piazza San Marco – Salgo sul treno per Nizza! con due lire in tasca … Fine della Storia!!!!” Klein, diario del viaggio in Italia, cit., Parigi, collezione privata. 28 Armand, Enrico Baj, Bemporad, Gianni Bertini, Jacques Colonne, Stanley Chapmans, Mario Colucci, Dangelo, Enrico De Miceli, Reinhout D’Haese, Wout Hoeboer, Hundertwasser, Yves Klein, Théodore Koenig, Piero Manzoni, Nando, Joseph Noiret, Arnaldo Pomodoro, Gio Pomodoro, Pierre Restany, Saura, Ettore Sordini, Serge Vandercam, Angelo Verga, Contro lo stile, Milano, settembre 1957. 23 “Nel cielo di St-Germaindes-Prés”. “Le forme da me liberate in occasione del vernissage della mia epoca blu si sono elevate nell’aria, nella nostra atmosfera, poi a poco a poco sono sparite ai nostri occhi, non volevano più assoggettarsi alla schiavitù della pesantezza sotto il giogo della quale viviamo”, Parigi, collezione privata. Il testo riportato nel ritaglio fa parte di una nota più ampia pubblicata in Klein, Le dépassement…, p. 368. La doppia mostra parigina delle Propositions monochromes si svolgeva alla Galerie Iris Clert (10-25 maggio) e alla Galerie Colette Allendy (14-23 maggio 1957): da Iris Clert, Klein presenta nuovamente i monocromi blu, mentre dall’Allendy, propone alcune innovative operazioni decisamente innovative: l’installazione a pavimento del Pigment pur, un monocromo trafitto da fuochi artificiali che vengono accesi la sera dell’apertura (Feux de Bengale. Tableau de feu bleu d’une minute) e un ambiente completamente vuoto (Surfaces et blocs de sensibilité picturale, Intentions picturales), che l’artista mostra personalmente soltanto ad alcuni spettatori, anticipando così La Spécialisation de la sensibilité à l’état matière première en sensibilité picturale stabilisée, l’intervento generalmente conosciuto come Le Vide, realizzato alla Galerie Iris Clert dal 28 aprile al 12 maggio 1958. 24 D. Buzzati, Sortilegio a Notre Dame, in “Corriere della Sera”, 4 febbraio 1962, p. 3. 25 “Questi lavori di Robert Desoille potranno indubbiamente gettare una luce psicologico-scientifica sul successo straordinari della canzone ‘Nel blu dipinto di blu’, che io ho ispirato a Modugno quando ho esposto a Milano la mia epoca blu”, Parigi, collezione privata. Cfr. Y. Klein, L’aventure monochrome - Alchimie, in Yves Klein, catalogo della mostra (Parigi, Centre Georges Pompidou, Musée National d’Art Moderne, 3 marzo - 23 maggio 1983), a cura di J.Y. Mock, Paris 1983, p. 177; Y. Klein, L’Avventura monocroma - Alchimia, in Yves Klein. La Vita, la vita stessa che è l’arte assoluta”, catalogo della mostra (Nizza, Musée d’art moderne et d’art contemporain, 28 aprile - 4 settembre 2000; Prato, Museo Pecci, 23 settembre 2000 - 10 gennaio 2001), a cura di B. Corà, G. Perlein, Nice - Prato 2000, p. 84. Cfr. G. Borgna, Storia della canzone italiana, Milano, 19922, pp. 225- 226; G. Castaldo, Nel blu di Modugno l’Italia si mise a cantare, 19 novembre 1999. E più chagalliana che kleiniana è senz’altro anche la messinscena animata, decisamente kitsch, per la presentazione televisiva del brano a Canzonissima 1958 da parte di Johnny Dorelli. 26 Cfr. G. Kaisserlian, E. Jaguer, Baj, Bemporad, Bertini, Dangelo, Yves Klein, Manzoni, Arnaldo Pomodoro, Gio 27 29 18 opere della collezione privata di Lucio Fontana, 18 opere della collezione privata di Bruno Munari (Milano, Galleria Blu, maggio 1957). 31 G. Ballo, Oltre la pittura, in “Azimuth”, n. 1, Milano, [settembre] 1959. Lettera di Lucio Fontana a Gualtieri di San Lazzaro, Milano, 27 aprile 1957, Milano, Centro APICE, Fondo San Lazzaro, serie 2, ua 84. 32 U. Kultermann, Una nuova concezione di pittura, in “Azimuth”, n. 2, gennaio 1960, n.p. Cfr. anche Zanchetti, “Non vi sono ragioni”… cit., pp. 26-29. 40 Lettera di Lucio Fontana a Gualtieri di San Lazzaro, Milano, 6 novembre 1956, Milano, Centro APICE, Fondo San Lazzaro, serie 2, ua 84. 33 Cfr. R. Moulin, Le marché de la peinture en France, Paris 1970, pp. 92, 144. Le gallerie della Rive Gauche sono frequentate da amanti dell’arte con capitale limitato e per questo hanno vita breve. Si tratta spesso di realtà piccole, destinate a brillare per l’arco di una stagione o poco più, ma capaci di lasciare il segno perché sede di eventi cardine nella storia dell’arte contemporanea. 41 Alla collettiva partecipano anche Carla Accardi, Giuseppe Capogrossi, Horia Damian, Enard, Claire Falkenstein, Gerdur, Georges Mathieu, Jaroslav Serpan e Mark Tobey. Per i rapporti tra Fontana e Tapié si veda J. Galimberti, Michel Tapié e Lucio Fontana. Parigi e il rischio dell’informale, in Fontana e l’artventure parigina, cit., pp. 95-96. 34 Iris Clert. Microspective (Strasburgo, Musée d’Art Moderne et Contemporain de Strasbourg, 2003-2004), Strasbourg 2003, p. 10. 42 M. Tapié, OEuvres vives de la Biennale de 1958, in “Notizie”, a. II, n. 6 (luglio 1958), pp. 31-34. Già nel 1954, Tapié aveva citato Fontana nella recensione: M. Tapié, La Biennale de Venise, in “Cimaise”, II serie, n. 1, Paris, settembre-ottobre 1954, pp. 8-10. 30 Milano, Archivio Galleria Blu. sue sculture astratte figurano nel numero 4 di “Abstraction-Création” del 1935). Nella primavera del 1937 partecipa alla Exposition Internationale des Arts et des Techniques dans la Vie Moderne con una scultura per la torre del Padiglione italiano di Marcello Piacentini. In quell’occasione realizza per il Padiglione delle compagnie di navigazione Italia degli architetti BBPR – installato su una zattera galleggiante sulla Senna – quattro gruppi scultorei in gesso colorato, Vittoria marinara, Marinai che salpano, La rotta del sole e La Dea del Mare, che simboleggiavano “tutto il fascino, la forza e il mistero del mare e della vita sul mare”. Nell’estate del 1937 si trasferisce a Parigi, lavora a Sèvres e approfondisce il rapporto con Ossip Zadkine. Le ceramiche vengono esposte alla mostra “Sculptures en céramique de Lucio Fontana exécutées à Sèvres” (Parigi, Jeanne Boucher-Myrbor, 16 dicembre - 31 dicembre 1937). 35 S. Stich, Yves Klein, Stuttgart 1994, p. 89. La studiosa statunitense indica inoltre che, in questa occasione, Fontana avrebbe acquistato un secondo monocromo di Klein, traendo evidentemente l’informazione da un passo delle memorie di Iris Clert, che però appare a una lettura più attenta non privo di imprecisioni (fa riferimento ai tagli di Fontana, in una data anteriore alla loro prima produzione) e non specificamente riferibile all’episodio del “Micro Salon” (Cfr. I. Clert, Iris-Time: L’Artventure, Paris 2003 [I ed. 1978], p. 145). Sui rapporti tra Fontana e Gualtieri di San Lazzaro cfr. L. Nicoletti, Gualtieri di San Lazzaro e Lucio Fontana, da Albisola a Parigi, in Lucio Fontana e l’artventure parigina, cit. pp. 137-148. 36 37 M. Luz, Chroniques du Jour - Lucio Fontana explore le monde, in Vrai et faux réalisme dans l’art contemporain, numero monografico di “XXe Siècle”, 9 maggiogiugno 1957, n.p. 38 A metà degli anni trenta Fontana lavora in Francia tra Parigi e Sèvres, instaurando contatti con Brancusi e Tzara, come ricorda nella conversazione con Carla Lonzi (C. Lonzi, Autoritratto. Accardi, Alviani, Castellani, Consagra, Fabro, Fontana, Kounellis, Nigro, Paolini, Pascali, Rotella, Scarpitta, Turcato, Twombly, Bari 1969, p. 168). Nel maggio-giugno 1935 espone al Premier Salon de l’art mural (e main sponsor 39 43 “Per avere i quadri di Fontana sarebbe meglio scrivere a lui per ricordarglielo” (lettera di Piero Manzoni a Iris Clert, 7 novembre 1958, Parigi, Centre Pompidou, Bibliothèque Kandinsky, Fonds Iris Clert). 44 Sidra Stich ne fissa così le date: aprile 1958; settembre dello stesso anno, in compagnia della zia Rose; giugno 1959; febbraio 1961; novembre 1961, con Rotraut. (S. Stich, op. cit., p. 131). Per l’importanza assegnata ai “monocromi” di Assisi, si vedano anche L’aventure monochrome. Sur la monochromie e Conférence de la Sorbonne, in Klein, Le dépassement… cit., pp. 136 e 258. 45 46 Su questo episodio e sulla realizzazione delle Anthropométries, si veda il saggio di Denys Riout in questo stesso catalogo. 47 Cfr. XXIX Biennale internazionale d’arte, catalogo della mostra (Venezia, Giardini, 1958), Venezia 1958, p. 380, n. 39. 48 Cfr. Stich, op. cit., pp. 148-149. Elle à la Biennale de Venise, in “Elle”, 13 ottobre 1958. 49 50 Lettere di Lucio Fontana a Tullio d’Albisola (“Quaderni di Tullio d’Albisola”, n. 4), a cura di D. Presotto, Savona 1987, p. 144. 51 È la scritta autografa sul retro di un dipinto del 1959 (59 T 119). Cfr. Lucio Fontana. Catalogo ragionato a cura di E. Crispolti, con la collaborazione di N. Ardemagni Laurini, V. Ernesti, Milano 2006, p. 468. 52 “Fontana è approdato senza mediazioni all’opzione più estrema, scegliendo come elemento questo vuoto spaziale che è il buco fatto su una superficie qualunque … Nessun atteggiamento artistico ha mai preteso in questo modo di condizionare qualitativamente un’opera attraverso la sola astrazione; nessun percorso è mai stato così indifferentemente nonclassico”. M. Tapié, Fontana, testo critico per la mostra, Parigi, Galerie Stadler, marzoaprile 1959. 53 F. Fergonzi, Definire un artista: Fontana prima dei tagli, in Brera mai vista. Due quadri di Lucio Fontana: Concetti spaziali. Forme, 1957, catalogo della mostra (Milano, Pinacoteca di Brera, marzogiugno 2005), a cura di F. Fergonzi, G. Zanchetti, Milano 2005, pp. 9-13. 54 Si tratta in massima parte di opere già esposte al Naviglio; la vicenda è ricostruita in Fontana e l’artventure parigina, cit., pp. 15-17. 55 “La cosa più triste è che sia stato imposto a Fontana un tale accostamento per la sua prima mostra importante a Parigi. Qui la personalità di Fontana è poco conosciuta. L’ampiezza del personaggio, il suo passato, l’apertura delle sue ricerche, tutto questo meritava di meglio o perlomeno un’altra presentazione. Le opere esposte erano tutte recenti: tele generalmente monocrome bucate da lacerazioni longitudinali. Sta tutto lì, nell’affermazione del gesto. Ma in un contesto così aggressivamente barocco come quello di Coetzee questo gesto perdeva tutta la sua ampiezza”. Cfr. P.R. [P. Restany], Fontana, Coetzee, Tàpies, in “Cimaise”, n. 5, giugno-luglio-agosto 1959, p. 46. 56 L’art abstrait, in “Combat”, 30 marzo 1959, p. 7. 57 L’archivio è in corso di studio e di riordino e non è stato possibile ottenerne i materiali per la mostra. 58 Motion in Vision / Vision in Motion. Robert Breer, Pol Bury, Yves Klein, Heinz Mack, Enzo Mari, Bruno Munari, Necker, Dieter Rot, Jesus Raphael Soto, Daniel Spoerri, Jean Tinguely, Paul Van Hoeydonck, catalogo della mostra (Anversa, Hessenhuis, 21 marzo – 3 maggio 1959), a cura di M. Cammewaert, Antwerpen 1959. 59 “Ero contro il lavoro di Fontana. Devo ammettere che non l’ho mai incontrato, ma non ho mai capito come fosse possibile interessarsi a un artista che è, secondo me, distruttivo e non costruttivo. Lacerare una tela per me equivale a un assassinio. Un giorno Soto mi ha detto: ‘Denise, lei ha fatto due errori: le sono sfuggiti Yves Klein e Fontana’”. J.-P. Ameline, Hans Mayer et Denise René, in Denise René, l’intrépide. Une galerie dans l’aventure de l’art abstrait 1944-1978, catalogo della mostra (Parigi, Centre Georges Pompidou, 4 aprile - 4 giugno 2001), a cura di J. P. Ameline, V. Wiesinger, Paris 2001, p. 170. Parigi, in “Il Taccuino delle Arti”, n. 40, marzo 1959, p. 1. 60 M. Conil-Lacoste, À travers les galeries, in “Le Monde”, 10 aprile 1959, p. 9. 73 Lettera di Lucio Fontana a Enrico Crispolti, Milano, 18 aprile 1959, in Lucio Fontana. Lettere 1919-1968, a cura di P. Campiglio, Milano 1999, p. 162. 61 L. Hoctin, Pour vous guider dans les galeries de Paris, in “Arts Spectacles”, a. X, n. 715, marzo 1959, p. 13. “Fontana è contento dei muri rossi, una vulva ben aperta rivela la parete come il segreto porpora del suo frutto.” Cfr. G. Limbour, senza titolo, in “Les Lettres Nouvelles”, 8 aprile 1959. 62 “Poesia imperitura”, Fontana peint à coup de couteaux, in “XXe Siècle”, édition mensuelle, a. I, n. 2, marzo 1959, p. 14. Sebbene l’articolo sia anonimo l’autore è probabilmente Gualtieri di San Lazzaro. 63 64 “Bisogna vedere in questo nuovo exploit una reazione alla pittura totale degli americani? Fontana ha veramente voluto bucare lo ‘schermo’ di Rothko per tornare ancora una volta a ‘Dada’?”, ibidem. A. Boschi, in 50 anni di pittura italiana nella collezione Boschi - Di Stefano donata al Comune di Milano, catalogo della mostra (Milano, Palazzo Reale, 27 maggio - 20 settembre 1974), a cura di M. Precerutti Garberi, Milano 1974, pp. 11-12, (p. 12). Per i rapporti tra Fontana e i Boschi si veda: Zanchetti, “Non vi sono ragioni”… cit., pp. 22-26. Sulla collezione si vedano anche: L. Caramel, M.T. Fiorio, C. Pirovano, Galleria d’Arte Moderna. Collezione Boschi, Milano 1980; R. Ghiazza, La collezione Boschi-Di Stefano al Palazzo Reale di Milano, Milano 1993. 65 Cfr. Zanchetti, “Un futuro c’è stato”… cit., p. 100, nota 18. 66 67 Fanno parte della Collezione Boschi del Comune di Milano anche una terza opera su carta di Marie Raymond, acquisita nella stessa data, e un grande dipinto a olio su tela. Sull’attività della pittrice, si veda R. Fleck, Marie Raymond, Yves Klein, pubblicato in occasione della mostra (Angers, Musée des Beaux-arts, 20 novembre 2004 - 24 febbraio 2005), Angers 2004. 68 “Lucio Fontana, sulla sessantina, la testa a cupola, lo sguardo sognante, tiene fra due dita la sigaretta fra i baffi, ricorda Paul Valéry, poeta francese un po’ genovese, molto latino”. Cfr. P. Guéguen, Fontana l’innovateur, in Psycologie de la tecnique, numero monografico di “XXe Siècle”, n. 12, maggio-giugno 1959, pp. 75-77. 69 “Fontana può essere orgoglioso di trovarsi in accordo con il più grande architetto di questi tempi, Le Corbusier. Si sa, infatti, che una delle trovate più originali della Cappella di Ronchamps fu di bucare con fori disuguali alcune facciate, permettendo alla luce di rischiarare discretamente l’atmosfera volutamente oscura dell’interno. Un incontro di ‘luministi’ in arti diverse”. Cfr. Guéguen, cit., p. 77. Lettera di Lucio Fontana a Rodolphe Stadler, 14 aprile 1959 (Parigi, Archives Stadler). 71 G.D., Lucio Fontana: tagli nelle tele, in “Domus”, n. 356, luglio 1959, pp. 26-28. 70 72 E. Crispolti, Fontana e Consagra a 74 Fontana, in “Il Giornale degli Italiani”, 28 marzo 1959, p. 4. 75 “Un giorno ricevetti la visita di Fontana, esponeva da Stadler. Era di una generosità e di una bontà estreme. Ebbi per lui un immenso affetto. Lucio, gran seduttore, provò il suo fascino su di me. Con dispiacere respinsi le sue avances, ma lo feci con molto tatto. Come dire a questo Don Giovanni autunnale che lo vedevo più come un padre e che i suoi occhi neri mi avrebbero bloccato? In seguito Fontana, che esposi a più riprese, si consolò dicendomi: ‘Siamo due geni. Troppo per vivere insieme’”. Clert, Iris-Time, cit., pp. 138-139. Il carteggio tra Fontana e Iris Clert è pubblicato in S. Bignami, Le plus parisien des artistes italiens, in Fontana e l’artventure parigina, cit., pp. 54-74. La prima lettera del carteggio è del 24 marzo 1959, una settimana dopo l’inaugurazione da Stadler. A questo lasso di tempo va ricondotta la visita dell’artista in galleria. 76 Si tratta dell’opera 59 T 68 in Lucio Fontana. Catalogo ragionato, cit., p. 457. Oltre al precedente, gli altri tre ritratti sono le opere 61 O 34 (presente in questa mostra e verosimilmente da datare al 1959 come peraltro indica la scritta sul retro: l.fontana/Ritratto di Iris Clert/1959), 61 O 35 e 61 O 36. Sulla base del carteggio almeno uno di questi due è da datare prima dell’ottobre 1960 e non nel 1961, come indicato in Lucio Fontana. Catalogo ragionato, cit., p. 552. 77 78 Nel 1955, a Parigi, Iris Clert organizza la sua prima mostra alla Galerie Haut-Pavé, al numero 3 di quai Montebello, gestita dal domenicano père Gilles Vallée. L’anno dopo affitta un piccolo negozio di 12 metri quadrati al numero 3 di rue des Beaux-Arts, che diventa la Galerie Iris Clert. La prima esposizione del febbraio 1956 è di Dora Tuynman, presentata da Claude Rivière e Julien Alvard. 79 “Sono certo che la sua galleria diventerà presto una delle più importanti e vivaci di Parigi” (lettera di Lucio Fontana a Iris Clert, 6 ottobre 1960, Parigi, Centre Pompidou, Bibliothèque Kandinsky, Fonds Iris Clert). 80 “Venendo qui a Gelsenkirchen ho ritrovato le foto con l’uniforme dei cavalieri di San Sebastiano che le avevo fatto a casa mia. Sono contento di inviarle queste foto che credevo di aver perso!”. Lettera di Yves Klein a Lucio Fontana, 1° agosto 1959 (Parigi, collezione privata). Una delle fotografie è stata rintracciata presso l’archivio della Fondazione Lucio Fontana. 81 Nei mesi immediatamente successivi, Fontana cede il Relief éponge sans titre (RE 51), del 1959, a un collezionista privato. L’opera è passata in asta da Christie’s a Londra nel giugno 2012. Sculpture éponge bleue sans titre, (SE 203), 1959. In una successiva lettera da Albisola, 82 main sponsor del 20 agosto, Fontana informa la Clert di aver dato del denaro a Piero Manzoni, augurandosi di trovare “il quadro” di Klein a Milano; Manzoni, che in quel periodo si trova come Fontana nella cittadina ligure, scrive in una lettera non datata alla gallerista: “J’ai vu Fontana, qui, hélas, ne m’a pas voulu donner l’argent, parce qui’il n’a pas encore recu l’oeuvre d’eponge d’Yves”. (“Ho visto Fontana che, ahimé, non mi ha voluto dare il denaro, perché non ha ancora ricevuto la spugna di Yves”). Da ulteriori missive conservate nell’archivio della Fondazione Piero Manzoni e nei Fonds Iris Clert si evince che la gallerista è in debito con Manzoni avendo venduto quattro quadri che l’artista milanese le aveva lasciato a Parigi: così Fontana salda il debito della gallerista con l’amico. Per le lettere tra Manzoni e Iris Clert si veda anche F. Pola, Una visione internazionale. Piero Manzoni e Albisola, Milano 2013. Anthropométrie sans titre (ANT 136), 1960; Monogold “Age d’or”, (MG 42), 1960. 83 84 “Il volo crea la 4 dimensione il distacco dell’uomo dalla terra, dalla linea d’orizzonte che per millenni fu la base della sua estetica e proprozione, una nuova estetica e proprozione, una nuova estetica appena agli inizi”. “Un sasso bucato, un elemento verso il cielo, una spirale è la conquista illusoria dello spazio, sono forme contenute nello spazio, si parlerà di arte spaziale solo colla conquista della 4a dimensione nello spazio, il volo”. Cfr. L. Fontana, appunti per il Manifesto tecnico dello Spazialismo, Milano, Fondazione Lucio Fontana. 85 Lettera di Fontana a H. Shunk e J. Kender, Milano, 30 dicembre 1962 (Parigi, Centre Pompidou, Bibliothèque Kandinsky, Fonds Iris Clert). 86 Lucio Fontana. Catalogo ragionato, cit., 60 B 30, p. 403. 87 Concetto spaziale - Attese (61 T 53), 1961; Concetto spaziale - Attese (65 T 96), 1965: quest’ultimo reca sul retro anche la scritta autografa: “Luigi crede che io sono interrista!!”. Cfr. anche J. Galimberti, Nella “famiglia degli spazialisti”. L’amicizia e la collaborazione tra Lucio Fontana e Yves Klein, in Fontana e l’artventure parigina, cit., pp. 103-104. 88 Lettera di Lucio Fontana a Yves Klein, 2 maggio 1959 (Parigi, collezione privata). 89 Ivi. “Sarebbe necessario vedersi e parlarne, precisare, per quel che è possibile, la forma della realizzazione, i gusti, insomma, un programma più concreto e presentarlo alla Commissione. Io sono sicuro che sarebbe una cosa formidabile per la prossima Triennale, che si inaugura nel giugno del 1960, l’anno prossimo”. Del progetto è già al corrente Iris Clert: “Je doi voir c’est semaine la commision de la Triennale, y je voulé faire le posible pour faire travaillé Klein y les artist de vôtre galerie”. (“Devo incontrare questa settimana la commissione della Triennale, e volevo fare il possibile per far lavorare Klein e gli artisti della sua galleria”). Lettera di Lucio Fontana a Iris Clert, 25 aprile 1959 (Parigi, Centre Pompidou, Bibliothèque Kandinsky, Fonds Iris Clert). 90 “È di uno spirito diverso rispetto alla nostra famiglia, la famiglia degli ‘spazialisti’”. (minuta della lettera di Yves Klein a Lucio Fontana, 1° agosto 1959, Parigi, collezione privata). Klein pensa che le sculture di Tinguely siano troppo piccole e “psicologiche” e soprattutto più adatte a un interno che a un esterno. Suggerisce il nome di Nicolas Schöffer che dipinge quadri in cielo con luci di diversi colori la notte e quindi creerebbe uno spazio più emotivo. 91 “Uno spettacolo inaudito di trombe d’acqua fermate in volo al di sopra della testa dei visitatori che saliranno i gradini delle scale all’entrata”. 92 Nel giugno del 1959 è stato indetto un bando allo scopo di ricostruirne il tetto. Klein partecipa con un progetto che però non viene selezionato dalla commissione. 93 “Un ambiente psicologico e dinamico di permanente conforto fisico per i visitatori”. 94 “I miei muri di fuoco, i miei muri d’acqua, sono con il tetto d’aria, i materiali per costruire una nuova architettura. Con questi tre elementi classici fuoco, aria e acqua, la città di domani sarà costruita, flessibile, spirituale e immateriale”. Klein, L’évolution… cit., p. 152. 95 In alcuni disegni è sommariamente tracciata la pianta di un lungo edificio absidato, verosimilmente riconoscibile nel Palazzo della Triennale costruito da Muzio nei primi anni trenta. 96 “Inserire zampilli di fuoco nelle piccole cascate e nei giardini di Tivoli, nella lunga stagione estiva”, lettera di Jean Larcade al Sindaco di Tivoli, 17 ottobre 1961 (Parigi, collezione privata). 97 Arman, Hains, Dufrêne, Yves le Monochrome, Villeglé, Tinguely. Les Nouveaux Réalistes, catalogo della mostra (Milano, Galleria Apollinaire, maggiogiugno 1960), a cura di P. Restany, Milano 1960. 98 “Ho messo in atto da tempo un ritorno al realismo, a un autentico realismo valido per oggi e per domani, attraverso l’immateriale! … Per me non si tratta di più di dipingere delle tele, ma piuttosto di stabilire in modo permanente e durevole tra me e la natura, che in fondo sono tutt’uno, la tela non-figurativa, che è a un tempo la più reale e la più immateriale che esiste”. Y. Klein, Le réalisme authentique d’aujourd’hui, Parigi, settembre 1959, dattiloscritto (Parigi, collezione privata); pubblicato in Klein, Le dépassement… cit., pp. 154-155, 362. Si veda anche la lettera di Fabrizio Mondadori a Klein, Camaiore, 10 settembre 1959 (Parigi, collezione privata). 99 Lettere di Iris Clert a Peppino Palazzoli, Paris, 20 gennaio e 18 novembre 1959 (Milano, Archivio Galleria Blu). Un importante collezionista milanese, Paride Accetti, acquisterà il 7 dicembre la terza Zone de sensibilité di questa prima serie. 100 Règles rituelles de la cession de zones de sensibilité picturale immaterielle, 1957-1959, dattiloscritto (Parigi, collezione privata); pubblicato in Klein, Le dépassement… cit., pp. 278-279, 411-413. 101 Antagonismes, catalogo della mostra (Parigi Musée des Arts Décoratifs, Palais du Louvre, Pavillon de Marsan, febbraio 1960), a cura di J. Alvard, F. Mathey, Paris 1960, p. 65. 102 Ivi, p. 97. Cfr. Stich, op. cit., pp. 201-202; D. Riout, Yves Klein. Manifester l’immatériel, Paris 2004, pp. 118-119. 103 “Ho fatto quasi 30 palloni in terracotta molto grandi con dei grandi tagli e buchi, sono molto contento, è il nulla! La morte della materia, è la pura filosofia della vita! Bene”. Lettera di Lucio Fontana a Jef Verheyen, Milano 5 ottobre 1960, in Lucio Fontana. Lettere, cit., p. 180. 104 Sculpture italienne contemporaine, d’Arturo Martini à nos jours, catalogo della mostra (Parigi, Musée Rodin, 1961), Paris 1961. Le due Nature sono le opere n. 26 (illustrata nella tavola 11, Lucio Fontana. Catalogo ragionato, cit., 59-60 N 17, p. 534) e 27. “Sono come delle esplosioni ritardate, delle mine cariche di esplosivo, boe scoppiate che ci trasportano nella profondità delle acque… Ed è ancora uno spazio al di là dello spazio, uno spazio interiore, appena illuminato, misterioso, che racchiude un’antica minaccia, quello proposto in questi magnifici bronzi. Bronzi vecchi come la terra che si collocano al di là del tempo” (J.-A. França, Fontana, in “Aujourd’hui. Art et Architecture”, n. 34, dicembre 1961, p. 45. A p. 44 è riprodotta una fotografia di Iris Clert sulle Nature). 105 106 “La mostra delle palle di Fontana è formidabile, è una delle cose più impressionanti che abbia visto sinora” (lettera di Paul Van Hoeydonck a Iris Clert, 3 marzo 1961 (Parigi, Centre Pompidou, Bibliothèque Kandinsky, Fonds Iris Clert). 107 “Quanto ai ‘palloni’, sento queste sfere di argilla o terracotta dalla superficie nuda, prive di fioriture, senza nessun tentativo di levigatura o lucidatura, come delle presenze misteriose, ancora più impressionanti in gruppo, come nell’esposizione di Palazzo Grassi della scorsa estate. Create dall’argilla presa a piene mani e gettata sulla forma ad ampliarne incessantemente il volume, con un gesto controllato da un occhio attento agli effetti del caso, poi tagliate a metà, o bucate, da un taglio netto, evocano allo stesso tempo le forme più primitive e ancestrali, trasportate dalle onde e dai venti – o degli organismi, dei corpi viventi e pesanti, carichi di sensualità e, allo stesso tempo, feriti. Che cosa sono queste forme? sculture, sfere, creature?…” (L. Hoctin, Les ‘Ballons’ de Lucio Fontana, in “XXe Siècle”, a. XXIII, n. 16, maggio 1961, pp. 87-89.) 108 P. Emanuelli, Il cielo e le sue meraviglie. Atlante di 150 tavole, riproduzioni di fotografie celesti ottenute con i più grandi telescopi moderni, Milano 1934. Il volume era pubblicato da Ulrico Hoepli, che pochi anni prima, nel 1930, aveva donato alla città di Milano il Planetario, progettato da Piero Portaluppi. 109 Cfr. Lucio Fontana. Catalogo ragionato delle opere su carta, a cura di L.M. Barbero, 3 voll., Milano 2013, vol. II, p. 519. 110 Emanuelli, op. cit., tavv. 50-52. Ivi, tavv. 134-136. Per una più circostanziata disamina dell’interesse di Fontana per le immagini astronomiche, si veda: Zanchetti, “Un futuro c’è stato”… cit.; S. Petersen, Space – Age Aestetics. Lucio Fontana, Yves Klein, and the Postwar European Avant – Garde, 111 University Park, PA 2009. Per l’interesse di Fontana e di Klein per questo tipo di fonti, si vedano rispettivamente i saggi di Sileno Salvagnini e di Stephen Petersen in questo stesso catalogo. “– Lucio, le voglio esporre nella mia galleria! – Lei è pazza, sono invendibili. Tutti i mercanti le hanno rifiutate. Il mio amico San Lazzaro, persino lui ha rifiutato di esporle. – Mi piacciono talmente che le venderò tutte! Me le invii. Anche il trasporto sarà a mio carico. – ‘Iris Klein’, c’è un problema. Ho un impegno con Jean Larcade che mi deve esporre a metà novembre. – Ah! Perfetto. Chiederò a Jean che si faccia la mostra lo stesso giorno. La gente non dovrà che attraversare la strada per assistere ai due vernissage”. Si veda: Clert, Iris-Time, cit., pp. 252-253. 112 113 Lettera di Lucio Fontana a Ezio Gribaudo, Milano, 14 ottobre 1961, in Ezio Gribaudo e Lucio Fontana. Cronaca di un viaggio americano, a cura di S. Cecchetto, Milano 2011, p. 14. 114 Lucio Fontana. Catalogo ragionato, cit., 61 O 73, p. 566 (olio, buchi e graffiti su tela, rosso). 115 Lucio Fontana. Catalogo ragionato, cit., 59-60 N 30, p. 539. 116 Lettera di Lucio Fontana a Daria, 14 dicembre 1961, in Lucio Fontana. Lettere, cit., p. 233. 117 “Il sensazionale, l’esposizione”. V. Clert, Une aventure (typo)graphique, in Iris Clert. Microspective, cit., pp. 16-27. 118 Clert, Iris-Time, cit., p. 253. Ibidem, “Una musica inedita, Métastases, di Yannis Xenakis, darà a questi ‘crateri’ una dimensione extraterrestre”. In realtà il brano orchestrale Metastasis – sviluppato graficamente sulla linea della parabola che Xenakis avrebbe poi utilizzato per il padiglione Philips, progettato nello studio di Le Corbusier per l’Expo di Bruxelles del 1958 – era stato composto dieci anni prima, entro la fine del 1954. 119 120 “Sono degli oggetti marziani? Non ha importanza”. Cfr. C. Rivière, Au-delà de la forme. Fontana la matière menaçante, in “Combat”, 20 novembre 1961, p. 7. “Come un parto cosmico”, Clert, IrisTime, cit., p. 254. 121 122 Cfr. Ezio Gribaudo e Lucio Fontana. Cronaca di un viaggio americano, cit. 123 “In questa atmosfera fumosa e rumorosa, le leggende nascono attorno ai tavoli”. Cfr. Périer, Pierre Restany… cit., p. 95. 124 “Fontana, a partire da questa mostra raccontava ai quattro venti: Iris è un genio, ha venduto tutti i miei palloni per dei ‘mijons’ (Lucio aveva un modo d’esprimersi pieno di fascino. I milioni lui li chiamava ‘mijons’; le palle, ‘palloni’. Poi adorava le ostriche della Coupole). Quest’uomo così generoso, non appena toccava un ‘mijon’ invitava tutti i giovani pittori a degustare ostriche in sua compagnia.” Cfr. Clert, Iris-Time, cit., p. 254 125 G. Livi, L’anima con il buco, in “L’Europeo”, a. XVI, n. 8, 21 febbraio 1960, pp. 30-35. main sponsor 126 N. Lyon, Lucio Fontana. Sono famosi sono golosi, “Vogue & Novità”, n. 178, febbraio 1966, pp. 82-83, 87. 127 J. Verlaine, Le galeries d’art contemporain à Paris, Paris 2012, p. 455. 128 “Come dicevo nella mia lettera, penso che la data di dicembre non vada bene. Lei mi dice inoltre che saranno esposte come delle uova di Natale, ma le sembra una buona idea? Bisogna fare molta attenzione che le persone o la critica non possano prenderne spunto per fare dello humor caricaturale” (lettera di Lucio Fontana a Iris Clert, 3 ottobre 1963, Parigi, Centre Pompidou, Bibliothèque Kandinsky, Fonds Iris Clert). 129 G. Dorfles, Lucio Fontana, le ova, catalogo della mostra (Milano, Galleria dell’Ariete giugno 1963) 130 “Uova spaziali, verde smeraldo, viola o giallo, colori iniziatici e rosso”. “Teso in tal modo verso l’infinito, il mondo di Fontana diventa la rivelazione della Redenzione, quella che è annunciata dalla settiamana pasquale”. Cfr. C. Rivière, Naissance du monde nouveau, in “Iris. Time Unlimited”, n. 12 (19 febbraio 1964), pp. 3-4; in copertina è riprodotto un Concetto spaziale (cfr. Lucio Fontana. Catalogo ragionato, cit., 63 FD 6, p. 651). All’interno del giornale nella rubrica iris.news un gioco di parole: “Allez, découvir une fontaine de jouvence qui en Italie s’appelle Fontana”. 131 “Fontana … ha lasciato la sfera originaria per sperimentare l’uovo primordiale. Non è tanto la fecondazione che interessa Fontana ma l’evoluzione di questa fecondazione. Il verde crudo, il rosa, il giallo, il bianco, il nero ornato di lustrini su una tela lacerata per dare alla luce tutte le sue possibilità è uno sviluppo. È tutta l’evoluzione della vita verso la vita”. Cfr. F. Pluchart, Des disques et des couleurs. La symbolique de l’oeuf, in “Combat”, 24 febbraio 1964. “Dio è morto, diceva. Di conseguenza, anche l’Arte è morta. Oggi le autentiche opere d’arte sono gli sputnik, i missili, gli aerei, le officine, poiché è lì che l’uomo dispiega il suo genio inventivo”. Clert, IrisTime cit., p. 306. 132 133 Lucio Fontana. Catalogo ragionato, cit., 63 FD 23, p. 660. 134 “Acquistata dall’unico collezionista francese di avanguardia, René de Montaigu”. Clert, Iris-Time, cit., p. 306. A luglio, e in concomitanza con l’esposizione ufficiale, le “uova” vengono riproposte a Venezia alla Biennale Flottante organizzata dalla vulcanica Iris Clert a bordo della sua barca Bella Laura, ancorata alla Salute davanti alla Dogana sul Canal Grande. La mostra non ha ancora una volta un grande riscontro sulla stampa italiana. Qualche nota di costume si ricava dai rotocalchi. Tra i “corsari” sbarcati a Venezia, Giorgio Mascherpa include, con qualche errore grossolano, anche Iris Clert. Fr. G. Mascherpa, Lo sbarco dei corsari a Venezia, in “Gente”, a. VIII, n. 27, 2 luglio 1964, pp. 58-61. Più dettagliato il resoconto di Renata Pisu: “Sullo yacht di Iris Clert è allestita una specie di Biennale galleggiante. Due figurine di fili galleggianti. Due figurine di fili metallici nell’oscurità della cabina illuminate da un filo di luce, si contorcono grazie a un invisibile motorino elettrico nei gesti consueti dell’amore. Sul ponte due tempere sul ‘bacio’ interpretano come l’accostarsi di due enormi disgustose bocche con lingua pendente rosso-violacea. Iris Clert è una pittrice greca, scende dal suo yacht e si intrattiene con Lucio Fontana, posano insieme per una fotografia, sotto un altro quadro enorme di bocche violacee che si cercano. Fontana si lamenta perché al ristorante La Colomba, i camerieri non lo lasciano in pace e lo obbligano a creare per loro qualche ‘taglio’. ‘Magari se li tenessero a casa – dice – invece vanno in giro a venderli e li vendono a prezzi inferiori a quello del mercato”. Cfr. R. Pisu, Tutto è perduto, anche il pudore, in “ABC”, a. V, n. 26, 28 giugno 1964, pp. 8, 10-12 135 “Verso il 1962 i buchi crescono, i bordi si dilaniano: un’opera ovale, nera, coperta da una sostanza un po’ collosa sembra un malefico pizzo da lutto. Il sottotitolo di questo Concetto spaziale è, del resto: La fine di Dio, la morte di Dio. Le soluzioni di Fontana hanno sempre qualcosa di paradossale”. Cfr. G. Lascault, Fontana: espace et vide, in Panorama 70, numero monografico di “XXe Siècle”, a. XXXII, n. 34, dicembre 1970, p. 100. 136 Cfr. P. Restany, Yves Klein e la mistica di Santa Rita da Cascia, Milano 1981; Klein, Le dépassement… cit., pp. 276-277, 410-411; L. Scaraffia, La santa degli impossibili. Rita da Cascia tra devozione e arte, Milano 2014. 137 Cfr. il saggio di Raffaele De Berti in questo stesso catalogo. 138 D. Buzzati, Un piccolo Cagliostro della pittura. Invece dei pennelli adopera donne nude, in “Corriere d’Informazione”, 5-6 dicembre 1961, p. 7; si veda anche un altro articolo, poco noto, di Buzzati: Idem, Non è bello quello che è bello, ma è bello quello che non piace, ritaglio di rivista non identificata, novembre 1961 - gennaio 1962 (archivio privato), pp. 7-8. 139 Buzzati, Sortilegio a Notre Dame, cit., p. 3. 140 D. Buzzati, Addio al folletto, in “Corriere della Sera”, 9 giugno 1962, p. 3; ripubblicato in Idem, Cronache terrestri, a cura di D. Porzio, Milano (1972) 1995, pp. 461-464. Buzzati pubblicava anche, l’8 settembre del 1968, una bella commemorazione di Fontana: È morto Lucio Fontana. L’artista di una “quarta dimensione”, in “Corriere della Sera”, 8 settembre 1962, p. 3. 141 “Klein ha rappresentato uno spirito nuovo. È diverso da un pittore espressionista come Rothko, che è interessato alla vibrazione luminosa dello spazio, e da Pollock, che vuole distruggerlo, farlo esplodere, spaccando il quadro. È diverso da me, perché io cerco uno spazio ulteriore. Lui voleva l’infinito”. L. Fontana, in “Art et Création”, a. I, n. 1, gennaiofebbraio 1968, p. 78; (traduzione italiana in Yves Klein. Verso l’immateriale dell’arte. Con scritti inediti, a cura di A. Del Guercio, Milano 2009, pp. 107-109). 142 Lonzi, Autoritratto… cit., p. 121, ill. 31. Biografie essenziali Milano, Museo del Novecento a cura di Laura Calvi 22 ottobre 2014 15 marzo 2015 Lucio Fontana 1899 Lucio Fontana nasce il 19 febbraio a Rosario di Santa Fé, in Argentina, da Lucia Bottini, attrice di origine italiana, e Luigi, emigrato da Varese, scultore che aveva frequentato l’Accademia di Brera. Dopo gli studi, infatti, il padre aveva avviato un laboratorio di scultura e decorazione in Argentina, lavorando per committenze pubbliche private, in particolare cimiteriali. Nel 1905, dopo il divorzio dalla Bottini, Luigi torna a Milano portando con sé il piccolo Lucio. 1910-1915 Prosegue gli studi a Seregno presso il Collegio Arcivescovile Ballerini. Nel 1914 si trasferisce con il padre a Milano e si iscrive all’istituto tecnico. 1916-1921 Allo scoppio della Prima guerra mondiale, interrompe gli studi e si arruola come volontario. Combatte sul Carso, ma viene congedato per un principio di congelamento al braccio. Insignito della medaglia d’argento al valore militare, riprende gli studi e si diploma come perito edile. 1922-1926 È di nuovo a Rosario, dove nel 1924 apre un proprio atelier e nel 1925 espone all’VIII Salón de Bellas Artes lo studio di un volto intitolato Melodías. L’attività artistica in questo periodo vede alternarsi studi indipendenti sulla rappresentazione della figura umana ed elaborazioni più complesse destinate anche a concorsi, come quello per il monumento a Juana Elena Blanco nel cimitero di El Salvador. 1927-1929 Nel 1927, stabilitosi nuovamente a Milano, si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Brera e frequenta main sponsor i corsi di Adolfo Wildt. Qui stringe amicizia con Fausto Melotti, che lo metterà in contatto con Carlo Belli, Gino Pollini e Luciano Baldessari. Alla lezione di Wildt, pur circoscritta agli anni di formazione, rimanda l’utilizzo dell’oro e il valore attribuito al trascendente, secondo un criterio antirealista nell’approccio all’arte. Pur continuando a partecipare a distanza a mostre e concorsi in Argentina, intensifica la propria attività nel capoluogo lombardo, realizzando diversi monumenti funebri per il Cimitero Monumentale (Cappella Mapelli, le tombe della famiglia Lentati, di Ettore De Medici conte di Gavardo, la tomba di Juan Berardi). 1930 Ottenuto il diploma di scultore, nell’estate del 1930 partecipa alla Biennale di Venezia, presentando due sculture, Vittoria ed Eva, entrambe del 1929. Inizia a esporre alla Galleria del Milione. È l’anno del celebre e oggi disperso Uomo nero, scultura in gesso ricoperta di catrame, nel quale la critica riconosce il dirompente avvio del suo percorso maturo: è l’esaltazione di una massa di materia appena riconoscibile che allude a una condizione originaria dell’umanità. Conosce Teresita Rasini, sua futura moglie. 1931-1935 L’altro aspetto del lavoro di Fontana di questi anni, intrecciato all’immaginazione di figure, riguarda l’arte astratta. I primi esperimenti non figurativi hanno origine, a partire dal 1931, da una serie di tavolette graffite su cemento colorato, che negli anni successivi si sviluppano in strutture aeree dai contorni variamente articolati. Queste opere, che trasformano la scultura in un disegno nello spazio, rappresentano una possibilità di arricchimento linguistico che il Fontana spazialista riprenderà negli anni successivi. Le sculture astratte vengono esposte alla Galleria del Milione nel febbraio 1935. Inizia i primi lavori in ceramica ad Albisola e realizza alcune delle sue sculture più famose, dal Fiocinatore – che vince il primo premio al concorso Tantardini per i giovani scultori lombardi – alla Signorina seduta, presentata a Milano alla V Mostra del Sindacato Interprovinciale delle Belle Arti di Lombardia nel 1934, fino alla Vittoria alata esposta alla Mostra dell’Aeronautica italiana nel 1935. Avvia i contatti con Carlo Belli e il gruppo di artisti astratti e firma il manifesto della Prima mostra collettiva di arte astratta. 1936-1939 Sul finire del 1935 e nel 1936, lavora con Marcello Nizzoli, Giancarlo Palanti ed Edoardo Persico per la realizzazione del Salone della Vittoria, esplicita concretizzazione di quella saldatura tra architettura e arti figurative che si era già invocata dal 1933, all’insegna della “sintesi tra le arti”. In quest’occasione realizza il grande gruppo scultoreo con la Vittoria affiancata da due cavalli. Lavora ad alcune commissioni pubbliche come la statua di san Protasio per il Duomo, il rilievo della Giustizia e il potere legislativo per il Palazzo di Giustizia e il Volo di Vittorie, fregio realizzato sul soffitto del Sacrario dei martiri fascisti in piazza San Sepolcro a Milano. Nel 1937 partecipa all’Esposizione Universale di Parigi: per il Padiglione delle compagnie di navigazione italiane degli architetti BBPR – installato su una zattera galleggiante sulla Senna – realizza quattro gruppi scultorei in gesso colorato. Lavora la ceramica nelle manifatture di Sèvres. Inizia ad attirare l’interesse della critica italiana, da Argan a Carrieri. Ad Albisola inizia il sodalizio con Tullio Mazzotti (Tullio d’Albisola) e la Manifattura Giuseppe Mazzotti, dalla fine degli anni venti in stretto contatto con i protagonisti del secondo futurismo, come Fillia, Prampolini e Diulgheroff, e con Bruno Munari. 1940-1946 Poco dopo lo scoppio della Seconda guerra mondiale, si imbarca nuovamente per l’Argentina. Qui main sponsor partecipa a mostre e concorsi di carattere pubblico e registra un crescente successo. Trasferisce il suo studio in centro a Buenos Aires ed entra in contatto con l’alta borghesia della città, dove viene nominato professore di modellato presso la Escuela Nacional de Bellas Artes. Nel 1946 con Jorge Romero e Jorge Larco, apre la scuola libera di arti plastiche Altamíra, che diviene un punto di riferimento per gli artisti più giovani. Dalle sue lezioni, i suoi allievi argentini traggono il Manifiesto Blanco, riassunto programmatico delle nuove ricerche. Comincia a intitolare le sue opere Concepto espacial, Concetto spaziale. 1947-1953 Rientrato a Milano nel maggio del 1947, raccoglie attorno a sé, grazie alla collaborazione del gallerista Carlo Cardazzo, il gruppo dei pittori che prenderanno il nome di Spazialisti. In dicembre viene pubblicato il Primo Manifesto dello Spazialismo al quale segue, l’anno successivo, il secondo. All’inizio del 1949 presenta alla Galleria del Naviglio di Cardazzo la prima opera d’arte ambientale: Ambiente spaziale a luce nera. Del 1951 è la Struttura al neon per la IX Triennale di Milano, realizzata in collaborazione con gli architetti Luciano Baldessari e Marcello Grisotti. In questa occasione viene anche dato alle stampe il Manifesto tecnico dello Spazialismo. Questo stesso anno sposa Teresita. Partecipa al concorso per la quinta porta del Duomo di Milano, ottenendo il secondo premio ex aequo con Luciano Minguzzi. Nel 1952 realizza una pionieristica azione con Immagini luminose in movimento per le trasmissioni sperimentali della Radiotelevisione Italiana; per l’occasione esce il Manifesto del Movimento Spaziale per la Televisione. Dal 1949 avvia il ciclo dei “buchi”, proseguendo la propria collaborazione con architetti come Osvaldo Borsani e Baldessari (Soffitto spaziale per il Cinema del Padiglione della Breda alla XXXI Fiera di Milano, 1953). 1954-1956 Nel 1956 partecipa alla XXVII Biennale di Venezia con una sala monografica: esponendo una ventina di opere, tra le quali dominano i Concetti spaziali forati. Seguiranno anni di intensa attività espositiva, soprattutto in gallerie italiane quali Il Naviglio e Il Cavallino, San Fedele, Schettini, Lo Zodiaco, Selecta, Il Prisma, Rotta, tra le altre. 1957-1963 La sua pittura si evolve per cicli, passando, tra il 1957 e il 1958, dalla riduzione quasi minimalista dei “gessi” alla nuova proposta dei Concetti spaziali - Attese: i celebri “tagli”, presentati alla Galleria del Naviglio nei primi mesi del 1959. Dopo l’importante sala personale alla Biennale del 1958, l’interesse per il suo lavoro cresce anche all’estero: sono infatti dell’anno seguente la prima personale parigina nella galleria Stadler, presentata da Michel Tapié, la partecipazione a Documenta 2 a Kassel e alla V Biennale di San Paolo in Brasile. Intenso è anche il rapporto con Heinz Mack e Otto Piene, giovani del Gruppo Zero, con i quali esporrà a diverse collettive a Düsseldorf e, nel 1960, alla collettiva “Monochrome Malerei” a Leverkusen, curata da Udo Kultermann, alla quale partecipa anche Yves Klein. Nel gennaio-febbraio del 1962 Kultermann curerà una grande personale di Fontana nello stesso museo. Nel 1961 avvia la collaborazione con la gallerista Iris Clert, presso la quale inaugura a Parigi una mostra dedicata alle Nature, già presentate a Venezia nell’esposizione “Dalla natura all’arte”, a Palazzo Grassi. Il nuovo ciclo di olii (le Venezie) viene allestito a Venezia (“Arte e contemplazione”) e, successivamente, alla Martha Jackson Gallery di New York. Qui, inizia a elaborare la nuova serie dei Metalli. Nel 1963, alla Galleria dell’Ariete espone le Fine di Dio. Nel Castello Spagnolo dell’Aquila si tiene la prima ampia retrospettiva curata da Enrico Crispolti. 1964-1968 Nel 1964 partecipa alla XIII Triennale di Milano con due ambienti, Utopie, realizzati con Nanda Vigo. L’accento sulle ricerche ambientali viene posto anche dalle importanti retrospettive internazionali, che gli dedicano il Walker Art Center main sponsor di Minneapolis e l’University of Texas Art Museum a Austin (1966), lo Stedelijk Museum di Amsterdam (1967), e dalla sala personale alla XXXII Biennale di Venezia (1966), allestita in collaborazione con Carlo Scarpa. Nel 1968, a causa di alcuni problemi di salute, si stabilisce definitivamente a Comabbio. Le edizioni della XXXIV Biennale di Venezia e Documenta 4 sono segnate dalla progettazione di due “ambienti spaziali” dall’impianto labirintico. Muore a Varese il 7 settembre 1968. Yves Klein 1928-1946 Yves Klein nasce a Nizza il 28 aprile 1928, unico figlio di Marie Raymond, pittrice astratta, e Fred Klein, pittore figurativo di origine neerlandese e indonesiana. Risiede a Parigi e trascorre le estati a Cagnes-sur-Mer nella casa della zia materna Rose, dove la famiglia si trasferirà durante i primi anni della guerra. Rientrato a Parigi nel 1943, frequenta l’École National de la Marine Marchande. 1947-1950 A Nizza, nel 1947, si iscrive a un corso di judo e stringe amicizia con Claude Pascal e Armand Fernandez (Arman). Ispirati dalla mistica rosacrociana, i tre amici entrano in contatto con la Société des Ros-Croix di Oceanside, California. Il primo soggiorno in Italia risale all’estate 1948: un viaggio in autostop, attraverso musei e città d’arte, in direzione di Capri. Dopo il servizio militare in Germania, tra il 1949 e il 1950 è a Londra – dove lavora nella bottega del corniciaio e decoratore Robert Savage – e poi in Irlanda. Elabora i primi monocromi su carta e la prima idea della Symphonie Monoton-Silence. 1951-1953 Nel 1951 parte alla volta di Madrid, dove trova impiego come maestro di judo. Nell’estate visita di nuovo l’Italia, accompagnato dalla zia Rose. Nell’autunno 1952 intraprende un lungo viaggio in Giappone, dove approfondisce la tecnica del judo al Kodokan di Tokyo, raggiungendo il quarto dan. 1954-1956 A Parigi inizia a lavorare al libro Les Fondaments du Judo – che uscirà in dicembre – e riparte per Madrid, dove si dedica all’insegnamento del judo. I primi dipinti monocromi sono allestiti nella palestra dove insegna e poi riprodotti nelle pubblicazioni Yves peintures e Haguenault Peintures. Nel 1955, rientrato definitivamente a Parigi, propone main sponsor al Salon des Réalités Nouvelles un monocromo arancione, che viene rifiutato. Dopo l’estate, apre una scuola di judo e in ottobre allestisce la sua prima personale, che comprende monocromi di diversi colori, al Club des Solitaires. In questa occasione incontra per la prima volta Pierre Restany: il giovane critico francese dopo pochi mesi, tra febbraio e marzo 1956, curerà la sua seconda personale, nella galleria di Colette Allendy. In questi mesi diventa cavaliere dell’Ordine degli Arcieri di San Sebastiano. In autunno conosce Iris Clert, che sarà per alcuni anni la sua gallerista di riferimento. 1957 Nel gennaio 1957 espone per la prima volta in Italia, presso la Galleria Apollinaire a Milano, con la personale “Proposizioni monocrome. Epoca blu”, presentata da Restany. L’“Epoque Bleu” ha ufficialmente inizio con il lancio di 1001 palloncini blu in occasione dell’inaugurazione della mostra “Propositions monocromes” da Iris Clert, nel mese di maggio. I monocromi verranno esposti anche a Düsseldorf da Alfred Schmela, importante scalo per i rapporti con il Gruppo Zero tedesco, e a Londra alla galleria One. Parallelamente alla mostra da Iris Clert, espone nella Galerie Colette Allendy alcune opere che anticipano il successivo passaggio alla smaterializzazione della pittura (Pigment pur, Surfaces et blocs de sensibilité picturale, Intentions picturales). Quell’estate, in vacanza a Nizza, conoscerà la sua futura moglie Rotraut Uecker. In autunno, a Milano, firma il Manifesto contro lo stile e partecipa alla mostra “Arte Nucleare” alla Galleria San Fedele. 1958-1959 Il 1958 si apre con i lavori di decorazione del nuovo teatro di Gelsenkirchen, in cui impiega in scala ambientale i rilievi di spugne. Elabora la teoria dell’“architettura dell’aria”. In aprile presenta da Iris Clert “La spécialisation de la sensibilité à l’état matière première en sensibilité picturale stabilisée (Le Vide)” e in giugno le prime antropometrie, alla presenza di un pubblico ristretto riunito nell’appartamento parigino dell’amico Robert Godet. Si fanno sempre più intensi i rapporti con la scena artistica tedesca, non solo per il cantiere di Gelsenkirchen (che ispirerà la mostra “Collaboration internationale entre artistes et architectes dans la réalisation du nouvel Opéra de Gelsenkirchen” alla galleria Iris Clert), ma anche per la partecipazione alle importanti collettive “Vision in motion / Motion in Vision” ad Anversa nel maggio 1959 e, l’anno successivo, “Monochrome Malerei” al museo di Leverkusen diretto da Udo Kultermann. Il 3 giugno tiene alla Sorbona la conferenza L’évolution de l’art vers l’immatériel, summa delle ricerche dell’ultimo biennio. Il 18 novembre vende la sua prima Zone de sensibilité picturale immatérielle a Peppino Palazzoli e nel mese successivo, in Belgio, pubblica Le dépassement de la problématique de l’art. 1960 A gennaio prende parte alle collettive “La nuova concezione artistica”, alla Galleria Azimut, e “Antagonismes”, allestita al Musée des Arts décoratifs di Parigi, dove presenta uno dei primi Monogold. Il 9 marzo esegue pubblicamente Anthropométries de l’Époque Bleue alla Galerie Internationale d’Art Contemporain di Parigi. La Galleria Apollinaire il 18 aprile lancia il manifesto del Nouveau réalisme e allestisce la prima collettiva del gruppo, che tiene la sua prima riunione ufficiale in ottobre nello studio parigino di Klein. A novembre partecipa al Festival d’art d’avantgarde con il Teatre du vide e la distribuzione di “Dimanche 27 novembre. Le journal d’un seul jour”, seguita da una conferenza stampa alla Galerie Rive Droite. 1961-1962 Il 14 gennaio 1961 inaugura nel Museum Haus Lange di Krefeld la sua prima importante retrospettiva museale, dove tra le altre opere, presenta anche Le Mur de Feu. In primavera – dopo un pellegrinaggio a Cascia, dove ha offerto un exvoto a santa Rita – tiene la prima personale a New York, da Leo Castelli: è l’occasione per un soggiorno negli Stati Uniti, dove scrive il Chelsea Hotel Manifesto. Tornato a Parigi, il regista Paolo Cavara gira main sponsor una lunga sequenza della realizzazione di un’Anthropométrie, che sarà incorporata l’anno successivo, con tagli e montaggio incongrui, nel film a episodi Mondo cane di Gualtiero Jacopetti. Il 1962 si apre con le nozze con Rotraut e i primi mesi dell’anno sono dedicati alla cessione di alcune Zones de sensibilité picturale immatérielle, all’elaborazione dei calchi in gesso di figure umane per i Portrait reliefs degli amici Arman, Claude Pascal e Martial Raysse e delle Peintures de feu. Dopo aver assistito alla prima di Mondo cane a Cannes, avverte i primi sintomi di una crisi cardiaca, che ne causerà la scomparsa, a Parigi, il 6 giugno. Elenco delle opere in mostra Milano, Museo del Novecento 22 ottobre 2014 15 marzo 2015 Umberto Boccioni Stati d’animo (1). Quelli che restano — 1911 Olio su tela Milano, Museo del Novecento Lucio Fontana Concetto spaziale – Attese (59 T 2) — 1959 Anilina, tagli e buchi su tela Milano, Museo del Novecento, Collezione Boschi Di Stefano Lucio Fontana Signorina seduta — 1934 Bronzo colorato Lucio Fontana Uomini a cavallo — 1932 Gesso graffito e colorato a tempera Luciano Baldessari Atrio della IX Triennale — 1951 China e collage con carte preparate a tempera su carta Milano, Casva, Fondo Luciano Baldessari Luciano Baldessari Atrio della IX Triennale — 1951 Collage con carte preparate a tempera e scritte a matita su carta Milano, Casva, Fondo Luciano Baldessari Luciano Baldessari Atrio della IX Triennale — 1951 Collage con carte preparate a tempera e scritte a matita su carta Milano, Casva, Fondo Luciano Baldessari Luciano Baldessari Atrio della IX Triennale — 1951 Collage con carte preparate a tempera e scritte a matita su carta Milano, Casva, Fondo Luciano Baldessari Luciano Baldessari Atrio della IX Triennale — 1951 Collage con carte preparate a tempera e scritte a matita su carta Milano, Casva, Fondo Luciano Baldessari Lucio Fontana Ambiente spaziale per la IX Triennale di Milano (51 DAS 79) — 1951 China su carta Milano, Fondazione Lucio Fontana Lucio Fontana Ambiente spaziale per la IX Triennale di Milano (51 DAS 61) — 1951 Inchiostro su carta Milano, collezione privata Lucio Fontana Ambiente spaziale per la IX Triennale di Milano (51 DAS 85) — 1951 China su carta Milano, Fondazione Lucio Fontana Yves Klein Monochrome bleu sans titre — 1959 Pigmento puro e resina sintetica su cartone Milano, collezione privata Lucio Fontana Appunti per il “Manifesto tecnico dello Spazialismo” — 1951 Inchiostro su carta, 6 fogli Milano, Fondazione Lucio Fontana main sponsor Lucio Fontana Concetto spaziale – La notte (56 BA 2) — 1956 Buchi, olio, lustrini e tecnica mista su tela Collezione Boschi Di Stefano Lucio Fontana Concetto spaziale (50 DCSA 10) — 1950 Gouache su carta montata su tela Milano, Fondazione Lucio Fontana Lucio Fontana Concetto spaziale (50 DCSA 3) — 1950 Gouache su carta montata su tela Milano, Fondazione Lucio Fontana Lucio Fontana Concetto spaziale (50 DCSA 2) — 1950 Gouache su carta montata su tela Milano, Fondazione Lucio Fontana Lucio Fontana Ambiente spaziale (49 DCSA 18) — 1949 Gouache su carta Milano, Fondazione Lucio Fontana Lucio Fontana Ambiente spaziale (49 DCSA 5) — 1949 Gouache su carta patinata Milano, Fondazione Lucio Fontana Lucio Fontana Ambiente spaziale (49 DCSA 4) — 1949 Gouache su carta patinata Milano, Fondazione Lucio Fontana Lucio Fontana Ambiente spaziale (49 DCSA 3) — 1949 Inchiostro di china su carta Milano, Fondazione Lucio Fontana Lucio Fontana Concetto spaziale (51 B 17) — 1951 Buchi, olio e sabbia su tela Milano, Fondazione Lucio Fontana Lucio Fontana Concetto spaziale (55 P 25) — 1955 Buchi, olio e vetri su tela Biella, collezione privata Lucio Fontana Concetto spaziale (56 P 8) — 1956 Buchi, vetri, olio e tecnica mista su tela Milano, Museo del Novecento, Collezione Boschi Di Stefano Lucio Fontana Concetto spaziale – Forma (58 SC 1) — 1958 Ferro Milano, Fondazione Lucio Fontana Yves Klein Sculpture éponge bleue sans titre (SE 203) — 1959 Pigmento puro e resina sintetica, spugna naturale, supporto di metallo Collezione privata Yves Klein Sculpture éponge bleue sans titre (SE 100) — 1960 Pigmento puro e resina sintetica, spugna naturale, supporto di metallo montato su marmo Humlebæk, Louisiana Museum of Modern Art Yves Klein Le Veilleur I.K.B. (SE 174) — 1959 Pigmento puro e resina sintetica, spugna naturale, supporto di metallo Krefeld, Kunstmuseen, Kaiser Wilhelm Museum Yves Klein Une Pluie fine de printemps (COS 40) — 1961 Pigmento puro e legante imprecisato su cartone Collezione privata Yves Klein Monochrome bleu sans titre — 1957 Pigmento puro e resina sintetica su carta Milano, collezione privata Yves Klein Peinture de feu sans titre (F 16) — 1961 Cartone bruciato Appartenuto a Lucio Fontana Milano, Fondazione Lucio Fontana Yves Klein Le Vent du voyage (COS 27) — 1961 circa Pigmento puro e legante imprecisato su cartone Collezione privata Lucio Fontana Concetto spaziale – Il pane (50 SC 3) — 1950 Buchi, incisioni e graffito su terracotta colorata a freddo Milano, Fondazione Lucio Fontana Yves Klein Cosmogonie sans titre (COS 8) — 1960 Pigmento puro e resina sintetica su cartone montato su tela Collezione privata Yves Klein Rocket Pneumatique (Maquette Tallon-Technès) — 1962 Metallo cromato e caucciù dipinti Collezione privata Yves Klein Relief planétaire “Région de Grenoble” (RP 10) — 1961 Pigmento puro e resina sintetica su bronzo Collezione privata Yves Klein Monochrome bleu sans titre — 1959 Pigmento puro e resina sintetica su cartone Milano, collezione privata Yves Klein Relief planétaire sans titre (RP 8) — 1961 Pigmento puro, resina sintetica e pietre su gesso montato su tavola Zurich, Kunsthaus Yves Klein Globe terrestre bleu (RP 7) — 1957 Pigmento puro e resina sintetica su gesso Collezione privata Lucio Fontana Concetto spaziale (65 B 6) — 1965 Buchi e idropittura su tela Milano, Fondazione Lucio Fontana Yves Klein Feu de l’enfer (FC 30) — 1962 Pigmento puro e resina sintetica su cartone bruciato fissato su tavola Milano, Fondazione Prada main sponsor Yves Klein Plan pour l’accrochage de “Bas-reliefs dans une forêt d’éponges” — 1959 Penna a sfera su carta Collezione privata Yves Klein Plan pour l’accrochage de “Bas-reliefs dans une forêt d’éponges” — 1959 Penna a sfera su carta Collezione privata Yves Klein Dessin sans titre — 1959 Penna a sfera su carta Collezione privata Yves Klein Sculpture aéromagnétique — 1959 Penna a sfera su carta Collezione privata Yves Klein (in collaborazione con Claude Parent) Fontaines d’eau et toit de feu — 1959 circa Acquerello e inchiostro su carta montata su tela Collezione privata Yves Klein Projet pour une fontaine d’eau — 1958 Acquerello e gouache su carta Collezione privata Yves Klein Triptyque de Krefeld — 1961 Cartoncino colorato, pigmento e foglia d’oro tre fogli Realizzato per il catalogo della mostra (Krefeld, Museum Haus Lange, gennaio-febbraio 1961) Collezione privata Marie Raymond Composizione — 1957 Olio su carta sul retro, dedica di Yves Klein “A madame Marieda / Boschi de la / part de ma mère / Yves Klein / Paris le 7 julliet / 1957” Milano, Museo del Novecento, Collezione Boschi Di Stefano Marie Raymond Composizione — 1957 Olio su carta sul retro, dedica di Yves Klein “A monsieur Boschi de la / part de ma mére / Yves Klein / Paris le 7 julliet 1957” Milano, Museo del Novecento, Collezione Boschi Di Stefano Yves Klein Monochrome bleu sans titre (IKB 100) — 1956 Pigmento puro e resina sintetica su garza montata su tavola Appartenuto a Lucio Fontana Milano, Fondazione Lucio Fontana Yves Klein Monochrome bleu sans titre (IKB 219) — 1956 Pigmento puro e resina sintetica su garza montata su tavola Stuttgart, Staatsgalerie Yves Klein Monochrome bleu sans titre (IKB 104) — 1956 Pigmento puro e resina sintetica su garza montata su tavola Krefeld, Adolf-Luther-Stiftung Yves Klein Monochrome bleu sans titre (IKB 98) — 1957 Pigmento puro e resina sintetica su garza montata su tavola Krefeld, Kunstmuseen, Kaiser Wilhelm Museum Yves Klein L’Esclave de Michel-Ange (S 20) — 1962 Pigmento puro e resina sintetica su gesso Collezione privata Yves Klein Vénus bleue (S 12) Blue Venus (S 12) — 1962 Pigmento puro e resina sintetica su bronzo Paris, Musée d’art moderne de la Ville Yves Klein Vénus bleue (S 41) — 1962 Pigmento puro e resina sintetica su gesso Collezione privata Yves Klein Victoire de Samothrace (S 9) — 1962 Pigmento puro e resina sintetica su gesso con base di pietra Collezione privata main sponsor Lucio Fontana Angelo per la tomba Chinelli al Cimitero Monumentale di Milano (49 A 2) — 1949 Bozzetto. Terracotta policroma e struttura in gesso. Struttura architettonica di Renato Zavanella Parma, Università degli Studi, Csac Yves Klein Monochrome bleu sans titre (IKB Godet) — 1958 Pigmento puro e resina sintetica su garza montata su tavola Collezione privata Yves Klein Monochrome orange sans titre (M 111) — 1955 Pigmento puro e legante imprecisato su masonite Hannover, Ahlers Collection Yves Klein Monochrome jaune sans titre (M 74) — 1957 Pigmento puro e resina sintetica su garza montata su tavola Hannover, Ahlers Collection Yves Klein Monochrome vert sans titre (M 103) — 1957 Pigmento puro e resina sintetica su tela montata su tavola di compensato Hannover, Ahlers Collection Yves Klein Monochrome vert sans titre (M 105) — 1956 circa Pigmento puro e resina sintetica su garza montata su tavola Hannover, Ahlers Collection Yves Klein Monochrome rouge sans titre (M 64) — 1957 Pigmento puro e resina sintetica su tavola Hannover, Ahlers Collection Yves Klein Monochrome bleu sans titre (IKB 249) — 1959 Pigmento puro e resina sintetica su tavola Milano, collezione privata Lucio Fontana Concetto spaziale – Natura (59-60 N 8) — 1959–1960 Terracotta Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea Lucio Fontana Concetto spaziale – Ritratto di Iris Clert (61 O 34) — 1959–1961 Olio, graffiti, tagli e vetri su tela Collezione privata Yves Klein Monochrome blanc sans titre (M 100) — 1961 Pigmento puro e resina sintetica su garza montata su tavola Hannover, Ahlers Collection Lucio Fontana Concetto spaziale – Natura (59-60 N 11) — 1959–1960 Terracotta Collezione privata Lucio Fontana Concetto spaziale (61 O 8) — 1961 Olio, buco, graffiti e vetri su tela Milano, collezione privata Yves Klein Anthropométrie sans titre (ANT 136) — 1960 Pigmento puro e resina sintetica su carta Appartenuto a Lucio Fontana Milano, Fondazione Lucio Fontana Lucio Fontana Concetto spaziale – Natura (59-60 N 17) — 1959–1960 Bronzo Milano, Fondazione Lucio Fontana Yves Klein Anthropométrie de l’époque bleue (ANT 82) — 1960 Pigmento puro e resina sintetica su carta montata su tela Paris, Centre Pompidou, Musée national d’art moderne – Centre de création industrielle, acquisto 1984 Yves Klein Ex voto dedicato a Santa Rita da Cascia — 1961 Pigmento puro, foglia d’oro, lingotti d’oroe manoscritto in teca di plexiglas Cascia, Monastero di Santa Rita Lucio Fontana Concetto spaziale – Natura (59-60 N 25) — 1959–1960 Terracotta Milano, Fondazione Lucio Fontana Lucio Fontana Concetto spaziale – Natura (59-60 N 31) — 1959–1960 Terracotta Milano, Fondazione Lucio Fontana Meteorite di Uegit Rinvenuto a Dersa, a est di Uegit, Somalia, nel 1921 Ottaedrite, lega di ferro e nichel Roma, Università degli Studi “La Sapienza”, Museo di Mineralogia Lucio Fontana Concetto spaziale – Attese (59 T 30) — 1959 Tagli su tela Milano, collezione privata Lucio Fontana Concetto spaziale – Attese (59 T 1) — 1959 Anilina, tagli e buchi su tela Milano, Fondazione Lucio Fontana Lucio Fontana Concetto spaziale – Attese (59 T 16) — 1959 Anilina e tagli su tela Milano, Fondazione Lucio Fontana Lucio Fontana Concetto spaziale – Attesa (59 T 73) — 1959 Olio e taglio su tela Milano, collezione privata main sponsor Lucio Fontana Concetto spaziale (62 O 32) — 1962 Olio, squarci e graffiti su tela Milano, Fondazione Lucio Fontana Lucio Fontana Concetto spaziale – La fine di Dio (63 FD 28) — 1963 Olio, squarci, buchi, graffiti e lustrini su tela Milano, Fondazione Lucio Fontana Yves Klein Portrait relief de Claude Pascal (PR 3) — 1962 Pigmento puro e resina sintetica su bronzo montato su tavola rivestita di foglia d’oro Torino, Fondazione per l’arte moderna e contemporanea – CRT, in comodato presso la Galleria civica d’arte moderna e contemporanea Lucio Fontana Campione olimpico (Atleta in attesa) (32 SC 8) — 1932 Gesso colorato Bologna, Collezioni d’arte e di storia della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna SOMMARIO Yves KLEIN Lucio FONTANA MILANO PARIGI 1957 — 1962 A CURA DI Silvia Bignami, Giorgio Zanchetti PAGINE: 272 ILLUSTRAZIONI: 312 PREZZO: 45 € in libreria, 39 € in mostra EDITORE: Electa IN LIBRERIA: novembre 2014 Biografie essenziali a cura di Laura Calvi pag. 2 Universi paralleli. Yves Klein e Lucio Fontana Silvia Bignami e Giorgio Zanchetti pag. 22 Opere in mostra pag. 58 Il cielo in una stanza. La Struttura al Neon di Fontana e Pigment pur di Klein al Museo del Novecento Marina Pugliese pag. 136 Possibili fonti iconografiche nel Fontana degli anni cinquanta Sileno Salvagnini pag. 144 Il monocromo e la carne. Le Anthropométries di Yves Klein Denys Riout pag. 164 L’uomo nello spazio! L’astronautica di Yves Klein Stephen Petersen pag. 174 “Noi che abbiamo le antenne che captano nuovi spazi spirituali” Yves Klein, Guido Le Noci e Pierre Restany Laura Calvi pag. 186 Fontana, Klein, Manzoni: tre vie dell’assoluto (irrisorio) secondo Emilio Villa Davide Colombo pag. 196 Yves Klein e Paolo Cavara. Sequenze di un film mancato Raffaele De Berti pag. 208 Regesto delle opere in mostra pag. 214 Regesto dei materiali d’archivio e delle edizioni pag. 226 Vademecum per la mostra Scritti e testimonianze di Lucio Fontana e Yves Klein, con sei articoli di Dino Buzzati a cura di Laura Calvi pag. 241 Bibliografia selezionata su Lucio Fontana e Yves Klein a cura di Laura Calvi pag. 264 main sponsor