Come costruire un laboratorio sul paesaggio?

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Come costruire un laboratorio sul paesaggio?
Come costruire un laboratorio sul paesaggio?
Pia Antonini e Riccardo Canova
Innanzitutto: a chi è rivolto? Quali gli obiettivi?
Partendo da questi interrogativi, abbiamo costruito un modulo di una giornata, rivolto a tutti gli
insegnanti che hanno partecipato al corso “Conoscere il Paesaggio”, con l’obiettivo di far loro
sperimentare modi diversi di trasmissione delle conoscenze apprese, suscitando interesse
verso un approccio incentrato sul fare per poi riflettere.
I punti di riferimento teorici da noi utilizzati sono il metodo LEO® (Laboratori di Epistemologia
Operativa) presentazione leo.pdf e il Metodo Bruno Munari®.http://www.brunomunari.it/
Entrambe le metodologie affermano il principio che ogni costruzione di pensiero emerge
dall’azione e che nell’azione si costruisce la conoscenza della realtà. In particolare, per quanto
riguarda i Laboratori di Epistemologia Operativa (LEO®), questo principio, derivato dalla
Psicologia di Piaget, è alla base del metodo stesso. Facendo, quindi, nostro un antico proverbio
cinese, tanto caro a Bruno Murari - ”Se ascolto dimentico, se vedo ricordo, se faccio capisco”abbiamo costruito alcune attività mirate a promuovere consapevolezza nelle azioni educative
che coinvolgono docenti e allievi.
Nella prima attività, utilizzata con modalità di presentazione, è stato chiesto di scegliere una
foto, tra una trentina, raffigurante l’attrezzo agricolo che, a giudizio del singolo, meglio
rappresentasse il proprio rapporto con la conoscenza e con la sua trasmissione. carte con
strum… valtellina.pps . Gli oggetti fotografati e proposti sono conservati nel Museo Etnografico
di Ponte in Valtellina.
Si è poi discusso, in seduta plenaria, delle singole scelte e, attraverso un dialogare, sono state
analizzate le differenze individuali del rapporto con la conoscenza, utilizzando apposite
metafore.
La seconda attività pratica, svolta in sottogruppi, proponeva di costruire una cartolina di grande
formato da inviare ai propri allievi con un messaggio speciale ideato dagli insegnanti.Il gruppo
aveva a disposizione una decina di immagini di paesaggio molto diverse fra loro nelle quali
cercare e far emergere, attraverso un confronto di idee e di ipotesi, nessi e connessioni
possibili.La cartolina come oggetto rappresenta di per sé un frammento di paesaggio. Chiedere
di costruirne una, con immagini tanto eterogenee ha significato riflettere sul fatto che il
paesaggio è un’entità complessa che ci circonda e nella quale e con la quale viviamo e
interagiamo, quasi sempre in modo inconsapevole. La presenza di un osservatore con il
compito di registrare le idee del gruppo, l’emergere e lo scomparire di teorie, di modelli
interpretativi, di concetti e di valori ha facilitato la restituzione del lavoro di gruppo e ha
permesso che emergessero con naturalezza spunti di riflessione, analizzati poi in seduta
plenaria.
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L’apporto teorico, conseguente l’attività, ha riguardato il concetto di “complessità”. Nel corso del
secolo scorso, in discipline diverse, in tempi e modi differenti, si è arrivati a costatare
l’inadeguatezza dei metodi interpretativi della scienza classica in numerosissime situazioni. Nei
Sistemi Biologici così come nelle Scienze Fisiche, in Chimica e in Psicologia, in Sociologia e in
Botanica, si è sentita la necessità di trovare modelli adeguati a comprendere la “Complessità”.
Per sistema complesso (da cum e plexum: intessuto) si intende un insieme di elementi legati tra
loro da relazioni tali per cui il cambiamento in una parte determina un cambiamento, più o meno
grande, in tutte le parti del sistema. Inoltre un sistema è qualcosa di differente dalla somma
delle sue parti, in un motore ad esempio se noi cambiamo la relazione tra due elementi cambia
totalmente il motore stesso, così come se cambiamo anche solo un dettaglio di un quadro può
cambiarne totalmente il senso, pur mantenendo tutte le parti uguali. L’accento è posto sulle
relazioni tra le parti più che sulle caratteristiche intrinseche delle parti stesse. Se nella scienza
classica vi è proporzione tra l’entità della causa e l’effetto che segue, ciò non vale nella scienza
della complessità. Il famoso “butterfly effect” è il modello teorico che “spiega” come un battito
d’ali di una farfalla in Sud America può causare un uragano in Giappone. Non si tratta solo di un
esercizio accademico quanto di un modo diverso di approcciarsi alla realtà, considerata come
un complesso e inscindibile insieme di elementi strettamente interconnesi tra loro. Secondo noi
il paesaggio è inscrivibile tra i sistemi complessi, sistemi dove l’importanza maggiore è data
dalla relazione tra le parti rispetto alle caratteristiche delle stesse. Può causare più “danni”,
rendendo il paesaggio sgradevole e disarmonico, un oggetto piccolo come una colonnina con
capitello dorico, posta all’ingresso di una casa in un borgo rurale, o un cartellone pubblicitario
ubicato in una certa posizione, nel paesaggio sia naturale sia antropizzato, di un'opera magari
più ampia come una grande casa oppure una nuova strada.
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La seconda parte della giornata è stata dedicata alla sperimentazione di un’azione-gioco
secondo il Metodo Bruno Munari®. metodo bruno munari.pdf. Accanto alla comunicazione
visiva, canale privilegiato e preferito sia per guardare un paesaggio sia per proporre attività
didattiche a scuola, l’educare alla plurisensorialità è ancora una proposta innovativa in molti
ordini di scuole. Con le Tavole tattili degli anni ’30, Bruno Munari diede nuovo impulso alle
intuizioni di F.T.Marinetti sul Tattilismo, impulso che caratterizzò la ricerca del suo fare arte a
tutto tondo e per tutta la vita. Fra gli anni ’70 e ’90 ideò diversi tipi di laboratorio per stimolare
la plurisensorialità storia bruno munari.pdf primo fra i laboratori tattili, quello del 1978 tenuto in
occasione della mostra itinerante “Le mani guardano” a Palazzo Reale a Milano. L’impiego di
diversi materiali capaci di suscitare un forte impatto emotivo, grazie all’evocazione sinestetica
suggerisce azioni che portano a ritrovare il piacere del tatto.Bruno Munari vede in questi
materiali e in ciò che si può costruire con essi degli strumenti per una rieducazione e una
possibilità inedita di comunicare in modo più personale.
Si può toccare un paesaggio? O si può solo guardare un paesaggio?
Nella prima attività proposta il gruppo entra in una stanza dove trova su un tavolo , coperti da
un telo in modo da non poterli vedere, diversi tipi di materiale naturale.Ognuno è invitato ad
esplorare individualmente, ascoltando le mani e tenendo gli occhi chiusi, ciò che è nascosto
sotto il telo.Individuato un elemento che per qualche ragione desta attenzione e interesse, è
libero di prenderlo per poterne poi parlare in seduta plenaria.
Nella seconda attività la richiesta di costruire una tavola tattile, utilizzando materiali naturali, che
comunichi una sensazione, un’emozione legata al paesaggio, è svolta in sottogruppi con la
presenza dell’osservatore che gioca lo stesso ruolo attribuitogli nelle attività della mattina.
In seduta plenaria ogni gruppo illustra i criteri adottati nella costruzione della tavoletta, riflette
sull’esperienza di entrare fisicamente nel paesaggio, di metterci mano, sulla scarsa
consapevolezza di questo recettore, si interroga sulla spendibilità della proposta didattica.
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L’ultima parte della giornata è stata dedicata ad una valutazione complessiva del “laboratorio”
con riflessioni sui possibili utilizzi in ambito scolastico.
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