L`Odissea - Liceo Statale G. Carducci – Viareggio

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L`Odissea - Liceo Statale G. Carducci – Viareggio
Il viaggio di Odisseo. Lettura di passi scelti dell’Odissea Premessa Il punto di partenza di questo lavoro è un giudizio con il quale Riccardo Di Donato apre il capitolo relativo al νόστος di Odisseo nel suo volume Geografia e storia della letteratura greca arcaica. Il viaggio, o meglio il ritorno di Odisseo, ha un valore incipitario innegabile nell’intera letteratura occidentale. 1 La domanda che dobbiamo porci e alla quale cercherò di rispondere analizzando una serie di passi del poema quindi è perché e in che modo l’accento viene posto sul ritorno, cioè sull’atto conclusivo di una serie di azioni degne di essere ricordate, dato che altrettanta enfasi non è concessa al viaggio di andata verso Troia, tanto più se consideriamo che la partenza dei sovrani della Grecia è stata possibile solo dopo il sacrificio di Ifigenia, la figlia di Agamennone. Il proemio dell’Odissea I versi del proemio contengono il nucleo narrativo dell’Odissea. La prima parola non richiama però un episodio specifico della vita del protagonista, come accadeva nell’Iliade con l’oltraggio di Agamennone a Crise e la conseguente ira di Achille, ma il protagonista stesso. 2 Il tema del viaggio, inteso come ritorno in patria, assume un ruolo centrale. Il proemio tralascia tutte le avventure sul mare a cui subito pensava chi si accingeva ad ascoltare la storia; 3 non viene fatta menzione di Polifemo, di Eolo, di Circe, delle Sirene o di Scilla e Cariddi. Si fa invece riferimento alle città di molti uomini, che, fatta eccezione per i Feaci, non fanno parte invece della narrazione, perché Odisseo, dopo la battaglia con i Ciconi e dopo aver doppiato capo Malea, entra in un mondo del tutto fantastico (IX 82). Ἄνδρα μοι ἔννεπε, Μοῦσα, πολύτροπον, ὃς μάλα πολλὰ πλάγχθη, ἐπεὶ Τροίης ἱερὸν πτολίεθρον ἔπερσε˙ 1
R. Di Donato, Geografia e storia della letteratura greca arcaica. Contributi a una antropologia storica del mondo antico, La Nuova Italia Firenze 2001, p.101. 2
J. Latacs, Omero, Laterza Bari 1990, p. 133. 3
J. Latacs, cit., p. 136. πολλῶν δ᾽ἀνθρώπων ἴδεν ἄστεα καὶ νόον ἔγνω, πολλὰ δ̉ ὅ γ̉ ἐν πόντῳ πάθεν ἄλγεα ὃν κατὰ θυμόν, ἀρνύμενος ἥν τε ψυχὴν καὶ νόστον ἑταίρων. 4 Lo schema compositivo è lo stesso dell’Iliade: il tema, l’invocazione, un aggettivo quadrisillabo caratterizzante il tema, ampliato poi da una proposizione relativa e ulteriormente sviluppato con due frasi precedute da δέ. Le somiglianze tra i due proemi possono far presupporre l’esistenza di un modello tradizionale per le narrazioni di tipo epico, ma il parallelismo è tale da far pensare che l’incipit dell’Odissea sia modellato su quello dell’Iliade. Subito Odisseo, il cui nome compare solo al verso 21, viene caratterizzato dall’epiteto πολύτροπος. Già gli antichi ne avevano discusso il significato individuando due possibili significati: “multiforme, dalle molte risorse, ingegnoso” 5 sinonimo di πολύμητις, πολύφρων, πολυμήχανος, ποικιλομήτης o “ che ha viaggiato molto” equivalente a πολύπλαγχτος, che risulterebbe dalla relativa successiva. Tutti e due i significati sono possibili anche nell’altro unico passo in cui l’aggettivo ricorre, X 330. Al verso 4 poi si fa riferimento alle sofferenze patite, concetto altrove espresso dagli epiteti πολύτλας e ταλασίφρονος. Nei primi versi del poema vengono quindi riassunte tutte le principali caratteristiche di Odisseo con insistenza particolare sul concetto di molteplice (πολύτροπον, πολλὰ, πολλῶν, πολλὰ). Ne deriva una ampiezza tematica che, rispetto all’Iliade, comporta una certa impressione di genericità, ma bisogna ricordare che il pubblico aveva familiarità con le vicende dell’eroe, la cui origine è sicuramente pregreca. Odisseo deve essere stato un personaggio autoctono dell’area egea, 6 che gli Achei hanno conosciuto al loro arrivo nelle loro sedi storiche. 7 L’Odisseo egeo era un marinaio e le sue avventure sono state connesse dalla tradizione aedica orale a quelle del guerriero Odisseo all’epoca del ritorno dalla guerra di Troia in un unico complesso narrativo. 8 Storie favolose di naviganti, racconti imperniati sul ritorno degli eroi achei che avevano combattuto a Troia e in particolare quello di Odisseo erano già stati connessi dalla tradizione epica, così che nel proemio il poeta può dire al verso 10 ἁμόθεν “da un punto qualsiasi”. 9 4
“Narrami, o Musa, l’uomo multiforme, che molto errò, dopo che distrusse la sacra rocca di Troia; vide le città di molti uomini e conobbe la mente, molti dolori patì sul mare nel suo animo, cercando di salvare la propria vita e il ritorno dei compagni”. 5
Nel senso di “ingegnoso” lo intesero Platone (Ippia Minore 364) e Tucidide (III 83,3). 6
Il nome Odisseo non è greco. Cfr. A. Meillet, Lineamenti di storia della lingua greca, Einaudi Torino 1976, pp. 87‐91. Palmer suggerisce uno schema morfologico prefisso + tema del presente + ‐eus che suggerirebbe l’analisi o‐dukj‐eus (con dukj grado zero cfr. lat. duco). L.R. Palmer, The Greek Language, Londra 1979, p. 36 e 98. 7
J. Latacs, cit., p. 134.
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A. Lesky, Storia della letteratura greca, Il Saggiatore Milano 199662, p. 70. 9
F. Ferrari, L’alfabeto delle Muse vol. I, Cappelli Editore Bologna 1995, p. 101. 2
Odisseo narratore Odisseo svolge nel poema la funzione di protagonista e allo stesso tempo di narratore incarnando il legame strettissimo che nel poema c’è tra viaggio e racconto. Gli errores ci vengono narrati in prima persona nell’arco di quattro libri, dal IX al XII, gli Ἀλκίνου ἀπόλογοι secondo il titolo postomerico riferito da Eliano. Ma Odisseo svolge la funzione di narratore in diversi episodi: alla corte dei Feacinel racconto ad Alcinoo, presso Eolo (X 14‐15), infine ad Itaca quando ripercorre tutte le vicende per la moglie Penelope. La figura di Odisseo narratore si differenzia da quelle degli aedi del poema Femio e Demodoco. Dal punto di vista sociale essi sono equiparati, come emerge da Od. XVII 383 ss., a degli artigiani. Il fatto che l’invocazione alla Musa non ritorni più nel corso del poema dopo il proemio e la maggior presenza di aedi è – secondo Franco Montanari ‐ la spia di un maggiore interesse per l’arte poetica dell’Odissea rispetto all’Iliade. 10 Femio compare all’inizio e alla fine del poema. I suoi canti sono θελκτήρια e hanno la capacità di dare κλέος alle ἔργ̉ ἀνδρῶν τε θεῶν (I 337‐338). Alla richiesta di Penelope di interrompere quel cantare per lei straziante Telemaco risponde dando la responsabilità del canto alla divinità (I 346‐350). Questa dipendenza dalla divinità viene ribadita in prima persona da Femio (XXII 347‐348). Di Demodoco fin dall’inizio sappiamo che il suo canto viene dagli dei (VIII 44‐45) e in particolare dalla Musa (VIII 63‐64, 73, 479‐481, 487, 496‐498). L’arte del cantore è legata alla capacità di trasmettere con fedeltà il contenuto dell’epica tradizionale (VIII 489‐491), ma canto, ispirazione e contenuto vengono dalla divinità. 11 Odisseo non è un aedo. La sua narrazione delle sofferenze degli Argivi non è accompagnata dalla φόρμιγξ, quindi è priva dell’accompagnamento musicale tipico dell’esecuzione aedica, non presenta invocazione alla Musa e in essa manca qualsiasi tipo di indicazione dell’origine divina del suo canto. Il racconto di Odisseo però ha il pregio della bellezza formale e ripete fedelmente le vicende; Alcinoo paragona l’ospite nel libro XI 362‐372 ad un aedo, attribuendogli i suoi pregi e i temi usuali (i dolori degli Achei). Odisseo non è tra gli ψεύδεα ἀρτύνοντας e ha eseguito un μῦθον δ̉ ὡς ὅτ̉ ἀοιδὸς ἐπισταμένως, “è in qualche modo controfigura del poeta stesso”. 12 Ciò che lo 10
F. Montanari, Introduzione a Omero, Sansoni Firenze 1990, p. 111. R. Di Donato, Esperienza d’Omero, Nistri‐Lischi Pisa 1999, pp. 145‐154. 12
F. Montanari, cit., p. 108. 11
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accomuna agli aedi omerici è sicuramente l’effetto del canto: l’uditorio tace incantato (XIII 1). Odisseo non ha bisogno dell’aiuto divino perché il suo ricordo si traduca in racconto. Il suo racconto è la narrazione di una esperienza personale: Od. IX 37‐38 εἰ δ ̉ ἄγε τοι καὶ νόστον ἐμὸν πολυκηδέ ̉ ἐνίσπω, ὅν μοι Ζεὺς ἐφέηκεν ἀπὸ Τροίηθεν ἰόντι. 13 Odisseo dimentica le lacrime che lo avevano colto durante il canto di Demodoco, esce dall’oscurità, dove era affondato. Ritrova il proprio nome nascosto: “Sono Odisseo, figlio di Laerte” (IX 19). 14 Ha di nuovo una patria. Con straordinaria rapidità ritorna ciò che era: l’uomo dalla mente variegata. 15 Le vicende che Odisseo ha affrontato hanno comportato una mortificazione dell’io che viene a fatica riconquistato. Il viaggio si sdoppia così in due fasi speculari, quella della κάθοδος e quella dell’ἄνοδος. 16 La narrazione del viaggio Tutto il viaggio per mare viene ricostruito dal protagonista in una notte. Vengono così recuperate e inserite le vicende di molti anni nella cornice temporale dei quaranta giorni che intercorrono tra il concilio degli dei sull’Olimpo del I libro e la vendetta sui Proci del XXII libro. Partito da Troia con dodici navi Odisseo arriva alla terra dei Ciconi, dove viene distrutta la città di Ismaro. Nella battaglia successiva la perdita di settantadue compagni è il preludio della perdita di tutto quello che Odisseo ha posseduto un tempo. Le navi presso capo Malea vengono squassate da una tempesta e rimangono per nove giorni in balia del mare che le spinge oltre l’isola di Citera. Le navi dapprima raggiungono la terra dei Lotofagi, poi 13
L’esortazione fa da collegamento tra la parte iniziale del canto e il racconto con il quale Odisseo esaudirà la terza richiesta di Alcinoo (VIII 573 ss.). 14
Con εἴμι in posizione enfatica Odisseo si presenta con nome e patronimico. Si rivela come l’autore del ἵππος δουράτεος che Demodoco aveva cantato (VIII 492‐493). I suoi δόλοι lo hanno reso famoso. Odisseo non parla della sua gloria al futuro, come ad esempio Ettore in Il. VII 87‐91, ma al presente e può farlo perché ha appena ascoltato la propria celebrazione nel canto dell’aedo. Rivelando il segreto della propria identità (vv. 19‐36) l’eroe soddisfa l’invito di Alcinoo (VIII 550 sul suo nome e 555 sulla sua patria); alla domanda precedente di Arete (VII 238 s.) invece non aveva risposto. 15
P. Citati, La mente colorata. Ulisse e l’Odissea, Mondadori Milano 2002, p. 166. Riguardo alla ricostruzione di Odisseo si veda J. Latacs, cit., p. 143‐144. Secondo Latacs questa parte dell’Odissea svolge narrativamente la funzione di restituire a Odisseo la coscienza della propria identità e la fiducia in se stesso.
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Omero. Odissea vol. III Libri IX‐XII a cura di A. Heubeck, traduzione di G.A. Privitera, Mondadori Milano 1983, pp. XIV‐XV. 4
l’isola dei Ciclopi, dove Odisseo con dodici compagni rimane prigioniero nella grotta di Polifemo. Sei compagni vengono divorati e gli altri grazie ad Odisseo riescono a fuggire sotto il ventre delle pecore. Polifemo accecato inveisce contro lo straniero che ha detto di chiamarsi “Nessuno”, ma Odisseo, ormai sulla nave, si rivela e il gigante chiede al padre Poseidone di vendicarlo. Sull’isola di Eolo Odisseo riceve in dono l’otre dei venti, ma i compagni, quando ormai sono in vista della costa di Itaca, lo aprono e le navi vengono sospinte indietro. Dopo l’episodio della terra dei Lestrigoni rimane una sola nave, quella del protagonista, che arriva all’isola di Circe. Qui, mentre i compagni vengono trasformati in porci, Odisseo soccombe al fascino di Circe e presso la maga rimarrà un anno. È al momento della partenza che si situa la Nekyia. Seguono gli episodi delle sirene, Scilla e Cariddi e dell’isola di Elios. I compagni uccidono per fame i buoi sacri del dio sole, Zeus esegue la vendetta reclamata dal dio e colpisce la nave di Odisseo. Tutti i compagni muoiono affogati, Odisseo giunge a Ogigia, l’isola della ninfa Calipso. Odissea IX 39‐61 e i modelli iliadici Odisseo dopo la partenza da Troia giunge presso i Ciconi, che nell’Iliade erano nominati come alleati dei Troiani nel Catalogo del II libro (846) e nel XVII libro (73). Gli avvenimenti descritti si svolgono in un ambito geografico conosciuto 17 e in una dimensione temporale attuale: razzie e saccheggi di città come quelle descritte nei versi 39‐61 non dovevano essere eventi rari nel periodo della colonizzazione del Mediterraneo. 18 Trad. vv. 39‐61 “Il vento spingendomi da Ilio mi portò dai Ciconi, a Ismaro; lì io distrussi la città e li annientai; dopo aver preso dalla città le spose e molte ricchezze le dividemmo, affinché nessuno se ne andasse privato del giusto. Allora io consigliai di fuggire con rapido piede, ma quelli stolti non mi diedero ascolto. Lì bevvero molto vino, molte greggi sgozzarono sulla riva e buoi dalle zampe e dalle corna ricurve. Intanto i Ciconi andarono a chiedere aiuto ai Ciconi, che erano loro vicini, più numerosi e più forti che abitavano all’interno e che sapevano combattere con i nemici dal carro e, se necessario, a piedi. Giunsero quante le foglie e i fiori nascono in primavera, al mattino; allora la cattiva sorte di Zeus fu su di noi sciagurati, perché soffrissimo molti dolori. Disposti in ordine di battaglia attaccarono presso le navi veloci, con le aste di bronzo gli uni colpivano gli altri. Finchè era mattino e il giorno sacro cresceva, fino ad allora resistemmo respingendoli 17
Erodoto VII 110 dice che i Ciconi abitano sul fiume Ebro e Pindaro nel fr. 169 S. dice che Diomede è loro sovrano, μόναρχος. 18
L’episodio mostra una particolare corrispondenza con il racconto falso che Odisseo fa a Eumeo una volta tornato ad Itaca circa le proprie avventure in Egitto (XIV 240‐284 e in particolare IX 43~ XIV 259). La realtà a cui fa pensare lo strato omerico di Troia, il VII a, è quella di scontri e scorrerie a scopo di saccheggio molto simili (cfr. F. Montanari, cit., p. 71). 5
benché fossero più numerosi; ma quando il sole volgeva all’ora in cui si sciolgono i buoi, allora i Ciconi piegarono gli Achei sopraffacendoli. Perirono sei compagni dai begli schinieri per ogni nave; noi altri fuggimmo la morte e il destino. La descrizione della battaglia, che dal mattino dura fino al tardo pomeriggio come in Il. XI 84 e XVI 778, viene fatta mediante espressioni tipicamente iliadiche e numerose sono le corrispondenze: IX 42 = IX 549 introduce una azione tipica legata alle spoglie di guerra che vengono divise tra i vincitori e il modello è Il. XI 705. La riformulazione del verso 42 è quindi in linea con l’Iliade, mentre al verso 549 è riferita alle greggi di Polifemo al di fuori del contesto di guerra. Queste riprese rimandano a una delle caratteristiche della poesia epica, la formularità, che si presenta non solo a livello lessicale, ma anche tematico. Il destinatario dell’Odissea, così come dell’Iliade, era un pubblico che il poeta raggiungeva esclusivamente attraverso una comunicazione orale. Coloro che esercitavano l’attività poetica disponevano di un patrimonio formulare trasmesso oralmente. I poemi omerici presentano quindi una caratteristica formale peculiare, ossia l’uso del procedimento della ripetizione, che può riguardare singole espressioni o versi interi. 19 IX 45‐46 ha come modello Il. IX 466‐469 IX 51~ Il. II 468 riferito agli Achei che, chiamati alla guerra dagli araldi, dalle navi e dalle tende si riversano nella pianura dello Scamandro. L’immagine in entrambi i casi vuol dare l’idea di un grande numero di persone, ma nell’Odissea rispetto al modello c’è anche una connotazione temporale. IX 54‐55 ~ Il. XVIII 533‐534 all’interno della parte relativa alla città della guerra rappresentata nello scudo di Achille. Cambia la collocazione spaziale perché nell’Iliade si diceva ποταμοῖο παρ̉ ὄχθας “lungo le rive del fiume”. IX 56‐57 ~ Il. XI 84‐85 all’interno dell’ἀριστία di Agamennone segna un cambiamento nel volgere del combattimento in concomitanza con il declinare del giorno. Mentre nell’Odissea introduce il momento della crisi di Odisseo e dei suoi che non riescono più ad arginare l’attacco dei Ciconi ben più numerosi, nell’Iliade segna l’inizio del furore di Agamennone che colpisce prima Bienore, poi Oileo trapassandogli il cervello con la lancia, quindi Iso e Antifo, due dei figli di Priamo, Pisandro e Ippoloco supplichevoli e molti altri. (Anche IX 56 = Il. VIII 66) 19
Termine di riferimento essenziale è costituito dagli studi di M. Parry. Sua è la definizione di formula come “espressione che viene usata regolarmente, nelle stesse condizioni metriche, per esprimere una certa idea essenziale” in L’épithète traditionelle dans Homère. Essai sur un problème de style homérique. Parry distingueva tra una poesia individuale e una tradizionale e nell’ambito di quest’ultima collocava i poemi omerici. In essi, quindi, secondo Parry, l’espressione individuale del poeta è considerevolmente limitata da un articolato sistema di possibilità espressive (formulaic patterns). 6
IX 58‐59 ~ Il XVI 779‐780 riferito al momento in cui gli Achei sono più forti e Patroclo si slancia contro i Troiani, ma Apollo movendogli incontro nella mischia e nel tumulto lo colpisce a morte. Nell’Odissea la situazione è rovesciata perché l’espressione iliadica è usata in concomitanza del momento in cui i Ciconi riescono a piegare gli Achei. Quindi come per i versi precedenti la valenza rispetto all’Iliade è rovesciata. L’uso i espressioni tipiche del contesto bellico dell’Iliade non solo evidenzia a livello tematico la vicinanza della battaglia con le vicende troiane, ma crea anche un contrasto con gli avvenimenti che seguiranno nella narrazione di Odisseo. La cattiva αἶσα di Zeus accompagna Odisseo e i suoi nell’episodio dei Ciconi e allo stesso modo determina tutte le vicende che seguiranno. Alla sorte destinata da Zeus si unisce però la stoltezza dei compagni. Νήπιοι erano stati definiti nel proemio (v. 8) e ugualmente vengono detti νήπιοι al verso 44 di questo libro. Il termine, che propriamente indica il bambino (lat. infans), nell’Iliade appare già specializzato nel senso di inconsapevole ed è uno strumento che il narratore usa per sottolineare la ristrettezza dell’ambito di conoscenza del suo personaggio. 20 Allo stesso modo Odisseo nel suo racconto, in veste quindi di narratore, chiama νήπιοι i propri compagni: il termine è un commento alle azioni degli ἑτάροι che rimangono pur sempre φίλοι e serve al protagonista per dissociarsi dal loro comportamento. L’astuzia di Odisseo si connota di una saggezza che deriva dalle esperienze vissute e dalle sofferenze patite nei dieci lunghi anni del ritorno. Odissea IX 62‐105: verso un itinerario fantastico Dal riepilogo molto schematico delle vicende emerge che dopo la tempesta presso capo Malea Odisseo varca i confini del mondo reale: la tempesta colpisce le navi, Zeus suscita un uragano, Borea si scatena, le nubi coprono la terra e il mare, dal cielo scende la notte, il vento squarcia le vele e i marinai remano fino a riva. Lì restano due giorni e due notti, attendendo che la 20
Per uno studio approfondito di questo modulo si rimanda a V. Di Benedetto, Nel laboratorio di Omero, Einaudi Torino 1994, pp. 26‐37. Esiste un collegamento tra sofferenza e saggezza che viene evidenziato in espressioni in cui compare il termine a partire dall’Iliade. In Esiodo Op. 217‐218 leggiamo
omerica ...
di Il. 17 30‐32 e Esiodo si pone sulla linea Il. 20 196‐198 Queste espressioni sono alla base della norma eschilea del πάθει μάθος di Agamennone vv. 176‐183. Si veda F. Ferrari, cit., p. 97 e V. Di Benedetto, L’ideologia del potere e la tragedia greca. Ricerche su Eschilo, Einaudi Torino 1978, pp. 136‐156 e La saggezza di Agamennone, «Dioniso» 48, 1977, pp. 167‐194. 7
tempesta si quieti. Il terzo giorno ripartono. Ma le correnti marine e i venti dirottano le navi che doppiano capo Malea, in fondo al Peloponneso, allontanandoli dall’isola di Citera. Il mondo che si apre davanti a Odisseo è un mondo irreale dove predomina l’elemento fantastico e favoloso. 21 Trad. vv. 62‐105 “Di qui navigammo avanti angosciati nel cuore, sollevati da morte, perduti i cari compagni. Ma le navi veloci non ripartirono finchè per tre volte non invocammo ciascuno dei miseri compagni che erano morti sul campo trucidati dai Ciconi. Zeus che addensa le nubi suscitò contro le navi Borea con un turbine tremendo, con le nubi nascose la terra e il mare; dal cielo sorgeva la notte. Esse allora furono spinte di traverso, la forza del vento squarciò le vele in tre e in quattro pezzi. Nelle navi le tirammo giù, temendo la morte, e spingemmo con impeto a forza di remi queste verso la terra ferma. Lì per due giorni e due notti giacemmo di seguito, rodendoci l’animo con la fatica e i dolori. Ma quando Aurora dai bei riccioli portò il terzo giorno, rizzati gli alberi e spiegate in alto le bianche vele, sedemmo (sulle navi); il vento e i piloti le guidavano. E allora sarei giunto incolume alla terra patria; ma me che cercavo di doppiare Malea l’onda, la corrente e Borea dirottarono, mi fecero deviare da Citera. Di lì per nove giorni fui spinto dai venti funesti sul mare pescoso; al decimo giungemmo alla terra dei Lotofagi, che mangiano un cibo di fiori. Lì scendemmo a terra e attingemmo acqua, subito presero il pasto i compagni accanto alle navi veloci. Dopo che ci fummo saziati di cibo e di bevanda, allora io inviai dei compagni che andassero a informarsi chi fossero gli uomini che in quella terra mangiavano pane, scelti due uomini e aggiunto un araldo come terzo. Questi subito andando si mescolarono ai Lotofagi; i Lotofagi non meditavano la morte ai nostri compagni, ma diedero loro da mangiare del loto. Chiunque di loro mangiasse il frutto dolce come il miele del loto, non voleva portar notizie indietro e tornare, ma volevano rimanere là tra i mangiatori di loto a cibarsi di loto e dimenticare il ritorno. A forza piangenti li condussi sulle navi, e trascinati sulle cave navi li legai sotto i banchi. Poi ordinai agli altri compagni fedeli di salire sulle navi veloci rapidi, affinché nessuno mangiando del loto 22 dimenticasse il ritorno. Essi subito si imbarcarono e si misero 21
I poemi omerici riproducono le conoscenze geografiche e astronomiche correnti. Dal punto di vista cosmologico la Terra è ritenuta piatta, circolare, circondata dall’Oceano e sovrastata dal cielo, inteso come superficie concava, poggiata su colonne che Atlante regge in fondo al mare, e teatro del cammino del sole e delle stelle, nascenti e tramontanti nell’Oceano medesimo. L’Oceano è concepito più come un fiume che non come un mare. Per quanto riguarda il contesto più strettamente geografico interessato dal viaggio di Odisseo, considerando i toponimi e i nomi di popoli (e i relativi aggettivi) con identificazione geografica certa, escludendo cioè quelli mitici o dalla localizzazione ancora discussa, i versi omerici coprono un orizzonte centrato sul bacino dell’Egeo. L’Iliade appare dominata dal mondo della realtà, l’Odissea dal mondo dell’avventura fantastica. Se consideriamo l’incidenza dei nomi non localizzabili vediamo che la percentuale sale nell’Odissea, anche se non diventa il tratto dominante. Cfr. Carlo Da Pozzo, <Omero alle origini della geografia> in Artissimum memoriae vinculum. Scritti di geografia storica e di antichità in ricordo di Gioia Conta, Olschki Firenze 2004. Da Pozzo conclude il suo intervento riconoscendo l’inesistenza di un inizio omerico della geografia. La questione si pone quindi nei termini espressi da Vidal‐Naquet: “Il mondo omerico è un mondo poetico…Si sa anche che, dall’Antichità, i geografi si sfiniscono invano nel fare cartografie dei viaggi di Ulisse in maniera sicura. Bisogna dunque tornare alla poesia.”(P. Vidal‐Naquet, Il mondo di Omero, a cura di R. Di Donato, Donzelli Roma 2001, p. 87) 22
« brucandosi di loto » G. Pascoli in Traduzioni e riduzioni, a cura della sorella Maria, Zanichelli Bologna 1923. 8
agli scalmi e sedendo in fila battevano il mare canuto con i remi. Di lì navigammo avanti angosciati nel cuore. I Lotofagi rappresentano la prima tappa in una realtà che perde l’orizzonte familiare del Mediterraneo e la pianta magica del λωτός causa l’oblio in chi se ne ciba e il desiderio di rimanere nella terra degli uomini che prendono nome da questo frutto. Essi mangiano pane, segno di popolazioni evolute e civili (v. 89). Rispetto al passo precedente per il quale sostanzialmente la tematica impone anche a livello compositivo in più casi il modello dell’Iliade, una volta abbandonato il terreno iliadico ci si rende conto che i richiami sono quasi esclusivamente interni all’Odissea. Il passo si apre con un verso che ritroviamo all’inizio dell’episodio di Polifemo e in X 77 dopo il soggiorno presso Eolo; IX 62‐63 ritornano in IX 565‐
566 alla fine del libro e in X 133‐134 dopo l’episodio dei Lestrigoni. In esso la nozione spaziale dell’avverbio di luogo, rafforzata dal verbo πλέω che vuole dare l’idea della prosecuzione del viaggio per mare, si lega a quella di sofferenza espressa dal participio perfetto che regge l’accusativo di relazione ἦτορ. Il verso 63 contiene l’espressione ἄσμενοι ἐκ θανάτοιο ricorrente anche nell’Iliade (XX 350). 23 Con i vv. 64‐65 si allude all’invocazione rituale dei morti. Così Virgilio Aen. III 67‐68 dove parla degli estremi onori resi a Polidoro. 24 È stato notato che quando la scena di imbarco e navigazione non contiene un momento di libagione, di preghiera o di offerta agli dei, il viaggio è destinato al fallimento mediante l’intervento di un tempesta, di un naufragio o la perdita dei compagni. Con i vv. 67‐71 si ha la descrizione della burrasca che sembra essere la stessa nella quale sono capitati gli altri eroi di ritorno da Troia e dalla quale Odisseo esce indenne. È ai vv. 80‐81 che avviene il dirottamento da capo Malea. 25 23
ἄσμενος è una forma isolata che vale all’incirca “salvato”.
Aen. III 67-68, animamque sepulcro/condimus et magna supremum voce ciemus.
25
Numerose sono le riprese interne anche nei versi successivi. I vv. 67‐68 erano stati riferiti in V 293‐294 con una variazione iniziale a Poseidone, che allontana Odisseo dalla terra dei Feaci per spingerlo ancora a saziarsi di mali, e ritorneranno in XII 314 ‐315 di nuovo riferiti a Zeus. Il v. 67 in parte era già in V 109. Il v. 74 ripropone V 388 con la variante συνεχὲς αἰεὶ che serve a legare la formula con i vv. 75‐76 e X 142; globalmente IX 75‐76 sono uguali a X 143‐144 e il v. 76 = V 390. Successivamente troviamo: v. 77 = X 402; v. 78 =XI 10, XII 152, XIV 256; vv. 85‐87 = X 56‐57; vv. 88‐90 = X 100‐102; v. 100 = 193; v. 103 ~ XI 638, XV 221, 549; vv. 103‐104 ~ IV 579‐580, IX 179‐180, 471‐472, 563‐564, XII 146‐147. 24
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Conclusione Rispetto alla domanda posta all’inizio, vorrei, da ultimo, riflettere sulla formula οἴκαδέ τ̉ ἐλθέμεναι καὶ νόστιμον ἦμαρ ἰδέσθαι, che ricorre tre volte nel poema (III 233, V 220, VIII 466): l’atto di vedere il giorno del ritorno e l’arrivare a casa, in patria, sono strettamente collegati in una immagine sincronica. Quindi in questa prospettiva teleologica sarebbe esclusivamente l’atto del ritorno che darebbe sostanza alla vicenda dell’Odissea, in contrasto con il fatto che l’eroe già alla fine del tredicesimo libro è ad Itaca e ha quindi raggiunto, in una ideale ring composition, il proprio punto di partenza. Diversamente Odisseo, quando si accinge a raccontare al re dei Feaci il viaggio che lo ha condotto a Scheria, pone l’accento sull’aspetto diacronico caratterizzando il proprio νόστον con l’aggettivo πολυκεδέα “ricco di dolori” e privilegiando il valore dell’esperienza del viaggio. È sicuramente questa ultima prospettiva 26 che ha reso possibile la creazione dell’Ulisse dantesco dell’orazion picciola o dei versi di Costantino Kavafis nei quali il valore del ritorno è nel viaggio. Itaca t’ha donato il bel viaggio. Senza di lei non ti mettevi in via. Nulla ha da darti più. E se la trovi povera, Itaca non t’ha illuso. Reduce così saggio, così esperto, avrai capito che vuol dire un’Itaca. 26
R. Di Donato, cit., p. 106‐107.
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Progettazione didattica Questo modulo è rivolto ad una classe I del liceo classico. Esso prevede mediante un approccio monografico: • la lettura integrale in italiano dei libri VIII‐XII • la lettura in greco e il commento puntuale dei seguenti passi: Odissea I 1‐10 proemio Odissea IX 39‐105 i Ciconi e i Lotofagi, 170‐505 il Ciclope Odissea X 1‐55 Eolo, 210‐243 Circe Odissea XI 34‐50 le anime dei defunti, 471‐504 Achille Odissea XII 151‐200 le Sirene, 234‐259 Scilla e Cariddi Nel commentare il testo è indispensabile chiarire che la lingua omerica è una lingua letteraria e presenta una commistione di dialetti (escluso il dorico, che è assente), già riconosciuta dagli antichi. In particolare sarà necessario evidenziare alcune delle sue caratteristiche. Ad esempio in IX 68 il dativo νεφεέσσι mostra la desinenza –εσσι che è una innovazione che dominerà in epoca storica tutta l’area eolica; è proprio da questi temi in –εσ che la nuova desinenza ha avuto origine. In Omero questa forma si trova contemporaneamente alla desinenza – σι che può essere in parte un arcaismo precedente alla diffusione della nuova forma –εσσι in eolico. In Omero troviamo dunque πόδεσσι accanto a ποσί, χείρεσσι accanto a χερσί, ἄνδρεσσι accanto a ἀνδράσι. 27 Al v. 71 la pronuncia διέςχισεν ἲς con Ϝις corrispondente al latino vis è comprensibile se pensiamo che il digamma non veniva più pronunciato quando il testo assunse il suo aspetto definitivo. Il genitivo in – οιο più arcaico (eolico) compare a fianco della forma contratta ‐ ου da un più antico ‐ οο. Al verso 72 troviamo un’altra caratteristica della lingua omerica. L’aoristo κάθεμεν (attico καθεῖμεν) senza aumento. La lingua omerica, in quanto lingua letteraria, si adatta alle necessità del metro che costituisce il veicolo del suo uso poetico. 28 Ci sono quindi differenti forme per il genitivo e dativo di nomi e aggettivi, diverse forme dei pronomi personali, uso o mancanza dell’aumento, presenza fonetica del digamma o meno (al v. 99 manca l’elisione in δῆσα ἐρύσσας). Successivamente troviamo: al v. 77 ἀνὰ sembra un preverbo che indica il moto dal basso verso l’alto; al v. 78 τὰς pronome; al v. 79 κεν forma eolica che si alterna con ἄν dello ionico‐ attico; al v. 89 ἀνέρες rispetto all’attico che ha generalizzato il grado ridotto ἄνδρες; al verso 96 l’infinito μενέμεν (= μένειν) presenta la desinenza eolica. 27
28
A. Meillet, cit., p. 216‐217. F. Montanari, cit., p. 91. A. Meillet, cit., pp. 194‐195. 11
•
•
la lettura in greco e il commento di alcuni passi correlati evidenziati nella parte di approfondimento disciplinare. l’utilizzo di strumenti quali lessici e concordanze per alcuni termini particolarmente significativi. Il termine αἶσα ad esempio, importante in Omero insieme al suo derivato αἴσιμος, che si ritrova in testi arcadico‐ ciprioti può offrire l’occasione di una ricerca lessicale. 29 I termini
☯
☯
sono connessi, ampliata in
che si ritrova in
infatti, alla stessa radice *
*
supposto per ☯
e anche
30
☯
.
Il termine
compare in epica con due accezioni principali. Il primo significato omerico è quello etimologico di “parte, porzione spettante” ed è attestato in: - Iliade XVIII
riferito ad Achille
- OdisseaV
XIII 138 riferito ad Odisseo
In questi passi il termine è posto in fine di verso in una posizione di rilievo. Il termine costituisce l’accusativo della cosa del verbo
; in particolare XVIII
sembra costituire un caso di declinazione all’accusativo della formula ripetuta in V
IX
al nominativo. Il nesso
+
è omerico; esso non è attestato in Esiodo.
Il significato secondario che
assume in Omero è quello di “destino spettante, sorte”. Il termine compare in numerosi passi, ma due sono particolarmente significativi. Nei nessi
e
di Odissea IX
e XI
, infatti, il individua l’azione della divinità che punisce
termine ☯
e
. In IX
è Odisseo a ricordare la cattiva sorte che lo colpì: ☺
☺
⌦
☯
”allora la cattiva sorte di Zeus piombò addosso a noi sciagurati, perché molti mali soffrissimo” In XI 61 è l’ombra di Elpenore a parlare e a raccontare la propria morte:
29
A. Meillet, cit., p. 226. Si veda P. Chantraine, Dictionnaire étymologique de la langue grecque, Vol I, Paris 1968‐1980, pp. 38‐39. 30
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“la cattiva sorte di un dio mi ha perso e il vino infinito” • Lettura di P. Citati, La mente colorata. Ulisse e l’Odissea, Mondadori Milano 2002 Parte III dedicata ai libri IX‐XII pp. 161‐214 e in particolare il cap. Ulisse e il racconto, pp. 161‐168. Rispetto a quanto detto nella parte di approfondimento disciplinare, nella quale ho trattato solo i motivi di maggior interesse e ho riferito dell’analisi del testo solo gli elementi ad essi funzionali, ho preliminarmente individuato per la trattazione in classe tre obiettivi fondamentali: 1. Comprensione del testo Ritengo che sia di fondamentale importanza ribadire la centralità del testo e quindi che uno degli obiettivi fondamentali è la competenza testuale. Il primo momento dell’approccio ad un testo d’autore per la comprensione del testo deve essere la traduzione dello stesso. Esercitarsi su un testo collocato nell’ambito storico‐letterario globale e nel quadro della poetica dell’autore risulta più fruttuoso della cosiddetta ora di versione, se la interpretiamo come semplice esercizio di traduzione decontestualizzato. Sicuramente tradurre un testo poetico può rappresentare una difficoltà per molti dei nostri alunni. Le soluzioni possibili sono una traduzione guidata con l’insegnante che media in un certo senso facendo avvicinare progressivamente per graduali approssimazioni gli alunni al punto d’arrivo o la presentazione di diverse traduzioni (l’utilizzo della traduzione contrastiva può essere molto utile ad esempio per il proemio). 31 Le tappe previste per lo svolgimento pratico in classe di questo punto sono: • La lettura metrica • La traduzione guidata e contrastiva in alcuni punti a. Comprensione del testo in esame: Individuazione delle forme verbali Individuazione dei connettivi 31
L’utilizzo della traduzione contrastiva può essere molto utile ad esempio per il proemio. In primo luogo un confronto deve essere fatto con Livio Andronico. Quindi, tenendo conto come punto di partenza la traduzione di Privitera, si possono analizzare: I. Pindemonte, Odissea, Società tipografica editrice, 1822 S. Quasimodo, Dall’Odissea, Mondadori Milano 1951 Omero. Odissea versione di R.C. Onesti, prefazione di F. Codino, Einaudi Torino 1963 G. Bemporad, Dall’Odissea, Le Lettere Firenze 1990 Emergono due tendenze principali nelle versioni di Omero: da una parte quella che ha le sue radici nella teoria crociana della traduzione come parafrasi letteraria, dall’altra la linea prosaico‐pavesiana. Cfr. Saverio Orlando, Omero nelle versioni poetiche del ‘900 in AA.VV. La traduzione fra antico e moderno. Teoria e prassi,Atti del Convegno, Firenze 6‐7 dicembre 1991, Polistampa Firenze, pp. 73‐82. 13
Individuazione delle proposizioni Individuazione del soggetto con relative espansioni Individuazione in base alle concordanze e alle reggenze dei vari complementi Uso del vocabolario b. Confronto con traduzione 1 c. Confronto con traduzione 2 d. Confronto con traduzione 3 •
L’analisi degli aspetti morfologici e sintattici più rilevanti Elementi morfologici e loro funzione Struttura sintattica Principali figure retoriche Etimologie rilevanti e lessico contestualmente a • Analisi tematica e stilistica nel quadro della vita e della poetica dell’autore Parole chiave Temi di fondo Schema logico 2. Capacità di correlazione testo‐contesto All’analisi tematica segue e con essa si intreccia la correlazione testo‐contesto ossia la capacità di storicizzazione del testo: • Eventuali collegamenti con altri autori o altri passi dello stesso autore Ricorrenze di figure stilistiche Ricorrenze di temi e motivi Ricorrenze di immagini tra testo ed altri passi della stessa opera (intratestualità) testo e opere di altri autori (intertestualità) testo e sistema socio‐culturale (extratestualità) (tra passato e presente) Lo studio dei classici in originale o in traduzione ha una valenza formativa nell’indurre alla riflessione sulla propria genealogia culturale. In questa prospettiva ad esempio l’insegnante può stimolare alla ricerca dei modelli. In particolare propongo nell’ottica di uno studio attualizzato la ripresa operata da Giovanni Pascoli del racconto omerico in L’ultimo viaggio. L’ultimo viaggio costituisce la prima parte dei Poemi Conviviali pubblicati nel 1904. Sono 24, come 24 sono i libri dell’Odissea omerica, ma rispetto ad essa presentano una inversione. I primi 12 hanno come sfondo la terra, mentre gli altri il mare. L’Odisseo pascoliano ritornerà sui propri passi non riuscendo a rimanere a Itaca e, condizionato dal sussurro delle rondini, decide di riprendere il mare con i compagni ormai vecchi e tardi. L’esito di questo viaggio sarà tragico e costituirà un itinerarium mentis che si conclude con la caduta del mito e del senso. È poesia epica. Il viaggio e il ritorno di Odisseo è il viaggio e il ritorno dell’io lirico a S. Mauro e, infatti, ritorno in modo paranomastico riprende ricordo. La prima tappa è l’amore, la seconda la gloria, la terza il vero. Tutte cadono, una dopo l’altra, rivelando il loro 14
carattere effimero. La nave naufraga cozzando contro gli scogli. Odisseo muore e il suo corpo viene nascosto da Calipso. 32 L’attività da svolgere con i ragazzi consiste nell’individuare da una parte come Pascoli ha rivisto il racconto odissiaco, dall’altra le riprese e le rielaborazioni del testo omerico anche alla luce dell’attività di traduttore del poeta. È un tipo di esercizio che si può svolgere a partire dal verso formulare Ἔνθεν δὲ προτέρω πλέομεν ἀκαχήμενοι ἦτορ che in Pascoli Poemi Conviviali, L’ultimo viaggio XXI suona “Indi più lungi navigò, più triste” e poi applicarlo a passi come Od. IX 84 ss e U.V. XXII, Od. IX 182 ss. e U.V. XVIII, Od. IX 315 ss. e U.V. XIX. 3. Partecipazione attiva degli studenti Il coinvolgimento degli alunni è didatticamente funzionale sia nella fase della comprensione e dell’analisi del testo che in quella successiva della storicizzazione, ma anche nella esplicitazione degli obiettivi e dei criteri di verifica. 32
E. Salibra, Voci in fuga, Liguori Napoli 2005, pp. 1‐38. 15
Bibliografia Per il testo, il commento dei passi e le traduzioni: Omero. Odissea versione di R.C. Onesti, prefazione di F. Codino, Einaudi Torino 1963 Omero. Odissea vol. I Libri I‐IV a cura di A. Heubeck e S. West, traduzione di G.A. Privitera, Mondadori Milano 1981 Omero. Odissea vol. III Libri IX‐XII a cura di A. Heubeck, traduzione di G.A. Privitera, Mondadori Milano 1983 Omero. Iliade versione di R.C. Onesti, prefazione di F. Codino, Einaudi Torino 1950 P. Chantraine, Morphologie historique du Grec, Parigi 1961 A.Meillet, Lineamenti di storia della lingua greca, Einaudi Torino 1976 P. Chantraine, Dictionnaire étymologique de la langue grecque, Vol. I, Paris 1968‐
1980 L.R. Palmer, the Greek Language, Londra 1979 G. Pascoli, Traduzioni e riduzioni, a cura della sorella Maria, Zanichelli Bologna 1923 Saverio Orlando, Omero nelle versioni poetiche del ‘900 in AA.VV. La traduzione fra antico e moderno. Teoria e prassi,Atti del Convegno, Firenze 6‐7 dicembre 1991, Polistampa Firenze, pp. 73‐82. Per il quadro storico‐letterario: A. Lesky, Storia della letteratura greca, Il Saggiatore Milano 199662 F. Ferrari, L’alfabeto delle Muse Storia e testi della Letteratura greca vol. I, Cappelli Editore Bologna 1995 Letteratura critica consultata: V. Di Benedetto, La saggezza di Agamennone, «Dioniso» 48, 1977, pp. 167‐194. V. Di Benedetto, L’ideologia del potere e la tragedia greca. Ricerche su Eschilo, Einaudi Torino 1978 J. Latacs, Omero, Laterza Bari 1990 F. Montanari, Introduzione a Omero, Sansoni Firenze 1990 V. Di Benedetto, Nel laboratorio di Omero, Einaudi Torino 1994 R. Di Donato, Esperienza d’Omero, Nistri‐Lischi Pisa 1999 R. Di Donato, Geografia e storia della letteratura greca arcaica. Contributi a una antropologia storica del mondo antico, La Nuova Italia Firenze 2001 16
P. Vidal‐Naquet, Il mondo di Omero, a cura di R. Di Donato, Donzelli Roma 2001 Carlo Da Pozzo, <Omero alle origini della geografia> in Artissimum memoriae vinculum. Scritti di geografia storica e di antichità in ricordo di Gioia Conta, Olschki Firenze 2004 Per una lettura meno specialistica: P. Citati, La mente colorata. Ulisse e l’Odissea, Mondadori Milano 2002 Per approfondire L’ultimo viaggio di Giovanni Pascoli: E. Salibra, Voci in fuga, Liguori Napoli 2005 in particolare Folclore, mito, ritorno: lettura dell’Ultimo Viaggio, pp.1‐ 38 17