Gruppo 2 - Dipartimento di Fisica

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Gruppo 2 - Dipartimento di Fisica
DIPARTIMENTO DI FISICA
STAGE UNIVERSITARIO 27/02-03/03/2006
NANOTECNOLOGIE (NANOCAPSULE) E
MICOSCROPIA CONFOCALE
Luca Verderame (liceo ISSEL, Finale Ligure)
Giacomo Carrabino (liceo A. Pacinotti, La Spezia)
Gabriele Marino (liceo Grassi, Savona)
Se il telaio meccanico fu la vera forza che all’inizio dell’800 rivoluzionò la
vita delle persone, da molti scienziati una forza devastante è stata attribuita
alle Nanotecnologie che negli anni a venire non solo rivoluzioneranno un
settore ristretto della ricerca ma ogni disciplina attualmente indagata.
Ma qual è il significato reale del termine nanotecnologie così popolarmente
abusato? Con questo nome, intendiamo una serie di nuovi metodi e nuovi
dispositivi, caratterizzati dal fatto che per il loro funzionamento occorre poter
controllare i materiali su scala atomica (1nanometro = 10-9 metri ~ 10 atomi).
Fino ad una decina di anni fa applicazioni relative alle nanotecnologie erano
considerate pura fantascienza nonostante ciò, oggi, grazie alla ricerca si è
riusciti non solo ad immaginare i singoli atomi, ma anche a vederli e persino a
modificarli tanto da creare nanorobots, nanocontenitori più piccoli di 50
nanometri, nanoruote rotanti e addirittura un abaco nanodimensionato con
molecole in luogo delle palline colorate.
Un importante campo della ricerca che contribuisce allo sviluppo delle
nanotecnologie è quello della biofisica, ambito scientifico che si occupa di
studiare la conformazione degli enti biologici, i processi che li caratterizzano e
loro evoluzione spazio temporale. In relazione ad essa le nanotecnologie hanno
sviluppato prodotti di ricerca come le Nanocapsule che sono dei piccoli
contenitori costituiti da polimeri sintetici (polielettroliti) in grado di inglobare ed
isolare dall’ambiente esterno prodotti organici ed inorganici. Le implicazioni di
questa tecnologia sono assai rilevanti: in ambito medico, per esempio, le
nanocapsule potranno costituire un importante strumento per il drug delivery,
ovvero il trasporto di medicinali ed il loro rilascio mirato sull’agente patogeno o
nel caso tumorale sulle cellule interessate; tutto ciò eviterebbe l’abuso del
principio attivo, riducendo drasticamente la comparsa di effetti collaterali.
Come accennato sopra, per operare efficacemente su materiali in scala
nanometrica, è necessario avere la possibilità di osservare l’oggetto di studio
con la maggior risoluzione possibile; perciò, insieme alla ricerca sui
nanocomponenti, si è sviluppato lo studio di metodi e strumenti di microscopia
volti a coadiuvare in maniera ottimale i ricercatori in ambito organico ed
inorganico.
In questa direzione si sono sviluppati due tipi di microscopia: quella ottica e
quella elettronica. Contrariamente a quanto si possa pensare, non è possibile
definire in assoluto una di queste due tecniche migliore dell’altra. Infatti tali
metodi trovano applicazione ottimale in campi differenti, a seconda della
natura del campione e delle finalità della ricerca. La microscopia ottica seppur
con minor potere risolutivo, permette una osservazione meno invasiva del
campione in esame. La microscopia elettronica, invece, grazie ad una maggiore
risoluzione permette una osservazione molto più dettagliata del campione, ma
implica una sua manipolazione fisica invasiva.
Lo stage ci ha permesso di lavorare con le nanocapsule attraverso tutto il
ciclo produttivo: produzione chimica di nanocapsule attorno a cristalli di CaCO3,
osservazione e studio di tali agglomerati al microscopio confocale.
Esistono tipi differenti di nanocapsule, a seconda della forma dei cristalli, della
loro carica e del tipo di elettroliti utilizzati. Nel nostro caso sono state prodotte
capsule di forma cubica con Poli Sodium 4 Styrenesulfonate (PSS) e Poli
Alilamine Hydrocloride (PAH)
PRODUZIONE DELLE NANOCAPSULE
FASE 1: Produzione dei Cristalli
Si sciolgono in un beker con l’aiuto dell’agitatore magnetico 0,212g di Na2CO3
in H2O e, separatamente 0,297g di CaCl2.
Questi danno origine a due ioni Cl - e due ioni Na+.
Mescolando le due soluzioni e lasciandole a reagire per breve tempo otteniamo
piccoli cristalli di CaCO3 attraverso la reazione di doppio scambio:
Na2CO3+CaCl2 => CaCO3+2NaCl
Una volta ottenuti i cristalli in soluzione sono risciacquati con la centrifuga in
H2O pura e posti in forno in un piatto petri per circa due ore, in modo da
ottenere formazioni cristalline prive di acqua.
laboratorio di chimica
FASE 2: Produzione dei polielettroliti
Si prepara una soluzione 0.5M di NaCl, e la si utilizza per preparare
separatamente due provette da 40ml contenenti polielettroliti (rispettivamente
PAH e PSS) in quantità di 2mg/ml.
I polielettroliti così preparati devono essere lasciati a riposo per circa 24 ore.
Pertanto per la nostra esperienza abbiamo utilizzato soluzioni preparate in
precedenza.
FASE 3: Costituzione delle NANOCAPSULE
Affinché lo strato di polielettrolita schermi il cristallo di calcite è necessario
alternare polielettroliti di carica opposta (PAH+ e PSS-).
Si raccoglie per tanto il carbonato di calcio in un appendorf e ad esso si
aggiunge 1ml della soluzione contenente PAH. Si agita il composto ottenuto e
lo si lascia riposare per 5-6 min.; lo si sottopone a centrifuga (3000rpm per
3min.) quindi lo si risciacqua due volte con soluzione 0,5M di NaCl (3000rpm
per 2min.) in modo da eliminare i polielettroliti non legati.
Il secondo strato polielettrolitico è costituito da PSS. Il procedimento è identico
per tutti gli strati di polielettrolita. Le capsule prodotte sono costituite, in
questo caso, da sei strati polimerici. Per rendere le nanocapsule così prodotte,
visibili alla luce laser, il 5° strato di PAH è stato legato covalentemente con
fluorescina. La fluorescina fa parte della famiglia delle sostanze fluorescenti o
fluorofori; tali sostanze, se eccitate con particolari lunghezze d’onda, sono in
grado di emettere luce istantaneamente per un periodo di tempo determinato.
L’irradiamento prolungato da parte di una sorgente di luce riduce sensibilmente
il tempo di decadimento della fluorescenza fino a portare al fenomeno del
photobleaching (oscuramento irreversibile della fluorescenza).
OSSERVAZIONE DELLE NANOCAPSULE.
STRUMENTI PER ANALIZZARE LE NANOCAPSULE.
Come già accennato, per osservare oggetti nanoscopici abbiamo bisogno di
microscopi ad alta definizione; in questo caso dovendo osservare oggetti
tridimensionali senza volerli sezionare fisicamente sono stati utilizzati
microscopi ottici a scansione.
Il microscopio ottico a scansione prevede, tramite la fonte luminosa (laser o
lampada), l’illuminazione di tutto il doppio cono. Il segnale di ritorno viene però
filtrato dal pinhole che lascia pasare, mediante la sua apertura o chiusura, i
segnale proveniente dal piano che si intende osservare, escludendo così tutti
gli altri, ugualmente eccitati. Questa tecnica permette così, tramite
l’osservazione di differenti piani, l’analisi tridimensionale del campione,
ottenuta sovrapponendo i diversi piani.
Esistono due famiglie di microscopi ottici a scansione: quello confocale e quello
a due fotoni. La principale differenza tra un microscopio confocale ed uno a due
fotoni risiede nella diminuzione dell’effetto di photobleaching: il microscopio
schema del microscopio ottico a scansione.
confocale infatti in fase di eccitazione stimola tutto il doppio cono dell’oggetto
in studio, mentre quello a due fotoni (proprio per il fenomeno intrinseco
dell’assorbimento di due fotoni) eccita un minor volume dell’ordine del
femtolitro. Per l’osservazione delle nanocapsule nel nostro caso è stato
utilizzato un microscopio confocale della Nikon. Esso è costituito da tre parti
principali: il modulo di eccitazione, il modulo di scansione e microscopio ottico
tradizionale.
microscopio NIKON C1
Microscopio ottico tradizionale: è un microscopio ottico invertito dotato di tre
obbiettivi, da noi è stato utilizzato un obbiettivo a olio 60x con apertura
numerica 1.4 (NA= n sina; dove n e l’indice di rifrazione del materiale in cui e
immersa la lente, olio, e a è metà dell’angolo di apertura della lente); è
costituito da due lampade in grado, attraverso opportuni filtri, di selezionare
diverse lunghezze d’onda ( spesso viene utilizzata luce ultravioletta in fase di
osservazione).
Modulo di scansione: o testa di scansione è quella che permette, tramite una
serie di specchietti opportunamente disposti e l’ausilio di veloci motorini
elettrici, di scansionare la parte desiderata del campione. All’interno della
testa si trova il pinhole, un piccolo foro che permette il passaggio alla sola luce
del piano eccitato eliminando cosi la luce proveniente dagli altri piani. In
questo modo si può ottenere un sezionamento ottico del campione in esame.
Modulo di eccitazione: è costituito da tre linee laser di lunghezze d’onda 488
nm, 543nm e 633nm, variabili mediante l’uso di un software presente su un
computer opportunamente collegato al microscopio.
Insieme a queste componenti principali vi sono altri due strumenti: i PMT, uno
a 3 canali dedicato all’elaborazione delle immagini e uno a 32 canali dedicato
alla produzione di uno spettro di emissione, che ci permette di riconoscere i
fluorofori utilizzati. Questi strumenti sono dei contatori di fotoni che
trasformano la loro energia di urto in deboli scariche elettriche, amplificate
attraverso l’uso di fotomoltiplicatori.
MANIPOLAZIONE DELLE NANOCAPSULE
Si pone su di un vetrino una goccia di nanocapsule in soluzione NaCl 0.5M; tale
campione può essere ora analizzato al microscopio. Dopo aver opportunamente
eccitato tramite laser le molecole fluorescenti inserite all’interno di uno strato
delle nanocapsule, il microscopio NIKON C1 è in grado di fornire, grazie al
software EZ 2000 in dotazione con il microscopio, una prima immagine
generale del nostro campione.
Visone d’insieme a falsi colori delle
nanocapsule in soluzione
Con la coadiuvazione del pacchetto software è possibile effettuare osservazioni
specifiche della goccia di nanocapsule: analisi tridemensionali, misure
distanziometriche, analisi spettrali.
Fluorescina
2500
fotoni
2000
1500
1000
500
0
498
523
548
573
598
623
lunghezza d'onda
Analisi distanziometrica – spettro di emissione
della fluorescina
Dopo tali osservazioni si è passati nel nostro caso alla registrazione di processi
dinamici creati volutamente con l’intento di manipolare le nanocapsule.
A tal fine è stata aggiunta alla soluzione in esame una goccia di rodamina,
fluoroforo rosso, e si è nuovamente analizzato il sistema nel suo insieme; esso
appariva dunque, eccitato ora da due linee laser differenti, 488nm per la
fluorescina, 543nm per la rodamina.
L’ultima parte dell’esperimento consiste nello sciogliere il core cristallino
tramite una soluzione di HCl e nel registrare pertanto l’ingresso nelle camere
nanocapsulari della rodamina che prima si era addensata all’esterno di tali
capsule.
alcune immagini a falsi colori
catturate dal filmato dell’ingresso della rodamina
Nella sequenza di foto la rodamina sta entrando nella nanocapsula in alto
(cerchiata), poiché l’acido cloridrico ha sciolto la calcite lasciando quindi il
posto al fluoroforo. Le pari più scure, visibili all’interno della nanocapsula sono i
corpi cristallini che devono ancora essere sciolti. A seguito dell’immissione nel
campione della soluzione di HCl, il sitema ha subito una turbolenza: questa è
dovuta alle macroscopiche dimensioni della goccia immessa rispetto alla
grandezza delle nanocapsule.
Il grafico sopra riportato visualizza al variare del tempo l’aumento della
rodamina all’interno del core della nanocapsula.Il primo picco è dovuto ad uno
spostamento delle nanocapsule (conseguenza dell’immissione di HCl), mentre il
secondo indica il rapido aumento della fluorescenza all’interno del core dovuto
all’ingresso della rodamina. Questa è una ulteriore conferma di ciò che è stato
visivamente osservato.
L’esperimento sì è quindi concluso nel migliore dei modi.