studi e ricerche - Ordine dei Dottori Agronomi e Forestali della

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studi e ricerche - Ordine dei Dottori Agronomi e Forestali della
LA PROFESSIONE DI DOTTORE AGRONOMO E DOTTORE FORESTALE
DALL'AZIENDA AL TERRITORIO: QUALE IDENTITÀ, QUALE
FORMAZIONE, QUALE MERCATO
RAPPORTO FINALE
La professione di dottore agronomo e dottore forestale
dall'azienda al territorio: quale identità, quale formazione,
quale mercato
Rapporto finale
Roma, ottobre 1999
Indice
1. Premessa Pag. 1
2. Nota introduttiva " 2
2.1. Il contesto di riferimento " 2
2.2. Gli obiettivi della ricerca " 5
2.3. Uno sguardo di sintesi " 7
3. Le componenti strutturali della categoria " 12
3.1. Gli iscritti all'Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali
" 12
3.2. I laureati delle facoltà di agraria " 13
3.3. Gli iscritti alle Facoltà di Agraria " 15
3.3.1. Scienze Agrarie e di Scienze e
Tecnologie Agrarie " 15
3.3.2. Scienze Forestali ed a Scienze
Forestali ed Ambientali " 16
3.3.3. Scienze della Produzione
Animale " 17
3.3.4. Scienze Tropicali e Sub Tropicali
" 17
4. L'analisi dell'offerta formativa " 36
4.1. Gli ordinamenti didattici dei corsi di laurea " 36
4.1.1. Elementi comuni negli
ordinamenti didattici nazionali " 36
4.1.2. Ordinamento didattico di scienze
e tecnologie agrarie " 39
4.1.3. Ordinamento didattico di scienze
forestali e ambientali " 41
4.1.4. Ordinamento didattico di scienze
e tecnologie delle produzioni animali "
43
4.1.5. Ordinamento didattico di Scienze
Agrarie Tropicali e Sub-tropicali " 44
4.1.6. Il punto di equilibrio tra struttura
nazionale e determinazioni autonome
Pag. 46
4.2. L'offerta formativa dei corsi di laurea " 49
4.2.1. L'offerta formativa dei corsi del
settore agrario " 49
4.3. Gli studenti dei corsi di laurea " 51
4.3.1. Gli studenti dei corsi di laurea in
agraria " 51
4.4. I laureati " 51
4.4.1. I laureati dei corsi in scienze
agrarie " 51
4.5. Gli sbocchi occupazionali dei laureati " 51
4.5.1. I laureati in scienze agrarie " 51
4.5.2. Le laureate in scienze agrarie " 51
4.5.3. I laureati in scienze forestali " 51
4.5.4. Le laureate in scienze forestali "
51
4.5.5. La domanda delle imprese per il
Dottore Agronomo e Forestale " 51
4.6. I corsi di diploma " 51
4.6.1. Premessa " 51
4.6.2. Gli ordinamenti didattici " 51
4.6.3. L'offerta " 51
4.6.4. Gli iscritti " 51
4.6.5. I diplomati " 51
4.7. La formazione post laurea " 51
4.7.1. Le scuole di specializzazione " 51
4.8. Ipotesi per riforme della formazione universitaria e continua " 51
4.8.1. Il processo in corso di riforma
complessiva della formazione
universitaria " 51
4.8.2. Alcune prime ipotesi di riforma
della formazione universitaria " 51
4.8.3. Il ruolo propulsore del Conaf per
la riforma della formazione
universitaria e della formazione
continua " 51
5. L'evoluzione della professione di dottore agronomo e dottore forestale nella
prospettiva internazionale " 51
5.1. Il quadro generale Pag. 51
5.2. La comparazione sul piano europeo " 51
6. L'indagine sugli iscritti all'Albo " 51
6.1. L'organizzazione professionale " 51
6.2. Il mercato e le competenze professionali " 51
6.3. La rappresentanza professionale " 51
6.4. La formazione " 51
6.5. Gli sbocchi occupazionali dei neolaureati " 51
6.6. Analisi tipologica dei dottori agronomi e dei dottori forestali " 51
Gruppo 1: I quasi-professionisti dinamici " 51
Gruppo 2: Gli appagati " 51
Gruppo 3: I professional-collars " 51
Gruppo 4: I burocrati " 51
6.7. I dati strutturali " 51
7. La domanda per la professione di dottore agronomo e dottore forestale " 51
7.1. Premessa " 51
7.2. L'evoluzione del mercato ed i profili organizzativi della
professione del dottore agronomo e dottore forestale " 51
7.2.1. La prospettiva ambientale e
rurale " 51
7.2.2. Il rapporto con gli altri profili
professionali: un approccio
multidisciplinare " 51
7.2.3. Lo studio polifunzionale per il
nuovo mercato " 51
7.3. Il ruolo del dottore agronomo e dottore forestale tra i processi di
integrazione europea e di decentramento politico ed amministrativo "
51
7.3.1. La dimensione extra nazionale "
51
7.3.2. La dimensione locale " 51
7.4. La formazione universitaria e professionale Pag. 51
7.5. La riforma del sistema professionale " 51
8. Le metodologie " 51
8.1. L'indagine sugli iscritti " 51
8.1.1. Il campione " 51
8.1.2. Il questionario " 51
8.1.3. L'elaborazione dei dati " 51
8.1.4. La sistematizzazione dei dati " 51
8.1.5. Le tabelle di contingenza " 51
8.1.6. Analisi tipologica dei dottori
agronomi e dottori forestali " 51
8.2. Le interviste ai testimoni privilegiati " 51
8.2.1. I testimoni privilegiati " 51
1. Premessa
Questo volume rappresenta il rapporto finale della ricerca "La professione del Dottore agronomo e
Dottore forestale dall'azienda al territorio: quale identità, quale formazione, quale mercato",
commissionata al Censis dal Consiglio Nazionale dei Dottori Agronomi e Forestali.
L'indagine si sviluppa in diverse aree tematiche. Nella nota introduttiva sono svolte alcune
considerazioni generali in merito alla professione ed ai suoi caratteri principali che anticipano
alcuni dei temi sviluppati nel corso della ricerca. Nell'analisi della struttura della categoria si offre
uno sguardo d'insieme sulle caratteristiche strutturali della categoria, sia per ciò che riguarda
l'offerta attuale, ossia gli iscritti all'Albo, sia con riguardo all'offerta potenziale, rappresentata dai
laureati e dagli iscritti alle Facoltà di Agraria. Una trattazione specifica viene riservata all'offerta
formativa per il dottore agronomo e per il dottore forestale ed all'evoluzione della professione sul
piano internazionale, ed in particolare al rapporto con le figure professionali omologhe a livello
europeo ed ai differenti percorsi formativi.
L'analisi dell'offerta professionale si compone di tre parti: l'indagine sugli iscritti, l'elaborazione di
una cluster analysis ed l'indagine sulla condizione professionale dei giovani con età compresa tra i
25 ed i 29 anni. L'analisi sulla domanda per la professione del dottore agronomo e dottore forestale
comprende ed integra le riflessioni svolte da testimoni privilegiati le interviste in merito al ruolo,
alle competenze ed al futuro della professione nel nostro Paese e nel resto dell'Europa. Nel capitolo
conclusivo sono infine riportate le metodolo gie di elaborazione dei dati utilizzate nella ricerca.
2. Nota introduttiva
2.1. Il contesto di riferimento
Per molto tempo, e per certi versi ancora oggi, la professione di dottore agronomo è stata ed è
sinonimo di agricoltura. Il punto di partenza e l'ipotesi di lavoro del presente progetto di ricerca è
invece quello di A, come territorio, ossia il fatto che il dottore agronomo deve uscire dal rapporto
stereotipato maturato con il settore primario e riappropriarsi della sua centralità originaria nei
processi di mutamento ambientali, in attuazione a quanto già previsto dalla L. 10 febbraio 1992, n.
152 su "Modifiche ed integrazioni alla L. 7 gennaio 1976, n. 3 e nuove norme concernenti
l'ordinamento della professione di dottore agronomo e di dottore forestale".
Il dottore agronomo in sostanza non è soltanto un operatore legato all'evoluzione del settore
agricolo, ma anche alle tante trasformazioni che interessano il territorio e l'ambiente. Di
conseguenza, la professione risente dell'evoluzione che si realizza in entrambe queste sfere
economiche.
Il settore agricolo oggi non si identifica più con la risorsa "terra", che per parte sua è
diventata solo uno dei fattori di produzione che lo caratterizzano. La fase di
integrazione dell'agricoltura con l'industria e la distribuzione si può dire abbia ormai
raggiunto uno stadio di piena maturità. La qualità è diventata il perno del confronto
fra l'agricoltura e i settori a valle, secondo criteri di standardizzazione e di
adattamento ai processi di trasformazione indotti dalle esigenze degli altri settori.
L'agricoltura, essendosi esaurita la fase di integrazione nelle filiere agro-alimentari, sta
entrando in una nuova fase di terziarizzazione molto accelerata, per rispondere a
necessità di tipo economico, essenzialmente derivanti dallo sfruttamento di economie
di scala, e anche di tipo organizzativo. In presenza di innovazioni tecnologiche
continue e della necessità di competere con imprese di ben altra dimensione e forza
produttiva, nelle aziende italiane cresce il bisogno di servizi logistici, finanziari e
anche di sostegno all'internazionalizzazione, con il conseguente salto che questi
bisogni inducono sulla struttura organizzativa e sulla cultura produttiva.
Per quanto riguarda il mutamento che sta investendo il territorio italiano basti
ricordare che le tradizionali funzioni di controllo e di progettazione ambientale si
stanno fondendo in un'unica dimensione di "management" del territorio, grazie alla
quale:
cresce la domanda di costruzione di bilanci ambientali, in chiave di
sostenibilità/compatibilità ambientali dei piani di sviluppo territoriale;
cresce la domanda di una valutazione ambientale "strategica", che sappia cioè
rendere compatibili le spinte di conservazione dell'ambiente e del territorio con
l'evoluzione fisiologica dei processi e l'utilizzo delle risorse disponibili;
cresce quindi la domanda di figure professionali che abbiano un approccio integrale
alla risoluzione dei problemi del territorio e dell'azienda e che possono persino
assumersi i ruoli di mediazione e di comunicazione, correlati al bisogno dei cittadini
di partecipare ai processi che riguardano il territorio.
Rispetto alle dinamiche innovative segnalate tanto nel comparto agricolo, quanto in quello
ambientale e territoriale, la professione di dottore agronomo e forestale vive alcuni momenti di
incertezza, soprattutto per ciò che attiene allo scollamento a tutt'oggi esistente fra cambiamenti
settoriali e preparazione universitaria. Sotto questo profilo, basti ricordare che:
i corsi di studio delle Facoltà di Agraria sono ancora tarati sulle dimensioni più
tradizionali della dimensione agricola, senza attenzione di sorta per la componente
territoriale e ambientale che, invece, chiede formazioni specifiche;
le trentasei materie che gli iscritti devono superare in cinque anni sono quasi tutte
molto specialistiche, ma proprio per questo finiscono con l'indurre una formazione
generica e inutile ai fini di ingresso nel mercato del lavoro;
i docenti universitari sono mediamente molto lontani dai proble mi concreti che i
dottori agronomi devono affrontare dopo il ciclo formativo e coltivano un approccio
accademico, funzionale soltanto agli interessi del loro proprio gruppo professionale.
Il futuro della professione di dottore agronomo, dunque, è chiaramente collegato allo sviluppo di quei
profili professionali che più di altri contribuiranno alla vita del nostro Paese nel prossimo secolo - dal
consulente di agro- finanza, al bio-tecnologo, al pianificatore ambientale e territoriale - ma affinché
questo potenziale possa davvero diventare operativo è indispensabile avviare subito una riflessione su
quegli aspetti che ostacolano tale sviluppo.
Per quanto riguarda in modo specifico la professione di dottore agronomo e forestale le aree
problematiche sono quindi almeno tre:
la prima concerne le caratteristiche dell'iter formativo previsto per l'accesso alla
professione, ancora troppo tarato sulla dimensione "terra-centrica" del settore
agricolo e troppo poco in grado - vuoi per le carenze dei programmi, vuoi per le
carenze dei docenti - di definire percorsi educativi efficaci per garantire ai laureati
nelle discipline delle scienze agrarie un passaggio coerente e soddisfacente al
mercato del lavoro.
La seconda riguarda invece l'identità degli iscritti all'Albo, la loro bassa propensione
a caratterizzare in forma consulenziale le proprie prestazioni, i rapporti
intergenerazionali non del tutto fluidi e funzionali alla crescita della categoria.
La terza area da indagare è sicuramente quella delle prospettive di mercato che si
apriranno agli iscritti all'Albo nell'ambito della tutela e dello sviluppo territoriale, sia
per i mutamenti del settore poc'anzi descritti, sia per lo sviluppo di sempre nuovi
bisogni di profili professionali, che l'Università non forma come dovrebbe.
2.2. Gli obiettivi della ricerca
Il Consiglio Nazionale dei Dottori Agronomi e Forestali ha affidato al Censis una ricerca con la
finalità di analizzare le tre aree problematiche poc'anzi indicate e di proiettare la professione nei
futuri scenari di mercato e di complessivo assetto dei lavori intellettuali che l'attengono.
L'ordine rappresenta una rilevante quota dei laureati delle facoltà di Agraria. Pertanto l'indagine non è
limitata alla libera professione, ma a tutte le attività (eccetto ricerca ed insegnamento), svolte a
qualsiasi titolo e sotto tutte le forme di rapporto di lavoro (autonomo, dipendente, pubblico e privato).
In sintesi, l'indagine si pone diversi ordini di obiettivi, tra cui:
rivisitare le caratteristiche del sistema formativo attualmente previsto per l'accesso
alla professione di dottore agronomo e forestale, nell'ipotesi che vada anch'esso
sottoposto ad un processo di razionalizzazione e di funzionalizzazione rispetto agli
sbocchi di lavoro che concretamente si offrono al laureato;
realizzare una analisi di taglio socio-economico sugli iscritti all'Albo per verificare
come i professionisti in età attiva si prefigurano o giudicano il loro inserimento nella
professione e per analizzare le aspettative e individuare le tante differenze
compresenti di fatto al suo interno (dalle caratteristiche del rapporto con la
dimensione locale, alla tipologia dei servizi erogati, alla organizzazione del lavoro
professionale);
approfondire le caratteristiche della domanda per la prestazione professionale del
dottore agronomo e forestale che proviene da alcuni segmenti qualificati del sistema
socio-economico, per indicare quali sono i profili di specializzazione e/o di
competenza maggiormente richiesti;
riaffermare la centralità degli agronomi nel processo di mutamento dell'ambiente e
del territorio, per tutti gli effetti innovativi che può produrre.
2.3. Uno sguardo di sintesi
I dottori agronomi e forestali rappresentano una realtà produttiva già estremamente sviluppata, ma
al tempo stesso ricca di ulteriori potenzialità di sviluppo. Sono molti gli elementi raccolti dalla
ricerca che testimoniano questa complessità interna alla categoria e insieme quei punti di forza che
la proiettano verso il radicamento in nuove aree di mercato.
Per ciò che concerne la sua struttura interna, bisogna dire che la professione di dottore agronomo
presenta una composizione molto più articolata di altre attività intellettuali, carattere di indubbio
rilievo ed importanza.
Nel modello professionale si osserva in primo luogo la compresenza del lavoro autonomo e del
lavoro dipendente, dell'impiego nel comparto pubblico e in quello privato, elemento questo senza
dubbio positivo, in quanto consente al dottore agronomo e dottore forestale di interagire con una
pluralità di soggetti di domanda e di inserirsi in una ampia gamma di settori produttivi, trovando in
sostanza numerose occasioni di messa in relazione e di applicazione delle sue specifiche
competenze.
Tra i dottori agronomi e forestali la vocazione nei confronti della prestazione professionale è molto
accentuata: la dimensione libero professionale coinvolge attualmente oltre la metà degli iscritti
all'Albo professionale che esercitano in vario modo la propria attività. Oltre ai liberi professionisti a
tempo pieno (33,6%), significativa è la quota di iscritti all'Albo che esercita la professione a tempo
parziale (25,3%), affiancandola spesso all'insegnamento ovvero ad un altro lavoro autonomo, e
mostrando un notevole dinamismo ed una certa apertura verso orizzonti professionali sempre diversi.
Il lavoro dipendente rappresenta l'altra componente strutturale della categoria. Nel settore privato i
dottori agronomi e forestali tendono in misura crescente ad inserirsi in tutti i segmenti che
compongono la filiera agroindustriale, svolgendo quindi la propria attività non più solo nel contesto
dell'azienda agricola, ma anche nella industria di trasformazione e di commercializzazione dei
prodotti agricoli e zootecnici, nei servizi per gli enti territoriali, nel campo della pianificazione e
progettazione territoriale ed urbana. Nel settore pubblico, ed in particolare nelle amministrazioni
regionali e negli enti locali, i dottori agronomi e forestali tendono a valorizzare ed a rendere operativo
il forte legame col territorio, inteso come ampio bagaglio di informazioni sulla realtà produttiva e
sociale e come applicazione di queste allo sviluppo.
Con riguardo in particolare alla libera professione, si osserva una particolarità del dottore agronomo
rispetto ad altre professioni liberali. I titolari di studio sono il 75,7% di coloro che svolgono la
professione in forma autonoma, mentre il 7,6% offre la propria prestazione diretta indipendentemente
dal possesso di uno studio. Questa componente di "free lance" indica che all'interno della categoria
cresce un'anima di lavoro autonomo di seconda generazione, molto più fluibile di quello tradizionale
e sempre più in grado di corrispondere alla domanda meno sistemica del passato e orientata a
chiedere competenze molto specialistiche, e per ciò stesso, legata alla risoluzione di singoli problemi.
Gli studi professionali dei dottori agronomo e forestali hanno una composizione per dipendenti
abbastanza polarizzata: ci sono studi con un solo dipendente (11,9%), ma il grosso degli studi e,
come già si è visto, a monotitolarità.
Lo studio professionale, nonostante la sua struttura essenziale, è comunque un laboratorio di
cambiamento. Al suo interno, infatti si osserva una significativa capacità di recepire modelli
innovativi di professione intellettuale, essenziali in vista dallo sviluppo della categoria. In
particolare:
- l'utilizzo degli strumenti tecnologici in generale ed informatici in particolare, è
patrimonio della gran parte dei dottori agronomi e forestali che esercitano la libera
professione;
il dottore agronomo e dottore forestale tende ad inserirsi in misura crescente in un
mercato di "nicchia", ambito nel quale vi sono occasioni maggiori di valorizzare la
propria specializzazione e competenza specifica in stretta connessione con i bisogni
di crescita del territorio e dell'economica locale;
i liberi professionisti hanno maturato da tempo una decisa attenzione per esigenze
dell'utenza anche nel rispetto delle sue esigenze di "consumo" del servizio
professionale erogato. In questo senso, il 23,0% dei dottori agronomi si pone il
problema di migliorare l'efficienza della sua prestazione e il 15,5% di essere più
rapido nella soluzione della questione sottoposta alla sua prestazione. Come anche è
significativo il numero di professionisti che intende elevare le sue capacità
professionali attraverso l'aggiornamento (24,5%) e di altri che si pongono come
anello di raccordo fra il cliente e la pubblica amministrazione (20,4%).
Un altro punto di forza interno alla categoria, che al tempo stesso la proietta nel futuro, è
rappresentato dalle competenze degli iscritti all'Albo. Attualmente, oltre ai settori di attività
tradizionali, quali l'economico-estimativo e l'agricoltura, i dottori agronomi e forestali stanno
assumendo un ruolo strategico nell'ambito dei modelli di sviluppo rurale. In tale veste, essi si
propongono come figure in grado di intervenire nel complesso dei processi che incidono sul
territorio, sia in ambito produttivo che nella gestione delle risorse ambientali, cercando anzi di
veicolare un approccio in cui i vari aspetti economici e sociali siano considerati insieme e nella loro
distinta valenza. In tale contesto, i dottori agronomi e forestali hanno dimostrano prontezza
nell'interpretare questa funzione, inserendosi attivamente, da un lato, nella pianificazione del
territorio ed in tutte le attività che fanno capo alla tutela dell'ambiente; dall'altro lato, sviluppando
l'offerta dei servizi di certificazione della qualità del processo produttivo e di prodotti agroalimentari,
fatto che contribuisce in modo sostanziale ad individuare nel sistema industriale un interlocutore più
stabile rispetto al passato.
In sostanza, si conferma che la professione di dottore agronomo ha nel territorio il suo riferimento
essenziale, ma che nel breve periodo si possa ulteriormente sviluppare nei settori più innovativi che
rappresentano il "terziario avanzato" del territorio stesso: dal marketing, al monitoraggio ambientale,
agli interventi di recupero, alla applicazione di tecnologie innovative. Tutto questo esprime il
dinamismo di una professione che non sembra voler coltivare alcuna "rendita" di posizione, ma sta
cercando di individuare profili continuati di miglioramento delle proprie caratteristiche.
La categoria del dottore agronomo e dottore forestale, specie tra i neolaureati e le generazioni di
mezzo, sta assumendo tratti tipici da knowledge class, distinta dalle altre per il fatto di esercitare e di
trasmettere saperi di tipo intellettuale e creativo. Fra gli iscritti all'Albo si rileva un forte senso di
appartenenza ed una chiara consapevolezza di ricoprire questo ruolo sociale: la professione è intesa
prima di tutto come strumento per la realizzazione personale, attività da cui trarre soddisfazione ed
autonomia professionale (39,6%) e nella quale assumono valenza decisiva la preparazione (32,9%)
ed i contenuti (30,6%). Senza contare che i livelli di soddisfazione complessiva nei confronti
dell'attività svolta coinvolgono più del 77,0% della categoria.
Da questo quadro emergono utili indicazioni di prospettiva. La notevole articolazione professionale
e funzionale, si è visto, rappresenta una ricchezza, sotto molteplici punti di vista. Non essendo
schiacciato in una sola dimensione professionale, il dottore agronomo ha la possibilità oggettiva di
scegliere tra dive rse opzioni e di applicare le proprie competenze in numerosi settori. Ciò consente
tra l'altro di interagire con una molteplicità di interlocutori e quindi di assumere una certa visibilità a
livello sociale. Appare quindi necessario valorizzare tutte le esperienze sinora maturate, sia nella
libera professione che nel lavoro dipendente, ed elaborare strategie che consentano un progresso
complessivo della categoria in tutte le sue componenti.
In questa ottica assume particolare rilievo il rapporto con le altre figure professionali. E' necessario
innanzi tutto sviluppare un metodo multidisciplinare nell'esercizio dell'attività, strumento atto a
ricercare la collaborazione e l'integrazione specie con le professioni tecniche, in coincidenza con la
gestione di problematiche complesse, quali ad esempio la tutela ambientale, considerando anche
quel 38,3% di iscritti che sarebbe favorevole alla realizzazione di un nuovo Ordine fra tutte le
professioni tecniche. Questa convergenza deve essere incentivata in tutte le forme possibili, sia a
livello organizzativo che rispetto a singoli progetti, al fine di migliorare la qualità delle prestazioni,
di attivare processi di osmosi culturale tra le diverse professioni intellettuali, e di rendere sempre più
evidente il contributo della categoria alla crescita del Paese.
La pluriappartenenza lavorativa del dottore agronomo e la multidisciplinarietà possono essere
valorizzate come risorsa facendo leva sulla propensione degli iscritti a formarsi o ad aggiornare le
proprie competenze.
Agli iscritti all'Albo non manca la formazione di base, se è vero che oltre il 70,0% di essi ritiene
sufficiente quello che ha imparato all'Università ai fini dello svolgimento della sua attività e
moltissimi continuano ad aggiornarsi leggendo - ossia studiando - (32,2%), partecipando a corsi
specifici perché è dipendente pubblico (24,2%), senza contare la formazione "on the job".
In futuro, crescerà la quota di chi intende formarsi per via tecnologica (Internet, 12,8%) e di chi
chiede agli Ordini di sviluppare la loro funzione di erogazione di aggiornamento (24,0%), fatto che
definisce un piano di incontro fra i Consigli e gli iscritti su cui questi ultimi hanno grandi aspettative.
Questo non significa che gli Ordini debbano sviluppare solo attività di sportello: l'erogazione di
servizi può caratterizzare meglio il rapporto con la base, ma non esaurisce la domanda espressa da
questa nei confronti della funzione di rappresentanza. Almeno 4 dottori agronomi su dieci ritengono
che essere iscritti all'Ordine attribuisce loro una precisa identità di corpo professionale in cui si
riconoscono ed in cui credono. Questo non toglie che la funzione di rappresentanza, ed i Consigli che
la esercitano devono riflettere sul 27,3% di risposte relative alla posizione di chi rimane iscritto
all'Ordine "senza motivo sostanziale" (oltre all'obbligo di legge). Come dire che tanto il potenziale di
sviluppo della categoria, quanto gli elementi che potrebbero rallentarlo sono più presenti al suo
interno che altrove e che i prossimi anni saranno importantissimi per rafforzare la coesione interna,
nel rispetto della multiformità professionale, ma anche con l'obiettivo di imporla come un'unica
énclave di saperi necessari e vitali per il territorio e la sua crescita.
3. Le componenti strutturali della categoria
3.1. Gli iscritti all'Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali
Negli ultimi venti anni il numero degli iscritti all'Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori
Forestali ha avuto una crescita costante. Secondo i dati forniti dallo stesso Ordine, nel 1979 si
contano in complesso 7165 iscritti (tab. 1). Tra il 1982 ed il 1997 il dato sale a 14.652 iscritti, con
incrementi percentuali annui sostanzialmente uniformi, compresi tra il 3,0% ed il 7,0%. All'interno
di questo periodo considerazioni a parte riguardano il 1991, anno in cui si contano 12.003 iscritti, un
migliaio in più rispetto a l'anno precedente (+9,1%), e per il 1993, dove invece l'incremento rispetto
l'anno precedente è di sole 104 unità (+0,8%). Nel 1998, inoltre, si registra l'incremento
annuo più significativo dell'intero ventennio: gli iscritti all'Albo passano dalle 14.652 unità del 1997
alle 16.360 del 1998 (+11,7%). I dati relativi ai primi cinque mesi del 1999, durante i quali il numero
degli iscritti ha toccato la quota delle 16.784 unità confermano, infine, la costante crescita che
interessa la categoria.
I dati strutturali aggiornati al 1° giugno 1999 mostrano che l'86,1% degli iscritti è composto da
uomini ed il 13,9% da donne (tab. 2). In proporzione, si conta una maggiore concentrazione di
iscritte nel Nord Ovest (16,9%) e nel Centro (17,2%). Altro dato rilevante riguarda il maggior peso
delle donne nella nuova generazione di iscritti all'Ordine. Esse rappresentano infatti il 23,9% degli
iscritti con meno di 34 anni (tab. 3), il 20,3% di quelli con età compresa tra i 35 ed i 39 anni, il
14,4% di quelli con età compresa tra i 40 ed i 45 anni, mentre per le successive classi di età il
rapporto si sposta nettamente in favore della componente maschile.
Da un punto di vista anagrafico la categoria è decisamente "giovane": oltre i due terzi degli iscritti
ha infatti un'età inferiore ai 46 anni. In particolare, gli iscritti con età inferiore ai 34 anni sono il
19,3%, quelli con età compresa tra i 35 ed i 39 anni il 22,8%, tra i 40 ed i 45 anni il 25,2% (tab. 4). Il
46,9% dei dottori agronomi e dei dottori forestali iscritti all'Albo risiede nel Mezzogiorno, (tab. 5) il
19,0% al Centro, il 14,9% nel Nord Ovest ed il 19,2% nel Nord Est.
Infine, l'82,2% degli iscritti esercita la libera professione o è dipendente privato (tab. 6), mentre il
17,8% è dipendente pubblico. La libera professione e la posizione di dipendente privato sono diffuse
in misura maggiore tra le giovani generazioni di iscritti. In particolare, sono liberi professionisti e
dipendenti privati il 94,4% degli iscritti con età inferiore ai 34 anni e l'85,4% di quelli con età
compresa tra i 35 ed i 39 anni. Percentuali di dipendenti pubblici superiori al dato medio si
osservano nelle generazioni di mezzo, mentre tra gli iscritti con 65 anni ed oltre emerge ancora la
prevalenza della figura del libero professionista e del dipendente privato. Non si rilevano invece
differenze sostanziali nella condizione professionale, considerando le diverse macro aree delPaese,
fatta eccezione per una percentuale più consistente di dipendenti pubblici nel Nord Est (tab.
7).
3.2. I laureati delle facoltà di agraria
L'andamento dei laureati in Agraria negli ultimi venti anni può essere letto attraverso la
scomposizione di questo lungo periodo in specifiche fasi.
Tra il 1979 ed il 1983 il numero dei laureati dei quattro corsi di Agraria è cresciuto in modo
sensibile, passando da 1.073 a 1.953 (tab. 8), e registrando notevoli tassi di crescita, compresi tra il
14,6% ed il 17,5%.
Nei due anni successivi si osserva una sostanziale stabilità nella crescita dei laureati, con una lieve
diminuzione nel 1984 (-5,0%), e un incremento nel 1985 (+3,8%). A partire dal 1986, anno in cui si
contano 1.872 unità di laureati alle facoltà di Agraria, il volume di questi ultimi inizia costantemente
a ridursi. Questo trend, caratterizzato da tassi di decremento comunque contenuti, si protrae fino al
1991 (1.584 laureati in valore assoluto).
Se nel 1992 si registra un nuovo aumento del numero dei laureati, che riporta il dato ai livelli della
metà degli anni 90, nel 1993 si contano ancora 1.570 laureati (-7,8% rispetto l'anno precedente),
mentre nel 1994, con 1.438 unità, si osserva il raggiungimento del livello minimo dei laureati per il
periodo considerato.
Infine, tra il 1995 ed il 1997 il dato si stabilizza sostanzialmente, con un lieve incremento per il
1996 (1.591 laureati, pari ad un 5,9% rispetto l'anno precedente) e una riduzione per il 1997 (1.515
laureati, pari a – 4,8%).
Negli ultimi venti anni si osserva un costante aumento del numero di nuovi iscritti all'Ordine dei
Dottori Agronomie dei Dottori Forestali.
Secondo i dati forniti dallo stesso Ordine, nel 1979 le nuove iscrizioni sono state 253, fino ad
arrivare nel 1997 a 1.297 nuovi iscritti.
Con un certo grado di approssimazione, questo fenomeno può essere espresso in sintesi attraverso il
"tasso di accoglienza" nell'Ordine, costituito dal rapporto percentuale tra nuovi iscritti e laureati
nell'anno precedente.
Tale rapporto tra il 1979 ed il 1997 subisce anch'esso un notevole incremento: se nei primi anni 80
il tasso di accoglienza è di poco superiore al 20,0%, nel corso del decennio sale fino al 40,0%, per
poi salire ancora oltre il 55,0% nel 1994, ed arrivare all'81,5% del 1997.
Questo andamento testimonia da un lato il profondo e crescente interesse della categoria per il
proprio Ordine, percepito, come si analizzerà meglio più avanti, come punto di riferimento per
l'esercizio dell'attività professionale; dall'altro l'elevata permeabilità dell'Ordine medesimo, in grado
di garantire l'accesso alla professione e di qualificare il singolo iscritto.
3.3. Gli iscritti alle Facoltà di Agraria
3.3.1. Scienze Agrarie e di Scienze e Tecnologie Agrarie
Tra il 1976 ed il 1997 il numero degli iscritti alla Facoltà di Scienze Agrarie e, dal 1996, di Scienze e
Tecnologie Agrarie non ha seguito un trend regolare. Tra gli Anni Accademici 1976-77 e 1980-81 il
totale degli iscritti alla Facoltà di Scienze Agrarie cresce sensibilmente, passando dalle 17.708
alle 23.919 unità (tab. 9). Un dato molto significativo è quello relativo alle studentesse, che
dall'A.A. 1976-77 all'A.A. 1979-80 raddoppiano in numero, passando da 2.350 a 4.769 iscritte.
Nei quindici anni successivi le iscrizioni a Scienze Agrarie subiscono un forte decremento,
passando da 22.778 nell'A.A. 1981-82 a 12.129 nell'A.A. 1994-95. In questi anni, il calo più
significativo si registra tra l'A.A. 1984-85 e l'A.A. 1986-87, passando gli studenti da 20.288 a
16.232 unità. In questo periodo, pur con dinamiche meno accentuate rispetto a quelle osservate per
il complesso degli studenti, si riduce anche il numero delle studentesse di Scienze Agrarie, che
passano da 4.573 dell'A.A. 1981-82 a 3.001 del 1994-95. Anche per le studentesse la riduzione più
significativa di iscrizioni si realizza tra l'A.A. 1984-85 e l'A.A. 1986-87 (da 4.301 a 3.420 unità),
come marcata appare la contrazione dell'A.A. 1989-90 (370 iscrizione in meno rispetto all'anno
precedente, pari ad un -10,7%). A partire dall'A.A. 1993-94 si registra un incremento, si pur lieve,
delle iscritte.
Una inversione di tendenza si osserva dall'A.A. 1995-96, anno in cui viene attivato il corso di
Scienze e Tecnologie Agrarie. Considerando la somma degli iscritti a Scienze Agrarie, facoltà ad
esaurimento, pari a 9.226 unità, ed al nuovo corso di Scienze e Tecnologie Agrarie, pari a 3.133, il
numero complessivo di studenti tocca le 12.359 unità, con un incremento percentuale dell'1,9%
rispetto l'anno precedente. Gli effetti dell'istituzione del nuovo corso di Scienze e Tecnologie
Agrarie in termini di iscrizioni si fanno sentire in misura maggiore nell'A.A. 1996-97. Gli iscritti a
Scienze Agrarie sono 6.377, mentre gli iscritti a Scienze e Tecnologie Agrarie salgono a 7.115, per
un numero complessivo quindi di 13.492 iscrizioni (+9,2% rispetto l'anno precedente). Risultati
ancor più incoraggianti si osservano per le donne. Nell'A.A. 1995-96 si contano 2.413 iscritte a
Scienze Agrarie ed 803 iscritte a Scienze e Tecnologie Agrarie, pari in complesso a 3.216 unità
(+7,2% rispetto l'anno precedente). Nell'A.A. 1996-97 le iscritte a Scienze Agrarie ed a Scienze e
Tecnologie Agrarie sono rispettivamente 1.548 e 2.141 unità, pari complessivamente a 3.689
studentesse (+14,7%).
3.3.2. Scienze Forestali ed a Scienze Forestali ed Ambientali
Il numero di studenti iscritti alla Facoltà di Scienze Forestali cresce in maniera sensibile tra l'A.A.
1976-77 e l'A.A. 1985-86, passando da 934 a 2.649 unità (tab. 10). In particolare, l'incremento più
significativo di questo periodo si colloca nell'A.A. 1978-79, anno in cui si contano un numero di
iscritti pari a 1.314 ed un incremento di 336 unità rispetto l'anno precedente (+34,4%). La crescita
del numero di studentesse in questo periodo è ancor più sostenuta: le iscrizioni passano dalle 76
dell'A.A. 1976-77 alle 584 dell'A.A. 1985-86.
Tra l'A.A. 1986-87 e l'A.A. 1989-90 la crescita delle iscrizioni a Scienze Forestali diviene più
contenuta. Considerando l'insieme degli iscritti, si osserva una lieve riduzione a 2.628 unità
nell'A.A. 1986-87 (-0,8% rispetto l'anno precedente) e lievi incrementi nei tre anni successivi, che
portano gli iscritti a 2.757 nell'A.A. 1989-90. Sia pure con un andamento più altalenante, nel
periodo suddetto risultati migliori si osservano tra le studentesse, il cui numero passa da 578 a 690
unità.
La crescita delle iscrizioni a Scienze Forestali riprende a ritmo sostenuto nei successivi cinque anni,
passando da 3.032 unità nell'A.A. 1990-91 a 4.289 unità dell'A.A. 1994-95 (+15,1%). Tassi di
crescita superiori si osservano ancora tra le iscritte, che passano da 784 nell'A.A. 1990-91 a 1.280
dell'A.A. 1994-95 (+19,7% rispetto l'anno precedente).
L'istituzione nell'A.A. 1995-96 del nuovo corso di Scienze Forestali ed Ambientali induce tra i neo
diplomati un rinnovato interesse nei riguardi di agraria. Nell'A.A. 1995-96 gli iscritti a Scienze
Agrarie, ad esaurimento, toccano le 3.603 unità, mentre gli immatricolati di Scienze Forestali ed
Ambientali sono 983. Considerando la somma dei due dati, gli iscritti salgono a 4.586, pari ad un
incremento rispetto l'anno precedente del 6,9%. Migliori risultati si ottengono ancora l'anno
successivo: gli iscritti ai due corsi sono complessivamente 5.144 (+12,2), di cui 3.293 di Scienze
Forestali ed Ambientali e 1.851 a Scienza Forestali. Aumenti di iscrizioni significativi si osservano
tra le donne, che toccano complessivamente le 1.498 unità nell'A.A. 1995-96 (1.160 iscritte a
Scienze Forestali, 338 a Scienze Forestali ed Ambientali) e le 1.687 unità nell'A.A. 1996-97 (569
iscritte a Scienze Forestali, 1.118 a Scienze Forestali ed Ambientali).
3.3.3. Scienze della Produzione Animale
Negli ultimi venti anni il numero di iscritti a Scienze della Produzione Animale è aumentato in
misura significativa, passando da 665 nell'A.A. 1976-77 a 2.409 unità nell'A.A. 1996-97 (tab. 11).
Dividendo il periodo in fasi distinte, tra l'A.A. 1976-77 e l'A.A. 1983-84 il numero complessivo di
iscritti è cresciuto con una certa regolarità, passando da 665 a 1192 studenti. Analogo andamento si
osserva per le iscrizioni delle donne, che passano da 103 a 297.
Segue un lungo periodo di sostanziale stabilità del numero di iscritti. Nell'A.A. 1984-85 si contano
1.190 iscritti, dato che tocca il suo apice nell'A.A. 1986-87 con 1220 iscritti per poi calare di nuovo a
1.133 nell'A.A. 1990-91. In questa fase si rilevano risultati leggermente migliori tra le donne, che,
pur seguendo anche loro un andamento altalenante, aumentano in valore assoluto, passando da 310 a
356 iscritte.
Una ripresa si osserva a partire dall'A.A. 1991-92, con 1.150 iscritti, ed in misura più marcata
nell'A.A. 1993-94, anno in cui il complesso degli iscritti toccano la quota di 1.650 (+27,2% rispetto
l'anno precedente), mentre le iscritte arrivano a 725 unità (+44,1%). Nei tre anni successivi i tassi di
crescita si attestano al di sopra del 12,0%. Nell'A.A. 1996-97 gli studenti arrivano alle 2.409 unità.
Dinamica di crescita ancor più marcata si osserva infine per le donne, che nel suddetto A.A. arrivano
a quota 1.160, pari quindi al 48,1% degli studenti di Scienze della Produzione Animale.
3.3.4. Scienze Tropicali e Sub Tropicali
Il numero di iscritti a Scienze Tropicali e Sub Tropicali ha avuto una crescita costante dall'A.A.
1981-82 all'A.A. 1990-91, passando da 38 a 243 (tab. 12). Andamento analogo si osserva tra le
iscritte, che nel periodo in analisi passano da 8 a 69.
Segue quindi un biennio di stabilizzazione nel numero complessivo di iscritti, che si mantengono,
salvo una lieve flessione nell'A.A. 1991-92 (226 studenti) sui livelli raggiunti sul finire degli anni
'80. A partire dall'A.A. 1993-94 e nei successivi tre anni prende avvio una fase di crescita del
numero di iscrizioni, che arrivano a quota 518 nell'A.A. 1996-97. Risultati importanti si rilevano
infine anche tra le studentesse: le iscrizioni passano infatti dalle 99 del 1993-94 alle 153 dell'A.A.
1996-97.
Tab. 1 (Figurerapfingiugno.xls)
Fig. 1
Tab. 2 - Iscritti all'Ordine dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali in base all'area geografica,
per sesso (val. %)
Nord-Ovest Nord-Est Centro Sud e Isole Totale
Maschio 83,1 86,9 82,8 88,1 86,1
Femmina 16,9 13,1 17,2 11,9 13,9
Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Fonte: elaborazione Censis su dati dell'Ordine Nazionale dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali
Tab. 3 - Iscritti all'Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali in base alle classi di età, per sesso (val. %)
Fino a 34 anni 35-39 40-45 46-49 50-54 55-59 60-64 65 e oltre Totale
Maschio 76,1 79,7 85,6 94,5 98,0 98,7 98,9 97,8 86,3
Femmina 23,9 20,3 14,4 5,5 2,0 1,3 1,1 2,2 13,7
Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Fonte. elaborazione Censis su dati dell'Ordine Nazionale dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali
Tab. 4 - Iscritti all'Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali in base alle classi di età
(val. %)
val. %
Fino a 34 anni 19,3
35-39 22,8
40-45 25,2
46-49 7,2
50-54 7,0
55-59 4,6
60-64 4,0
65 e oltre 10,0
Totale 100,0
Fonte. elaborazione Censis su dati dell'Ordine Nazionale dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali
Tab. 5 - Iscritti all'Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali in base alla Provincia di
iscrizione (val. %)
val. %
Nord-Ovest 14,9
Nord-Est 19,2
Centro 19,0
Sud e Isole 46,9
Totale 100,0
Fonte. elaborazione Censis su dati dell'Ordine Nazionale dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali
Tab. 6 - Iscritti all'Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali in base alle classi di età per condizione
professionale (val. %)
Fino a 34 anni 35-39 40-45 46-49 50-54 55-59 60-64 65 e oltre Totale
Dipendente pubblico 5,4 14,6 20,6 31,2 28,5 33,1 29,8 13,4 17,8
Libero professionista o dipendente privato 94,6 85,4 79,4 68,8 71,5 66,9 70,2 86,6 82,2
Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Fonte. elaborazione Censis su dati dell'Ordine Nazionale dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali
Tab. 7 - Iscritti all'Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali in base all'area
geografica per condizione professionale (val. %)
Nord-Ovest Nord-Est Centro Sud e Isole Totale
Dipendente pubblico 17,9 20,9 15,2 16,9 17,5
Libero professionista o dipendente privato 82,1 79,1 84,8 83,1 82,5
Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Fonte. elaborazione Censis su dati dell'Ordine Nazionale dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali
Tab. 8 - Laureati nella Facoltà di Agraria e nuovi iscritti all'Ordine dei Dottori Agronomi e dei
Dottori Forestali (v.a. e var. %)
N. Laureati Facoltà di Agraria v.a. var. % N. di iscritti all'Ordine Professionale (v.a.) Tasso di accoglienza nell'Ordine
(1) (var. %)
1979 1.073 253
1980 1.261 17,4 241 22,5
1981 1.462 15,9 254 20,1
1982 1.704 16,6 328 22,4
1983 1.953 14,6 382 22,4
1984 1.856 - 5,0 419 21,5
1985 1.926 3,8 506 27,3
1986 1.872 - 2,8 556 28,9
1987 1.743 - 6,9 610 32,6
1988 1.750 0,4 637 36,5
1989 1.735 - 0,9 597 34,1
1990 1.625 - 6,3 659 38,0
1991 1.584 - 2,5 664 40,9
1992 1.703 7,5 657 41,5
1993 1.570 - 7,8 574 33,7
1994 1.438 - 8,4 873 55,6
1995 1.502 4,5 830 57,7
1996 1.591 5,9 867 57,7
1997 1.515 - 4,8 1.297 81,5
(1) Rapporto % tra numero di neo-iscritti all'Ordine e numero di laureati dell'anno
precedente
Fonte: elaborazione Censis su dati del Consiglio Nazionale dei Dottori Agronomi e
dei Dottori Forestali e Istat
Tab. 9
Tab. 10
Tab. 11
Tab. 12
Fig. 2
Fig. 3
Fig. 4
Fig. 5
4. L'analisi dell'offerta formativa
4.1. Gli ordinamenti didattici dei corsi di laurea
4.1.1. Elementi comuni negli ordinamenti didattici nazionali
L'iscrizione all'Ordine dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali è consentita a chi ha conseguito la
laurea al termine di uno dei sette seguenti corsi di laurea. Soltanto quattro di essi sono attualmente
offerti negli atenei. Tre sono invece "ad esaurimento", sostituiti dai nuovi corsi di laurea di
denominazione simile.
Scienze e tecnologie agrarie
Scienze agrarie (ad esaurimento)
Scienze forestali e ambientali
Scienze forestali (ad esaurimento)
Scienze e tecnologie delle produzioni animali
Scienze agrarie tropicali e subtropicali
Agricoltura tropicale e subtropicale (ad esaurimento)
Gli ordinamenti didattici dei quattro corsi di laurea che interessano il Conaf sono stati statuiti
(insieme con gli altri corsi di laurea) dal Regio Decreto n. 1.652 del 1938. Tale Decreto non è stato
mai soppresso ed è tuttora vigente. Ogni nuovo ordinamento didattico viene varato sotto forma di
modifica del suddetto Decreto, ed in particolare della tabella n. XV allegata.
Nel settore degli studi agrari, un "momento di svolta" è stato costituito dal DPR 19 aprile 1982, n.
299 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 31 maggio 1982) che ha fissato il nuovo ordinamento del
corso che allora si chiamava (e per alcuni anni ha continuato a chiamarsi) "scienze agrarie". Tale
DPR ne ha fissato la durata quinquennale ed ha statuito che era articolato in tre indirizzi:
produzione vegetale; tecnico-economico; zootecnico. Inoltre il DPR ha concesso agli atenei quattro
anni di tempo per adeguare i loro ordinamenti alle nuove norme.
Analoga ristrutturazione vi fu, tre anni dopo, per gli studi forestali, con il DPR 11 ottobre 1984, n.
936, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 19 gennaio 1985. La durata del corso di studi fu fissata
in cinque anni. Il corso fu articolato in due indirizzi: tecnico colturale; gestione dell'ambiente e
conservazione del suolo. Alle università furono concessi quattro anni di tempo per adeguare il loro
ordinamento didattico alle nuove norme.
Una riflessione a parte deve essere svolta per la laurea in Scienze e tecnologie agroalimentari (già
Scienze delle preparazioni alimentari). I Decreti Ministeriali nn. 158 e 159 del 21 marzo 1997
stabiliscono che, in attesa dell'istituzione dell'Albo dei tecnologi alimentari, ai laureati in questa
disciplina fosse consentito di iscriversi all'Albo dei Dottori Agronomi e Forestali. Sulla base di
stime parziali del Conaf, attualmente risultano iscritti all'Ordine un numero pari a circa 400 laureati
in Scienze e tecnologie agro-alimentari. In considerazione quindi del numero esiguo e soprattutto
della possibilità accordata a questi laureati di iscriversi ad un altro Ordine, si è scelto concordamente con il Comitato tecnico e scientifico - di non prendere in esame tale ordinamento
nella presente indagine sull'offerta formativa. Nondimeno, nell'ambito dell'indagine sugli scenari di
sviluppo della professione - che verranno trattati nel Rapporto finale - saranno svolte alcune analisi
del settore agro-alimentare, che rappresenta uno dei profili di maggiore interesse per la categoria.
Gli ordinamenti didattici nazionali dei quattro corsi di laurea attualmente offerti dagli atenei
presentano una serie di elementi comuni ed altri connotati specifici per ciascun corso.
Gli elementi comuni sono i seguenti:
hanno la durata di cinque anni;
il numero di esami previsto varia da un minimo di 25 ad un massimo di 28;
i corsi di laurea afferiscono tutti a facoltà di agraria. Scienze e tecnologie delle
produzioni animali afferisce ad agraria in cinque sedi universitarie; ed alla facoltà di
medicina veterinaria in altre quattro: Camerino (con sede effettiva a Matelica);
Milano; "Federico II" - Napoli; Pisa;
l'impegno didattico complessivo è di 3.300 ore. Almeno 400 di esse devono essere
riservate alla tesi di laurea e tirocinio pratico - applicativo;
ogni corso di insegnamento ha la durata media di circa 100 ore;
la formazione comprende una parte teorico- formale ed una teorico- pratica, in cui
sono da includere esercitazioni, attività di laboratorio, seminari, dimostrazioni,
attività guidate, visite tecniche, prove parziali di accertamento, correzione e
discussione di elaborati e progetti;
le attività pratiche e la preparazione della tesi di laurea possono essere svolte presso
strutture esterne, italiane o straniere, pubbliche o private, con le quali sia stata
stipulata un'apposita convenzione o programmi di scambio;
prima dell'iscrizione al IV anno di corso, lo studente deve presentare una
certificazione, rilasciata dal centro linguistico di ateneo (ove esistente), da cui risulti
il superamento della prova di conoscenza al livello ''intermedio 1'' di una lingua
straniera, tra quelle stabilite dal facoltà. La facoltà può eventualmente riconoscere
certificazioni rilasciate da altre istituzioni, anche straniere. In assenza di un'adeguata
certificazione, la facoltà deve istituire una prova di accertamento.
Questa disposizione è prevista negli ordinamenti didattici di Scienze e tecnologie
agrarie; Scienze forestali e ambientali; Scienze e tecnologie delle produzioni animali.
E' invece assente dall'ordinamento didattico di Agricoltura tropicale e sub - tropicale,
benchè il relativo decreto fissi come obiettivo del corso la preparazione di tecnici che
opereranno in Paesi stranieri della fascia tropicale e sub - tropicale. Per questo ultimo
corso, viene imposto un minimo di didattica di lingue straniere di sole 50 ore.
l'esame di laurea consiste nella discussione di una tesi sperimentale, di ricerca o di
progettazione;
le norme nazionali fissano una serie di aree disciplinari, che sono diverse nei quattro
corsi di laurea. Per ognuna di esse, vengono determinate un numero minimo di ore di
didattica. Quindi ognuno dei quattro corsi, in qualunque sede universitaria sia
impartito, ha una ''struttura formativa'' parzialmente comune. La specificazione
concreta spetta poi alle singole facoltà, che decidono nell'ambito del ''quadro''
statuito a livello nazionale. Le aree comprendono in genere più discipline, solo
raramente una sola. Le norme nazionali determinano pertanto (per ognuno dei
quattro corsi di laurea) una ''area comune'', che sussiste indipendentemente dalla sede
in cui il corso viene offerto;
le ore restanti sono destinate da ogni facoltà alla integrazione della formazione di base
o professionale, oppure alla definizione di indirizzi di studio correlati a specifici
profili professionali. Un certo margine di scelta deve inoltre essere lasciato agli
studenti. Il quadro formativo nazionale è pertanto flessibile, riconosce già ora ampio
spazio alle determinazioni delle singole facoltà;
i decreti, che hanno fissato il nuovo ordinamento didattico dei quattro corsi che
immettono all'Ordine dei dottori agronomi e forestali, sono stati emanati dopo aver
consultato l'Ordine. Questo ''atto dovuto'' è riconosciuto nelle premesse dei decreti
del Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica - Murst.
4.1.2. Ordinamento didattico di scienze e tecnologie agrarie
L'ordinamento didattico è stato fissato da due decreti del Ministro dell'Università e della Ricerca
scientifica e tecnologica, emanati nelle seguenti date:
10 dicembre 1993, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 21 giugno 1994;
29 settembre 1994, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 8 agosto 1995.
L'ordinamento didattico nazionale statuisce il seguente numero minimo di ore di didattica:
matematica, statistica e informatica 150
fisica 100
chimica generale ed inorganica, chimica organica, chimica analitica 150
biologia vegetale 100
biologia animale 100
biochimica agraria e fisiologia delle piante coltivate 100
genetica agraria 50
scienza del suolo 50
agronomia e coltivazioni 200
difesa delle colture 100
zootecnia 100
ecologia applicata al sistema agrario 100
microbiologia agraria e tecnologie alimentari 150
genio rurale 150
economia ed estimo 200.
Le norme nazionali determinano così 1.800 ore di formazione.
Ad esse devono essere aggiunte almeno 400 ore per la tesi di laurea ed il tirocinio pratico applicativo. Nel primo dei due decreti del Murst, queste 400 ore dovevano essere ''riservate alla
preparazione della tesi di laurea''. Il secondo decreto del Murst è stato emanato con la sola di finalità
di aggiungere a questa determinazione la seguente dizione "ed al tirocinio pratico – applicativo". E'
stata, dunque, riconosciuta una "lacuna", una "dimenticanza", colmata con un apposito decreto. Si è
voluto dare in questo modo una indicazione di grande rilievo.
Da notare che il primo decreto ministeriale statuisce che tutti i corsi di insegnamento devono essere
costituiti di lezioni teoriche e di esercitazioni pratiche. Questa prescrizione si ritrova anche
nell'ordinamento didattico nazionale del corso di laurea in Scienze forestali ed ambientali.
Le restanti 1.100 ore, che residuano per arrivare al totale di 3.300, sono destinate da ogni facoltà
alla integrazione della formazione di base o professionale; oppure alla definizione di indirizzi di
studio correlati a specifici profili professionali.
Il corso di laurea può essere articolato in indirizzi, ognuno dei quali preveda almeno quattro
annualità.
Il nuovo ordinamento del corso di laurea, cioè la ''tabella'' XXXI riformata, sostituisce la precedente
tabella col medesimo numero, relativa al corso di laurea in Scienze agrarie. Sono, dunque, mutate sia
la denominazione, sia i contenuti del corso. Dato che la nuova tabella è stata pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale nel giugno 1994 ed è stato dato un anno di tempo agli atenei per adeguare il loro
ordinamento, la nuova impostazione degli studi ha preso avvio dall'anno accademico 1995 - 1996. Il
precedente corso di laurea in Scienze agrarie continua ''ad esaurimento''. Cioè i suoi studenti
possono terminare i loro studi seguendo il vecchio ordinamento, ovvero optare per il nuovo.
4.1.3. Ordinamento didattico di scienze forestali e ambientali
L'ordinamento didattico nazionale è stato fissato dal Ministro dell'Università e della Ricerca
scientifica e tecnologica con proprio decreto del 10 dicembre 1993, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale del 21 giugno 1994.
Le aree disciplinari ed il relativo numero minimo di ore di formazione sono le seguenti:
matematica, statistica ed informatica 150
fisica 100
chimica generale ed inorganica, chimica organica, chimica analitica 150
biologia 250
genetica agraria e miglioramento genetico 50
biochimica agraria 50
microbiologia ambientale 50
scienza della terra e del suolo 100
sistemazioni idrauliche e conservazione del suolo 100
ingegneria applicata ai sistemi forestali 100
misure forestali e rappresentazioni del territorio 100
ecologia e fisiologia dei sistemi forestali 100
botanica forestale 50
selvicoltura e pianificazione forestale e ambientale 250
tecnologia del legno e delle utilizzazioni forestali 100
difesa dei sistemi forestali 150
gestione ed utilizzazione delle risorse agroforestali in ambiente montano 100
economia e politica forestale e ambientale 200
estimo e valutazioni forestali e ambientali 50
diritto e legislazione forestale e ambientale 100
L'ordiname nto didattico nazionale fissa dunque un totale di 2.300 ore, su di un totale di 3.300 (di
cui almeno 400 per attività pratiche). Le residue 600 ore sono lasciate alla determinazione delle
singole facoltà.
Tutti i corsi di insegnamento devono essere costituiti di lezioni teoriche e di esercitazioni pratiche
(questa medesima norma è valida anche per il corso di laurea in Scienze e tecnologie agrarie).
Il nuovo ordinamento didattico nazionale è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale nel giugno
1994 ed ha concesso agli atenei dodici mesi di tempo per darne attuazione, adeguando il proprio
''manifesto degli studi'' (è questo il termine tecnico usato nel mondo universitario per indicare con
precisione e dettaglio i corsi di insegnamento offerti in un anno accademico). Pertanto il nuovo
ordinamento è attivo nelle università dall'anno accademico 1995 - 1996.
La nuova tabella XXXII ha sostituito la precedente, mutando sia la denominazione del corso (da
Scienze forestali a Scienze forestali ed ambientali), sia i suoi contenuti.
Negli atenei proseguono ''ad esaurimento'' i vecchi corsi di Scienze forestali, seguiti dagli studenti
che vi erano già iscritti e che hanno deciso di non compiere il passaggio al nuovo corso di laurea.
4.1.4. Ordinamento didattico di scienze e tecnologie delle produzioni animali
L'ordinamento è stato riformato con un decreto emanato dal Ministero dell'Università e della
Ricerca scientifica e tecnologica - Murst l'8 agosto 1996.
Esso statuisce il seguente numero minimo di ore di didattica, per ogni area disciplinare:
matematica, statistica, informatica 150
fisica 50
chimica 150
biologia 150
biochimica generale e applicata 100
genetica 100
anatomia e fisiologia degli animali domestici 200
microbiologia generale e applicata 100
agronomia, coltivazioni, produzione e conservazione dei foraggi 150
ingegneria applicata alle produzioni animali 150
nutrizione ed alimentazione animale 100
miglioramento genetico animale 100
tecnologie dell'allevamento e delle produzioni animali 300
economia ed estimo 350
igiene delle produzioni animali 250
industrie e tecnologie alimentari dei prodotti di origine animale 100
In totale, perciò, 2.500 ore, a cui sono da aggiungere almeno 400 ore per la preparazione della tesi
ed il tirocinio applicativo. Residuano soltanto 400 ore, lasciate alle autonome deliberazioni delle
facoltà.
Il nuovo ordinamento è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale nell'ottobre 1996 ed ha concesso
12 medi agli atenei per adeguare i loro ordinamenti alla riformata tabella nazionale n. XXXI- ter.
Quindi il nuovo corso di laurea ha preso avvio nelle università con l'anno accademico 1997 - 1998.
4.1.5. Ordinamento didattico di Scienze Agrarie Tropicali e Sub-tropicali
La nuova tabella nazionale n. XXXII - bis, relativa al corso di laurea, è stata emanata del Ministero
dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica l'8 agosto 1996.
Nella tabella si precisa che il corso di laurea mira a preparare:
esperti nella produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti agro alimentari e forestali nelle aree tropicali e sub - tropicali
esperti nella assistenza allo sviluppo agricolo
Nonostante tali finalità, l'ordinamento didattico nazionale prevede un numero molto ridotto di ore
da dedicare allo studio di ''lingue straniere'': 50.
Per ogni area disciplinare, il numero minimo di ore è il seguente:
matematica, statistica ed informatica 150
fisica 50
chimica generale ed inorganica, chimica organica, chimica analitica 150
biologia vegetale 100
biologia animale 100
genetica agraria 50
economia politica 100
lingue straniere 50
diritto e legislazione 50
agronomia 100
produzioni vegetali 150
difesa delle colture e dei prodotti 150
produzioni animali 100
microbiologia agraria e tecnologie alimentari 150
genio rurale 150
chimica e biochimica agraria 100
scienza del suolo 100
economia agroforestale, estimo e sociologia dello sviluppo 200
sistemi di analisi ambientale 100
scienze forestali e tecnologia del legno 100
In totale, dunque, 2.200 ore minime fissate dall'ordinamento didattico nazionale. Ad esse sono da
aggiungere le 400 per la preparazione della tesi ed il tirocinio pratico - applicativo. Le restanti 700
ore (sul totale di 3.300) restano assegnate alle deliberazioni autonome delle facoltà.
Il decreto del Murst è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale nel novembre 1996 ed è stato
concesso un tempo di 12 mesi agli atenei, per adeguarsi al nuovo ordinamento.
4.1.6. Il punto di equilibrio tra struttura nazionale e determinazioni autonome
L'ordinamento didattico dei quattro corsi di laurea diverge notevolmente sotto il profilo della
''componente'' minima della formazione, che è stata decisa a livello nazionale; e del margine di
autodeterminazione, lasciato ad ogni facoltà.
Come abbiamo visto, i decreti del Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica
- Murst:
impongono un numero "minimo" di didattica per ogni area disciplinare;
impongono almeno 400 ore per il tirocinio pratico - applicativo e per la redazione
della tesi di laurea;
lasciano le restanti ore alla autonoma determinazione di ogni singola facoltà, la quale
può dedicarle alla integrazione della formazione di base o professionale oppure alla
definizione di indirizzi di studio correlati a specifici profili professionali. Un certo
margine di scelta, inoltre, deve essere riconosciuto al singolo studente.
Dato che sono fissi per tutti e quattro i corsi di laurea sia il totale delle ore di formazione (3.300), sia
lo spazio per il tirocinio pratico applicativo (400 ore), la differenza di rilievo risulta quella tra la
formazione imposta a livello nazionale e quella determinata a livello locale autonomamente da ogni
singola facoltà. Nette risultano le differenze.
I contenuti della formazione decisi da ogni facoltà sono relativi a sole 400 ore per Scienze e
tecnologie delle produzioni animali; salgono a 600 ore per Scienze forestali e ambientali; ed a 700
ore per Scienze agrarie tropicali e sub - tropicali; passano, con notevole "salto", a 1.100 per Scienze
e tecnologie agrarie.
Il "punto di equilibrio" risulta, perciò, "sbilanciato".
Il corso di laurea in Scienze e tecnologie agrarie viene, offerto dalle 19 università, in cui viene
insegnato, con diversità contenutistiche probabilmente notevoli e certamente superiori a quelle degli
altri tre corsi di laurea.
Tab. 13 - Prospetto degli ordinamenti didattici nazionali
Ore di formazione determinate a livello nazionale Tirocinio pratico-applicativo o ore per la tesi di laurea Ore
determinate da ogni facoltà Totale
Scienze e tecnologie agrarie 1.800 400 1.100 3.300
Scienze forestali e ambientali 2.300 400 600 3.300
Scienze e tecnologie delle produzioni animali 2.500 400 400 3.300
Scienze agrarie tropicali e sub-tropicali 2.200 400 700 3.300
Fonte: elaborazione Censis, sulla base degli ordinamenti didattici nazionali
4.2. L'offerta formativa dei corsi di laurea
4.2.1. L'offerta formativa dei corsi del settore agrario
I quattro corsi di laurea, che consentono la successiva iscrizione all'Ordine, dei dottori agronomi e
forestali sono offerti da venti università, distribuite su quasi tutto il territorio nazionale.
Disuguale è l'offerta dei quattro corsi, offerta che varia da un massimo di diciannove fino ad un
minimo di due atenei:
Scienze e tecnologie agrarie: 19;
Scienze forestali e ambientali: 9;
Scienze e tecnologie delle produzioni animali: 9;
Scienze agrarie tropicali e sub - tropicali: 2.
A parte l'Università Cattolica del Sacro Cuore, tutti gli altri atenei sono statali. Rispetto ad altri
corsi di laurea, molto bassa è, dunque, la presenza di università non statali nel settore agrario.
Tra le venti università, tre offrono soltanto uno dei quattro corsi di laurea, che consentono
l'iscrizione all'Ordine. Sono gli atenei di Ancona, Camerino, la Cattolica di Milano. Quindici atenei
offrono due corsi. Solo due erogano ben tre corsi: Firenze e l'Università della Basilicata - Potenza. In
tutte le università, i corsi sono competenza della facoltà di agraria, salvo che per Scienze e tecnologie
delle produzione animali, il quale è offerto dalla facoltà di agraria in cinque atene i, e nella facoltà di
medicina veterinaria in altri quattro.
Alcune delle venti università attive nel settore agrario offrono corsi di laurea in due diverse sedi,
nella città che dà la denominazione all'ateneo ed in un altro comune della zona:
Università di Catania: Catania e Ragusa;
Università di Napoli: Napoli e Portici;
Università di Palermo: Palermo e Bivona;
Università di Sassari: Sassari e Nuoro.
Cinque atenei offrono i corsi non nella sede principale, che dà la denominazione all'università, ma
solo in un'altra sede. Essi sono:
Camerino: in Matelica;
Università Cattolica di Milano: in Piacenza;
Padova: in Legnaro;
Reggio Calabria: in Gallina;
Torino: in Grugliasco.
Da questo quadro si deduce che complessivamente i corsi del settore agrario vengono offe rti in
ventiquattro sedi diverse.
Le università attive sono presenti in 16 delle 20 regioni d'Italia. Ne sono prive soltanto la Valle
d'Aosta, il Trentino - Alto Adige, la Liguria e l'Abruzzo.
Dopo aver esaminato la distribuzione quantitativa e geografica dell'offerta formativa, ci si deve
chiedere anche quale sia il suo livello qualitativo. Su di esso si sono espressi i diretti interessati, e
cioè coloro che si laurearono nel 1992 e che nel 1995 avevano un'occupazione.
La tabella 14 riporta la loro valutazione sulla laurea, ai fini della possibile utilizzazione nel lavoro. I
corsi considerati sono solo Scienze agrarie e Scienze forestali.
Solo il 16% dei dottori in scienze agrarie valuta adeguata la propria laurea, ai fini della possibile
utilizzazione sul lavoro. Il totale è poco meno del doppio, pari al 30% dei laureati.
Il 55,6% dei laureati in scienze agrarie ritiene che il corso non dia un'adeguata preparazione alla
pratica professionale (il totale è leggermente più basso: 51%).
Il 9,5% esprime la valutazione che il corso di laurea in scienze agrarie non aggiorna al progresso
dell'area disciplinare, percentuale che scende al 3,6% per il resto dei laureati.
Il giudizio degli interessati, pertanto, è negativo.
Per il 16,% dei dottori forestali, la laurea è adeguata (il totale è 30% - quindi poco meno del
doppio).
Il 17% la giudica troppo specialistica, esponendo un orientamento opposto al totale dei laureati, pari
solo al 3,5%. E' giudicata "non sufficientemente specialistica" per il 7,4%. Anche costoro si staccano
dal totale (11,7%).
Mentre il 51% del totale dei laureati ritiene che la loro laurea non dia un'adeguata preparazione alla
pratica professionale, questa quota scende - di molto poco - al 48,8% tra i dottori forestali. Il 9,8% di
loro ritiene che la laurea conseguita non aggiorni al progresso dell'area disciplinare. E' una
valutazione pesante, tanto più se confrontata con il totale, che è pari solo al 3,6%.
Complessivamente dai dati emerge che la valutazione dei dottori forestali è anch'essa negativa,
anche se un po' meno severa dei loro colleghi dottori agronomi.
Tav. 1 - Sedi del corso di laurea in scienze e tecnologie agrarie
Ancona
Bari
Bologna
Campobasso (Università del Molise)
Catania
Firenze
Gallina (Università di Reggio Calabria)
Grugliasco (Università di Torino)
Legnaro (Università di Padova)
Milano
Palermo
Perugia
Piacenza (Università Cattolica)
Pisa
Portici (Università ''Federico II - Napoli)
Potenza (Università della Basilicata)
Sassari
Udine
Viterbo (Università della Tuscia)
Fonte: Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica - Cimea
della Fondazione Rui, '' Guida all'Università - 1998'', Istituto Poligrafico dello Stato,
giugno 1998.
Tav. 2 - Sedi del corso di laurea in scienze forestali ed ambientali
Bari
Bivona (Università di Palermo)
Firenze
Gallina (Università di Reggio Calabria)
Grugliasco (Università di Torino)
Legnaro (Università di Padova)
Nuoro (Università di Sassari)
Potenza (Università della Basilicata)
Viterbo (Università della Tuscia)
Fonte: Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica-Cimea
della Fondazione Rui, "Guida all'Università-1998", Istituto Poligrafico dello Stato,
giugno 1998
Tav. 3 - Sedi del corso di laurea in Scienze e Tecnologie delle produzioni animali
Sedi Facoltà
Bologna (in parte decentrato a Reggio Emilia) Agraria
Campobasso (Università del Molise) Agraria
Matelica (Università di Camerino) Medicina veterinaria
Milano Medicina veterinaria
Perugia Agraria
Pisa Medicina veterinaria
Università ''Federico II - Napoli Medicina veterinaria
Potenza (Università della Basilicata) Agraria
Udine Agraria
Fonti: Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica - Cimea della
Fondazione Rui, '' Guida all'Università - 1998'', Istituto Poligrafico dello Stato,
giugno 1998.
G. Sartoratti, ''Una scelta per l'università - Lauree, diplomi, scuole'', Edizioni
Alborg, Padova, aprile 1998.
Tav. 4 - Sedi del corso di laurea in Scienze Agrarie Tropicali e Sub-Tropicali
Firenze
Ragusa (Università di Catania)
Fonte: Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica-Cimea
della Fondazione Rui, "Guida all'Università-1998", Istituto Poligrafico dello Stato,
giugno 1998.
Tav. 5 - Sedi dei corsi di laurea che immettono all'ordine
Sedi Corsi
Scienze e tecnologie agrarie Scienze forestali ed ambientali Scienze e tecnologie delle produzioni animali Scienze
agrarie tropicali e sub-tropicali
Ancona x
Bari x x
Bivona (Univ. Palermo) x
Bologna x x
Campobasso (Univ Molise) x x
Catania x
Firenze x x x
Gallina (Univ. Reggio Calabria) x x
Grugliasco (Univ. Torino) x x
Legnaro (Univ. Padova) x x
Matelica (Univ. Camerino) x Milano
xx
Napoli x
Nuoro (Univ. Sassari) x
Palermo x
Perugia x x
Piacenza (Univ. Cattolica) x
Pisa x x
Portici (Univ. Napoli) x
Potenza (Univ. Basilicata) x x x
Ragusa (Univ. Catania) x
Sassari x
Udine x x
Viterbo (Univ. Tuscia) x x
Fonte: elaborazione Censis su dati del Ministero dell'Università e della Ricerca
scientifica e tecnologica - Cimea della Fondazione Rui, "Guida all'Università 1998", Istituto Poligrafico dello Stato, giugno 1998
Tav. 6 - Università che offrono i corsi di laurea che immettono all'ordine
Università Corsi offerti in Numero dei corsi offerti
Sede principale Altra sede Un corso Due corsi Tre corsi
Ancona sì x
Bari sì x
Bologna sì x
Camerino no Matelica x
Campobasso (Univ. Molise) sì x
Catania sì Ragusa x
Firenze sì x
Milano sì x
Milano-Univ. Cattolica no Piacenza x
Napoli sì Portici x
Padova no Legnaro x
Palermo sì Bivona x
Perugia sì x
Pisa sì x
Potenza (Univ. Basilicata) sì x
Reggio Calabria no Gallina x
Sassari sì Nuoro x
Torino no Grugliasco x
Udine sì x
Viterbo (Univ. Tuscia) sì x
Fonte: elaborazione Censis su dati del Ministero dell'Università e della Ricerca
Scientifica e tecnologica - Cimea della Fondazione Rui, "Guida all'Università 1998", Istituto Poligrafico dello Stato, giugno 1998
Tav. 7 - Ripartizione Regionale delle sedi dei corsi di laurea che immettono all'ordine
Sedi per Regioni
Scienze e tecnologie agrarie Scienze forestali ed ambientali Scienze e tecnologie delle produzioni animali Scienze
agrarie tropicali e sub-tropicali
PIEMONTE
Grugliasco (Univ. Torino) x x
LOMBARDIA
Milano x x
VENETO
Legnaro (Univ. Padova) x x
FRIULI VENEZIA GIULIA
Udine x x
EMILIA ROMAGNA
Bologna x x
Piacenza (Univ. Cattolica) x
TOSCANA
Firenze x x x
Pisa x x
MARCHE
Ancona x
Matelica (Univ. Camerino) x
UMBRIA
Perugia x x
LAZIO
Viterbo (Univ. Tuscia) x x
MOLISE
Campobasso (Univ Molise) x x
CAMPANIA
Napoli x
Portici (Univ. Napoli) x
PUGLIA
Bari x x
BASILICATA
Potenza (Univ. Basilicata) x x x
CALABRIA
Gallina (Univ. Reggio Calabria) x x
SICILIA
Palermo x
Bivona (Univ. Palermo) x
Catania x
Ragusa (Univ. Catania) x
SARDEGNA
Nuoro (Univ. Sassari) x
Sassari x
Fonte: elaborazione Censis su dati del Ministero dell'Università e della Ricerca
Scientifica e tecnologica - Cimea della Fondazione Rui, "Guida all'Università 1998", Istituto Poligrafico dello Stato, giugno 1998
Tab. 14 - Laureati dell'anno 1992, che nel 1995 lavorano, secondo la valutazione ai fini della
possibile utilizzazione nel lavoro, per corso di laurea (val. %)
Scienze agrarie Scienze forestali Totale laureati
Adeguata 16,1 16,6 30,1
Troppo specialistica e/o operativa 2,4 17,4 3,5
Non sufficientemente specialistica 16,4 7,4 11,7
Non dà un'adeguata preparazione alla pratica professionale 55,6 48,8 51,0
Non aggiorna al progresso dell'area disciplinare 9,5 9,8 3,6
100,0 100,0 100,0
Fonte: elaborazione Censis su dati Istat, "L'inserimento professionale dei laureati.
Indagine 1995"
4.3. Gli studenti dei corsi di laurea
4.3.1. Gli studenti dei corsi di laurea in agraria
Gli iscritti ai quattro corsi di laurea, che consentono il successivo accesso all'Ordine, nell'anno
accademico 1996 – 1997 sono stati complessivamente poco meno di ventunomila (tab. 15).
Radicalmente differenti tra di loro sono le "quote" degli studenti dei quattro corsi di studio: Scienze
e tecnologie agrarie aveva, nell'anno accademico 96-97, circa tredicimila iscritti; Scienze forestali ed
ambientali cinquemila; Scienze delle produzioni animali duemilaquattrocento; e Scienze agrarie
tropicali e sub-tropicali soltanto cinquecento.
Quindi, sui ventunomila iscritti complessivamente ai corsi agrari, il 62 % segue il corso di laurea in
Scienze e tecnologie agrarie (fig. 7). Questi dati impongono ovviamente una "naturale" scala di
priorità, nella attenzione da prestare alle riforme auspicabili, per i quattro corsi di studio.
In cinque anni, dal 1991-1992 al 1996-1997, gli iscritti ai corsi di laurea agrari sono passati da poco
meno di diciottomila (tab. 16) a ventunomila.
Vi è stata una lieve flessione di circa il 3% solo per Scienze e tecnologie agrarie, mentre un
aumento rilevante si è registrato per gli altri tre corsi di laurea (tab. 17).
I ventunomila studenti dei quattro corsi agrari costituiscono solo l'1,25% del totale degli
universitari. Le ragazze di questi corsi di studio sono solo lo 0,73% di tutte le studentesse
universitarie (tab. 18).
L'arrivo della "nuova leva" all'interno di corsi di studio universitari è rappresentato dalle
"matricole", cioè da coloro che si iscrivono al primo anno. Nell'anno accademico 1996 – 1997, gli
immatricolati nei quattro corsi di laurea del settore agrario sono stati complessivamente il 19,3% in
più rispetto all'anno precedente (tab. 19). Vi è dunque una forte crescita nell'interesse di tali corsi,
per le giovani generazioni.
Complessivamente, nell'anno accademico 1996 – 1997, considerando tutti gli 88 corsi di laurea
offerti dagli atenei italiani, le immatricolazioni sono calate del 2,1%. A fronte di questo andamento
generale, è ancor più significativo l'incremento di ben il 19,3% per i quattro corsi che immettono
all'Ordine.
In particolare per Scienze e tecnologie agrarie, l'incremento degli immatricolati è stato del 29,3%;
per Scienze delle produzioni animali del 28,2%; per Scienze agrarie tropicali e sub-tropicali del
21,5%: Solo per Scienze forestali ed ambientali vi è stata una flessione del 5,3%.
Le ragazze sono "in forte minoranza" negli studi agrari. Esse infatti rappresentano
complessivamente solo il 31,0%, quindi meno di un terzo del totale degli iscritti per l'anno
accademico 96-97 (tab. 21). Il dato appare ancora più significativo se si considera che le studentesse
di tutti gli 88 corsi di laurea costituiscono invece il 53,3 % del totale.
Le ragazze costituiscono il 27,0% in Scienze e tecnologie agrarie; un terzo in Scienze forestali ed
ambientali; la metà in Scienze delle produzioni animali; il 29,6% in Scienze agrarie tropicali e subtropicali.
Il trend di crescita dell'interesse per gli studi agrari è maggiore tra le ragazze. Mentre nel complesso
degli iscritti (in corso e fuori corso) esse rappresentano il 31,0%, per le immatricolate il dato sale
33,0%. Nell'anno accademico 1991 – 1992, esse costituivano solo il 24% degli iscritti. In cinque
anni, nell'anno accademico 1996 – 1997, esse sono salite al 31,0%.
Nel periodo dal 1991-92 al 1996-97,le studentesse sono aumentate in tutti e quattro i corsi di laurea
che consentono l'iscrizione all'Ordine. Se complessivamente (maschi e femmine) l'incremento degli
studenti dei corsi agrari è stato del 16%, le ragazze sono aumentate del 50%.
Nel settore agrario l'ateneo che ha il maggior numero di iscritti è Milano, che, con i suoi 2.048
studenti, è l'unico ad aver superato per l'anno accademico 96-97 la soglia delle duemila unità (tab.
22).
Nove università hanno più di mille studenti: Palermo (nelle sue due sedi di Palermo e di Bivona)
1.810, Firenze 1.756, Padova (nella sua sede di Legnaro) 1.663, Bologna 1.518, Torino (nella sua
sede di Grugliasco) 1.380, Viterbo 1.210, Catania (nelle sue sedi di Catania e di Ragusa) 1.173,
Perugia 1.055, Pisa 1.032.
Gli altri dieci atenei hanno un numero di iscritti inferiore alla soglia di mille unità.
Considerando i diversi corsi di laurea per l'anno accademico 96-97 il corso di laurea in Scienze e
tecnologie agrarie ha da solo più di mille iscritti nelle università di Milano, Bologna e Palermo.
Scienze forestali ed ambientali ha più di mille studenti negli atenei di Padova (sede di Legnaro) e di
Firenze.
Quanti studenti non terminano gli studi in corso e si iscrivono "fuori corso"? Il dato è indicativo del
livello di impegno negli studi.
Il totale degli iscritti in corso negli 88 corsi di laurea è pari al 65,2% (tab. 23). Il dato risulta
superiore per tutti e quattro i corsi del settore agrario: Scienze e tecnologie agrarie 71%, Scienze
forestali ed ambientali 80%, Scienze delle produzioni animali 88%, Scienze agrarie tropicali e subtropicali 85%. Gli studenti dei corsi agrari, dimostrano, quindi (considerati in base a questo
significativo parametro) più impegnati della media dei loro colleghi.
Le studentesse sono iscritte fuori corso in misura minore dei maschi in tutti e quattro i corsi di studio.
Ma occorre tener presente che la metà dei giovani italiani deve ottemperare all'obbligo del servizio di
leva, che si colloca a quell'età. Considerando questo elemento ostativo, si può concludere
che le differenze tra maschi e femmine, per quanto riguarda il parametro della loro iscrizione in
corso o fuori corso, non appare marcato.
Tab. 15 - Studenti iscritti per corsi di laurea. Anno accademico 1996-97 (v.a. e val. %)
Corsi di laurea Iscritti in corso Iscritti fuori corso Iscritti in totale
Totale Di cui femmine in % Totale Di cui femmine in % Totale Di cui femmine in %
Scienze e tecnologie agrarie 9.146 28,60 3.779 23,40 12.925 27,00
Scienze forestali e ambientali 4.040 33,60 1.001 28,60 5.041 32,60
Scienze delle produzioni animali 2.121 50,90 297 37,40 2.418 49,30
Scienze agrarie tropicali e sub-tropicali 429 30,10 74 27,00 503 29,60
Totale iscritti 15.736 32,90 5.151 25,26 20.887 31,01
Fonte: elaborazione Censis su dati del Ministero dell'Università e della Ricerca
scientifica e tecnologica, "Il sistema universitario italiano - La popolazione
studentesca. Anno accademico 1996-1997", Istituto Poligrafico dello Stato, Roma
1998
Inserire fig. 6
Inserire fig. 7
Tab. 16 - Studenti iscritti per corsi di laurea. Anno accademico 1991-1992 (v.a. e val. %)
Corsi di laurea Iscritti in corso Iscritti fuori corso Iscritti in totale
Totale Di cui femmine Totale Di cui femmine Totale Di cui femmine
Scienze e tecnologie agrarie 8.043 23,9 5.247 20,9 13.290 22,7
Scienze forestali e ambientali 2.095 26,9 1.188 23,1 3.283 25,5
Scienze delle produzioni animali 691 38,8 459 26,1 1.150 33,7
Scienze agrarie tropicali e sub-tropicali 113 34,5 113 28,3 226 31,4
Totale iscritti settore agrario 10.942 25,5 7.007 21,7 17.949 24,0
Fonte: Elaborazione Censis su dati Istat, "Statistiche dell'istruzione universitaria,
anno accademico 1991-1992"
Tab. 17 - Incremento degli iscritti nell'anno accademico 1996-1997, rispetto all'anno accademico
1991-1992 (var. %)
Corsi di laurea Iscritti in corso Iscritti fuori corso Iscritti in totale
MF F MF F MF F
Scienze e tecnologie agrarie 13,70 35,90 -28,00 -19,20 -2,70 15,90
Scienze forestali e ambientali 92,80 140,90 -15,70 4,40 53,50 96,20
Scienze delle produzioni animali 206,90 303,00 -35,30 -7,50 110,30 207,00
Scienze agrarie tropicali e sub-tropicali 279,60 230,80 -34,50 -37,50 122,60 109,90
Incremento generale 43,81 85,40 -26,49 -14,40 16,37 50,20
Fonte: elaborazione Censis su dati del Ministero dell'Università e della Ricerca
scientifica e tecnologica "Il sistema universitario italiano. La popolazione
studentesca - anno accademico 1996-1997" Istituto poligrafico dello Stato, Roma
1998, e su dati Istat, "Statistiche dell'istruzione - anno accademico 1991 - 1992"
Tab. 18 - Studenti iscritti per corsi di laurea. Anno accademico 1996-97 (v.a. e val. %)
Corsi di laurea Iscritti in corso Iscritti fuori corso Iscritti in totale
Totale Di cui femmine Totale Di cui femmine Totale Di cui femmine
Scienze e tecnologie agrarie 9.146 2.612 3.779 884 12.925 3.496
Scienze forestali e ambientali 4.040 1.356 1.001 286 5.041 1.642
Scienze della produzione animale 2.121 1.080 297 111 2.418 1.191
Scienze agrarie tropicali e sub tropicali 429 129 74 20 503 149
Totale iscritti corsi di laurea agrari 15.736 5.177 5.151 1.301 20.887 6.478
Totale universitari 1.101.827 592.576 570.503 295.324 1.672.330 887.900
Incidenza sul totale 1.43% 0,87% 0,90% 0,44% 1,25% 0,73%
Fonte: elaborazione Censis su dati del Ministero dell'Università e della Ricerca
scientifica e tecnologica, "Il sistema universitario italiano - La popolazione
studentesca. Anno accademico 1996-1997", Istituto Poligrafico dello Stato, Roma
1998
Tab. 19 - Immatricolati per corsi di laurea. Anno accademico 1996 – 1997 (v.a., val. % e var. %)
Corsi di laurea Valori assoluti Composizione percentuale Variazione % sull'anno precedente
Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale
Scienze e tecnologie agrarie 2.420 972 3.392 71,3 28,7 100,0 25,4 40,3 29,3
Scienze forestali ed ambientali 864 398 1.262 68,5 31,5 100,0 -4,7 -6,4 -5,3
Scienze delle produzioni animali 451 472 923 48,9 51,1 100,0 33,4 23,6 28,2
Scienze agrarie tropicali e sub-tropicali 121 54 175 69,1 30,9 100,0 8,0 68,8 21,5
Totale 3.856 1.896 5.752 67,0 33,0 100,0 17,3 23,8 1 9,3
Fonte: elaborazione Censis su dati del Ministero dell'Università e della Ricerca
scientifica e tecnologica, "Il sistema universitario italiano - La popolazione
studentesca. Anno accademico 1996-1997", Istituto Poligrafico dello Stato, Roma
1998
Tab. 20 - Immatricolati per corsi di laurea. Anno accademico 1991-1992 (v.a. e val. %)
Corsi di laurea Valori assoluti Composizione percentuale
Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale
Scienze e tecnologie agrarie 1.820 504 2.324 78,3 21,7 100,0
Scienze forestali ed ambientali 675 207 882 76,5 23,5 100,0
Scienze delle produzioni animali 172 131 303 56,8 43,2 100,0
Scienze agrarie tropicali e sub-tropicali 17 7 24 70,8 29,2 100,0
Totale settore agrario 2.684 849 3.533 76,0 24,0 100,0
Fonte: Elaborazione Censis su dati Istat, "Statistiche dell'istruzione universitaria -anno accademico 1991-1992"
Tab. 21 - Donne iscritte ai corsi di laurea (val. %)
Corsi di laurea Anno accademico
1996-1997 1991-1992
Scienze e tecnologie agrarie 27,0 22,7
Scienze forestali e ambientali 32,6 25,5
Scienze delle produzioni animali 49,3 29,4
Scienze agrarie tropicali e sub-tropicali 29,6 31,4
Totale settore agrario 31,0 24,0
Fonte: elaborazione Censis su dati Istat, "Statistiche dell'istruzione universitaria,
anno accademico 1996-1997" e "Statistiche dell'istruzione universitaria, anno
accademico 1991-1992"
fig. 8
Tab. 22 - Studenti iscritti per corso di laurea e sede - Anno accademico 1996 – 1997 (v.a.)
Sedi Corsi Totale per sede
Scienze e tecnologie agrarie Scienze forestali ed ambientali Scienze e tecnologie delle produzioni animali Scienze
agrarie tropicali e sub-tropicali
Ancona 453 453
Bari 669 227 896
Bivona (Univ. Palermo) 607 607
Bologna 1.212 306 1.518
Campobasso (Univ Molise) 120 81 201
Catania 924 924
Firenze 468 1.034 254 1.756
Gallina (Univ. Reggio Calabria) 571 249 820
Grugliasco (Univ. Torino) 595 785 1.380
Legnaro (Univ. Padova) 618 1.045 1.663
Matelica (Univ. Camerino) 79 79
Milano 1.417 631 2.048
Napoli 390 390
Nuoro (Univ. Sassari) 158 158
Palermo 1.203 1.203
Perugia 779 276 1.055
Piacenza (Univ. Cattolica) 464 464
Pisa 674 358 1.032
Portici (Univ. Napoli) 543 543
Potenza (Univ. Basilicata) 342 422 122 886
Ragusa (Univ. Catania) 249 249
Sassari 833 833
Udine 344 175 519
Viterbo (Univ. Tuscia) 696 514 1.210
Totale iscritti 12.925 5.041 2.418 503 20.887
Fonte: elaborazione Censis su dati del Ministero dell'Università e della Ricerca
scientifica e tecnologica, "Il sistema universitario italiano-La popolazione
studentesca. Anno accademico 1996-1997", Istituto Poligrafico dello Stato, Roma
1998
Tab. 23 - Iscritti in corso e fuori corso, ai quattro corsi del settore agrario. Anno accademico
1996-1997 (val. %)
Corsi di laurea Iscritti in corso Iscritti fuori corso Iscritti in totale
Scienze e tecnologie agrarie 70,8 29,2 100,0
Scienze forestali e ambientali 80,1 19,9 100,0
Scienze delle produzioni animali 87,7 12,3 100,0
Scienze agrarie tropicali e sub-tropicali 85,3 14,7 100,0
Totale iscritti settore agrario 75,3 24,7 100,0
Totale universitari 65,2 34,8 100,0
Fonte: elaborazione Censis su dati del Ministero dell'Università e della Ricerca
scientifica e tecnologica "Il sistema universitario italiano. La popolazione
studentesca - Anno accademico 1996-1997" Istituto Poligrafico dello Stato, Roma
1998
4.4. I laureati
4.4.1. I laureati dei corsi in scienze agrarie
I corsi in Scienze agrarie, recentemente ridenominati Scienze e tecnologie agrarie, hanno prodotto,
nell'anno solare 1996, 1.045 laureati (tab. 24). Rispetto all'anno precedente, 42 unità in più. Ma 221
laureati in meno, rispetto al 1991. Cinque anni costituiscono un periodo di tempo ragionevole, per
studiare le evoluzioni dei fenomeni accademici. La nostra analisi esaminerà anche le serie storiche
precedenti.
L'Istituto Nazionale di Statistica un tempo raccoglieva questi dati per anno accademico.
Successivamente, lo ha fatto per anno solare, il quale ingloba i laureati della sessione di febbraio
(che è l'ultima dell'anno accademico precedente) e quelli delle sessioni estiva ed autunnale, le quali
rientrano nell'anno accademico in corso.
Nell'anno accademico 1951-1952, i laureati in scienze agrarie furono 378 (tab. 26). Salirono nel
1976 a 734, poco meno del doppio rispetto all'inizio degli anni cinquanta. Nei ventiquattro anni
intercorsi (una generazione), l'aumento, dunque, non è stato eclatante. Poi, in soli dieci anni (dal
1976 al 1986) essi raddoppiarono, passando da 734 a 1.576. E' stato questo il tetto massimo
raggiunto.
Dal 1986 al 1995, si registra una flessione costante ed abbastanza "regolare". Si è passati da 1.576
laureati a soli 1.003. Soltanto nell'ultimo anno (dal 1995 al 1996) vi è stato il lievissimo incremento
che ha portato a 1.045 laureati. Nel complesso, la flessione dal 1991 al 1996 è stata del 17,5%.
Le sedi universitarie che hanno prodotto il maggior numero di laureati sono state Bologna (152) e
Milano (126). Tutte le altre risultano al di sotto della soglia di 80 unità (tab. 27).
Le laureate aumentano costantemente la loro quota percentuale: erano il 23,6% nel 1991; sono
passate a circa il 27,6% nel 1996 (tab. 28).
Nel 1992 si è laureato in corso il 12,8% degli studenti ed il 9,3% delle studentesse di scienze e
tecnologie agrarie (tab. 30). Sono quote inferiori rispetto al totale di tutti i laureati maschi e
femmine (15,3%) e per le donne, rispetto al totale delle laureate (16,9%) degli altri corsi di laurea. I
laureati di scienze e tecnologie agrarie che si trovano oltre tre anni fuori corso, sono il 36,1%, a
fronte di un totale pari al 21,4%. Le laureate, con oltre tre anni di fuori corso, sono il 30,8%, a
fronte di un totale delle dottoresse pari al 18%.
Nel 1992 risulta che nessuno si è laureato entro i 23 anni (tab. 32), mentre per il totale di tutti i corsi
la quota fu del 4,0% (tab. 33). Il 31,1% si laureò entro i 26 anni (totale 53,3%); il 25,3% terminò gli
studi da 30 anni in su (totale 15,7%).
Le donne: nessuna entro i 23 anni (totale 5,2%); il 33,8% entro i 26 anni (totale 59,2%); oltre i 30
anni il 14,4% (totale 12,4%). Si tratta di dati nettamente negativi.
Nel 1995, le donne hanno lievemente superato gli uomini, nel conseguimento della laurea in corso
(10,2%, contro il 9,9% - tab. 38). Nel confronto donne - uomini, occorre tener presente che questi
ultimi trovano, in una buona parte, l'ostacolo del servizio militare.
Il voto di laurea conseguito non rappresenta un indicatore, su cui fare pieno affidamento. Ha
comunque un suo significato. La tab. 40 documenta che nel 1992 il 20,1% ha ottenuto 110 con lode, a
fronte di un 24,9% sul totale dei laureati ne llo stesso anno. Le donne furono più brave degli
uomini (27,4%), ma lievemente meno brave del totale delle loro colleghe (29,1%).
Il corso di laurea in Scienze forestali, ridenominato Scienze forestali ed ambientali, ha avuto un
andamento diverso da quello in Scienze e tecnologie agrarie. Nell'anno accademico 1951-1952, si
ebbero solo 31 laureati (tab. 41). Negli anni seguenti vi fu una flessione, fino a ritornare a 31 unità di
laureati nel 1971. Da allora vi è stata una crescita, regolare. Nel 1995 è stata superata la soglia di
duecento unità: 215. Nel 1996 si è saliti a 234 laureati. L'aumento dal 1991 al 1996 è stato quindi
del 38,5%.
L'ateneo che ha laureato il numero maggiore di studenti è stato l'Università di Padova, sede di
Legnaro: 72 laureati. Seguono l'Università di Torino, con sede a Grugliasco; e l'Università di
Firenze. entrambe con 50 laureati. Questi tre atenei hanno prodotto complessivamente 172 laureati,
su di un totale di 234 in tutta Italia (tab. 27).
Anche in questo corso di studi (così come in Scienze e tecnologie agrarie), si registra un incremento
delle laureate, le quali sono salite dal 26,6% del 1991 al 29,5% del 1996 (tab. 28).
Nel 1992 si è laureato in corso una quota molto bassa: solo il 6,6%, a fronte di un totale generale del
15,3%. Le laureate furono in tutto 42. I laureati con oltre tre anni di fuori corso sono stati il 26,7%,
mentre il totale è 21,4% (tab. 31).
Nel 1992, il 4,6% terminò gli studi entro i 23 anni (totale 4,1%); entro i 26 anni il 54,2% (totale
53,3%); oltre i 30 anni l'11,9% (totale 15,7) (tab. 35).
Nel 1995 la percentuale delle laureate in corso ha raggiunto il 17,5%, superando i colleghi maschi
(14,4%) (tab. 38). Nel 1992 il 30,1% ebbe 110 con lode, a fronte del 24,9% per tutti i laureati (tab.
40).
Scienze delle produzioni animali ha avuto i suoi primi laureati (39) nel 1976 (tab. 42). Il "tetto"
massimo è stato raggiunto nel 1990, con 108 unità. Da allora, si registra una flessione costante, che
ha portato a soli 80 laureati nel 1996. Tali dati fanno riferimento solo a cinque atenei, mentre altri
quattro hanno istituito tale corso di laurea da un periodo di tempo insufficiente, per poter permettere a
studenti di concludere interamente la loro formazione. Dal 1991 al 1996, la flessione è stata del
16%.
Nel 1996 nell'Università di Bologna si sono laureati 42 studenti, pari quindi ad oltre la metà degli
80 complessivi. Seguono Milano (20), Udine (11), Pisa (6) e l'Università del Molise - Campobasso
con uno solo. I quattro che ancora non hanno "sfornato" laureati sono l'Università di Camerino, con
sede a Matelica; Perugia; Napoli; Università della Basilicata - Potenza (tab. 27).
Le laureate sono salite dal 26,3% del 1991 al 32,5% del 1996, mentre nello stesso periodo il dato
complessivo passa dal 73,7% al 67,5% (tab. 28).
Scienze agrarie tropicali e sub - tropicali è un corso "giovane". Soltanto nel 1989 ha "prodotto" i
primi cinque laureati (tab. 43). Questo corso è offerto in due soli atenei (Firenze; e Catania - sede di
Ragusa). Nel 1991 sei giovani terminarono la loro formazione in questo corso. Essi sono saliti a 23
unità, nel 1996, tutti nell'Università di Firenze (tab. 27). Quindi, con ogni probabilità, l'ateneo di
Catania - sede di Ragusa, offre tale corso da un numero di anni insufficiente per "produrre" laureati.
Le laureate sono state due, su un totale di sei, nel 1991. Sono poi state il 30,4% nel 1996 (tab. 28).
Complessivamente, i quattro corsi di laurea che consentono la successiva iscrizione all'Ordine, hanno
visto salire il numero dei laureati fino al 1986, anno in cui fu raggiunto il punto massimo:
1.846 unità. Da allora, si registra una flessione costante (con l'unica eccezione per il passaggio dal
1995 al 1996), flessione che ha portato a 1.382 il numero dei laureati nel 1996 (tab. 44). Dal 1991 al
1996, la flessione è stata complessivamente del 10,0%.
Tab. 24 - Laureati nei corsi di laurea in agraria, negli anni solari 1996, 1995, 1991 (v.a.)
Corsi di laurea 1996 1995 1991
MF F MF F MF F
Scienze e tecnologie agrarie 1.045 280 1.003 244 1.266 291
Scienze forestali e ambientali 234 69 215 63 169 45
Scienze delle produzioni animali 80 26 88 31 95 25
Scienze agrarie tropicali e sub- tropicali 23 7 23 7 6 2
Totale settore agrario 1.382 382 1.329 345 1.536 363
Fonte: elaborazione Censis su dati Istat, "Statistiche dell'istruzione universitaria anno accademico 1991-1992"; "Statistiche dell'istruzione universitaria -anno
accademico 1995-1996"; e su dati del Ministero dell'Università e della Ricerca
scientifica e tecnologica, "Il sistema universitario italiano - La popolazione
studentesca, anno accademico 1996-1997", Istituto Poligrafico dello Stato, 1998
fig. 9
fig. 10
fig. 11
Tab. 25 - Incremento dei laureati negli anni 1996 e 1995, rispetto ai laureati del 1991 (var. %)
Corsi di laurea 1996 1995
MF F M F F
Scienze e tecnologie agrarie -17,5 -3,8 -20,8 -16,2
Scienze forestali e ambientali 38,5 53,3 27,2 40,0
Scienze delle produzioni animali -15,8 4,0 -7,4 24,0
Scienze agrarie tropicali e sub- tropicali 283,3 250,0 283,3 250,0
Totale settore agrario -10,0 5,2 -13,5 -5,0
Fonte: elaborazione Censis su dati Istat, "Statistiche dell'istruzione universitaria anno accademico 1991-1992"; "Statistiche dell'istruzione universitaria - anno
accademico 1995-1996"; e su dati del Ministero dell'Università e della Ricerca
scientifica e tecnologica, "Il sistema universitario italiano - La popolazione
studentesca, anno accademico 1996-1997", Istituto Poligrafico dello Stato, 1998
Tab. 26 - Laureati del corso di laurea in scienze agrarie e in scienze e
tecnologie agrarie (v.a. e var. %)
Anni Numero di laureati Variazione dalla data precedente
1951-1952 378
1956-1957 397 5,0%
1961-1962 454 14,4%
1966-1967 416 -8,4%
1971 581 39,7%
1976 734 26,3%
1981 1316 79,3%
1986 1576 19,8%
1989 1440 -8,6%
1990 1323 -8,1%
1991 1266 -4,3%
1992 1226 -3,2%
1995 1003 -18,2%
1996 1045 4,2%
Fonte: Istat "Statistiche dell'istruzione universitaria -anno accademico 1991-1992 e
1995-1996" e Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica "Il
sistema universitario italiano-La popolazione studentesca -anno accademico 19961997"
Tab. 27 - Laureati per corsi di laurea ripartiti per sede e per regione. Anno solare 1996 (v.a.)
Sedi per regioni Corsi
Scienze e tecnologie agrarie Scienze forestali ed ambientali Scienze e tecnologie delle produzioni animali Scienze
agrarie tropicali e sub-tropicali
PIEMONTE
Grugliasco (Univ. Torino) 36 50
LOMBARDIA
Milano 126 20
VENETO
Legnaro (Univ. Padova) 79 72
FRIULI VENEZIA GIULIA
Udine 27 11
EMILIA ROMAGNA
Bologna 152 42
Piacenza (Univ. Cattolica) 55
TOSCANA
Firenze 45 50 23
Pisa 58 6
MARCHE
Ancona 28
Matelica (Univ. Camerino) UMBRIA
Perugia 60 LAZIO
Viterbo (Univ. Tuscia) 49 23
MOLISE
Campobasso (Univ Molise) - 1
CAMPANIA
Napoli Portici (Univ. Napoli) 64
PUGLIA
Bari 51 13
BASILICATA
Potenza (Univ. Basilicata) 13 13 CALABRIA
Gallina (Univ. Reggio Calabria) 27 7
SICILIA
Palermo 43
Bivona (Univ. Palermo) 6
Catania 73
Ragusa (Univ. Catania) SARDEGNA
Nuoro (Univ. Sassari) Sassari 59
Totale laureati 1.045 234 80 23
Fonte: elaborazione Censis su dati del Ministero dell'Università e della Ricerca
scientifica e tecnologica "Il sistema universitario italiano - La popolazione
studentesca. Anno accademico 1996-1997", Istituto Poligrafico dello Stato, 1998
Tab. 28 - Ripartizione tra maschi e femmine dei laureati in agraria, negli anni solari 1996, 1995, 1991 (val. %)
Corsi di laurea 1996 1995 1991
MF F MF F MF F
Scienze e tecnologie agrarie 73,2 26,8 75,7 24,3 77,0 23,0
Scienze forestali e ambientali 70,5 29,5 70,7 29,3 73,4 26,6
Scienze delle produzioni animali 67,5 32,5 64,8 35,2 73,7 26,3
Scienze agrarie tropicali e sub- tropicali 69,6 30,4 69,6 30,4 66,7 33,3
Totale settore agrario 72,4 27,6 74,0 26,0 76,4 23,6
Fonte: elaborazione Censis su dati Istat, "Statistiche dell'istruzione universitaria anno accademico 1991-1992"; "Statistiche dell'istruzione universitaria -anno
accademico 1995-1996"; e su dati del Ministero dell'Università e della Ricerca
scientifica e tecnologica, "Il sistema universitario italiano - La popolazione
studentesca, anno accademico 1996-1997", Istituto Poligrafico dello Stato, 1998
Inserire tab. 29
Inserire tab. 30Inserire tab. 31Inserire tab. 32Inserire tab. 33
Inserire tab. 34
Inserire tab. 35
Fig. 12
Inserire tab. 36
Tab. 37 - Ripartizione tra laureati in corso e laureati fuori
corso nell'anno solare 1995 per corso di laurea e sesso (v.a.)
Corsi di laurea In corso Fuori corso
MF F MF F
Scienze e tecnologie agrarie 99 25 904 219
Scienze forestali e ambientali 31 11 184 52
Scienze delle produzioni animali 16 9 72 22
Scienze agrarie tropicali e sub- tropicali - - 23 7
Totale settore agrario 146 45 1.183 300
Fonte: elaborazione Censis su dati Istat, "Statistiche dell'istruzione universitaria anno accademico 1995-1996"
Tab. 38 - Ripartizione tra laureati in corso e laureati fuori corso nell'anno
solare 1995 per corso di laurea e sesso (val. %)
Corsi di laurea In corso Fuori corso
MF F MF F
Scienze e tecnologie agrarie 9,9 10,2 90,1 89,8
Scienze forestali e ambientali 14,4 17,5 85,6 82,5
Scienze delle produzioni animali 18,2 29,0 81,8 71,0
Scienze agrarie tropicali e sub- tropicali - - 100,0 100,0
Totale settore agrario 11,0 13,0 89,0 87,0
Fonte: elaborazione Censis su dati Istat, "Statistiche dell'istruzione universitaria anno accademico 1995-1996"
Tab. 39
Tab. 40
Tab. 41 - Laureati del corso di laurea in scienze forestali e ambientali (v.a. e var. %)
Anni Numero di laureati Variazione dalla data precedente
1951-1952 31
1956-1957 20 -35,5%
1961-1962 9 -55,0%
1966-1967 15 66,7%
1971 31 106,7%
1976 68 119,4%
1981 91 33,8%
1986 172 89,0%
1989 194 12,8%
1990 162 -16,5%
1991 169 4,3%
1992 \ 4,1%
1995 215 22,2%
1996 234 8,8%
Fonte: Istat "Statistiche dell'istruzione universitaria -anno accademico 1991-1992 e
1995-1996" e Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica "Il
sistema universitario italiano-La popolazione studentesca -anno accademico 19961997"
Tab. 42 - Laureati del corso di laurea in scienze delle produzioni animali (v.a. e var. %)
Anni Numero di laureati Variazione dalla data precedente
1951-1952 0
1956-1957 0
1961-1962 0
1966-1967 0
1971 0
1976 39
1981 59 51,3%
1986 98 66,1%
1989 84 -14,3%
1990 108 28,6%
1991 95 -12,0%
1995 88 -7,4%
1996 80 -9,1%
Fonte: Istat "Statistiche dell'istruzione universitaria -anno accademico 1991-1992 e
1995-1996" e Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica "Il
sistema universitario italiano - La popolazione studentesca - anno accademico 19961997"
Tab. 43 - Laureati del corso di laurea in scienze tropicali e sub-tropicali (v.a. e var. %)
Anni Numero di laureati Variazione dalla data precedente
1951-1952 0
1956-1957 0
1961-1962 0
1966-1967 0
1971 0
1976 0
1981 0
1986 0
1989 5
1990 6 20,0%
1991 6 0,0%
1995 23 283,3%
1996 23 0,0%
Fonte: Istat "Statistiche dell'istruzione universitaria -anno accademico 1991-1992 e
1995-1996"e Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica "Il
sistema universitario italiano - La popolazione studentesca - anno accademico 19961997"
Tab. 44 - Laureati dei quattro corsi di laurea in agraria (v.a. e var. %)
Anni Numero di laureati Variazione dalla data precedente
1951-1952 409
1956-1957 417 2,0%
1961-1962 463 11,0%
1966-1967 431 -6,9%
1971 612 42,0%
1976 841 37,4%
1981 1466 74,3%
1986 1846 25,9%
1989 1723 -6,7%
1990 1599 -7,2%
1991 1536 -3,9%
1995 1329 -13,5%
1996 1382 4,0%
Fonte: Istat "Statistiche dell'istruzione universitaria -anno accademico 1991-1992 e
1995-1996"e Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica "Il
sistema universitario italiano - La popolazione studentesca - anno accademico 19961997"
Fig. 13
4.5. Gli sbocchi occupazionali dei laureati
Preziosa, analitica ed unica fonte di informazione è la ricerca che l'Istat compie ogni tre anni e che
pubblica in volumi dal titolo "Indagine sull'inserimento professionale dei laureati". L'ultima
disponibile porta la data del 1995, anno in cui fu intervistato un campione rappresentativo di chi
aveva concluso gli studi universitari nel 1992.
I due corsi di laurea considerati dall'Istat sono Scienze agrarie e Scienze forestali, oltre, ovviamente
a molti altri che non rivestono interesse dal punto di vista dell'Ordine dei Dottori agronomi e dei
Dottori forestali.
L'analisi sarà centrata sugli sbocchi occupazionali di questi due corsi, ma sarà anche fatto
continuamente confronto e riferimento all'esito occupazionale del complesso di tutti i laureati, al
fine di vedere l'eventuale andamento differente dei laureati in questi due corsi, rispetto al totale di
coloro che hanno terminato tutti i corsi di laurea. Pertanto con la dizione "totale" verrà indicato lo
sbocco occupazione del totale dei laureati di tutti i corsi di laurea.
4.5.1. I laureati in scienze agrarie
A tre anni dalla conclusione dell'università, tre laureati su quattro (74,0%) risultavano occupati (tab.
46). Il 14,4% lavorava già, prima di terminare gli studi universitari ed esercita il medesimo lavoro.
Dopo la laurea, il 32,7% ha trovato un'occupazione stabile ed il 26,8% una non stabile.
Rispetto al "totale", cioè a tutti i laureati di corsi di laureati, i dottori in scienze agrarie dimostrano
una performance superiore. Infatti, il totale dei laureati occupati è di sette punti percentuali più basso
(66,8%, quindi esattamente i due terzi). Sostanzialmente identica è la quota di coloro che avevano un
lavoro già prima di concludere gli studi. Tra coloro che hanno trovato lavoro dopo la laurea, il totale
degli occupati stabili è di due punti inferiore ai dottori in scienze agrarie; ed il totale di coloro che
hanno un'occupazione non stabile è di oltre cinque punti percentuali inferiore.
Tralasciando la distinzione tra coloro che già lavoravano prima della laurea e coloro che
l'occupazione l'hanno trovata dopo, quindi considerando complessivamente quel 74,0% di dottori
agronomi occupati, risultano queste significative specificazione: lavora stabilmente il 45,7% (totale
41,7%), precariamente il 18,2% (totale 14,1%), solo occasionalmente il 5,8% (totale 4,8%), per
contratto di formazione - lavoro il 4,2% (totale 6,1%) (tab. 48).
Quale tipo di lavoro esercitano i dottori agronomi? Oltre il 43% un'attività "indipendente". Tale
quota è di oltre sette punti percentuali superiore, rispetto al "totale" (tab. 50). Il la voro indipendente
si "articola" nel modo seguente: imprenditore - libero professionista 34,7% (totale 28,9%),
lavoratore in proprio 1,4% (totale 1,2%), altro 7,3%.
I dottori agronomi lavoratori dipendenti sono il 56,6%, così articolato: dirigente 0,9% (totale 1,4%);
quadro tecnico 22,5% (totale 9,2%); impiegato 17,3% (tot. 31,1%); insegnante 8,1% (tot. 14%); altro
7,8%. Inferiore è dunque la quota di dirigenti, più del doppio quella relativa ai quadri tecnici;
all'incirca la metà del totale la percentuale degli impiegati e degli insegnanti. Analizzando infine i
laureati che non lavorano il 20,2%, cerca lavoro; mentre il 5,9% che dichiara di non cercare lavoro
(tab. 46).
Una immagine più chiara viene ottenuta considerando cento questo gruppo di inoccupati. Tra i
dottori agronomi inoccupati, il 77,5% cerca lavoro ed il 22,5% non lo cerca. Il "totale" di tutti i
laureati vede un 68,9% di inoccupati "attivo" nella ricerca di un'occupazione, ed il restante 31,1%
"passivo". I dottori agronomi inoccupati, dunque, appaiono più dinamici e volenterosi rispetto ai
laureati delle altre discipline (tab. 52).
Quali sono le motivazioni di coloro che non cercano lavoro? Il 3,7% è in attesa di chiamata a
lavorare in un'azienda (totale 0,7%). Quindi, da una parte è esatto che non hanno lavoro e non lo
cercano. Ma sostanzialmente, lo hanno già trovato. Il 17,2% non cerca lavoro per motivi di studio o
di qualifica professionale. Questa quota risulta superiore nel "totale", pari al 23,8%. Quindi i dottori
agronomi impegnati in studi post-laurea sono, in proporzione, in numero minore, rispetto al totale.
Infine, non cerca lavoro "per motivi personali o familiari" l'1,6% (totale 2,9%).
Elemento importante è il tempo intercorso tra la laurea ed il primo inserimento nel sistema
produttivo, dopo la laurea. Il 18,3% dei dottori agronomi ha atteso un mese o meno di un mese; il
16,1% due o tre mesi; da quattro a dodici mesi il 38,0%; da tredici a ventiquattro mesi il 21,6%;
oltre i due anni il 6,0% (tab. 54). Quindi l'attesa per l'inserimento nel mondo del lavoro appare in
una certa misura minore rispetto ai laureati in altri corsi.
L'Istat ha spinto la propria indagine ad un livello più profondo, rilevando anche il tempo intercorso
tra la ricerca ed il "ritrovamento" (termine forse non perfetto usato dal nostro Istituto nazionale di
statistica) della prima occupazione. I dati precedenti si riferivano al tempo intercorso tra la laurea e
la prima occupazione. Questi dati, invece, hanno un altro "punto di partenza", costituito dal
momento in cui l'interessato si è attivato, si è messo alla ricerca. Il punto di arrivo, in entrambi i
casi, è il medesimo: il "ritrovamento" del lavoro. Il gruppo considerato sotto questo profilo è
costituito dai soli laureati che il lavoro lo hanno trovato dopo la laurea. Non sono compresi quelli
che già lavoravano pre- laurea.
Ben il 30,1% dei dottori agronomi ha impiegato meno di un mese, tra il momento in cui si è messo
alla ricerca della prima occupazione ed il momento in cui l'ha trovata. Il "totale" di tutti i laureati è
la metà: 16,4% circa. Circa il 20% dei dottori agronomi ha impiegato uno o due o tre mesi (totale
circa 28%); da quattro a dodici mesi circa il 33% (totale circa il 37,0%); da tredici a ventiquattro
mesi circa il 10% (totale circa il 13,0%); oltre i due anni 6,9% (totale 5,1%) (tab. 56).
L'intervallo di tempo medio intercorso tra l'inizio della ricerca ed il primo lavoro è stato di nove
mesi, mentre per il totale è stato di dieci mesi.
Nel complesso dottori agronomi hanno dunque tempi di attesa della prima occupazione inferiori a
quelli dei loro colleghi laureati in altri corsi.
4.5.2. Le laureate in scienze agrarie
Le ragazze uscite dal corso di laurea in Scienze agrarie risultano in un'amara situazione
occupazionale, a tre anni di distanza dal conseguimento della laurea.
L'analisi della loro situazione occupazionale sarà condotta compiendo confronti con due "gruppi di
riferimento" così composti:
il totale di tutte le laureate in tutti i corsi di laurea. Questo gruppo sarà richiamato
con la denominazione "totale generale";
tutti i maschi e femmine, che hanno conseguito la laurea in scienze agrarie. Questo
gruppo sarà richiamato con la denominazione "totale specifico". L'Istat fornisce i dati
relativi a maschi e femmine insieme, e quelli relativi alle sole femmine. La nostra
analisi metterà a fuoco la differenza tra, da una parte, le sole femmine, e, dall'altra,
l'insieme maschi- femmine. Ci si muoverà entro questo limite oggettivo. Ma si vuole
richiamare l'attenzione sul fatto che certe differenze, che possono apparire lievi,
risulterebbero più evidenti se fossero disponibili anche i dati distinti relativi ai soli
uomini. In tal caso, sarebbe possibile un confronto "diretto".
A tre anni dal termine degli studi, risulta occupato solo il 58,2% delle donne, a fronte di un "totale
generale" di tutte le laureate che raggiunge il 61,4%; ed a fronte del fatto che complessivamente
maschi e femmine laureati in scienze agrarie hanno lavoro nella misura del 74,0% (tab. 46).
Non positivi appaiono i dati relativi alle laureate che lavoravano prima di terminare gli studi e che al
momento dell'intervista svolgevano il medesimo lavoro. Il totale delle laureate era pari al 13,9%,
dato sostanzialmente analogo al 14,4 del totale dei laureati in Scienze agrarie. Le donne sono
esattamente la metà: 7,0%.
Anche sotto il profilo della stabilità della occupazione conseguita dopo la laurea, le laureate in
scienze agrarie risultano in una posizione di netta inferiorità: ha un lavoro stabile solo il 14,1%, a
fronte del 23,6% del totale 32,7% del totale specifico. E' occupato non stabilmente ben il 37,1%, a
fronte del 24,0% del totale e del 26,8% del complesso maschi- femmine che hanno concluso questo
corso di laurea.
Tralasciando la distinzione tra le donne che già lavorano prima della laurea e quelle che hanno
trovato un'occupazione successivamente al termine degli studi. Lavora stabilmente solo il 21,1%
delle laureate, dato da confrontare con il 32,8% del totale di tutte le laureate e con il 45,7% del
totale specifico (tab. 48). Il dato relativo all'occupazione stabile delle donne risulta, quindi,
purtroppo inferiore della metà del dato complessivo relativo a questo tipo di laureati.
Il 25,3% delle occupate ha un lavoro precario. Tale quota scende al 18,2%, se consideriamo sia tutte
le laureate, sia il complesso maschi- femmine. Il 7,0% ha un contratto di formazione lavoro (il 5,2%
del totale generale ed il 4,2% del totale specifico). Il 4,8% lavora solo occasionalmente.
Svolge un'attività professionale indipendente il 30,8% delle dottoresse in scienze agrarie. Due punti
percentuali in più rispetto al totale, ma ben oltre dodici punti in meno rispetto a quel 43,4% relativo
al complesso maschi- femmine. Il 24,9% è imprenditore – libero professionista, mentre è il 20,8% del
totale, e ben il 34,7% del complesso maschi- femmine uscite da questo corso di laurea (tab. 50). Tra le
occupate dipendenti, le dirigenti risultano inesistenti, mentre nel totale esse sono l'1,1% e nel
complesso maschi- femmine dottori agrari sono lo 0,9%. Occupa la posizione di "quadro tecnico –
funzionario" il 20,4% (5,8% del totale e 22,5% del complesso maschi- femmine). Le insegnanti sono
il 19,6%, meno del totale (23,7%), ma più del doppio in confronto con il dato relativo a uominidonne che hanno compiuto questo tipo di studi. Il 13,2 % è costituito da impiegate, quota che
costituisce meno della metà del totale e quattro punti in meno del complesso maschi- femmine
(17%). Resta un abbondante ed indistinto "altro", che raccoglie il 16%.
Le laureate inoccupate sono il 41,8%, gruppo costituito da un 33,2% che cerca lavoro ed un circa
9% che non lo cerca (tab. 48). Considerando complessivamente cento questo gruppo, cerca lavoro il
79,2%. Questo dato è di sei punti superiore al totale generale (73%) e di due punti superiore al
gruppo "specifico" di riferimento (77,5%) (tab. 52).
Il 20,8% delle laureate in scienze agrarie non cerca lavoro. Le ragioni di questa linea di condotta,
sono: il 14,6% perché sta proseguendo nella formazione. Tale quota è inferiore al totale generale
(20%) ed anche al totale "specifico": 17,2%. Il 4,1% non è attivo nella ricerca di occupazione per
"motivi personali o familiari". E' sostanzialmente la medesima quota del totale generale, mentre il
gruppo di riferimento specifico è dell'1,6%. Infine il 2,1% è in attesa di chiamata a lavorare in
un'azienda.
Si può ora esaminare l'intervallo di tempo tra:
1. la laurea e la prima occupazione;
2. l'inizio della ricerca del lavoro e la prima occupazione.
Ha trovato lavoro in un mese o in meno di un mese solo il 7,2% delle dottoresse in scienze agrarie
quindi poco meno della metà rispetto al totale generale (13,0%) e meno della metà rispetto al
gruppo di riferimento specifico: 18,2% (tab. 54).
In due - tre mesi, aveva trovato lavoro il 15,9%, quota identica al gruppo di riferimento specifico, ma
inferiore al totale generale (18,8%). Da quattro a dodici mesi, il 40,3%; mentre il totale generale è il
41,8%, il gruppo di riferimento più specifico 38%.
Il 27,6% ha impiegato da tredici a 24 mesi; il 18,0% è il totale generale ed il 21,6% il gruppo di
riferimento specifico. L'8,9% ha impiegato più di due anni. Questa quota è di pochissimo superiore
al totale generale (8,3%) e di tre punti percentuali superiore al totale specifico.
L'intervallo di tempo medio intercorso tra la laurea e l'inserimento nel sistema produttivo è stato di
dieci mesi, mentre è stato inferiore (nove mesi) per il totale delle laureate ed il totale di coloro
(maschi e femmine) usciti dal corso di laurea in scienze agrarie.
Per ciò che concerne l'intervallo tra inizio della ricerca e prima occupazione, il 22,9% ha impiegato
meno di un mese, dunque molte più del totale generale (14,5%) ma meno del gruppo di riferimento,
attestato complessivamente al 30,1% (tab. 56).
Il 10% ha impiegato uno - due - tre mesi. Il totale di tutte le laureate occupate è tre volte superiore.
Il totale dei laureati- laureate in agraria è circa il doppio.
Da quattro mesi a ventiquattro mesi sono stati necessari per trovare lavoro al 58,5% delle dottoresse
in scienze agrarie. Tra tutte le laureate, questa quota scende a circa il 49%. Nel complesso dei
laureati- laureate in scienze agrarie scende ulteriormente a circa il 43%.
Oltre due anni, infine, ha impiegato l'8,7% di questo gruppo, mentre tale lunghissima attesa ha
riguardato il 7,2% del totale generale e il 6,9% del complesso maschi- femmine laureati in scienze
agrarie.
Il tempo medio intercorso tra ricerca di lavoro ed inserimento nel sistema produttivo è stato di nove
mesi, mentre è stato di sette mesi per il totale delle laureate e per il totale di maschi- femmine uscite
dal corso di laurea in scienze agrarie.
Le occupate uscite da questo corso di studi, hanno, dunque, tempi di attesa più lunghi, prima di
inserirsi nel sistema produttivo, sia in confronto alla media delle laureate, sia in confronto ai loro
colleghi maschi usciti dal medesimo corso di laurea.
4.5.3. I laureati in scienze forestali
Il 71,4% dei dottori forestali risulta occupato, a tre anni dalla laurea. Una performance superiore di
quattro punti a quella del "totale", costituito da tutti i laureati e pari a 66,8% (tab. 46). Ma, come
vedremo, la situazione è non così positiva come questo primo dato farebbe pensare.
Il 30,5% (il totale è identico) ha trovato, dopo la conclusione degli studi, un lavoro stabile il 31% un
lavoro non stabile (totale 21,5%), il ì 10,2% già lavorava prima della laurea.
Introducendo la distinzione tra coloro che lavoravano prima del conseguimento della laurea e coloro
che hanno trovato lavoro dopo la laurea; e documenta sul gruppo formato complessivamente da
coloro che hanno occupazione, puntando l'attenzione.
Il 32,6% dei dottori forestali ha un lavoro stabile (tab. 48). Il totale è ben più alto; pari al 41,7%. Il
28,0% ha un lavoro precario, il doppio del "totale" costituito da tutti i laureati. Lavora solo
occasionalmente l'8,3%. Il 2,5% ha un contratto di formazione - lavoro.
La situazione occupazionale, considerata sotto questo fondamentale profilo della stabilità/precarietà
del rapporto di lavoro, si presenta dunque sfavorevole per i dottori forestali, rispetto al totale di tutti i
laureati.
Per ciò che concerne la posizione nella professione il 30,8% è imprenditore o libero professionista
complessivamente il 41,4% è costituito da lavoratori indipendenti (tab. 50).
Nell'ambito dei lavoratori dipendenti, troviamo che il 3,4% è costituito da dirigenti, quota più che
doppia del totale. Il 17,1% svolge la funzione di quadro tecnico o funzionario (totale 9%), mentre il
17,6% lavora come insegnante, quota di poco superiore al "totale" (14,0%) Il 6,9% svolge la
funzione di impiegato (il totale è 31,1%, quindi superiore più di quattro volte). Un 13,5% è
classificato sotto "altro". Il totale dei dottori forestali lavoratori dipendenti è 58,6% (il totale è
64,1%).
Tra i laureati che non lavo rano il 23,8% è impegnato nella ricerca del lavoro (tab. 48). Questo gruppo
complessivo di inoccupati è presentato con più chiarezza dalla tabella 52, la quale considera cento gli
inoccupati e quindi risulta che tra di loro l'83,1% cerca lavoro (totale 68,9%d il 16,9% non lo cerca
(totale 31,1%). Vi è quindi, tra i dottori forestali inoccupati, un impegno nella ricerca di inserimento
nel sistema produttivo, superiore rispetto al "totale". Il 16,9% apparentemente inattivo è costituito da
un 12,9% che sta proseguendo nella formazione (il totale è superiore, pari al 23,8%) e da un 4,0% che
attende la chiamata di un'azienda, quindi che sta per entrare nel sistema produttivo
(il totale è molto più basso: 0,7%).
Considerando il tempo intercorso tra la laurea ed il primo inserimento nel lavoro dopo la laurea,
oltre 46,0% ha trovato lavoro entro soli tre mesi dalla laurea: una quota molto superiore al totale,
che è 31%. Entro un anno, il 72,6%, contro il 68,8%. Il 41,0% dei dottori forestali ha impiegato da
quattro a ventiquattro mesi. Il 12,6% ha purtroppo impiegato più di due anni; questa quota risulta
superiore al "totale", che è pari all'8,4% (tab. 54).
L'intervallo medio di tempo intercorso tra la laurea e l'occupazione risulta di otto mesi, a fronte di un
totale pari a dieci mesi. Complessivamente, risulta quindi un tempo di non poco inferiore. Riguardo
il tempo intercorso tra ricerca di lavoro ed inserimento nel sistema produttivo, il 47,0% lo
ha trovato entro tre mesi (totale 45,0%); il 48,0% ha impiegato da quattro a ventiquattro mesi (totale
50%); gli altri hanno speso più di due anni di tempo: essi sono il 5,0%, sia tra i dottori forestali, sia
nel totale.
Il tempo medio intercorso tra ricerca del lavoro ed inserimento nel sistema produttivo risulta di sette
mesi, sia per i dottori forestali, sia per tutti i laureati.
Nel 1992, solo quarantadue donne si laurearono in scienze forestali. L'Istat presenta dati sui loro
sbocchi occupazionali. Ma quella base troppo esigua non consente riflessioni fondate.
4.5.4. Le laureate in scienze forestali
L'analisi sarà condotta con riferimento sia al "totale generale" costituito dalle laureate di tutti i corsi
di laurea, sia con riferimento al "totale specifico", delle laureate in scienze forestali. Questa base
molto limitata impone una analisi meno approfondita e cautela nella considerazione dei dati.
Nei tre anni successivi alla laurea, il 38,0% ha trovato un lavoro stabile, il 42,1% un lavoro non
stabile. Il 7,9% già lavorava prima di terminare gli studi (tab. 46). La somma di queste tre quote
porta ad un 88,0%, percentuale di ben ventisette punti superiore rispetto a tutte le laureate e di
diciassette punti superiore in confronto con il "totale specifico". Quattro laureate non hanno lavoro e
lo cercano. Una non ha lavoro e lo non cerca, perché sta sviluppando la sua formazione.
La performance delle dottoresse in scienze forestali è migliore, soprattutto nei confronti di tutte le
colleghe ma anche nei confronti dei maschi che hanno conseguito la loro medesima laurea.
Considerando congiuntamente quante lavoravano pre e post laurea, le laureate in scienze forestali
hanno un lavoro stabile nella misura del 43,6% (totale generale 32,8% e totale specifico 32,6%); il
32,6% ha un lavoro precario (totale generale 18% e totale specifico 28%); infine, il 14,7% lavora
solo occasionalmente (totale generale 5,4%, totale specifico 8,3%).
Il 45,3% di loro esercita un'attività indipendente (tab. 50). La quota è fortemente superiore al totale
delle laureate (28,8%) e lievemente superiore al totale specifico. Il 28,6% è libero imprenditore o
professionista, il restante 17,6% è catalogato dall'Istat sotto la generica definizione di "altro".
Tra le lavoratrici dipendenti, nessuna risulta ricoprire la funzione di dirigente. Il 32,2% è insegnante:
questa quota è notevolmente superiore al "totale generale" (23,7%); ed è quasi il doppio rispetto al
"totale specifico" (17,6%).
Il 14% svolge la funzione di impiegato, percentuale che è la metà rispetto al totale generale, ma il
doppio rispetto al totale specifico. Solo il 3,2% svolge la funzione di quadro tecnico – funzionario
(totale generale 5,8%, totale specifico cinque volte di più: 17,1%). C'è infine il solito indistinto
"altro", che raccoglie il 5,4% di queste laureate.
L'intervallo di tempo intercorso tra la laurea e l'inserimento nel sistema produttivo è uguale
all'intervallo intercorso tra la ricerca ed il conseguimento del lavoro (tabb. 54 e 56). L'intervallo di
tempo medio è stato di soli sei mesi. Per il totale della laureate è stato di nove mesi. Per il totale del
complesso maschi- femmine è stato di otto mesi.
Pur con la prudenza ispirata al fatto che le laureate siano state solo 42, questi dati comunque si
presentano di segno positivo.
4.5.5. La domanda delle imprese per il Dottore Agronomo e Forestale
Nelle pagine precedenti si è dato ampio rilevo ai dati dell'ultima Indagine sull'inserimento
professionale dei laureati realizzata dall'Istat nel 1995. Nel complesso, si è sottolineato che i dottori
agronomi e forestali riescono a trovare una occupazione con maggiore facilità e soprattutto in minor
tempo in confronto agli altri laureati, A completamento di tale analisi, appare opportuno svolgere
alcune riflessioni ulteriori sulla base dei recenti dati sulla domanda di lavoro per questi professionisti.
In questa ottica, un utile apporto è offerto dai risultati del Sistema Informativo Excelsior, progetto
realizzato dalle Camere di Commercio, con il coordinamento dell'Unioncamere e del Ministero del
Lavoro e della Previdenza Sociale. Tale Sistema offre un quadro aggiornato sulla domanda di lavoro
espressa dalle imprese private iscritte al Registro delle Imprese delle Camere di Commercio, con
almeno un dipendente e in attività. Rimangono invece escluse le imprese del settore agricolo e della
pesca, le unità operative della pubblica amministrazione, le aziende pubbliche del settore sanitario, le
unità scolastiche e le università, le organizzazioni associative. In particolare, in questa sede verranno
presi in esame i dati relativi ai titoli di studio ed alle professioni richieste dalle imprese, riportati
nelle due pubblicazioni sinora realizzate del 1997 e del 1998.
Per ciò che concerne i diplomi universitari dell'indirizzo agro-alimentare, per il biennio 1997/98 le
imprese prevedevano in complesso di assumere 53 diplomati. In particolare, il 92,5% era richiesto da
imprese con un massimo di 49 dipendenti e destinato a ricoprire ruoli nell'area tecnico
produttiva/operativa. Per il 66,0% di queste nuove assunzioni infine non era richiesta altra esperienza
ed era altresì prevista una ulteriore formazione da realizzare nell'ambito dell'impresa in vista
dell'impiego operativo. Differenti appaiono invece le previsioni per il biennio 1998/99: nel complesso
i diplomati richiesti scendono a 24.
Si tratta quindi di un trend oggettivamente negativo. Come già esposto nelle pagine precedenti,
nell'anno accademico 1996/97 gli iscritti ai corsi di diploma universitario del settore agrario erano
in tutto 2011, mentre i diplomati erano 134. Considerando la domanda delle imprese, specie per il
biennio 1998/99, si può concludere che esiste fin da ora un evidente eccesso di offerta. Appare
urgente in definitiva una profonda ridefinizione dell'intero sistema formativo dei diplomi
universitari, considerando in primo luogo che, a norma di legge, l'istituzione di un corso di diploma
universitario avviene solo qualora sia verificata una reale richiesta da parte del mercato. Inoltre,
l'assetto complessivo subirà profonde revisioni, anche in considerazione degli obblighi derivanti
dall'adesione da parte dell'Italia alla "Dichiarazione di Sorbona" del 25 maggio 1998 e della recente
legge 14 gennaio 1999, n. 4 (vedi par. 6.6.).
Per ciò che riguarda il titolo di laurea, i dati pubblicati dal Sistema Excelsior nel 1997 evidenziano
che per il biennio 1997/98 le assunzioni di laureati del settore agro-alimentare previste dalle imprese
erano in tutto 481, in particolare 223 per agraria e 258 per scienze alimentari e della produzione
animale. Il 51,4% di queste nuove assunzioni era effettuato da imprese con un massimo di 49
dipendenti, mentre per il 60,5% era prevista una ulteriore formazione in ambito lavorativo. Anche
per i laureati, il settore di inserimento prevalente era rappresentato dal tecnico produttivo/operativo
(71,3%), con una maggiore rilevanza dell'area amministrativa e commerciale
(25,6%). Infine, la conoscenza delle lingue (91,3%) e di nozioni informatiche (96,6%) sono profili
di rilievo per le imprese che intendono assumere laureati del settore agrario. Notevolmente mutata
appare invece la previsione per il biennio 1998/99: nel complesso le imprese richiedono solo 116
laureati.
Anche da questi dati emerge un quadro negativo circa la possibilità per diplomati e laureati del
settore agrario di trovare una adeguata collocazione nel settore privato. Tale fatto appare nella sua
evidenza considerando il dato relativo al numero di laureati del settore agrario, stabilizzatosi nel
1996 ben oltre le 1.300 unità. Oltre al dato numerico, dal raffronto tra il biennio 1997/98 e il
biennio 1998/99 si evince che la già esigua domanda espressa dalle imprese nei riguardi dei laureati
del settore agrario si è contratta.
Una ulteriore conferma di tale scenario è rinvenibile dall'analisi dei dati del Sistema Excelsior sulle
professioni richieste dalle imprese. Per il biennio 1997/98 si prevedeva l'inserimento di soli 14
agronomi ed assimilati, per il 98/99 si prevede un incremento, molto consistente, corrispondente a
93 unità. In conclusione, il settore privato impiega attualmente una quota decisamente marginale di
dottori agronomi e forestali. Resta da verificare quali siano le opportunità offerte dal settore
pubblico e dalla libera professione, aree su cui non vi è peraltro disponibilità di fonti ufficiali.
In ogni caso, nel settore pubblico, il dottore agronomo e forestale potrebbe rafforzare la sua presenza
in rapporto alla sua attitudine a proporsi come professionista in grado di offrire prestazioni tecniche e
progettuali in materia di gestione e tutela territorio. Tale ipotesi appare subordinata
all' adozione di vasta scala di politiche e procedure amministrative, a livello centrale e periferico,
che introducano i concetti di sviluppo sostenibile nell'utilizzo della "risorsa suolo", rese peraltro
urgenti dal progressivo deterioramento del Paese dal punto di vista idrogeologico.
Infine, sembra orientarsi verso la libera professione un numero crescente di dottori agronomi e
forestali, specie i più giovani, seppure con notevoli difficoltà. In particolare, l'intero sistema
formativo, come più volte sottolineato in questa parte della ricerca, appare per molti versi
inadeguato a fornire una formazione coerente con la libera attività. In questo senso, un ruolo di
indirizzo e coordinamento deve essere svolto dallo stesso Ordine, sia nel sollecitare il mondo
accademico a riorientare in tal senso programmi e strutture, sia nel prefigurare forme di
aggiornamento post-lauream.
Contare 12 pagg compresa questa Tabb. Da 45 a
56
4.6. I corsi di diploma
4.6.1. Premessa
"La dichiarazione della Sorbona", firmata il 25 maggio 1998 dal ministro italiano dell'Università e
della Ricerca scientifica e tecnologica, e dai suoi colleghi di Francia, Germania e Inghilterra ( e
successivamente condivisa anche da Spagna e Svezia) rappresenta un accordo europeo che
prefigura la abrogazione in Italia dei corsi di diploma. Su questa linea di sviluppo ci soffermeremo
successivamente, nel capitolo conclusivo.
Di recente in materia di diplomi universitari sono state introdotte delle importanti modifiche dalla
legge 14 gennaio 1999, n. 4 (pubblicata dalla G.U. del 19 gennaio 1999).
L'art. 1, comma 5 statuisce che:
negli albi degli ordini professionali saranno istituite apposite sezioni riservate ai
titolari di diplomi universitari;
sarà determinato l'ambito di attività professionale degli iscritti a queste sezioni.
La legge fissa la procedura per la procedura per la creazione delle sezioni dei diplomati universitari e
per la determinazione degli ambiti di competenza. E' prevista l'emanazione di uno o più regolamenti,
su proposta del Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica, di concerto con il
Ministero di Grazia e Giustizia.
La legge introduce quindi una rilevante novità. E' riconosciuto infatti ai titolari di diplomi
universitari di iscriversi agli ordini professionali in apposite sezioni. La norma di legge lascia
intendere che le competenze dei diplomati saranno più limitate rispetto ai professionisti laureati. In
merito, è importante sottolineare che la legge impone la preventiva consultazione degli organi
direttivi degli ordini professionali, ordini professionali a cui viene affidato un ruolo centrale nella
determinazione delle norme esecutive sugli ambiti di competenza.
4.6.2. Gli ordinamenti didattici
Gli ordinamenti didattici dei corsi di diploma universitario sono stati determinati con i seguenti
decreti del ministro dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica:
decreto 15 novembre 1991, in Gazzetta Ufficiale 11 maggio 1992, relativo ad un
gruppo di diplomi;
decreto 19 febbraio 1994, in Gazzetta Ufficiale 22 aprile 1994, relativo a tecniche
forestali e tecnologie del legno;
decreto 6 giugno 1995, in Gazzetta Ufficiale 19 febbraio 1996, relativo a tecniche
erboristiche;
decreto 4 novembre 1996, in Gazzetta Ufficiale 30 dicembre 1996, relativo a
viticoltura ed enologia.
I corsi hanno tutti durata triennale e sono a numero programmato. Il Senato accademico ogni anno
decide il numero degli iscrivibili. Ogni corso è articolato in "orientamenti", che sono fissati dal
regolamento dell'ateneo. Il titolo di studio finale indica il profilo professionale specifico conseguito
seguendo quel determinato orientamento.
Coloro che conseguono un diploma del gruppo agrario, possono poi proseguire gli studi in tutti i
corsi di laurea delle facoltà di agraria.
L'attività didattica comprende complessivamente 1.800 ore, di cui almeno 200 dedicate al tirocinio
e/o elaborato finale. Attività di laboratorio e di tirocinio possono essere svolte anche all'esterno
dell'ateneo, in istituzioni italiane o straniere, con le quali sia stata stipulata una convenzione.
Il numero degli esami viene definito da ogni università tra un minimo di 15 ed un massimo di 18.
Durante il primo biennio, lo studente deve dimostrare la comprensione e la conoscenza pratica di
almeno una lingua straniera.
L'esame di diploma consiste in una discussione tendente ad accertare la preparazione di base e
professionale del candidato, durante la quale potrà essere discusso un elaborato finale.
4.6.3. L'offerta
Venti università offrono corsi di diploma del settore agrario. Alcune solo nella propria sede
principale, altre solo in altre sedi; infine, altre sia nella sede principale, sia in sedi secondarie.
Trentasei sono complessivamente le città o le cittadine in cui si svolgono questi corsi.
Tre atenei (L'Aquila, Roma "La Sapienza", Urbino) non hanno la facoltà di agraria ed offrono tali
corsi in altre facoltà.
4.6.4. Gli iscritti
Nell'anno accademico 1996 - 1997, erano duemilaundici gli iscritti a tutti i corsi di diploma. Un
numero dunque esiguo.
Molto diverso il numero degli iscritti, a seconda del tipo di corso. Si passa da seicento a novanta:
Tecnologie alimentari 608
Produzioni animali 490
Produzioni vegetali 343
Gestione tecnica e amministrativa in agricoltura 210
Biotecnologie agro-alimentari 166
Tecniche forestali e tecnologie del legno 104
Tecniche erboristiche 90
Il 61,3% degli iscritti è costituito da maschi. Le ragazze frequentano in particolare tre corsi:
Tecniche erboristiche (sono il 62,2%); Produzioni animali (48,0%); Biotecnologie agro-alimentari
(44,0%) (tab. 58).
4.6.5. I diplomati
Nell'anno accademico 1996 - 1997 vi sono stati soltanto 134 diplomati (tab. 59), usciti da quattro
tipi di corsi di diploma. Gli altri corsi dovevano ancora concludere il primo ciclo formativo.
I maschi hanno costituito il 63,4% di questi diplomati (tab. 60).
Tav. 8 - Corsi di diploma universitario del settore agrario
Diploma universitario in Biotecnologie agro-industriali
Diploma universitario in Gestione tecnica e amministrativa in agricoltura
Diploma u niversitario in Produzioni animali
Diploma universitario in Produzioni vegetali
Diploma universitario in Tecniche erboristiche
Diploma universitario in Tecniche forestali e tecnologie del legno
Diploma universitario in Tecnologie alimentari
Fonte: Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica, "Il sistema
universitario italiano. La popolazione studentesca-anno accademico 1996-1997",
Istituto Poligrafico dello Stato, Roma 1998.
Tav. 9 - Diploma universitario in Biotecnologie agro-industriali
Sedi Facoltà
Avezzano (Università dell'Aquila) Scienze matematiche, fisiche e naturali
Fano (Università di Urbino) Scienze matematiche, fisiche e naturali
Ferrara Scienze matematiche, fisiche e naturali
Latina (Università di Roma "La Sapienza") Scienze matematiche, fisiche e naturali
Legnano (Univ. di Padova) Scienze matematiche, fisiche e naturali
Fonte: Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica, "Il sistema
universitario italiano. La popolazione studentesca-anno accademico 1996-1997",
Istituto Poligrafico dello Stato, Roma 1998.
Tav. 10 - Diploma universitario in Gestione tecnica e amministrativa in agricoltura
Sedi Facoltà
Edolo (Univ. di Milano) Agraria
Potenza/Matera (Univ. della Basilicata) Agraria
Legnaro (Univ. di Padova) Agraria
Viterbo Agraria
Città della Pieve (Univ. di Perugia) Agraria
Perugia Agraria
Pisa Agraria
Fonte: Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica, "Il sistema
universitario italiano- La popolazione studentesca- anno accademico 1996-1997",
Istituto Poligrafico dello Stato, Roma 1998.
Tav. 11 - Diploma universitario in Produzioni animali
Sedi Orientamento Facoltà
Bari - acquacoltura e maricoltura Medicina veterinaria
Bologna - operatore zootecnico Medicina veterinaria
Cesena (Univ. di Bologna) - acquacoltura e maricoltura Medicina veterinaria
Grugliasco (Univ.di Torino) - gestione e protezione della fauna Medicina veterinaria
Grugliasco/Fossano Cussanio Univ. di Torino) - tecnica della produzione animale Agraria
Milano Medicina veterinaria
Modica (Univ. di Catania) - utilizzazione zootecnica delle aree difficili Agraria
Potenza (un. di Basilicata) Agraria
S.Benedetto del Tronto (Univ. di Camerino) - acquacoltura e maricoltura Medicina veterinaria
San Casciano Val di Pesa ( Univ. di Firenze) Agraria
Sassari - gestione e protezione della fauna Medicina veterinaria
Taranto (Univ. di Bari) - maricoltura, pesca e trasformazione dei prodotti Medicina veterinaria
Fonte: Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica, "Il sistema
universitario italiano- La popolazione studentesca- anno accademico 1996-1997",
Istituto Poligrafico dello Stato, Roma 1998
Tav. 12 - Diploma universitario in Produzioni vegetali
Sede Orientamento Facoltà
Bari Produzione delle piante Agraria
Caltagirone (Univ. di Catania) Gestione ambientale Agraria
Catania Difesa delle piante Agraria
Foggia (Univ. di Bari) Tecnica vivaistica ortofrutticola Agraria
Legnaro (Univ. di Padova) Agraria
Pisa Agraria
Pistoia (Univ. di Firenze) Agraria
Portici (Univ. di Napoli Federico II) Agraria
Saluzzo (Univ. di Torino) Difesa delle colture; floricoltura e florovivaismo Agraria
Fonte: Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica, "Il sistema
universitario italiano- La popolazione studentesca- anno accademico 1996-1997",
Istituto Poligrafico dello Stato, Roma 1998
Tav. 13 - Diploma universitario in Tecniche erboristiche
Sedi Facoltà
Perugia Farmacia
Urbino Farmacia
Fonte: Ministero dell'Università e d ella Ricerca scientifica e tecnologica, "Il sistema
universitario italiano- La popolazione studentesca- anno accademico 1996-1997",
Istituto Poligrafico dello Stato, Roma 1998
Tav. 14 - Diploma universitario in Tecniche forestali e tecnologie del legno
Sedi Facoltà
Città Ducale (Università della Tuscia) Agraria
Firenze Agraria
Legnaro (Università di Padova) Agraria
Fonte: Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica, "Il sistema
universitario italiano- La popolazione studentesca- anno accademico 1996-1997",
Istituto Poligrafico dello Stato, Roma 1998
Tav. 15 - Diploma universitario in Tecnologie alimentari
Sedi Facoltà
Alba (Univ. di Torino) Agraria
Ancona Agraria
Cremona (Univ. Cattolica) Agraria
Pisa Agraria
Portici (Univ. di Napoli "Federico II") Agraria
Rovigo (Univ. di Padova) Agraria
San Casciano Val di Pesa (Univ. di Firenze) Agraria
Udine Agraria
Fonte: Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica, "Il sistema
universitario italiano- La popolazione studentesca- anno accademico 1996-1997",
Istituto Poligrafico dello Stato, Roma 1998
Tav. 16
Segue tav. 16
Tav. 17
Segue tav. 17
Tav. 18 - Corsi di diplomi universitari del settore agrario per sedi e regioni
REGIONI CORSI
Gestione tecnica e amministrativa in agricoltura Produzioni animali Produzioni vegetali Tecniche forestali e tecnologie del legno Tecnologie alimentari
Biotecnologie agro-alimentari Tecniche erboristiche
PIEMONTE
Alba (Univ. di Torino) x
Grugliasco (Univ. Torino) x
Grugliasco/Fossano Cussano (Univ. di Torino) x
Saluzzo (Univ. di Torino) x
LOMBARDIA
Cremona (Univ. Cattolica) x
Edolo (Univ. di Milano) x
Milano x x
VENETO
Legnaro (Univ. Padova) x x x x
Rovigo (Univ. di Padova) x
FRIULI VENEZIA GIULIA
Udine x
EMILIA ROMAGNA
Bologna x
Cesena (Univ. di Bologna) x
Ferrara x
TOSCANA
Firenze x
Pisa x x x
Pistoia (Univ. di Firenze) x
San Casciano Val di Pesa (Univ. di Firenze) x x
segue tav. 18
REGIONI CORSI
Gestione tecnica e amministrativa in agricoltura Produzioni animali Produzioni vegetali Tecniche forestali e tecnologie del legno Tecnologie alimentari
Biotecnologie agro-alimentari Tecniche erboristiche
MARCHE
Ancona x
S. Benedetto del Tronto (Univ. Camerino) x
Urbino x x
UMBRIA
Perugia x x
Città della Pieve (Univ. di Perugia) x
LAZIO
Città Ducale (Univ. di Viterbo) x
Latina (Univ. Di Roma "La Sapienza) x
Viterbo (Univ. Tuscia) x
ABBRUZZO
Avezzano (Univ. dell'Aquila) x
CAMPANIA
Portici (Univ. Napoli) x x
PUGLIA
Bari x x
Foggia (Univ. di Bari) x
Taranto (Univ. di Bari) x
BASILICATA
Potenza (Univ. di Basilicata) x
Potenza/Matera (Univ. Basilicata) x
segue tav. 18
REGIONI CORSI
Gestione tecnica e amministrativa in agricoltura Produzioni animali Produzioni vegetali Tecniche forestali e tecnologie del legno Tecnologie alimentari
Biotecnologie agro-alimentari Tecniche erboristiche
SICILIA
Caltagirone (Univ. di Catania) x
Catania x
Modica (Univ. Catania) x
SARDEGNA
Sassari x
Fonte: elaborazione Censis su dati del Ministero dell'Università e della Ricerca
scientifica e tecnologica "Il sistema universitario italiano. La popolazione
studentesca-anno accademico 1996-1997", Istituto Poligrafico dello Stato, Roma
1998
Tab. 57 - Iscritti nei corsi di diploma universitari del settore agrario per corso e sesso. Anno
accademico 1996-1997 (v.a.)
Corsi Iscritti
Maschi Femmine Totale
Totale Gestione tecnica e amministrativa in agricoltura 146 64 210
Totale Produzioni animali 255 235 490
Totale Produzioni vegetali 239 104 343
Totale Tecniche forestali e tecnologie del legno 70 34 104
Totale Tecnologie alimentari 395 213 608
Totale Biotecnologie agro-alimentari 93 73 166
Totale Tecniche erboristiche 34 56 90
Totale iscritti nei corsi universitari 1.232 779 2.011
Fonte: Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica, "Il sistema
universitario italiano- La popolazione studentesca- anno accademico 1996-1997"
Tab. 58 - Iscritti nei corsi di diploma universitari del settore agrario per corso e sesso. Anno
accademico 1996-1997 (val. %)
CORSI Iscritti
Maschi Femmine Totale
Totale Gestione tecnica e amministrativa in agricoltura 69,5 30,5 100,0
Totale Produzioni animali 52,0 48,0 100,0
Totale Produzioni vegetali 69,7 30,3 100,0
Totale Tecniche forestali e tecnologie del legno 67,3 32,7 1 00,0
Totale Tecnologie alimentari 65,0 35,0 100,0
Totale Biotecnologie agro-alimentari 56,0 44,0 100,0
Totale Tecniche erboristiche 37,8 62,2 100,0
Totale iscritti nei corsi universitari 61,3 38,7 100,0
Fonte: Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica, "Il sistema
universitario italiano- La popolazione studentesca- anno accademico 1996-1997"
Tab. 59 - Diplomati nei corsi di diploma universitari del settore agrario per corso e sesso. Anno
accademico 1996-1997 (v.a.)
CORSI Diplo mati
Maschi Femmine Totale
Totale Gestione tecnica e amministrativa in agricoltura 3 13 16
Totale Produzioni animali 26 10 36
Totale Produzioni vegetali 11 6 17
Totale Tecniche forestali e tecnologie del legno - - Totale Tecnologie alimentari 45 20 65
Totale Biotecnologie agro-alimentari - - Totale Tecniche erboristiche - - Totale diplomati nel settore agrario 85 49 134
Fonte: Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica, "Il sistema
universitario italiano- La popolazione studentesca- anno accademico 1996-1997"
Tab. 60 - Diplomati nei corsi di diploma universitari del settore agrario per corso e sesso. Anno
accademico 1996-1997 (val. %)
CORSI Diplomati
Maschi Femmine Totale
Totale Gestione tecnica e amministrativa in agricoltura 18,8 81,3 100,0
Totale Produzioni animali 72,2 27,8 100,0
Totale Produzioni vegetali 64,7 35,3 100,0
Totale Tecniche forestali e tecnologie del legno - - Totale Tecnologie alimentari 69,2 100,0
Totale Biotecnologie agro-alimentari - - Totale Tecniche erboristiche - - Totale diplomati nel settore agrario 63,4 36,6 100,0
Fonte: Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica, "Il sistema
universitario italiano- La popolazione studentesca- anno accademico 1996-1997"
Tav. 19 - Università che offrono corsi di diploma in agraria
Università Corsi offerti in
Sede principale Altra sede Numero dei corsi offerti
Ancona sì 1
Bari sì Foggia, Taranto 4
Bologna sì Cesena, Ferrara 3
Camerino no S. Benedetto del Tronto 1
Catania sì Caltagirone, Modica 3
Firenze sì Pistoia, San Casciano Val di Pesa 4
L'Aquila * no Avezzano 1
Milano sì Edolo 3
Milano-Univ. Cattolica no Cremona 1
Napoli no Portici 2
Padova no Legnaro, Rovigo 5
Perugia sì Città della Pieve 3
Pisa sì 3
Potenza (Univ. di Basilicata) sì 2
Roma "La Sapienza" * no Latina 1
Sassari sì 1
Torino sì Alba, Saluzzo 4
Udine sì 1
Urbino * sì 2
Viterbo sì Città Ducale 2
* Queste università non dispongono dei corsi di laurea nel settore agricolo
Fonte: elaborazione Censis su dati del Ministero dell'Università e della Ricerca
scientifica e tecnologica "Il sistema universitario italiano. La popolazione
studentesca-anno accademico 1996-1997", Istituto Poligrafico dello Stato, Roma
1998
Tab. 61 - Cdu per università, facoltà iscritti e diplomati (v.a.)
Sede (se diversa dalla facoltà) Facoltà Iscritti Diplomati
M F Totale M F Totale
ANCONA
7 Tecnologie alimentari (esaur.) Agraria 15 7 22 8 1 9
BARI
4 Produzioni vegetali-or.:produzione delle piante Agraria 29 11 40 2 1 3
4 Produzioni vegetali- or.: tecnica vivaistica ortofrutticola Foggia Agraria 19 7 26 0 0 0
3 Produzioni animali-or.:acquacoltura e maricoltura Medicina veterinaria 26 8 34 1 1 2
3 Produzioni animali-or.: maricoltura pesca e trasformazione dei prodotti Taranto Medicina veterinaria 25 26 10 0 10
BASILICATA-Potenza
1 Gestione tecnica e amministrativa in agricoltura Agraria 25 13 38 0 0 0
3 Produzioni animali Agraria 18 19 37 0 0 0
4 Produzioni vegetali Agraria 37 23 60 0 0 0
BOLOGNA
3 Produzioni animali -or.: operatore zootecnico Medicina veterinaria 15 53 68 3 3 6
3 Produzioni animali -or.: acquacoltura e maricoltura Cesena Medicina veterinaria 28 21 49 1 0 1
CAMERINO
3 Produzioni animali -or.: acquacoltura e maricoltura S. Benedetto del Tronto Medicina veterinaria 25 6 31 0 0 0
CATANIA
3 Produzioni animali -or.:utilizzazione zootecnica delle aree difficili. Modica Agraria 21 5 26 8 0 8
4 Produzioni vegetali -or.: difesa delle piante Agraria 28 7 35 3 2 5
4 Produzioni vegetali -or.: gestione ambientale Caltagirone Agraria 36 7 43 2 2 4
FERRARA
segue tab. 61
Sede (se diversa dalla facoltà) Facoltà Iscritti Diplomati
M F Totale M F Totale
8 Biotecnologie agro-alimentari Scienze matematiche fisiche e naturali 19 18 37 0 0 0
FIRENZE
3 Produzioni animali Agraria 30 25 55 0 0 0
4 Produzioni vegetali Pistoia Agraria 33 23 56 1 0 1
6 Tecniche forestali e tecnologie del legno Agraria 2 3 5 0 0 0
7 Tecnologie alimentari Agraria 41 11 52 0 0 0
L'AQUILA
8 Biotecnologie agro-alimentari Avezzano Scienze matematiche fisiche e naturali 15 3 18 0 0 0
MILANO
1 Gestione tecnica e amministrativa in agricoltura Agraria 48 13 61 0
7 Tecnologie alimentari Agraria 98 74 172 18 9 27
3 Produzioni animali Medicina veterinaria 12 18 30 0 3 3
MILANO-UNIV. CATTOLICA
1 Tecnologie alimentari or.: lattiero caseario Cremona Agraria 99 59 158 14 8 22
NAPOLI "FEDERICO II"
4 Produzioni vegetali Agraria 8 4 12 0 0 0
7 Tecnologie alimentari Agraria 5 5 10 0 0 0
PADOVA
1 Gestione tecnica e amministrativa in agricoltura Agraria 17 5 22 0 0 0
4 Produzione vegetale Agraria 10 5 15 0 0 0
6 Tecniche forestali e tecnologie del legno Legnaro Agraria 20 15 35 0 0 0
7 Tecnologie alimentari Rovigo Agraria 14 0 10 0 0 0
8 Biotecnologie agro-alimentari Scienze matematiche fisiche e naturali 14 15 29 0 0 0
PERUGIA
1 Gestione tecnica e amministrativa in agricoltura or.: scienze del territorio (sosp.) Città D. Piave Agraria 3 3 6 0 2 2
1 Gestione tecnica e amministrativa in agricoltura or.: gestione e conservazione ambientale Agraria 35 16 51 2 3 5
9 Tecniche erboristiche Farmacia 4 16 2 0 0 0
3 Igiene e sanità animale (sosp.) Medicina veterinaria 4 2 6 0 0 0
segue tab. 61
Sede (se diversa dalla facoltà) Facoltà Iscritti Diplomati
M F Totale M F Totale
PISA
1 Gestione tecnica e amministrativa in agricoltura Agraria 13 13 26 1 8 9
4 Produzioni vegetali Agraria 27 13 40 3 1 4
7 Tecnologie alimentari Agraria 17 11 28 1 1 2
ROMA-LA SAPIENZA
8 Biotecnologie agro-alimentari Latina Scienze matematiche, fisiche e naturali 15 7 22 0 0 0
SASSARI
3 Produzioni animali- or.: gestione e protezione della fauna Medicina veterinaria 9 10 19 0 0 0
TORINO
3 Produzioni animali- or.: tecnica della produzione animale Agraria 24 13 37 1 1 2
4 Produzioni vegetali -or.: difesa delle colture; floricoltura e florovivaismo Saluzzo Agraria 49 27 76 0 0 0
7 Tecnologie alimentari -or.: viticoltura e enologia Alba Agraria 58 10 68 4 1 5
3 Produzioni animali -or.: gestione e protezione della fauna Medicina veterinaria 22 31 53 2 2 4
TUSCIA -VITERBO
1 Gestione tecnica e amministrativa in agricoltura Agraria 5 1 6 0 0 0
5 Tecniche forestali Città Ducale Agraria 39 24 63 0 0 0
UDINE
7 Tecnologie alimentari -or.: lattiero-caseario e viticoltura ed enologia Agraria 42 21 63 0 0 0
URBINO
Tecniche erboristiche Farmacia 30 40 70 0 0 0
TOTALE 1228 767 1932 75 59 124
Fonte: Ministero dell'Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica, "Il
sistema universitario italiano. La popolazione studentesca - anno accademico 19961997", Istituto Poligrafico dello Stato, Roma, 1998
4.7. La formazione post laurea
4.7.1. Le scuole di specializzazione
I dati dell'Istat, relativi all'anno accademico 1995 - 1996, documentano dell'esistenza di sole quattro
scuole di specializzazione nel settore agrario, con un totale di studente pari ad 82 unità. I diplomati,
nell'anno solare 1996, sono stati 20.
Questi dati, relativi a sole quattro scuole, apparentemente contrastano con quelli riportati nella
pubblicazione ufficiale del Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica "La
formazione post laurea nelle università italiane", la quale documenta della esistenza di ventitré
scuole - per un totale di quattordici diversi tipi - nel medesimo anno accademico. La spiegazione
potrebbe essere individ uata nell'ipotesi che la pubblicazione del ministero riporti le scuole previste
dagli statuti degli atenei. Probabilmente, a fronte di 23 scuole previste, solo quattro furono
realmente attive in quell'anno accademico.
Un'altra fonte di informazione è semp re l'Istat, ma con un'altra sua ricerca: "L'inserimento
professionale dei laureati - Indagine 1995". I dati di questa indagine, analizzati dettagliatamente nel
capitolo dedicato agli sbocchi occupazionali, evidenziano che nel 1995 erano solo 55 i laureati in
scienze agrarie e solo 7 i laureati in scienze forestali, i quali non cercavano lavoro perché stavano
proseguendo nello sviluppo della loro formazione.
Più elevata era la percentuale dei laureati nel totale dei corsi di studio.
Questi ulteriori e distinti dati dell'Istat assommano a 62 unità, cifra molto vicina a quell'82 riportato
precedentemente.
Si può concludere che minimo è il numero dei laureati di questo settore che prosegue nello sviluppo
della propria formazione all'interno degli atenei.
Il ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica, con un proprio decreto datato 7
ottobre 1994 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 17 febbraio 1995, ha definito ben ventidue
diversi tipi di scuole di specializzazione.
Rispetto a quelle elencate dalla pubblicazione del ministero, relativa all'anno accademico 1995 1996, alcune hanno la medesima denominazione; altre un nome affine; altre, infine, sono del tutto
nuove.
Secondo dati inediti, cortesemente forniti dal CIMEA della Fondazione Rui, nell'anno accademico
1997 - 1998 sono attive le seguenti scuole:
Biotecnologie vegetali: Napoli, Pisa
Economia del sistema agroalimentare: Napoli, Università Cattolica - sede di
Cremona.
Fitopatologia: Bologna
Parchi e giardini: Torino
Scienze viticole ed enologiche: Torino
Valorizzazione e conservazione degli ambienti agricoli forestali: Napoli
L'esiguità della formazione post laurea intra-universitaria, rinvia all'esigenza di una formazione
continua, la quale forse non può fare un grande affidamento sul mondo accademico.
Tab. 62
Tav. 20
Tav. 21
4.8. Ipotesi per riforme della formazione universitaria e continua
Questo paragrafo fornisce alcuni elementi di conclusione dell'analisi sull'offerta formativa per la
professione di Dottore Agronomo e Forestale, da mettere ulteriormente a punto in concerto con il
Comitato tecnico-scientifico.
4.8.1. Il processo in corso di riforma complessiva della formazione universitaria
In attuazione della legge 15 maggio 1997, n. 127 (denominata Bassanini 2), art. 17, commi 95 e
seguenti, è in atto una riforma complessiva della formazione universitaria.
Il Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica - Murst ha avviato tale riforma
indirizzando il 16 giugno 1998 agli atenei una "nota di indirizzo", che "segna l'avvio del processo" e
che fornisce "informazioni sintetiche sugli obiettivi dei provvedimenti in corso e indicazioni sulle
innovazioni immediatamente percorribili". Essa, inoltre, informa che "nei prossimi mesi" sarà
emanata una ulteriore apposita nota di indirizzo, la quale definirà l'"architettura generale del nostro
sistema universitario".
Attualmente, gli ordinamenti didattici dei corsi universitari sono determinati da "tabelle" emanate
con decreto dal Murst. La situazione cambierà: i decreti attuativi della legge n. 127/97
"determineranno - sotto forma di 'criteri generali' - la durata ed i contenuti minimi qualificanti dei
diversi corsi di studio e forniranno la base per la definizione, da parte delle università, degli
ordinamenti didattici sostitutivi delle attuali 'tabelle' ".
Già attualmente le "tabelle" nazionali lasciano spazio alle autonome determinazioni delle singole
università. Lo sviluppo dell'autonomia universitaria viene dunque accelerato. A livello nazionale ci
si limiterà a definire la durata dei corsi di studio ed i contenuti minimi qualificanti. Questi "criteri
generali" saranno applicati dai singoli atenei con un maggiore spazio per le proprie decisioni sui
contenuti della formazione. I decreti attuativi della legge n. 127/97 "nel definire gli obiettivi
formativi di ciascun corso, configureranno i contenuti minimi qualificanti per i singoli curricula,
lasciando ampia libertà all'autonoma determinazione degli atenei."
La "nota di indirizzo" emanata dal Murst il 16 giugno 1998 preannuncia che nei decreti attuativi sarà
"indicata l'esigenza di confronto" degli atenei anche "con le parti sociali". Pertanto, gli Ordini
provinciali ed il Consiglio Nazionale dell'Ordine dei dottori agronomi e dei dottori forestali – Conaf
sono in grado di svolgere una funzione importante.
Il Murst, al momento in cui si scrive, si appresta ad emanare cinque "decreti di area", per le seguenti
macro - aree:
area sanitaria;
area scientifica e scientifico-tecnologica;
area umanistica;
area delle scienze giuridiche, economiche, politiche e sociali;
area dell'ingegneria e dell'architettura.
Il relativo decreto conterrà criteri relativi ai corsi di studio già previsti dagli ordinamenti didattici
vigenti. Quindi relativi anche ai quattro corsi di laurea, che consentono attualmente l'iscrizione
all'Ordine dei dottori agronomi e dei dottori forestali.
Il Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica - Murst, il 16 ottobre 1998, ha
diramato a tutti gli atenei la seconda "nota di indirizzo", per l'impostazione della riforma
complessiva dei corsi di studio.
La nota ribadisce che la riforma si basa sul principio (definito "fondante") della autonomia
universitaria. Ma, ai sensi delle disposizioni di legge, compete al Ministero la definizione dei
"criteri generali" della riforma. Tra di essi, la nota di indirizzo del 16 ottobre 1998 statuisce che:
"b) l'innovazione dei corsi dovrà realizzarsi ..... nel quadro di uno scambio permanente all'interno e
all'esterno delle università ....".
E' prevedibile che nella primavera 1999 il Murst emanerà i primi cinque decreti ministeriali di
riordino delle cinque "macro-aree". Successivamente all'emanazione di tali "decreti di area", ogni
ateneo potrà e dovrà procedere alla ridefinizione dei corsi di studio.
Solo in teoria è ipotizzabile che le concrete riforme dei corsi prendano avvio dall'anno accademico
1999-2000. Si prevede che i tempi saranno più lunghi.
Questa nuova "architettura" è stata concordata dai competenti ministri dei quattro principali Paesi
dell'Unione europea – Ue: Italia, Germania, Francia, Inghilterra. Il 25 maggio 1998 essi hanno
firmato a Parigi una dichiarazione congiunta su "L'armonizzazione dell'architettura dei sistemi di
istruzione superiore in Europa", nota come "Dichiarazione della Sorbona". Il documento è stato
trasmesso agli altri undici Stati membri dell'Ue, al fine di ottenerne l'adesione, che, fino a metà
settembre 1998, era stata già data da Spagna e Svezia.
La "Dichiarazione della Sorbona" delinea un comune quadro di "movimento", al fine di costruire un
sistema universitario europeo armonizzato, basato su due cicli universitari principali – uno di primo
ed uno di secondo livello - i quali saranno riconosciuti ai fini dell'equiparazione e dell'equivalenza in
ambito europeo.
Cons iderando nel dettaglio la riforma concordata a livello europeo, il ciclo universitario di primo
livello "ha durata triennale ed ha per obiettivo di fornire allo studente una formazione culturale e
professionale compiuta, spendibile sul mercato del lavoro, tale da poter dare accesso, di norma, alle
attività per le quali attualmente si richiede la laurea, salvo specifiche e motivate eccezioni per
attività e funzioni che richiedano espressamente il titolo finale di II livello. I corsi di I livello sono
collocati in serie con uno o più corsi di II livello e si concludono con il conseguimento di apposito
titolo."
Il ciclo universitario di secondo livello "ha di norma durata di due anni – riducibili ad uno per
particolari tipologie formative – dopo il conseguimento del titolo di I livello. I corsi del II livello si
concludono con il conseguimento del diploma di laurea ed hanno per obiettivo una formazione
culturale e professionale comprensiva della specializzazione (sostanzialmente equivalente, in
genere, al livello formativo proprio del master negli ordinamenti didattici di taluni paesi europei). Il
sistema delineato presuppone la riconsiderazione generale delle scuole di specializzazione, con
prioritario riferimento a quelle non mediche. In sostanza la nota del Ministero dell'Università e della
Ricerca scientifica e tecnologica ipotizza un riassorbimento anche parziale nel II livello delle scuole
di specializzazione.
E' questo l'attuale quadro complessivo di riforma universitaria. E' indispensabile tenerlo presente, al
fine di inserirsi nel processo di riforma e di formulare una metodologia di elaborazione di proposte,
che nascano dalla esperienza e dalle esigenze dei Dottori agronomi e dei Dottori forestali, anche in
funzione delle esigenze reali della società italiana e della categoria.
4.8.2. Alcune prime ipotesi di riforma della formazione universitaria
La "nota di indirizzo" emanata dal Murst il 16 giugno 1998 segnala che i decreti di riforma degli
studi universitari conterranno, tra le altre, le seguenti previsioni di carattere generale:
acquisizione della piena conoscenza di una lingua europea e, almeno a livello di
base, di una seconda lingua straniera;
acquisizione di competenze nell'uso delle nuove tecnologie informatiche e
telematiche;
effettuazione di stages formativi.
Queste direttrici di riforma appaiono senz'altro condivisibili. Qui di seguito si propongono alcune
ipotesi di implementazione, in funzione delle caratteristiche dell'attuale offerta formativa per la
categoria dei Dottori Agronomi e forestali.
a. La lingua straniera
Si dovrebbe prendere atto che la lingua internazionale di scambio è oggi l'inglese. Forse potrebbe
essere compiuto un passo in più proponendo che tale lingua sia appresa da tutti gli studenti. Essa
potrebbe parzialmente diventare anche "lingua curricolare", nel senso di una maggiore utilizzazione
diretta di testi scientifici scritti in tale lingua. Il che eviterebbe di far ricorso a testi tradotti, che in
genere sono più costosi degli originali inglesi e spesso di non elevato livello, sotto il profilo della
traduzione effettuata.
La lingua straniera potrebbe essere collocata nel I anno di corso, perchè è "tool" per la successiva
formazione in prospettiva internazionale. Inoltre, nel primo anno, c'è inevitabilmente negli studenti
un disorientamento, che può essere parzialmente riempito anche con lo studio di una lingua
straniera.
b. Gli stages
Tutti concordano sulla loro utilità. Ma non ci può fare illusioni su una formula che non può
assumere dimensioni molto vaste. Da una parte, quindi, un pieno incoraggiamento ad un loro
incremento. Dall'altra parte, ci dovrebbe chiedere come sviluppare la "componente" pratico operativa della formazione, anche con modalità altre rispetto allo stages.
c. La collocazione della formazione nell'area dell'ingegneria e
dell'architettura
La "nota di indirizzo" emanata dal Murst il 16 giugno 1998 preannuncia la ripartizione di tutti i
corsi di laurea in cinque macro aree, tra le quali una denominata "area dell'ingegneria e
dell'architettura". Tale area andrebbe ampliata e ridenominata. Essa dovrebbe appunto includere,
oltre ai corsi di laurea in ingegneria ed in architettura, anche i quattro corsi di laurea che attualmente
consentono l'iscrizione all'Ordine dei Dottori agronomi e dei Dottori forestali.
Occorre far riferimento alle competenze professionali che le leggi vigenti (legge n. 3/76 e legge
152/92) attribuiscono ai laureati dalla Facoltà di agraria. Sulla base di tali indicazioni di legge, le
facoltà stanno offrendo (ed ancor più dovranno farlo nel prossimo futuro) una formazione che
comprende (oltre alle competenze "produttivistiche" tradizionali) anche la progettazione e la
gestione di sistemi territoriali ed il governo di aree di interesse ambientale.
Pertanto, anche la denominazione delle facoltà di agraria dovrebbe opportunamente mutare in
"Facoltà di scienze rurali, ambientali e territoriali".
d. Una formazione con basi economico-giuridiche
L'obiettivo è una formazione tale che il neolaureato sia in grado di svolgere un ruolo centrale nei
processi di mutamento ambientale. Per far questo, gli necessita anche una formazione di base sulle
tematiche economico - giuridiche.
Attualmente "sottosviluppata" appare questa "componente" nella formazione impartita nei quattro
corsi di laurea. Passiamo in rassegna la situazione attuale, nei quattro ordinamenti didattici
nazionali, richiamando il numero minimo di ore di didattica:
Scienze e tecnologie agrarie: economia ed estimo 200 ore.
Scienze forestali e ambientali: economia e politica forestale e ambientale 200 ore;
gestione ed utilizzazione delle risorse agroforestali in ambiente 100 ore; estimo e
valutazioni forestali e ambientali 50 ore; diritto e legislazione forestale e ambientale
100 ore.
Scienze e tecnologie delle produzioni animali: economia ed estimo 350 ore.
Scienze agrarie tropicali e sub - tropicali: economia politica 100 ore; diritto e
legislazione 50 ore.
Una formazione valida è il risultato di una "dieta calibrata". Attualmente tale "dieta" risulta non
equilibrata, sotto il profilo della necessità di basi economico - giuridiche, almeno per i due corsi di
laurea in Scienze e tecnologie agrarie ed in Scienze agrarie tropicali e sub - tropicali.
4.8.3. Il ruolo propulsore del Conaf per la riforma della formazione
universitaria e della formazione continua
Il Consiglio dell'Ordine nazionale dei dottori agronomi e dei dottori forestali - Conaf ed anche i
singoli Ordini provinciali potrebbero svolgere un ruolo importante, contribuendo alla definizione
delle riforme da apportare ai quattro corsi di laurea di proprio specifico interesse.
Il momento è unico. Perchè:
il Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica - Murst si
appresta a varare il decreto attuativo relativo anche alla macro-area in cui si
collocano i quattro corsi di laurea;
il Murst ha preannunciato, nella "nota di indirizzo" del 16 giugno 1998, che il
decreto imporrà ai singoli atenei di confrontarsi anche con le parti sociali. Quindi le
università avranno il formale dovere di "colloquiare" anche con gli Ordini
provinciali.
"I professori insegnano quello che sanno." Questa boutade evidenzia ed ingigantisce una realtà, la cui
esistenza, però, (in una certa misura e pur evitando generalizzazioni) pochi negano. L'università,
invece, dovrebbe insegnare quello che serve.
Ma senza l'apporto del Conaf e degli Ordini provinciali, non è conseguibile l'obiettivo di una
riforma della formazione, che sia in linea con le esigenze presenti e future di questo comparto del
mondo del lavoro.
L'"accademia", cioè il mondo universitario, è continuamente in un punto di equilibrio instabile tra
entropia e sviluppo. E' perennemente ad un bivio ed ha necessità di punti di riferimento, di polarità
che possano "orientare" la sua azione.
Il mondo del lavoro - nei settori di competenza del Conaf - è in grado (mediante un'azione né
semplice, né breve) di assurgere a polarità obbligata di riferimento per l'"accademia".
Senza questo tipo di apporto, il "livello" qualitativo della formazione impartita tende a decrescere,
comunque limitare centralità della professione nel sistema produttivo.
Il sistema universitario ha tendenza a chiudersi in se stesso, sulle sue procedure e sulle sue dinamiche
interne e tende a procedere su basi di routine. Per queste ragioni, il sistema universitario con le
dovute eccezioni, che purtroppo non sono così diffuse come si vorrebbe, non appare in grado di
rispondere adeguatamente alle esigenze formazione professionale - aggiornamento dei dottori
agronomi e dei dottori forestali, già da anni attivi.
Il Conaf potrebbe deliberare di assumere anche la funzione di stimolatore, propulsore, organizzatore
di iniziative di specializzazione ed aggiornamento per i propri iscritti e più in generale per laureati del
settore.
Già attualmente la legge n. 3/76 "Ordinamento della professione di dottore agronomo e di dottore
forestale" statuisce:
il consiglio dell'Ordine provinciale "cura il perfezionamento tecnico e culturale degli
iscritti" (art. 13, lettera N);
la federazione regionale "promuove e coordina sul piano regionale le attività di
aggiornamento e di formazione tra gli iscritti agli ordini" (art. 21 ter, lettera F);
il consiglio nazionale dell'Ordine "coordina e promuove le attività dei consigli degli
ordini intese al perfezionamento tecnico e culturale degli iscritti" (art. 26, lettera B).
Come è ben noto, vi è all'orizzonte la prospettiva di un riordino complessivo del sistema ordinistico.
Il 3 luglio 1998, il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge - DdL "Delega al Governo
per il riordino delle professioni intellettuali" (il cosiddetto DdL Mirone, dal nome del
Sottosegretario del Ministero di grazia e giustizia, prof. Mirone, che ha coordinato la preparazione
del DdL).
Come è noto, il DdL tratteggia una mega - riforma del sistema ordinistico.
Le funzioni degli Ordini provinciali, in campo formativo, vengono confermate dal DdL, sia all'art.
2, lettera H; sia all'art. 3, lettera H.
Nella relazione di accompagnamento del DdL, alla lettera G, si legge che si intende riconoscere "il
potere rappresentativo, di indirizzo, coordinamento e supplenza degli Ordini nazionali"; e che si
intende prevedere ... in capo ai Consigli nazionali, poteri concreti". "E' anche sembrato opportuno,
sulla base dell'esperienza maturata, che i Consigli nazionali abbiamo il potere di sostituirsi agli
Ordini locali, allorchè questi si rendano inerti rispetto alla tutela di rilevanti interessi generali".
La riforma del sistema ordinistico si è messa in moto e, in tempi non brevi, probabilmente giungerà
in porto.
Nel futuro quadro normativo, viene confermato che la funzione di formazione in capo ai singoli
Ordini provinciali; ed ai Consigli nazionali un potere di:
indirizzo di tali attività formative;
loro coordinamento;
una funzione di supplenza, nel caso in cui uno o più Ordini locali restino inerti
rispetto ad un loro compito ritenuto di interesse generale (e la formazione non può
non rientrare tra di essi).
Quindi viene prevista la facoltà di autonome decisioni e campo di azione per gli Ordini locali; ed
anche una funzione specifica per i Consigli nazionali.
E' appena il caso di osservare che il cosiddetto "villaggio globale", sotto il profilo economico,
comporta anche la necessità di una consapevolezza e prospettiva mondiale per quanto riguarda una
formazione, che metta in grado gli operatori economici di diventare cittadini.
Una iniziativa nel settore della formazione continua non può certo essere negata ad un singolo Ordine
provinciale. Ma senza alcun dubbio il livello nazionale costituisce l'osservatorio privilegiato, da cui
cercare di discernere i fini ed mezzi più appropriati, nel quadro della globalizzazione dell'economia e
della conseguente globalizzazione della formazione.
5. L'evoluzione della professione di dottore
agronomo e dottore forestale nella prospettiva
internazionale
5.1. Il quadro generale
Il legame fra la politica europea, le più ampie dinamiche in atto negli scambi economici
internazionali e le prospettive di sviluppo della professione di dottore agronomo è un elemento di
grande rilievo per comprendere correttamente il contesto di riferimento con cui le politiche di
sostegno alla categoria dovranno confrontarsi già nell'immediato futuro.
In questo senso è riduttivo circoscrivere l'analisi alla dimensione europea, poiché le maggiori novità
provengono piuttosto da fenomeni che hanno caratteristiche globali e che, pur essendo per loro stessa
natura meno visibili, propongono linee di innovazione costante e irreversibile.
In ogni caso è importante partire dall'analisi delle strategie adottate sul piano comunitario in merito
alle professioni, anticipando che l'Unione Europea non ha ancora definito un modello unitario da
proporre ai singoli Stati, ma lascia questi ultimi liberi di regolare le attività intellettuali esercitate
all'interno dei confini di ciascuno, purchè le soluzioni adottate garantiscano il principio della
sussidiarietà e non ostacolino la mobilità professionale.
La UE non esclude di tornare ad occuparsi di singoli comparti professionali, come accadeva fino a
tutto il decennio '80, ma solo sulla base di un input preciso da parte delle associazioni internazionali
di categoria ed al fine di facilitare la definizione di profili formativi e professionali comuni (come è
accaduto, a titolo di esempio, per il registro comune degli ingegneri, adottato su richiesta della
Feani).
La dimensione europea per le professioni intellettuali rappresenta un elemento di confronto
importante, non tanto e non solo per gli eventuali processi di mobilità da Stato a Stato (che a
tutt'oggi non sembrano assumere rilevanti dimensioni quantit ative) ma in quanto non ha più senso
parlare di sviluppo di quella parte così rilevante del terziario che sono le professioni intellettuali
vincolandolo alla semplice dimensione locale. Il territorio infatti, soprattutto nella sua accezione
locale, è da tempo entrato nel novero dei fattori che si ritiene possano assicurare allo sviluppo una
tenuta solida e continuativa. Lo stesso processo di globalizzazione, da parte sua, ha messo ancora
più in risalto la centralità della dimensione locale, a partire dalla quale è possibile fronteggiare tutte
le interdipendenze necessarie a garantire competitività all'intrapresa economica.
La politica europea sulle professioni intellettuali si informa proprio a questo principio di massima
valorizzazione delle realtà esistent i a livello territoriale, in ciascun Paese membro, fatta salva la
possibilità di riconoscere le professionalità migranti. In assenza di un modello comunitario definito,
la UE sta cercando di definire uno schema tramite un processo di avvicinamento progressivo, i cui
presupposti restano e sono destinati ancora a rimanere le due direttive generali 48/89 e 51/92.
Dopo un lungo periodo in cui la UE ha prodotto solo direttive settoriali, ossia su singole attività
professionali, tramite la comparazione e il tentativo di equiparazione delle rispettive formazioni (si
pensi alle direttive sui medici, gli infermieri, i dentisti, i veterinari, le ostetriche, gli architetti, i
farmacisti, i trasportatori, gli avvocati, gli agenti e i mediatori di assicurazione, i parrucchieri e gli
agenti commerciali autonomi), con le due suddette direttive generali si è inteso affidare ai singoli
Stati il compito di regolamentare i servizi professionali e di accogliere i professionisti migranti,
prevedendo le misure compensative necessarie per adeguare la professionalità dell'ospite agli
standard richiesti dal sistema di regolamentazione adottato.
Ne deriva che le misure di adeguamento scattano quando si producono differenze sostanziali e non
formali nelle caratteristiche delle attività professionali svolte rispettivamente dal migrante e
dall'ospite. La UE, per parte sua, rimane sostanzialmente fuori anche da questa fase applicativa
delle direttive generali. Piuttosto, ha voluto proporre ai Paesi europei nuovi concetti, a partire da
quello di regolamentazione, che, ad esempio, non coincide del tutto con il concetto di professione
protetta presente nel nostro ordinamento. Ma oltre a ciò, l'Unione non ritiene di dover interferire con
le decisioni degli Stati membri.
Se si analizzano tuttavia le due direttive generali da un altro punto di vista, non è difficile convenire
che entrambe siano state mantenute ad un livello di genericità piuttosto elevato e che siano ispirate
alla tradizione anglosassone, che a sua volta è del tutto non codificata e flessibile. Ciò ha determinato
un duplice effetto.
In primo luogo, la comunicazione fra sistemi professionali diversi si è resa piuttosto difficile, come
si può dedurre anche dalle domande di esercizio all'estero delle attività professionali, che secondo i
dati più aggiornati della Commissione europea, seppure risalenti al biennio '93-'94, non superavano
in tutta Europa le 10 mila richieste.
Inoltre, la sovrapposizione di prassi consolidate solo in alcuni Stati sugli altri non facilita la
creazione di uno spazio davvero unitario al cui interno si possano realizzare scambi efficaci di
professionalità.
In sostanza, i flussi di circolazione dei professionisti nell'Europa comunitaria non sono destinati a
crescere con ritmi più che proporzionali, come anche è presumibile che i diversi modelli di
regolamentazione dovranno coesistere ancora per molto, in assenza di un modello sovranazionale
certo a cui fare riferimento. Ma proprio questi gradi di libertà che ciascuno Stato membro possiede
possono diventare altrettante opportunità per contribuire alla costruzione del modello comunitario
attraverso l'interpolazione dello schema britannico - che in questo momento è quello sotteso alle
direttive generali - con le esperienze nazionali altrettanto significative.
In Gran Bretagna le professioni sono tanto regolamentate per legge, quanto per regolamento, quanto
da Albi tenuti direttamente da un Ministero, quanto autoregolamentate. Anche gli organismi
paragonabili ai nostri Ordini professionali, chiamati "Statutary regulator bodies" e regolati per legge
sono soggetti di diritto privato. Ciò che risalta nel modello inglese è la notevole differenziazione
esistente nelle forme di regolazione e, al tempo stesso, l'estensione della tutela pubblica non sempre al
titolo e alla profe ssione assieme: il più delle volte è "protetto", la professione no, con il risultato che
può essere esercitata secondo logiche e rapporti di mercato.
Per ciò che riguarda le dinamiche in atto sul piano extra - europeo, un recente studio dell'OCSE,
"Regulatory Reform Project on Professional Business Services" (1996), ha messo in luce che nei 28
Paesi membri le professioni intellettuali sono ovunque oggetto di regolamentazione, anche attraverso
la funzione di un Ordine, che – quando è previsto – ha compiti di tenuta degli Albi di controllo della
deontologia e di verifica della professionalità degli iscritti. Questo stesso rapporto ha indicato che in
molti Paesi, ci sono vincoli tariffari e che in altri esistono limiti per la costituzione di società. Al
tempo stesso bisogna ricordare che i diversi organismi internazionali preposti a garantire e a rendere
certi gli scambi e le transazioni finanziarie sul piano mondiale sono impegnati a studiare le modalità
di massima liberalizzazione delle attività economiche, pena l'emarginazione dai circuiti della
competizione di mercato dei Paesi che non vogliano o non riescano ad adeguare le loro regole a
quelle concordate all'interno di tali organismi. In concreto e con riguardo alle principali
organizzazioni che stanno operando su questo terreno, basta prendere in considerazione le più recenti
decisioni per avere un'idea delle ricadute che queste potrebbero avere sul nostro sistema
professionale.
Nell'ambito degli accordi GAT'S (General Agreement on Trade) sta per esser varato
il millennium round, con l'obiettivo di liberalizzare entro il 2000 anche il lavoro
professionale, ad esclusione di quelle attività intellettuali sulle quali gli Stati
indichino per legge una esplicita riserva. Anche in questo caso, entro il 2002 le
riserve dovrebbero essere eliminate;
nell'ambito del TEP (Transatlantic Economic Partnership) formato dall'Unione
europea e dai paesi dell'area Nafta ( Usa, Canada, Messico e Portorico) sono in corso
trattative per la definizione di un sistema di mutuo riconoscimento fra gli Stati per
risolvere entro il 1999 il problema dei dazi. Nell'ambito di questo processo si
prevede di regolamentare anche il riconoscimento del lavoro intellettuale;
nell'ambito del MAI (Multilateral Agreement on Investiment) definito fra i paesi
Ocse, al fine di regolare e garantire il ruolo degli intervistati.
Si stanno definendo quindi regole standard per l'accesso al mercato, che potrebbero avere
un'applicazione immediata nei contesti economici nazionali e potrebbero, di conseguenza, indurre
con il bypassare le legislazioni nazionali. L'applicazione di queste intese internazionali, cioé
finirebbe con il liberalizzare i regimi in monopolio e in concessione, primo fra tutti il sistema
professionale.
Si tratta, dunque, di norme orientate nel loro complesso ad aprire i confini normativi e di
consuetudine al cui interno si sono collocate fino ad oggi le professioni intellettuali, proiettandole
non solo in una logica di competizione piuttosto esterna alla nostra cultura lavoristica, e terziaria, in
particolare, ma verso nuovi modelli organizzativi - non necessariamente di tipo imprenditoriale
(sebbene informati ai principi su cui si fonda l'azienda) - e verso, soprattutto, la loro
standardizzazione.
5.2. La comparazione sul piano europeo
La comparazione fra la professione di dottore agronomo esercitata nel nostro Paese e le analoghe
figure presenti all'estero si può realizzare soprattutto con riguardo alla realtà europea. Non si tratta
di una visione riduttiva del contesto internazionale tracciato dal precedente paragrafo, ma di una
scelta incentivata dalla disponibilità di documentazione in merito e anche dalla prossimità fisica e
politica con le realtà professionali di alcuni fra i più significativi Stati membri. Anche il dottore
agronomo si trove rà a competere all'interno di circuiti economici globali, ma che intanto è
importante capire cosa accade nell'immediato interno della realtà italiana.
Sotto questo aspetto, il principale risultato dell'analisi comparata consiste nell'evidenziare che non
solo in Italia l'accesso alla professione di dottore agronomo e del dottore forestale è subordinato
all'iscrizione all'Ordine. In particolare, si osserva che in Spagna, Portogallo e Grecia hanno attivato
da tempo Ordini professionali e che in altri Paesi europei esistono associazioni professionali di tipo
ordinistico.
Il nodo da sciogliere, quindi, non riguarda (solo) la specificità ordinistica italiana, ma la sua
disomogeneità sotto il profilo del sistema di offerta scolastico.
Questa situazione è in gran parte determinata dalle caratteristiche del modello formativo italiano, in
particolare sotto il profilo dell'organizzazione scolastica. In tutti i Paesi europei* esiste il numero
chiuso per il proseguimento degli studi dopo le scuole secondarie, strumento che riduce i rischi di
abbandono dei corsi, con meccanismi più o meno selettivi di ingresso in funzione del Paese
considerato (maggiori in Olanda e Francia) e della categoria di insegnamento a cui si riferiscono. Al
termine degli studi superiori, infatti, si aprono due percorsi di studio ben distinti, anche se
potenzialmente "raccordabili" sotto forma di un esame di ammissione o di un anno supplementare
di studio: uno a carattere professionale (in genere di due o tre anni) e uno a carattere universitario
(qua ttro o cinque anni). Il primo mira a creare figure professionali già pronte a entrare nel mondo del
lavoro, prevalentemente con mansioni tecniche e subordinate all'interno di istituzioni e imprese
rivolte alla produzione o alla ricerca applicata; il secondo invece si caratterizza per un più elevato
livello di preparazione scientifica di base e orienta verso i settori della ricerca scientifica, della
prestazione professionale e della produzione in posizioni particolarmente qualificate. Ad eccezione
della Spagna, l'attività didattica comprende sempre lo svolgimento di tirocini più o meno numerosi e
diversamente strutturati all'interno dei corsi, ma che nell'insieme impegnano gli studenti in una
percentuale variabile dal 25% al 50% della durata totale dei corsi. In Italia esiste un unico diploma
di laurea in Scienze agrarie ed in Scienze forestali di durata quinquennale cui si può accedere non
solo dopo il conseguimento del diploma di perito agrario (conseguimento presso un Istituto tecnico
agrario), ma anche dopo il conseguimento di un diploma di secondaria superiore non specialistico.
L'importanza assunta dalla dimensione formativa, soprattutto sul piano dell'organizzazione
scolastica e dei titoli professionali rilasciati, rende opportuno un confronto delle caratteristiche dei
sistemi scolastici nei principali paesi europei.
In Belgio, il titolo di "Ingegnere agronomo" può essere conseguito, dopo la scuola superiore, presso
gli Istituti professionali superiori che prevedono corsi brevi (in media 2-3 anni) o lunghi (4 anni), che
rilasciano il titolo di "ingegnere industriale in agricoltura"; oppure frequentando le università
(di durata quinquennale), le quali a seconda della specializzazione acquisita, conferiscono il titolo di
"ingegnere agronomo" e di "ingegnere chimico e delle industrie agrarie".
In Francia la struttura dell'istruzione superiore in campo agricolo è molto articolata e offre un'ampia
gamma di possibilità di orientamento e specializzazione degli studi. Esistono corsi biennali di tipo
tecnico, ma ad alto livello, che rilasciano diplomi universitari in "tecnologia in campo agricolo" e
brevetti tecnici superiori agricoli, orientati soprattutto all'attività professionale e tesi a formare figure
professionali da collocare immediatamente nel mondo del lavoro; corsi brevi di tipo universitario o
pre- universitario, molto selettivi e impegnativi, che forniscono una formazione non strettamente
specialistica ma propedeutica all'attività in campo agronomico e agroalimentare; la formazione
universitaria vera e propria (che dura in media 4-5 anni), a sua volta suddivisa tra corsi
funzionali alla ricerca e alla carriera universitaria, all'inserimento nella pubblica amministrazione,
all'attività professionale.
Anche in Germania lo studio delle materie agrarie presenta tre diverse tipologie scolastiche. La
prima riguarda le scuole tecniche superiori (circa 3 anni di studio), mirate all'ingresso nel mondo
del lavoro, che conferiscono il titolo di Ingegnere in Agricoltura. La seconda è rappresentata dagli
Istituti di Insegnamento Superiore Generale, che offrono piani di studio differenziati e caratterizzati
da una gradualità del processo di specializzazione nel campo agronomico. Infine, vi sono le Facoltà
di Agraria (di durata quadriennale), con numerosi corsi di laurea nel campo agricolo- forestale,
all'interno dei quali vi sono spesso degli indirizzi e dei sotto-settori di specializzazione.
In Olanda il sistema formativo si divide in Scuole di Insegnamento Professionale Superiore con
tredici indirizzi di specializzazione in campo agricolo, e l'Università Agronomica (la cui durata è 46 anni). Entrambi i corsi di studio formano figure professionali molto qualificate e specializzate che
trovano immediata collocazione nel mondo del lavoro (circa l'85% nel caso dei diplomati presso le
scuole di insegnamento superiore), resa anche possibile dalla fortissima selezione che precede
l'ingresso ai corsi di studio.
Nel Regno Unito, la formazione nel campo agrario prevede la frequenza di corsi brevi di durata
biennale o triennale presso i Colleges of Agriculture, o corsi universitari lunghi (di durata
quadriennale per ottenere il Master of Agricoltural Sciences) che hanno un forte orientamento
specialistico e settoriale dal momento che completano la preparazione acquisita nel ciclo di studi
della scuola secondaria.
In Spagna, l'acquisizione del titolo di "ingegnere agronomo" è articolata su tre diversi cicli di
istruzione superiore, raccordati da corsi di adattamento interni che consentono la prosecuzione dei
corsi ai livelli superiori: le Scuole Universitarie di Ingegneria Tecnica, con corsi triennali le Scuole
Tecniche Superiori, con corsi che durano mediamente 6 anni e per i quali è richiesto un esame di
ammissione; i Dottorati biennali. Le prime (che rilasciano il Diploma di ingegnere tecnico
agronomo) sono a carattere professionalizzante e finalizzate all'inserimento nel mondo del lavoro, e
prevedono al loro interno diversi indirizzi di specializzazione (quattro in campo agricolo e due in
quello forestale). Il secondo ciclo di studi, a carattere universitario, offre il titolo di Ingegnere
Agronomo e consente l'accesso ai dottorati e alle successive specializzazioni nelle diverse materie
dell'area agronomica.
da: Cnel, Libro bianco sulle professioni in Europa Roma, 1993, pp. 80-82
Tav. 22 - Schema sintetico sulle professioni agronomiche in Europa
Belgio Lussemburgo Olanda
ciclo secondario (diploma attitudinale) Ciclo secondario
Istituti Università Corso annuale Formazione primaria (8 anni)
Corso breve Corso lungo 2 anni (candidato ingegnere) Insegnamento Pre-universitario Insegnamento Superiore non
universitario
2 anni 2 cicli biennali 3 anni Ingresso al II anno accademico delle università del Belgio, della Francia, della Germania,
dell'Austria della Svizzera Corso universitario (4 anni) Scuole agrarie (4 anni)
1 anno pratica Ing. Agronomo Ing. Chimico e delle industrie agrarie Ingegnere (5 indirizzi) Ingegnere in agricoltura
Graduato Ingegnere industriale in agronomia 2 anni post-laurea di ricerca 3-4 anni di corsi post-laurea (Dottore)
Dottori in scienze agroeconomiche
segue tav. 22
Spagna Portogallo Grecia
Formazione primaria e secondaria Ciclo secondario (12 anni) Ciclo secondario (12 anni)
12 anni 13 anni Scuole superiori (3 anni) Corso integrativo (1 anno) Ultimi 3 anni Licei Scuole
1 anno di corso di orientamento Tecnico agricolo specializzato Ingegnere tecnico agrario Università (1 anno) 1 anno
Scuole Università Scuole tecniche Ingegnere agronomo Istituti d'insegnamento tecnico superiore (3 anni e mezzo)
Tecnico agricolo
3 anni 6 anni Facoltà di agronomia (5 anni) Laureato in scienze
Ingegnere tecnico in agricoltura Ingegnere Agronomo
2 anni post-laurea (dott. ing. Agronomo)
segue tav. 22
Germania Danimarca Gran Bretagna
Ciclo secondario (13 anni) Formazione di base (fino a 16 anni) Ciclo secondario (15-16 anni)
Scuole superiori Università Formazione accademica Formazione professionale Formazione superiore universitario
(dopo 1 anno in un'azienda agricola (2 o 3 anni) Università
(3 anni)
(Ammissione spesso subordinata ad 1 anno di pratica) Scuole di insegnamento superiore non universitario (1 anno e
mezzo - e anni di durata) Higher National Diploma (HND) (Bachelor of Sciences)
1 anno
Ingegnere di FH (Fachhochschulen) Kandidat (agronomi, Hortonom) Esame ammissione u niversitario (4 - 6 anni) Final
national Diploma (FD) Master in Agr. Sciences
Praticantato per la libera professione Esame di Stato per l'insegnamento
segue tav. 22
Irlanda Francia Italia
Scuola media (3 anni)
Ciclo secondario Formazione di base (elementari + 4 anni di collége) Scuola media superiore (5 anni)
Superiore non universitario Università Baccalaureats tecnici 3 anni liceo Baccalaureats classici Ist. prof.le per
l'agricoltura (5 anni) Agrotecnico Tirocinio biennale o altro
Colleges (2 anni)
National Certificate in Agricoltural Sciences esame di immatricola-zione Percorso breve Percorso lungo 2 anni di
preparazione Ist. tecnico agrario (5 anni) Perito Agrario Tirocinio biennale o altro
4 anni più 1 di pratica in una azienda agraria Brevetto di tecnico superiore agricolo (2 anni) (BTSA) Scuole superiori di
agricoltura (3 anni) (ESA) Ingegnere in agricoltura Laurea in scienze e tecnologie agrarie scienze forestali ed ambientali
scienze delle produzioni animali scienze agrarie tropicali e sub tropicali scienze delle produzioni aziendali (5 anni)
Dottore Agrario e Dottore Forestale
Bachelor of agricoltural Sciences Diploma universitario di tecnologia (2 anni) Scuole nazionali per ingegneri agricoli (3
anni) (ENITA) Ingegnere dei lavori agricoli
1 anno (Master of agricoltural Sciences) Diploma di studi universitari tecnico-scientifici (DEUST) Scuole nazionali
superiori in agronomica (3 anni) (ENSA) Ingegnere agronomo
Tesi (Philosphy doctor)
6. L'indagine sugli iscritti all'Albo
6.1. L'organizzazione professionale
Tra i dottori agronomi e forestali la vocazione nei riguardi della libera professione è molto forte.
Oltre la metà degli agronomi svolge l'attività di libero professionista a tempo pieno ed a tempo
parziale. La dimensione prevalente dello studio è quella monopersonale, con la presenza cioè del
solo titolare, senza dipendenti e altre figure professionali. Tra chi svolge in modo prevalente la libera
professione non è molto diffuso il ricorso ad altre competenze al di fuori di quelle portate da ciascun
dottore agronomo, probabilmente per effetto delle dimensioni organizzative della loro attività.
Sotto questo stesso profilo, la situazione dei dottori agronomi e forestali dipendenti di enti pubblici
o privati risulta leggermente differente. Questi hanno in genere più occasioni di contatto e di
collaborazione con altre professioni, specie quelle tecniche. Significativa è la percentuale di
agronomi inseriti come dipendente o dirigente nelle pubblica amministrazione, ed in particolare
nelle amministrazioni decentrate, fatto che in qualche modo conferma il forte legame della categoria
con la dimensione territoriale locale. Nel settore privato, ove trova collocazione poco più di un
decimo degli agronomi, l'impiego del dottore agronomo e dottore forestale per questioni afferenti
l'agricoltura mantiene la sua centralità. Nondimeno, il dottore agronomo sembra cominciare a
ritagliarsi un proprio ruolo anche nel settore industriale, specie nelle imprese di trasformazione e
commercializzazione dei prodotti agricoli e nelle imprese che forniscono strumenti e competenze
utilizzati in agricoltura.
Analizzando in dettaglio i risultati dell'indagine, emerge che il 33,6% dei dottori agronomi e
forestali esercita la libera professione a tempo pieno, mentre il 25,3% a tempo parziale (tab. 63).
Considerando il Paese nel suo insieme, i liberi professionisti a tempo pieno sono relativamente più
numerosi al Centro (42,9%). Nel complesso, la variabile territoriale e la tipologia professionale
appaiono legate da un significativo rapporto di dipendenza statistica. La scelta della libera
professione a tempo pieno appare più consistente tra le giovani generazioni (il 44,4% di coloro che
hanno meno di 34 anni) e tra i professionisti con maggiore esperienza (il 51,3% di quelli tra i 60 ed i
64 anni e il 51,6% con 65 anni ed oltre).
Tra i liberi professionisti a tempo parziale, elevata è la percentuale di coloro che svolgono l'attività
di docente, in particolare nelle scuole medie superiori (47,1%, tab. 64). Questa dimensione
lavorativa è particolarmente estesa tra le donne: diverse libere professioniste a tempo parziale
trovano infatti impiego come docenti nelle scuole medie superiori (33,2%) ed inferiori (16,7%), e
nelle università (16,7%).
Nel complesso il 20,5% dei dottori agronomi affianca alla libera professione un altro lavoro
autonomo. Il 9,8% svolge in particolare in parallelo alla attività di libero professionista quella di
imprenditore, profilo particolarmente diffuso tra le donne (16,7%). Il 3,9% è agricoltore, percentuale
osservata anche per gli agronomi che esercitano un'altra libera professione. La libera professione a
tempo parziale risulta diffusa nelle generazioni intermedie, tra chi ha un'età compresa tra i 40 ed i 45
anni (39,3%).
Poco meno di un terzo dei dottori agronomi e forestali è inserito nella pubblica amministrazione. Il
28,5% di dottori agronomi e forestali ha trovato occupazione presso enti od organizzazioni di diritto
pubblico, mentre nel settore privato risulta collocato l'11,8%. La scelta in favore del lavoro
dipendente nel settore pubblico appare preminente per gli agronomi con età compresa tra i 46 ed i
49 anni (47,1%).
Significativa è la presenza degli agronomi nelle amministrazioni pubbliche periferiche: i dipendenti
presso gli enti locali sono pari al 19,1% (tab. 65), realtà diffusa tra le donne (37,1%) ed al Sud
(24,6%); l'8,5% è invece inquadrato come dirigente. L'11,2% dei dottori agronomi e forestali è
dipendente presso amministrazioni statali, ed anche tra questi significativa è la quota delle donne
(22,2%). Ruoli dirigenziali nelle amministrazioni statali sono occupati dal 5,4%. Infine il 7,6% ed il
3,1% dichiara rispettivamente di essere dipendente e dirigente in altre amministrazioni pubbliche.
La scuola è l'altro settore dove tradizionalmente trovano inserimento i dottori agronomi e forestali
che non esercitano la libera professione. Nel dettaglio, il 12,1% è docente di scuola media
superiore, mentre gli insegnanti di scuole medie inferiori ed i docenti universitari rappresentano
rispettivamente il 3,1% ed il 4,0%.
Nel settore privato si iniziano ad intravedere importanti novità. Se l'agricoltura continua a
rappresentare nel complesso un significativo sbocco occupazionale, emerge al contempo una nuova
figura di agronomo inserito in contesti più ampi. In tal senso il dato più significativo è rappresentato
dalla quota di agronomi, pari al 7,1%, dipendenti in imprese private non agricole.
Nel settore agricolo, il 6,3% è dipendente in associazioni di categoria; il 4,0% ed l'1,8% ha trovato
occupazione rispettivamente come dipendente e come dirigente presso aziende agricole; il 2,7% e
l'1,3% come dipendente e come dirigente presso industrie di trasformazione di prodotti agricoli.
Si rileva una stretta relazione statistica tra gli agronomi/forestali e le tipologie di contratto. La
grande maggioranza dei dottori agronomi e forestali che svolge l'attività professionale come
dipendente ha una situazione contrattuale stabile. Il 90,8% lavora con contratto a tempo
indeterminato (tab. 66), percentuale che sale al 93,4% tra i dipendenti di enti ed organizzazioni di
diritto privato. Solo il 7,3% dei dipendenti lavora con contratti a tempo determinato, condizione
diffusa soprattutto tra le donne (28,6%, tab. 67), i più giovani (22,7%), e gli agronomi del Nord Est
(11,4%).
Anche tra le modalità di esercizio della professione e la ripartizione geografica sussiste una stretta
correlazione. Il 75,7% dei liberi professionisti esercita la libera professione come unico titolare
dello studio (tab. 68). Questa dimens ione interessa l'80,4% dei professionisti a tempo pieno ed il
69,4% dei professionisti a tempo parziale. Gli studi mono-personali sono relativamente più diffusi
nel Centro e nel Sud del Paese.
All'interno della categoria gli studi associati non sembrano ancora realtà molto sviluppate, dal
momento che coinvolgono solo il 10,8% degli agronomi libero professionisti. In questo tipo di
organizzazione professionale è presente una percentuale significate di donne (18,9%) e di liberi
professionisti con meno di 34 anni (15,2%).
Il 7,6% svolge attività di prestazione senza però titolarità di studio, tipologia organizzativa che trova
maggiore diffusione nel Nord, tra i liberi professionisti a tempo parziale e tra le libere
professioniste. Un numero inferiore di iscritti all'Albo infine svolge l'attività professionale in uno
studio associato con altre categorie professionali (4,4%), in società di ingegneria (0,9%) ed in
società di servizi (0,6%).
Tra le due variabili, tipologia professionale e numero di dipendenti non professionisti, si osserva un
significativo rapporto di dipendenza statistica. Anche in considerazione delle modalità di esercizio
dell'attività professionale, gli studi professionali dei dottori agronomi e forestali hanno in genere
dimensioni ridotte. L'83,7% dei liberi professionisti non ha alcun dipendente presso il proprio studio
professionale, mentre l'11,9% dispone di un solo dipendente (tab. 69). Studi di maggiori dimensioni
sono presenti nel Nord Ovest, mentre non si rilevano evidenti differenze sotto questo profilo tra liberi
professionisti a tempo pieno ed a tempo parziale.
Tra i dottori agronomi e i dottori forestali non è molto diffuso un approccio multidisciplinare
nell'esercizio dell'attività professionale. Nel complesso, il 70,4% degli iscritti svolge la propria attività
professionale senza intrattenere rapporti di collaborazione con altre figure professionali (tab.
70). Percentuali ancora superiori si evidenziano per i professionisti che esercitano la libera
professione a tempo pieno ed a tempo parziale, rispettivamente l'84,3% e l'86,8%. Più ricca ed
articolata è la presenza di altri specialisti negli enti pubblici e privati in cui gli agronomi sono
inseriti.
Considerando la categoria nel suo insieme, le professioni tecniche sono quelle maggiormente
presenti nello studio o nell'ente in cui si svolge l'attività professionale. Tra queste vi sono in
particolare i periti agrari (15,9%), i geometri (14,5%), gli agrotecnici (7,5%), gli ingegneri (5,3%),
professioni con le quali si trovano a collaborare in misura nettamente maggiore i dottori agronomi e
forestali dipendenti di enti pubblici e di imprese private. Tra le altre professioni l'unico dato
significativo è quello relativo ai ragionieri ed ai periti commerciali (5,9%). Statisticamente
significativo è il rapporto tra il grado di interdisciplinarietà nell'attività professionale e la variabile
territoriale. Nel complesso si può osservare un maggiore grado di interdisciplinarietà dell'attività
professionale nelle zone del Nord Est e, in misura minore, del Nord Ovest (tab. 71).
Nell'ambito dell'attività professionale il ricorso ai moderni strumenti tecnologici assume un ruolo
decisivo. La quasi totalità degli agronomi utilizza i personal computer (tab. 72), insieme a tutta una
serie di strumenti informatici collegati, quali stampanti (90,4%), unità cd rom (43,4%), scanner
(34,5%), video terminali (19,3%), server (15,9%). Trovano ampia diffusione strumenti come le
fotocopiatrici (78,9%), i fax (78,4%) ed i telefoni cellulari (49,3%).
6.2. Il mercato e le competenze professionali
Il mercato in cui si inserisce il dottore agronomo e dottore forestale è interessato da una serie di
mutamenti. Rispetto al recente passato, viene confermato lo stretto legame della categoria con il
territorio e con le realtà economiche ed amministrative che vi operano. I clienti tipici del dottore
agronomo e dottore forestale sono le piccole e medie imprese della filiera agricola, le persone
fisiche e le pubbliche amministrazioni periferiche. In particolare queste ultime rappresentano un
riferimento essenziale per la categoria, sia come domanda di prestazioni qualificate, sia come
sbocco professionale per gli agronomi che non esercitano la libera professione.
Se nel passato l'azienda agricola ha rappresentato il soggetto di riferimento privilegiato, in
prospettiva tende ad assumere maggiore importanza il settore ambientale. In questo campo, in virtù
della sua specifica formazione, il dottore agronomo e dottore forestale, sia come libero professionista
che come dipendente, può meglio di altri proporre un approccio globale alle problematiche dello
sviluppo rurale, intervenendo sia sotto il profilo della tutela e della gestione del territorio, sia nei
processi produttivi della filiera agroalimentare.
Riguardo questo ultimo aspetto, la categoria tende ad assumere la veste di interlocutore privilegiato
per le industrie di trasformazione e commercializzazione dei prodotto agricoli. In tale settore le
attività svolte sono quelle classiche di prestazioni tecniche per l'agricoltura, ma anc he, ed è questa la
novità più significativa, la prestazione gestionale ed il marketing. Si rileva quindi una parte ancora
minoritaria, ma estremamente dinamica di agronomi che configura la propria attività professionale
come elaborazione ed offerta di servizi, e che quindi si inserisce a pieno titolo nel settore del
terziario avanzato.
Dall'analisi dei dati relativi alla tipologia della clientela dello studio si evince che la domanda della
professionalità del dottore agronomo e dottore forestale è strutturata in tre segmenti distinti: le
piccole e medie aziende private, le amministrazioni pubbliche periferiche e le persone fisiche
private.
Si osserva che la tipologia della clientela e la ripartizione territoriale sono legate da un significativo
rapporto di dipendenza statistica. In particolare il 59,7% degli intervistati ha come clienti imprese
con meno di 50 addetti (tab. 73). L'attività di supporto alle piccole e medie imprese è estremamente
diffusa nel Sud (66,3%). Nel settore pubblico, le amministrazioni locali si avvalgono delle
competenze dei dottori agronomi e forestali con maggiore frequenza e continuità. Considerando i
dati, 21,6% ha come referente le amministrazioni comunali, il 15,9% la regione, il 13,6% la
provincia, il 5,2% con le comunità montane, mentre solo il 7,0% ha come clienti le amministrazioni
statali, a conferma dello stretto rapporto che lega la categoria alla realtà locale. Nelle macro aree
territoriali del Paese, il rapporto con le amministrazioni locali appare più marcato nelle regioni del
Centro, in particolare con le amministrazioni provinciali (29,4%) e regionali (27,5%). Nel Nord Est
invece, oltre alle amministrazioni comunali (29,7%) ed alle comunità montane (7,6%), assumono una
maggiore rilevanza rispetto il dato nazionale le aziende con oltre 250 dipendenti (6,8%).
Un significativo rapporto di dipendenza si osserva tra la variabile sesso e la tipologia prevalente di
clientela. Le donne in particolare hanno saputo sviluppare la propria professionalità nei rapporti con
le amministrazioni locali. Dai dati si evince che il 27,9% fornisce prestazioni professionali ai comuni,
il 23,5% alle regioni, il 16,2% alle province, il 10,3% alle comunità montane (tab. 74). Infine il
45,0% dei dottori agronomi e forestali ha come cliente principale le persone fisiche private. Su
questo segmento di mercato si inseriscono specialmente i professionisti più anziani, con 65 anni ed
oltre (64,5%, tab. 75), professionisti che hanno maturato una maggiore esperienza professionale
e la possibilità quindi di instaurare un rapporto stabile con il singolo cliente. Nel complesso, sussiste
una significativa dipendenza statistica tra età e tipologia di clientela. Infine, il 54,1% dei dottori
agronomi e forestali del Nord Est presta la propria opera a persone fisiche private.
Il 51,4% dei dottori agronomi ha una clientela fissa. Questo carattere della domanda è più accentuato
tra i liberi professionisti a tempo pieno (53,5%, tab. 76), mentre tra i liberi professionisti a tempo
parziale prevale una clientela saltuaria (66,2%). Nel Nord del Paese la clientela tende ad essere fissa
in misura maggiore, al contrario di quanto invece avviene nel Sud e nelle Isole.
La dimensione territoriale prevalente dell'attività professionale è locale per il 58,5% e regionale per il
30,1% degli iscritti (tab. 77). Questi dati indicano ancora l'esistenza di un rapporto privilegiato della
categoria con il territorio, sia pure con alcune specificazioni. A livello locale, la clientela è
prevalentemente saltuaria (55,2%), mentre la domanda regionale si configura in misura maggiore
come stabile (58,3%). La dimensione nazionale interessa solo l'8,0% degli iscritti e si configura come
clientela fissa per una quota consistente di professionisti (74,5%). Percentuali minori prestano i loro
servizi oltre i confini italiani, in modo prevalentemente stabile nell'ambito dell'Unione Europea,
saltuariamente nel resto del mondo.
Si osserva una stretta relazione tra la dimensione territoriale prevalente dell'attività professionale e la
ripartizione territoriale. Nel Sud e nelle Isole ben il 65,1% dei professionisti si rivolge ad un mercato
prevalentemente locale, dato a cui si deve aggiungere il 27,1% di professionisti con una dimensione
prevalentemente regionale dell'attività professionale (tab. 78). Nel Nord Est e nel Nord Ovest cresce
la percentuale di iscritti che opera su tutto il territorio nazionale (rispettivamente nel
14,5% e nel 12,5% dei casi). Al Centro si concentra una buona percentuale di chi opera in una
dimensione internazionale.
A giudizio dei dottori agronomi e forestali i profili dell'attività professionale da migliorare sono tre:
in primo luogo vi è l'aggiornamento professionale nel settore od attività di
competenza, indicato nel 24,5% delle risposte (tab. 79). Questa esigenza è avvertita
tra chi esercita la libera professione a tempo pieno (30,1%), tra le donne (31,3%, tab.
80), tra i dottori del Centro (31,8%) e del Sud (25,9%). Sempre in materia di
aggiornamento professionale, il 7,5% ravvisa la necessità di un aggiornamento delle
dotazioni informatiche e tecnologiche (8,9%), orientamento anche questo diffuso in
particolare tra le donne (14,8%);
un secondo profilo riguarda direttamente i contenuti della prestazione professionale
da migliorare. Tra questi, nel 23,0% delle risposte viene indicata l'efficienza,
soprattutto da parte di chi opera nel Nord Est (33,8%), nonché tra i dipendenti
pubblici (30,3%) e privati (29,5%). Il 17,0% presta attenzione al rispetto dei tempi,
mentre il 15,5% alla capacità di risolvere rapidamente i problemi posti.
infine il 20,4% indica la necessità di migliorare il rapporto con la pubblica
amministrazione, fattore che facilita il raggiungimento di determinati risultati
nell'esercizio della professione. Tale aspetto è sottolineato degli iscritti del Sud e
delle Isole (24,8%) e del Centro (23,4%) ed infine da chi esercita la professione a
tempo parziale (28,2%).
Per ciò che concerne la specializzazione prevalente, è opportuno ricordare che, sulla base di quanto
fissato dalla legge 152/92, le competenze del dottore agronomo e dottore forestale coprono un vasto
spettro. Tentando di schematizzare, dai risultati della ricerca emerge che i settori in cui attualmente
essi svolgono principalmente l'attività professionale sono l'economico-estimativo, la tutela e la
gestione dell'ambiente, l'agricoltura e progettazione in ambito forestale.
Il 37,3% è specializzato nel settore economico-estimativo (tab. 81), attività diffusa fra chi ha 65
anni ed oltre (58,1%) e tra chi esercita al Sud e nelle Isole (42,1%).
Altro settore rilevante è quello della progettazione, della gestione del territorio e della tutela
ambientale. In questo ambito operano percentuali significative di donne e di giovani.
In dettaglio, il 19,4% opera in prevalenza nel settore ecologico-ambientale, specializzazione che ha
una diffusione maggiore tra le donne (30,4%) e tra i dottori più giovani (il 25,4% degli iscritti con età
inferiore ai 34 anni). Il 14,8% opera prevalentemente nel campo della pianificazione territoriale,
settore anche questo dove è consistente la presenza delle donne (20,3%), l'11,7% in quello forestale,
specializzazione anche questa diffusa tra i più giovani (16,7%). Infine il 7,7% si è specializzato nella
difesa del suolo.
Dai dati emerge che, mediamente, nel Nord Est l'attitudine dei dottori agronomi e forestali a
specializzarsi in campo ambientale è maggiore. In questa area del Paese il 39,4% degli iscritti è
inserito nel campo ecologico-ambientale, il 23,9% nella pianificazione territoriale, il 15,5% nel
campo della progettazione forestale.
L'agricoltura rimane per la professione un importante settore di riferimento. E' comunque da
rilevare che anche in questo campo si osservano notevoli trasformazioni ed articolazioni. Il 15,3%
dei dottori agronomi e forestali si è specializzato nella difesa fitosanitaria, settore in cui esercita la
propria attività professionale il 23,9% dei dottori del Nord Est. Il 13,3% si è inserito nel settore
della produzione vegetale, segmento rilevante ancora nel Nord Est (19,7%). Infine l'11,4% opera
nel settore agro-alimentare ed il 10,7% in quello della produzione animale.
In rapporto alle varie tipologie professionali, tra i professionisti a tempo parziale il 53,7% si è
specializzato nel campo economico-estimativo (tab. 82). Per le specializzazioni in campo
ambientale, il 26,2% si occupa del settore ecologico-ambientale, mentre il 14,8 di difesa del suolo.
Nel settore agricolo il 22,8% è specializzato prevalentemente nella difesa fitosanitaria.
Tra i liberi professionisti a tempo pieno, una quota consistente, pari al 18,3%, opera
prevalentemente nella pianificazione territoriale e nel campo forestale (16,8%), mentre nella
produzione animale il 22,4% dei dipendenti del settore privato ed il 14,1% dei dipendenti del settore
pubblico.
Definiti i tre settori di riferimento, resta da analizzare il quadro delle specifiche attività svolte
attualmente dai dottori agronomi e forestali e le attività per le quali è previsto uno sviluppo nei
prossimi tre anni. In merito a questo secondo profilo, l'indagine, sulla base dell'esperienza
professionale e delle previsioni degli stessi intervistati, consente di definire le probabili linee di
evoluzione della professione.
Prendendo in esame dapprima le attività svolte attualmente, si conferma che i settori principali di
impiego dei dottori dei dottori agronomi sono i tre poc'anzi indicati (economico-estimativo,
ambiente e territorio, agricoltura). Nondimeno è possibile evidenziare ulteriori elementi.
Il 18,7% dei dottori agronomi e forestali si occupa attualmente di estimo civile (tab. 83). Il 20,4%
opera nel campo delle consulenze/perizie giudiziarie civili, attività esercitata da una porzione
rilevante di liberi professionisti a tempo parziale (32,0%), dagli agronomi del Nord Est (27,0%, tab.
84) e dai professionisti più anziani (tab. 85).
Nel campo della gestione e tutela dell'ambiente e del territorio, il 22,9% svolge prevalentemente
l'attività professionale nella pianificazione e progettazione ambientale, territoriale ed urbana, settore
in cui sono inserite diverse donne (30,2%, tab. 86) e liberi professionisti a tempo pieno. Il 15,7% si
occupa di studi di impatto ambientale, il 12,5% di monitoraggio ambientale.
Riceve ancora conferme l'interesse degli agronomi del Nord Est nei confronti delle attività che
fanno capo al settore ambientale. In particolare, sono da evidenziare, rispetto il quadro nazionale, i
dati relativi alla progettazione e pianificazione ambientale, territoriale ed urbana (29,7%), al
monitoraggio ambientale ed allo studio di impatto ambientale (attività esercitate entrambe dal
18,9% degli agronomi presenti nel Nord Est), ai parchi ed alle riserve naturali (13,5%), al recupero
di cave e discariche (10,8%), alla salvaguardia dell'assetto idrogeologico (9,5%), all'eco-audit ed
all'eco- label (4,1%).
Nel settore agricolo, il 20,2% dei dottori agronomi e dei dottori forestali svolge attualmente l'attività
professionale nel campo della produzione vegetale, il 9,7% nella produzione animale, attività molto
diffusa tra gli agronomi del Sud del Paese (17,2%). Settori di rilievo infine sono quelli della
trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli (14,4%), segmento in cui svolge
l'attività professionale il 23,4% degli iscritti del Centro; dell'accertamento e della certificazione della
qualità delle produzioni agricole, zootecniche e forestali (12,3%), settore in cui opera il 23,0% degli
agronomi del Nord Est; della prestazione gestionale (12,5%) e della prestazione agro- finanziaria
(9,9%), specie nel Nord. Infine anche il verde e l'arredo urbano (12,3%) e degli ambiti professionali
collegabili ai progressi nel campo delle biotecnologie (12,1%) offrono attualmente consistenti
opportunità di lavoro.
Per ciò che concerne le attività per cui è previsto uno sviluppo nei prossimi tre anni, sembra
opportuno effettuare una analisi dinamica dei dati, mettendo in secondo piano il profilo meramente
quantitativo, in favore di un approccio qualitativo teso ad evidenziare i settori in espansione. I dottori
agronomi e forestali ritengono che nei prossimi tre anni si osserveranno sviluppi negli ambiti
professionali collegabili all'ambito delle biotecnologie, indicate dal 15,3% (tab. 87), pari ad un più
3,2% rispetto alla situazione attuale. In particolare, per questo settore è previsto uno sviluppo specie
tra chi svolge la libera professione, nonché per gli agronomi del Centro e del Sud (rispettivamente il
20,0% ed il 19,0%).
Gli altri settori in cui gli iscritti pensano di inserirsi sono il monitoraggio ambientale (14,7%, più
2,2%) e l'accertamento e la certificazione della qualità delle produzioni agricole, zootecniche e
forestali (14,5%, più 2,2%), soprattutto nelle aree del Nord Est (26,5%).
Di particolare interesse risulta il dato relativo al marketing (10,1%, più 1,3%), specializzazione di
crescente importanza tra i dottori agronomi e forestali dipendenti di imprese private (16,9%). Questo
dato conferma la tendenza crescente dei dottori agronomi ad individuare nelle imprese e nel settore
terziario validi interlocutori. Anche nel campo ambientale si prevedono ulteriori progressi, specie in
ambiti in cui è già significativa la presenza dei dottori agronomi e forestali, quali la pianificazione e
progettazione ambientale, territoriale ed urbana (23,7%, più 0,8%) e lo studio di impatto ambientale
(16,5%, più 0,8%). Più degli altri i professionisti del Nord Est sottolineano le opportunità di
sviluppo connesse a questo tipo di attività.
Nel complesso, i dottori agronomi e forestali sono soddisfatti della loro attività professionale. Si
dichiara molto soddisfatto ed abbastanza soddisfatto rispettivamente il 23,0% ed il 54,7% degli
intervistati (tab. 88).
Un grado maggiore di soddisfazione si rileva tra i professionisti a tempo pieno e tra i dipendenti del
settore privato, mentre disagi maggiori si riscontrano tra i liberi professionisti a tempo parziale.
Inoltre, si osserva una stretta dipendenza statistica tra grado di soddisfazione professionale e
ripartizione geografica. Giudizi mediamente migliori sono presenti infine tra gli iscritti del Nord
rispetto a quelli del Centro e del Sud (tab. 89).
Tra gli aspetti della professione che danno maggiore soddisfazione, il 39,6% dei dottori agronomi e
forestali ha indicato l'autonomia, il 32,9% la possibilità di accrescere la propria preparazione
professionale, il 30,6% i contenuti oggettivi dell'attività svolta ed infine il 18,6% la professionalità
acquisita (tab. 90). Nel complesso quindi la categoria si caratterizza per una forte vocazione alla
professione e per una elevata motivazione all'accrescimento del proprio bagaglio di conoscenze.
Tra le diverse tipologie professionali, la maggioranza dei liberi professionisti apprezza l'elevato
grado di autonomia connessa alla propria esperienza professionale (52,2%), mentre i dipendenti del
settore pubblico l'aspetto più importante è rappresentato dalla possibilità di accrescere la
preparazione professionale (38,8%).
Nel recente passato per il 63,2% dei dottori agronomi e forestale l'interlocutore privilegiato è stato
l'azienda agricola (tab. 91), cliente per eccellenza specie per le generazioni più anziane di
professionisti nonché segmento ove trova occupazione il 74,2% degli agronomi dipendenti nel
settore privato. Sempre nel settore privato, il 10,1% dei dottori agronomi e forestali ha svolto
attività professionale nell'ambito di industrie di trasformazione di prodotti agricoli, mentre il 9,4%
nelle industrie di commercializzazione di prodotti agricoli e zootecnici. L'8,2% infine per l'esercizio
della professione ha avuto come referente gli studi professionali.
Nel settore pubblico i dottori agronomi e forestali hanno trovato nella dimensione locale i punti di
riferimento più importanti. Negli ultimi tre anni il 28,8% ha trovato un valido interlocutore negli enti
locali, fenomeno osservato in particolare nelle regioni del Nord (tab. 92) e tra i liberi professionisti a
tempo pieno. Il 21,7% degli agronomi ha indicato invece le amministrazioni regionali, e tra questi
numerosi sono gli agronomi del Nord. Il 13,9% infine ha avuto contatti con le altre pubbliche
amministrazioni.
Nel prossimo futuro si prevedono importanti cambiamenti in merito ai soggetti di riferimento per lo
sviluppo della professione. Se le aziende agricole rimangono nel complesso l'interlocutore di
riferimento per una rilevante parte di agronomi, pari al 45,9% (tab. 93), vi sarà nondimeno una
maggiore diversificazione. Nel settore privato le industrie di trasformazione di prodotti agricoli
offriranno maggiori occasioni di sviluppo della professione per il 23,1%. Questa previsione appare
diffusa specialmente tra gli agronomi del Centro e del Sud. Il 16,6% individua il referente principale
per il prossimo futuro nelle industrie di commercializzazione di prodotti agricoli, zootecnici e
forestali. Rispetto al passato quindi si osserva, almeno nelle previsioni degli stessi protagonisti, un
coinvolgimento maggiore dei dottori agronomi e forestali in tutti i segmenti che compongono la
filiera della produzione agricola. L'altro dato di un certo interesse riguarda le imprese di prestazione
terziarie, indicate da un significativo 5,5% come soggetti di riferimento nei prossimi tre anni,
orientamento presente in larga misura tra i liberi professionisti che operano a tempo parziale (8,6%).
Incrementi, seppure di portata minore, sono previsti anche per le amministrazioni pubbliche
periferiche. In particolare, il 58,7% degli iscritti del Nord Est individua negli enti locali i soggetti di
riferimento principali, orientamento condiviso dal 43,2% degli iscritti del Nord Ovest, mentre le
regioni sono indicate dal 28,6% nel Nord Est e dal 30,5% nel Nord Ovest.
Si iniziano anche ad intravedere alcuni effetti del processo di unificazione europea. Il 5,9% dei
dottori agronomi e forestali infatti ritiene che gli organismi e le strutture comunitarie svolgeranno
un ruolo utile per lo sviluppo della professione, opportunità sentita in misura significativa dagli
agronomi del Nord Est (20,6%).
La grande maggioranza dei dottori agronomi e forestali avverte la concorrenza da parte di altre
figure professionali. Ben il 92,4% da una risposta affermativa circa l'esistenza di altri professionisti
che tendono a sovrapporsi negli medesimi ambiti di competenza degli agronomi (tab. 94).
Nello specifico delle diverse figure professionali, il 63,7% dei dottori agronomi e forestali individua
negli architetti i maggiori concorrenti, in particolare nel campo dell'edilizia e della pianificazione del
territorio (tab. 95), opinione che trova una estrema diffusione tra i dottori agronomi del Nord e del
Centro del Paese, tra le donne (73,1%, tab. 96), tra i liberi professionisti a tempo pieno (69,5%).
Sempre nel settore dell'edilizia il 61,7% evidenzia ricorrenti fenomeni di sovrapposizione con i
geometri, aspetto percepito maggiormente dai professionisti a tempo parziale (73,1%) e dagli
agronomi del Nord Est (66,7%). Il 51,6% indica invece gli ingegneri, dato osservato in misura
maggiore nel Sud (63,0%). Nel settore agricolo, il 26,6% dei dottori agronomi e dottori forestali
indica come concorrente sul mercato i periti agrari, specie nel Nord Est (40,3%) e tra i professionisti a
tempo parziale (31,0%).
6.3. La rappresentanza professionale
Sulla rappresentanza professionale non emerge nella categoria una posizione univoca. Per il 30,2% il
motivo principale dell'iscrizione all'Albo va ricercato nella possibilità di riconoscersi in una strategia
di sviluppo comune (tab. 97), posizione espressa da una significativa percentuale di donne
(43,5%) e tra i dipendenti del settore pubblico (36,1%, tab. 98). Il 20,9% è del parere che
l'iscrizione all'Albo consenta di usufruire dei servizi offerti dalla categoria, orientamento questo
molto diffuso tra gli agronomi del Nord Ovest (35,7%, tab. 99). Infine, il 19,4% sottolinea la
possibilità di usufruire della tutela garantita alla categoria.
Ben il 27,3% dei dottori agronomi non rinviene alcun motivo sostanziale per iscriversi all'Albo. A
questi critici va aggiunto un 3,9% che è iscritto all'Albo in quanto la legge lo prevede come obbligo
per l'esercizio della professione. La posizione di critica è espressa in larga misura dagli iscritti più
anziani.
In tema di unico ordine professionale, che comprenda cioè le altre professioni tecniche, tra i dottori
agronomi e forestali si individuano alcune aperture significative. Se una parte consistente, pari al
44,5% (tab. 100), si dichiara decisamente contraria a tale ipotesi, si osserva che un cospicuo 38,3% è
invece schierato a favore. Rispetto alla media, sono più aperti verso l'ipotesi dell'ordine unico i liberi
professionisti ed i dottori agronomi e forestali delle regioni del Nord. La fluidità delle posizioni
maturate nel contesto della categoria è testimoniata comunque dall'elevata quota di indecisi, pari al
17,2%.
6.4. La formazione
Riguardo la propria formazione universitaria i dottori agronomi e dottori forestali esprimono un
giudizio nel complesso positivo. Nondimeno, emerge una esigenza diffusa di ridefinizione degli
ordinamenti, in ragione degli sviluppi che interessano oggi la professione. Ai corsi di laurea si
chiede di fornire una formazione più articolata, che dia un adeguato rilievo alla specializzazione ed
ai contenuti pratici connessi all'attività professionale.
Il 14,1% ed il 56,6% degli intervistati giudica rispettivamente molto utili ed abbastanza utili gli
strumenti conoscitivi acquisiti durante il corso di laurea (tab. 101). Questo orientamento appare
relativamente più diffuso nel Nord Ovest, mentre al Centro ed al Sud si rilevano le perplessità
maggiori. Considerando il rapporto tra tipologia professionale e giudizio sull'utilità degli strumenti
acquisiti durante il corso si laurea (tab. 102), si osserva una maggiore soddisfazione tra i dipendenti
del settore privato.
Altro rapporto significativo si osserva tra l'età anagrafica degli iscritti ed il giudizio sugli strumenti
formativi. Tra gli iscritti con età inferiore ai 34 anni, tra quelli tra i 40 ed il 45 anni di età e tra i 55 ed
i 59 anni è presente un orientamento più critico nei confronti della formazione universitaria (tab.
103).
Analizzando separatamente i dottori agronomi ed i dottori forestali che esprimono un giudizio
negativo sulla formazione universitaria (pari nel complesso al 29,3%), le critiche maggiori sono
dirette ad evidenziare la scarsa attenzione del mondo accademico nei confronti della realtà e dei
contenuti dell'attività professionale. Il 62,1% degli insoddisfatti sottolinea la presenza eccessiva di
insegnamenti di natura esclusivamente teorica (tab. 104), opinione espressa in particolare dai
dipendenti del settore privato (76,5%) e dai liberi professionisti a tempo pieno (68,4%).
Il 37,9% ritiene che gli insegnamenti si rivelino spesso inadeguati per risolvere le questioni concrete,
aspetto percepito specialmente dagli agronomi del Centro (44,7%, tab. 105). Il 14,2% degli
insoddisfatti ritiene i corsi universitari inadeguati a formare figure professionali, orientamento questo
molto diffuso tra i dipendenti pubblici (23,9%) e nel Nord Est (23,8%).
Infine il 13,6% lamenta l'assenza in ambito universitario di adeguate strutture di supporto per
l'inserimento nel mondo del lavoro, critica diffusa tra i liberi professionisti a tempo parziale e tra gli
iscritti del Nord Ovest.
La professione è attraversata in questa fase da notevoli processi di mutamento, in particolare per ciò
che concerne le nuove tipologie di prestazioni che il mercato richiede. Tali processi ridisegnano la
figura del professionista, a partire ovviamente dalle competenze che egli deve essere in grado di
offrire, e svolgono di conseguenza importanti effetti sullo stesso mondo accademico. In sostanza
all'università si chiede di prevedere o comunque di assecondare i cambia menti in atto, e quindi di
prestare maggiori risorse e dare più visibilità a materie di insegnamento utili a rendere più
competitiva la figura del dottore agronomo e dottore forestale.
Tra i profili della formazione universitaria da migliorare, il 23,8% indica quello legislativo,
nazionale e comunitario (tab. 106). Questa indicazione nasce da una constatazione di fatto, ovvero
dal ruolo svolto dagli agronomi nel campo dell'assistenza alle imprese per consulenze in materia
legislativa e dai compiti assolti dagli agronomi dipendenti nella pubblica amministrazione e nel
settore privato. Queste funzioni avranno evidentemente un ulteriore sviluppo con l'unificazione
europea e con l'attribuzione di nuove competenze alle amministrazione periferiche, specie in
materia di pianificazione territoriale e di sviluppo rurale. Particolare attenzione a questo profilo
viene accordata dai dipendenti del settore pubblico e privato (rispettivamente il 27,3%), dalle donne
(34,8%, tab. 107), e dai dottori agronomi e dottori forestali del Nord Est (26,5%, tab. 108).
Il limite più evidente della formazione universitaria è individuato nella scarsa attenzione alle
problematiche connesse all'esercizio della professione. Pur offrendo un complesso e solido bagaglio
di nozioni, tra i dottori agronomi e dottori forestali sembra nondimeno diffusa l'idea che la
formazione non consideri nella giusta proporzione i contenuti pratici della professione. Si denuncia
in sostanza l'incapacità di fatto del modo accademico di formare dei professionisti in grado al termine
degli studi di accedere agevolmente alla professione.
Il 20,5% degli iscritti ritiene che l'università debba prestare maggiore attenzione alle tematiche
relative all'inserimento nel mercato. Questo orientamento è molto diffuso tra i liberi professionisti a
tempo parziale (25,5%) e nel Nord Ovest (34,3%). Il 16,8% sottolinea l'importanza di insegnamenti
riguardanti la promozione dell'attività professionale, il 12,1% dell'organizzazione del lavoro, il
10,2% del marketing e delle indagini di mercato.
Altro profilo di grande interesse riguarda la formazione in campo ambientale. Il 19,1% sottolinea
l'opportunità di una preparazione adeguata in tema di tutela e valorizzazione ambientale,
orientamento diffuso tra gli agronomi del Centro del Paese (26,9%), tra i professionisti a tempo
parziale (23,4%) e tra i dipendenti pubblici (22,4%). Il 14,5% pone l'accento sulla pianificazione e
programmazione territoriale ed, infine, il 12,9% è dell'avviso che si debba migliorare la formazione
per la certificazione della qualità dei prodotti della filiera agricola, esigenza sentita particolarmente
nel Nord Est (27,9%).
In materia di aggiornamento professionale la categoria è divisa a metà. Nonostante i limiti indicati,
l'università è ritenuta dalla categoria come una importante risorsa, e come tale, per il 40,4% essa deve
svolgere un ruolo significativo anche nel campo dell'aggiornamento professionale (tab. 109). Il
49,5% ritiene invece che l'aggiornamento debba svolgersi al di fuori del sistema universitario.
Infine il 10,1% vede con favore il concorso dell'università e di soggetti esterni.
Attualmente per il 32,2% degli agronomi la modalità di aggiornamento più ricorrente è rappresentata
dalla lettura di documentazione specialistica (tab. 110), strumento largamente utilizzato nel Centro
(45,5%) e nel Sud (39,4%). Si affida invece all'autoformazione contestuale all'attività lavorativa il
25,6% degli agronomi. Un altro canale è rappresentato dai corsi presso enti di formazione pubblici,
seguiti dal 24,2%. A questi corsi sono interessati tra tutti gli agronomi delle regioni del Nord.
Nel prossimo futuro si prevede invece una maggiore articolazione degli strumenti di aggiornamento
utilizzati. In tal senso il dato più significativo è rappresentato dal forte decreme nto rispetto al recente
passato del numero dei soggetti che si affideranno principalmente alla lettura della documentazione
specialistica (-17,7%, tab. 111). Si registra al contempo un ulteriore incremento degli agronomi che
seguiranno corsi di formazione.
Il 29,7% prevede di seguire corsi presso enti di formazione pubblici, orientamento molto diffuso tra i
dipendenti del settore privato (33,1%, tab. 112) ed al Nord. Il 24,0% seguirà corsi di formazione
presso strutture degli Ordini, intenzione presente tra i liberi professionisti a tempo parziale (27,8%),
mentre il 19,6% utilizzerà enti di formazione privati, specie nel Nord Est (27,2%). Infine una
percentuale significativa di agronomi prevedono di usufruire dei servizi offerti da internet (12,8%).
Tra gli strumenti di aggiornamento, il supporto cartaceo (libri, dispense, ecc.) rimane ovviamente
quello di maggiore utilizzo (tab. 113). Si osserva nondimeno una buona predisposizione della
categoria verso i nuovi strumenti informatici, quali i supporti multimediali ed i software specialistici,
utilizzati rispettivamente dal 27,1% e dal 20,0% ed in misura più significativa dagli iscritti del Nord,
dai liberi professionisti (tab. 114) e mediamente dalle generazioni più giovani.
Tab. 63 - Tipologie prevalenti di attività professionale esercitata in base all'area geografica (val. %)
Provincia
Tipologia Nord Ovest Nord Est Centro Sud Totale
Libera professione 32,7 27,8 42,9 31,7 33,6
Libera professione a tempo parziale 24,8 22,8 23,7 26,9 25,3
Dipendente di un ente/organizzazione di diritto pubblico 23,9 30,4 23,7 31,6 28,5
Dipendente di un ente/organizzazione di diritto privato 17,7 19,0 8,8 8,8 11,8
Altro 0,9 0,9 1,0 0,8
Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 64 - Attività svolta in concorrenza con la libera professione a tempo
parziale (val. %)
Sesso
Attività Maschio Femmina Totale
Docente di scuole medie inferiori 3,1 16,7 3,9
Docente di scuole medie superiori 48,0 33,2 47,1
Docente universitario a tempo determinato 1,0 16,7 2,0
Dirigente in azienda agricola 3,1 2,9
Dirigente in ind, trasformazione/commercio di prod, agricoli 2,1 2,0
Dipendente pubblico part-time 5,2 4,9
Dipendente in azienda agricola 3,1 2,9
Dipendente in industria di trasformazione prodotti agricoli 1,0 1,0
Dipendente di studi professionali 1,0 16,7 2,0
Dipendente di organizzazioni professionali di categoria 3,1 2,9
Dipendente di strutture associative 2,1 2,0
Altro 6,3 5,9
Commerciante 3,1 2,9
Imprenditore 9,4 16,7 9,8
Altra libera professione 4,2 3,9
Agricoltore 4,2 3,9
Totale 100,0 100,0 100,0
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 65 - Attività professionale dipendente svolta in via prioritaria (val. %)
Sesso
Attività Maschio Femmina Totale
Docente di scuole medie inferiori 3,6 3,1
Docente di scuole medie superiori 12,2 11,1 12,1
Docente universitario 4,1 3,7 4,0
Dirigente in amministrazioni statali 5,6 3,7 5,4
Dirigente in enti locali 8,6 7,4 8,5
Dirigente in altre amministrazioni pubbliche 3,6 3,1
Dirigente in azienda agricola 2,0 1,8
Dirigente in ind,di trasformazione/commercio prod, agricoli 1,5 1,3
Dipendente in amministrazioni statali 9,6 22,2 11,2
Dipendente in enti locali 16,8 37,1 19,1
Dipendente in altre amministrazioni pubbliche 7,6 7,4 7,6
Dipendente in azienda agricola 4,1 3,7 4,0
Dipendente in industria di trasformazione prodotti agricoli 2,5 3,7 2,7
Dipendente in industria di commercio di prodotti agricoli 1,0 0,9
Dipendente in studi professionali 1,0 0,9
Altro 1,0 0,9
Dipendente di associazione di categoria agricola 7,1 6,3
Dipendente di aziende private non agricole 8,1 7,1
Totale 100,0 100,0 100,0
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 66 - Tipo di contratto di lavoro (val. %)
Tipologia
Tipologia Dipendente di un ente o di un'organizzazione di diritto pubblico Dipendente di un ente o di un'organizzazione di diritto privato Totale
Tempo indeterminato 89,9 93,4 90,8
Tempo determinato 8,9 3,3 7,3
Part-time 0,6 3,3 1,4
Contratto di formazione lavoro 0,6 0,5
Totale 100,0 100,0 100,0
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 67 - Tipo di contratto di lavoro (val. %)
Sesso
Tipologia Maschio Femmina Totale
Tempo indeterminato 94,8 64,2 90,8
Tempo determinato 4,2 28,6 7,3
Part-time 1,0 3,6 1,4
Contratto di formazione lavoro 3,6 0,5
Totale 100,0 100,0 100,0
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 68 - Modalità prevalente di esercizio della libera professione in base all'area geografica (val. %)
Provincia
Modalità Nord Ovest Nord Est Centro Sud Totale
Come unico titolare di studio 65,6 67,5 79,7 79,9 75,7
In studio associato di dottore agronomo e dottore forestale 6,3 7,5 12,2 12,8 10,8
In studio associato con altre categorie professionali 7,8 2,7 4,9 4,4
In società di ingegneria 2,5 2,7 0,9
In società di servizi 1,2 0,6
Consulente senza titolarità di studio 20,3 22,5 2,7 1,2 7,6
Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 69 - Numero di dipendenti non professionisti dello studio ove esercita (val. %)
Tipologia
Unità Libera professione a tempo pieno Libera professione a tempo parziale Totale
Nessuno 81,9 86,4 83,7
1 unità 12,6 10,9 11,9
2 unità 2,0 1,2
3 unità 2,0 1,2
4 unità 0,5 0,7 0,6
5 unità ed oltre 1,0 2,0 1,4
Totale 100,0 100,0 100,0
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 70 - Altre figure professionali presenti nell'organizzazione o studio (val. %)
Tipologia
Professionista Libera professione a tempo pieno Libera professione a tempo parziale Dipendente di un ente o organizzazione di diritto pubblico Dipendente di
un ente o organizzazione di diritto privato Totale
Geometri 8,6 4,9 30,6 29,6 14,5
Periti agrari 3,5 2,8 39,6 44,4 15,9
Periti industriali 0,5 7,2 7,4 2,5
Agrotecnici 3,0 3,5 13,5 22,2 7,5
Geologi 1,0 0,7 1,8 1,9 1,2
Ingegneri 3,0 1,4 11,7 11,1 5,3
Architetti 1,0 1,4 10,8 3,7 3,5
Dottori in chimica 0,7 5,4 1,4
Altro 2,5 0,7 6,3 7,4 3,5
Dottori in scienze ambientali 3,6 5,6 1,4
Dottori in scienze naturali 2,7 1,9 0,8
Dottori in biologia 0,5 0,7 9,9 3,7 3,1
Ragionieri e periti commerciali 2,0 0,7 9,9 25,9 5,9
Dottori commercialisti 2,0 6,3 5,6 2,7
Avvocati 0,5 9,9 9,3 3,3
Non ci sono altri professionisti 84,3 86,8 43,2 33,3 70,4
Altro 1,0 0,4
Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 71 - Altre figure professionali presenti nell'organizzazione o studio in base all'area geografica (val. %)
Provincia
Professionista Nord Ovest Nord Est Centro Sud Totale
Geometri 16,5 26,7 8,2 12,3 14,5
Periti agrari 24,8 29,3 9,2 10,1 15,9
Periti industriali 5,5 2,7 1,0 1,8 2,5
Agrotecnici 11,0 13,3 2,0 6,1 7,5
Geologi 2,8 1,3 2,0 1,2
Ingegneri 11,9 5,3 3,1 3,1 5,3
Architetti 8,3 5,3 1,0 1,8 3,5
Dottori in chimica 4,6 1,0 0,4 1,4
Altro 6,4 8,0 1,0 1,8 3,5
Dottori in scienze ambientali 2,8 2,7 0,9 1,4
Dottori in scienze naturali 1,8 1,0 0,4 0,8
Dottori in biologia 3,7 1,3 5,1 2,6 3,1
Ragionieri e periti commerciali 11,9 14,7 2,6 5,9
Dottori commercialisti 5,5 2,7 1,0 2,2 2,7
Avvocati 5,5 10,7 2,0 0,4 3,3
Non ci sono altri professionisti 66,1 57,3 78,6 73,2 70,4
Altro 0,9 1,3 0,4
Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 72 - Strumenti tecnologici utilizzati nell'attività professionale (val. %)
Strumento %
Personal computer 94,3
Stampanti 90,4
Scanner 34,5
Server 15,9
Videoterminali 19,3
Unità cd rom 43,4
Plotter 12,7
Unità di back-up 8,0
Altro 0,5
Videoscrittura 69,3
Posta elettronica 34,5
Foglio elettronico 42,9
Altri software applicativi 4,5
Cd rom 19,2
Accesso remoto diretto con modem 9,1
Accesso remoto con collegamento con Internet 25,3
Altro 0,5
Fotocopiatrici 78,9
Fax 78,4
Telefono cellulare 49,3
Gps 3,0
Stereoscopio 4,0
Altri strumenti tecnologici 2,3
Totale
Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 73 - Tipologia della clientela dello studio in base all'area geografica (val. %)
Provincia
Tipologia Nord Ovest Nord Est Centro Sud Totale
Persone fisiche private 43,8 54,1 39,4 45,3 45,0
Soggetti privati senza fine di lucro 1,0 5,4 5,5 8,4 6,1
Amministrazioni comunitarie 4,8 4,1 6,4 1,4 3,3
Amministrazioni statali 4,8 10,8 6,4 7,0 7,0
Regione 16,2 13,5 27,5 11,9 15,9
Provincia 10,5 12,2 29,4 9,1 13,6
Comune 21,9 29,7 22,0 19,3 21,6
Aziende municipalizzate 1,0 1,4 0,9 0,4 0,7
Circoscrizioni 0,4 0,2
Comunità montane 7,6 13,5 4,6 2,5 5,2
Aziende pubbliche 2,9 2,7 3,7 3,9 3,5
Tribunali 6,7 10,8 2,8 3,5 4,9
Aziende private fino a 50 dipendenti 58,1 44,6 54,1 66,3 59,7
Aziende private da 51 a 250 dipendenti 3,8 1,4 6,4 4,9 4,5
Aziende private con 250 dipendenti 1,9 6,8 2,8 3,2 3,3
Altro 9,5 12,2 1,8 0,7 4,0
Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 74 - Tipologia della clientela dello studio (val. %)
Sesso
Tipologia Maschio Femmina Totale
Persone fisiche private 45,5 41,2 45,0
Soggetti privati senza fine di lucro 5,7 8,8 6,1
Amministrazioni comunitarie 3,6 1,5 3,3
Amministrazioni statali 6,9 7,4 7,0
Regione 14,9 23,5 15,9
Provincia 13,3 16,2 13,6
Comune 20,8 27,9 21,6
Aziende municipalizzate 0,4 2,9 0,7
Circoscrizioni 0,2 0,2
Comunità montane 4,6 10,3 5,2
Aziende pubbliche 3,2 5,9 3,5
Tribunali 5,0 4,4 4,9
Aziende private fino a 50 dipendenti 61,6 45,6 59,7
Aziende private da 51 a 250 dipendenti 5,0 1,5 4,5
Aziende private con 250 dipendenti 3,6 1,5 3,3
Altro 3,4 8,8 4,0
Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 75 - Tipologia della clientela dello studio in base alle classi di età (val. %)
Età
Tipologia Fino a 34 35-39 40-45 46-49 50-54 55-59 60-64 65 e oltre Totale
Persone fisiche private 49,1 44,5 38,1 44,7 47,9 35,5 45,9 64,5 45,1
Soggetti privati senza fine di lucro 3,5 6,8 10,2 8,5 4,2 6,5 3,2 6,1
Amministrazioni comunitarie 1,8 3,4 2,5 8,5 2,1 9,7 2,7 3,3
Amministrazioni statali 7,0 6,2 8,5 4,3 10,4 6,5 8,1 3,2 7,0
Regione 19,3 14,4 19,5 10,6 16,7 19,4 8,1 9,7 15,9
Provincia 18,4 13,0 11,9 12,8 12,5 9,7 16,2 9,7 13,6
Comune 23,7 21,2 26,3 19,1 16,7 16,1 24,3 12,9 21,7
Aziende municipalizzate 0,7 0,8 4,3 0,7
Circoscrizioni 0,8 0,2
Comunità montane 9,6 3,4 5,1 4,3 4,2 3,2 8,1 5,2
Aziende pubbliche 3,5 2,1 5,1 4,3 2,1 3,2 2,7 6,5 3,5
Tribunali 1,8 5,5 5,9 8,5 8,3 3,2 3,2 4,7
Aziende private fino a 50 dipendenti 50,9 58,2 64,4 63,8 60,4 61,3 67,6 64,5 59,8
Aziende private da 51 a 250 dipendenti 6,1 2,7 6,8 10,8 9,7 4,5
Aziende private con 250 dipendenti 1,8 2,1 0,8 2,1 6,3 6,5 10,8 9,7 3,3
Altro 5,3 3,4 5,1 2,1 4,2 2,7 3,2 3,8
Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 76 - Caratteristiche prevalenti della clientela (val. %)
Tipologia
Clientela Libera professione a tempo pieno Libera professione a tempo parziale Totale
Fissa 53,5 33,8 51,4
Saltuaria 46,5 66,2 48,6
Totale 100,0 100,0 100,0
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 77 - Dimensione territoriale prevalente dell'attività professionale (val. %)
Dimensione %
Locale 58,5
Regionale 30,1
Nazionale 8,0
Unione Europea 1,0
Anche oltre i confini dell'Unione Europea 2,4
Totale 100,0
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 78 - Dimensione territoriale prevalente dell'attività professionale (val. %)
Provincia
Dimensione Nord Ovest Nord Est Centro Sud Totale
Locale 50,0 55,3 51,3 65,1 58,5
Regionale 34,6 28,9 34,5 27,1 30,1
Nazionale 12,5 14,5 7,1 5,1 8,0
Unione Europea 1,0 1,3 0,9 1,0 1,0
Anche oltre i confini dell'Unione Europea 1,9 6,2 1,7 2,4
Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 79 - Aspetti dell'attività professionale da migliorare (val. %)
Tipologia
Aspetto Libera professione a tempo pieno Libera professione a tempo parziale Dipendente di un ente o organizzazione di diritto pubblico Dipendente di un
ente o organizzazione di diritto privato Totale
L'efficienza 16,7 20,4 30,3 29,5 23,0
Il rispetto dei tempi 12,9 13,4 24,5 18,0 17,0
Il rapporto diretto con il cliente 14,0 7,7 11,6 18,0 12,0
La capacità di risolvere rapidamente i problemi posti 14,0 15,5 17,4 14,8 15,5
La capacità di procurare al cliente contatti utili 3,2 3,5 3,9 3,3 3,5
Un ambiente adeguato allo svolgimento della professione 2,2 3,5 6,5 8,2 4,6
La pubblicità 7,0 8,5 3,2 8,2 6,4
L'aggiornamento nel settore o attività di competenza 30,1 23,2 20,6 21,3 24,5
L'aggiornamento delle dotazioni informatiche e tecnologiche 7,5 4,9 9,7 8,2 7,5
La capacità amministrativa e gestionale 2,7 2,1 3,9 3,3 2,9
L'approccio multidisciplinare 3,8 3,5 2,6 3,3 3,3
Il rapporto con la pubblica amministrazione 23,7 28,2 9,0 21,3 20,4
L'aggiornamento in materia legislativa 7,0 9,9 7,7 4,9 7,7
Altro 4,3 2,8 1,3 1,6 2,7
Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 80 - Aspetti dell'attività professionale da migliorare (val. %)
Sesso
Aspetto Maschio Femmina Totale
L'efficienza 22,9 23,9 23,0
Il rispetto dei tempi 16,8 17,9 17,0
Il rapporto diretto con il cliente 12,1 11,9 12,0
La capacità di risolvere rapidamente i problemi posti 16,2 10,4 15,5
La capacità di procurare al cliente contatti utili 4,0 3,5
Un ambiente adeguato allo svolgimento della professione 4,2 7,5 4,6
La pubblicità 6,4 6,0 6,4
L'aggiornamento nel settore o attività di competenza 23,5 31,3 24,5
L'aggiornamento delle dotazioni informatiche e tecnologiche 6,9 11,9 7,5
La capacità amministrativa e gestionale 2,5 6,0 2,9
L'approccio multidisciplinare 3,5 1,5 3,3
Il rapporto con la pubblica amministrazione 21,6 11,9 20,4
L'aggiornamento in materia legislativa 7,9 6,0 7,7
Altro 2,1 7,5 2,7
Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 81 - Specializzazione professionale prevalente (val. %)
Provincia
Specializzazione Nord Ovest Nord Est Centro Sud Totale
Economico-estimativo 33,9 36,6 28,8 42,1 37,3
Ecologico-ambientale 20,2 39,4 20,7 13,8 19,4
Pianificazione territoriale 19,3 23,9 11,7 12,1 14,8
Forestale 10,1 15,5 13,5 10,7 11,7
Difesa fitosanitaria 10,1 23,9 19,8 13,4 15,3
Difesa del suolo 16,5 12,7 2,7 5,2 7,7
Opere di bonifica e sistemazione idraulica 5,5 14,1 1,8 4,1 5,2
Topografico-catastale 6,4 12,7 2,7 4,8 5,7
Edilizia rurale 7,3 14,1 5,4 3,4 5,9
Edilizia civile 3,7 1,4 0,9 1,4 1,7
Produzione vegetale 13,8 19,7 18,0 9,7 13,3
Produzione animale 16,5 9,9 0,9 12,4 10,7
Agro-alimentare 13,8 11,3 11,7 10,3 11,4
Credito agrario 0,9 1,4 0,9 0,3 0,7
Vivaismo 4,6 15,5 2,7 1,4 4,0
Verde pubblico e privato 12,8 19,7 6,3 4,1 8,1
Altro 3,7 8,5 2,7 1,4 2,9
Assistenza tecnica per l'agricoltura 3,7 2,8 0,9 0,7 1,5
Docente in agraria 2,8 1,4 0,7
Assistenza alle imprese (marketing/cons. gestionale, legisla. ecc) 7,3 0,9 1,0 2,1
Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 82 - Specializzazione professionale prevalente (val. %)
Tipologia
Specializzazione Libera professione a tempo pieno Libera professione a tempo parziale Dipendente di un ente o organizzazione di diritto pubblico
Dipendente di un ente o organizzazione di diritto privato Totale
Economico-estimativo 37,6 53,7 29,4 20,9 37,3
Ecologico-ambientale 22,8 26,2 14,7 7,5 19,4
Pianificazione territoriale 18,3 18,1 12,9 3,0 14,8
Forestale 16,8 10,7 10,4 3,0 11,7
Difesa fitosanitaria 15,7 22,8 7,4 16,4 15,3
Difesa del suolo 5,6 14,8 5,5 4,5 7,7
Opere di bonifica e sistemazione idraulica 8,1 6,0 3,1 5,2
Topografico-catastale 9,1 6,7 3,1 5,7
Edilizia rurale 8,1 6,0 5,5 5,9
Edilizia civile 3,0 1,3 1,2 1,7
Produzione vegetale 12,7 15,4 11,7 13,4 13,3
Produzione animale 6,6 6,7 14,1 22,4 10,7
Agro-alimentare 12,7 7,4 11,7 14,9 11,4
Credito agrario 0,5 1,3 0,6 0,7
Vivaismo 3,6 5,4 3,1 3,0 4,0
Verde pubblico e privato 8,1 11,4 6,1 6,0 8,1
Assistenza tecnica per l'agricoltura 0,5 0,7 2,5 4,5 1,5
Docente in agraria 2,5 0,7
Assistenza alle imprese (marketing/cons., gestionale, legisla. 2,0 0,7 1,8 6,0 2,1
Altro 1,5 2,7 4,3 4,5 2,9
Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 83 - Attività svolte attualmente (val. %)
Tipologia
Attività Libera professione a tempo pieno Libera professione a tempo parziale Dipendente di un ente o organizzazione di diritto pubblico Dipendente di un
ente o organizzazione di diritto privato Totale
Perizie giudiziarie civili 24,1 32,0 9,1 10,9 20,4
Perizie giudiziarie penali 8,2 12,7 3,9 1,6 7,4
Estimo civile 22,1 27,3 10,4 9,4 18,7
Usi civici 7,7 7,3 1,6 4,8
Trasformazione e commercializzazione dei prodotti 17,4 12,7 13,6 10,9 14,4
Produzione vegetale 23,6 21,3 16,2 17,2 20,2
Produzione animale 8,7 9,3 8,4 17,2 9,7
Prestazione agro-finanziaria 11,8 7,3 6,5 15,6 9,9
Prestazione gestionale 13,8 14,7 7,1 15,6 12,5
Marketing 8,7 8,0 7,8 14,1 8,8
Amministrazione di aziende agricole 5,6 10,0 4,5 6,3 6,5
Credito tributaria 1,5 1,3 0,9
Prestazione tributaria 0,5 1,3 0,6 1,6 0,9
Verde e arredo urbano 12,3 18,0 10,4 3,1 12,3
Studio impatto ambientale 15,9 18,7 16,2 6,3 15,7
Monitoraggio ambientale 14,4 13,3 12,3 6,3 12,5
Ambito biotecnologico 13,8 12,0 12,3 6,3 12,1
Eco-audit ed eco-label 1,5 2,0 0,6 3,1 1,6
Accertamento qualità prod, agricoli, zootecnici e forestali 12,3 10,0 14,9 12,5 12,3
Meccanizzazione agrario-forestale 4,6 8,7 3,9 4,9
Pianificazione ambientale, territoriale ed urbana 27,7 25,3 20,8 9,4 22,9
Prestazione nella programmazione integrata 5,6 6,0 1,9 4,0
Prestazione nella programmazione negoziata 1,6 0,2
Parchi e riserve naturali 7,7 11,3 6,5 4,7 7,9
Opere edilizie in genere e manufatti 3,6 10,0 1,3 4,2
Costruzione di opere fondiarie 5,1 5,3 3,2 4,0
Recupero cave e discariche 5,1 5,3 0,6 3,3
Salvaguardia assetto idrogeologico 7,2 4,7 5,8 5,3
Agriturismo 9,2 11,3 9,1 4,7 9,2
Acquacultura 1,5 1,3 0,9
Analisi chimico-agrarie 3,6 4,7 2,6 4,7 3,7
Sicurezza 5,6 5,3 0,6 1,6 3,7
Assistenza tecnica 9,2 10,0 3,2 6,3 7,4
Giornalismo 3,1 4,0 1,9 2,6
Divulgazione 4,1 5,3 3,9 3,1 4,2
Formazione professionale 6,2 9,3 2,6 1,6 5,5
Topografia 5,1 6,0 3,2 1,6 4,4
Cartografia 8,7 8,0 4,5 1,6 6,5
Catasto 7,2 14,7 5,2 4,7 8,3
Altro 5,1 5,3 5,8 17,2 6,7
Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 84 - Attività svolte attualmente in base all'area geografica (val. %)
Provincia
Attività Nord Ovest Nord Est Centro Sud Totale
Perizie giudiziarie civili 23,8 27,0 17,8 18,5 20,4
Perizie giudiziarie penali 5,9 2,7 6,5 9,4 7,4
Estimo civile 19,8 23,0 14,0 18,9 18,7
Usi civici 3,0 8,1 3,7 4,9 4,8
Trasformazione e commercializzazione dei prodotti 5,9 13,5 23,4 14,3 14,4
Produzione vegetale 11,9 14,9 30,8 20,6 20,2
Produzione animale 13,9 5,4 3,7 11,5 9,7
Prestazione agro-finanziaria 12,9 13,5 5,6 9,4 9,9
Prestazione gestionale 20,8 23,0 6,5 9,1 12,5
Marketing 5,0 14,9 5,6 9,8 8,8
Amministrazione di aziende agricole 3,0 12,2 6,5 6,3 6,5
Credito tributaria 1,4 0,9 1,0 0,9
Prestazione tributaria 2,0 1,4 0,9 0,3 0,9
Verde e arredo urbano 14,9 20,3 8,4 10,8 12,3
Studio impatto ambientale 14,9 18,9 15,9 15,0 15,7
Monitoraggio ambientale 9,9 18,9 15,0 10,8 12,5
Ambito biotecnologico 3,0 8,1 14,0 15,7 12,1
Eco-audit ed eco-label 1,0 4,1 2,8 0,7 1,6
Accertamento qualità prod, agricoli, zootecnici e forestali 10,9 23,0 17,8 8,0 12,3
Meccanizzazione agrario-forestale 2,0 8,1 4,7 5,2 4,9
Pianificazione ambientale, territoriale ed urbana 19,8 29,7 23,4 22,0 22,9
Prestazione nella programmazione integrata 5,9 14,9 1,9 1,4 4,0
Prestazione nella programmazione negoziata 1,0 0,2
Parchi e riserve naturali 8,9 13,5 7,5 6,3 7,9
Opere edilizie in genere e manufatti 3,0 8,1 2,8 4,2 4,2
Costruzione di opere fondiarie 5,0 6,8 2,8 3,5 4,0
Recupero cave e discariche 4,0 10,8 3,7 1,0 3,3
Salvaguardia assetto idrogeologico 5,9 9,5 4,7 4,2 5,3
Agriturismo 6,9 10,8 3,7 11,5 9,2
Acquacultura 1,0 4,1 0, 3 0,9
Analisi chimico-agrarie 6,9 12,2 0,9 1,4 3,7
Sicurezza 5,9 9,5 4,7 1,0 3,7
Assistenza tecnica 10,9 16,2 4,7 4,9 7,4
Giornalismo 3,0 9,5 0,9 1,4 2,6
Divulgazione 5,9 14,9 2,4 4,2
Formazione professionale 12,9 13,5 0,9 2,4 5,5
Topografia 3,0 9,5 4,7 3,5 4,4
Cartografia 5,0 9,5 8,4 5,6 6,5
Catasto 5,9 10,8 8,4 8,4 8,3
Altro 8,9 8,1 2,8 7,0 6,7
Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 85 - Attività svolte attualmente (val. %)
Età
Attività Fino a 34 35-39 40-45 46-49 50-54 55-59 60-64 65 e oltre Totale
Perizie giudiziarie civili 11,2 14,0 28,2 24,5 20,0 18,8 25,6 40,0 20,3
Perizie giudiziarie penali 6,5 3,5 10,3 8,2 10,0 12,8 13,3 7,4
Estimo civile 14,0 11,2 23,9 22,4 18,0 15,6 25,6 40,0 18,7
Usi civici 3,7 4,2 4,3 6,1 2,0 3,1 7,7 13,3 4,8
Trasformazione e commercializzazione dei prodotti 16,8 14,0 12,0 14,3 4,0 18,8 23,1 20,0 14,5
Produzione vegetale 16,8 23,8 16,2 18,4 20,0 21,9 25,6 26,7 20,3
Produzione animale 6,5 14,7 10,3 16,3 6,3 7,7 6,7 9,7
Prestazione agro-finanziaria 8,4 12,6 11,1 8,2 4,0 6,3 10,3 13,3 9,9
Prestazione gestionale 11,2 11,9 15,4 22,4 8,0 3,1 10,3 13,3 12,5
Marketing 8,4 7,7 6,0 18,4 8,0 6,3 15,4 3,3 8,6
Amministrazione di aziende agricole 0,9 7,0 10,3 4,1 8,0 6,3 5,1 13,3 6,5
Credito tributaria 0,7 1,7 2,0 3,3 0,9
Prestazione tributaria 0,7 1,7 2,0 2,0 0,9
Verde e arredo urbano 12,1 11,9 17,9 12,2 10,0 10,3 13,3 12,3
Studio impatto ambientale 13,1 16,8 17,9 18,4 10,0 12,5 12,8 23,3 15,7
Monitoraggio ambientale 12,1 12,6 12,0 14,3 12,0 12,5 10,3 16,7 12,5
Ambito biotecnologico 16,8 14,7 6,0 14,3 8,0 15,6 5,1 13,3 12,0
Eco-audit ed eco-label 1,9 2,8 1,7 2,0 1,6
Accertamento qualità prod, agricoli, zootecnici e forestali 14,0 11,9 10,3 12,2 14,0 18,8 10,3 10,0 12,3
Meccanizzazione agrario-forestale 3,7 4,9 5,1 14,3 2,0 5,1 3,3 4,9
Pianificazione ambientale, territoriale ed urbana 25,2 25,9 26,5 28,6 14,0 9,4 12,8 20,0 22,9
segue tab. 85
Età
Attività Fino a 34 35-39 40-45 46-49 50-54 55-59 60-64 65 e oltre Totale
Prestazione nella programmazione integrata 3,7 3,5 6,0 4,1 4,0 6,3 2,6 4,1
Prestazione nella programmazione negoziata 2,0 0,2
Parchi e riserve naturali 8,4 9,1 11,1 10,2 2,0 7,7 3,3 7,9
Opere edilizie in genere e manufatti 1,9 2,8 8,5 8,2 4,0 2,6 3,3 4,2
Costruzione di opere fondiarie 0,9 3,5 4,3 8,2 4,0 3,1 5,1 10,0 4,1
Recupero cave e discariche 4,7 5,6 3,4 2,0 3,3 3,4
Salvaguardia assetto idrogeologico 5,6 8,4 2,6 4,1 2,0 6,3 7,7 3,3 5,3
Agriturismo 6,5 9,8 8,5 18,4 14,0 6,3 5,1 3,3 9,2
Acquacultura 1,9 1,4 2,0 0,9
Analisi chimico-agrarie 1,9 4,9 3,4 6,1 6,0 2,6 3,3 3,7
Sicurezza 4,7 4,2 2,6 10,2 2,0 3,3 3,7
Assistenza tecnica 4,7 9,1 10,3 10,2 4,0 3,1 5,1 6,7 7,4
Giornalismo 2,8 1,4 5,1 4,1 3,1 2,6 2,6
Divulgazione 5,6 3,5 6,0 2,0 2,0 3,1 2,6 6,7 4,2
Formazione professionale 4,7 5,6 6,8 6,1 4,0 3,1 5,1 6,7 5,5
Topografia 5,6 4,2 3,4 10,2 6,0 3,3 4,4
Cartografia 8,4 7,0 6,0 10,2 8,0 2,6 3,3 6,5
Catasto 5,6 4,9 10,3 20,4 14,0 2,6 13,3 8,3
Altro 8,4 4,9 6,0 6,1 14,0 7,7 6,7 6,7
Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 86 - Attività svolte attualmente (val. %)
Sesso
Attività Maschio Femmina Totale
Perizie giudiziarie civili 21,2 14,3 20,4
Perizie giudiziarie penali 8,3 7,4
Estimo civile 19,6 11,1 18,7
Usi civici 4,8 4,8 4,8
Trasformazione e commercializzazione dei prodotti 15,0 9,5 14,4
Produzione vegetale 20,2 20,6 20,2
Produzione animale 9,3 12,7 9,7
Prestazione agro-finanziaria 9,9 9,5 9,9
Prestazione gestionale 12,5 12,7 12,5
Marketing 9,1 6,3 8,8
Amministrazione di aziende agricole 6,7 4,8 6,5
Credito tributaria 1,0 0,9
Prestazione tributaria 1,0 0,9
Verde e arredo urbano 12,5 11,1 12,3
Studio impatto ambientale 15,8 14,3 15,7
Monitoraggio ambientale 12,5 12,7 12,5
Ambito biotecnologico 11,9 14,3 12,1
Eco-audit ed eco-label 1,4 3,2 1,6
Accertamento qualità prod, agricoli, zootecnici e forestali 12,1 14,3 12,3
Meccanizzazione agrario-forestale 5,3 1,6 4,9
Pianificazione ambientale, territoriale ed urbana 22,0 30,2 22,9
Prestazione nella programmazione integrata 4,0 4,8 4,0
Prestazione nella programmazione negoziata 0,2 0,2
Parchi e riserve naturali 7,9 7,9 7,9
Opere edilizie in genere e manufatti 4,2 4,8 4,2
Costruzione di opere fondiarie 4,6 4,0
Recupero cave e discariche 3,2 4,8 3,3
Salvaguardia assetto idrogeologico 5,3 4,8 5,3
Agriturismo 9,5 6,3 9,2
Acquacultura 0,6 3,2 0,9
Analisi chimico-agrarie 3,8 3,2 3,7
Sicurezza 3,8 3,2 3,7
Assistenza tecnica 8,1 1,6 7,4
Giornalismo 2,4 4,8 2,6
Divulgazione 4,0 6,3 4,2
Formazione professionale 5,5 4,8 5,5
Topografia 4,6 3,2 4,4
Cartografia 6,3 7,9 6,5
Catasto 8,1 9,5 8,3
Altro 6,7 6,3 6,7
Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 87 - Attività per le quali è previsto uno sviluppo nei prossimi tre anni (val.
% e var. %)
Attività % Variazione
Perizie giudiziarie civili 18,7 -1,7
Perizie giudiziarie penali 7,2 -0,2
Estimo civile 15,3 -3,4
Usi civici 4,6 -0,2
Trasformazione e commercializzazione dei prodotti 12,1 -2,3
Produzione vegetale 17,7 -2,5
Produzione animale 8,7 -1,0
Prestazione agro-finanziaria 9,1 -0,8
Prestazione gestionale 9,7 -2,8
Marketing 10,1 +1,3
Amministrazione di aziende agricole 6,8 +0,3
Credito tributaria 1,2 +0,3
Prestazione tributaria 1,4 +0,5
Verde e arredo urbano 10,9 -1,4
Studio impatto ambientale 16,5 +0,8
Monitoraggio ambientale 14,7 +2,2
Ambito biotecnologico 15,3 +3,2
Eco-audit ed eco-label 2,2 +0,6
Accertamento qualità prod, agricoli, zootecnici e forestali 14,5 +2,2
Meccanizzazione agrario-forestale 5,4 +0,5
Pianificazione ambientale, territoriale ed urbana 23,7 +0,8
Prestazione nella programmazione integrata 4,4 +0,4
Prestazione nella programmazione negoziata 0,6 +0,4
Parchi e riserve naturali 7,2 -0,7
Opere edilizie in genere e manufatti 3,2 -1,0
Costruzione di opere fondiarie 4,0 0,0
Recupero cave e discariche 4,4 +1,1
Salvaguardia assetto idrogeologico 5,4 +0,1
Agriturismo 9,7 +0,5
Acquacultura 1,0 +0,9
Analisi chimico-agrarie 3,2 -0,5
Sicurezza 4,4 +0,7
Assistenza tecnica 7,0 -0,4
Giornalismo 1,4 -1,2
Divulgazione 3,2 -1,0
Formazione professionale 4,6 -0,9
Topografia 4,6 +0,2
Cartografia 6,8 +0,3
Catasto 6,6 -1,7
Altro 6,0 -0,7
Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 88 - Grado di soddisfazione connesso alla professione esercitata (val. %)
Tipologia
Livello Libera professione a tempo pieno Libera professione a tempo parziale Dipendente di un ente o organizzazione di diritto pubblico Dipendente di un
ente o organizzazione di diritto privato Totale
Molto soddisfatto 30,3 11,9 22,5 27,1 23,0
Abbastanza soddisfatto 52,8 59,0 52,7 55,8 54,7
Poco soddisfatto 13,4 22,5 20,7 17,1 18,3
Per niente soddisfatto 3,5 6,6 4,1 4,0
Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 89 - Grado di soddisfazione connesso alla professione esercitata in base all'area geografica (val. %)
Provincia
Livello Nord Ovest Nord Est Centro Sud Totale
Molto soddisfatto 31,9 31,6 19,6 18,5 23,0
Abbastanza soddisfatto 57,5 60,8 52,7 52,8 54,7
Poco soddisfatto 9,7 5,1 22,3 23,6 18,3
Per niente soddisfatto 0,9 2,5 5,4 5,1 4,0
Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 90 - Aspetti della professione che danno più soddisfazione (val. %)
Tipologia
Aspetto Libera professione a tempo pieno Libera professione a tempo parziale Dipendente di un ente o organizzazione di diritto pubblico Dipendente di un
ente o organizzazione di diritto privato Totale
La possibilità di accrescere la preparazione professionale 29,2 32,7 38,8 29,8 32,9
L'autonomia 52,2 38,5 27,3 33,3 39,6
La disponibilità di tempo 10,6 6,7 5,8 12,3 8,7
La professionalità acquisita 14,3 19,2 20,7 24,6 18,6
Il livello di reddito 8,1 5,8 3,3 17,5 7,6
La responsabilità 5,0 6,7 9,1 10,5 7,2
Il prestigio sociale 1,2 1,9 1,7 1,3
I contenuti oggettivi dell'attività svolta 32,9 33,7 29,8 21,1 30,6
Il successo personale 2,5 4,8 1,7 1,8 2,7
Altro 0,6 2,9 0,8 1,8 1,3
Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 91 - Soggetti di riferimento per lo sviluppo delle attività professionali negli ultimi tre anni (val. %)
Tipologia
Soggetto Libera professione a tempo pieno Libera professione a tempo parziale Dipendente di un ente o organizzazione di diritto pubblico Dipendente di un
ente o organizzazione di diritto privato Totale
Aziende agricole 60,9 65,5 58,6 74,2 63,2
Industrie di trasformazione di prodotti agricoli 12,5 8,1 10,5 7,6 10,1
Ind, di commercial. di prodotti agric. – zootec.- forestali 8,9 8,8 11,2 9,1 9,4
Imprese di prestazione terziarie 4,7 4,1 3,3 1,5 3,7
Studi professionali 10,4 10,1 6,6 1,5 8,2
Regioni 24,5 23,0 20,4 12,1 21,7
Enti locali 32,3 29,1 28,3 19,7 28,8
Altre pubbliche amministrazioni 13,5 16,2 13,8 10,6 13,9
Organismi e strutture comunitarie 6,3 5,4 0,7 3,0 4,1
Enti di ricerca 6,8 8,8 11,2 13,6 9,3
Università 6,3 10,8 11,2 6,1 8,7
Organizzazioni professionali di categoria 5,2 9,5 5,3 6,1 6,6
Altro 2,1 2,7 0,7 1,5 1,8
Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 92 - Soggetti di riferimento per lo sviluppo di attività professionali negli
ultimi tre anni in base all'area geografica (val. %)
Provincia
Soggetto Nord Ovest Nord Est Centro Sud Totale
Aziende agricole 59,8 55,9 59,6 67,5 63,2
Industrie di trasformazione di prodotti agricoli 7,8 16,2 12,8 8,5 10,1
Ind. di commercial. di prodotti agric,-zootec.- forestali 8,8 19,1 7,3 8,1 9,4
Imprese di prestazione terziarie 10,8 10,3 1,1 3,7
Studi professionali 15,7 22,1 6,4 2,8 8,2
Regioni 27,5 29,4 20,2 18,4 21,7
Enti locali 44,1 54,4 21,1 20,1 28,8
Altre pubbliche amministrazioni 14,7 19,1 11,9 13,1 13,9
Organismi e strutture comunitarie 6,9 11,8 4,6 1,1 4,1
Enti di ricerca 9,8 19,1 7,3 7,4 9,3
Università 11,8 19,1 7,3 5,7 8,7
Organizzazioni professionali di categoria 13,7 16,2 4,6 2,5 6,6
Altro 2,0 4,4 2,8 0,7 1,8
Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 93 - Soggetti di riferimento per lo sviluppo delle attività professionali nei
prossimi tre anni (val. % e var. %)
Soggetto % Variazione
Aziende agricole 45,9 -17,3
Industrie di trasformazione di prodotti agricoli 23,1 +13,0
Ind, di commercial, di prodotti agric,-zootec,- forestali 16,6 +7,2
Imprese di prestazione terziarie 5,5 +1,8
Studi professionali 7,5 -0,7
Regioni 22,9 +1,2
Enti locali 28,9 +0,1
Altre pubbliche amministrazioni 14,3 +0,4
Organismi e strutture comunitarie 5,9 +1,8
Enti di ricerca 9,2 -0,1
Università 7,8 -0,9
Organizzazioni professionali di categoria 5,2 -1,4
Altro 1,9 +0,1
Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 94 - Esistenza di figure che si sovrappongono al dottore agronomo e
dottore forestale (val. %)
Risposta %
Sì 92,4
No 7,6
Totale 100,0
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 95 - Figure professionali che si sovrappongono al dottore agronomo e
dottore forestale (val. %)
Provincia
Professionista Nord Ovest Nord Est Centro Sud Totale
Architetti 74,3 70,8 72,4 54,4 63,7
Ingegneri 41,6 30,6 46,7 63,0 51,6
Geologi 6,9 6,9 10,5 4,4 6,4
Dottori chimici 3,0 1,9 0,9
Dottori in scienze ambientali 2,0 4,2 2,9 1,1 2,0
Dottori in scienze naturali 3,0 2,9 0,7 1,5
Dottori in scienze biologiche 2,0 5,6 5,7 2,2 3,3
Veterinari 5,9 2,8 3,7 3,3
Geometri 64,4 66,7 57,1 61,1 61,7
Periti agrari 15,8 40,3 27,6 26,7 26,6
Agrotecnici 6,9 12,5 4,8 10,7 9,1
Dottori commercialisti 1,0 1,9 1,1
Ragionieri 1,4 0,2
Altro 3,0 1,4 1,0 1,1 1,5
Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 96 - Figure professionali che si sovrappongono al dottore agronomo e
dottore forestale (val. %)
Sesso
Professionista Maschio Femmina Totale
Architetti 62,4 73,1 63,7
Ingegneri 52,2 47,8 51,6
Geologi 5,4 13,4 6,4
Dottori chimici 0,8 1,5 0,9
Dottori in scienze ambientali 1,9 3,0 2,0
Dottori in scienze naturali 1,2 3,0 1,5
Dottori in scienze biologiche 2,9 6,0 3,3
Veterinari 2,7 7,5 3,3
Geometri 63,6 47,8 61,7
Periti agrari 27,0 23,9 26,6
Agrotecnici 9,4 7,5 9,1
Dottori commercialisti 1,2 1,1
Ragionieri 0,2 0,2
Altro 1,2 3,0 1,5
Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 97 - Significato dell'iscrizione all'Albo dei dottori agronomi e dottori forestali (val. %)
Sesso
Significato Maschio Femmina Totale
Riconoscersi in u na strategia di sviluppo comune 28,5 43,5 30,2
Conseguire obiettivi personali tramite la cooperazione 7,7 10,1 8,0
Mantenere un controllo pubblico sull'esercizio professionale 8,8 13,0 9,3
Usufruire dei servizi offerti dalla categoria agli iscritti 21,3 17,4 20,9
Usufruire della tutela garantita dalla categoria 19,4 18,8 19,4
Inesistenza di meccanismi diversi a garanzia dell'utenza 1,0 0,8
Acquisire la partecipazione a organi direttivi di categoria 3,7 1,4 3,4
Nessun motivo sostanziale 28,5 18,8 27,3
Altro 2,1 5,8 2,5
Perché la legge lo prevede come obbligo 3,8 4,3 3,9
Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 98 - Significato dell'iscrizione all'Albo dei dottori agronomi e dottori forestali (val. %)
Tipologia
Significato Libera professione a tempo pieno Libera professione a tempo parziale Dipendente di un ente o organizzazione di diritto pubblico Dipendente di un
ente o organizzazione di diritto privato Totale
Riconoscersi in una strategia di sviluppo comune 28,5 31,1 36,1 17,1 30,2
Conseguire obiettivi personali tramite la cooperazione 9,0 8,1 6,6 8,6 8,0
Mantenere un controllo pubblico sull'esercizio professionale 11,5 9,5 7,2 8,6 9,3
Usufruire dei servizi offerti dalla categoria agli iscritti 23,0 23,6 16,3 20,0 20,9
Usufruire della tutela garantita dalla categoria 19,0 25,0 15,7 18,6 19,4
Inesistenza di meccanismi diversi a garanzia dell'utenza 0,5 0,7 1,2 1,4 0,8
Acquisire la partecipazione a organi direttivi di categoria 2,5 3,4 3,6 5,7 3,4
Nessun motivo sostanziale 26,0 25,0 26,5 37,1 27,3
Altro 1,5 1,4 5,4 1,4 2,5
Perché la legge lo prevede come obbligo 6,0 4,7 1,2 2,9 3,9
Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 99 - Significato dell'iscrizione all'Albo dei dottori agronomi e dottori
forestali in base all'area geografica (val. %)
Provincia
Significato Nord Ovest Nord Est Centro Sud Totale
Riconoscersi in una strategia di sviluppo comune 25,0 26,0 30,4 33,3 30,2
Conseguire obiettivi personali tramite la cooperazione 5,4 9,1 9,8 8,0 8,0
Mantenere un controllo pubblico sull'esercizio professionale 5,4 10,4 8,9 10,8 9,3
Usufruire dei servizi offerti dalla categoria agli iscritti 35,7 26,0 13,4 16,7 20,9
Usufruire della tutela garantita dalla categoria 22,3 19,5 17,9 18,8 19,4
Inesistenza di meccanismi diversi a garanzia dell'utenza 0,9 1,3 0,9 0,7 0,8
Acquisire la partecipazione a organi direttivi di categoria 11,6 2,6 1,8 1,0 3,4
Nessun motivo sostanziale 25,9 29,9 29,5 26,4 27,3
Altro 3,6 5,2 1,8 1,7 2,5
Perché la legge lo prevede come obbligo 3,6 7,8 4,5 2,8 3,9
Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 100 - E' favorevole ad un unico ordine che comprenda le
altre professioni tecniche in base all'area geografica (val. %)
Provincia
Risposta Nord Ovest Nord Est Centro Sud Totale
Sì 43,4 41,8 30,7 38,4 38,3
No 38,9 44,3 46,5 46,0 44,5
Non so 17,7 13,9 22,8 15,6 17,2
Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 101 - Giudizio sull'utilità di strumenti conoscitivi
acquisiti durante la laurea in base all'area geografica (val. %)
Provincia
Giudizio Nord Ovest Nord Est Centro Sud Totale
Molto utili 14,3 11,7 16,1 14,0 14,1
Abbastanza utili 73,2 59,7 49,9 51,9 56,6
Poco utili 11,6 23,4 27,7 27,6 24,1
Per niente utili 0,9 5,2 6,3 6,5 5,2
Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 102 - Giudizio sull'utilità di strumenti conoscitivi acquisiti durante la laurea (val. %)
Tipologia
Giudizio Libera professione a tempo pieno Libera professione a tempo parziale Dipendente di un ente o organizzazione di diritto pubblico Dipendente di un ente
o organizzazione di diritto privato Totale
Molto utili 11,5 18,4 15,5 10,1 14,1
Abbastanza utili 59,0 49,4 56,5 65,3 56,6
Poco utili 23,0 28,3 23,2 21,7 24,1
Per niente utili 6,5 3,9 4,8 2,9 5,2
Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 103 - Giudizio sull'utilità di strumenti conoscitivi
acquisiti durante la laurea in base all'età (val. %)
Età Totale
Giudizio Fino a 34 35-39 40-45 46-49 50-54 55-59 60-64 65 e oltre
Molto utili 7,0 11,3 16,5 11,8 20,8 12,1 31,6 19,4 14,2
Abbastanza utili 59,9 60,2 48,8 68,6 50,9 42,4 55,3 61,3 56,5
Poco utili 27,0 22,5 28,9 15,7 24,5 39,4 10,5 16,1 24,1
Per niente utili 6,1 6,0 5,8 3,9 3,8 6,1 2,6 3,2 5,2
Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 104 - Ragioni della scarsa soddisfazione nei confronti del corso di laurea (val. %)
Tipologia
Ragione Libera professione a tempo pieno Libera professione a tempo parziale Dipendente di un ente o organizzazione di diritto pubblico Dipendente di un ente
o organizzazione di diritto privato Totale
Presenza di insegnamenti di natura esclusivamente teorica 68,4 51,1 60,9 76,5 62,1
Presenza di materie superflue 1,8 12,8 8,7 6,5
Insegnamenti inadeguati per risolvere le questioni concrete 40,4 42,6 30,4 35,3 37,9
Insegnamenti inadeguati a formare figure professionali 10,5 10,6 23,9 11,8 14,2
Scarsa preparazione didattica dei docenti 3,5 4,3 2,2 11,8 4,1
Inserimento in attività lavorative diverse dagli studi 6,5 1,8
Assenza di strutture di supporto per inserimento lavorativo 5,3 21,3 13,0 23,5 13,6
Altro 4,3 1,2
Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 105 - Ragioni della scarsa soddisfazione nei confronti del
corso di laurea in base all'area geografica (val. %)
Provincia
Ragione Nord Ovest Nord Est Centro Sud Totale
Presenza di insegnamenti di natura esclusivamente teorica 50,0 61,9 60,5 64,6 62,1
Presenza di materie superflue 7,9 8,3 6,5
Insegnamenti inadeguati per risolvere le questioni concrete 35,7 38,1 44,7 35,4 37,9
Insegnamenti inadeguati a formare figure professionali 14,3 23,8 13,2 12,5 14,2
Scarsa preparazione didattica dei docenti 7,1 4,8 5,3 3,1 4,1
Inserimento in attività lavorative diverse dagli studi 7,1 2,1 1,8
Assenza di strutture di supporto per inserimento lavorativo 21,4 14,3 7,9 14,6 13,6
Altro 7,1 1,0 1,2
Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 106 - Profili della formazione universitaria da migliorare per la professione (val. %)
Tipologia
Profilo Libera professione a tempo pieno Libera professione a tempo parziale Dipendente di un ente o organizzazione di diritto pubblico Dipendente di un
ente o organizzazione di diritto privato Totale
Tributario 5,3 9,9 6,2 3,0 6,4
Prestazione finanziaria 7,4 3,5 6,8 9,1 6,4
Amministrativo 4,3 6,4 12,4 7,6 7,5
Legislativo nazionale e comunitario 23,4 19,1 27,3 27,3 23,8
Promozione dell'attività professionale 17,6 15,6 16,8 18,2 16,8
Tutela e valorizzazione ambientale 14,9 23,4 22,4 15,2 19,1
Certificaz, qualità prodotti agricoli, zootecnici, forestali 12,8 12,1 11,2 19,7 12,9
Pianificazione e programmazione territoriale 16,5 17,0 13,7 4,5 14,5
Marketing e indagini di mercato 12,8 7,1 9,3 12,1 10,2
Organizzazione del lavoro 10,6 11,3 10,6 19,7 12,1
Rapporti con la pubblica amministrazione 4,3 8,5 3,1 1,5 4,6
Inserimento nel mercato 21,8 25,5 12,4 22,7 20,5
Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 107 - Profili della formazione universitaria da migliorare
per la professione (val. %)
Sesso
Profilo Maschio Femmina Totale
Tributario 7,1 1,5 6,4
Prestazione finanziaria 6,5 6,1 6,4
Amministrativo 7,5 7,6 7,5
Legislativo nazionale e comunitario 22,3 34,8 23,8
Promozione dell'attività professionale 17,6 10,6 16,8
Tutela e valorizzazione ambientale 19,0 19,7 19,1
Certificaz, qualità prodotti agricoli, zootecnici, forestali 12,3 16,7 12,9
Pianificazione e programmazione territoriale 13,8 19,7 14,5
Marketing e indagini di mercato 11,1 3,0 10,2
Organizzazione del lavoro 11,7 15,2 12,1
Rapporti con la pubblica amministrazione 4,5 6,1 4,6
Inserimento nel mercato 20,4 21,2 20,5
Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 108 - Profili della formazione universitaria da migliorare
per la professione in base all'area geografica (val. %)
Provincia
Profilo Nord Ovest Nord Est Centro Sud Totale
Tributario 6,7 4,4 3,8 7,8 6,4
Prestazione finanziaria 10,5 10,3 2,9 5,3 6,4
Amministrativo 12,4 11,8 4,8 5,7 7,5
Legis lativo nazionale e comunitario 19,0 26,5 24,0 24,7 23,8
Promozione dell'attività professionale 13,3 17,6 15,4 18,4 16,8
Tutela e valorizzazione ambientale 17,1 22,1 26,9 16,3 19,1
Certificaz. qualità prodotti agricoli, zootecnici, forestali 10,5 27,9 13,5 9,9 12,9
Pianificazione e programmazione territoriale 12,4 10,3 19,2 14,5 14,5
Marketing e indagini di mercato 12,4 4,4 9,6 11,0 10,2
Organizzazione del lavoro 10,5 7,4 10,6 14,5 12,1
Rapporti con- la pubblica amministrazione 11,4 2,9 3,9 4,6
Inserimento nel mercato 34,3 25,0 10,6 18,0 20,5
Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 109 - L'aggiornamento del dottore agronomo e dottore
forestale dovrebbe essere realizzato (val. %)
Luogo %
All'interno del sistema universitario 40,4
Al di fuori del sistema universitario 49,5
Altro 10,1
Totale 100,0
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 110 - Modalità attuali di aggiornamento dell'attività professionale in base all'area geografica (val. %)
Provincia
Modalità Nord Ovest Nord Est Centro Sud Totale
Autoformazione contestuale all'attività lavorativa 25,2 30,7 17,9 27,3 25,6
Corsi di formazione interni all'ente o all'azienda 12,6 20,0 5,4 12,1 11,9
Corsi presso enti di formazione pubblici 45,0 41,3 13,4 15,9 24,2
Corsi presso enti di formazione privati 35,1 21,3 8,9 9,7 15,8
Corsi presso strutture associative 3,6 5,3 2,7 3,5 3,6
Lettura documentazione specialistica 10,8 16,0 45,5 39,4 32,2
Dottorati e corsi di studio universitari 8,1 1,3 1,8 6,6 5,3
Internet 3,6 9,3 3,6 2,8 3,9
Video conferenze 5,4 9,3 2,7 1,7 3,6
Corsi presso strutture degli ordini 15,3 12,0 10,7 14,2 13,5
Non ho abbastanza tempo da dedicare all'aggiornamento 3,6 4,0 9,8 3,8 4,9
Altro 4,5 8,0 2,7 1,0 2,9
Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 111 - Modalità in futuro di aggiornamento dell'attività
professionale (val. % e var. %)
Modalità % Variazione
Autoformazione contestuale all'attività lavorativa 12,4 -13,2
Corsi di formazione interni all'ente o all'azienda 11,4 -0,5
Corsi presso enti di formazione pubblici 29,7 +5,5
Corsi presso enti di formazione privati 19,6 +3,8
Corsi presso strutture associative 3,9 +0,3
Lettura documentazione specialistica 14,5 -17,7
Dottorati e corsi di studio universitari 7,7 +2,4
Internet 12,8 +8,9
Video conferenze 7,5 +3,9
Corsi presso strutture degli ordini 24,0 +10,5
Non ho abbastanza tempo da dedicare all'aggiornamento 1,0 -3,9
Altro 3,1 +0,2
Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 112 - Modalità in futuro di aggiornamento dell'attività professionale (val. %)
Tipologia
Modalità Libera professione a tempo pieno Libera professione a tempo parziale Dipendente di un ente o organizzazione di diritto pubblico Dipendente di un
ente o organizzazione di diritto privato Totale
Autoformazione contestuale all'attività lavorativa 14,3 15,7 7,4 12,9 12,4
Corsi di formazione interni all'ente o all'azienda 6,3 7,8 15,4 24,2 11,4
Corsi presso enti di formazione pubblici 27,4 31,3 33,1 25,8 29,7
Corsi presso enti di formazione privati 23,4 15,7 18,4 17,7 19,6
Corsi presso strutture associative 5,7 4,4 4,8 3,9
Lettura documentazione specialistica 14,9 14,8 16,2 8,1 14,5
Dottora ti e corsi di studio universitari 6,3 7,8 5,9 16,1 7,7
Internet 10,9 15,7 11,8 14,5 12,8
Video conferenze 8,0 3,5 9,6 8,1 7,5
Corsi presso strutture degli ordini 21,1 27,8 24,3 25,8 24,0
Non ho abbastanza tempo da dedicare all'aggiornamento 1,1 1,5 1,6 1,0
Altro 4,0 2,6 2,9 1,6 3,1
Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 113 - Supporti di aggiornamento che preferisce usare in
base all'area geografica (val. %)
Provincia
Supporto Nord Ovest Nord Est Centro Sud Totale
Supporto cartaceo (libri, dispense, ecc,) 67,9 77,2 75,5 68,3 70,7
Software specialistici 24,1 30,4 11,8 18,6 20,0
Supporti multimediali (CD Rom, laser-disk, ecc,) 26,8 26,6 30,0 26,2 27,1
Teleconferenze 9,8 6,3 2,7 4,8 5,6
Video e/o audio cassette 8,0 7,6 4,5 2,8 4,7
Altro 4,5 5,1 0,9 1,7
Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis, 1999
Tab. 114 - Supporti di aggiornamento che preferisce usare (val. %)
Tipologia
Supporto Libera professione a tempo pieno Libera professione a tempo parziale Dipendente di un ente o organizzazione di diritto pubblico Dipendente di un
ente o organizzazione di diritto privato Totale
Supporto cartaceo (libri, dispense, ecc,) 73,2 73,8 67,5 65,7 70,7
Software specialistici 19,7 21,5 18,9 18,6 20,0
Supporti multimediali (CD Rom, laser-disk, ecc,) 25,8 31,5 21,9 34,3 27,1
Teleconferenze 5,6 3,4 7,7 5,7 5,6
Video e/o audio cassette 4,5 5,4 4,1 5,7 4,7
Altro 1,0 1,3 1,8 4,3 1,7
Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis, 1999
6.5. Gli sbocchi occupazionali dei neolaureati
In merito alle modalità di inserimento nel mondo del lavoro dei giovani dottori agronomi e dottori
forestali, il Censis, su richiesta specifica del Conaf, ha realizzato un carotaggio sulle unità
statistiche del campione originario con età compresa tra i 25 ed i 29 anni, al fine di effettuare alcune
considerazioni aggiuntive rispetto a quelle formulate nell'analisi dell'offerta formativa sulla base dei
dati de "L'indagine sull'inserimento professionale dei laureati" del 1995 a cura dell'Istat.
Operativamente, dall'insieme delle unità campionarie considerate nella ricerca, è stata estratto un
numero pari a 27 dottori agronomi e dottori forestali, a cui sono state sottoposte una serie di domande
aggiuntive rispetto al questionario originario, concernenti la condizione professionale, i tempi
intercorsi tra il conseguimento del titolo di laurea e l'occupazione, le tipologie professionali e
contrattuali.
Attualmente circa i due terzi dei dottori agronomi e dottori forestali con una età compresa tra i 25 ed i
29 anni ed iscritti all'Albo professionale svolge l'attività professionale come libero professionista o
come dipendente di enti pubblici e di imprese private, mentre il resto è disoccupato (tab. 115).
Circa i due terzi degli occupati ha impiegato meno di un anno per trovare una occupazione, e di
questi circa la metà ha impiegato meno di tre mesi per trovare il primo impiego, mentre gli altri
hanno ha aspettato tra i 4 ed i 12 mesi (tab. 116). Un quarto dei giovani neo-laureati ha impiegato da
13 a 24 mesi, il 12,5% oltre 24 mesi. La metà dei giovani disoccupati non è attualmente in cerca di
lavoro (tab. 117). Di questi un decimo si è impegnato nella ricerca del lavoro dopo un mese dal
conseguimento del titolo di laurea, mentre circa la metà ha atteso 24 mesi. Nel complesso, questi dati
confermano le indicazioni emerse nell'indagine Istat in merito alla celerità con cui, una volta
attivatisi, i neolaureati riescono a trovare occupazione, specie in rapporto ai tempi necessari ad altre
figure professionali.
Riceve conferme la forte propensione dei giovani dottori agronomi e dottori forestali all'esercizio
della libera professione: poco meno della metà dei giovani iscritti è imprenditore o libero
professionista, mentre un decimo è lavoratore autonomo (tab. 118). Tra i dipendenti, il 5,9% svolge
le funzioni di dirigente, il 35,3% è invece inquadrato come funzionario, quadro e tecnico.
Considerando le tipologie contrattuali, contratti a tempo determinato interessano circa un quinto dei
giovani dottori agronomi e dottori forestali (tab. 119). La maggioranza dei dipendenti, come del resto
evidenziato nell'analisi sull'intera categoria, ha contratti di lavoro a tempo determinato, ovvero
contratti con collaborazione coordinata e continuativa.
Tab. 115 - Condizione professionale attuale (val. %)
Condizione %
Attività di libera professione e/o lavoro dipendente 63,0
Disoccupato 37,0
Totale 100,0
Fonte: indagine Censis 1999
Tab. 116 - Tempo intercorso tra il conseguimento della laurea
ed il primo lavoro (val. %)
Mesi %
Meno di 3 mesi 31,3
Da 4 a 12 mesi 31,2
Da 13 a 24 mesi 25,0
Oltre 24 mesi 12,5
Totale 100,0
Fonte: indagine Censis 1999
Tab. 117 - Tempo intercorso tra il conseguimento della laurea
e la ricerca del lavoro (val. %)
Mesi %
Non è in cerca di lavoro 50,0
1 mese 10,0
Oltre 24 mesi 40,0
Totale 100,0
Fonte: indagine Censis 1999
Tab. 118 - Tipo di lavoro svolto (val. %)
Tipo %
Imprenditore/Libero professionista 47,0
Lavoratore in proprio 11,8
Dirigente 5,9
Dipendente (quadro, tecnico, funzionario) 35,3
Totale 100,0
Fonte: indagine Censis 1999
Tab. 119 - Tipo di contratto con cui sono impiegati i
professionisti dipendenti (val. %)
Tipo %
Contratto a tempo determinato 60,0
Contratto con collaborazione coordinata e continuativa 20,0
Altro 20,0
Totale 100,0
Fonte: indagine Censis 1999
6.6. Analisi tipologica dei dottori agronomi e dei dottori forestali
I dati sottoposti al procedimento di cluster hanno generato alcuni specifici gruppi tipologici di
dottori agronomi e dottori forestali distribuiti sul piano fattoriale, in base alla natura delle variabili
che caratterizzano maggiormente ciascuno di essi. Nel procedimento sono stati individuati tre
fattori: il primo individua la libera professione, il secondo il lavoro dipendente, il terzo la modalità
di aggiornamento professionale. Questi fattori sono stati quindi rappresentati in tre distinti piani
fattoriali.
Nella figura 14, l'asse orizzontale rappresenta la dimensione del modello professionale, che ha come
estremo sinistro la libera professione e come estremo destro il lavoro dipendente. L'asse verticale
rappresenta invece la dimensione della cultura della formazione, con all'estremo inferiore il
modello tradizionale di aggiornamento professionale (autoformazione, lettura della documentazione
specialistica) ed all'estremo superiore il modello innovativo (internet, corsi presso le strutture degli
Ordini).
Nella figura 15, l'asse orizzontale rappresenta la dimensione del lavoro dipendente ed ha come
estremi le tipologie di dipendenti del settore pubblico e privato, mentre l'asse verticale riporta la
cultura della formazione. Infine nella figura 16 l'asse orizzontale individua il modello professionale
che ha per estremi le tipologie della libera professione e del lavoro dipendente, mentre l'asse verticale
la dimensione del lavoro dipendente, che ha per estremi i dipendenti del settore pubblico e privato.
Gruppo 1: I quasi-professionisti dinamici
Il primo gruppo tipologico definito dal procedimento di cluster analysis è pari al 34,3% del totale
degli iscritti. A questo gruppo appartengono in larga misura i dottori agronomi e dottori forestali
che svolgono l'attività professionale come liberi professio nisti a tempo parziale, con una età
inferiore ai 45 anni, residenti prevalentemente al Nord ed al Centro del Paese.
Nonostante un basso reddito professionale ed una scarsa soddisfazione nello svolgimento dell'attività
professionale, i soggetti del gruppo A presentano una notevole apertura verso i nuovi processi che
interessano la categoria, specie sotto il profilo delle aree di specializzazione, ed una attitudine ad
approfondire le proprie competenze professionali. Quest'ultimo orientamento si fonda anche su un
giudizio nei confronti della formazione universitaria più critico rispetto alla media. Considerando le
modalità di aggiornamento, i soggetti del gruppo A mostrano un certo interesse per gli strumenti
innovativi, primo tra tutti internet, e contano di avvalersi in futuro dei corsi presso le strutture degli
Ordini. In generale, l'aggiornamento nel settore ed attività di competenza viene indicato da questi
soggetti come l'aspetto dell'attività professionale su cui puntare decisamente per un rilancio della
categoria.
Come la grande maggioranza dei dottori agronomi e dottori forestali libero professionisti, gli
appartenenti al gruppo A esercitano l'attività professionale come unico titolare dello studio.
Nondimeno, significativa è la porzione di dottori agronomi e dottori forestali inseriti in studi
associati e di quelli che svolgono attività di prestazione senza la titolarità di uno studio. Nell'attività
professionale, viene accordata importanza primaria al rapporto diretto con la clientela, che si
configura prevalentemente come saltuaria. La domanda è rappresentata in larga misura da enti
pubblici, specie in sede locale, e da persone fisiche private, mentre le aziende private compaiono in
misura minore.
Per ciò che concerne la specializzazione professionale, nel prossimo futuro il gruppo 1 intende
inserirsi in nuovi settori, quali ad esempio le bio-tecnologie, la pianificazione ambientale, territoriale
ed urbana, la programmazione integrata, la certificazione della qualità delle produzioni agricole,
zootecniche e forestali, la trasformazione e la commercializzazione di prodotti agricoli ed il
marketing.
I soggetti non attribuiscono un ruolo decisivo all'Ordine: l'iscrizione all'Albo è percepita in larga
misura come un adempimento ad un obbligo di legge per l'esercizio della professione. Rispetto ad
altri gruppi, infine, si osserva una apertura maggiore rispetto all'ipotesi di Ordine unico con le altre
professioni tecniche.
Gruppo 2: Gli appagati
Il gruppo 2 rappresenta il 30,7% dei dottori agronomi e dottori forestali iscritti all'Ordine
professionale. La grande maggioranza dei soggetti è formata da liberi professionisti a tempo pieno,
residenti principalmente nel Sud ed, in misura minore, nel Centro del Paese e con un reddito medioalto.
Le modalità di aggiornamento professionale sono essenzialmente di tipo tradizionale, come
l'autorformazione contestuale all'attività professionale e la lettura di documentazione specialistica. I
soggetti si dichiarano nel complesso soddisfatti della propria attività professionale, esercitata in
genere come unico titolare dello studio. Tra gli aspetti da migliorare, i soggetti indicano
principalmente il rapporto con la pubblica amministrazione. La clientela, in prevalenza fissa, è
rappresentata dalle aziende agricole e persone fisiche private. Nel prossimo futuro, i settori di
riferimento saranno quelli tradizionali dell'estimo civile e della produzione vegetale, mentre in
misura minore si prevedono sviluppi nella pianificazione ambientale, territoriale ed urbana e nel
monitoraggio ambientale.
Limitata appare la partecipazione alle attività dell'Ordine professionale: gran parte dei soggetti non
associa nessun significato sostanziale all'iscrizione all'Albo professionale. Anche in questo gruppo
relativamente numerosi risultano infine i dottori agronomi e dottori forestali favorevoli alla
creazione di un unico Ordine che comprenda le altre professioni tecniche.
Gruppo 3: I professional-collars
Il gruppo 3 rappresenta il 9,3% degli iscritti. Considerando la tipologia professionale, nel gruppo C
si colloca gran parte dei dottori agronomi e dottori forestali dipendenti di aziende agricole ed
imprese del settore privato, con un livello di reddito medio, residenti nel Nord del Paese e con una
età inferiore ai 45 anni.
Rispetto agli altri due gruppi finora analizzati, i soggetti hanno maggiori occasioni di intrattenere
rapporti di collaborazione con le altre figure professionali. Inoltre, esprimono un giudizio migliore
sia rispetto alla propria attività professionale che alla formazione universitaria. Più che
l'aggiornamento professionale, i soggetti ritengono decisivo elevare al massimo il grado di
efficienza nello svolgimento della propria attività professionale ed acquisire una specializzazione
nelle attività connesse alla gestione dell'impresa, prima tra tutti il marketing.
I soggetti accordano un ruolo significativo all'Ordine professionale. L'iscrizione all'Albo è vista
come strumento utile alla partecipazione negli organi direttivi della categoria ed ad usufruire di
specifici servizi, quali ad esempio i corsi di formazione.
Gruppo 4: I burocrati
Il gruppo 4 rappresenta il 26,7% degli iscritti. In esso sono compresi in maggioranza i dipendenti
degli enti pubblici, con un livello di reddito medio, residenti principalmente nel Sud del Paese e con
un'età inferiore ai 50 anni. Significativa, specie se confrontata agli altri gruppi, è la quota delle
donne.
I soggetti presentano alcuni elementi in comune con i soggetti del gruppo 3. Più che
nell'aggiornamento professionale, essi individuano ne ll'efficienza l'aspetto su cui puntare per la
propria qualificazione professionale. Inoltre, anche questi vivono in un contesto professionale di
tipo multidisciplinare, in cui è frequente il rapporto con altre figure tecniche. Il grado di
soddisfazione connesso all'attività professionale sembra invece leggermente inferiore, come più
critico è il giudizio sulla formazione universitaria.
Rispetto ai liberi professionisti, anche i soggetti del gruppo 4 sembrano assegnare un ruolo più
significativo all'ordine professionale, specie in vista della elaborazione di una strategia di sviluppo
comune alla categoria. Non ha invece molto seguito l'ipotesi di costituzione di un Ordine unico
comune con le altre professioni tecniche.
Tab. 120 - I gruppi tipologici (val. %)
I gruppi tipologici
Gruppo 1 I quasi-professionisti dinamici Gruppo 2 Gli appagati Gruppo 3 I professional collars Gruppo 4 I burocrati
% intervistati 34,3 30,7 9,3 25,7
% cumulata 34,3 65,0 73,3 100,0
Fonte: Indagine Censis, 1999
Inserire fig. 14
Inserire fig. 15
Inserire fig. 16
6.7. I dati strutturali
L'indagine sugli iscritti all'Albo dei dottori agronomi e dottori forestali è stata condotta su di un
campione di 600 individui, stratificato proporzionalmente a due stadi, provincia di appartenenza ed
età anagrafica, variabili che consentono di mantenere una ragionevole approssimazione delle
frequenze relative all'universo di riferimento.
La ripartizione territoriale riproduce la struttura degli Ordini a livello provinciale. Le unità
campionarie sono state aggregate in base all'appartenenza alle quattro macro aree Nord Ovest, Nord
Est, Centro, Sud ed Isole (tab. 121). Analoga suddivisione è stata realizzata per la provincia di
esercizio dell'attività professionale.
La variabile età anagrafica è stata scomposta nelle seguenti classi: fino a 34 anni, 35 - 39 anni, 40 45 anni, 46 - 49 anni, 50 - 54 anni, 55 - 59 anni, 60 - 64 anni, 65 anni ed oltre.
Considerano la variabile sesso, l'88,2% degli intervistati è di sesso maschile, l'11,8% femminile. Un
terzo degli intervistati dichiara di percepire dalla propria attività professionale un reddito annuo
compreso tra i 25 ed i 50 milioni. Oltre la metà degli intervistati ha un reddito inferiore ai 25 milioni.
Infine il 17,7% dichiara tra i 50 ed i 100 milioni, il 2,9% tra i 100 ed i 150 milioni, lo 0,4% oltre i
150 milioni.
Il 92,1% degli intervistati ha conseguito un titolo di laurea in scienze agrarie, il 7,2% in scienze
forestali. Lo 0,7% ha seguito invece un altro corso di laurea. Per ciò che concerne infine l'iscrizione
all'albo professionale, il 25,2% è iscritto da meno di 5 anni, il 27,0% da 6 a 10 anni, il 26,2% da 11 a
20 anni, il 12,8% da 21 a 30 anni, il 6,7% da 31 a 40 anni, l'1,8% da 41 a 50 anni, lo 0,3% da oltre
50 anni.
Tab. 121 - Dati strutturali (val. %)
Val. %
Provincia di residenza
Nord Ovest 18,8
Nord Est 13,5
Centro 18,8
Sud 48,9
Totale 100,0
Provincia di esercizio dell'attività professionale
Nord Ovest 18,8
Nord Est 13,2
Centro 19,0
Sud 49,0
Totale 100,0
Età
Fino a 34 19,5
35-39 25,6
40-45 20,4
46-49 8,5
50-54 8,8
55-59 5,5
60-64 6,5
65 e oltre 5,2
Totale 100,0
Sesso
Maschio 88,2
Femmina 11,8
Totale 100,0
Fasce di reddito connesso all'attività professionale esercitata
Meno di 10,000,000 25,0
Da 10,000,000 a 25,000,000 20,7
Da 25,000,000 a 50,000,000 33,3
Da 50,000,000 a 100,000,000 17,7
Da 100,000,000 a 150,000,000 2,9
Oltre i 150,000,000 0,4
Totale 100,0
Laurea
Scienze agrarie 92,1
Scienze forestali 7,2
Altro corso di laurea 0,7
Totale 100,0
Iscrizione all'Albo in anni
Meno di cinque 25,2
Da 6 a 10 27,0
Da 11 a 20 26,2
Da 21 a 30 12,8
Da 31 a 40 6,7
Da 41 a 50 1,8
Oltre i 50 0,3
Totale 100,0
Fonte: indagine Censis, 1999
7. La domanda per la professione di dottore
agronomo e dottore forestale
7.1. Premessa
Le aree di indagine proposte nell'intervista ai testimoni privilegiati appaiono in parte differenti
rispetto a quelle svolte nel questionario rivolto al campione. Obiettivo di questa parte della ricerca è
quello di cogliere le percezioni che gli intervistati hanno sull'evoluzione della professione e sulle
possibili strategie di riqualificazione della stessa. In questa ottica, nell'intervista personalizzata sono
affrontate le tematiche che offrono oggi maggiori occasioni e spunti di riflessione in seno alla
categoria.
Nel primo paragrafo viene delineato il quadro dei settori in cui attualmente si inseriscono i dottori
agronomi e dottori forestali. Ai testimoni privilegiati è chiesto di svolgere alcune riflessioni sugli
scenari odierni e sulle dinamiche di sviluppo in atto, partendo dalla considerazione in primis del
proprio punto di osservazione e del campo o settore in cui operano. Obiettivo di queste domande è
quello di cogliere indirizzi e suggerimenti sul futuro della professione e sugli ambiti di impiego, in
particolare lo sviluppo rurale, la tutela dell'ambiente, il settore agricolo.
Altro aspetto essenziale attiene al rapporto della categoria con le altre figure professionali. In questa
parte vengono affrontate le problematiche concernenti l'approccio multidisciplinare e l'evoluzione dei
modelli organizzativi della libera professione.
Nel secondo paragrafo vengono presi in esame gli effetti dei processi di integrazione europea e di
decentramento amministrativo sulla professione del dottore agronomo.
Anche in questo caso le domande aperte consentiranno all'intervistato di prefigurare liberamente gli
scenari futuri nei diversi ambiti proposti e di stabilire collegamenti in chiave problematica con la
realtà della categoria. In particolare, agli intervistati è chiesto di individuare le sfide e le occasioni
che si presenteranno nei prossimo futuro nei distinti livelli, considerati sia in chiave politicoamministrativa sia in quella professionale e di mercato.
Uno spazio rilevante è accordato nelle interviste al tema della formazione universitaria e postuniversitaria. I testimoni privilegiati sono invitati ad esprimere un giudizio sul livello di coerenza
dell'intero sistema formativo rispetto alle odierne esigenze della libera professione. In questa sede si
cercherà si approfondire il tema dell'adeguatezza degli ordinamenti universitari e dei corsi postlauream in rapporto alle problematiche emergenti nella libera professione in generale e nella
categoria in particolare. In considerazione di questi e degli altri nodi messi in evidenza di volta in
volta dagli stessi interlocutori, gli intervistati saranno quindi invitati ad indicare proposte e misure in
vista della riqualificazione del sistema formativo.
Il paragrafo finale è incentrato sull'analisi del sistema professionale. Anche in vista della prevista
riforma delle libere professioni, le riflessioni hanno come oggetto il ruolo e la funzione degli Ordini,
e quindi le misure da apportare al fine di definire forme organizzative efficienti, in grado di
supportare gli iscritti nell'inserimento nel mercato.
7.2. L'evoluzione del mercato ed i profili organizzativi della professione
del dottore agronomo e dottore forestale
Il settore agricolo ha abbandonato un approccio produttivo di tipo intensivo in favore di processi
produttivi in grado di integrarsi con le funzioni di programmazione, pianificazione e gestione del
territorio e di ripristino degli equilibri biologici alterati. In Italia e nel resto d'Europa l'agricoltura,
infatti, si trova oggi di fronte a due diversi ordini di sfide. Per un verso, il settore agricolo subisce in
modo sempre più evidente gli effetti della globalizzazione dei mercati. L'elevata concorrenzialità di
un unico mercato mondiale impone una ridefinizione dell'offerta dei prodotti agricoli in termini di
qualità e quindi un ripensamento dell'intera struttura della filiera agricola.
Per altri versi, è divenuta pressante la questione ambientale, fenomeno che ha investito tutti i
comparti economici delle società avanzate. Ciò ha indotto in primo luogo una maturazione
culturale, con l'assunzione di modelli di sviluppo sostenibile, approccio che prevede un utilizzo
delle risorse tale da consentirne la conservazione e la riproducibilità.
7.2.1. La prospettiva ambientale e rurale
Sullo sfondo di questo scenario complesso si muovono le considerazioni degli intervistati sul futuro
della professione del dottore agronomo e dottore forestale, ed in particolare sulla sua specifica
funzione di sintesi tra le esigenze della produzione e della competitività economica del settore
agricolo, e quelle della tutela dell'ambiente. A livello teorico, questo orientamento trova
definizione nel modello dello sviluppo rurale, inteso come integrazione multisettoriale per il rilancio
di intere aree territoriali e come sistema gestione globale del sistema agro-silvo-alimentare
(De Castro, Donnahuser, Boretti).
Nel nostro Paese vasti settori del mondo politico ed economico ritengono urgente avviare una
iniziativa complessiva per il risanamento dei guasti ambientali operati nel passato. Si fa riferimento
in particolare ai fenomeni di degrado del suolo (processi di erosione, frane, dissesti, riduzione delle
capacità di produzione dei terreni agricoli, ecc.), spesso determinati dalle stesse attività agricole
ovvero dall'abbandono delle colture. I processi di ricostituzione, di espansione e di difesa dei sistemi
ambientali alterati, di riforestazione con utilizzo delle specie originarie e di rinaturazione delle aree a
rischio di dissesto idrogeologico devono prevedere in futuro una diversa gestione delle risorse
ambientali in generale e delle foreste in particolare, intese sinora come luogo in cui si taglia e non
considerate nella loro valenza di ecosistemi. In questo contesto, le competenze dei dottori agronomi
e dottori forestali possono trovare un vasto impiego nelle fasi di progettazione e realizzazione degli
interventi (Turroni, Donnahuser, Baraldi).
Sempre in campo ambientale, il dottore agronomo e dottore forestale è in grado di offrire un valido
apporto in materia di programmazione, progettazione e pianificazione e gestione del territorio (De
Castro, Angotti, Boretti), di difesa della biodiversità, profilo ancora sacrificato,Tav. 23 - I settori di
sviluppo ed i soggetti di riferimento per la categoria
Lo sviluppo rurale e la tutela dell'ambiente
Ministero delle Politiche Agricole Processi di integrazione multisettoriale per il rilancio di aree territoriali. Programmazione, pianificazione e gestione del
territorio.
Ministero dell'Ambiente Gestione del sistema agro-silvo-alimentare. Riforestazione delle aree a rischio di dissesto idrogeologico.
Commissione Ambiente della Camera dei Deputati Riparazione del danno e ricostituzione degli equilibri ambientali; valorizzazione della biodiversità.
Regione Toscana Apporto di competenze nei settori agricolo ed ambientale nel contesto della ruralità. Programmazione, pianificazione e gestione del territorio.
Coldiretti Intervento nei fenomeni dissesto del territorio.
Azienda agricola Programmazione e gestione del sistema dei parchi e delle aree protette.
Ordine Ingegneri Programmazione, pianificazione e gestione del territorio.
Università di Bologna Intervento nei fenomeni dissesto del territorio.
segue tav. 23
Gli ambiti di intervento del dottore agronomo e dottore forestale nel settore agricolo I soggetti di riferimento per lo sviluppo della categoria
Ministero delle Politiche Agricole Certificazione della qualità dei prodotti agricoli e del processo produttivo; assistenza in favore delle aziende agricole e delle
imprese del settore agroindustriale (diffusione delle informazioni e delle normative, prestazione gestionale e marketing, ecc.) La pubblica amministrazione in
sede decentrata, nell'ambito dei piani di sviluppo economico e dei programmi di sviluppo rurale; le aziende agricole e le imprese inserite elle filiera agricola
Ministero dell'Ambiente Assistenza tecnica alle aziende agricole; sviluppo dei sistemi di marchi della qualità, di origine e tipicità; centri di germoplasma per la
ricerca e la catalogazione di sementi autoctone; agricoltura "no food" ed agroindustria La pubblica amministrazione in sede decentrata, nell'ambito della
programmazione e pianificazione del territorio; il costituendo Ministero dell'Ambiente e del Territorio in materia ambientale; consorzi e cooperative agricole
zootecniche
Regione Toscana La pubblica amministrazione in sede decentrata, per la programmazione e la pianificazione del territorio
Coldiretti Certificazione della qualità dei prodotti agricoli e del processo produttivo; razionalizzazione dei processi produttivi all'interno delle aziende agricole;
sperimentazione e diffusione di nuove tecnologie Le aziende che operano nella filiera agricola
Azienda agricola Assistenza tecnica alle aziende agricole La pubblica amministrazione in sede decentrata, per l'elaborazione di modelli di sviluppo rurale, per la
divulgazione di informazioni e l'assistenza tecnica in favore delle aziende; le aziende agricole
Ordine Ingegneri Trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli e zootecnici; agriturismo
Università di Bologna Assistenza tecnica alle aziende agricole; Industria agroalimentare La pubblica amministrazione in sede decentrata, per la
programmazione e pianificazione del territorio e della divulgazione di informazioni alle aziende; i Ministeri che affrontano le problematiche riguardanti la
categoria
ovvero interpretato in modo riduttivo come differenza delle specie utilizzabili nel processo
produttivo (Turroni).
Fino ad oggi il ruolo ricoperto dal dottore agronomo e dottore forestale nel campo ambientale è stato
però del tutto marginale. Il suo contributo appare spesso limitato ai solo campi di attività tradizionali,
a fronte invece di capacità di ordine strategico più ampio, previste dalla stessa legge 10 febbraio
1992, n. 152 (Boretti, Patacconi). Questo stato di cose si spiega in parte con l'assenza di una diffusa
cultura ambientale nella società e nelle istituzioni. Le problematiche connesse ad esempio alla
conservazione dei suoli godono in generale di una scarsa attenzione, se non in coincidenza di
calamità naturali. Le istituzioni, sia a livello centrale che periferico, stentano a delineare una
coerente politica ambientale in materia di programmazione nell'utilizzo delle risorse.
Oltre ad un problema per la collettività in termini di danni ambientali, questo ritardo in sede politica
non ha consentito una adeguata valorizzazione ed utilizzo delle competenze di figure professionali
specializzate (Turroni).
Alcune responsabilità vanno peraltro attribuite alla stessa categoria dei dottori agronomi e dottori
forestali, cui deve essere imputato un certo ritardo culturale, per ciò che riguarda segnatamente
l'adozione e lo sviluppo di tecniche colturali sempre più artificiali e l'utilizzo massiccio di additivi
chimici (Turroni).
Il rilancio della professione si giocherà in gran parte sulla capacità divenire soggetto propositivo e
di riferimento nella definizione di modelli di sviluppo rurale, nei quali l'agricoltura si proponga
come settore chiave per la gestione complessiva dell'assetto del territorio (De Castro, Turroni).
In seguito all' apertura dei mercati europeo ed extraeuropeo, in Italia l'agricoltura è di fronte a uno
scenario nuovo. I nuovi contesti sono in continua evoluzione e richiedono una maggiore efficienza e
competitività da parte dell'intero sistema produttivo. In tal senso, alcuni strumenti innovativi, quali la
certificazione di qualità del prodotto agricolo e del processo produttivo, assumono importanza
decisiva (De Castro, Pasquali). Per sostenere la concorrenza nel mercato mondiale l'agricoltura
italiana dovrà orientarsi sempre di più verso le produzioni di qualità e inserirsi nei settori di nicchia,
collocandosi nei target medio-alti per ciò che concerne il rapporto qualità/prezzo
(Donnhauser, Pasquali).
Per altri versi, le dinamiche di internazionalizzazione del settore rendono indispensabile all'interno
delle imprese agricola una maggiore considerazione di aspetti quali la razionalizzazione e la
combinazione dei fattori di produzione, il contenimento dei costi, i processi di esternalizzazione
dell'azienda (specie per i rapporti con la filiera), l'analisi di mercato, profili che richiederanno in
futuro l'apporto di figure professionali specializzate ed insieme capaci di cogliere la complessità dei
processi che interessano il settore. Per le imprese il rapporto con i partner europei ed extraeuropei
diverrà decisivo, funzione per la quale saranno richiesti professionisti in grado di leggere gli scenari
in evoluzione, di utilizzare gli strumenti offerti a livello europeo, di comunicare con le diverse
realtà degli altri paesi, di acquisire e diffondere informazioni in materia di innovazione e ricerca nel
settore agricolo (Pasquali). Sempre in ambito agricolo, i dottori agronomi e dottori forestali
continueranno a svolgere l'attività di assistenza tecnica alle aziende agricole (Baraldi, Donnahauser)
Le innovazioni introdotte nel settore dovranno in ogni caso essere coerenti con il modello dello
sviluppo rurale, nel quale il processo produttivo è tenuto a considerare la natura, il suolo, gli equilibri
biologici come elementi da conservare piuttosto che alterare irreparabilmente attraverso la
meccanizzazione ovvero l'utilizzo di tecniche colturali indipendentemente dalle caratteristiche dei
suoli (Turroni). In tal senso, al dottore agronomo e dottore forestale spetta un ruolo strategico
contestualmente sul versante della produzione di qualità e su quello della difesa delle risorse fisico
naturali. L'agricoltura non è intesa solo nella sua valenza di settore produttivo, ma anche nella
capacità di ridurre l'incidenza di fenomeni negativi (incendi, frane, abbandono delle terre nelle aree
marginali ecc.). In questa logica i sistemi di marchi di qualità, di origine e di tipicità dei prodotti,
specie quelli delle aree protette, rappresentano settori innovativi. Per i prossimi anni l'obiettivo è
quello di organizzare nei parchi i sistemi di produzione e di offerta nonché i collegamenti con la
grande distribuzione, in modo da immettere sul mercato le produzioni agroalimetari di "nicchia".
Questa evoluzione per avere successo non può prescindere da figure professionali capaci di
intervenire in tutte le fasi del processo (Donnahuser).
L'agricoltura biologica è un altro settore di estremo interesse. Se i dottori agronomi e dottori
forestali possono vantare una vasta e solida formazione teorica, spesso si rilevano però dei limiti
nella attività professionale sul campo. In particolare, i nuovi laureati non dispongono degli
strumenti e delle conoscenze specifiche utili ad inserirsi nella realtà produttiva. Attualmente il
sistema formativo non offre una preparazione adeguata, né da ampio rilievo alla sperimentazione,
aspetti che determinano un forte rallentamento nello sviluppo del settore (Patacconi).
In sintesi più che nel passato, il settore agricolo ha la necessità di avvalersi figure professionali in
grado di assumere un approccio sistemico e di intervenire in tutti i segmenti della filiera agricola, e
quindi nella selezione delle varietà adatta alla trasformazione agroindustriale, nel campo igenicosanitario per l'agricoltura, nei processi di prima trasformazione, nell'industria agroalimentare, nel
controllo della qualità dei processi produttivi, nella commercializzazione e nella distribuzione dei
prodotti agricoli e zootecnici, nel settore dell'agriturismo, nella sperimentazione e diffusione delle
nuove tecnologie (Angotti, Patacconi, Baraldi, Pasquali).
7.2.2. Il rapporto con gli altri profili professionali: un approccio
multidisciplinare
Nondimeno, numerosi rimangono i nodi irrisolti nella professio ne del dottore agronomo e del dottore
forestale. Attualmente altre figure professionali tendono a coprire illegittimamente spazi che l'attuale
ordinamento normativo riserva invece ai dottori agronomi e dottori forestali. Ciò determina in primo
luogo un danno per la collettività, in quanto consente la programmazione, la progettazione e la
realizzazione di interventi nel settore ambientale, agricolo e forestale non validi o del tutto
errati sotto il profilo tecnico (Boretti). Si fa riferimento in particolare ad alcuni progetti, quali ad
esempio piani di miglioramento (oggi realizzati da ingegneri o geometri, figure che possiedono
conoscenze specifiche del tutto relative), che dovrebbero essere quasi esclusivi del dottore
agronomo e dottore forestale (Patacconi). In tutti i casi in cui si ravvisa una sovrapposizione vi è
inoltre uno spreco di risorse, fenomeno che dovrebbe essere comunque evitato (Baraldi).
Tav. 24 - Il rapporto con le altre figure professionali
Effetti dei fenomeni di sovrapposizione con altre figure professionali Possibili misure di intervento Le prospettive dell'approccio multidisciplinare
Ministero delle Politiche Agricole Rispetto delle norme previste nella legge 152/92 Miglioramento degli interventi sotto il profilo tecnico; aumento delle
possibilità di intervento della categoria; definizione di servizi professionali integrati; gestione adeguata delle problematiche complesse
Ministero dell'Ambiente Misure di razionalizzazione del sistema delle competenze Gestione adeguata delle problematiche ambientali e del settore agricolo
Ministero dell'Industria e del Commercio Capacità di offrire prestazioni complesse e maggiore competitività sul mercato della categoria
Commissione Ambiente della Camera dei Deputati Benefici nelle attività di tutela e gestione dell'ambiente
Commissione Europea, Direzione B.I. Legislazioni economiche in materia di agricoltura Gestione delle problematiche economiche connesse al processo di
integrazione europea
Regione Toscana Marginalizzazione della categoria in settori di propria competenza e definizione di interventi errati da un punto di vista tecnico, con danni per la
collettività
FITA Costruzione di opere complesse e maggiore competitività delle professioni sul mercato; adeguamento del settore del terziario avanzato alle esigenze della
domanda di servizi
Coldiretti Coordinamento all'interno dell'azienda agricola delle competenze amministrativo-gestionali e tecnico-scientifiche
segue tav. 24
Effetti dei fenomeni di sovrapposizione con altre figure professionali Possibili misure di intervento Le prospettive dell'approccio multidisciplinare
Azienda agricola Marginalizzazione della categoria in settori di propria competenza e definizione di interventi errati da un punto di vista tecnico, con danni per la
collettività Benefici nelle attività di tutela e gestione dell'ambiente
Ordine Ingegneri Gestione delle problematiche relative alla programmazione e la pianificazione del territorio nell'ambito di forme societarie multidisciplinari
Università di Bologna Errato utilizzo delle risorse e delle competenze del Paese Superamento tra le professioni della logica dei recinti; integrazione dei saperi
nella gestione delle problematiche complesse
In tale contesto, la professione del dottore agronomo e dottore forestale viene in parte
marginalizzata e tende a perdere un propria visibilità nel Paese (Patacconi). Come primo passo
occorre quindi razionalizzare il sistema sulla base dei diversi gradi di competenze e titoli
(Donnahuser).
Per dare una risposta a questo complesso di problematiche, in primo luogo è opportuno partire dalle
specifiche competenze previste dalla legge 152/92. La scarsa conoscenza del testo di legge, sia da
parte dei professionisti interessati, sia da parte dell'utenza pubblica e privata, ha facilitato in passato i
fenomeni di sovrapposizione, e parimenti inibito l'auspicato coordinamento con le altre figure
professionali per ricreare sinergie multidisciplinari in ambiti operativi e progettuali contigui e
complementari. La mancata adozione di una comune prospettiva tra agronomi e forestali da un lato e
altre figure professionali dall'altro (architetti, ingegneri, geologi, chimici, biologi, ecc.), oltre ad
alimentare la competizione tra i diversi Ordini professionali, determina la genericità e l'aspecificità
degli stessi contributi tecnici. Specie nel settore dell'ambiente e nello sviluppo rurale, ove nessuno
può vantare una competenza esclusiva, è indispensabile adottare un approccio multidisciplinare, che
consentirebbe tra l'altro di aumentare le possibilità operative del dottore agronomo e di realizzare
servizi professionali integrati (De Castro).
In particolare, in materie quali la difesa degli assetti idrogeologici, la costituzione e la gestione dei
parchi (si prevede che nei prossimi anni il 10% del nostro territorio sarà composto da aree protette),
la ricostituzione degli equilibri biologici alterati, si renderà necessaria in misura crescente una attività
associata tra le professioni tecniche e scientifiche nelle diverse forme (staff, pool, gruppi di lavoro,
società) (Turroni, Patacconi).
L'adozione di un metodo multidisciplinare sconta ancora un certo ritardo culturale tra gli stessi
professionisti. Questa dimensione è vista spesso con diffidenza, percepita dai professionisti come
minaccia nei riguardi del proprio ambito di competenza. Questo atteggiamento deve essere superato
progressivamente, in quanto ostacolo principale alle stesse potenzialità di sviluppo della professione.
Dato l'elevato grado di complessità di alcuni settori, le problematiche connesse devono
essere affrontate da differenti punti di vista, con il concorso ed integrazione di distinti saperi e
professionalità (Baraldi).
La multidisciplinarietà può rappresentare un modello di riferimento per i dottori agronomi e dottori
forestali. Non esistendo più una prestazione specializzata, egli si trova e si troverà sempre di più di
fronte a richieste di consulenze a 360°, per le quali perde senso una ripartizione specifica in settori di
competenza. Le opportunità di sviluppo di ogni categoria professionale e del singolo libero
professionista risiedono nella capacità ed attitudine a fornire prestazioni complesse insieme ad altre
figure professionali (Vecchia). Nel settore del terziario avanzato la multidisciplinarietà è fatto
acquisto, e in questo senso spingono sia la complessità delle opere e progetti da realizzare, sia la
necessità di competere sul mercato in termini di qualità e di prezzo (Alessandrello).
In una ottica sistemica, il dottore agronomo e dottore forestale deve essere in grado di operare con
l'economista, ad esempio per gli aspetti connessi alla commercializzazione dei prodotti agricoli, con i
biologi nella gestione delle foreste e nella produzione dei prodotti tipici di nicchia (Donnhauser), con
i geologi e gli ingegneri per le tema tiche della gestione e della pianificazione del territorio
(Angotti), ovvero con i giuristi specializzati in diritto comunitario ed in diritto comunitario
dell'agricoltura per le problematiche connesse all'integrazione europea (Ventura). Nel comparto
agricolo è indispensabile una figura di raccordo, che sappia coordinare le competenze
amministrativo-gestionali con quelle tecnico-scientifico. Questo funzione dovrebbe essere ricoperta
proprio dal dottore agronomo e dottore forestale, formato per gestire situazioni complesse all'interno
dell'azienda agricola (Pasquali).
Questa evoluzione è ad oggi ostacolata da alcuni vincoli che la categoria condivide con le altre
professioni. Tra questi si segnala in particolare l'esistenza di norme che limitano lo sviluppo delle
attività professionali (Vecchia) ed il mancato riconoscimento del ruolo sociale delle libere
professioni (Angotti). Altro nodo critico è rappresentato dalla distanza tra la formazione ed il
mondo dell'impresa e della pubblica amministrazione. E' urgente in questo senso sviluppare su scala
più vasta la logica dei passaggi intermedi (master e stages) e rivolgere maggiore attenzione alle
modalità di formazione post-universitaria, strumenti che insieme siano in grado di fornire ai neolaureati una visione chiara dei processi di sviluppo in atto sul versante internazionale e livello locale
(Pasquali).
7.2.3. Lo studio polifunzionale per il nuovo mercato
Forme di integrazione e collaborazione tra distinte figure professionali e saperi potrebbero essere
realizzate nell'ambito degli studi professionali associati. Nel mercato attuale le conoscenze di una
sola professione spesso non sono sufficienti per affrontare problemi ed opere di complessità
elevata. Soprattutto a livello locale i professionisti sono consapevoli della necessità di organizzarsi
ovvero in forme societarie multidisciplinari in vista di incarichi riguardanti la gestione
dell'ambiente, l'agricoltura, la pianificazione del territorio, lo smaltimento dei rifiuti (Angotti).
Tra i settori innovativi, in Italia è ancora ad uno stato embrionale lo sviluppo dei centri di
germoplasma, in cui realizzare la ricerca e la catalogazione delle sementi autoctone. In questo
settore la professione del dottore agronomo e dottore forestale deve trovare un maggiore
inserimento, configurando secondo modalità innovative il proprio ruolo di supporto all'agricoltura.
Oltre agli effetti positivi sul versante della conservazione della biodiversità, l'utilizzo delle sementi
autoctone potrebbe dare maggiori incentivi alle produzioni di qualità e rilanciare l'intero settore
agricolo (Donnhauser).
Per ciò che concerne il mercato, le aziende agricole ed il settore privato continueranno a
rappresentare una porzione significativa della domanda delle prestazioni del dottore agronomo e
dottore forestale. La categoria ha svolto e continua a svolgere infatti una funzione molto importante
di assistenza in favore delle realtà economiche presenti sul territorio. Le prestazione fornite alle
aziende private sono molteplici, tra cui in particolare l'assistenza tecnica, la divulgazione di
informazioni, la diffusione delle normative, e di recente anche la prestazione in settori quali il
marketing, la certificazione di processo e di prodotto e la pianificazione territoriale (De Castro,
Patacconi). Attualmente, il sistema della proprietà agricola è interessata inoltre da processi di
accorpamento, con la creazione di consorzi e cooperative, soggetti con i quali il dottore agronomo
collaborerà in misura crescente nel prossimo futuro (Donnahuser).
Altro settore innovativo in cui la categoria potrebbe trovare un significativo impiego è quello
dell'agricoltura no food e dell'agroindustria, per la produzione di bio-diesiel e bio-etanolo, e per la
produzione agricola e vegetale per la chimica fine (ad esempio le vernici atossiche) (Donnahuser).
Per altri versi i professionisti nello svolgimento della loro attività avranno sempre più come
interlocutori tutti i soggetti (in primis una pubblica amministrazione in via di decentramento) che
saranno coinvolti nella definizione ed attuazione di piani di sviluppo economico e di programmi di
sviluppo rurale elaborati a livello comunitario (De Castro), ovvero nella programmazione e
pianificazione del territorio, ambito di competenza delle Regioni (Donnahuser, Boretti, Baraldi). In
tal senso, si auspica un impiego strategico all'interno degli enti pubblici di figure professionali
qualificate per la tutela del territorio, per lo sviluppo dell'agricoltura sostenibile, per la divulgazione
delle innovazioni e dell'assistenza tecnica (Patacconi), nonché una collaborazione più stretta tra le
stesse Università e gli enti locali (Baraldi).
Dal punto di vista istituzionale, in prospettiva il Ministero dell'Ambiente e del Territorio in via di
costituzione potrebbe rappresentare un importante riferimento in materia ambientale, ad esempio
nella difesa del suolo e per le autorità di bacino (Donnahuser). Rispetto al passato si auspicano
altresì forme di collaborazione più efficaci con i soggetti istituzionali che affrontano problematiche
che riguardano la categoria, in particolare i Ministeri dell'Università e della Ricerca Scientifica,
delle Politiche Agricole, dell'Ambiente, della Sanità, dell'Industria, con l'obiettivo di concorrere a
gettare le basi per lo sviluppo del settore agrario (Baraldi).
7.3. Il ruolo del dottore agronomo e dottore forestale tra i processi di
integrazione europea e di decentramento politico ed amministrativo
7.3.1. La dimensione extra nazionale
Nel processo di unificazione europea è opportuno distinguere gli effetti
di breve da quelli di medio e lungo periodo. Nel breve periodo, la
globalizzazione dell'economia determinerà un aumento della
concorrenza in alcuni settori, quali quello delle colture mediterranee,
particolarmente significativi per il nostro Paese. L'aumento della
competitività sarà avvertito in misura maggiore dai professionisti
impegnati in attività "in campo" e dalle realtà socio-economiche e
produttive locali. Nel medio e lungo periodo Tav. 25 - Gli effetti dei
processi di integrazione europea e di decentramento amministrativo sul ruolo e
sulla professione del dottore agronomo e dottore forestale
La dimensione extra nazionale La dimensione locale
Ministero delle Politiche Agricole Nel breve periodo, professionisti e realtà economiche locali dovranno affrontare una
crescita della concorrenza; nel medio e lungo periodo, si assisterà ad una crescita del ruolo dell'agronomo nel campo
dello sviluppo rurale. Il confronto con la realtà europea renderà necessaria una maggiore attenzione alla specializzazione
professionale A livello locale, la categoria vanta un legame già molto stretto con la realtà economica ed amministrativa:
il conferimento di competenze può rappresentare un ulteriore occasione di sviluppo
Ministero dell'Ambiente Il modello dello sviluppo rurale troverà applicazione in tutti i Paesi dell'Unione Europea Il
dottore agronomo e dottore forestale acquista centralità nella tutela ambientale, funzione di competenza delle
amministrazioni periferiche
Ministero dell'Industria e del Commercio Gli effetti più rilevanti sull'esercizio della professione saranno: il recepimento
delle direttive comunitarie sulla concorrenza, il confronto con la concorrenza di studi professionali e società di
prestazione europee, l'eliminazione di reticolo di norme settoriali, la liberalizzazione del mercato, l'assunzione di un
approccio multidisciplinare Il conferimento di competenze rappresenta una occasione di sviluppo per le libere
professioni
segue tav. 25
La dimensione extra nazionale La dimensione locale
Commissione Ambiente della Camera dei Deputati Il processo di unificazione svolgerà effetti positivi sul versante della
tutela ambientale Se inteso a definire "venti luoghi" con regole diverse, il conferimento di competenze può rappresentare
un pericolo ed un danno per le stesse realtà economiche
Commissione Europea, Direzione B.I. Legislazioni economiche in materia di agricoltura Per i dottori agronomi e dottori
forestali, il processo di unificazione aumenterà gli spazi di intervento e l'attività di prestazione n ei programmi di sviluppo
e nei progetti legislativi e regolamentari elaborati in sede europea Il conferimento di competenze rappresenta una
occasione di sviluppo per le libere professioni
Regione Toscana Il confronto con la realtà europea può rappresentare l'occasione per il riconoscimento anche in Italia
del ruolo e delle competenze dell'agronomo L'agronomo troverà inserimento nelle attività di programmazione,
pianificazione e controllo del territorio, di competenza delle regioni
segue tav. 25
La dimensione extra nazionale La dimensione locale
FITA L'unificazione europea è l'occasione per ridefinire gli assetti delle libere professioni in Italia sulla base dei
modelli europei
Coldiretti Il conferimento di competenze può essere l'occasione di ridefinire l'assetto della filiera agricola sulla base del
modello del distretto territoriale. Il tessuto amministrativo periferico si è dimostrato sinora inadeguato rispetto ai compiti
assegnati
Azienda agricola Ad oggi, le amministrazioni periferiche non sono state in grado di raggiungere risultati adeguati
nell'impiego degli agronomi, destinandoli a compiti non conformi alla loro formazione e ruolo
Ordine Ingegneri Si assisterà ad una crescita della concorrenza da parte delle figure professionali omologhe presenti in
Europa Il conferimento di competenze rappresenta una occasione di sviluppo nel settore dell'agriturismo e della
produzione locale
Ordine Geologi Il processo di unificazione svolgerà effetti positivi sul versante della tutela ambientale e faciliterà i
processi di integrazione ed osmosi culturale con le altre figure professionali In materia ambientale, in passato
l'attribuzione di competenze non ha determinato gli effetti sperati
Ordine Chimici Il processo di unificazione è l'occasione per definire a livello europeo un sistema professionale di tipo
integrato Il conferimento di competenze rappresenta una occasione di sviluppo per le libere professioni nella tutela
dell'ambiente
Università di Bologna Il confronto con la realtà europea renderà necessaria una maggiore attenzione alla
specializzazione professionale Il conferimento di competenze dovrebbe dare impulso alla divulgazione delle
innovazioni tecniche e scientifiche in favore delle aziende
invece l'unificazione europea comporterà una ridefinizione generale del ruolo della libera
professione. Nel modello di "sviluppo di sistema" il dottore agronomo e dottore forestale potrà
assumere un ruolo fondamentale, in quanto può disporre già ora di una preparazione di base
multisettoriale e quindi intervenire nella progettazione dei processi di sviluppo in atto, sia a livello
pubblico che privato (De Castro).
Nella politica agricola europea il concetto di sviluppo rurale, definito nella Dichiarazione di Cork
della Conferenza Europea dello Sviluppo Rurale e ripreso nel quadro dell'Agenda 2000, è divenuto
centrale e troverà applicazione in tutti i Paesi dell'Unione. Questo propone una nuova concezione
dell'agricoltura, che realizzi un mix di produzioni di qualità e di progetti di valorizzazione e
conservazione del territorio, e definisce un vasto spazio di applicazione delle competenze
professionali del dottore agronomo e dottore forestale (Donnahauser). Già oggi in ambito europeo, i
dottori agronomi e dottori forestali svolgono con successo questo ruolo, in particolare come
consulenti nei programmi di sviluppo ed in generale nell'attuazione di tutte le misure destinate al
miglioramento delle strutture agricole, nonché nei progetti legislativi e regolamentari che prevedono
aiuti in favore delle regioni (Ventura). Per i contratti di programma e nella programmazione
contrattata c'è bisogno di professionalità in grado di garantire i collegamenti tra la filiera agricola ed i
settori dell'industria e dell'artigianato e di interpretare sulla base di una profonda conoscenza della
realtà territoriale la complessità di tali processi (Pasquali).
Il processo di unificazione europea svolgerà inoltre effetti positivi sul versante della tutela
ambientale. L'Italia è tenuta da un lato recepire le politiche e le indicazioni emanate in sede
europea, dall'altro a confrontarsi con le realtà degli altri Paesi membri, ove è maturata da tempo una
maggiore attenzione verso le tematiche del ripristino del danno, della considerazione dei fattori
naturali e della conservazione dei suoli, nonché nei riguardi del settore dell'agricoltura biologica e
dell'ingegneria naturalistica. In questo scenario in evoluzione si aprono numerose opportunità in
favore dei dottori agronomi e dottori forestali (Turroni).
La dimensione europea apporterà inoltre diversi benefici nell'esercizio della libera professione. Nello
specifico, per i dottori agronomi e dottori forestali italiani si auspica che il confronto con le realtà
degli altri Paesi europei possa finalmente rappresentare l'occasione per un riconoscimento del ruolo
e delle attività di competenza (Boretti).
Attualmente, il dottore agronomo e dottore forestale dispone di una solida preparazione di base, di
tipo multisettoriale, che lo mette nelle condizioni di competere con le figure omologhe in Europa.
Nondimeno tra i liberi professionisti si avverte la necessità di una formazione universitaria in grado
di coprire tutte le specificità necessarie e di fornire adeguati livelli di approfondimento e
specializzazione, progressi irrinunciabili in vista del confronto e della collaborazione con le altre
figure professionali europee. Semmai i dottori agronomi e dottori forestali trovano difficoltà di
inserimento in settori per cui non esiste una formazione specifica in Italia, come ad esempio quello
della floricoltura (Baraldi, De Castro).
Il processo di unificazione deve quindi essere inteso in termini di opportunità e di ampliamento del
mercato delle libere professioni oltre la dimensione locale e nazionale. Le nuove dimensioni del
mercato offriranno nuove occasioni di sviluppo e crescita per la categoria ed il confronto con le
realtà professionali di altri Paesi europei (Angotti).
Altri ancora individuano nel processo di unificazione europea una importante occasione di
ridefinizione degli assetti delle libere professioni. A partire dal 2000 l'Italia è tenuta a recepire le
direttive sull'esercizio della professione, e quindi il modello organizzativo diffuso negli altri paesi
europei. In questo quadro, secondo l'orientamento della FITA, appare urgente adeguare le leggi
italiane in materia, al fine di renderle il più possibile coerenti al nuovo modello europeo e di evitare
l'ipotesi di contenzioso (Alessandrello).
Il recepimento delle direttive comunitarie sulla concorrenza determinerà sicuramente effetti
sull'esercizio dell'attività professionale e sul mercato di riferimento. Come le altre figure
professionali, il singolo dottore agronomo e dottore forestale dovrà confrontarsi in misura sempre
maggiore con la concorrenza di importanti studi professionali e società di prestazione europee.
Inoltre l'ingresso in Europa comporterà l'eliminazione del reticolo di norme settoriali (che ha
rappresentato spesso un limite allo sviluppo delle professioni), una maggiore liberalizzazione del
mercato e l'assunzione di un approccio e di una struttura multidisciplinare nell'attività professionale
(Vecchia).
7.3.2. La dimensione locale
Diversi orientamenti emergono anche in tema di decentramento politico ed amministrativo. Per
alcuni in particolare, il conferimento di competenze in favore delle Regioni e degli enti locali
apporterà benefici sia per la categoria che per i settori in cui si inseriscono il dottore agronomo ed il
dottore forestale.
Il dottore agronomo ed il dottore forestale possono vantare un legame molto stretto con il
territorio. Meno di altre figure professionali, possono risentire di effetti negativi connessi al
decentramento politico ed amministrativo, anche perché ha già vissuto nel passato questo processo.
Ad oggi tutti i programmi territoriali di sviluppo in applicazione delle regolamentazioni comunitarie
sono definiti e gestiti a livello regionale. In questo contesto, oltre che nella consueta pratica
professionale, i liberi professionisti hanno avuto l'occasione di sviluppare capacità relazionali con
gli enti amministrativi periferici. Gli ulteriori progressi in questo ambito sono legati alla capacità
delle pubbliche amministrazioni periferiche di ottimizzare competenze e funzioni sia in termini
progettuali che gestionali. Il modello elaborato nei programmi di sviluppo territoriale presuppone
una conoscenza puntuale del tessuto economico locale, nonché del tipo di imprenditorialità e di
cultura di impresa presenti nel territorio, risorse ed informazioni queste che rappresentano il
bagaglio professionale e culturale del dottore agronomo e dottore forestale (De Castro).
Nell'attuale fase di transizione di riordino delle competenze tra Stato e Regioni (legge Bassanini) ed
in vista della istituzione del Ministero dell'Ambiente e del Territorio, il ruolo del dottore agronomo e
dottore forestale acquista centralità nei compiti propri del settore agroforestale ed ambientale,
attribuiti in misura crescente alle amministrazioni periferiche. Anche a livello regionale, un rilevante
ambito di intervento è rappresentato dall'offerta di servizi di assistenza tecnica sul territorio in favore
delle aziende agricole, nell'ottica di trasformazione del sistema agricolo secondo le necessità dello
sviluppo sostenibile (dalla produzione di quantità a quella di qualità, l'individuazione delle aree
locate, la conservazione-valorizzazione del patrimonio naturale, la prescrizione dei prodotti chimici
di sintesi e dai fitofarmaci) (Donnahauser). Già oggi nel quadro delle competenze assegnate
dall'ordinamento alle Regioni, il dottore agronomo e dottore forestale ha acquisito un ruolo specifico
nelle attività di pianificazione, progettazione, programmazione e controllo del territorio (Boretti).
Il conferimento di competenze alle Regioni deve essere considerato come occasione di sviluppo per le
libere professioni (Ventura). I liberi professionisti dovranno a loro volta essere in grado interpretare
tale processo sulla base delle specificità delle diverse zone del Paese e trarre occasione per la
definizione di un proprio spazio (Vecchia). In sede locale le professioni hanno storicamente la
possibilità di svolgere una funzione di pressione di tipo propositivo, come da tempo avviene nelle
Regioni a statuto speciale ed in quelle più attive. Già oggi le consulte delle professioni si propongono
come soggetti in grado di interloquire con le istituzioni locali, ad esempio in materia di
programmazione delle attività amministrativa. In particolare i dottori agronomi e dottori forestali
potranno assumere compiti specifici, nel settore dell'agriturismo e della produzione locale (Angotti),
nei centri di ricerca e sperimentazione (Baraldi).
Da un punto di vista politico, gli effetti del decentramento dovrebbero essere senz'altro positivi in
vista di un maggiore partecipazione e controllo da parte della cittadinanza sull'operato della
pubblica amministrazione. L'individuazione delle competenze che dovranno rimanere allo Stato e
quelle da conferire alle amministrazioni periferiche potrà inoltre rappresentare un passaggio utile
nella definizione delle aree di competenza e delle funzioni dei dottori agronomi e dottori forestali
(Boretti).
Nello stesso comparto agricolo sono previsti ulteriori sviluppi. Il problema prioritario del settore è
rappresentato dalla ridefinizione della filiera in termini diversi rispetto al passato. Tra i diversi
modelli, un valido riferimento potrebbe essere quello del distretto, che consentirebbe uno sviluppo
della dimensione territoriale già sperimentato in altri ambiti produttivi. In questo processo enti
locali con maggiori poteri potrebbero svolgere un ruolo decisivo (Pasquali).
A livello locale sono oggi completamente assenti strutture deputate alla diffusione dei risultati
raggiunti nella ricerca scientifica. Se da un lato si osserva la nascita centri di ricerca, collegati
spesso alle università, ove si realizzano programmi di sperimentazione essenziali per il settore
agrario, dall'altro non esiste un sistema in grado di portare all'utilizzatore le innovazioni
tecnologiche e scientifiche. Il laureato in agraria potrebbe coprire questa carenza acquisendo
preparazione specifica per il ruolo di divulgatore (Baraldi).
Altri intervistati invece si mostrano più scettici nei confronti degli effetti del decentramento politico
ed amministrativo, sia alla luce delle esperienze del passato che in considerazione di alcuni effetti
prevedibili delle ipotesi di riforma oggi in discussione.
Ad oggi il modello di decentramento (federalismo, regionalismo forte, ecc.) non è stato ancora
definito compiutamente in sede politica, e quindi non è possibile prevederne puntualmente i possibili
effetti. Peraltro, lo stesso schema introdotto dalla legge Bassanini è criticabile sotto diversi profili,
specie rispetto al mancato recepimento delle indicazioni emanate in sede europea in materia
ambientale e di affidamento di compiti di alto livello alle realtà locali. L'ipotesi di avere nel futuro
"venti repubbliche", in cui vi sono regole del tutto diverse, potrebbe avere conseguenze negative per
le libere professioni e per le piccole e medie imprese (Turroni).
Nelle amministrazioni regionali, provinciali e comunali la presenza dei dottori agronomi e dottori
forestali risulta oggi di scarso rilievo. Queste amministrazioni non sono attualmente in grado di
definire il ruolo e la funzione di questa figura professionale, spesso non valorizzata ed estromessa da
ambiti di stretta competenza, quali ad esempio la gestione dei parchi, la ricerca in enti pubblici di
sviluppo, l'assistenza tecnica per il settore agricolo. Da questo punto di vista, ad esempio, le
esperienze del passato nella Regione Lazio e nel Comune di Roma sono state insoddisfacenti.
L'inserimento nelle amministrazioni periferiche di dottori agronomi e dottori forestali con la
qualifica informatori tecnico-scientifici per l'assistenza tecnica non ha portato ad alcun risultato
rilevante, in quanto a queste figure sono state affidate in realtà funzioni di tipo burocratico ed
amministrativo, lontane da quella attività di campo di cui invece si sente maggiormente l'esigenza
(Patacconi). Per il futuro, il pericolo maggiore deriva dal fatto che il conferimento di competenze si
compie in favore di un tessuto amministrativo ancora debole. Non sempre infatti le Regioni e le
Province sembrano dotate di strutture e risorse coerenti ai compiti affidati (Pasquali).
7.4. La formazione universitaria e professionale
L'analisi del sistema formativo deve essere compiuta a partire da due piani distinti. Considerando ad
un primo livello il sistema formativo italiano nel suo complesso, il dottore agronomo ed il dottore
forestale si trovano a condividere con le altre professioni delle problematiche molto vaste. Si fa
riferimento in particolare alla capacità dei corsi universitari di formare soggetti che dispongano non
solo di nozioni teoriche, ma anche di una formazione funzionale ad un rapido inserimento nel mercato
del lavoro, sia come dipendenti che come liberi professionisti. Nel mercato infatti la domanda di
competenze professionali è in misura crescente diretta in favore di neolaureati in grado di mettere in
pratica da subito le conoscenze acquisite e di interpretare le esigenze e le dinamiche in atto.
In Italia il sistema formativo si trova a gestire una serie di inefficienze strutturali. Un primo elemento
è rappresentato dalle modalità di accesso all'università. In alcuni paesi, come ad esempio gli Stati
Uniti, il numero dei laureati è predeterminato, meccanismo che consente un migliore utilizzo delle
strutture e la definizione di elevati standard formativi. In Italia non esiste attualmente un sistema di
programmazione. Pur riconoscendo la necessità di salvaguardare la nostra storia e le nostre tradizioni,
nel nostro Paese permane ancora un equivoco, dovuto alla confusione di due concetti distinti, il diritto
allo studio e l'accesso all'università. L'università per funzionare ha bisogno di strutture efficienti, di
un adeguato rapporto studenti/docenti, e quindi di un determinato numero
di giovani. L'obbligo scolastico deve essere portato sino ai 18 anni, in modo da soddisfare il
bisogno di elevare il livello delle conoscenze individuali, ma l'accesso all'università deve essere
garantito solo per una quota definita di studenti (Militello).
Il tema della formazione deve essere considerato nel più ampio quadro dell'accesso alle professioni.
In rapporto alle evoluzioni politiche ed economiche osservate sul piano nazionale ed internazionale,
la formazione universitaria e post- universitaria dovrebbe essere rivista nel suo complesso, onde
preparare i futuri professionisti ai nuovi compiti che dovranno affrontare (Ventura).
Tav. 26 - La formazione
Il sistema f ormativo italiano La formazione del dottore agronomo e dottore forestale
Ministero delle Politiche Agricole Nella formazione post-universitaria devono intervenire in modo sinergico gli Ordini e
le università I corsi in agraria formano laureati in grado di cogliere i nuovi scenari economici e di interpretare nuovi
ruoli e funzioni. E' necessario dare peso maggiore all'utilizzo delle moderne tecnologie ed agli indirizzi diretti a formare
il libero professionista.
Ministero dell'Ambiente E' necessario accordare maggiore rilievo alle tematiche relative alla gestione e tutela
dell'ambiente, allo sviluppo rurale, agli strumenti per l'attività di campo. Attualmente, i neolaureati escono dalle
università spesso senza esperienze di tipo pratico ed applicativo (stages o borse di studio presso aziende agricole).
Ministero dell'Industria e del Commercio E' necessario ridurre alcuni passaggi per l'esercizio dell'attività professionale,
ad esempio inserendo il tirocinio all'interno del corso di laurea. Particolare attenzione deve essere attribuita alla
formazione permanente del professionista
Commissione Ambiente della Camera dei Deputati E' necessario accordare maggiore rilievo alle tematiche relative alla
gestione e tutela dell'ambiente
segue tav. 26
Il sistema formativo italiano La formazione del dottore agronomo e dottore forestale
Commissione Europea, Direzione B.I. Legislazioni economiche in materia di agricoltura La formazione universitaria e
post-universitaria dovrebbe preparare meglio professionisti i vista dei nuovi compiti L'università dovrebbe dare
maggiore rilievo all'approfondimento delle politiche comunitarie, della PAC, delle politiche di concorrenza
Regione Toscana E' opportuno prevedere all'interno dei corsi universitari di agraria esperienze di tipo pratico (tirocinio
presso imprese o pubbliche amministrazioni)
FITA E' necessario ridurre le barriere all'ingresso alla professione, inserendo ad esempio la specializzazione all'interno
del corso di laurea, eliminando l'esame di Stato, facendo sì che la laurea divenga titolo sufficiente per l'esercizio della
professione
Coldiretti L'università non accorda la dovuta attenzione alla ricerca ed alla sperimentazione per il settore agricolo, alle
tematiche relative alla gestione e tutela dell'ambiente, alle gestione dell'impresa, al settore genetico ed agli ambiti
professionali collegabili ai progressi nel campo delle ambiti professionali collegabili ai progressi nel campo delle
biotecnologie. Le associazioni professionali e le grandi imprese agroalimetari possono rappresentare importanti
riferimenti per la formazione post-lauream.
segue tav. 26
Il sistema formativo italiano La formazione del dottore agronomo e dottore forestale
Azienda agricola I mondo accademico non valorizza in modo adeguato il settore dell'agricoltura biologica, né forma
professionisti in grado di inserirsi da subito nel sistema produttivo. E' necessario dare maggiore rilievo alle tematiche
relative alla gestione e tutela dell'ambiente
Università di Bologna Si auspica l'adozione della rifo rma del sistema universitario, con la distinzione tra primo triennio,
biennio di specializzazione e dottorato, e delle scuole superiori, con l'introduzione dei crediti didattici La formazione di
tipo generale consente al dottore agronomo e dottore forestale di interpretare la complessità delle dinamiche del settore
agricolo ed ambientale. Nella specializzazione, è necessario dare peso maggiore alla tutela dell'ambiente, all'utilizzo delle
moderne tecnologie ed a indirizzi diretti a formare il libero professionista.
Responsabile DS per le professioni intellettuali Come in altri Paesi, è necessario introdurre il numero chiuso per gli
iscritti alle Università, in modo da ottimizzare l'utilizzo delle strutture ed elevare gli standard formativi
In Italia, all'esercizio dell'attività professionale si arriva in seguito ad una serie di passaggi che
prevedono nell'ordine: l'università, la formazione post- universitaria, l'esame di stato, il tirocinio,
l'iscrizione all'ordine professionale, secondo uno schema che, alla luce dell'esperienza, nel complesso
presenta notevoli rigidità. Alcuni ritengono che i passaggi suddetti costituiscono di fatto dei vincoli e
delle barriere all'entrata piuttosto che selezione di qualità. Nello specifico, per ciò che concerne la
formazio ne universitaria, la fase del tirocinio dovrebbe essere inserita all'interno del corso di laurea
(come prevede del resto la riforma dell'Ordine degli avvocati), misura questa che oltre ad eliminare
una barriera di accesso alle professioni, consente un primo un contatto con la realtà professionale. I
corsi di specializzazione sono un altro profilo su cui intervenire. In materia, gli Ordini professionali
dovrebbero ricoprire un ruolo propulsore e di orientamento secondo le esigenze del mercato. Nel
complesso, è necessario definire un sistema in cui l'esame di Stato divenga l'unica barriera all'entrata
nelle professioni e che garantisca una selezione uguale per tutti, sulla base della valutazione della
capacità professionale e dei titoli acquisiti. In questo contesto la formazione permanente dei
professionisti assume rilievo specifico in quanto strumento che consente ai giovani la verifica nel
tempo della qualità della prestazione professionale e la tutela dei professionisti più deboli (Vecchia).
Per altri ancora la soluzione ottimale prevede l'inserimento dei corsi di specializzazione per
l'esercizio della professione direttamente nel corso di laurea. La laurea dovrebbe divenire titolo di
per sé sufficiente per esercitare la professione, mentre l'esame di Stato, che oggi determina
l'abilitazione alla professione e che si configura come barriera ulteriore, dovrebbe essere eliminato.
In questo modo, il laureato diverrebbe libero di esercitare l'attività professionale senza ulteriori
ostacoli (Alessandrello).
La formazione universitaria del dottore agronomo e dottore forestale è stata spesso criticata per
l'eccessiva mole di nozioni e per l'impostazione fin troppo scolastica delle materie studiate. Invero,
questo specifico profilo è stato rivalutato negli ultimi temp i, in considerazione degli attuali scenari
economici e dei nuovi ruoli e funzioni (De Castro). In tal senso sembra opportuno continuare a
mantenere la figura di un agronomo con una formazione di tipo generico, in grado di coprire quelle
numerose attività previste dalla professione (Baraldi).
Nondimeno, è necessario aggiornare la formazione universitaria, attribuendo maggiore rilevanza
all'utilizzo dei moderne tecnologie, strumenti imprescindibili nell'esercizio della professione, e
definendo indirizzi specificatamente rivolti all'attività del libero professionista, aspetto già presente
nell'attuale ordinamento di studi. Se infatti la multidisciplinarietà è utile per interpretare le evoluzioni
in atto, la specializzazione successiva diviene decisiva (De Castro, Baraldi). Attualmente, è in atto
un processo di ridefinizione del sistema universitario, teso a rendere la formazione universitaria
italiana più omogenea con quella dei Paesi europei. Tra le ipotesi di riforma, si pensa di definire un
percorso formativo di tre anni, a cui aggiungere poi altri due anni di
specializzazione ed il dottorato di ricerca. In questo schema organizzativo, gli studenti hanno la
possibilità di accedere al mercato del lavoro dopo tre anni di studio, ovvero di continuare gli studi
universitari. Nello specifico lo studente acquisisce una formazione generale nel primo triennio (nel
quale in ogni caso dovranno essere tenuti in debita considerazione gli aspetti relativi al mondo del
lavoro) e la specializzazione nei moduli successivi, finalizzati a precise professioni richieste dal
mercato.
Numerosi potrebbero essere gli effetti positivi delle riforma. In primo luogo un sistema più elastico
permette ai neolaureati di competere con le altre figure professionali europee. Analogamente a
quanto avviene in Europa, ove esistono figure di laureati di 21 anni di età, chi ha conseguito una
laurea breve potrebbe trovare collocazione sul mercato del lavoro, con diretti benefici sul versante
occupazionale.
Per conseguire gli obiettivi fissati, il processo di riforma dovrebbe investire anche la scuola
superiore, ed in particolare per il settore agronomico e forestale gli istituti agrari e gli istituti tecnici.
Il modello organizzativo di riferimento è quello della formazione integrata superiore, che presuppone
la collaborazione congiunta degli istituti medi superiori e delle università. Attraverso l'introduzione
dei crediti didattici, agli studenti verrebbe data la possibilità di utilizzare parte delle conoscenze
acquisite nelle scuole medie superiori ne l proseguimento degli studi. Questa ipotesi incontra però
numerosi ostacoli, in quanto prevede i sostanza una riforma complessiva del sistema scolastico
superiore, primo tra tutti in fatto di durata. A rigore di logica, l'elaborazione coerente di un sistema
formativo innovativo in linea con le esigenze del Paese non può prescindere quindi dalla elaborazione
di un disegno complessivo per i distinti livelli del diploma liceale, della laurea breve conseguita dopo
tre anni, di specializzazione dopo altri due anni di università, di dottorato e di ricerca. Ridurre
l'analisi alle sole università limiterebbe di fatto la portata complessiva della riforma
(Baraldi).
In considerazione delle evoluzioni in atto, la formazione del dottore agronomo e dottore forestale
deve oggi dare maggiore rilievo alle tematiche relative alla gestione e tutela dell'ambiente (Turroni,
Patacconi, Pasquali), materie che nell'ambito dei corsi di agraria acquisteranno nella formazione
universitaria un peso crescente (Baraldi). Un aspetto specifico da approfondire è il modello di
sviluppo rurale ed al rapporto tra sviluppo agricolo e territorio. La formazione, a partire dai
programmi degli istituti tecnici agrari fino a quelli dell'università, deve essere orientata ha formare
tecnici in grado di svolgere la propria attività sul campo (Donnahuser).
Maggiore spazio deve essere inoltre accordato agli aspetti economici e gestionali, alle
problematiche dell'impresa, alla dimensione internazionale del mercato, al settore agroalimentare, al
settore genetico e degli ambiti professionali collegabili ai progressi nel campo delle ambiti
professionali collegabili ai progressi nel campo delle biotecnologie, alle innovazioni di processo
all'interno dell'azienda agricola (Pasquali), alle politiche comunitarie, segnatamente la PAC e la
politica di concorrenza (Ventura).
Accanto alla figura dell'agronomo tradizionale acquistano maggiore importanza figure
specialistiche definite in corsi di laurea finalizzati su settori specifici. Nel caso degli ambiti
professiona li collegabili ai progressi nel campo delle ambiti professionali collegabili ai progressi nel
campo delle biotecnologie ad esempio, questi corsi di laurea innovativi in agraria si interconnettono
con corsi di laurea di altre facoltà. In futuro si assisterà ad un ampliamento di orizzonti professionali
ed ad una convergenza su medesimi temi di professionalità distinte (Baraldi).
Negli interventi più critici gli intervistati sottolineano che il sistema formativo risulta attualmente
assolutamente inadeguato rispetto alle esigenze del comparto agricolo ed ai modelli presenti negli
altri paesi europei. E' necessario stimolare in particolare il settore della ricerca in vista di
significativi contributi alle imprese (Pasquali).
Una menzione specifica spetta all'agr icoltura biologica. Lo sviluppo del settore incontra oggi
numerosi ostacoli. Tra questi, si osserva che attualmente il mondo accademico presta una scarsa
attenzione al settore, destinando risorse limitate in termini di strutture, corsi di specializzazione e
sperimentazione. I neolaureati non dispongono di un adeguata formazione in materia e trovano
enormi difficoltà ad inserirsi nella dimensione produttiva delle aziende (Patacconi).
Il limite maggiore del sistema formativo è rappresentato dalla sua inadeguatezza a formare laureati
con esperienze di tipo pratico ed applicativo utili a facilitare l'ingresso sul mercato del lavoro e nel
mondo della libera professione. Alcuni strumenti formativi dovrebbero essere sviluppati ed estesi ad
un numero più consistente di studenti. Si fa riferimento in particolare a diverse tipologie, quali gli
stages e le borse di studio nelle aziende agricole e nei parchi naturali (Donnahuser, Patacconi), il
tirocinio presso imprese e pubbliche amministrazioni (Boretti). Per altri aspetti, le Regioni devono
avere un ruolo più attivo nella formazione professionale, specie per le professioni tecniche
(Alessandrello, Patacconi).
La formazione post- universitaria e l'aggiornamento professionale sono aspetti decisivi in vista del
rilancio della categoria (Boretti). In questo ambito un ruolo specifico spetta agli Ordini professionali
ed alle università, soggetti che devono operare sempre più in sinergia (De Castro). Anche le
associazioni professionali e le grandi imprese agroalimentari possono nel tempo divenire soggetti di
riferimento in vista della definizione di modelli e dei contenuti della preparazione post- lauream
(Pasquali).
7.5. La riforma del sistema professionale
In merito al futuro del sistema professionale e sulle ipotesi di riforma emergono tra gli intervistati
orientamenti molteplici. In considerazione delle modificazioni del mercato e delle evoluzioni della
domanda di prestazioni professionali, alcuni mettono in discussione l'attuale sistema ordinistico ed
auspicano, sia pure con sfumature diverse, una riforma complessiva di tale sistema, intesa come
passaggio obbligato in vista della modernizzazione della libera professione. Altri interlocutori, pur
ravvisando la necessità di apportare delle modifiche normative e di individuare misure innovative,
accordano invece una ruolo centrale agli Ordini professionali. Partendo dalla specifica realtà
professionale e dalle tradizioni del nostro Paese, viene proposto un approccio in cui, lungi dal
prevedere lo smantellamento dell'attuale sistema, si sottolinea la funzione specifica degli Ordini e se
ne auspica il rilancio.
Per alcuni intervistati la riforma del sistema ordinistico trova fondamento nell'esistenza e nello
sviluppo di alcuni fenomeni oggettivi ed autonomi. Oggi, tutti coloro che possiedono e sono in grado
di elaborare informazioni hanno una potenzialità di impiego del loro sapere straordinariamente più
alta che nel passato. L'informazione non è più solo un costo nel processo produttivo, ma è un bene e
come tale può essere venduto. Chi sa tende a divenire imprenditore ed a dare quindi una dimensione
di impresa alla propria attività. I servizi passano in misura crescente informazioni necessarie alla
competitività delle imprese ed al benessere delle famiglie, soggetti che chiedono una diversa
efficienza, un diverso ruolo, un diverso modello organizzativo delle professioni (Militello). L'attuale
regolamentazione istituzionale delle libere professioni non risulta quindi in perfetta sintonia con le
innovazioni e con le esigenze del mercato e del sistema produttivo. Per il futuro, se non si
introducono sostanziali cambiamenti, i professionisti italiani non riusciranno a sostenere la
concorrenza delle figure di Paesi in cui la libera professione è regolamentata da normative più
innovative (Vecchia).
Nelle società post- industriale o industriale avanzato la competitività di un qualsiasi manufatto deriva
dai servizi in esso contenuti. Il sistema produttivo italiano, nel confronto con Paesi che dispongono
di materie prime o manodopera a basso costo, deve intervenire sui costi del know-how, sulla
tecnologia, sulla capacità organizzativa, sulla promozione e sulla qualità del prodotto, utilizzando in
sintesi tutta una serie di servizi che consentano di ottimizzare i processi produttivi. Attualmente,
l'Italia non è tra i grandi esportatori di servizi a livello internazionale. In termini occupazionali, il
settore del terziario avanzato negli ultimi dieci anni ha registrato una continua crescita, pari a circa
l'8% l'anno. La domanda interna di prestazioni professionali è notevolmente superiore all'offerta, al
punto che i servizi vengono importati dall'estero. L'Italia quindi non solo non esporta servizi sul
mercato internazionale nella quantità che gli compete, ma non riesce addirittura a soddisfare la
domanda del mercato interno (Alessandrello).
Tav. 27 - La riforma del sistema professionale
Il ruolo degli Ordini professionali Le associazioni di categoria
Ministero delle Politiche Agricole L'Ordine professionale promuove la categoria professionale, svolge una funzione di
diffusione informativa a favore di iscritti e non. Potrebbe dare impulso in materia di tutela del territorio
Ministero dell'Ambiente L'Ordine può favorire la sensibilizzazione della categoria sulle tematiche della qualità dei
prodotti agricoli, dell'assistenza sul campo, della tutela ambientale
Ministero dell'Industria e del Commercio La riforma degli Ordini deve avere l'obiettivo di ridurre i fenomeni di
asimmetria informativa a danno dei cittadini. L'Ordine professionale deve avere il compito di garantire la deontologia
professionale e la qualità degli iscritti. Sulla base dell'indagine dell'Antitrust, le libere associazioni professionali
possono essere create quando non sussista l'interesse pubblico. Al pari degli Ordini, le associazioni devono garantire
competitività e deontologia professionale degli iscritti
Regione Toscana L'Ordine deve verificare il rispetto della normativa sulle competenze ai fini dell'interesse della
collettività Insieme ai sindacati di categoria, le associazioni professionali possono svolgere in modo più adeguato la
funzione di tutela soggettiva dei singoli professionisti
FITA E' necessario procedere verso una liberalizzazione del sistema delle professioni. Gli Ordini professionali devono
perdere la loro natura di enti pubblici per divenire enti al servizio del pubblico e della pubblica amministrazione, col
compito di garantire la deontologia professionale e di mantenere i rapporti con l'università Il sistema anglosassone è
quello in grado di garantire efficienza e competitività al settore dei servizi
Coldiretti L'Ordine deve rappresentare e dare maggiore visibilità alla categoria nei rapporti con gli altri soggetti del
settore agricolo
segue tav. 27
Il ruolo degli Ordini professionali Le associazioni di categoria
Ordine Ingegneri Gli Ordini professionale svolge la funzione di aggiornamento degli iscritti, di diffusione della cultura
della qualità, di controllo della deontologia
Università di Bologna L'Ordine è un punto di riferimento irrinunciabile nello sviluppo delle competenze del
professionista dopo la laurea
Responsabile DS per le professioni intellettuali Gli Ordini devono essere istituiti al verificarsi di fenomeni di
asimmetria informativa a danno dell'utenza, nel qual caso si giustifica la nozione d i interesse pubblico. L'Ordine
professionale esplica insieme la duplice funzione di tutela dell'utenza e del professionista Le libere associazioni
professionali possono essere create quando non sussista l'interesse pubblico. Al pari degli Ordini, le associazioni
devono garantire competitività e deontologia professionale degli iscritti
Responsabile AN per le professioni intellettuali Gli Ordini deve essere mantenuti, contro ogni ipotesi di liberalizzazione
del sistema delle libere professioni
segue tav. 27
Misure di riforma Le modalità organizzative dell'attività professionale
Ministero dell'Industria e del Commercio Riforma del regime delle tariffe; abrogazione del divieto di fare pubblicità. I
liberi professionisti devono essere liberi di costituire società di professionisti
FITA Abolizione del sistema delle tariffe; eliminazione di tutte le barrire all'ingresso alla professione, tra cui l'esame di
Stato. Le prestazioni professionali dovrebbero essere fornite in misura crescente attraverso una dimensione di impresa.
Anche per le libere professioni deve essere prevista la facoltà di creare società di capitali
Responsabile DS per le professioni intellettuali Accanto al singolo libero professionista che esercita in uno studio
monoprofessionale deve crescere il numero di studi professionali multidisciplinari
Responsabile AN per le professioni intellettuali Aggiornamento da parte degli Ordini delle funzioni di impulso in
materia di certificazione, formazione universitaria, aggiornamento professionale
La seconda causa alla base del processo di riforma va rinvenuta nella nuova domanda di servizi
interdisciplinari. Per alcune operazioni, come ad esempio le transazioni, le imprese hanno bisogno
delle competenze di diversi professionisti (avvocati, commercialisti, ecc.) e quindi chiedono modelli
organizzativi complessi, le società di professionisti, in grado di offrire pacchetti di prestazioni a tempi
e costi competitivi. Date queste condizioni, una difesa della frammentazione delle discipline
professionali non corrisponde più alle esigenze del mercato e del Paese. Ciò non significa
certamente che in futuro dovranno esistere solo società e servizi interdisciplinari. Sul mercato
resteranno ancora gli studi monopersonali, ma mentre oggi questi prevalgono decisamente sugli
studi societari, si assisterà ad un cambiamento delle proporzioni. Del resto, il modello del
capitalismo diffuso prevede la presenza di un arcipelago di piccole, di medie e grandi società e
quindi una articolazione dell'offerta come della domanda (Militello). Un primo risultato in questa
direzione è stato ottenuto nel 1997 con l'abrogazione del divieto di costituzione di società di
professionisti (Vecchia).
In tema di società professionali è utile distinguere le diverse tipologie di professionisti e di
prestazione professionale. Le società di ingegneria e le società di architetti, secondo anche il recente
parere espressa dal Consiglio di Stato, sono ormai un fatto affermato sul mercato. Queste realtà
hanno assunto dimensioni tali da imporsi sul mercato europeo. Vi sono altresì tutta una serie di altre
prestazioni alle imprese (quali, ad esempio, la prestazione tecnica, l'auditing contabile e finanziario)
che in Italia sono fornite esclusivamente da studi stranieri. Ciò è dovuto al fatto che gli studi italiani
sono ancora in larga misura monopersonali e quindi stentano a crescere ed ad imporsi sul mercato
interno ed internazionale. Questa situazione, oltre a rappresentare una rilevante perdita in termini di
rapporto tra esportazione ed importazione di servizi, limita l'ingresso nelle professioni di manodopera
altamente scolarizzata e determina effetti negativi sul fronte della occupazione giovanile, soprattutto
nel Mezzogiorno. Si assiste addirittura al fenomeno di professionisti italiani che attraverso le società
straniere ritornano in Italia per esercitare la libera professione. Analogo discorso può essere fatto per
gli avvocati, tra i quali cominciano a formarsi studi associati.
In questo scenario, le prestazioni professionali dovrebbero essere fornite in misura crescente
attraverso una dimensione di impresa, e quindi da una personalità giuridica capace di essere
competitiva sul mercato e di soddisfare contemporaneamente la domanda di una pluralità di
soggetti. In sostanza, dal mondo produttivo si richiede che nel nostro ordinamento sia prevista anche
per le libere professioni la facoltà di creare le società di capitali. Questa tipologia organizzativa
avrebbe il vantaggio di offrire elevati standard di professionalità e di garantire l'utenza da eventuali
danni derivanti dalla prestazione professionale, danni che, specie per le grandi opere, possono
andare ben al di là delle capacità del singolo professionista. L'opportunità delle società di capitali è
evidente inoltre per tutte le professioni che richiedono elevati investimenti ed alti costi per
l'acquisto, la gestione e la manutenzione di apparecchiature sofisticate, non accessibili ad esempio al
singolo neolaurato. Queste forme societarie sono diffuse in diversi Paesi, in particolare nel mondo
anglosassone, mentre l'Italia rimane l'unico tra i paesi ad elevata industrializzazione a mantenere una
serie di impedimenti normativi che ostacolano lo sviluppo e diffusione delle società con personalità
giuridica nelle libere professioni. Per sostenere la concorrenza estera, è necessario che le prestazioni
in precedenza affidate alla singola professione divengano realizzabili invece all'interno di una
collettività di professionisti espressa attraverso una personalità giuridica. Tale impostazione può
essere estesa ad un numero consistente di professioni, e tra queste quella del dottore agronomo e
dottore forestale, ad esempio nel caso di prestazioni complesse come la gestione di un parco naturale
e l'assistenza tecnica ad una pluralità di aziende
(Alessadrello).
Il problema della riforma degli Ordini dovrebbe essere affrontato anche alla luce delle questioni
relative alla professione e dei cambiamenti in atto al suo interno. In primo luogo, secondo quanto
espresso anche nelle conclusioni del rapporto dell'Antitrust, la critica al sistema ordinistico non
deve essere aprioristica, ma fondata sulla verifica o meno del fatto che gli Ordini costituiscano dei
cartelli. In questa prospettiva, è senz'altro da evitare una consequenzialità meccanicistica, in virtù
della quale, assunto che i professionisti sono imprese e gli Ordini sono cartelli di imprese, si renda
necessario distruggere gli Ordini. Si deve invece partire dalla specificità dell'attività professionale,
che ha una componente di intelligenza, di prestazione personale e di creatività che non si ritrova
all'attività economica manifatturiera e produttiva (Militello).
In merito, nell'indagine dell'Antitrust sono fissati due punti. In primo luogo, gli Ordini vanno
"costituiti" solo in determinate circostanze, e segnatamente al verificarsi di fenomeni di forte
asimmetria informativa a danno dell'utenza. In questi casi specifici, ove il cittadino non è in grado
di valutare la prestazione, si giustifica la nozione di interesse pubblico, che suggerisce la necessità
di costruire un Ordine ed un Albo di professionisti. La prima questione è quindi definire i casi in cui
bisogna creare un Ordine, onde evitare gli eccessi di regolamentazione ed eliminare "la cultura dei
recinti".
In secondo luogo le professioni, in quanto depositarie, organizzatrici ed elaboratrici del sapere non
dovrebbero necessariamente dipendere da un Ordine professionale. L'eccesso di regolamentazione
può anzi condizionare eccessivamente l'attività del singolo professionista e limitare le potenzialità
di sviluppo dell'intera categoria. In tal senso, l'indagine dell'Antitrust ha offerto numerosi argomenti
in favore dell'autoregolamentazione e delle libere associazioni professionali, soggetti che possono
trovare una definizione là dove non sussista l'interesse pubblico e che devono al contempo, al pari
degli Ordini, garantire competitività e deontologia professionale. In sostanza, non c'è un pregiudizio
contro gli Ordini, bensì si tratta invece di stabilire in quali condizioni creare questa tipologia di
organizzazione delle professioni intellettuali. Per il resto, invece, il sistema si deve strutturare in
libere associazioni in concorrenza tra di loro, senza esclusive (Militello, Vecchia). Insieme ai
sindacati di categoria, le associazioni possono peraltro svolgere in modo più adeguato la funzione di
tutela soggettiva dei singoli professionisti (Boretti).
Sempre secondo le conclusioni dell'indagine dell'Antitrust, nella riforma del sistema ordinistico è
necessario distinguere le funzioni di ente pubblico e di organo statale, assolte dagli Ordini, dalle
funzioni di rappresentanza della categoria e di interessi privati. In molte circostanze gli Ordini sono
divenuti soprattutto strumenti di difesa degli erogatori di prestazione. Al contempo, non è opportuno
cadere nell'eccesso opposto, ovvero non si deve arrivare alla conclusione che gli Ordini devono
svolgere solo la funzione di difesa del consumatore. L'Ordine professionale trova fondamento nel
bisogno di protezione della professione da concorrenze improprie, concetto che implica insieme le
due funzioni tutela del cittadino e di tutela del professionista. La questione decisiva è come
combinare questi due profili. La protezione del professionista in particolare deve significare
aggiornamento, formazione permanente e strumenti per competere sul mercato
(Militello).
Nella riforma del sistema ordinistico sarà necessario peraltro distinguere le specifiche esigenze e
condizioni delle imprese da un lato e quelle del singolo cittadino dall'altro. Se le imprese sono in
grado di cont rollare la qualità della prestazione professionale, nel mercato dei consumatori si
osservano invece significativi fenomeni di asimmetria informativa a danno della domanda. La
riforma degli Ordini dovrà avere come primo obiettivo l'eliminazione di questo divario, risultato che
si ottiene attraverso passaggi successivi. In questa prima fase si rendono necessari una serie di
interventi di deregolamentazione e di delegificazione. Gli Ordini dovranno essere soggetti in grado
garantire il consumatore sul piano del controllo sulla deontologia professionale degli iscritti e della
certificazione di qualità. Altri interventi avranno come obiettivo la riforma del regime delle tariffe,
l'abrogazione del divieto di fare pubblicità, la libertà di costituire di società di professionisti,
l'adeguamento del corrispettivo delle prestazioni del professionista sulla base dei risultati raggiunti
piuttosto che su quella dei costi sostenuti. Il complesso di queste misure può aumentare le
possibilità di inserimento nel mercato dei giovani professionisti e quindi eliminare alcune barriere
all'accesso (Vecchia).
Altre proposte spingono la riforma verso ipotesi più radicali. Secondo la FITA, si deve procedere
verso una decisa liberalizzazione del sistema delle professioni. Attualmente in Italia l'esistenza di
vincoli nella scuola e di barriere all'ingresso alla professione, tra cui lo stesso esame di Stato, non
garantiscono la libertà del professionista di esercitare l'attività professionale, sia sotto forma di
singolo individuo sia sotto forma di personalità giuridica. Nel quadro della riforma, gli Ordini
devono perdere la loro natura di enti pubblici, per divenire enti al servizio del pubblico e della
pubblica amministrazione con il compito di garantire la deontologia professionale degli iscritti.
Deve altresì essere abolito il sistema delle tariffe, attraverso cui gli Ordini possono stabilire con
norme il prezzo della prestazione. Questo sistema determina una distorsione nel mercato, rendendo
di fatto impossibile la valutazione della prestazione in termini di costo, di qualità e quantità. Il
sistema delle tariffe può avere oggi una sua logica limitatamente per le sole figure professionali
(come quella del notaio) collegate con la pubblica amministrazione e che quindi non hanno la una
libertà di prestazione sul mercato, mentre per il resto delle professioni rappresenta un limite allo
sviluppo (Alessandrello).
Finora gli Ordini professionali hanno inoltre ostacolato di fatto l'ingresso sul mercato dei nuovi
laureati, attraverso gli esami per l'abilitazione e per l'iscrizione all'Albo. Insieme ad altri limiti e
normative, questi strumenti sono stati utilizzati per mantenere una struttura corporativa a vantaggio
dei vecchi professionisti consolidati sul territorio, fatto che ha finito per stravolgere la stessa natura e
funzione dell'Ordine professionale. Compito della riforma delle libere professioni è quello di
eliminare tutte le distorsioni del mercato. Sotto queste condizioni, gli Ordini possono continuare ad
esistere, come del resto avviene nel mondo anglosassone, e riappropriarsi delle specifiche funzioni
di controllo della deontologia professionale, di definizione dei rapporti con la scuola e l'università
per organizzare gli studi in modo recepire le indicazioni emergenti nel mercato, di garanzia della
qualità dei singoli professionisti (Alessandrello).
L'esito della riforma delle libere professioni al momento in cui si scrive non risulta scontato. Sul
piano politico si è assistito ad un paradosso. Nella prima fase del dibattito, i liberi professionisti
hanno individuato come riferimenti ed interlocutori alcuni esponenti della destra politica. La destra
in realtà non era in grado di proporre alcuna considerazione nel merito delle questioni oggetto di
dibattito e si limitava a rivendicare la lotta portata al Senato per bloccare l'emendamento Bersani,
non in nome di una analisi delle professioni, del loro avvenire, del loro ruolo e funzione sociale, ma
come mera difesa dell'esistente. Il dibattito al Senato ha mostrato l'arretratezza di tutti i gruppi e
quanto fosse ferma la cultura delle professioni e la consapevolezza del proprio ruolo. Alcuni
progressi si cominciano oggi ad intravedere anche sul terreno politico. Nello schieramento di centro
destra il Senatore Biondi ha presentato un disegno di legge che sembrerebbe esprimere una posizione
diversa in materia di società di professionisti rispetto a quello mostrata nel dibattito al Senato sulla
mozione Pastore (Militello).
La riforma è oggi richiesta dai giovani professionisti che entrano sul mercato, a favore di una
liberalizzazione del mercato, e dai professionisti e dagli studi affermati, che manifestano l'esigenza
di competere con le realtà professionali degli altri Paesi europei. La fascia intermedia, controllata
dagli Ordini e rappresentata dalla maggioranza degli iscritti, è invece più riluttante. Forti
contraddizioni si osservano in sostanza negli stessi Ordini, chiamati da un lato dalla base a difendere
il ruolo dei singoli professionisti, dall'altro a considerare che al proprio interno vi sono molti iscritti
che esercitano l'attività nelle società. Il problema diviene quindi verificare il fondamento delle
resistenze alla riforma e trovare una mediazione tra queste due tendenze. Si auspica che negli
Ordini acquistino visibilità i soggetti in grado di promuovere insieme la competitività della categoria
e di garantire codici deontologici interni (Vecchia, Militello).
In tema di riforma del sistema ordinistico, pur riconoscendo le ragioni di una riforma, altri
intervistati assegnano ancora una importante funzione agli Ordini professionali ed assumono un
approccio di rinnovamento graduale. Attualmente il ruolo degli Ordini è costituito principalmente
dalla promozione della categoria professionale e dall'azione di diffusione informativa tra associati
e non in merito all'evoluzione normativa riguardante la professione. L'Ordine rappresenta un
elemento di riconoscibilità qualificante, punto di riferimento irrinunciabile sia per il libero
professionista che per il cittadino- utente. In questa fase è auspicabile che, anche a livello di
rappresentanza, siano avviati un confronto ed un dialogo costanti con le organizzazioni delle altre
professioni tecniche, al fine di contribuire costruttivamente anche all'elaborazione normativa sui
temi di comune interesse (De Castro).
Altri intervistati mostrano un orientamento decisamente critico riguardo alle ipotesi di riforma. Oltre
che ai contenuti, le obiezioni di alcuni intervistati sono dirette alla stessa modalità della riforma. In
Italia diverse forze economiche propongono una decisa liberalizzazione, con l'obiettivo di fatto di
abbattere il sistema delle professioni intese come esercizio professionale specializzato e frutto di
studi altamente selettivi. In tal senso le posizioni in materia espresse da parte del Governo, dei
Democratici di Sinistra e della stessa CGIL potrebbero tradursi in un cattivo servizio per la
collettività e nella sostanziale negazione del diritto dell'utente ad un alto livello di professionalità. In
questa ottica, anche il disegno Mirone presenta gravi lacune. Nel merito, il testo prevede una
modifica delle funzioni degli Ordini e nei fatti un loro depotenziamento. In materia di attività
disciplinare, appare di estrema gravità la previsione della figura del giudice terzo, esterno cioè allo
stesso Ordine. Nel metodo, fortemente criticabile è la stessa previsione della delega in favore del
Governo, che di fatto non consente una ampia discussione in sede parlamentare tra le forze politiche
dei contenuti della riforma. Il testo si limita ad indicare i soli principi generali, peraltro vaghi e
generici, a cui dovrà fare riferimento il Governo nella elaborazione del testo e nella emanazione dei
regolamenti attuativi. Nel complesso quindi, è stato riservato al Governo uno spazio eccessivo. Data
la situazione, appare opportuno elaborare nuove proposte in un disegno di legge autonomo o in una
serie di emendamenti qualificanti, specie in materie quali tariffe professionali, società di capitale,
società di professionisti (Siliquini).
Negli Ordini professionali si osservano significative evoluzioni. Consapevoli di aver limitato nel
passato la loro attività all'ordinaria amministrazione, gli Ordini cercano ora di assumere nel dibattito
attuale un ruolo più dinamico ed un approccio costruttivo, indicando alcune proposte innovative,
come ad esempio in materia di deontologia professionale, al fine di contrastare le ipotesi di totale
deregulation. Gli Ordini devono mantenere ed aggiornare le specifiche funzioni di impulso in materia
di certificazione, di formazione universitaria e di aggiornamento professionale. In particolare, i corsi
di laurea non forniscono oggi gli strumenti necessari all'esercizio della libera professione, ed in tal
senso all'Ordine professionale spetta il compito di suggerire al mondo accademico le innovazioni più
opportune e di aggiornare il professionista. Nelle varie ipotesi di riforma, tutte da verificare, si deve
in ogni caso partire dalla necessità di salvaguardare ciò che c'è di funzionale nell'attuale sistema,
individuando correttivi opportuni per il futuro ed adeguati strumenti di protezione delle professioni
intellettuali, mentre deve essere rifiutata l'ipotesi della completa distruzione dell'odierno assetto
(Siliquini).
Considerando nello specifico la categoria dei dottori agronomi e dottori forestali, l'Ordine provvede
con successo a delineare la figura dell'agronomo in una fase successiva alla laurea. In tal senso
l'Ordine rimane attualmente un irrinunciabile punto di riferimento per l'acquisizione di
informazioni, la realizzazione di esperienze e di attività finalizzate alla professione, la formazione ed
il coordinamento dei professionisti, funzioni essenziali che vanno ben oltre l'individuazione di
un elenco di persone che hanno superato un certo esame e possono dedicarsi alla professione. Tra
l'altro, l'Ordine professionale fornisce pareri utili su molte questioni relative alla formazione
universitaria e stabilisce i necessari collegamenti con gli altri Ordini professionali (Baraldi).
In futuro, l'azione dell'Ordine dei dottori agronomi e dottori forestali potrà assumere ulteriore
rilievo nella misura in cui riesca ad essere propositivo sul piano dell'innovazione in materia di
formazione, sul piano della realizzazione dell'assistenza tecnica sul campo, nella produzione di
qualità (Donnahuser), negli ambiti della salvaguardia ambientale e della tutela delle risorse (De
Castro), in materia di aggiornamento degli iscritti, di diffusione della cultura della qualità e di
controllo della deontologia (Angotti). Inoltre l'Ordine dovrà verificare di volta involta il rispetto
dell'attuale normativa ai fini dell'interesse della collettività (Boretti) e dare maggiore visibilità alla
categoria, svolgendo una funzione di rappresentanza e di dialogo con gli altri soggetti che operano
nel settore agricolo, in una ottica sempre più di natura generale e strategica (Pasquali).
8. Le metodologie
8.1. L'indagine sugli iscritti
8.1.1. Il campione
Il campione di dottori agronomi e di dottori forestali è stato costruito sulla base di variabili definite
congiuntamente dal Comitato Tecnico Scientifico e dall'équipe di ricerca del Censis.
Il piano di campionamento è stato realizzato a partire dai dati forniti dall'Ordine, ovvero l'elenco
degli iscritti al 1 gennaio 1998 (poco meno di 16.000 iscritti) con ind icazione della provincia di
residenza, corso di Laurea effettuato e classe quinquennali di età. L'elenco è stato quindi rielaborato
in modo da ottenere la distribuzione dell'universo secondo le tre variabili indicate.
Fissata a priori la numerosità campionaria (600 unità), tale da assicurare un errore campionario del
3,9% per un livello di significatività del 95,0%, si è proceduto all'individuazione di un campione
stratificato proporzionale a due stadi: classe d'età e provincia di appartenenza, in modo tale da
mantenere una ragionevole approssimazione delle frequenze relative dell'universo di riferimento,
migliorare l'affidabilità del risultato campionario e consentire analisi disaggregate.
La ripartizione territoriale a livello provinciale riproduce la struttura degli Ordini. La variabile
"classe di età" è stata invece inserita nel disegno campionario come seconda variabile di
stratificazione mantenendo la prima classe indicata negli elenchi forniti dall'Albo e aggregando le
successive in fasce decennali di età (25-29 anni, 30-39, 40-49, 50-59, 60 e oltre).
Dall'elenco dei nominativi fornito dell'Albo, sono stati estratti con procedura casuale gli individui
da contattare. Per ciascuna intervista sono state previste tre alternative (per un totale di 600*3 =
1.800 nominativi) per far fronte alla possibilità di mancata risposta dovuta a rifiuti, errori nei
numeri telefonici, irreperibilità dell'intervistando.
La procedura di campionamento utilizzata ha previsto i passi seguenti:
individuazione dei singoli strati, ovvero della lista dei nominativi dei residenti nella
provincia i e appartenenti alla fascia d'età j - strato (i,j) -.
per ciascun strato pertanto, avendo fissato nij =numero di interviste da effettuare
nello strato (i,j), è stato calcolato il rapporto wij=Nij/nij *3 dove Nij è la numerosità
dello strato (i,j). w è detto "passo di ricerca"
dalla lista dei nominativi dello strato (i,j) è stato scelto con procedura casuale un
nominativo. Partendo da questo con il passo wij sono stati successivamente
individuati i restanti individui per un totale di nij *3.
Le lievi differenze che si osservano tra i dati strutturali del campione dei dottori agronomi e dottori
forestali ed i dati relativi all'universo degli iscritti all'Albo riportati nel capitolo 3 rientrano nei
margini di errore campionario insito in ogni procedimento. Inoltre, si deve tenere in debita
considerazione il fatto che, il campione è stato strutturato sulla base degli elenchi aggiornati al
31/12/97, mentre i dati sugli iscritti all'Ordine dei dottori agronomi e dei dottori forestali sono
elaborati sulla base degli elenchi aggiornati al 1 giugno 1999.
8.1.2. Il questionario
Secondo le metodologie di indagine comunemente adottate, gli interessi cognitivi della ricerca sono
tradotti in una serie di domande, articolate nel loro complesso in un questionario e poste direttamente
ai soggetti. In senso tecnico, ciò significa che ciascuna domanda rappresenta una definizione
operativa del concetto o area teorica cui si riferisce ed è diretta ad ottenere l'informazione voluta.
La somministrazione del questionario richiede come condizione l'assistenza attiva all'intervistatore
nel compito di indurre l'intervistato a fornire l'informazione richiesta. Questo processo, che
comprende al suo interno la motivazione e l' addestramento dell'intervistatore, prevede una esatta e
completa elaborazione delle domande da parte del ricercatore, in modo da eliminare
tendenzialmente la possibilità di cattiva interpretazione delle domande da parte sia dell'intervistatore
che dell'intervistato. In definitiva, la chiarezza del questionario per gli attori
impegnati nell'intervista è indicata da un punto di vista metodologico come condizione inderogabile
per l'attendibilità dell'indagine.
Le domande somministrate al campione dei dottori agronomi e dottori forestali si distinguono in
base al loro contenuto. Nell'elaborazione del questionario si è assunto quale riferimento teorico la
classificazione utilizzata nelle metodologie di indagine. In sintesi, le tipologie di domande inserite
nel questionario sono:
domande su alcune caratteristiche dell'individuo, definite anche demografiche o
classificatorie. Queste domande riguardano alcuni attributi fondamentali del soggetto
intervistato, come sesso, reddito, tipo di laurea, provincia di residenza o di esercizio
dell'attività professionale, ecc.;
domande sull'esperienza di vita. Queste domande rilevano invece i mutamenti in atto
per alcune proprietà o attributi riferiti al soggetto intervistato. Tra queste vi sono ad
esempio le domande concernenti le previsioni sulle attività professionali in
evoluzione o sviluppo nel prossimo futuro;
domande cognitive. In questa categoria sono comprese le domande sulla conoscenza
o la percezione dei fatti riguardanti gli stessi intervistati. In questa tipologia rientra ad
esempio la domanda sul significato dell'iscrizione all'Albo professionale;
domande su opinioni e valori. Con queste si chiede all'intervistato di esprimere
giudizi e di valutare fatti o situazioni che lo riguardano. Tra queste si individua in
particolare il giudizio sull'ipotesi di creazione di un unico Ordine interprofessionale,
ovvero il giudizio sulla formazione universitaria.
Dal punto di vista operativo, il questionario è stato somministrato al campione attraverso interviste
telefoniche. Le interviste, definite come dialogo tra l'intervistatore e l'intervistato basato su temi
predefiniti, si differenziano per grado di libertà e livello della profondità della comunicazione
stabilita tra i due attori. Tra le diverse tipologie offerte dalle metodologie, si è scelto di utilizzare per
l'indagine sul campione di dottori agronomi e dottori forestali interviste di tipo standardizzato o
strutturato.
L'intervista standardizzata viene comunemente adottata per indagini basate su di un questionario
definito preventivamente. Tale impostazione prevede che a tutti gli intervistati siano sottoposte le
medesime domande, nello stesso ordine e con gli stessi termini. Riportando in sintesi le assunzioni
teoriche alla base dell'intervista standardizzata, si rileva che, riguardo una data informazione
concernente il campione considerato, ad esempio il reddito, non è possibile esprimere alcuna
affermazione attendibile qualora non si disponga di tale informazione per ogni soggetto (unità
statistica) compreso nel campione stesso. Inoltre, la scelta di porre le domande nella stessa identica
forma a tutti gli intervistati è da un punto di vista metodologico la condizione essenziale per la
comparabilità delle risposte, ed in ultima analisi dei dati acquisiti nell'indagine. Si ritiene cioè che si
possano dare dei corretti giudizi di somiglianza/dissomiglianza tra i soggetti di studio solo nell'ipotesi
in cui ai medesimi siano stati sottoposti gli stessi stimoli.
Le domande inserite nel questionario somministrato al campione di dottori agronomi e dottori
forestali sono definite chiuse, in quanto prevedono una serie di risposte alternative predecodificate.
All'intervistato viene la lasciata sola facoltà di scegliere, a seconda dei casi, una o più risposte tra
quelle indicate.
8.1.3. L'elaborazione dei dati
Nella fase di elaborazione dei dati, le domande del questionario sono considerate come singole
variabili statistiche. In via generale, le variabili sono definite come concetti che possono assumere
diversi valori e sono utilizzate al fine di descrivere un singolo fenomeno riferito al campione
considerato. Ciò consente di poter determinare con l'osservazione quale valore abbia quello specifico
concetto o fenomeno nelle circostanze date. Ad esempio, la domanda sul reddito è definita come
variabile che descrive come si presenta il campione per ciò che concerne il reddito.
Ad ogni variabile possono essere assegnate diverse modalità (items). Gli items o risposte previste per
ogni domanda del questionario rappresentano gli stati distinti o categorie della variabile considerata,
o detto in altri termini, le specificazioni e caratteri che la variabile può assumere. Le variabili
previste nell'elaborazione del questionario sono di tipo dicotomico (es. il sesso) e nominale o
classificatorio. Si utilizzano queste ultime variabili nel caso in cui le risposte o items siano ordinate
in più di due categorie mutuamente esclusive ed esaustive. In particolare, nel questionario sono
utilizzate variabili nominali:
naturali, quali il tipo di laurea, la provincia di residenza o la provincia di esercizio
della professione, ecc.
artificiali, come il grado di soddisfazione connesso all'attività professionale
esercitata, il giudizio sulla formazione universitaria, ecc.
Per tali variabili sono utilizzate delle scale nominali, che rappresentano in sostanza delle semplici
classificazioni con cui si assegna un nome a certi gruppi o categorie indipendenti, con un intento
meramente descrittivo e tipologico.
In altri casi, le variabili nominali o classificatorie sono ut ilizzate nell'indagine per semplificare
variabili più complesse o variabili continue. Un esempio in tal senso può essere rilevato in variabili
quali l'età ed il reddito, variabili continue suddivise per un migliore utilizzo statistico in un certo
numero di fasce o classi progressive. In questo caso le variabili si dicono a categorie ordinate, ad
indicare che le categorie con cui si rappresenta la variabile non sono solo distinte, ma anche ordinate
in livelli crescenti, in un continuum che va da valori bassi a valori alti. Per queste variabili si
utilizzano quindi scale ordinali, scale che oltre a quelle descrittive e tipologiche hanno proprietà
transitive.
8.1.4. La sistematizzazione dei dati
Operativamente, nella fase di rilevazione vengono acquisite, attraverso l'intervista telefonica, le
informazioni relative al campione considerato. Nella fase successiva, la sistematizzazione dei dati, le
suddette informazioni vengono organizzate secondo lo schema teorico elaborato nel questionario, e
quindi secondo la successione delle domande poste al campione.
Ad un primo livello, la sistematizzazione dei dati prevede l'elaborazione delle frequenze assolute delle
domande a risposta unica e delle domande a risposta multipla. In sintesi, in tale processo viene
effettuato un conteggio delle modalità di risposta delle unità statistiche del campione, ovvero detto in
altri termini, viene misurato il valore (frequenza) con cui si manifesta un dato carattere di una
variabile. Si ricorre quindi in sostanza ad una distribuzione di frequenze, ovvero al raggruppamento di
dati numerici in base al carattere cui si riferiscono. Per ogni carattere, la frequenza assoluta indica il
numero di casi osservati nella rilevazione.
Ad esempio, nel caso in cui alla domanda sul genere, che prevede una sola risposta da parte
dell'intervistato stesso, 500 unità statistiche abbiano risposto maschio e 100 femmina, la variabile
sesso assume per il carattere maschio una frequenza o valore pari a 500, mentre per quello femmina
una frequenza o valore pari a 100. Analogo processo è svolto nel caso in cui l'intervistato disponga di
più di una risposta (risposta multipla), come nel caso ad esempio della domanda sulla tipologia della
clientela dello studio.
Il passaggio successivo è rappresentato dalla elaborazione delle frequenze percentuali. Per quanto
riguarda l'elaborazione delle frequenze percentuali per le domande a risposta unica, queste sono
calcolate al netto dei dati mancanti. Per quanto riguarda invece le domande a risposta multipla, la
frequenza percentuale è calcolata sul totale dei rispondenti che hanno fornito ameno una risposta
valida.
Tra i diversi criteri ordinatori, l'indagine prevede la sistematizzazione delle frequenze assolute e
percentuali in tabelle statistiche ad entrata semplice. Tali tabella sono strutturate nel modo seguente:
nella prima colonna da sinistra sono indicate le modalità o caratteri della variabile
considerata. Nel caso della tabella del genere, i caratteri sono due, maschio e
femmina;
nelle successive colonne è indicato il dato statistico, le frequenze assolute, le
frequenze percentuali, le frequenze percentuali valide e le frequenze percentuali
cumulate.
Per ciò che riguarda la tipologia delle tabelle dell'indagine, si distingue tra:
tabelle che presentano nella prima colonna da sinistra un criterio qualitativo di
ordinamento, e quindi un elenco di modalità o caratteri della variabile di tipo
qualitativo. Nelle altre colonne sono invece riportate le frequenze assolute e
percentuali delle modalità o caratteri, ovvero il numero delle unità statistiche che
hanno manifestato quella modalità. Tale tipologia di tabella è utilizzata ad esempio
nella tabella relativa alla tipologia prevalente di attività professionale esercitata;
tabelle che presentano nella prima colonna da sinistra un criterio quantitativo di
ordinamento. A differenza delle tabelle definite al punto precedente, la scala di
misurazione dei caratteri o modalità della variabile non è più di tipo qualitativo, ma
quantitativo. Nelle successive colonne sono riportate le frequenze assolute e
percentuali di classi di valori. Tale tipologia è rinvenibile ad esempio nelle tabelle
relative alle fasce di reddito ed alle classi di età.
In base alla natura del criterio di ordinamento, il primo tipo di tabelle sono presentazioni di serie
statistiche, mentre il secondo tipo illustra una seriazione statistica.
Operativamente, nell'elaborazione dei dati sono stati utilizzati software statistici. In particolare,
inizialmente i dati sono stati acquisiti su formato ASCI. Successivamente il file dati è stato
trasformato in formato SPSS per Windows versione 7.5. L'SPSS viene utilizzato per analisi
qualitative e quantitative di tipo univariato e bivariato.
8.1.5. Le tabelle di contingenza
Concluso il primo livello di indagine nello studio delle frequenze dei caratteri di ciascuna variabile
statistica, nel passo successivo l'analisi si sposta sulla ricerca di eventuali relazioni tra variabili
distinte in formato tabulare. Il metodo più consueto per rappresentare tali relazioni consiste nel
sistemare le frequenze percentuali risultanti dagli incroci delle categorie in matrici n x m, con n ed
m rispettivamente numero delle categorie o stati delle variabili X ed Y. Tali matrici vengono
definite tabelle di contingenza o a doppia entrata.
Fig. 17 - Schema di tabella a doppia entrata
Y
X Y1 Y2 ... Yv ... Ym
X1 f11 f12 ... f1v ... f1m f1.
X2 f21 f22 ... f2v ... f2m f2 .
.... ... ... ... ... ... ... ...
Xu fu1 fu2 ... fuv ... fum f u .
... ... ... ... ... ... ... ...
Xn fn1 fn2 ... fnv ... fnm fn .
f .1 f. 2 ... f . v ... f . m N
Le frequenze assolute che appaiono nelle tabelle a doppia entrata rappresentano il numero di volte fuv
in cui si è congiuntamente osservata la combinazione di modalità o caratteri Xu e Yv rispettivamente
della variabile X ed Y, cioè il numero di unità statistiche su cui è stata rilevata la coppia (Xu ; Yv). I
casi inseriti nella tabella a doppia entrata sono quelli in cui siano state fornite risposte valide per
entrambe le variabili considerate nell'incrocio. L'intera matrice n x m è quindi composta dalle
frequenze assolute delle possibili combinazioni delle modalità o caratteri di X ed Y. La struttura di
tale matrice fornisce di per sé le informazioni sull'influenza esercitata da X su Y e viceversa ed è
quindi l'oggetto sostanziale dello studio delle relazioni statistiche tra variabili tabulari. Tale analisi è
una parte essenziale nell'ambito della ricerca.
Ad esempio, potrebbe essere significativo ai fini dell'indagine verificare il tipo di rapporto che
intercorre tra la variabile tipologia prevalente di attività professionale esercitata dal dottore agronomo
e la variabile dimensione territoriale, per verificare ad esempio l'esistenza di eventuali difformità
nella distribuzione di liberi professionisti e dipendenti nelle diverse regioni del Paese. Da tale
incrocio si possono dedurre in sostanza eventuali influenze esercitate dalla variabile geografica sulla
struttura professionale del dottore agronomo e forestale in Italia.
Una prima misura della relazione che intercorre tra due variabili è rappresentata dal modello di
indipendenza assoluta tra le due stesse variabili. Se tra le variabili X ed Y vi è un rapporto di
indipendenza assoluta, deve sussistere l'uguaglianza tra la generica frequenza di incrocio fuv della
matrice a doppia entrata sopra definita e la frequenza teorica f''uv, definita statisticamente
f''uv = (fu . x f. v)/N
per u = 1,2,......n e per v = 1,2,......m e con N numero totale delle osservazioni. Detto in altri termini,
due variabili X ed Y possono dirsi indipendenti qualora coincidano le tabelle composte
rispettivamente dalle frequenze di incrocio effettivamente osservate nella rilevazione e dalle
frequenze teoriche sopra definite. Questo primo strumento è utile come primo screening per
l'individuazione degli incroci significativi tra variabili distinte.
Nel caso in cui dette tabelle non coincidano, si pone il problema di misurare l'intensità della
dipendenza tra le due variabili. Ai fini della ricerca, tale misura appare necessaria in vista di una
corretta selezione delle tabelle a doppia entrata statisticamente più significative. Lo strumento
utilizzato per valutare in sostanza quanto una frequenza effettiva fuv si discosti dalla corrispondente
frequenza teorica f''uv , ovvero detto in altri termini quanto è rilevate il rapporto di dipendenza tra le
due variabili, è la devianza dei rapporti tra fuv e f''uv ponderati con la f''uv, ovvero
? 2 = ? u ? v (fuv - f''uv )2/ f''uv
Tale devianza o ? 2 è pari alla somma di tutti i rapporti tra il quadrato della differenza tra frequenza
effettiva e teorica, differenza detta contingenza, e la corrispondente frequenza teorica. Il "? 2 " è zero
solo se è sempre fuv = f''uv, se cioè esiste indipendenza tra le variabili X ed Y, mentre assume valori
positivi in caso contrario, nelle ipotesi in cui si verifichino condizioni di dipendenza crescente tra
variabili.
Un'altra misura sintetica della dipendenza tra variabili utilizzata nell'elaborazione dei dati per
l'individuazione delle tabelle a doppia entrata statisticamente significative è rappresentata dalla
contingenza quadratica media, definita
? 2= ? 2/N
con N pari al numero delle osservazioni effettuate. ? 2 si annulla nel caso di indipendenza tra le due
variabili, ed è inferiore o uguale a n-1 ed a m-1, cioè al numero delle modalità o caratteri della
variabile X meno uno ed al numero delle modalità del carattere Y meno uno.
8.1.6. Analisi tipologica dei dottori agronomi e dottori forestali
Una delle principali assunzioni dell'indagine è che per i dottori agronomi e dottori forestali esistano
delle relazioni significative tra profili caratterizzant i dell'attività professionale, quali ad esempio la
tipologia professionale (libera professione e rapporto di lavoro dipendente), le modalità di esercizio
dell'attività professionale, le modalità di aggiornamento, la tipologia della clientela, ecc..
Per verificare i rapporti statistici di queste variabili, e quindi trovare misure di associazione
significative agli effetti dell'ipotesi di partenza, l'indagine prevede l'utilizzo di alcuni metodi di
analisi fattoriale, che consistono essenzialmente nella riduzione della massa di variabili originarie in
poche variabili significative. Il metodo applicato (Analisi delle Componenti Principali o ACP) ha
permesso di sintetizzare le informazioni attraverso la costruzione di nuove variabili (i fattori) che
hanno una relazione lineare con quelle originarie e spiegano quote via via decrescenti della
variabilità originaria. In sostanza, tali fattori sono variabili completamente nuove, indipendenti tra di
loro, ciascuna delle quali riassume un aspetto particolare del fenomeno in questione.
Un passaggio particolarmente delicato nella procedura dell'ACP risiede nella definizione dei fattori
estratti a partire dal contributo specifico (factor scores) di ciascuna variabile: in questa fase è
determinante l'analisi qualitativa dei risultati, che si concretizza nella capacità di dare un significato
accettabile al potere discriminante dei fattori. Tale "denominazione" degli assi avviene attraverso
l'analisi delle correlazioni tra il fattore estratto e le variabili di origine.
Una volta individuati i fattori principali - quelli interpretabili, che rappresentano cioè una
particolare dimensione del fenomeno considerato - è possibile esprimere le caratteristiche delle
unità statistiche rispetto a ciascun fattore (attraverso i punteggi fattoriali o factor scores) e
procedere al raggruppamento delle unità in base a criteri di omogeneità rispetto a suddette
caratteristiche (cluster analysis).
La cluster analysis è una metodologia statistica che consente di classificare le unità statistiche
secondo gruppi omogenei: il metodo di clustering utilizzato opera con l'obiettivo di minimizzare la
variabilità interna ai singoli gruppi e di massimizzare la variabilità (esterna) tra i gruppi.
Nell'indagine, i fattori estratti sono tre: il primo individua la libera professione, il secondo il
rapporto di lavoro dipendente, il terzo le modalità di aggiornamento professionale. Le variabili
utilizzate per la cluster, riportate in nota, sono in tutto 37, divise in 12 attive e 25 descrittive.
8.2. Le interviste ai testimoni privilegiati
Per definire gli scenari sulla domanda per la professione di dottore agronomo e dottore forestale,
sono state raccolte le opinioni di alcuni osservatori privilegiati che, in virtù delle specifiche
competenze o delle cariche ricoperte, permettono di offrire importanti punti di vista e spunti di
riflessione.
Le percezioni dei soggetti in questione sono state ricavate attraverso l'utilizzo dello strumento
dell'intervista. Diversamente da quanto disposto per gli altri questionari, le interviste effettuate
presso i testimoni privilegiati sono "aperte", frutto cioè di un incontro diretto con i soggetti
interessati, e lasciano l'intervistato libero di tracciare lo scenario il più dettagliato possibile degli
argomenti suggeriti, anche al di là della griglia di domande indicata, non giocando in questi casi la
rigidità degli schemi imposta dai questionari.
8.2.1. I testimoni privilegiati
I 13 testimoni privilegiati sono stati scelti di concerto con il Comitato Tecnico-Scientifico.
Nell'ordine questi sono:
Ministero delle politiche agricole - Ministro delle politiche agricole - P. De Castro.
Ministero dell'ambiente - Segretario particolare del Ministro dell'ambiente, Dott. C.
Donnhauser.
Ministero dell'industria e del commercio - Direttore generale Dott. A. Vecchia.
Commissione europea - Direttore della VI/BI - Legislazioni economiche in materia
di agricoltura - Direzione generale VI Agricoltura, Dott. S.Ventura
Camera dei Deputati - Segretario della Commissione ambiente, On. S. Turroni.
Regione Toscana - Dott. R. Boretti - Dipartimento Sviluppo Economico - Servizio
Foreste e patrimonio agroforestale - Uoc Foreste - Uoc Prevenzione degli incendi
boschivi.
Senatrice Grazia Siliquini - Responsabile per le Professioni Intellettuali per Alleanza
Nazio nale.
Dott. R. Militello - Responsabile per le Professioni Intellettuali per i Democratici di
Sinistra.
Settore agricoltura Biologica - Cooperativa Agricoltura Nuova, Presidente C.
Patacconi.
Università - Facoltà di Scienze e tecnologie agrarie dell'Università di Bologna,
Preside G. Baraldi.
FITA - Presidente Dott. Ing. R. Alessandrello.
Coldiretti - Segretario generale C. Pasquali.
Consiglio Nazionale degli Ingegneri - Presidente Dott. Ing. G. Angotti.
Consiglio dell'Ordine Nazionale dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali
Via Po 102, 00100 ROM A. Tel. 06-8540174. Fax 06-8555961. E-mail: [email protected] - www.agronomi.it