studi e ricerche - Ordine dei Dottori Agronomi e Forestali della
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LA PROFESSIONE DI DOTTORE AGRONOMO E DOTTORE FORESTALE DALL'AZIENDA AL TERRITORIO: QUALE IDENTITÀ, QUALE FORMAZIONE, QUALE MERCATO RAPPORTO FINALE La professione di dottore agronomo e dottore forestale dall'azienda al territorio: quale identità, quale formazione, quale mercato Rapporto finale Roma, ottobre 1999 Indice 1. Premessa Pag. 1 2. Nota introduttiva " 2 2.1. Il contesto di riferimento " 2 2.2. Gli obiettivi della ricerca " 5 2.3. Uno sguardo di sintesi " 7 3. Le componenti strutturali della categoria " 12 3.1. Gli iscritti all'Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali " 12 3.2. I laureati delle facoltà di agraria " 13 3.3. Gli iscritti alle Facoltà di Agraria " 15 3.3.1. Scienze Agrarie e di Scienze e Tecnologie Agrarie " 15 3.3.2. Scienze Forestali ed a Scienze Forestali ed Ambientali " 16 3.3.3. Scienze della Produzione Animale " 17 3.3.4. Scienze Tropicali e Sub Tropicali " 17 4. L'analisi dell'offerta formativa " 36 4.1. Gli ordinamenti didattici dei corsi di laurea " 36 4.1.1. Elementi comuni negli ordinamenti didattici nazionali " 36 4.1.2. Ordinamento didattico di scienze e tecnologie agrarie " 39 4.1.3. Ordinamento didattico di scienze forestali e ambientali " 41 4.1.4. Ordinamento didattico di scienze e tecnologie delle produzioni animali " 43 4.1.5. Ordinamento didattico di Scienze Agrarie Tropicali e Sub-tropicali " 44 4.1.6. Il punto di equilibrio tra struttura nazionale e determinazioni autonome Pag. 46 4.2. L'offerta formativa dei corsi di laurea " 49 4.2.1. L'offerta formativa dei corsi del settore agrario " 49 4.3. Gli studenti dei corsi di laurea " 51 4.3.1. Gli studenti dei corsi di laurea in agraria " 51 4.4. I laureati " 51 4.4.1. I laureati dei corsi in scienze agrarie " 51 4.5. Gli sbocchi occupazionali dei laureati " 51 4.5.1. I laureati in scienze agrarie " 51 4.5.2. Le laureate in scienze agrarie " 51 4.5.3. I laureati in scienze forestali " 51 4.5.4. Le laureate in scienze forestali " 51 4.5.5. La domanda delle imprese per il Dottore Agronomo e Forestale " 51 4.6. I corsi di diploma " 51 4.6.1. Premessa " 51 4.6.2. Gli ordinamenti didattici " 51 4.6.3. L'offerta " 51 4.6.4. Gli iscritti " 51 4.6.5. I diplomati " 51 4.7. La formazione post laurea " 51 4.7.1. Le scuole di specializzazione " 51 4.8. Ipotesi per riforme della formazione universitaria e continua " 51 4.8.1. Il processo in corso di riforma complessiva della formazione universitaria " 51 4.8.2. Alcune prime ipotesi di riforma della formazione universitaria " 51 4.8.3. Il ruolo propulsore del Conaf per la riforma della formazione universitaria e della formazione continua " 51 5. L'evoluzione della professione di dottore agronomo e dottore forestale nella prospettiva internazionale " 51 5.1. Il quadro generale Pag. 51 5.2. La comparazione sul piano europeo " 51 6. L'indagine sugli iscritti all'Albo " 51 6.1. L'organizzazione professionale " 51 6.2. Il mercato e le competenze professionali " 51 6.3. La rappresentanza professionale " 51 6.4. La formazione " 51 6.5. Gli sbocchi occupazionali dei neolaureati " 51 6.6. Analisi tipologica dei dottori agronomi e dei dottori forestali " 51 Gruppo 1: I quasi-professionisti dinamici " 51 Gruppo 2: Gli appagati " 51 Gruppo 3: I professional-collars " 51 Gruppo 4: I burocrati " 51 6.7. I dati strutturali " 51 7. La domanda per la professione di dottore agronomo e dottore forestale " 51 7.1. Premessa " 51 7.2. L'evoluzione del mercato ed i profili organizzativi della professione del dottore agronomo e dottore forestale " 51 7.2.1. La prospettiva ambientale e rurale " 51 7.2.2. Il rapporto con gli altri profili professionali: un approccio multidisciplinare " 51 7.2.3. Lo studio polifunzionale per il nuovo mercato " 51 7.3. Il ruolo del dottore agronomo e dottore forestale tra i processi di integrazione europea e di decentramento politico ed amministrativo " 51 7.3.1. La dimensione extra nazionale " 51 7.3.2. La dimensione locale " 51 7.4. La formazione universitaria e professionale Pag. 51 7.5. La riforma del sistema professionale " 51 8. Le metodologie " 51 8.1. L'indagine sugli iscritti " 51 8.1.1. Il campione " 51 8.1.2. Il questionario " 51 8.1.3. L'elaborazione dei dati " 51 8.1.4. La sistematizzazione dei dati " 51 8.1.5. Le tabelle di contingenza " 51 8.1.6. Analisi tipologica dei dottori agronomi e dottori forestali " 51 8.2. Le interviste ai testimoni privilegiati " 51 8.2.1. I testimoni privilegiati " 51 1. Premessa Questo volume rappresenta il rapporto finale della ricerca "La professione del Dottore agronomo e Dottore forestale dall'azienda al territorio: quale identità, quale formazione, quale mercato", commissionata al Censis dal Consiglio Nazionale dei Dottori Agronomi e Forestali. L'indagine si sviluppa in diverse aree tematiche. Nella nota introduttiva sono svolte alcune considerazioni generali in merito alla professione ed ai suoi caratteri principali che anticipano alcuni dei temi sviluppati nel corso della ricerca. Nell'analisi della struttura della categoria si offre uno sguardo d'insieme sulle caratteristiche strutturali della categoria, sia per ciò che riguarda l'offerta attuale, ossia gli iscritti all'Albo, sia con riguardo all'offerta potenziale, rappresentata dai laureati e dagli iscritti alle Facoltà di Agraria. Una trattazione specifica viene riservata all'offerta formativa per il dottore agronomo e per il dottore forestale ed all'evoluzione della professione sul piano internazionale, ed in particolare al rapporto con le figure professionali omologhe a livello europeo ed ai differenti percorsi formativi. L'analisi dell'offerta professionale si compone di tre parti: l'indagine sugli iscritti, l'elaborazione di una cluster analysis ed l'indagine sulla condizione professionale dei giovani con età compresa tra i 25 ed i 29 anni. L'analisi sulla domanda per la professione del dottore agronomo e dottore forestale comprende ed integra le riflessioni svolte da testimoni privilegiati le interviste in merito al ruolo, alle competenze ed al futuro della professione nel nostro Paese e nel resto dell'Europa. Nel capitolo conclusivo sono infine riportate le metodolo gie di elaborazione dei dati utilizzate nella ricerca. 2. Nota introduttiva 2.1. Il contesto di riferimento Per molto tempo, e per certi versi ancora oggi, la professione di dottore agronomo è stata ed è sinonimo di agricoltura. Il punto di partenza e l'ipotesi di lavoro del presente progetto di ricerca è invece quello di A, come territorio, ossia il fatto che il dottore agronomo deve uscire dal rapporto stereotipato maturato con il settore primario e riappropriarsi della sua centralità originaria nei processi di mutamento ambientali, in attuazione a quanto già previsto dalla L. 10 febbraio 1992, n. 152 su "Modifiche ed integrazioni alla L. 7 gennaio 1976, n. 3 e nuove norme concernenti l'ordinamento della professione di dottore agronomo e di dottore forestale". Il dottore agronomo in sostanza non è soltanto un operatore legato all'evoluzione del settore agricolo, ma anche alle tante trasformazioni che interessano il territorio e l'ambiente. Di conseguenza, la professione risente dell'evoluzione che si realizza in entrambe queste sfere economiche. Il settore agricolo oggi non si identifica più con la risorsa "terra", che per parte sua è diventata solo uno dei fattori di produzione che lo caratterizzano. La fase di integrazione dell'agricoltura con l'industria e la distribuzione si può dire abbia ormai raggiunto uno stadio di piena maturità. La qualità è diventata il perno del confronto fra l'agricoltura e i settori a valle, secondo criteri di standardizzazione e di adattamento ai processi di trasformazione indotti dalle esigenze degli altri settori. L'agricoltura, essendosi esaurita la fase di integrazione nelle filiere agro-alimentari, sta entrando in una nuova fase di terziarizzazione molto accelerata, per rispondere a necessità di tipo economico, essenzialmente derivanti dallo sfruttamento di economie di scala, e anche di tipo organizzativo. In presenza di innovazioni tecnologiche continue e della necessità di competere con imprese di ben altra dimensione e forza produttiva, nelle aziende italiane cresce il bisogno di servizi logistici, finanziari e anche di sostegno all'internazionalizzazione, con il conseguente salto che questi bisogni inducono sulla struttura organizzativa e sulla cultura produttiva. Per quanto riguarda il mutamento che sta investendo il territorio italiano basti ricordare che le tradizionali funzioni di controllo e di progettazione ambientale si stanno fondendo in un'unica dimensione di "management" del territorio, grazie alla quale: cresce la domanda di costruzione di bilanci ambientali, in chiave di sostenibilità/compatibilità ambientali dei piani di sviluppo territoriale; cresce la domanda di una valutazione ambientale "strategica", che sappia cioè rendere compatibili le spinte di conservazione dell'ambiente e del territorio con l'evoluzione fisiologica dei processi e l'utilizzo delle risorse disponibili; cresce quindi la domanda di figure professionali che abbiano un approccio integrale alla risoluzione dei problemi del territorio e dell'azienda e che possono persino assumersi i ruoli di mediazione e di comunicazione, correlati al bisogno dei cittadini di partecipare ai processi che riguardano il territorio. Rispetto alle dinamiche innovative segnalate tanto nel comparto agricolo, quanto in quello ambientale e territoriale, la professione di dottore agronomo e forestale vive alcuni momenti di incertezza, soprattutto per ciò che attiene allo scollamento a tutt'oggi esistente fra cambiamenti settoriali e preparazione universitaria. Sotto questo profilo, basti ricordare che: i corsi di studio delle Facoltà di Agraria sono ancora tarati sulle dimensioni più tradizionali della dimensione agricola, senza attenzione di sorta per la componente territoriale e ambientale che, invece, chiede formazioni specifiche; le trentasei materie che gli iscritti devono superare in cinque anni sono quasi tutte molto specialistiche, ma proprio per questo finiscono con l'indurre una formazione generica e inutile ai fini di ingresso nel mercato del lavoro; i docenti universitari sono mediamente molto lontani dai proble mi concreti che i dottori agronomi devono affrontare dopo il ciclo formativo e coltivano un approccio accademico, funzionale soltanto agli interessi del loro proprio gruppo professionale. Il futuro della professione di dottore agronomo, dunque, è chiaramente collegato allo sviluppo di quei profili professionali che più di altri contribuiranno alla vita del nostro Paese nel prossimo secolo - dal consulente di agro- finanza, al bio-tecnologo, al pianificatore ambientale e territoriale - ma affinché questo potenziale possa davvero diventare operativo è indispensabile avviare subito una riflessione su quegli aspetti che ostacolano tale sviluppo. Per quanto riguarda in modo specifico la professione di dottore agronomo e forestale le aree problematiche sono quindi almeno tre: la prima concerne le caratteristiche dell'iter formativo previsto per l'accesso alla professione, ancora troppo tarato sulla dimensione "terra-centrica" del settore agricolo e troppo poco in grado - vuoi per le carenze dei programmi, vuoi per le carenze dei docenti - di definire percorsi educativi efficaci per garantire ai laureati nelle discipline delle scienze agrarie un passaggio coerente e soddisfacente al mercato del lavoro. La seconda riguarda invece l'identità degli iscritti all'Albo, la loro bassa propensione a caratterizzare in forma consulenziale le proprie prestazioni, i rapporti intergenerazionali non del tutto fluidi e funzionali alla crescita della categoria. La terza area da indagare è sicuramente quella delle prospettive di mercato che si apriranno agli iscritti all'Albo nell'ambito della tutela e dello sviluppo territoriale, sia per i mutamenti del settore poc'anzi descritti, sia per lo sviluppo di sempre nuovi bisogni di profili professionali, che l'Università non forma come dovrebbe. 2.2. Gli obiettivi della ricerca Il Consiglio Nazionale dei Dottori Agronomi e Forestali ha affidato al Censis una ricerca con la finalità di analizzare le tre aree problematiche poc'anzi indicate e di proiettare la professione nei futuri scenari di mercato e di complessivo assetto dei lavori intellettuali che l'attengono. L'ordine rappresenta una rilevante quota dei laureati delle facoltà di Agraria. Pertanto l'indagine non è limitata alla libera professione, ma a tutte le attività (eccetto ricerca ed insegnamento), svolte a qualsiasi titolo e sotto tutte le forme di rapporto di lavoro (autonomo, dipendente, pubblico e privato). In sintesi, l'indagine si pone diversi ordini di obiettivi, tra cui: rivisitare le caratteristiche del sistema formativo attualmente previsto per l'accesso alla professione di dottore agronomo e forestale, nell'ipotesi che vada anch'esso sottoposto ad un processo di razionalizzazione e di funzionalizzazione rispetto agli sbocchi di lavoro che concretamente si offrono al laureato; realizzare una analisi di taglio socio-economico sugli iscritti all'Albo per verificare come i professionisti in età attiva si prefigurano o giudicano il loro inserimento nella professione e per analizzare le aspettative e individuare le tante differenze compresenti di fatto al suo interno (dalle caratteristiche del rapporto con la dimensione locale, alla tipologia dei servizi erogati, alla organizzazione del lavoro professionale); approfondire le caratteristiche della domanda per la prestazione professionale del dottore agronomo e forestale che proviene da alcuni segmenti qualificati del sistema socio-economico, per indicare quali sono i profili di specializzazione e/o di competenza maggiormente richiesti; riaffermare la centralità degli agronomi nel processo di mutamento dell'ambiente e del territorio, per tutti gli effetti innovativi che può produrre. 2.3. Uno sguardo di sintesi I dottori agronomi e forestali rappresentano una realtà produttiva già estremamente sviluppata, ma al tempo stesso ricca di ulteriori potenzialità di sviluppo. Sono molti gli elementi raccolti dalla ricerca che testimoniano questa complessità interna alla categoria e insieme quei punti di forza che la proiettano verso il radicamento in nuove aree di mercato. Per ciò che concerne la sua struttura interna, bisogna dire che la professione di dottore agronomo presenta una composizione molto più articolata di altre attività intellettuali, carattere di indubbio rilievo ed importanza. Nel modello professionale si osserva in primo luogo la compresenza del lavoro autonomo e del lavoro dipendente, dell'impiego nel comparto pubblico e in quello privato, elemento questo senza dubbio positivo, in quanto consente al dottore agronomo e dottore forestale di interagire con una pluralità di soggetti di domanda e di inserirsi in una ampia gamma di settori produttivi, trovando in sostanza numerose occasioni di messa in relazione e di applicazione delle sue specifiche competenze. Tra i dottori agronomi e forestali la vocazione nei confronti della prestazione professionale è molto accentuata: la dimensione libero professionale coinvolge attualmente oltre la metà degli iscritti all'Albo professionale che esercitano in vario modo la propria attività. Oltre ai liberi professionisti a tempo pieno (33,6%), significativa è la quota di iscritti all'Albo che esercita la professione a tempo parziale (25,3%), affiancandola spesso all'insegnamento ovvero ad un altro lavoro autonomo, e mostrando un notevole dinamismo ed una certa apertura verso orizzonti professionali sempre diversi. Il lavoro dipendente rappresenta l'altra componente strutturale della categoria. Nel settore privato i dottori agronomi e forestali tendono in misura crescente ad inserirsi in tutti i segmenti che compongono la filiera agroindustriale, svolgendo quindi la propria attività non più solo nel contesto dell'azienda agricola, ma anche nella industria di trasformazione e di commercializzazione dei prodotti agricoli e zootecnici, nei servizi per gli enti territoriali, nel campo della pianificazione e progettazione territoriale ed urbana. Nel settore pubblico, ed in particolare nelle amministrazioni regionali e negli enti locali, i dottori agronomi e forestali tendono a valorizzare ed a rendere operativo il forte legame col territorio, inteso come ampio bagaglio di informazioni sulla realtà produttiva e sociale e come applicazione di queste allo sviluppo. Con riguardo in particolare alla libera professione, si osserva una particolarità del dottore agronomo rispetto ad altre professioni liberali. I titolari di studio sono il 75,7% di coloro che svolgono la professione in forma autonoma, mentre il 7,6% offre la propria prestazione diretta indipendentemente dal possesso di uno studio. Questa componente di "free lance" indica che all'interno della categoria cresce un'anima di lavoro autonomo di seconda generazione, molto più fluibile di quello tradizionale e sempre più in grado di corrispondere alla domanda meno sistemica del passato e orientata a chiedere competenze molto specialistiche, e per ciò stesso, legata alla risoluzione di singoli problemi. Gli studi professionali dei dottori agronomo e forestali hanno una composizione per dipendenti abbastanza polarizzata: ci sono studi con un solo dipendente (11,9%), ma il grosso degli studi e, come già si è visto, a monotitolarità. Lo studio professionale, nonostante la sua struttura essenziale, è comunque un laboratorio di cambiamento. Al suo interno, infatti si osserva una significativa capacità di recepire modelli innovativi di professione intellettuale, essenziali in vista dallo sviluppo della categoria. In particolare: - l'utilizzo degli strumenti tecnologici in generale ed informatici in particolare, è patrimonio della gran parte dei dottori agronomi e forestali che esercitano la libera professione; il dottore agronomo e dottore forestale tende ad inserirsi in misura crescente in un mercato di "nicchia", ambito nel quale vi sono occasioni maggiori di valorizzare la propria specializzazione e competenza specifica in stretta connessione con i bisogni di crescita del territorio e dell'economica locale; i liberi professionisti hanno maturato da tempo una decisa attenzione per esigenze dell'utenza anche nel rispetto delle sue esigenze di "consumo" del servizio professionale erogato. In questo senso, il 23,0% dei dottori agronomi si pone il problema di migliorare l'efficienza della sua prestazione e il 15,5% di essere più rapido nella soluzione della questione sottoposta alla sua prestazione. Come anche è significativo il numero di professionisti che intende elevare le sue capacità professionali attraverso l'aggiornamento (24,5%) e di altri che si pongono come anello di raccordo fra il cliente e la pubblica amministrazione (20,4%). Un altro punto di forza interno alla categoria, che al tempo stesso la proietta nel futuro, è rappresentato dalle competenze degli iscritti all'Albo. Attualmente, oltre ai settori di attività tradizionali, quali l'economico-estimativo e l'agricoltura, i dottori agronomi e forestali stanno assumendo un ruolo strategico nell'ambito dei modelli di sviluppo rurale. In tale veste, essi si propongono come figure in grado di intervenire nel complesso dei processi che incidono sul territorio, sia in ambito produttivo che nella gestione delle risorse ambientali, cercando anzi di veicolare un approccio in cui i vari aspetti economici e sociali siano considerati insieme e nella loro distinta valenza. In tale contesto, i dottori agronomi e forestali hanno dimostrano prontezza nell'interpretare questa funzione, inserendosi attivamente, da un lato, nella pianificazione del territorio ed in tutte le attività che fanno capo alla tutela dell'ambiente; dall'altro lato, sviluppando l'offerta dei servizi di certificazione della qualità del processo produttivo e di prodotti agroalimentari, fatto che contribuisce in modo sostanziale ad individuare nel sistema industriale un interlocutore più stabile rispetto al passato. In sostanza, si conferma che la professione di dottore agronomo ha nel territorio il suo riferimento essenziale, ma che nel breve periodo si possa ulteriormente sviluppare nei settori più innovativi che rappresentano il "terziario avanzato" del territorio stesso: dal marketing, al monitoraggio ambientale, agli interventi di recupero, alla applicazione di tecnologie innovative. Tutto questo esprime il dinamismo di una professione che non sembra voler coltivare alcuna "rendita" di posizione, ma sta cercando di individuare profili continuati di miglioramento delle proprie caratteristiche. La categoria del dottore agronomo e dottore forestale, specie tra i neolaureati e le generazioni di mezzo, sta assumendo tratti tipici da knowledge class, distinta dalle altre per il fatto di esercitare e di trasmettere saperi di tipo intellettuale e creativo. Fra gli iscritti all'Albo si rileva un forte senso di appartenenza ed una chiara consapevolezza di ricoprire questo ruolo sociale: la professione è intesa prima di tutto come strumento per la realizzazione personale, attività da cui trarre soddisfazione ed autonomia professionale (39,6%) e nella quale assumono valenza decisiva la preparazione (32,9%) ed i contenuti (30,6%). Senza contare che i livelli di soddisfazione complessiva nei confronti dell'attività svolta coinvolgono più del 77,0% della categoria. Da questo quadro emergono utili indicazioni di prospettiva. La notevole articolazione professionale e funzionale, si è visto, rappresenta una ricchezza, sotto molteplici punti di vista. Non essendo schiacciato in una sola dimensione professionale, il dottore agronomo ha la possibilità oggettiva di scegliere tra dive rse opzioni e di applicare le proprie competenze in numerosi settori. Ciò consente tra l'altro di interagire con una molteplicità di interlocutori e quindi di assumere una certa visibilità a livello sociale. Appare quindi necessario valorizzare tutte le esperienze sinora maturate, sia nella libera professione che nel lavoro dipendente, ed elaborare strategie che consentano un progresso complessivo della categoria in tutte le sue componenti. In questa ottica assume particolare rilievo il rapporto con le altre figure professionali. E' necessario innanzi tutto sviluppare un metodo multidisciplinare nell'esercizio dell'attività, strumento atto a ricercare la collaborazione e l'integrazione specie con le professioni tecniche, in coincidenza con la gestione di problematiche complesse, quali ad esempio la tutela ambientale, considerando anche quel 38,3% di iscritti che sarebbe favorevole alla realizzazione di un nuovo Ordine fra tutte le professioni tecniche. Questa convergenza deve essere incentivata in tutte le forme possibili, sia a livello organizzativo che rispetto a singoli progetti, al fine di migliorare la qualità delle prestazioni, di attivare processi di osmosi culturale tra le diverse professioni intellettuali, e di rendere sempre più evidente il contributo della categoria alla crescita del Paese. La pluriappartenenza lavorativa del dottore agronomo e la multidisciplinarietà possono essere valorizzate come risorsa facendo leva sulla propensione degli iscritti a formarsi o ad aggiornare le proprie competenze. Agli iscritti all'Albo non manca la formazione di base, se è vero che oltre il 70,0% di essi ritiene sufficiente quello che ha imparato all'Università ai fini dello svolgimento della sua attività e moltissimi continuano ad aggiornarsi leggendo - ossia studiando - (32,2%), partecipando a corsi specifici perché è dipendente pubblico (24,2%), senza contare la formazione "on the job". In futuro, crescerà la quota di chi intende formarsi per via tecnologica (Internet, 12,8%) e di chi chiede agli Ordini di sviluppare la loro funzione di erogazione di aggiornamento (24,0%), fatto che definisce un piano di incontro fra i Consigli e gli iscritti su cui questi ultimi hanno grandi aspettative. Questo non significa che gli Ordini debbano sviluppare solo attività di sportello: l'erogazione di servizi può caratterizzare meglio il rapporto con la base, ma non esaurisce la domanda espressa da questa nei confronti della funzione di rappresentanza. Almeno 4 dottori agronomi su dieci ritengono che essere iscritti all'Ordine attribuisce loro una precisa identità di corpo professionale in cui si riconoscono ed in cui credono. Questo non toglie che la funzione di rappresentanza, ed i Consigli che la esercitano devono riflettere sul 27,3% di risposte relative alla posizione di chi rimane iscritto all'Ordine "senza motivo sostanziale" (oltre all'obbligo di legge). Come dire che tanto il potenziale di sviluppo della categoria, quanto gli elementi che potrebbero rallentarlo sono più presenti al suo interno che altrove e che i prossimi anni saranno importantissimi per rafforzare la coesione interna, nel rispetto della multiformità professionale, ma anche con l'obiettivo di imporla come un'unica énclave di saperi necessari e vitali per il territorio e la sua crescita. 3. Le componenti strutturali della categoria 3.1. Gli iscritti all'Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali Negli ultimi venti anni il numero degli iscritti all'Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali ha avuto una crescita costante. Secondo i dati forniti dallo stesso Ordine, nel 1979 si contano in complesso 7165 iscritti (tab. 1). Tra il 1982 ed il 1997 il dato sale a 14.652 iscritti, con incrementi percentuali annui sostanzialmente uniformi, compresi tra il 3,0% ed il 7,0%. All'interno di questo periodo considerazioni a parte riguardano il 1991, anno in cui si contano 12.003 iscritti, un migliaio in più rispetto a l'anno precedente (+9,1%), e per il 1993, dove invece l'incremento rispetto l'anno precedente è di sole 104 unità (+0,8%). Nel 1998, inoltre, si registra l'incremento annuo più significativo dell'intero ventennio: gli iscritti all'Albo passano dalle 14.652 unità del 1997 alle 16.360 del 1998 (+11,7%). I dati relativi ai primi cinque mesi del 1999, durante i quali il numero degli iscritti ha toccato la quota delle 16.784 unità confermano, infine, la costante crescita che interessa la categoria. I dati strutturali aggiornati al 1° giugno 1999 mostrano che l'86,1% degli iscritti è composto da uomini ed il 13,9% da donne (tab. 2). In proporzione, si conta una maggiore concentrazione di iscritte nel Nord Ovest (16,9%) e nel Centro (17,2%). Altro dato rilevante riguarda il maggior peso delle donne nella nuova generazione di iscritti all'Ordine. Esse rappresentano infatti il 23,9% degli iscritti con meno di 34 anni (tab. 3), il 20,3% di quelli con età compresa tra i 35 ed i 39 anni, il 14,4% di quelli con età compresa tra i 40 ed i 45 anni, mentre per le successive classi di età il rapporto si sposta nettamente in favore della componente maschile. Da un punto di vista anagrafico la categoria è decisamente "giovane": oltre i due terzi degli iscritti ha infatti un'età inferiore ai 46 anni. In particolare, gli iscritti con età inferiore ai 34 anni sono il 19,3%, quelli con età compresa tra i 35 ed i 39 anni il 22,8%, tra i 40 ed i 45 anni il 25,2% (tab. 4). Il 46,9% dei dottori agronomi e dei dottori forestali iscritti all'Albo risiede nel Mezzogiorno, (tab. 5) il 19,0% al Centro, il 14,9% nel Nord Ovest ed il 19,2% nel Nord Est. Infine, l'82,2% degli iscritti esercita la libera professione o è dipendente privato (tab. 6), mentre il 17,8% è dipendente pubblico. La libera professione e la posizione di dipendente privato sono diffuse in misura maggiore tra le giovani generazioni di iscritti. In particolare, sono liberi professionisti e dipendenti privati il 94,4% degli iscritti con età inferiore ai 34 anni e l'85,4% di quelli con età compresa tra i 35 ed i 39 anni. Percentuali di dipendenti pubblici superiori al dato medio si osservano nelle generazioni di mezzo, mentre tra gli iscritti con 65 anni ed oltre emerge ancora la prevalenza della figura del libero professionista e del dipendente privato. Non si rilevano invece differenze sostanziali nella condizione professionale, considerando le diverse macro aree delPaese, fatta eccezione per una percentuale più consistente di dipendenti pubblici nel Nord Est (tab. 7). 3.2. I laureati delle facoltà di agraria L'andamento dei laureati in Agraria negli ultimi venti anni può essere letto attraverso la scomposizione di questo lungo periodo in specifiche fasi. Tra il 1979 ed il 1983 il numero dei laureati dei quattro corsi di Agraria è cresciuto in modo sensibile, passando da 1.073 a 1.953 (tab. 8), e registrando notevoli tassi di crescita, compresi tra il 14,6% ed il 17,5%. Nei due anni successivi si osserva una sostanziale stabilità nella crescita dei laureati, con una lieve diminuzione nel 1984 (-5,0%), e un incremento nel 1985 (+3,8%). A partire dal 1986, anno in cui si contano 1.872 unità di laureati alle facoltà di Agraria, il volume di questi ultimi inizia costantemente a ridursi. Questo trend, caratterizzato da tassi di decremento comunque contenuti, si protrae fino al 1991 (1.584 laureati in valore assoluto). Se nel 1992 si registra un nuovo aumento del numero dei laureati, che riporta il dato ai livelli della metà degli anni 90, nel 1993 si contano ancora 1.570 laureati (-7,8% rispetto l'anno precedente), mentre nel 1994, con 1.438 unità, si osserva il raggiungimento del livello minimo dei laureati per il periodo considerato. Infine, tra il 1995 ed il 1997 il dato si stabilizza sostanzialmente, con un lieve incremento per il 1996 (1.591 laureati, pari ad un 5,9% rispetto l'anno precedente) e una riduzione per il 1997 (1.515 laureati, pari a – 4,8%). Negli ultimi venti anni si osserva un costante aumento del numero di nuovi iscritti all'Ordine dei Dottori Agronomie dei Dottori Forestali. Secondo i dati forniti dallo stesso Ordine, nel 1979 le nuove iscrizioni sono state 253, fino ad arrivare nel 1997 a 1.297 nuovi iscritti. Con un certo grado di approssimazione, questo fenomeno può essere espresso in sintesi attraverso il "tasso di accoglienza" nell'Ordine, costituito dal rapporto percentuale tra nuovi iscritti e laureati nell'anno precedente. Tale rapporto tra il 1979 ed il 1997 subisce anch'esso un notevole incremento: se nei primi anni 80 il tasso di accoglienza è di poco superiore al 20,0%, nel corso del decennio sale fino al 40,0%, per poi salire ancora oltre il 55,0% nel 1994, ed arrivare all'81,5% del 1997. Questo andamento testimonia da un lato il profondo e crescente interesse della categoria per il proprio Ordine, percepito, come si analizzerà meglio più avanti, come punto di riferimento per l'esercizio dell'attività professionale; dall'altro l'elevata permeabilità dell'Ordine medesimo, in grado di garantire l'accesso alla professione e di qualificare il singolo iscritto. 3.3. Gli iscritti alle Facoltà di Agraria 3.3.1. Scienze Agrarie e di Scienze e Tecnologie Agrarie Tra il 1976 ed il 1997 il numero degli iscritti alla Facoltà di Scienze Agrarie e, dal 1996, di Scienze e Tecnologie Agrarie non ha seguito un trend regolare. Tra gli Anni Accademici 1976-77 e 1980-81 il totale degli iscritti alla Facoltà di Scienze Agrarie cresce sensibilmente, passando dalle 17.708 alle 23.919 unità (tab. 9). Un dato molto significativo è quello relativo alle studentesse, che dall'A.A. 1976-77 all'A.A. 1979-80 raddoppiano in numero, passando da 2.350 a 4.769 iscritte. Nei quindici anni successivi le iscrizioni a Scienze Agrarie subiscono un forte decremento, passando da 22.778 nell'A.A. 1981-82 a 12.129 nell'A.A. 1994-95. In questi anni, il calo più significativo si registra tra l'A.A. 1984-85 e l'A.A. 1986-87, passando gli studenti da 20.288 a 16.232 unità. In questo periodo, pur con dinamiche meno accentuate rispetto a quelle osservate per il complesso degli studenti, si riduce anche il numero delle studentesse di Scienze Agrarie, che passano da 4.573 dell'A.A. 1981-82 a 3.001 del 1994-95. Anche per le studentesse la riduzione più significativa di iscrizioni si realizza tra l'A.A. 1984-85 e l'A.A. 1986-87 (da 4.301 a 3.420 unità), come marcata appare la contrazione dell'A.A. 1989-90 (370 iscrizione in meno rispetto all'anno precedente, pari ad un -10,7%). A partire dall'A.A. 1993-94 si registra un incremento, si pur lieve, delle iscritte. Una inversione di tendenza si osserva dall'A.A. 1995-96, anno in cui viene attivato il corso di Scienze e Tecnologie Agrarie. Considerando la somma degli iscritti a Scienze Agrarie, facoltà ad esaurimento, pari a 9.226 unità, ed al nuovo corso di Scienze e Tecnologie Agrarie, pari a 3.133, il numero complessivo di studenti tocca le 12.359 unità, con un incremento percentuale dell'1,9% rispetto l'anno precedente. Gli effetti dell'istituzione del nuovo corso di Scienze e Tecnologie Agrarie in termini di iscrizioni si fanno sentire in misura maggiore nell'A.A. 1996-97. Gli iscritti a Scienze Agrarie sono 6.377, mentre gli iscritti a Scienze e Tecnologie Agrarie salgono a 7.115, per un numero complessivo quindi di 13.492 iscrizioni (+9,2% rispetto l'anno precedente). Risultati ancor più incoraggianti si osservano per le donne. Nell'A.A. 1995-96 si contano 2.413 iscritte a Scienze Agrarie ed 803 iscritte a Scienze e Tecnologie Agrarie, pari in complesso a 3.216 unità (+7,2% rispetto l'anno precedente). Nell'A.A. 1996-97 le iscritte a Scienze Agrarie ed a Scienze e Tecnologie Agrarie sono rispettivamente 1.548 e 2.141 unità, pari complessivamente a 3.689 studentesse (+14,7%). 3.3.2. Scienze Forestali ed a Scienze Forestali ed Ambientali Il numero di studenti iscritti alla Facoltà di Scienze Forestali cresce in maniera sensibile tra l'A.A. 1976-77 e l'A.A. 1985-86, passando da 934 a 2.649 unità (tab. 10). In particolare, l'incremento più significativo di questo periodo si colloca nell'A.A. 1978-79, anno in cui si contano un numero di iscritti pari a 1.314 ed un incremento di 336 unità rispetto l'anno precedente (+34,4%). La crescita del numero di studentesse in questo periodo è ancor più sostenuta: le iscrizioni passano dalle 76 dell'A.A. 1976-77 alle 584 dell'A.A. 1985-86. Tra l'A.A. 1986-87 e l'A.A. 1989-90 la crescita delle iscrizioni a Scienze Forestali diviene più contenuta. Considerando l'insieme degli iscritti, si osserva una lieve riduzione a 2.628 unità nell'A.A. 1986-87 (-0,8% rispetto l'anno precedente) e lievi incrementi nei tre anni successivi, che portano gli iscritti a 2.757 nell'A.A. 1989-90. Sia pure con un andamento più altalenante, nel periodo suddetto risultati migliori si osservano tra le studentesse, il cui numero passa da 578 a 690 unità. La crescita delle iscrizioni a Scienze Forestali riprende a ritmo sostenuto nei successivi cinque anni, passando da 3.032 unità nell'A.A. 1990-91 a 4.289 unità dell'A.A. 1994-95 (+15,1%). Tassi di crescita superiori si osservano ancora tra le iscritte, che passano da 784 nell'A.A. 1990-91 a 1.280 dell'A.A. 1994-95 (+19,7% rispetto l'anno precedente). L'istituzione nell'A.A. 1995-96 del nuovo corso di Scienze Forestali ed Ambientali induce tra i neo diplomati un rinnovato interesse nei riguardi di agraria. Nell'A.A. 1995-96 gli iscritti a Scienze Agrarie, ad esaurimento, toccano le 3.603 unità, mentre gli immatricolati di Scienze Forestali ed Ambientali sono 983. Considerando la somma dei due dati, gli iscritti salgono a 4.586, pari ad un incremento rispetto l'anno precedente del 6,9%. Migliori risultati si ottengono ancora l'anno successivo: gli iscritti ai due corsi sono complessivamente 5.144 (+12,2), di cui 3.293 di Scienze Forestali ed Ambientali e 1.851 a Scienza Forestali. Aumenti di iscrizioni significativi si osservano tra le donne, che toccano complessivamente le 1.498 unità nell'A.A. 1995-96 (1.160 iscritte a Scienze Forestali, 338 a Scienze Forestali ed Ambientali) e le 1.687 unità nell'A.A. 1996-97 (569 iscritte a Scienze Forestali, 1.118 a Scienze Forestali ed Ambientali). 3.3.3. Scienze della Produzione Animale Negli ultimi venti anni il numero di iscritti a Scienze della Produzione Animale è aumentato in misura significativa, passando da 665 nell'A.A. 1976-77 a 2.409 unità nell'A.A. 1996-97 (tab. 11). Dividendo il periodo in fasi distinte, tra l'A.A. 1976-77 e l'A.A. 1983-84 il numero complessivo di iscritti è cresciuto con una certa regolarità, passando da 665 a 1192 studenti. Analogo andamento si osserva per le iscrizioni delle donne, che passano da 103 a 297. Segue un lungo periodo di sostanziale stabilità del numero di iscritti. Nell'A.A. 1984-85 si contano 1.190 iscritti, dato che tocca il suo apice nell'A.A. 1986-87 con 1220 iscritti per poi calare di nuovo a 1.133 nell'A.A. 1990-91. In questa fase si rilevano risultati leggermente migliori tra le donne, che, pur seguendo anche loro un andamento altalenante, aumentano in valore assoluto, passando da 310 a 356 iscritte. Una ripresa si osserva a partire dall'A.A. 1991-92, con 1.150 iscritti, ed in misura più marcata nell'A.A. 1993-94, anno in cui il complesso degli iscritti toccano la quota di 1.650 (+27,2% rispetto l'anno precedente), mentre le iscritte arrivano a 725 unità (+44,1%). Nei tre anni successivi i tassi di crescita si attestano al di sopra del 12,0%. Nell'A.A. 1996-97 gli studenti arrivano alle 2.409 unità. Dinamica di crescita ancor più marcata si osserva infine per le donne, che nel suddetto A.A. arrivano a quota 1.160, pari quindi al 48,1% degli studenti di Scienze della Produzione Animale. 3.3.4. Scienze Tropicali e Sub Tropicali Il numero di iscritti a Scienze Tropicali e Sub Tropicali ha avuto una crescita costante dall'A.A. 1981-82 all'A.A. 1990-91, passando da 38 a 243 (tab. 12). Andamento analogo si osserva tra le iscritte, che nel periodo in analisi passano da 8 a 69. Segue quindi un biennio di stabilizzazione nel numero complessivo di iscritti, che si mantengono, salvo una lieve flessione nell'A.A. 1991-92 (226 studenti) sui livelli raggiunti sul finire degli anni '80. A partire dall'A.A. 1993-94 e nei successivi tre anni prende avvio una fase di crescita del numero di iscrizioni, che arrivano a quota 518 nell'A.A. 1996-97. Risultati importanti si rilevano infine anche tra le studentesse: le iscrizioni passano infatti dalle 99 del 1993-94 alle 153 dell'A.A. 1996-97. Tab. 1 (Figurerapfingiugno.xls) Fig. 1 Tab. 2 - Iscritti all'Ordine dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali in base all'area geografica, per sesso (val. %) Nord-Ovest Nord-Est Centro Sud e Isole Totale Maschio 83,1 86,9 82,8 88,1 86,1 Femmina 16,9 13,1 17,2 11,9 13,9 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: elaborazione Censis su dati dell'Ordine Nazionale dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali Tab. 3 - Iscritti all'Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali in base alle classi di età, per sesso (val. %) Fino a 34 anni 35-39 40-45 46-49 50-54 55-59 60-64 65 e oltre Totale Maschio 76,1 79,7 85,6 94,5 98,0 98,7 98,9 97,8 86,3 Femmina 23,9 20,3 14,4 5,5 2,0 1,3 1,1 2,2 13,7 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte. elaborazione Censis su dati dell'Ordine Nazionale dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali Tab. 4 - Iscritti all'Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali in base alle classi di età (val. %) val. % Fino a 34 anni 19,3 35-39 22,8 40-45 25,2 46-49 7,2 50-54 7,0 55-59 4,6 60-64 4,0 65 e oltre 10,0 Totale 100,0 Fonte. elaborazione Censis su dati dell'Ordine Nazionale dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali Tab. 5 - Iscritti all'Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali in base alla Provincia di iscrizione (val. %) val. % Nord-Ovest 14,9 Nord-Est 19,2 Centro 19,0 Sud e Isole 46,9 Totale 100,0 Fonte. elaborazione Censis su dati dell'Ordine Nazionale dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali Tab. 6 - Iscritti all'Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali in base alle classi di età per condizione professionale (val. %) Fino a 34 anni 35-39 40-45 46-49 50-54 55-59 60-64 65 e oltre Totale Dipendente pubblico 5,4 14,6 20,6 31,2 28,5 33,1 29,8 13,4 17,8 Libero professionista o dipendente privato 94,6 85,4 79,4 68,8 71,5 66,9 70,2 86,6 82,2 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte. elaborazione Censis su dati dell'Ordine Nazionale dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali Tab. 7 - Iscritti all'Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali in base all'area geografica per condizione professionale (val. %) Nord-Ovest Nord-Est Centro Sud e Isole Totale Dipendente pubblico 17,9 20,9 15,2 16,9 17,5 Libero professionista o dipendente privato 82,1 79,1 84,8 83,1 82,5 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte. elaborazione Censis su dati dell'Ordine Nazionale dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali Tab. 8 - Laureati nella Facoltà di Agraria e nuovi iscritti all'Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali (v.a. e var. %) N. Laureati Facoltà di Agraria v.a. var. % N. di iscritti all'Ordine Professionale (v.a.) Tasso di accoglienza nell'Ordine (1) (var. %) 1979 1.073 253 1980 1.261 17,4 241 22,5 1981 1.462 15,9 254 20,1 1982 1.704 16,6 328 22,4 1983 1.953 14,6 382 22,4 1984 1.856 - 5,0 419 21,5 1985 1.926 3,8 506 27,3 1986 1.872 - 2,8 556 28,9 1987 1.743 - 6,9 610 32,6 1988 1.750 0,4 637 36,5 1989 1.735 - 0,9 597 34,1 1990 1.625 - 6,3 659 38,0 1991 1.584 - 2,5 664 40,9 1992 1.703 7,5 657 41,5 1993 1.570 - 7,8 574 33,7 1994 1.438 - 8,4 873 55,6 1995 1.502 4,5 830 57,7 1996 1.591 5,9 867 57,7 1997 1.515 - 4,8 1.297 81,5 (1) Rapporto % tra numero di neo-iscritti all'Ordine e numero di laureati dell'anno precedente Fonte: elaborazione Censis su dati del Consiglio Nazionale dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali e Istat Tab. 9 Tab. 10 Tab. 11 Tab. 12 Fig. 2 Fig. 3 Fig. 4 Fig. 5 4. L'analisi dell'offerta formativa 4.1. Gli ordinamenti didattici dei corsi di laurea 4.1.1. Elementi comuni negli ordinamenti didattici nazionali L'iscrizione all'Ordine dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali è consentita a chi ha conseguito la laurea al termine di uno dei sette seguenti corsi di laurea. Soltanto quattro di essi sono attualmente offerti negli atenei. Tre sono invece "ad esaurimento", sostituiti dai nuovi corsi di laurea di denominazione simile. Scienze e tecnologie agrarie Scienze agrarie (ad esaurimento) Scienze forestali e ambientali Scienze forestali (ad esaurimento) Scienze e tecnologie delle produzioni animali Scienze agrarie tropicali e subtropicali Agricoltura tropicale e subtropicale (ad esaurimento) Gli ordinamenti didattici dei quattro corsi di laurea che interessano il Conaf sono stati statuiti (insieme con gli altri corsi di laurea) dal Regio Decreto n. 1.652 del 1938. Tale Decreto non è stato mai soppresso ed è tuttora vigente. Ogni nuovo ordinamento didattico viene varato sotto forma di modifica del suddetto Decreto, ed in particolare della tabella n. XV allegata. Nel settore degli studi agrari, un "momento di svolta" è stato costituito dal DPR 19 aprile 1982, n. 299 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 31 maggio 1982) che ha fissato il nuovo ordinamento del corso che allora si chiamava (e per alcuni anni ha continuato a chiamarsi) "scienze agrarie". Tale DPR ne ha fissato la durata quinquennale ed ha statuito che era articolato in tre indirizzi: produzione vegetale; tecnico-economico; zootecnico. Inoltre il DPR ha concesso agli atenei quattro anni di tempo per adeguare i loro ordinamenti alle nuove norme. Analoga ristrutturazione vi fu, tre anni dopo, per gli studi forestali, con il DPR 11 ottobre 1984, n. 936, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 19 gennaio 1985. La durata del corso di studi fu fissata in cinque anni. Il corso fu articolato in due indirizzi: tecnico colturale; gestione dell'ambiente e conservazione del suolo. Alle università furono concessi quattro anni di tempo per adeguare il loro ordinamento didattico alle nuove norme. Una riflessione a parte deve essere svolta per la laurea in Scienze e tecnologie agroalimentari (già Scienze delle preparazioni alimentari). I Decreti Ministeriali nn. 158 e 159 del 21 marzo 1997 stabiliscono che, in attesa dell'istituzione dell'Albo dei tecnologi alimentari, ai laureati in questa disciplina fosse consentito di iscriversi all'Albo dei Dottori Agronomi e Forestali. Sulla base di stime parziali del Conaf, attualmente risultano iscritti all'Ordine un numero pari a circa 400 laureati in Scienze e tecnologie agro-alimentari. In considerazione quindi del numero esiguo e soprattutto della possibilità accordata a questi laureati di iscriversi ad un altro Ordine, si è scelto concordamente con il Comitato tecnico e scientifico - di non prendere in esame tale ordinamento nella presente indagine sull'offerta formativa. Nondimeno, nell'ambito dell'indagine sugli scenari di sviluppo della professione - che verranno trattati nel Rapporto finale - saranno svolte alcune analisi del settore agro-alimentare, che rappresenta uno dei profili di maggiore interesse per la categoria. Gli ordinamenti didattici nazionali dei quattro corsi di laurea attualmente offerti dagli atenei presentano una serie di elementi comuni ed altri connotati specifici per ciascun corso. Gli elementi comuni sono i seguenti: hanno la durata di cinque anni; il numero di esami previsto varia da un minimo di 25 ad un massimo di 28; i corsi di laurea afferiscono tutti a facoltà di agraria. Scienze e tecnologie delle produzioni animali afferisce ad agraria in cinque sedi universitarie; ed alla facoltà di medicina veterinaria in altre quattro: Camerino (con sede effettiva a Matelica); Milano; "Federico II" - Napoli; Pisa; l'impegno didattico complessivo è di 3.300 ore. Almeno 400 di esse devono essere riservate alla tesi di laurea e tirocinio pratico - applicativo; ogni corso di insegnamento ha la durata media di circa 100 ore; la formazione comprende una parte teorico- formale ed una teorico- pratica, in cui sono da includere esercitazioni, attività di laboratorio, seminari, dimostrazioni, attività guidate, visite tecniche, prove parziali di accertamento, correzione e discussione di elaborati e progetti; le attività pratiche e la preparazione della tesi di laurea possono essere svolte presso strutture esterne, italiane o straniere, pubbliche o private, con le quali sia stata stipulata un'apposita convenzione o programmi di scambio; prima dell'iscrizione al IV anno di corso, lo studente deve presentare una certificazione, rilasciata dal centro linguistico di ateneo (ove esistente), da cui risulti il superamento della prova di conoscenza al livello ''intermedio 1'' di una lingua straniera, tra quelle stabilite dal facoltà. La facoltà può eventualmente riconoscere certificazioni rilasciate da altre istituzioni, anche straniere. In assenza di un'adeguata certificazione, la facoltà deve istituire una prova di accertamento. Questa disposizione è prevista negli ordinamenti didattici di Scienze e tecnologie agrarie; Scienze forestali e ambientali; Scienze e tecnologie delle produzioni animali. E' invece assente dall'ordinamento didattico di Agricoltura tropicale e sub - tropicale, benchè il relativo decreto fissi come obiettivo del corso la preparazione di tecnici che opereranno in Paesi stranieri della fascia tropicale e sub - tropicale. Per questo ultimo corso, viene imposto un minimo di didattica di lingue straniere di sole 50 ore. l'esame di laurea consiste nella discussione di una tesi sperimentale, di ricerca o di progettazione; le norme nazionali fissano una serie di aree disciplinari, che sono diverse nei quattro corsi di laurea. Per ognuna di esse, vengono determinate un numero minimo di ore di didattica. Quindi ognuno dei quattro corsi, in qualunque sede universitaria sia impartito, ha una ''struttura formativa'' parzialmente comune. La specificazione concreta spetta poi alle singole facoltà, che decidono nell'ambito del ''quadro'' statuito a livello nazionale. Le aree comprendono in genere più discipline, solo raramente una sola. Le norme nazionali determinano pertanto (per ognuno dei quattro corsi di laurea) una ''area comune'', che sussiste indipendentemente dalla sede in cui il corso viene offerto; le ore restanti sono destinate da ogni facoltà alla integrazione della formazione di base o professionale, oppure alla definizione di indirizzi di studio correlati a specifici profili professionali. Un certo margine di scelta deve inoltre essere lasciato agli studenti. Il quadro formativo nazionale è pertanto flessibile, riconosce già ora ampio spazio alle determinazioni delle singole facoltà; i decreti, che hanno fissato il nuovo ordinamento didattico dei quattro corsi che immettono all'Ordine dei dottori agronomi e forestali, sono stati emanati dopo aver consultato l'Ordine. Questo ''atto dovuto'' è riconosciuto nelle premesse dei decreti del Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica - Murst. 4.1.2. Ordinamento didattico di scienze e tecnologie agrarie L'ordinamento didattico è stato fissato da due decreti del Ministro dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica, emanati nelle seguenti date: 10 dicembre 1993, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 21 giugno 1994; 29 settembre 1994, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 8 agosto 1995. L'ordinamento didattico nazionale statuisce il seguente numero minimo di ore di didattica: matematica, statistica e informatica 150 fisica 100 chimica generale ed inorganica, chimica organica, chimica analitica 150 biologia vegetale 100 biologia animale 100 biochimica agraria e fisiologia delle piante coltivate 100 genetica agraria 50 scienza del suolo 50 agronomia e coltivazioni 200 difesa delle colture 100 zootecnia 100 ecologia applicata al sistema agrario 100 microbiologia agraria e tecnologie alimentari 150 genio rurale 150 economia ed estimo 200. Le norme nazionali determinano così 1.800 ore di formazione. Ad esse devono essere aggiunte almeno 400 ore per la tesi di laurea ed il tirocinio pratico applicativo. Nel primo dei due decreti del Murst, queste 400 ore dovevano essere ''riservate alla preparazione della tesi di laurea''. Il secondo decreto del Murst è stato emanato con la sola di finalità di aggiungere a questa determinazione la seguente dizione "ed al tirocinio pratico – applicativo". E' stata, dunque, riconosciuta una "lacuna", una "dimenticanza", colmata con un apposito decreto. Si è voluto dare in questo modo una indicazione di grande rilievo. Da notare che il primo decreto ministeriale statuisce che tutti i corsi di insegnamento devono essere costituiti di lezioni teoriche e di esercitazioni pratiche. Questa prescrizione si ritrova anche nell'ordinamento didattico nazionale del corso di laurea in Scienze forestali ed ambientali. Le restanti 1.100 ore, che residuano per arrivare al totale di 3.300, sono destinate da ogni facoltà alla integrazione della formazione di base o professionale; oppure alla definizione di indirizzi di studio correlati a specifici profili professionali. Il corso di laurea può essere articolato in indirizzi, ognuno dei quali preveda almeno quattro annualità. Il nuovo ordinamento del corso di laurea, cioè la ''tabella'' XXXI riformata, sostituisce la precedente tabella col medesimo numero, relativa al corso di laurea in Scienze agrarie. Sono, dunque, mutate sia la denominazione, sia i contenuti del corso. Dato che la nuova tabella è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale nel giugno 1994 ed è stato dato un anno di tempo agli atenei per adeguare il loro ordinamento, la nuova impostazione degli studi ha preso avvio dall'anno accademico 1995 - 1996. Il precedente corso di laurea in Scienze agrarie continua ''ad esaurimento''. Cioè i suoi studenti possono terminare i loro studi seguendo il vecchio ordinamento, ovvero optare per il nuovo. 4.1.3. Ordinamento didattico di scienze forestali e ambientali L'ordinamento didattico nazionale è stato fissato dal Ministro dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica con proprio decreto del 10 dicembre 1993, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 21 giugno 1994. Le aree disciplinari ed il relativo numero minimo di ore di formazione sono le seguenti: matematica, statistica ed informatica 150 fisica 100 chimica generale ed inorganica, chimica organica, chimica analitica 150 biologia 250 genetica agraria e miglioramento genetico 50 biochimica agraria 50 microbiologia ambientale 50 scienza della terra e del suolo 100 sistemazioni idrauliche e conservazione del suolo 100 ingegneria applicata ai sistemi forestali 100 misure forestali e rappresentazioni del territorio 100 ecologia e fisiologia dei sistemi forestali 100 botanica forestale 50 selvicoltura e pianificazione forestale e ambientale 250 tecnologia del legno e delle utilizzazioni forestali 100 difesa dei sistemi forestali 150 gestione ed utilizzazione delle risorse agroforestali in ambiente montano 100 economia e politica forestale e ambientale 200 estimo e valutazioni forestali e ambientali 50 diritto e legislazione forestale e ambientale 100 L'ordiname nto didattico nazionale fissa dunque un totale di 2.300 ore, su di un totale di 3.300 (di cui almeno 400 per attività pratiche). Le residue 600 ore sono lasciate alla determinazione delle singole facoltà. Tutti i corsi di insegnamento devono essere costituiti di lezioni teoriche e di esercitazioni pratiche (questa medesima norma è valida anche per il corso di laurea in Scienze e tecnologie agrarie). Il nuovo ordinamento didattico nazionale è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale nel giugno 1994 ed ha concesso agli atenei dodici mesi di tempo per darne attuazione, adeguando il proprio ''manifesto degli studi'' (è questo il termine tecnico usato nel mondo universitario per indicare con precisione e dettaglio i corsi di insegnamento offerti in un anno accademico). Pertanto il nuovo ordinamento è attivo nelle università dall'anno accademico 1995 - 1996. La nuova tabella XXXII ha sostituito la precedente, mutando sia la denominazione del corso (da Scienze forestali a Scienze forestali ed ambientali), sia i suoi contenuti. Negli atenei proseguono ''ad esaurimento'' i vecchi corsi di Scienze forestali, seguiti dagli studenti che vi erano già iscritti e che hanno deciso di non compiere il passaggio al nuovo corso di laurea. 4.1.4. Ordinamento didattico di scienze e tecnologie delle produzioni animali L'ordinamento è stato riformato con un decreto emanato dal Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica - Murst l'8 agosto 1996. Esso statuisce il seguente numero minimo di ore di didattica, per ogni area disciplinare: matematica, statistica, informatica 150 fisica 50 chimica 150 biologia 150 biochimica generale e applicata 100 genetica 100 anatomia e fisiologia degli animali domestici 200 microbiologia generale e applicata 100 agronomia, coltivazioni, produzione e conservazione dei foraggi 150 ingegneria applicata alle produzioni animali 150 nutrizione ed alimentazione animale 100 miglioramento genetico animale 100 tecnologie dell'allevamento e delle produzioni animali 300 economia ed estimo 350 igiene delle produzioni animali 250 industrie e tecnologie alimentari dei prodotti di origine animale 100 In totale, perciò, 2.500 ore, a cui sono da aggiungere almeno 400 ore per la preparazione della tesi ed il tirocinio applicativo. Residuano soltanto 400 ore, lasciate alle autonome deliberazioni delle facoltà. Il nuovo ordinamento è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale nell'ottobre 1996 ed ha concesso 12 medi agli atenei per adeguare i loro ordinamenti alla riformata tabella nazionale n. XXXI- ter. Quindi il nuovo corso di laurea ha preso avvio nelle università con l'anno accademico 1997 - 1998. 4.1.5. Ordinamento didattico di Scienze Agrarie Tropicali e Sub-tropicali La nuova tabella nazionale n. XXXII - bis, relativa al corso di laurea, è stata emanata del Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica l'8 agosto 1996. Nella tabella si precisa che il corso di laurea mira a preparare: esperti nella produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti agro alimentari e forestali nelle aree tropicali e sub - tropicali esperti nella assistenza allo sviluppo agricolo Nonostante tali finalità, l'ordinamento didattico nazionale prevede un numero molto ridotto di ore da dedicare allo studio di ''lingue straniere'': 50. Per ogni area disciplinare, il numero minimo di ore è il seguente: matematica, statistica ed informatica 150 fisica 50 chimica generale ed inorganica, chimica organica, chimica analitica 150 biologia vegetale 100 biologia animale 100 genetica agraria 50 economia politica 100 lingue straniere 50 diritto e legislazione 50 agronomia 100 produzioni vegetali 150 difesa delle colture e dei prodotti 150 produzioni animali 100 microbiologia agraria e tecnologie alimentari 150 genio rurale 150 chimica e biochimica agraria 100 scienza del suolo 100 economia agroforestale, estimo e sociologia dello sviluppo 200 sistemi di analisi ambientale 100 scienze forestali e tecnologia del legno 100 In totale, dunque, 2.200 ore minime fissate dall'ordinamento didattico nazionale. Ad esse sono da aggiungere le 400 per la preparazione della tesi ed il tirocinio pratico - applicativo. Le restanti 700 ore (sul totale di 3.300) restano assegnate alle deliberazioni autonome delle facoltà. Il decreto del Murst è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale nel novembre 1996 ed è stato concesso un tempo di 12 mesi agli atenei, per adeguarsi al nuovo ordinamento. 4.1.6. Il punto di equilibrio tra struttura nazionale e determinazioni autonome L'ordinamento didattico dei quattro corsi di laurea diverge notevolmente sotto il profilo della ''componente'' minima della formazione, che è stata decisa a livello nazionale; e del margine di autodeterminazione, lasciato ad ogni facoltà. Come abbiamo visto, i decreti del Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica - Murst: impongono un numero "minimo" di didattica per ogni area disciplinare; impongono almeno 400 ore per il tirocinio pratico - applicativo e per la redazione della tesi di laurea; lasciano le restanti ore alla autonoma determinazione di ogni singola facoltà, la quale può dedicarle alla integrazione della formazione di base o professionale oppure alla definizione di indirizzi di studio correlati a specifici profili professionali. Un certo margine di scelta, inoltre, deve essere riconosciuto al singolo studente. Dato che sono fissi per tutti e quattro i corsi di laurea sia il totale delle ore di formazione (3.300), sia lo spazio per il tirocinio pratico applicativo (400 ore), la differenza di rilievo risulta quella tra la formazione imposta a livello nazionale e quella determinata a livello locale autonomamente da ogni singola facoltà. Nette risultano le differenze. I contenuti della formazione decisi da ogni facoltà sono relativi a sole 400 ore per Scienze e tecnologie delle produzioni animali; salgono a 600 ore per Scienze forestali e ambientali; ed a 700 ore per Scienze agrarie tropicali e sub - tropicali; passano, con notevole "salto", a 1.100 per Scienze e tecnologie agrarie. Il "punto di equilibrio" risulta, perciò, "sbilanciato". Il corso di laurea in Scienze e tecnologie agrarie viene, offerto dalle 19 università, in cui viene insegnato, con diversità contenutistiche probabilmente notevoli e certamente superiori a quelle degli altri tre corsi di laurea. Tab. 13 - Prospetto degli ordinamenti didattici nazionali Ore di formazione determinate a livello nazionale Tirocinio pratico-applicativo o ore per la tesi di laurea Ore determinate da ogni facoltà Totale Scienze e tecnologie agrarie 1.800 400 1.100 3.300 Scienze forestali e ambientali 2.300 400 600 3.300 Scienze e tecnologie delle produzioni animali 2.500 400 400 3.300 Scienze agrarie tropicali e sub-tropicali 2.200 400 700 3.300 Fonte: elaborazione Censis, sulla base degli ordinamenti didattici nazionali 4.2. L'offerta formativa dei corsi di laurea 4.2.1. L'offerta formativa dei corsi del settore agrario I quattro corsi di laurea, che consentono la successiva iscrizione all'Ordine, dei dottori agronomi e forestali sono offerti da venti università, distribuite su quasi tutto il territorio nazionale. Disuguale è l'offerta dei quattro corsi, offerta che varia da un massimo di diciannove fino ad un minimo di due atenei: Scienze e tecnologie agrarie: 19; Scienze forestali e ambientali: 9; Scienze e tecnologie delle produzioni animali: 9; Scienze agrarie tropicali e sub - tropicali: 2. A parte l'Università Cattolica del Sacro Cuore, tutti gli altri atenei sono statali. Rispetto ad altri corsi di laurea, molto bassa è, dunque, la presenza di università non statali nel settore agrario. Tra le venti università, tre offrono soltanto uno dei quattro corsi di laurea, che consentono l'iscrizione all'Ordine. Sono gli atenei di Ancona, Camerino, la Cattolica di Milano. Quindici atenei offrono due corsi. Solo due erogano ben tre corsi: Firenze e l'Università della Basilicata - Potenza. In tutte le università, i corsi sono competenza della facoltà di agraria, salvo che per Scienze e tecnologie delle produzione animali, il quale è offerto dalla facoltà di agraria in cinque atene i, e nella facoltà di medicina veterinaria in altri quattro. Alcune delle venti università attive nel settore agrario offrono corsi di laurea in due diverse sedi, nella città che dà la denominazione all'ateneo ed in un altro comune della zona: Università di Catania: Catania e Ragusa; Università di Napoli: Napoli e Portici; Università di Palermo: Palermo e Bivona; Università di Sassari: Sassari e Nuoro. Cinque atenei offrono i corsi non nella sede principale, che dà la denominazione all'università, ma solo in un'altra sede. Essi sono: Camerino: in Matelica; Università Cattolica di Milano: in Piacenza; Padova: in Legnaro; Reggio Calabria: in Gallina; Torino: in Grugliasco. Da questo quadro si deduce che complessivamente i corsi del settore agrario vengono offe rti in ventiquattro sedi diverse. Le università attive sono presenti in 16 delle 20 regioni d'Italia. Ne sono prive soltanto la Valle d'Aosta, il Trentino - Alto Adige, la Liguria e l'Abruzzo. Dopo aver esaminato la distribuzione quantitativa e geografica dell'offerta formativa, ci si deve chiedere anche quale sia il suo livello qualitativo. Su di esso si sono espressi i diretti interessati, e cioè coloro che si laurearono nel 1992 e che nel 1995 avevano un'occupazione. La tabella 14 riporta la loro valutazione sulla laurea, ai fini della possibile utilizzazione nel lavoro. I corsi considerati sono solo Scienze agrarie e Scienze forestali. Solo il 16% dei dottori in scienze agrarie valuta adeguata la propria laurea, ai fini della possibile utilizzazione sul lavoro. Il totale è poco meno del doppio, pari al 30% dei laureati. Il 55,6% dei laureati in scienze agrarie ritiene che il corso non dia un'adeguata preparazione alla pratica professionale (il totale è leggermente più basso: 51%). Il 9,5% esprime la valutazione che il corso di laurea in scienze agrarie non aggiorna al progresso dell'area disciplinare, percentuale che scende al 3,6% per il resto dei laureati. Il giudizio degli interessati, pertanto, è negativo. Per il 16,% dei dottori forestali, la laurea è adeguata (il totale è 30% - quindi poco meno del doppio). Il 17% la giudica troppo specialistica, esponendo un orientamento opposto al totale dei laureati, pari solo al 3,5%. E' giudicata "non sufficientemente specialistica" per il 7,4%. Anche costoro si staccano dal totale (11,7%). Mentre il 51% del totale dei laureati ritiene che la loro laurea non dia un'adeguata preparazione alla pratica professionale, questa quota scende - di molto poco - al 48,8% tra i dottori forestali. Il 9,8% di loro ritiene che la laurea conseguita non aggiorni al progresso dell'area disciplinare. E' una valutazione pesante, tanto più se confrontata con il totale, che è pari solo al 3,6%. Complessivamente dai dati emerge che la valutazione dei dottori forestali è anch'essa negativa, anche se un po' meno severa dei loro colleghi dottori agronomi. Tav. 1 - Sedi del corso di laurea in scienze e tecnologie agrarie Ancona Bari Bologna Campobasso (Università del Molise) Catania Firenze Gallina (Università di Reggio Calabria) Grugliasco (Università di Torino) Legnaro (Università di Padova) Milano Palermo Perugia Piacenza (Università Cattolica) Pisa Portici (Università ''Federico II - Napoli) Potenza (Università della Basilicata) Sassari Udine Viterbo (Università della Tuscia) Fonte: Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica - Cimea della Fondazione Rui, '' Guida all'Università - 1998'', Istituto Poligrafico dello Stato, giugno 1998. Tav. 2 - Sedi del corso di laurea in scienze forestali ed ambientali Bari Bivona (Università di Palermo) Firenze Gallina (Università di Reggio Calabria) Grugliasco (Università di Torino) Legnaro (Università di Padova) Nuoro (Università di Sassari) Potenza (Università della Basilicata) Viterbo (Università della Tuscia) Fonte: Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica-Cimea della Fondazione Rui, "Guida all'Università-1998", Istituto Poligrafico dello Stato, giugno 1998 Tav. 3 - Sedi del corso di laurea in Scienze e Tecnologie delle produzioni animali Sedi Facoltà Bologna (in parte decentrato a Reggio Emilia) Agraria Campobasso (Università del Molise) Agraria Matelica (Università di Camerino) Medicina veterinaria Milano Medicina veterinaria Perugia Agraria Pisa Medicina veterinaria Università ''Federico II - Napoli Medicina veterinaria Potenza (Università della Basilicata) Agraria Udine Agraria Fonti: Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica - Cimea della Fondazione Rui, '' Guida all'Università - 1998'', Istituto Poligrafico dello Stato, giugno 1998. G. Sartoratti, ''Una scelta per l'università - Lauree, diplomi, scuole'', Edizioni Alborg, Padova, aprile 1998. Tav. 4 - Sedi del corso di laurea in Scienze Agrarie Tropicali e Sub-Tropicali Firenze Ragusa (Università di Catania) Fonte: Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica-Cimea della Fondazione Rui, "Guida all'Università-1998", Istituto Poligrafico dello Stato, giugno 1998. Tav. 5 - Sedi dei corsi di laurea che immettono all'ordine Sedi Corsi Scienze e tecnologie agrarie Scienze forestali ed ambientali Scienze e tecnologie delle produzioni animali Scienze agrarie tropicali e sub-tropicali Ancona x Bari x x Bivona (Univ. Palermo) x Bologna x x Campobasso (Univ Molise) x x Catania x Firenze x x x Gallina (Univ. Reggio Calabria) x x Grugliasco (Univ. Torino) x x Legnaro (Univ. Padova) x x Matelica (Univ. Camerino) x Milano xx Napoli x Nuoro (Univ. Sassari) x Palermo x Perugia x x Piacenza (Univ. Cattolica) x Pisa x x Portici (Univ. Napoli) x Potenza (Univ. Basilicata) x x x Ragusa (Univ. Catania) x Sassari x Udine x x Viterbo (Univ. Tuscia) x x Fonte: elaborazione Censis su dati del Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica - Cimea della Fondazione Rui, "Guida all'Università 1998", Istituto Poligrafico dello Stato, giugno 1998 Tav. 6 - Università che offrono i corsi di laurea che immettono all'ordine Università Corsi offerti in Numero dei corsi offerti Sede principale Altra sede Un corso Due corsi Tre corsi Ancona sì x Bari sì x Bologna sì x Camerino no Matelica x Campobasso (Univ. Molise) sì x Catania sì Ragusa x Firenze sì x Milano sì x Milano-Univ. Cattolica no Piacenza x Napoli sì Portici x Padova no Legnaro x Palermo sì Bivona x Perugia sì x Pisa sì x Potenza (Univ. Basilicata) sì x Reggio Calabria no Gallina x Sassari sì Nuoro x Torino no Grugliasco x Udine sì x Viterbo (Univ. Tuscia) sì x Fonte: elaborazione Censis su dati del Ministero dell'Università e della Ricerca Scientifica e tecnologica - Cimea della Fondazione Rui, "Guida all'Università 1998", Istituto Poligrafico dello Stato, giugno 1998 Tav. 7 - Ripartizione Regionale delle sedi dei corsi di laurea che immettono all'ordine Sedi per Regioni Scienze e tecnologie agrarie Scienze forestali ed ambientali Scienze e tecnologie delle produzioni animali Scienze agrarie tropicali e sub-tropicali PIEMONTE Grugliasco (Univ. Torino) x x LOMBARDIA Milano x x VENETO Legnaro (Univ. Padova) x x FRIULI VENEZIA GIULIA Udine x x EMILIA ROMAGNA Bologna x x Piacenza (Univ. Cattolica) x TOSCANA Firenze x x x Pisa x x MARCHE Ancona x Matelica (Univ. Camerino) x UMBRIA Perugia x x LAZIO Viterbo (Univ. Tuscia) x x MOLISE Campobasso (Univ Molise) x x CAMPANIA Napoli x Portici (Univ. Napoli) x PUGLIA Bari x x BASILICATA Potenza (Univ. Basilicata) x x x CALABRIA Gallina (Univ. Reggio Calabria) x x SICILIA Palermo x Bivona (Univ. Palermo) x Catania x Ragusa (Univ. Catania) x SARDEGNA Nuoro (Univ. Sassari) x Sassari x Fonte: elaborazione Censis su dati del Ministero dell'Università e della Ricerca Scientifica e tecnologica - Cimea della Fondazione Rui, "Guida all'Università 1998", Istituto Poligrafico dello Stato, giugno 1998 Tab. 14 - Laureati dell'anno 1992, che nel 1995 lavorano, secondo la valutazione ai fini della possibile utilizzazione nel lavoro, per corso di laurea (val. %) Scienze agrarie Scienze forestali Totale laureati Adeguata 16,1 16,6 30,1 Troppo specialistica e/o operativa 2,4 17,4 3,5 Non sufficientemente specialistica 16,4 7,4 11,7 Non dà un'adeguata preparazione alla pratica professionale 55,6 48,8 51,0 Non aggiorna al progresso dell'area disciplinare 9,5 9,8 3,6 100,0 100,0 100,0 Fonte: elaborazione Censis su dati Istat, "L'inserimento professionale dei laureati. Indagine 1995" 4.3. Gli studenti dei corsi di laurea 4.3.1. Gli studenti dei corsi di laurea in agraria Gli iscritti ai quattro corsi di laurea, che consentono il successivo accesso all'Ordine, nell'anno accademico 1996 – 1997 sono stati complessivamente poco meno di ventunomila (tab. 15). Radicalmente differenti tra di loro sono le "quote" degli studenti dei quattro corsi di studio: Scienze e tecnologie agrarie aveva, nell'anno accademico 96-97, circa tredicimila iscritti; Scienze forestali ed ambientali cinquemila; Scienze delle produzioni animali duemilaquattrocento; e Scienze agrarie tropicali e sub-tropicali soltanto cinquecento. Quindi, sui ventunomila iscritti complessivamente ai corsi agrari, il 62 % segue il corso di laurea in Scienze e tecnologie agrarie (fig. 7). Questi dati impongono ovviamente una "naturale" scala di priorità, nella attenzione da prestare alle riforme auspicabili, per i quattro corsi di studio. In cinque anni, dal 1991-1992 al 1996-1997, gli iscritti ai corsi di laurea agrari sono passati da poco meno di diciottomila (tab. 16) a ventunomila. Vi è stata una lieve flessione di circa il 3% solo per Scienze e tecnologie agrarie, mentre un aumento rilevante si è registrato per gli altri tre corsi di laurea (tab. 17). I ventunomila studenti dei quattro corsi agrari costituiscono solo l'1,25% del totale degli universitari. Le ragazze di questi corsi di studio sono solo lo 0,73% di tutte le studentesse universitarie (tab. 18). L'arrivo della "nuova leva" all'interno di corsi di studio universitari è rappresentato dalle "matricole", cioè da coloro che si iscrivono al primo anno. Nell'anno accademico 1996 – 1997, gli immatricolati nei quattro corsi di laurea del settore agrario sono stati complessivamente il 19,3% in più rispetto all'anno precedente (tab. 19). Vi è dunque una forte crescita nell'interesse di tali corsi, per le giovani generazioni. Complessivamente, nell'anno accademico 1996 – 1997, considerando tutti gli 88 corsi di laurea offerti dagli atenei italiani, le immatricolazioni sono calate del 2,1%. A fronte di questo andamento generale, è ancor più significativo l'incremento di ben il 19,3% per i quattro corsi che immettono all'Ordine. In particolare per Scienze e tecnologie agrarie, l'incremento degli immatricolati è stato del 29,3%; per Scienze delle produzioni animali del 28,2%; per Scienze agrarie tropicali e sub-tropicali del 21,5%: Solo per Scienze forestali ed ambientali vi è stata una flessione del 5,3%. Le ragazze sono "in forte minoranza" negli studi agrari. Esse infatti rappresentano complessivamente solo il 31,0%, quindi meno di un terzo del totale degli iscritti per l'anno accademico 96-97 (tab. 21). Il dato appare ancora più significativo se si considera che le studentesse di tutti gli 88 corsi di laurea costituiscono invece il 53,3 % del totale. Le ragazze costituiscono il 27,0% in Scienze e tecnologie agrarie; un terzo in Scienze forestali ed ambientali; la metà in Scienze delle produzioni animali; il 29,6% in Scienze agrarie tropicali e subtropicali. Il trend di crescita dell'interesse per gli studi agrari è maggiore tra le ragazze. Mentre nel complesso degli iscritti (in corso e fuori corso) esse rappresentano il 31,0%, per le immatricolate il dato sale 33,0%. Nell'anno accademico 1991 – 1992, esse costituivano solo il 24% degli iscritti. In cinque anni, nell'anno accademico 1996 – 1997, esse sono salite al 31,0%. Nel periodo dal 1991-92 al 1996-97,le studentesse sono aumentate in tutti e quattro i corsi di laurea che consentono l'iscrizione all'Ordine. Se complessivamente (maschi e femmine) l'incremento degli studenti dei corsi agrari è stato del 16%, le ragazze sono aumentate del 50%. Nel settore agrario l'ateneo che ha il maggior numero di iscritti è Milano, che, con i suoi 2.048 studenti, è l'unico ad aver superato per l'anno accademico 96-97 la soglia delle duemila unità (tab. 22). Nove università hanno più di mille studenti: Palermo (nelle sue due sedi di Palermo e di Bivona) 1.810, Firenze 1.756, Padova (nella sua sede di Legnaro) 1.663, Bologna 1.518, Torino (nella sua sede di Grugliasco) 1.380, Viterbo 1.210, Catania (nelle sue sedi di Catania e di Ragusa) 1.173, Perugia 1.055, Pisa 1.032. Gli altri dieci atenei hanno un numero di iscritti inferiore alla soglia di mille unità. Considerando i diversi corsi di laurea per l'anno accademico 96-97 il corso di laurea in Scienze e tecnologie agrarie ha da solo più di mille iscritti nelle università di Milano, Bologna e Palermo. Scienze forestali ed ambientali ha più di mille studenti negli atenei di Padova (sede di Legnaro) e di Firenze. Quanti studenti non terminano gli studi in corso e si iscrivono "fuori corso"? Il dato è indicativo del livello di impegno negli studi. Il totale degli iscritti in corso negli 88 corsi di laurea è pari al 65,2% (tab. 23). Il dato risulta superiore per tutti e quattro i corsi del settore agrario: Scienze e tecnologie agrarie 71%, Scienze forestali ed ambientali 80%, Scienze delle produzioni animali 88%, Scienze agrarie tropicali e subtropicali 85%. Gli studenti dei corsi agrari, dimostrano, quindi (considerati in base a questo significativo parametro) più impegnati della media dei loro colleghi. Le studentesse sono iscritte fuori corso in misura minore dei maschi in tutti e quattro i corsi di studio. Ma occorre tener presente che la metà dei giovani italiani deve ottemperare all'obbligo del servizio di leva, che si colloca a quell'età. Considerando questo elemento ostativo, si può concludere che le differenze tra maschi e femmine, per quanto riguarda il parametro della loro iscrizione in corso o fuori corso, non appare marcato. Tab. 15 - Studenti iscritti per corsi di laurea. Anno accademico 1996-97 (v.a. e val. %) Corsi di laurea Iscritti in corso Iscritti fuori corso Iscritti in totale Totale Di cui femmine in % Totale Di cui femmine in % Totale Di cui femmine in % Scienze e tecnologie agrarie 9.146 28,60 3.779 23,40 12.925 27,00 Scienze forestali e ambientali 4.040 33,60 1.001 28,60 5.041 32,60 Scienze delle produzioni animali 2.121 50,90 297 37,40 2.418 49,30 Scienze agrarie tropicali e sub-tropicali 429 30,10 74 27,00 503 29,60 Totale iscritti 15.736 32,90 5.151 25,26 20.887 31,01 Fonte: elaborazione Censis su dati del Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica, "Il sistema universitario italiano - La popolazione studentesca. Anno accademico 1996-1997", Istituto Poligrafico dello Stato, Roma 1998 Inserire fig. 6 Inserire fig. 7 Tab. 16 - Studenti iscritti per corsi di laurea. Anno accademico 1991-1992 (v.a. e val. %) Corsi di laurea Iscritti in corso Iscritti fuori corso Iscritti in totale Totale Di cui femmine Totale Di cui femmine Totale Di cui femmine Scienze e tecnologie agrarie 8.043 23,9 5.247 20,9 13.290 22,7 Scienze forestali e ambientali 2.095 26,9 1.188 23,1 3.283 25,5 Scienze delle produzioni animali 691 38,8 459 26,1 1.150 33,7 Scienze agrarie tropicali e sub-tropicali 113 34,5 113 28,3 226 31,4 Totale iscritti settore agrario 10.942 25,5 7.007 21,7 17.949 24,0 Fonte: Elaborazione Censis su dati Istat, "Statistiche dell'istruzione universitaria, anno accademico 1991-1992" Tab. 17 - Incremento degli iscritti nell'anno accademico 1996-1997, rispetto all'anno accademico 1991-1992 (var. %) Corsi di laurea Iscritti in corso Iscritti fuori corso Iscritti in totale MF F MF F MF F Scienze e tecnologie agrarie 13,70 35,90 -28,00 -19,20 -2,70 15,90 Scienze forestali e ambientali 92,80 140,90 -15,70 4,40 53,50 96,20 Scienze delle produzioni animali 206,90 303,00 -35,30 -7,50 110,30 207,00 Scienze agrarie tropicali e sub-tropicali 279,60 230,80 -34,50 -37,50 122,60 109,90 Incremento generale 43,81 85,40 -26,49 -14,40 16,37 50,20 Fonte: elaborazione Censis su dati del Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica "Il sistema universitario italiano. La popolazione studentesca - anno accademico 1996-1997" Istituto poligrafico dello Stato, Roma 1998, e su dati Istat, "Statistiche dell'istruzione - anno accademico 1991 - 1992" Tab. 18 - Studenti iscritti per corsi di laurea. Anno accademico 1996-97 (v.a. e val. %) Corsi di laurea Iscritti in corso Iscritti fuori corso Iscritti in totale Totale Di cui femmine Totale Di cui femmine Totale Di cui femmine Scienze e tecnologie agrarie 9.146 2.612 3.779 884 12.925 3.496 Scienze forestali e ambientali 4.040 1.356 1.001 286 5.041 1.642 Scienze della produzione animale 2.121 1.080 297 111 2.418 1.191 Scienze agrarie tropicali e sub tropicali 429 129 74 20 503 149 Totale iscritti corsi di laurea agrari 15.736 5.177 5.151 1.301 20.887 6.478 Totale universitari 1.101.827 592.576 570.503 295.324 1.672.330 887.900 Incidenza sul totale 1.43% 0,87% 0,90% 0,44% 1,25% 0,73% Fonte: elaborazione Censis su dati del Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica, "Il sistema universitario italiano - La popolazione studentesca. Anno accademico 1996-1997", Istituto Poligrafico dello Stato, Roma 1998 Tab. 19 - Immatricolati per corsi di laurea. Anno accademico 1996 – 1997 (v.a., val. % e var. %) Corsi di laurea Valori assoluti Composizione percentuale Variazione % sull'anno precedente Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Scienze e tecnologie agrarie 2.420 972 3.392 71,3 28,7 100,0 25,4 40,3 29,3 Scienze forestali ed ambientali 864 398 1.262 68,5 31,5 100,0 -4,7 -6,4 -5,3 Scienze delle produzioni animali 451 472 923 48,9 51,1 100,0 33,4 23,6 28,2 Scienze agrarie tropicali e sub-tropicali 121 54 175 69,1 30,9 100,0 8,0 68,8 21,5 Totale 3.856 1.896 5.752 67,0 33,0 100,0 17,3 23,8 1 9,3 Fonte: elaborazione Censis su dati del Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica, "Il sistema universitario italiano - La popolazione studentesca. Anno accademico 1996-1997", Istituto Poligrafico dello Stato, Roma 1998 Tab. 20 - Immatricolati per corsi di laurea. Anno accademico 1991-1992 (v.a. e val. %) Corsi di laurea Valori assoluti Composizione percentuale Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Scienze e tecnologie agrarie 1.820 504 2.324 78,3 21,7 100,0 Scienze forestali ed ambientali 675 207 882 76,5 23,5 100,0 Scienze delle produzioni animali 172 131 303 56,8 43,2 100,0 Scienze agrarie tropicali e sub-tropicali 17 7 24 70,8 29,2 100,0 Totale settore agrario 2.684 849 3.533 76,0 24,0 100,0 Fonte: Elaborazione Censis su dati Istat, "Statistiche dell'istruzione universitaria -anno accademico 1991-1992" Tab. 21 - Donne iscritte ai corsi di laurea (val. %) Corsi di laurea Anno accademico 1996-1997 1991-1992 Scienze e tecnologie agrarie 27,0 22,7 Scienze forestali e ambientali 32,6 25,5 Scienze delle produzioni animali 49,3 29,4 Scienze agrarie tropicali e sub-tropicali 29,6 31,4 Totale settore agrario 31,0 24,0 Fonte: elaborazione Censis su dati Istat, "Statistiche dell'istruzione universitaria, anno accademico 1996-1997" e "Statistiche dell'istruzione universitaria, anno accademico 1991-1992" fig. 8 Tab. 22 - Studenti iscritti per corso di laurea e sede - Anno accademico 1996 – 1997 (v.a.) Sedi Corsi Totale per sede Scienze e tecnologie agrarie Scienze forestali ed ambientali Scienze e tecnologie delle produzioni animali Scienze agrarie tropicali e sub-tropicali Ancona 453 453 Bari 669 227 896 Bivona (Univ. Palermo) 607 607 Bologna 1.212 306 1.518 Campobasso (Univ Molise) 120 81 201 Catania 924 924 Firenze 468 1.034 254 1.756 Gallina (Univ. Reggio Calabria) 571 249 820 Grugliasco (Univ. Torino) 595 785 1.380 Legnaro (Univ. Padova) 618 1.045 1.663 Matelica (Univ. Camerino) 79 79 Milano 1.417 631 2.048 Napoli 390 390 Nuoro (Univ. Sassari) 158 158 Palermo 1.203 1.203 Perugia 779 276 1.055 Piacenza (Univ. Cattolica) 464 464 Pisa 674 358 1.032 Portici (Univ. Napoli) 543 543 Potenza (Univ. Basilicata) 342 422 122 886 Ragusa (Univ. Catania) 249 249 Sassari 833 833 Udine 344 175 519 Viterbo (Univ. Tuscia) 696 514 1.210 Totale iscritti 12.925 5.041 2.418 503 20.887 Fonte: elaborazione Censis su dati del Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica, "Il sistema universitario italiano-La popolazione studentesca. Anno accademico 1996-1997", Istituto Poligrafico dello Stato, Roma 1998 Tab. 23 - Iscritti in corso e fuori corso, ai quattro corsi del settore agrario. Anno accademico 1996-1997 (val. %) Corsi di laurea Iscritti in corso Iscritti fuori corso Iscritti in totale Scienze e tecnologie agrarie 70,8 29,2 100,0 Scienze forestali e ambientali 80,1 19,9 100,0 Scienze delle produzioni animali 87,7 12,3 100,0 Scienze agrarie tropicali e sub-tropicali 85,3 14,7 100,0 Totale iscritti settore agrario 75,3 24,7 100,0 Totale universitari 65,2 34,8 100,0 Fonte: elaborazione Censis su dati del Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica "Il sistema universitario italiano. La popolazione studentesca - Anno accademico 1996-1997" Istituto Poligrafico dello Stato, Roma 1998 4.4. I laureati 4.4.1. I laureati dei corsi in scienze agrarie I corsi in Scienze agrarie, recentemente ridenominati Scienze e tecnologie agrarie, hanno prodotto, nell'anno solare 1996, 1.045 laureati (tab. 24). Rispetto all'anno precedente, 42 unità in più. Ma 221 laureati in meno, rispetto al 1991. Cinque anni costituiscono un periodo di tempo ragionevole, per studiare le evoluzioni dei fenomeni accademici. La nostra analisi esaminerà anche le serie storiche precedenti. L'Istituto Nazionale di Statistica un tempo raccoglieva questi dati per anno accademico. Successivamente, lo ha fatto per anno solare, il quale ingloba i laureati della sessione di febbraio (che è l'ultima dell'anno accademico precedente) e quelli delle sessioni estiva ed autunnale, le quali rientrano nell'anno accademico in corso. Nell'anno accademico 1951-1952, i laureati in scienze agrarie furono 378 (tab. 26). Salirono nel 1976 a 734, poco meno del doppio rispetto all'inizio degli anni cinquanta. Nei ventiquattro anni intercorsi (una generazione), l'aumento, dunque, non è stato eclatante. Poi, in soli dieci anni (dal 1976 al 1986) essi raddoppiarono, passando da 734 a 1.576. E' stato questo il tetto massimo raggiunto. Dal 1986 al 1995, si registra una flessione costante ed abbastanza "regolare". Si è passati da 1.576 laureati a soli 1.003. Soltanto nell'ultimo anno (dal 1995 al 1996) vi è stato il lievissimo incremento che ha portato a 1.045 laureati. Nel complesso, la flessione dal 1991 al 1996 è stata del 17,5%. Le sedi universitarie che hanno prodotto il maggior numero di laureati sono state Bologna (152) e Milano (126). Tutte le altre risultano al di sotto della soglia di 80 unità (tab. 27). Le laureate aumentano costantemente la loro quota percentuale: erano il 23,6% nel 1991; sono passate a circa il 27,6% nel 1996 (tab. 28). Nel 1992 si è laureato in corso il 12,8% degli studenti ed il 9,3% delle studentesse di scienze e tecnologie agrarie (tab. 30). Sono quote inferiori rispetto al totale di tutti i laureati maschi e femmine (15,3%) e per le donne, rispetto al totale delle laureate (16,9%) degli altri corsi di laurea. I laureati di scienze e tecnologie agrarie che si trovano oltre tre anni fuori corso, sono il 36,1%, a fronte di un totale pari al 21,4%. Le laureate, con oltre tre anni di fuori corso, sono il 30,8%, a fronte di un totale delle dottoresse pari al 18%. Nel 1992 risulta che nessuno si è laureato entro i 23 anni (tab. 32), mentre per il totale di tutti i corsi la quota fu del 4,0% (tab. 33). Il 31,1% si laureò entro i 26 anni (totale 53,3%); il 25,3% terminò gli studi da 30 anni in su (totale 15,7%). Le donne: nessuna entro i 23 anni (totale 5,2%); il 33,8% entro i 26 anni (totale 59,2%); oltre i 30 anni il 14,4% (totale 12,4%). Si tratta di dati nettamente negativi. Nel 1995, le donne hanno lievemente superato gli uomini, nel conseguimento della laurea in corso (10,2%, contro il 9,9% - tab. 38). Nel confronto donne - uomini, occorre tener presente che questi ultimi trovano, in una buona parte, l'ostacolo del servizio militare. Il voto di laurea conseguito non rappresenta un indicatore, su cui fare pieno affidamento. Ha comunque un suo significato. La tab. 40 documenta che nel 1992 il 20,1% ha ottenuto 110 con lode, a fronte di un 24,9% sul totale dei laureati ne llo stesso anno. Le donne furono più brave degli uomini (27,4%), ma lievemente meno brave del totale delle loro colleghe (29,1%). Il corso di laurea in Scienze forestali, ridenominato Scienze forestali ed ambientali, ha avuto un andamento diverso da quello in Scienze e tecnologie agrarie. Nell'anno accademico 1951-1952, si ebbero solo 31 laureati (tab. 41). Negli anni seguenti vi fu una flessione, fino a ritornare a 31 unità di laureati nel 1971. Da allora vi è stata una crescita, regolare. Nel 1995 è stata superata la soglia di duecento unità: 215. Nel 1996 si è saliti a 234 laureati. L'aumento dal 1991 al 1996 è stato quindi del 38,5%. L'ateneo che ha laureato il numero maggiore di studenti è stato l'Università di Padova, sede di Legnaro: 72 laureati. Seguono l'Università di Torino, con sede a Grugliasco; e l'Università di Firenze. entrambe con 50 laureati. Questi tre atenei hanno prodotto complessivamente 172 laureati, su di un totale di 234 in tutta Italia (tab. 27). Anche in questo corso di studi (così come in Scienze e tecnologie agrarie), si registra un incremento delle laureate, le quali sono salite dal 26,6% del 1991 al 29,5% del 1996 (tab. 28). Nel 1992 si è laureato in corso una quota molto bassa: solo il 6,6%, a fronte di un totale generale del 15,3%. Le laureate furono in tutto 42. I laureati con oltre tre anni di fuori corso sono stati il 26,7%, mentre il totale è 21,4% (tab. 31). Nel 1992, il 4,6% terminò gli studi entro i 23 anni (totale 4,1%); entro i 26 anni il 54,2% (totale 53,3%); oltre i 30 anni l'11,9% (totale 15,7) (tab. 35). Nel 1995 la percentuale delle laureate in corso ha raggiunto il 17,5%, superando i colleghi maschi (14,4%) (tab. 38). Nel 1992 il 30,1% ebbe 110 con lode, a fronte del 24,9% per tutti i laureati (tab. 40). Scienze delle produzioni animali ha avuto i suoi primi laureati (39) nel 1976 (tab. 42). Il "tetto" massimo è stato raggiunto nel 1990, con 108 unità. Da allora, si registra una flessione costante, che ha portato a soli 80 laureati nel 1996. Tali dati fanno riferimento solo a cinque atenei, mentre altri quattro hanno istituito tale corso di laurea da un periodo di tempo insufficiente, per poter permettere a studenti di concludere interamente la loro formazione. Dal 1991 al 1996, la flessione è stata del 16%. Nel 1996 nell'Università di Bologna si sono laureati 42 studenti, pari quindi ad oltre la metà degli 80 complessivi. Seguono Milano (20), Udine (11), Pisa (6) e l'Università del Molise - Campobasso con uno solo. I quattro che ancora non hanno "sfornato" laureati sono l'Università di Camerino, con sede a Matelica; Perugia; Napoli; Università della Basilicata - Potenza (tab. 27). Le laureate sono salite dal 26,3% del 1991 al 32,5% del 1996, mentre nello stesso periodo il dato complessivo passa dal 73,7% al 67,5% (tab. 28). Scienze agrarie tropicali e sub - tropicali è un corso "giovane". Soltanto nel 1989 ha "prodotto" i primi cinque laureati (tab. 43). Questo corso è offerto in due soli atenei (Firenze; e Catania - sede di Ragusa). Nel 1991 sei giovani terminarono la loro formazione in questo corso. Essi sono saliti a 23 unità, nel 1996, tutti nell'Università di Firenze (tab. 27). Quindi, con ogni probabilità, l'ateneo di Catania - sede di Ragusa, offre tale corso da un numero di anni insufficiente per "produrre" laureati. Le laureate sono state due, su un totale di sei, nel 1991. Sono poi state il 30,4% nel 1996 (tab. 28). Complessivamente, i quattro corsi di laurea che consentono la successiva iscrizione all'Ordine, hanno visto salire il numero dei laureati fino al 1986, anno in cui fu raggiunto il punto massimo: 1.846 unità. Da allora, si registra una flessione costante (con l'unica eccezione per il passaggio dal 1995 al 1996), flessione che ha portato a 1.382 il numero dei laureati nel 1996 (tab. 44). Dal 1991 al 1996, la flessione è stata complessivamente del 10,0%. Tab. 24 - Laureati nei corsi di laurea in agraria, negli anni solari 1996, 1995, 1991 (v.a.) Corsi di laurea 1996 1995 1991 MF F MF F MF F Scienze e tecnologie agrarie 1.045 280 1.003 244 1.266 291 Scienze forestali e ambientali 234 69 215 63 169 45 Scienze delle produzioni animali 80 26 88 31 95 25 Scienze agrarie tropicali e sub- tropicali 23 7 23 7 6 2 Totale settore agrario 1.382 382 1.329 345 1.536 363 Fonte: elaborazione Censis su dati Istat, "Statistiche dell'istruzione universitaria anno accademico 1991-1992"; "Statistiche dell'istruzione universitaria -anno accademico 1995-1996"; e su dati del Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica, "Il sistema universitario italiano - La popolazione studentesca, anno accademico 1996-1997", Istituto Poligrafico dello Stato, 1998 fig. 9 fig. 10 fig. 11 Tab. 25 - Incremento dei laureati negli anni 1996 e 1995, rispetto ai laureati del 1991 (var. %) Corsi di laurea 1996 1995 MF F M F F Scienze e tecnologie agrarie -17,5 -3,8 -20,8 -16,2 Scienze forestali e ambientali 38,5 53,3 27,2 40,0 Scienze delle produzioni animali -15,8 4,0 -7,4 24,0 Scienze agrarie tropicali e sub- tropicali 283,3 250,0 283,3 250,0 Totale settore agrario -10,0 5,2 -13,5 -5,0 Fonte: elaborazione Censis su dati Istat, "Statistiche dell'istruzione universitaria anno accademico 1991-1992"; "Statistiche dell'istruzione universitaria - anno accademico 1995-1996"; e su dati del Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica, "Il sistema universitario italiano - La popolazione studentesca, anno accademico 1996-1997", Istituto Poligrafico dello Stato, 1998 Tab. 26 - Laureati del corso di laurea in scienze agrarie e in scienze e tecnologie agrarie (v.a. e var. %) Anni Numero di laureati Variazione dalla data precedente 1951-1952 378 1956-1957 397 5,0% 1961-1962 454 14,4% 1966-1967 416 -8,4% 1971 581 39,7% 1976 734 26,3% 1981 1316 79,3% 1986 1576 19,8% 1989 1440 -8,6% 1990 1323 -8,1% 1991 1266 -4,3% 1992 1226 -3,2% 1995 1003 -18,2% 1996 1045 4,2% Fonte: Istat "Statistiche dell'istruzione universitaria -anno accademico 1991-1992 e 1995-1996" e Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica "Il sistema universitario italiano-La popolazione studentesca -anno accademico 19961997" Tab. 27 - Laureati per corsi di laurea ripartiti per sede e per regione. Anno solare 1996 (v.a.) Sedi per regioni Corsi Scienze e tecnologie agrarie Scienze forestali ed ambientali Scienze e tecnologie delle produzioni animali Scienze agrarie tropicali e sub-tropicali PIEMONTE Grugliasco (Univ. Torino) 36 50 LOMBARDIA Milano 126 20 VENETO Legnaro (Univ. Padova) 79 72 FRIULI VENEZIA GIULIA Udine 27 11 EMILIA ROMAGNA Bologna 152 42 Piacenza (Univ. Cattolica) 55 TOSCANA Firenze 45 50 23 Pisa 58 6 MARCHE Ancona 28 Matelica (Univ. Camerino) UMBRIA Perugia 60 LAZIO Viterbo (Univ. Tuscia) 49 23 MOLISE Campobasso (Univ Molise) - 1 CAMPANIA Napoli Portici (Univ. Napoli) 64 PUGLIA Bari 51 13 BASILICATA Potenza (Univ. Basilicata) 13 13 CALABRIA Gallina (Univ. Reggio Calabria) 27 7 SICILIA Palermo 43 Bivona (Univ. Palermo) 6 Catania 73 Ragusa (Univ. Catania) SARDEGNA Nuoro (Univ. Sassari) Sassari 59 Totale laureati 1.045 234 80 23 Fonte: elaborazione Censis su dati del Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica "Il sistema universitario italiano - La popolazione studentesca. Anno accademico 1996-1997", Istituto Poligrafico dello Stato, 1998 Tab. 28 - Ripartizione tra maschi e femmine dei laureati in agraria, negli anni solari 1996, 1995, 1991 (val. %) Corsi di laurea 1996 1995 1991 MF F MF F MF F Scienze e tecnologie agrarie 73,2 26,8 75,7 24,3 77,0 23,0 Scienze forestali e ambientali 70,5 29,5 70,7 29,3 73,4 26,6 Scienze delle produzioni animali 67,5 32,5 64,8 35,2 73,7 26,3 Scienze agrarie tropicali e sub- tropicali 69,6 30,4 69,6 30,4 66,7 33,3 Totale settore agrario 72,4 27,6 74,0 26,0 76,4 23,6 Fonte: elaborazione Censis su dati Istat, "Statistiche dell'istruzione universitaria anno accademico 1991-1992"; "Statistiche dell'istruzione universitaria -anno accademico 1995-1996"; e su dati del Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica, "Il sistema universitario italiano - La popolazione studentesca, anno accademico 1996-1997", Istituto Poligrafico dello Stato, 1998 Inserire tab. 29 Inserire tab. 30Inserire tab. 31Inserire tab. 32Inserire tab. 33 Inserire tab. 34 Inserire tab. 35 Fig. 12 Inserire tab. 36 Tab. 37 - Ripartizione tra laureati in corso e laureati fuori corso nell'anno solare 1995 per corso di laurea e sesso (v.a.) Corsi di laurea In corso Fuori corso MF F MF F Scienze e tecnologie agrarie 99 25 904 219 Scienze forestali e ambientali 31 11 184 52 Scienze delle produzioni animali 16 9 72 22 Scienze agrarie tropicali e sub- tropicali - - 23 7 Totale settore agrario 146 45 1.183 300 Fonte: elaborazione Censis su dati Istat, "Statistiche dell'istruzione universitaria anno accademico 1995-1996" Tab. 38 - Ripartizione tra laureati in corso e laureati fuori corso nell'anno solare 1995 per corso di laurea e sesso (val. %) Corsi di laurea In corso Fuori corso MF F MF F Scienze e tecnologie agrarie 9,9 10,2 90,1 89,8 Scienze forestali e ambientali 14,4 17,5 85,6 82,5 Scienze delle produzioni animali 18,2 29,0 81,8 71,0 Scienze agrarie tropicali e sub- tropicali - - 100,0 100,0 Totale settore agrario 11,0 13,0 89,0 87,0 Fonte: elaborazione Censis su dati Istat, "Statistiche dell'istruzione universitaria anno accademico 1995-1996" Tab. 39 Tab. 40 Tab. 41 - Laureati del corso di laurea in scienze forestali e ambientali (v.a. e var. %) Anni Numero di laureati Variazione dalla data precedente 1951-1952 31 1956-1957 20 -35,5% 1961-1962 9 -55,0% 1966-1967 15 66,7% 1971 31 106,7% 1976 68 119,4% 1981 91 33,8% 1986 172 89,0% 1989 194 12,8% 1990 162 -16,5% 1991 169 4,3% 1992 \ 4,1% 1995 215 22,2% 1996 234 8,8% Fonte: Istat "Statistiche dell'istruzione universitaria -anno accademico 1991-1992 e 1995-1996" e Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica "Il sistema universitario italiano-La popolazione studentesca -anno accademico 19961997" Tab. 42 - Laureati del corso di laurea in scienze delle produzioni animali (v.a. e var. %) Anni Numero di laureati Variazione dalla data precedente 1951-1952 0 1956-1957 0 1961-1962 0 1966-1967 0 1971 0 1976 39 1981 59 51,3% 1986 98 66,1% 1989 84 -14,3% 1990 108 28,6% 1991 95 -12,0% 1995 88 -7,4% 1996 80 -9,1% Fonte: Istat "Statistiche dell'istruzione universitaria -anno accademico 1991-1992 e 1995-1996" e Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica "Il sistema universitario italiano - La popolazione studentesca - anno accademico 19961997" Tab. 43 - Laureati del corso di laurea in scienze tropicali e sub-tropicali (v.a. e var. %) Anni Numero di laureati Variazione dalla data precedente 1951-1952 0 1956-1957 0 1961-1962 0 1966-1967 0 1971 0 1976 0 1981 0 1986 0 1989 5 1990 6 20,0% 1991 6 0,0% 1995 23 283,3% 1996 23 0,0% Fonte: Istat "Statistiche dell'istruzione universitaria -anno accademico 1991-1992 e 1995-1996"e Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica "Il sistema universitario italiano - La popolazione studentesca - anno accademico 19961997" Tab. 44 - Laureati dei quattro corsi di laurea in agraria (v.a. e var. %) Anni Numero di laureati Variazione dalla data precedente 1951-1952 409 1956-1957 417 2,0% 1961-1962 463 11,0% 1966-1967 431 -6,9% 1971 612 42,0% 1976 841 37,4% 1981 1466 74,3% 1986 1846 25,9% 1989 1723 -6,7% 1990 1599 -7,2% 1991 1536 -3,9% 1995 1329 -13,5% 1996 1382 4,0% Fonte: Istat "Statistiche dell'istruzione universitaria -anno accademico 1991-1992 e 1995-1996"e Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica "Il sistema universitario italiano - La popolazione studentesca - anno accademico 19961997" Fig. 13 4.5. Gli sbocchi occupazionali dei laureati Preziosa, analitica ed unica fonte di informazione è la ricerca che l'Istat compie ogni tre anni e che pubblica in volumi dal titolo "Indagine sull'inserimento professionale dei laureati". L'ultima disponibile porta la data del 1995, anno in cui fu intervistato un campione rappresentativo di chi aveva concluso gli studi universitari nel 1992. I due corsi di laurea considerati dall'Istat sono Scienze agrarie e Scienze forestali, oltre, ovviamente a molti altri che non rivestono interesse dal punto di vista dell'Ordine dei Dottori agronomi e dei Dottori forestali. L'analisi sarà centrata sugli sbocchi occupazionali di questi due corsi, ma sarà anche fatto continuamente confronto e riferimento all'esito occupazionale del complesso di tutti i laureati, al fine di vedere l'eventuale andamento differente dei laureati in questi due corsi, rispetto al totale di coloro che hanno terminato tutti i corsi di laurea. Pertanto con la dizione "totale" verrà indicato lo sbocco occupazione del totale dei laureati di tutti i corsi di laurea. 4.5.1. I laureati in scienze agrarie A tre anni dalla conclusione dell'università, tre laureati su quattro (74,0%) risultavano occupati (tab. 46). Il 14,4% lavorava già, prima di terminare gli studi universitari ed esercita il medesimo lavoro. Dopo la laurea, il 32,7% ha trovato un'occupazione stabile ed il 26,8% una non stabile. Rispetto al "totale", cioè a tutti i laureati di corsi di laureati, i dottori in scienze agrarie dimostrano una performance superiore. Infatti, il totale dei laureati occupati è di sette punti percentuali più basso (66,8%, quindi esattamente i due terzi). Sostanzialmente identica è la quota di coloro che avevano un lavoro già prima di concludere gli studi. Tra coloro che hanno trovato lavoro dopo la laurea, il totale degli occupati stabili è di due punti inferiore ai dottori in scienze agrarie; ed il totale di coloro che hanno un'occupazione non stabile è di oltre cinque punti percentuali inferiore. Tralasciando la distinzione tra coloro che già lavoravano prima della laurea e coloro che l'occupazione l'hanno trovata dopo, quindi considerando complessivamente quel 74,0% di dottori agronomi occupati, risultano queste significative specificazione: lavora stabilmente il 45,7% (totale 41,7%), precariamente il 18,2% (totale 14,1%), solo occasionalmente il 5,8% (totale 4,8%), per contratto di formazione - lavoro il 4,2% (totale 6,1%) (tab. 48). Quale tipo di lavoro esercitano i dottori agronomi? Oltre il 43% un'attività "indipendente". Tale quota è di oltre sette punti percentuali superiore, rispetto al "totale" (tab. 50). Il la voro indipendente si "articola" nel modo seguente: imprenditore - libero professionista 34,7% (totale 28,9%), lavoratore in proprio 1,4% (totale 1,2%), altro 7,3%. I dottori agronomi lavoratori dipendenti sono il 56,6%, così articolato: dirigente 0,9% (totale 1,4%); quadro tecnico 22,5% (totale 9,2%); impiegato 17,3% (tot. 31,1%); insegnante 8,1% (tot. 14%); altro 7,8%. Inferiore è dunque la quota di dirigenti, più del doppio quella relativa ai quadri tecnici; all'incirca la metà del totale la percentuale degli impiegati e degli insegnanti. Analizzando infine i laureati che non lavorano il 20,2%, cerca lavoro; mentre il 5,9% che dichiara di non cercare lavoro (tab. 46). Una immagine più chiara viene ottenuta considerando cento questo gruppo di inoccupati. Tra i dottori agronomi inoccupati, il 77,5% cerca lavoro ed il 22,5% non lo cerca. Il "totale" di tutti i laureati vede un 68,9% di inoccupati "attivo" nella ricerca di un'occupazione, ed il restante 31,1% "passivo". I dottori agronomi inoccupati, dunque, appaiono più dinamici e volenterosi rispetto ai laureati delle altre discipline (tab. 52). Quali sono le motivazioni di coloro che non cercano lavoro? Il 3,7% è in attesa di chiamata a lavorare in un'azienda (totale 0,7%). Quindi, da una parte è esatto che non hanno lavoro e non lo cercano. Ma sostanzialmente, lo hanno già trovato. Il 17,2% non cerca lavoro per motivi di studio o di qualifica professionale. Questa quota risulta superiore nel "totale", pari al 23,8%. Quindi i dottori agronomi impegnati in studi post-laurea sono, in proporzione, in numero minore, rispetto al totale. Infine, non cerca lavoro "per motivi personali o familiari" l'1,6% (totale 2,9%). Elemento importante è il tempo intercorso tra la laurea ed il primo inserimento nel sistema produttivo, dopo la laurea. Il 18,3% dei dottori agronomi ha atteso un mese o meno di un mese; il 16,1% due o tre mesi; da quattro a dodici mesi il 38,0%; da tredici a ventiquattro mesi il 21,6%; oltre i due anni il 6,0% (tab. 54). Quindi l'attesa per l'inserimento nel mondo del lavoro appare in una certa misura minore rispetto ai laureati in altri corsi. L'Istat ha spinto la propria indagine ad un livello più profondo, rilevando anche il tempo intercorso tra la ricerca ed il "ritrovamento" (termine forse non perfetto usato dal nostro Istituto nazionale di statistica) della prima occupazione. I dati precedenti si riferivano al tempo intercorso tra la laurea e la prima occupazione. Questi dati, invece, hanno un altro "punto di partenza", costituito dal momento in cui l'interessato si è attivato, si è messo alla ricerca. Il punto di arrivo, in entrambi i casi, è il medesimo: il "ritrovamento" del lavoro. Il gruppo considerato sotto questo profilo è costituito dai soli laureati che il lavoro lo hanno trovato dopo la laurea. Non sono compresi quelli che già lavoravano pre- laurea. Ben il 30,1% dei dottori agronomi ha impiegato meno di un mese, tra il momento in cui si è messo alla ricerca della prima occupazione ed il momento in cui l'ha trovata. Il "totale" di tutti i laureati è la metà: 16,4% circa. Circa il 20% dei dottori agronomi ha impiegato uno o due o tre mesi (totale circa 28%); da quattro a dodici mesi circa il 33% (totale circa il 37,0%); da tredici a ventiquattro mesi circa il 10% (totale circa il 13,0%); oltre i due anni 6,9% (totale 5,1%) (tab. 56). L'intervallo di tempo medio intercorso tra l'inizio della ricerca ed il primo lavoro è stato di nove mesi, mentre per il totale è stato di dieci mesi. Nel complesso dottori agronomi hanno dunque tempi di attesa della prima occupazione inferiori a quelli dei loro colleghi laureati in altri corsi. 4.5.2. Le laureate in scienze agrarie Le ragazze uscite dal corso di laurea in Scienze agrarie risultano in un'amara situazione occupazionale, a tre anni di distanza dal conseguimento della laurea. L'analisi della loro situazione occupazionale sarà condotta compiendo confronti con due "gruppi di riferimento" così composti: il totale di tutte le laureate in tutti i corsi di laurea. Questo gruppo sarà richiamato con la denominazione "totale generale"; tutti i maschi e femmine, che hanno conseguito la laurea in scienze agrarie. Questo gruppo sarà richiamato con la denominazione "totale specifico". L'Istat fornisce i dati relativi a maschi e femmine insieme, e quelli relativi alle sole femmine. La nostra analisi metterà a fuoco la differenza tra, da una parte, le sole femmine, e, dall'altra, l'insieme maschi- femmine. Ci si muoverà entro questo limite oggettivo. Ma si vuole richiamare l'attenzione sul fatto che certe differenze, che possono apparire lievi, risulterebbero più evidenti se fossero disponibili anche i dati distinti relativi ai soli uomini. In tal caso, sarebbe possibile un confronto "diretto". A tre anni dal termine degli studi, risulta occupato solo il 58,2% delle donne, a fronte di un "totale generale" di tutte le laureate che raggiunge il 61,4%; ed a fronte del fatto che complessivamente maschi e femmine laureati in scienze agrarie hanno lavoro nella misura del 74,0% (tab. 46). Non positivi appaiono i dati relativi alle laureate che lavoravano prima di terminare gli studi e che al momento dell'intervista svolgevano il medesimo lavoro. Il totale delle laureate era pari al 13,9%, dato sostanzialmente analogo al 14,4 del totale dei laureati in Scienze agrarie. Le donne sono esattamente la metà: 7,0%. Anche sotto il profilo della stabilità della occupazione conseguita dopo la laurea, le laureate in scienze agrarie risultano in una posizione di netta inferiorità: ha un lavoro stabile solo il 14,1%, a fronte del 23,6% del totale 32,7% del totale specifico. E' occupato non stabilmente ben il 37,1%, a fronte del 24,0% del totale e del 26,8% del complesso maschi- femmine che hanno concluso questo corso di laurea. Tralasciando la distinzione tra le donne che già lavorano prima della laurea e quelle che hanno trovato un'occupazione successivamente al termine degli studi. Lavora stabilmente solo il 21,1% delle laureate, dato da confrontare con il 32,8% del totale di tutte le laureate e con il 45,7% del totale specifico (tab. 48). Il dato relativo all'occupazione stabile delle donne risulta, quindi, purtroppo inferiore della metà del dato complessivo relativo a questo tipo di laureati. Il 25,3% delle occupate ha un lavoro precario. Tale quota scende al 18,2%, se consideriamo sia tutte le laureate, sia il complesso maschi- femmine. Il 7,0% ha un contratto di formazione lavoro (il 5,2% del totale generale ed il 4,2% del totale specifico). Il 4,8% lavora solo occasionalmente. Svolge un'attività professionale indipendente il 30,8% delle dottoresse in scienze agrarie. Due punti percentuali in più rispetto al totale, ma ben oltre dodici punti in meno rispetto a quel 43,4% relativo al complesso maschi- femmine. Il 24,9% è imprenditore – libero professionista, mentre è il 20,8% del totale, e ben il 34,7% del complesso maschi- femmine uscite da questo corso di laurea (tab. 50). Tra le occupate dipendenti, le dirigenti risultano inesistenti, mentre nel totale esse sono l'1,1% e nel complesso maschi- femmine dottori agrari sono lo 0,9%. Occupa la posizione di "quadro tecnico – funzionario" il 20,4% (5,8% del totale e 22,5% del complesso maschi- femmine). Le insegnanti sono il 19,6%, meno del totale (23,7%), ma più del doppio in confronto con il dato relativo a uominidonne che hanno compiuto questo tipo di studi. Il 13,2 % è costituito da impiegate, quota che costituisce meno della metà del totale e quattro punti in meno del complesso maschi- femmine (17%). Resta un abbondante ed indistinto "altro", che raccoglie il 16%. Le laureate inoccupate sono il 41,8%, gruppo costituito da un 33,2% che cerca lavoro ed un circa 9% che non lo cerca (tab. 48). Considerando complessivamente cento questo gruppo, cerca lavoro il 79,2%. Questo dato è di sei punti superiore al totale generale (73%) e di due punti superiore al gruppo "specifico" di riferimento (77,5%) (tab. 52). Il 20,8% delle laureate in scienze agrarie non cerca lavoro. Le ragioni di questa linea di condotta, sono: il 14,6% perché sta proseguendo nella formazione. Tale quota è inferiore al totale generale (20%) ed anche al totale "specifico": 17,2%. Il 4,1% non è attivo nella ricerca di occupazione per "motivi personali o familiari". E' sostanzialmente la medesima quota del totale generale, mentre il gruppo di riferimento specifico è dell'1,6%. Infine il 2,1% è in attesa di chiamata a lavorare in un'azienda. Si può ora esaminare l'intervallo di tempo tra: 1. la laurea e la prima occupazione; 2. l'inizio della ricerca del lavoro e la prima occupazione. Ha trovato lavoro in un mese o in meno di un mese solo il 7,2% delle dottoresse in scienze agrarie quindi poco meno della metà rispetto al totale generale (13,0%) e meno della metà rispetto al gruppo di riferimento specifico: 18,2% (tab. 54). In due - tre mesi, aveva trovato lavoro il 15,9%, quota identica al gruppo di riferimento specifico, ma inferiore al totale generale (18,8%). Da quattro a dodici mesi, il 40,3%; mentre il totale generale è il 41,8%, il gruppo di riferimento più specifico 38%. Il 27,6% ha impiegato da tredici a 24 mesi; il 18,0% è il totale generale ed il 21,6% il gruppo di riferimento specifico. L'8,9% ha impiegato più di due anni. Questa quota è di pochissimo superiore al totale generale (8,3%) e di tre punti percentuali superiore al totale specifico. L'intervallo di tempo medio intercorso tra la laurea e l'inserimento nel sistema produttivo è stato di dieci mesi, mentre è stato inferiore (nove mesi) per il totale delle laureate ed il totale di coloro (maschi e femmine) usciti dal corso di laurea in scienze agrarie. Per ciò che concerne l'intervallo tra inizio della ricerca e prima occupazione, il 22,9% ha impiegato meno di un mese, dunque molte più del totale generale (14,5%) ma meno del gruppo di riferimento, attestato complessivamente al 30,1% (tab. 56). Il 10% ha impiegato uno - due - tre mesi. Il totale di tutte le laureate occupate è tre volte superiore. Il totale dei laureati- laureate in agraria è circa il doppio. Da quattro mesi a ventiquattro mesi sono stati necessari per trovare lavoro al 58,5% delle dottoresse in scienze agrarie. Tra tutte le laureate, questa quota scende a circa il 49%. Nel complesso dei laureati- laureate in scienze agrarie scende ulteriormente a circa il 43%. Oltre due anni, infine, ha impiegato l'8,7% di questo gruppo, mentre tale lunghissima attesa ha riguardato il 7,2% del totale generale e il 6,9% del complesso maschi- femmine laureati in scienze agrarie. Il tempo medio intercorso tra ricerca di lavoro ed inserimento nel sistema produttivo è stato di nove mesi, mentre è stato di sette mesi per il totale delle laureate e per il totale di maschi- femmine uscite dal corso di laurea in scienze agrarie. Le occupate uscite da questo corso di studi, hanno, dunque, tempi di attesa più lunghi, prima di inserirsi nel sistema produttivo, sia in confronto alla media delle laureate, sia in confronto ai loro colleghi maschi usciti dal medesimo corso di laurea. 4.5.3. I laureati in scienze forestali Il 71,4% dei dottori forestali risulta occupato, a tre anni dalla laurea. Una performance superiore di quattro punti a quella del "totale", costituito da tutti i laureati e pari a 66,8% (tab. 46). Ma, come vedremo, la situazione è non così positiva come questo primo dato farebbe pensare. Il 30,5% (il totale è identico) ha trovato, dopo la conclusione degli studi, un lavoro stabile il 31% un lavoro non stabile (totale 21,5%), il ì 10,2% già lavorava prima della laurea. Introducendo la distinzione tra coloro che lavoravano prima del conseguimento della laurea e coloro che hanno trovato lavoro dopo la laurea; e documenta sul gruppo formato complessivamente da coloro che hanno occupazione, puntando l'attenzione. Il 32,6% dei dottori forestali ha un lavoro stabile (tab. 48). Il totale è ben più alto; pari al 41,7%. Il 28,0% ha un lavoro precario, il doppio del "totale" costituito da tutti i laureati. Lavora solo occasionalmente l'8,3%. Il 2,5% ha un contratto di formazione - lavoro. La situazione occupazionale, considerata sotto questo fondamentale profilo della stabilità/precarietà del rapporto di lavoro, si presenta dunque sfavorevole per i dottori forestali, rispetto al totale di tutti i laureati. Per ciò che concerne la posizione nella professione il 30,8% è imprenditore o libero professionista complessivamente il 41,4% è costituito da lavoratori indipendenti (tab. 50). Nell'ambito dei lavoratori dipendenti, troviamo che il 3,4% è costituito da dirigenti, quota più che doppia del totale. Il 17,1% svolge la funzione di quadro tecnico o funzionario (totale 9%), mentre il 17,6% lavora come insegnante, quota di poco superiore al "totale" (14,0%) Il 6,9% svolge la funzione di impiegato (il totale è 31,1%, quindi superiore più di quattro volte). Un 13,5% è classificato sotto "altro". Il totale dei dottori forestali lavoratori dipendenti è 58,6% (il totale è 64,1%). Tra i laureati che non lavo rano il 23,8% è impegnato nella ricerca del lavoro (tab. 48). Questo gruppo complessivo di inoccupati è presentato con più chiarezza dalla tabella 52, la quale considera cento gli inoccupati e quindi risulta che tra di loro l'83,1% cerca lavoro (totale 68,9%d il 16,9% non lo cerca (totale 31,1%). Vi è quindi, tra i dottori forestali inoccupati, un impegno nella ricerca di inserimento nel sistema produttivo, superiore rispetto al "totale". Il 16,9% apparentemente inattivo è costituito da un 12,9% che sta proseguendo nella formazione (il totale è superiore, pari al 23,8%) e da un 4,0% che attende la chiamata di un'azienda, quindi che sta per entrare nel sistema produttivo (il totale è molto più basso: 0,7%). Considerando il tempo intercorso tra la laurea ed il primo inserimento nel lavoro dopo la laurea, oltre 46,0% ha trovato lavoro entro soli tre mesi dalla laurea: una quota molto superiore al totale, che è 31%. Entro un anno, il 72,6%, contro il 68,8%. Il 41,0% dei dottori forestali ha impiegato da quattro a ventiquattro mesi. Il 12,6% ha purtroppo impiegato più di due anni; questa quota risulta superiore al "totale", che è pari all'8,4% (tab. 54). L'intervallo medio di tempo intercorso tra la laurea e l'occupazione risulta di otto mesi, a fronte di un totale pari a dieci mesi. Complessivamente, risulta quindi un tempo di non poco inferiore. Riguardo il tempo intercorso tra ricerca di lavoro ed inserimento nel sistema produttivo, il 47,0% lo ha trovato entro tre mesi (totale 45,0%); il 48,0% ha impiegato da quattro a ventiquattro mesi (totale 50%); gli altri hanno speso più di due anni di tempo: essi sono il 5,0%, sia tra i dottori forestali, sia nel totale. Il tempo medio intercorso tra ricerca del lavoro ed inserimento nel sistema produttivo risulta di sette mesi, sia per i dottori forestali, sia per tutti i laureati. Nel 1992, solo quarantadue donne si laurearono in scienze forestali. L'Istat presenta dati sui loro sbocchi occupazionali. Ma quella base troppo esigua non consente riflessioni fondate. 4.5.4. Le laureate in scienze forestali L'analisi sarà condotta con riferimento sia al "totale generale" costituito dalle laureate di tutti i corsi di laurea, sia con riferimento al "totale specifico", delle laureate in scienze forestali. Questa base molto limitata impone una analisi meno approfondita e cautela nella considerazione dei dati. Nei tre anni successivi alla laurea, il 38,0% ha trovato un lavoro stabile, il 42,1% un lavoro non stabile. Il 7,9% già lavorava prima di terminare gli studi (tab. 46). La somma di queste tre quote porta ad un 88,0%, percentuale di ben ventisette punti superiore rispetto a tutte le laureate e di diciassette punti superiore in confronto con il "totale specifico". Quattro laureate non hanno lavoro e lo cercano. Una non ha lavoro e lo non cerca, perché sta sviluppando la sua formazione. La performance delle dottoresse in scienze forestali è migliore, soprattutto nei confronti di tutte le colleghe ma anche nei confronti dei maschi che hanno conseguito la loro medesima laurea. Considerando congiuntamente quante lavoravano pre e post laurea, le laureate in scienze forestali hanno un lavoro stabile nella misura del 43,6% (totale generale 32,8% e totale specifico 32,6%); il 32,6% ha un lavoro precario (totale generale 18% e totale specifico 28%); infine, il 14,7% lavora solo occasionalmente (totale generale 5,4%, totale specifico 8,3%). Il 45,3% di loro esercita un'attività indipendente (tab. 50). La quota è fortemente superiore al totale delle laureate (28,8%) e lievemente superiore al totale specifico. Il 28,6% è libero imprenditore o professionista, il restante 17,6% è catalogato dall'Istat sotto la generica definizione di "altro". Tra le lavoratrici dipendenti, nessuna risulta ricoprire la funzione di dirigente. Il 32,2% è insegnante: questa quota è notevolmente superiore al "totale generale" (23,7%); ed è quasi il doppio rispetto al "totale specifico" (17,6%). Il 14% svolge la funzione di impiegato, percentuale che è la metà rispetto al totale generale, ma il doppio rispetto al totale specifico. Solo il 3,2% svolge la funzione di quadro tecnico – funzionario (totale generale 5,8%, totale specifico cinque volte di più: 17,1%). C'è infine il solito indistinto "altro", che raccoglie il 5,4% di queste laureate. L'intervallo di tempo intercorso tra la laurea e l'inserimento nel sistema produttivo è uguale all'intervallo intercorso tra la ricerca ed il conseguimento del lavoro (tabb. 54 e 56). L'intervallo di tempo medio è stato di soli sei mesi. Per il totale della laureate è stato di nove mesi. Per il totale del complesso maschi- femmine è stato di otto mesi. Pur con la prudenza ispirata al fatto che le laureate siano state solo 42, questi dati comunque si presentano di segno positivo. 4.5.5. La domanda delle imprese per il Dottore Agronomo e Forestale Nelle pagine precedenti si è dato ampio rilevo ai dati dell'ultima Indagine sull'inserimento professionale dei laureati realizzata dall'Istat nel 1995. Nel complesso, si è sottolineato che i dottori agronomi e forestali riescono a trovare una occupazione con maggiore facilità e soprattutto in minor tempo in confronto agli altri laureati, A completamento di tale analisi, appare opportuno svolgere alcune riflessioni ulteriori sulla base dei recenti dati sulla domanda di lavoro per questi professionisti. In questa ottica, un utile apporto è offerto dai risultati del Sistema Informativo Excelsior, progetto realizzato dalle Camere di Commercio, con il coordinamento dell'Unioncamere e del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale. Tale Sistema offre un quadro aggiornato sulla domanda di lavoro espressa dalle imprese private iscritte al Registro delle Imprese delle Camere di Commercio, con almeno un dipendente e in attività. Rimangono invece escluse le imprese del settore agricolo e della pesca, le unità operative della pubblica amministrazione, le aziende pubbliche del settore sanitario, le unità scolastiche e le università, le organizzazioni associative. In particolare, in questa sede verranno presi in esame i dati relativi ai titoli di studio ed alle professioni richieste dalle imprese, riportati nelle due pubblicazioni sinora realizzate del 1997 e del 1998. Per ciò che concerne i diplomi universitari dell'indirizzo agro-alimentare, per il biennio 1997/98 le imprese prevedevano in complesso di assumere 53 diplomati. In particolare, il 92,5% era richiesto da imprese con un massimo di 49 dipendenti e destinato a ricoprire ruoli nell'area tecnico produttiva/operativa. Per il 66,0% di queste nuove assunzioni infine non era richiesta altra esperienza ed era altresì prevista una ulteriore formazione da realizzare nell'ambito dell'impresa in vista dell'impiego operativo. Differenti appaiono invece le previsioni per il biennio 1998/99: nel complesso i diplomati richiesti scendono a 24. Si tratta quindi di un trend oggettivamente negativo. Come già esposto nelle pagine precedenti, nell'anno accademico 1996/97 gli iscritti ai corsi di diploma universitario del settore agrario erano in tutto 2011, mentre i diplomati erano 134. Considerando la domanda delle imprese, specie per il biennio 1998/99, si può concludere che esiste fin da ora un evidente eccesso di offerta. Appare urgente in definitiva una profonda ridefinizione dell'intero sistema formativo dei diplomi universitari, considerando in primo luogo che, a norma di legge, l'istituzione di un corso di diploma universitario avviene solo qualora sia verificata una reale richiesta da parte del mercato. Inoltre, l'assetto complessivo subirà profonde revisioni, anche in considerazione degli obblighi derivanti dall'adesione da parte dell'Italia alla "Dichiarazione di Sorbona" del 25 maggio 1998 e della recente legge 14 gennaio 1999, n. 4 (vedi par. 6.6.). Per ciò che riguarda il titolo di laurea, i dati pubblicati dal Sistema Excelsior nel 1997 evidenziano che per il biennio 1997/98 le assunzioni di laureati del settore agro-alimentare previste dalle imprese erano in tutto 481, in particolare 223 per agraria e 258 per scienze alimentari e della produzione animale. Il 51,4% di queste nuove assunzioni era effettuato da imprese con un massimo di 49 dipendenti, mentre per il 60,5% era prevista una ulteriore formazione in ambito lavorativo. Anche per i laureati, il settore di inserimento prevalente era rappresentato dal tecnico produttivo/operativo (71,3%), con una maggiore rilevanza dell'area amministrativa e commerciale (25,6%). Infine, la conoscenza delle lingue (91,3%) e di nozioni informatiche (96,6%) sono profili di rilievo per le imprese che intendono assumere laureati del settore agrario. Notevolmente mutata appare invece la previsione per il biennio 1998/99: nel complesso le imprese richiedono solo 116 laureati. Anche da questi dati emerge un quadro negativo circa la possibilità per diplomati e laureati del settore agrario di trovare una adeguata collocazione nel settore privato. Tale fatto appare nella sua evidenza considerando il dato relativo al numero di laureati del settore agrario, stabilizzatosi nel 1996 ben oltre le 1.300 unità. Oltre al dato numerico, dal raffronto tra il biennio 1997/98 e il biennio 1998/99 si evince che la già esigua domanda espressa dalle imprese nei riguardi dei laureati del settore agrario si è contratta. Una ulteriore conferma di tale scenario è rinvenibile dall'analisi dei dati del Sistema Excelsior sulle professioni richieste dalle imprese. Per il biennio 1997/98 si prevedeva l'inserimento di soli 14 agronomi ed assimilati, per il 98/99 si prevede un incremento, molto consistente, corrispondente a 93 unità. In conclusione, il settore privato impiega attualmente una quota decisamente marginale di dottori agronomi e forestali. Resta da verificare quali siano le opportunità offerte dal settore pubblico e dalla libera professione, aree su cui non vi è peraltro disponibilità di fonti ufficiali. In ogni caso, nel settore pubblico, il dottore agronomo e forestale potrebbe rafforzare la sua presenza in rapporto alla sua attitudine a proporsi come professionista in grado di offrire prestazioni tecniche e progettuali in materia di gestione e tutela territorio. Tale ipotesi appare subordinata all' adozione di vasta scala di politiche e procedure amministrative, a livello centrale e periferico, che introducano i concetti di sviluppo sostenibile nell'utilizzo della "risorsa suolo", rese peraltro urgenti dal progressivo deterioramento del Paese dal punto di vista idrogeologico. Infine, sembra orientarsi verso la libera professione un numero crescente di dottori agronomi e forestali, specie i più giovani, seppure con notevoli difficoltà. In particolare, l'intero sistema formativo, come più volte sottolineato in questa parte della ricerca, appare per molti versi inadeguato a fornire una formazione coerente con la libera attività. In questo senso, un ruolo di indirizzo e coordinamento deve essere svolto dallo stesso Ordine, sia nel sollecitare il mondo accademico a riorientare in tal senso programmi e strutture, sia nel prefigurare forme di aggiornamento post-lauream. Contare 12 pagg compresa questa Tabb. Da 45 a 56 4.6. I corsi di diploma 4.6.1. Premessa "La dichiarazione della Sorbona", firmata il 25 maggio 1998 dal ministro italiano dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica, e dai suoi colleghi di Francia, Germania e Inghilterra ( e successivamente condivisa anche da Spagna e Svezia) rappresenta un accordo europeo che prefigura la abrogazione in Italia dei corsi di diploma. Su questa linea di sviluppo ci soffermeremo successivamente, nel capitolo conclusivo. Di recente in materia di diplomi universitari sono state introdotte delle importanti modifiche dalla legge 14 gennaio 1999, n. 4 (pubblicata dalla G.U. del 19 gennaio 1999). L'art. 1, comma 5 statuisce che: negli albi degli ordini professionali saranno istituite apposite sezioni riservate ai titolari di diplomi universitari; sarà determinato l'ambito di attività professionale degli iscritti a queste sezioni. La legge fissa la procedura per la procedura per la creazione delle sezioni dei diplomati universitari e per la determinazione degli ambiti di competenza. E' prevista l'emanazione di uno o più regolamenti, su proposta del Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica, di concerto con il Ministero di Grazia e Giustizia. La legge introduce quindi una rilevante novità. E' riconosciuto infatti ai titolari di diplomi universitari di iscriversi agli ordini professionali in apposite sezioni. La norma di legge lascia intendere che le competenze dei diplomati saranno più limitate rispetto ai professionisti laureati. In merito, è importante sottolineare che la legge impone la preventiva consultazione degli organi direttivi degli ordini professionali, ordini professionali a cui viene affidato un ruolo centrale nella determinazione delle norme esecutive sugli ambiti di competenza. 4.6.2. Gli ordinamenti didattici Gli ordinamenti didattici dei corsi di diploma universitario sono stati determinati con i seguenti decreti del ministro dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica: decreto 15 novembre 1991, in Gazzetta Ufficiale 11 maggio 1992, relativo ad un gruppo di diplomi; decreto 19 febbraio 1994, in Gazzetta Ufficiale 22 aprile 1994, relativo a tecniche forestali e tecnologie del legno; decreto 6 giugno 1995, in Gazzetta Ufficiale 19 febbraio 1996, relativo a tecniche erboristiche; decreto 4 novembre 1996, in Gazzetta Ufficiale 30 dicembre 1996, relativo a viticoltura ed enologia. I corsi hanno tutti durata triennale e sono a numero programmato. Il Senato accademico ogni anno decide il numero degli iscrivibili. Ogni corso è articolato in "orientamenti", che sono fissati dal regolamento dell'ateneo. Il titolo di studio finale indica il profilo professionale specifico conseguito seguendo quel determinato orientamento. Coloro che conseguono un diploma del gruppo agrario, possono poi proseguire gli studi in tutti i corsi di laurea delle facoltà di agraria. L'attività didattica comprende complessivamente 1.800 ore, di cui almeno 200 dedicate al tirocinio e/o elaborato finale. Attività di laboratorio e di tirocinio possono essere svolte anche all'esterno dell'ateneo, in istituzioni italiane o straniere, con le quali sia stata stipulata una convenzione. Il numero degli esami viene definito da ogni università tra un minimo di 15 ed un massimo di 18. Durante il primo biennio, lo studente deve dimostrare la comprensione e la conoscenza pratica di almeno una lingua straniera. L'esame di diploma consiste in una discussione tendente ad accertare la preparazione di base e professionale del candidato, durante la quale potrà essere discusso un elaborato finale. 4.6.3. L'offerta Venti università offrono corsi di diploma del settore agrario. Alcune solo nella propria sede principale, altre solo in altre sedi; infine, altre sia nella sede principale, sia in sedi secondarie. Trentasei sono complessivamente le città o le cittadine in cui si svolgono questi corsi. Tre atenei (L'Aquila, Roma "La Sapienza", Urbino) non hanno la facoltà di agraria ed offrono tali corsi in altre facoltà. 4.6.4. Gli iscritti Nell'anno accademico 1996 - 1997, erano duemilaundici gli iscritti a tutti i corsi di diploma. Un numero dunque esiguo. Molto diverso il numero degli iscritti, a seconda del tipo di corso. Si passa da seicento a novanta: Tecnologie alimentari 608 Produzioni animali 490 Produzioni vegetali 343 Gestione tecnica e amministrativa in agricoltura 210 Biotecnologie agro-alimentari 166 Tecniche forestali e tecnologie del legno 104 Tecniche erboristiche 90 Il 61,3% degli iscritti è costituito da maschi. Le ragazze frequentano in particolare tre corsi: Tecniche erboristiche (sono il 62,2%); Produzioni animali (48,0%); Biotecnologie agro-alimentari (44,0%) (tab. 58). 4.6.5. I diplomati Nell'anno accademico 1996 - 1997 vi sono stati soltanto 134 diplomati (tab. 59), usciti da quattro tipi di corsi di diploma. Gli altri corsi dovevano ancora concludere il primo ciclo formativo. I maschi hanno costituito il 63,4% di questi diplomati (tab. 60). Tav. 8 - Corsi di diploma universitario del settore agrario Diploma universitario in Biotecnologie agro-industriali Diploma universitario in Gestione tecnica e amministrativa in agricoltura Diploma u niversitario in Produzioni animali Diploma universitario in Produzioni vegetali Diploma universitario in Tecniche erboristiche Diploma universitario in Tecniche forestali e tecnologie del legno Diploma universitario in Tecnologie alimentari Fonte: Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica, "Il sistema universitario italiano. La popolazione studentesca-anno accademico 1996-1997", Istituto Poligrafico dello Stato, Roma 1998. Tav. 9 - Diploma universitario in Biotecnologie agro-industriali Sedi Facoltà Avezzano (Università dell'Aquila) Scienze matematiche, fisiche e naturali Fano (Università di Urbino) Scienze matematiche, fisiche e naturali Ferrara Scienze matematiche, fisiche e naturali Latina (Università di Roma "La Sapienza") Scienze matematiche, fisiche e naturali Legnano (Univ. di Padova) Scienze matematiche, fisiche e naturali Fonte: Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica, "Il sistema universitario italiano. La popolazione studentesca-anno accademico 1996-1997", Istituto Poligrafico dello Stato, Roma 1998. Tav. 10 - Diploma universitario in Gestione tecnica e amministrativa in agricoltura Sedi Facoltà Edolo (Univ. di Milano) Agraria Potenza/Matera (Univ. della Basilicata) Agraria Legnaro (Univ. di Padova) Agraria Viterbo Agraria Città della Pieve (Univ. di Perugia) Agraria Perugia Agraria Pisa Agraria Fonte: Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica, "Il sistema universitario italiano- La popolazione studentesca- anno accademico 1996-1997", Istituto Poligrafico dello Stato, Roma 1998. Tav. 11 - Diploma universitario in Produzioni animali Sedi Orientamento Facoltà Bari - acquacoltura e maricoltura Medicina veterinaria Bologna - operatore zootecnico Medicina veterinaria Cesena (Univ. di Bologna) - acquacoltura e maricoltura Medicina veterinaria Grugliasco (Univ.di Torino) - gestione e protezione della fauna Medicina veterinaria Grugliasco/Fossano Cussanio Univ. di Torino) - tecnica della produzione animale Agraria Milano Medicina veterinaria Modica (Univ. di Catania) - utilizzazione zootecnica delle aree difficili Agraria Potenza (un. di Basilicata) Agraria S.Benedetto del Tronto (Univ. di Camerino) - acquacoltura e maricoltura Medicina veterinaria San Casciano Val di Pesa ( Univ. di Firenze) Agraria Sassari - gestione e protezione della fauna Medicina veterinaria Taranto (Univ. di Bari) - maricoltura, pesca e trasformazione dei prodotti Medicina veterinaria Fonte: Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica, "Il sistema universitario italiano- La popolazione studentesca- anno accademico 1996-1997", Istituto Poligrafico dello Stato, Roma 1998 Tav. 12 - Diploma universitario in Produzioni vegetali Sede Orientamento Facoltà Bari Produzione delle piante Agraria Caltagirone (Univ. di Catania) Gestione ambientale Agraria Catania Difesa delle piante Agraria Foggia (Univ. di Bari) Tecnica vivaistica ortofrutticola Agraria Legnaro (Univ. di Padova) Agraria Pisa Agraria Pistoia (Univ. di Firenze) Agraria Portici (Univ. di Napoli Federico II) Agraria Saluzzo (Univ. di Torino) Difesa delle colture; floricoltura e florovivaismo Agraria Fonte: Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica, "Il sistema universitario italiano- La popolazione studentesca- anno accademico 1996-1997", Istituto Poligrafico dello Stato, Roma 1998 Tav. 13 - Diploma universitario in Tecniche erboristiche Sedi Facoltà Perugia Farmacia Urbino Farmacia Fonte: Ministero dell'Università e d ella Ricerca scientifica e tecnologica, "Il sistema universitario italiano- La popolazione studentesca- anno accademico 1996-1997", Istituto Poligrafico dello Stato, Roma 1998 Tav. 14 - Diploma universitario in Tecniche forestali e tecnologie del legno Sedi Facoltà Città Ducale (Università della Tuscia) Agraria Firenze Agraria Legnaro (Università di Padova) Agraria Fonte: Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica, "Il sistema universitario italiano- La popolazione studentesca- anno accademico 1996-1997", Istituto Poligrafico dello Stato, Roma 1998 Tav. 15 - Diploma universitario in Tecnologie alimentari Sedi Facoltà Alba (Univ. di Torino) Agraria Ancona Agraria Cremona (Univ. Cattolica) Agraria Pisa Agraria Portici (Univ. di Napoli "Federico II") Agraria Rovigo (Univ. di Padova) Agraria San Casciano Val di Pesa (Univ. di Firenze) Agraria Udine Agraria Fonte: Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica, "Il sistema universitario italiano- La popolazione studentesca- anno accademico 1996-1997", Istituto Poligrafico dello Stato, Roma 1998 Tav. 16 Segue tav. 16 Tav. 17 Segue tav. 17 Tav. 18 - Corsi di diplomi universitari del settore agrario per sedi e regioni REGIONI CORSI Gestione tecnica e amministrativa in agricoltura Produzioni animali Produzioni vegetali Tecniche forestali e tecnologie del legno Tecnologie alimentari Biotecnologie agro-alimentari Tecniche erboristiche PIEMONTE Alba (Univ. di Torino) x Grugliasco (Univ. Torino) x Grugliasco/Fossano Cussano (Univ. di Torino) x Saluzzo (Univ. di Torino) x LOMBARDIA Cremona (Univ. Cattolica) x Edolo (Univ. di Milano) x Milano x x VENETO Legnaro (Univ. Padova) x x x x Rovigo (Univ. di Padova) x FRIULI VENEZIA GIULIA Udine x EMILIA ROMAGNA Bologna x Cesena (Univ. di Bologna) x Ferrara x TOSCANA Firenze x Pisa x x x Pistoia (Univ. di Firenze) x San Casciano Val di Pesa (Univ. di Firenze) x x segue tav. 18 REGIONI CORSI Gestione tecnica e amministrativa in agricoltura Produzioni animali Produzioni vegetali Tecniche forestali e tecnologie del legno Tecnologie alimentari Biotecnologie agro-alimentari Tecniche erboristiche MARCHE Ancona x S. Benedetto del Tronto (Univ. Camerino) x Urbino x x UMBRIA Perugia x x Città della Pieve (Univ. di Perugia) x LAZIO Città Ducale (Univ. di Viterbo) x Latina (Univ. Di Roma "La Sapienza) x Viterbo (Univ. Tuscia) x ABBRUZZO Avezzano (Univ. dell'Aquila) x CAMPANIA Portici (Univ. Napoli) x x PUGLIA Bari x x Foggia (Univ. di Bari) x Taranto (Univ. di Bari) x BASILICATA Potenza (Univ. di Basilicata) x Potenza/Matera (Univ. Basilicata) x segue tav. 18 REGIONI CORSI Gestione tecnica e amministrativa in agricoltura Produzioni animali Produzioni vegetali Tecniche forestali e tecnologie del legno Tecnologie alimentari Biotecnologie agro-alimentari Tecniche erboristiche SICILIA Caltagirone (Univ. di Catania) x Catania x Modica (Univ. Catania) x SARDEGNA Sassari x Fonte: elaborazione Censis su dati del Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica "Il sistema universitario italiano. La popolazione studentesca-anno accademico 1996-1997", Istituto Poligrafico dello Stato, Roma 1998 Tab. 57 - Iscritti nei corsi di diploma universitari del settore agrario per corso e sesso. Anno accademico 1996-1997 (v.a.) Corsi Iscritti Maschi Femmine Totale Totale Gestione tecnica e amministrativa in agricoltura 146 64 210 Totale Produzioni animali 255 235 490 Totale Produzioni vegetali 239 104 343 Totale Tecniche forestali e tecnologie del legno 70 34 104 Totale Tecnologie alimentari 395 213 608 Totale Biotecnologie agro-alimentari 93 73 166 Totale Tecniche erboristiche 34 56 90 Totale iscritti nei corsi universitari 1.232 779 2.011 Fonte: Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica, "Il sistema universitario italiano- La popolazione studentesca- anno accademico 1996-1997" Tab. 58 - Iscritti nei corsi di diploma universitari del settore agrario per corso e sesso. Anno accademico 1996-1997 (val. %) CORSI Iscritti Maschi Femmine Totale Totale Gestione tecnica e amministrativa in agricoltura 69,5 30,5 100,0 Totale Produzioni animali 52,0 48,0 100,0 Totale Produzioni vegetali 69,7 30,3 100,0 Totale Tecniche forestali e tecnologie del legno 67,3 32,7 1 00,0 Totale Tecnologie alimentari 65,0 35,0 100,0 Totale Biotecnologie agro-alimentari 56,0 44,0 100,0 Totale Tecniche erboristiche 37,8 62,2 100,0 Totale iscritti nei corsi universitari 61,3 38,7 100,0 Fonte: Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica, "Il sistema universitario italiano- La popolazione studentesca- anno accademico 1996-1997" Tab. 59 - Diplomati nei corsi di diploma universitari del settore agrario per corso e sesso. Anno accademico 1996-1997 (v.a.) CORSI Diplo mati Maschi Femmine Totale Totale Gestione tecnica e amministrativa in agricoltura 3 13 16 Totale Produzioni animali 26 10 36 Totale Produzioni vegetali 11 6 17 Totale Tecniche forestali e tecnologie del legno - - Totale Tecnologie alimentari 45 20 65 Totale Biotecnologie agro-alimentari - - Totale Tecniche erboristiche - - Totale diplomati nel settore agrario 85 49 134 Fonte: Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica, "Il sistema universitario italiano- La popolazione studentesca- anno accademico 1996-1997" Tab. 60 - Diplomati nei corsi di diploma universitari del settore agrario per corso e sesso. Anno accademico 1996-1997 (val. %) CORSI Diplomati Maschi Femmine Totale Totale Gestione tecnica e amministrativa in agricoltura 18,8 81,3 100,0 Totale Produzioni animali 72,2 27,8 100,0 Totale Produzioni vegetali 64,7 35,3 100,0 Totale Tecniche forestali e tecnologie del legno - - Totale Tecnologie alimentari 69,2 100,0 Totale Biotecnologie agro-alimentari - - Totale Tecniche erboristiche - - Totale diplomati nel settore agrario 63,4 36,6 100,0 Fonte: Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica, "Il sistema universitario italiano- La popolazione studentesca- anno accademico 1996-1997" Tav. 19 - Università che offrono corsi di diploma in agraria Università Corsi offerti in Sede principale Altra sede Numero dei corsi offerti Ancona sì 1 Bari sì Foggia, Taranto 4 Bologna sì Cesena, Ferrara 3 Camerino no S. Benedetto del Tronto 1 Catania sì Caltagirone, Modica 3 Firenze sì Pistoia, San Casciano Val di Pesa 4 L'Aquila * no Avezzano 1 Milano sì Edolo 3 Milano-Univ. Cattolica no Cremona 1 Napoli no Portici 2 Padova no Legnaro, Rovigo 5 Perugia sì Città della Pieve 3 Pisa sì 3 Potenza (Univ. di Basilicata) sì 2 Roma "La Sapienza" * no Latina 1 Sassari sì 1 Torino sì Alba, Saluzzo 4 Udine sì 1 Urbino * sì 2 Viterbo sì Città Ducale 2 * Queste università non dispongono dei corsi di laurea nel settore agricolo Fonte: elaborazione Censis su dati del Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica "Il sistema universitario italiano. La popolazione studentesca-anno accademico 1996-1997", Istituto Poligrafico dello Stato, Roma 1998 Tab. 61 - Cdu per università, facoltà iscritti e diplomati (v.a.) Sede (se diversa dalla facoltà) Facoltà Iscritti Diplomati M F Totale M F Totale ANCONA 7 Tecnologie alimentari (esaur.) Agraria 15 7 22 8 1 9 BARI 4 Produzioni vegetali-or.:produzione delle piante Agraria 29 11 40 2 1 3 4 Produzioni vegetali- or.: tecnica vivaistica ortofrutticola Foggia Agraria 19 7 26 0 0 0 3 Produzioni animali-or.:acquacoltura e maricoltura Medicina veterinaria 26 8 34 1 1 2 3 Produzioni animali-or.: maricoltura pesca e trasformazione dei prodotti Taranto Medicina veterinaria 25 26 10 0 10 BASILICATA-Potenza 1 Gestione tecnica e amministrativa in agricoltura Agraria 25 13 38 0 0 0 3 Produzioni animali Agraria 18 19 37 0 0 0 4 Produzioni vegetali Agraria 37 23 60 0 0 0 BOLOGNA 3 Produzioni animali -or.: operatore zootecnico Medicina veterinaria 15 53 68 3 3 6 3 Produzioni animali -or.: acquacoltura e maricoltura Cesena Medicina veterinaria 28 21 49 1 0 1 CAMERINO 3 Produzioni animali -or.: acquacoltura e maricoltura S. Benedetto del Tronto Medicina veterinaria 25 6 31 0 0 0 CATANIA 3 Produzioni animali -or.:utilizzazione zootecnica delle aree difficili. Modica Agraria 21 5 26 8 0 8 4 Produzioni vegetali -or.: difesa delle piante Agraria 28 7 35 3 2 5 4 Produzioni vegetali -or.: gestione ambientale Caltagirone Agraria 36 7 43 2 2 4 FERRARA segue tab. 61 Sede (se diversa dalla facoltà) Facoltà Iscritti Diplomati M F Totale M F Totale 8 Biotecnologie agro-alimentari Scienze matematiche fisiche e naturali 19 18 37 0 0 0 FIRENZE 3 Produzioni animali Agraria 30 25 55 0 0 0 4 Produzioni vegetali Pistoia Agraria 33 23 56 1 0 1 6 Tecniche forestali e tecnologie del legno Agraria 2 3 5 0 0 0 7 Tecnologie alimentari Agraria 41 11 52 0 0 0 L'AQUILA 8 Biotecnologie agro-alimentari Avezzano Scienze matematiche fisiche e naturali 15 3 18 0 0 0 MILANO 1 Gestione tecnica e amministrativa in agricoltura Agraria 48 13 61 0 7 Tecnologie alimentari Agraria 98 74 172 18 9 27 3 Produzioni animali Medicina veterinaria 12 18 30 0 3 3 MILANO-UNIV. CATTOLICA 1 Tecnologie alimentari or.: lattiero caseario Cremona Agraria 99 59 158 14 8 22 NAPOLI "FEDERICO II" 4 Produzioni vegetali Agraria 8 4 12 0 0 0 7 Tecnologie alimentari Agraria 5 5 10 0 0 0 PADOVA 1 Gestione tecnica e amministrativa in agricoltura Agraria 17 5 22 0 0 0 4 Produzione vegetale Agraria 10 5 15 0 0 0 6 Tecniche forestali e tecnologie del legno Legnaro Agraria 20 15 35 0 0 0 7 Tecnologie alimentari Rovigo Agraria 14 0 10 0 0 0 8 Biotecnologie agro-alimentari Scienze matematiche fisiche e naturali 14 15 29 0 0 0 PERUGIA 1 Gestione tecnica e amministrativa in agricoltura or.: scienze del territorio (sosp.) Città D. Piave Agraria 3 3 6 0 2 2 1 Gestione tecnica e amministrativa in agricoltura or.: gestione e conservazione ambientale Agraria 35 16 51 2 3 5 9 Tecniche erboristiche Farmacia 4 16 2 0 0 0 3 Igiene e sanità animale (sosp.) Medicina veterinaria 4 2 6 0 0 0 segue tab. 61 Sede (se diversa dalla facoltà) Facoltà Iscritti Diplomati M F Totale M F Totale PISA 1 Gestione tecnica e amministrativa in agricoltura Agraria 13 13 26 1 8 9 4 Produzioni vegetali Agraria 27 13 40 3 1 4 7 Tecnologie alimentari Agraria 17 11 28 1 1 2 ROMA-LA SAPIENZA 8 Biotecnologie agro-alimentari Latina Scienze matematiche, fisiche e naturali 15 7 22 0 0 0 SASSARI 3 Produzioni animali- or.: gestione e protezione della fauna Medicina veterinaria 9 10 19 0 0 0 TORINO 3 Produzioni animali- or.: tecnica della produzione animale Agraria 24 13 37 1 1 2 4 Produzioni vegetali -or.: difesa delle colture; floricoltura e florovivaismo Saluzzo Agraria 49 27 76 0 0 0 7 Tecnologie alimentari -or.: viticoltura e enologia Alba Agraria 58 10 68 4 1 5 3 Produzioni animali -or.: gestione e protezione della fauna Medicina veterinaria 22 31 53 2 2 4 TUSCIA -VITERBO 1 Gestione tecnica e amministrativa in agricoltura Agraria 5 1 6 0 0 0 5 Tecniche forestali Città Ducale Agraria 39 24 63 0 0 0 UDINE 7 Tecnologie alimentari -or.: lattiero-caseario e viticoltura ed enologia Agraria 42 21 63 0 0 0 URBINO Tecniche erboristiche Farmacia 30 40 70 0 0 0 TOTALE 1228 767 1932 75 59 124 Fonte: Ministero dell'Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica, "Il sistema universitario italiano. La popolazione studentesca - anno accademico 19961997", Istituto Poligrafico dello Stato, Roma, 1998 4.7. La formazione post laurea 4.7.1. Le scuole di specializzazione I dati dell'Istat, relativi all'anno accademico 1995 - 1996, documentano dell'esistenza di sole quattro scuole di specializzazione nel settore agrario, con un totale di studente pari ad 82 unità. I diplomati, nell'anno solare 1996, sono stati 20. Questi dati, relativi a sole quattro scuole, apparentemente contrastano con quelli riportati nella pubblicazione ufficiale del Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica "La formazione post laurea nelle università italiane", la quale documenta della esistenza di ventitré scuole - per un totale di quattordici diversi tipi - nel medesimo anno accademico. La spiegazione potrebbe essere individ uata nell'ipotesi che la pubblicazione del ministero riporti le scuole previste dagli statuti degli atenei. Probabilmente, a fronte di 23 scuole previste, solo quattro furono realmente attive in quell'anno accademico. Un'altra fonte di informazione è semp re l'Istat, ma con un'altra sua ricerca: "L'inserimento professionale dei laureati - Indagine 1995". I dati di questa indagine, analizzati dettagliatamente nel capitolo dedicato agli sbocchi occupazionali, evidenziano che nel 1995 erano solo 55 i laureati in scienze agrarie e solo 7 i laureati in scienze forestali, i quali non cercavano lavoro perché stavano proseguendo nello sviluppo della loro formazione. Più elevata era la percentuale dei laureati nel totale dei corsi di studio. Questi ulteriori e distinti dati dell'Istat assommano a 62 unità, cifra molto vicina a quell'82 riportato precedentemente. Si può concludere che minimo è il numero dei laureati di questo settore che prosegue nello sviluppo della propria formazione all'interno degli atenei. Il ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica, con un proprio decreto datato 7 ottobre 1994 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 17 febbraio 1995, ha definito ben ventidue diversi tipi di scuole di specializzazione. Rispetto a quelle elencate dalla pubblicazione del ministero, relativa all'anno accademico 1995 1996, alcune hanno la medesima denominazione; altre un nome affine; altre, infine, sono del tutto nuove. Secondo dati inediti, cortesemente forniti dal CIMEA della Fondazione Rui, nell'anno accademico 1997 - 1998 sono attive le seguenti scuole: Biotecnologie vegetali: Napoli, Pisa Economia del sistema agroalimentare: Napoli, Università Cattolica - sede di Cremona. Fitopatologia: Bologna Parchi e giardini: Torino Scienze viticole ed enologiche: Torino Valorizzazione e conservazione degli ambienti agricoli forestali: Napoli L'esiguità della formazione post laurea intra-universitaria, rinvia all'esigenza di una formazione continua, la quale forse non può fare un grande affidamento sul mondo accademico. Tab. 62 Tav. 20 Tav. 21 4.8. Ipotesi per riforme della formazione universitaria e continua Questo paragrafo fornisce alcuni elementi di conclusione dell'analisi sull'offerta formativa per la professione di Dottore Agronomo e Forestale, da mettere ulteriormente a punto in concerto con il Comitato tecnico-scientifico. 4.8.1. Il processo in corso di riforma complessiva della formazione universitaria In attuazione della legge 15 maggio 1997, n. 127 (denominata Bassanini 2), art. 17, commi 95 e seguenti, è in atto una riforma complessiva della formazione universitaria. Il Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica - Murst ha avviato tale riforma indirizzando il 16 giugno 1998 agli atenei una "nota di indirizzo", che "segna l'avvio del processo" e che fornisce "informazioni sintetiche sugli obiettivi dei provvedimenti in corso e indicazioni sulle innovazioni immediatamente percorribili". Essa, inoltre, informa che "nei prossimi mesi" sarà emanata una ulteriore apposita nota di indirizzo, la quale definirà l'"architettura generale del nostro sistema universitario". Attualmente, gli ordinamenti didattici dei corsi universitari sono determinati da "tabelle" emanate con decreto dal Murst. La situazione cambierà: i decreti attuativi della legge n. 127/97 "determineranno - sotto forma di 'criteri generali' - la durata ed i contenuti minimi qualificanti dei diversi corsi di studio e forniranno la base per la definizione, da parte delle università, degli ordinamenti didattici sostitutivi delle attuali 'tabelle' ". Già attualmente le "tabelle" nazionali lasciano spazio alle autonome determinazioni delle singole università. Lo sviluppo dell'autonomia universitaria viene dunque accelerato. A livello nazionale ci si limiterà a definire la durata dei corsi di studio ed i contenuti minimi qualificanti. Questi "criteri generali" saranno applicati dai singoli atenei con un maggiore spazio per le proprie decisioni sui contenuti della formazione. I decreti attuativi della legge n. 127/97 "nel definire gli obiettivi formativi di ciascun corso, configureranno i contenuti minimi qualificanti per i singoli curricula, lasciando ampia libertà all'autonoma determinazione degli atenei." La "nota di indirizzo" emanata dal Murst il 16 giugno 1998 preannuncia che nei decreti attuativi sarà "indicata l'esigenza di confronto" degli atenei anche "con le parti sociali". Pertanto, gli Ordini provinciali ed il Consiglio Nazionale dell'Ordine dei dottori agronomi e dei dottori forestali – Conaf sono in grado di svolgere una funzione importante. Il Murst, al momento in cui si scrive, si appresta ad emanare cinque "decreti di area", per le seguenti macro - aree: area sanitaria; area scientifica e scientifico-tecnologica; area umanistica; area delle scienze giuridiche, economiche, politiche e sociali; area dell'ingegneria e dell'architettura. Il relativo decreto conterrà criteri relativi ai corsi di studio già previsti dagli ordinamenti didattici vigenti. Quindi relativi anche ai quattro corsi di laurea, che consentono attualmente l'iscrizione all'Ordine dei dottori agronomi e dei dottori forestali. Il Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica - Murst, il 16 ottobre 1998, ha diramato a tutti gli atenei la seconda "nota di indirizzo", per l'impostazione della riforma complessiva dei corsi di studio. La nota ribadisce che la riforma si basa sul principio (definito "fondante") della autonomia universitaria. Ma, ai sensi delle disposizioni di legge, compete al Ministero la definizione dei "criteri generali" della riforma. Tra di essi, la nota di indirizzo del 16 ottobre 1998 statuisce che: "b) l'innovazione dei corsi dovrà realizzarsi ..... nel quadro di uno scambio permanente all'interno e all'esterno delle università ....". E' prevedibile che nella primavera 1999 il Murst emanerà i primi cinque decreti ministeriali di riordino delle cinque "macro-aree". Successivamente all'emanazione di tali "decreti di area", ogni ateneo potrà e dovrà procedere alla ridefinizione dei corsi di studio. Solo in teoria è ipotizzabile che le concrete riforme dei corsi prendano avvio dall'anno accademico 1999-2000. Si prevede che i tempi saranno più lunghi. Questa nuova "architettura" è stata concordata dai competenti ministri dei quattro principali Paesi dell'Unione europea – Ue: Italia, Germania, Francia, Inghilterra. Il 25 maggio 1998 essi hanno firmato a Parigi una dichiarazione congiunta su "L'armonizzazione dell'architettura dei sistemi di istruzione superiore in Europa", nota come "Dichiarazione della Sorbona". Il documento è stato trasmesso agli altri undici Stati membri dell'Ue, al fine di ottenerne l'adesione, che, fino a metà settembre 1998, era stata già data da Spagna e Svezia. La "Dichiarazione della Sorbona" delinea un comune quadro di "movimento", al fine di costruire un sistema universitario europeo armonizzato, basato su due cicli universitari principali – uno di primo ed uno di secondo livello - i quali saranno riconosciuti ai fini dell'equiparazione e dell'equivalenza in ambito europeo. Cons iderando nel dettaglio la riforma concordata a livello europeo, il ciclo universitario di primo livello "ha durata triennale ed ha per obiettivo di fornire allo studente una formazione culturale e professionale compiuta, spendibile sul mercato del lavoro, tale da poter dare accesso, di norma, alle attività per le quali attualmente si richiede la laurea, salvo specifiche e motivate eccezioni per attività e funzioni che richiedano espressamente il titolo finale di II livello. I corsi di I livello sono collocati in serie con uno o più corsi di II livello e si concludono con il conseguimento di apposito titolo." Il ciclo universitario di secondo livello "ha di norma durata di due anni – riducibili ad uno per particolari tipologie formative – dopo il conseguimento del titolo di I livello. I corsi del II livello si concludono con il conseguimento del diploma di laurea ed hanno per obiettivo una formazione culturale e professionale comprensiva della specializzazione (sostanzialmente equivalente, in genere, al livello formativo proprio del master negli ordinamenti didattici di taluni paesi europei). Il sistema delineato presuppone la riconsiderazione generale delle scuole di specializzazione, con prioritario riferimento a quelle non mediche. In sostanza la nota del Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica ipotizza un riassorbimento anche parziale nel II livello delle scuole di specializzazione. E' questo l'attuale quadro complessivo di riforma universitaria. E' indispensabile tenerlo presente, al fine di inserirsi nel processo di riforma e di formulare una metodologia di elaborazione di proposte, che nascano dalla esperienza e dalle esigenze dei Dottori agronomi e dei Dottori forestali, anche in funzione delle esigenze reali della società italiana e della categoria. 4.8.2. Alcune prime ipotesi di riforma della formazione universitaria La "nota di indirizzo" emanata dal Murst il 16 giugno 1998 segnala che i decreti di riforma degli studi universitari conterranno, tra le altre, le seguenti previsioni di carattere generale: acquisizione della piena conoscenza di una lingua europea e, almeno a livello di base, di una seconda lingua straniera; acquisizione di competenze nell'uso delle nuove tecnologie informatiche e telematiche; effettuazione di stages formativi. Queste direttrici di riforma appaiono senz'altro condivisibili. Qui di seguito si propongono alcune ipotesi di implementazione, in funzione delle caratteristiche dell'attuale offerta formativa per la categoria dei Dottori Agronomi e forestali. a. La lingua straniera Si dovrebbe prendere atto che la lingua internazionale di scambio è oggi l'inglese. Forse potrebbe essere compiuto un passo in più proponendo che tale lingua sia appresa da tutti gli studenti. Essa potrebbe parzialmente diventare anche "lingua curricolare", nel senso di una maggiore utilizzazione diretta di testi scientifici scritti in tale lingua. Il che eviterebbe di far ricorso a testi tradotti, che in genere sono più costosi degli originali inglesi e spesso di non elevato livello, sotto il profilo della traduzione effettuata. La lingua straniera potrebbe essere collocata nel I anno di corso, perchè è "tool" per la successiva formazione in prospettiva internazionale. Inoltre, nel primo anno, c'è inevitabilmente negli studenti un disorientamento, che può essere parzialmente riempito anche con lo studio di una lingua straniera. b. Gli stages Tutti concordano sulla loro utilità. Ma non ci può fare illusioni su una formula che non può assumere dimensioni molto vaste. Da una parte, quindi, un pieno incoraggiamento ad un loro incremento. Dall'altra parte, ci dovrebbe chiedere come sviluppare la "componente" pratico operativa della formazione, anche con modalità altre rispetto allo stages. c. La collocazione della formazione nell'area dell'ingegneria e dell'architettura La "nota di indirizzo" emanata dal Murst il 16 giugno 1998 preannuncia la ripartizione di tutti i corsi di laurea in cinque macro aree, tra le quali una denominata "area dell'ingegneria e dell'architettura". Tale area andrebbe ampliata e ridenominata. Essa dovrebbe appunto includere, oltre ai corsi di laurea in ingegneria ed in architettura, anche i quattro corsi di laurea che attualmente consentono l'iscrizione all'Ordine dei Dottori agronomi e dei Dottori forestali. Occorre far riferimento alle competenze professionali che le leggi vigenti (legge n. 3/76 e legge 152/92) attribuiscono ai laureati dalla Facoltà di agraria. Sulla base di tali indicazioni di legge, le facoltà stanno offrendo (ed ancor più dovranno farlo nel prossimo futuro) una formazione che comprende (oltre alle competenze "produttivistiche" tradizionali) anche la progettazione e la gestione di sistemi territoriali ed il governo di aree di interesse ambientale. Pertanto, anche la denominazione delle facoltà di agraria dovrebbe opportunamente mutare in "Facoltà di scienze rurali, ambientali e territoriali". d. Una formazione con basi economico-giuridiche L'obiettivo è una formazione tale che il neolaureato sia in grado di svolgere un ruolo centrale nei processi di mutamento ambientale. Per far questo, gli necessita anche una formazione di base sulle tematiche economico - giuridiche. Attualmente "sottosviluppata" appare questa "componente" nella formazione impartita nei quattro corsi di laurea. Passiamo in rassegna la situazione attuale, nei quattro ordinamenti didattici nazionali, richiamando il numero minimo di ore di didattica: Scienze e tecnologie agrarie: economia ed estimo 200 ore. Scienze forestali e ambientali: economia e politica forestale e ambientale 200 ore; gestione ed utilizzazione delle risorse agroforestali in ambiente 100 ore; estimo e valutazioni forestali e ambientali 50 ore; diritto e legislazione forestale e ambientale 100 ore. Scienze e tecnologie delle produzioni animali: economia ed estimo 350 ore. Scienze agrarie tropicali e sub - tropicali: economia politica 100 ore; diritto e legislazione 50 ore. Una formazione valida è il risultato di una "dieta calibrata". Attualmente tale "dieta" risulta non equilibrata, sotto il profilo della necessità di basi economico - giuridiche, almeno per i due corsi di laurea in Scienze e tecnologie agrarie ed in Scienze agrarie tropicali e sub - tropicali. 4.8.3. Il ruolo propulsore del Conaf per la riforma della formazione universitaria e della formazione continua Il Consiglio dell'Ordine nazionale dei dottori agronomi e dei dottori forestali - Conaf ed anche i singoli Ordini provinciali potrebbero svolgere un ruolo importante, contribuendo alla definizione delle riforme da apportare ai quattro corsi di laurea di proprio specifico interesse. Il momento è unico. Perchè: il Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica - Murst si appresta a varare il decreto attuativo relativo anche alla macro-area in cui si collocano i quattro corsi di laurea; il Murst ha preannunciato, nella "nota di indirizzo" del 16 giugno 1998, che il decreto imporrà ai singoli atenei di confrontarsi anche con le parti sociali. Quindi le università avranno il formale dovere di "colloquiare" anche con gli Ordini provinciali. "I professori insegnano quello che sanno." Questa boutade evidenzia ed ingigantisce una realtà, la cui esistenza, però, (in una certa misura e pur evitando generalizzazioni) pochi negano. L'università, invece, dovrebbe insegnare quello che serve. Ma senza l'apporto del Conaf e degli Ordini provinciali, non è conseguibile l'obiettivo di una riforma della formazione, che sia in linea con le esigenze presenti e future di questo comparto del mondo del lavoro. L'"accademia", cioè il mondo universitario, è continuamente in un punto di equilibrio instabile tra entropia e sviluppo. E' perennemente ad un bivio ed ha necessità di punti di riferimento, di polarità che possano "orientare" la sua azione. Il mondo del lavoro - nei settori di competenza del Conaf - è in grado (mediante un'azione né semplice, né breve) di assurgere a polarità obbligata di riferimento per l'"accademia". Senza questo tipo di apporto, il "livello" qualitativo della formazione impartita tende a decrescere, comunque limitare centralità della professione nel sistema produttivo. Il sistema universitario ha tendenza a chiudersi in se stesso, sulle sue procedure e sulle sue dinamiche interne e tende a procedere su basi di routine. Per queste ragioni, il sistema universitario con le dovute eccezioni, che purtroppo non sono così diffuse come si vorrebbe, non appare in grado di rispondere adeguatamente alle esigenze formazione professionale - aggiornamento dei dottori agronomi e dei dottori forestali, già da anni attivi. Il Conaf potrebbe deliberare di assumere anche la funzione di stimolatore, propulsore, organizzatore di iniziative di specializzazione ed aggiornamento per i propri iscritti e più in generale per laureati del settore. Già attualmente la legge n. 3/76 "Ordinamento della professione di dottore agronomo e di dottore forestale" statuisce: il consiglio dell'Ordine provinciale "cura il perfezionamento tecnico e culturale degli iscritti" (art. 13, lettera N); la federazione regionale "promuove e coordina sul piano regionale le attività di aggiornamento e di formazione tra gli iscritti agli ordini" (art. 21 ter, lettera F); il consiglio nazionale dell'Ordine "coordina e promuove le attività dei consigli degli ordini intese al perfezionamento tecnico e culturale degli iscritti" (art. 26, lettera B). Come è ben noto, vi è all'orizzonte la prospettiva di un riordino complessivo del sistema ordinistico. Il 3 luglio 1998, il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge - DdL "Delega al Governo per il riordino delle professioni intellettuali" (il cosiddetto DdL Mirone, dal nome del Sottosegretario del Ministero di grazia e giustizia, prof. Mirone, che ha coordinato la preparazione del DdL). Come è noto, il DdL tratteggia una mega - riforma del sistema ordinistico. Le funzioni degli Ordini provinciali, in campo formativo, vengono confermate dal DdL, sia all'art. 2, lettera H; sia all'art. 3, lettera H. Nella relazione di accompagnamento del DdL, alla lettera G, si legge che si intende riconoscere "il potere rappresentativo, di indirizzo, coordinamento e supplenza degli Ordini nazionali"; e che si intende prevedere ... in capo ai Consigli nazionali, poteri concreti". "E' anche sembrato opportuno, sulla base dell'esperienza maturata, che i Consigli nazionali abbiamo il potere di sostituirsi agli Ordini locali, allorchè questi si rendano inerti rispetto alla tutela di rilevanti interessi generali". La riforma del sistema ordinistico si è messa in moto e, in tempi non brevi, probabilmente giungerà in porto. Nel futuro quadro normativo, viene confermato che la funzione di formazione in capo ai singoli Ordini provinciali; ed ai Consigli nazionali un potere di: indirizzo di tali attività formative; loro coordinamento; una funzione di supplenza, nel caso in cui uno o più Ordini locali restino inerti rispetto ad un loro compito ritenuto di interesse generale (e la formazione non può non rientrare tra di essi). Quindi viene prevista la facoltà di autonome decisioni e campo di azione per gli Ordini locali; ed anche una funzione specifica per i Consigli nazionali. E' appena il caso di osservare che il cosiddetto "villaggio globale", sotto il profilo economico, comporta anche la necessità di una consapevolezza e prospettiva mondiale per quanto riguarda una formazione, che metta in grado gli operatori economici di diventare cittadini. Una iniziativa nel settore della formazione continua non può certo essere negata ad un singolo Ordine provinciale. Ma senza alcun dubbio il livello nazionale costituisce l'osservatorio privilegiato, da cui cercare di discernere i fini ed mezzi più appropriati, nel quadro della globalizzazione dell'economia e della conseguente globalizzazione della formazione. 5. L'evoluzione della professione di dottore agronomo e dottore forestale nella prospettiva internazionale 5.1. Il quadro generale Il legame fra la politica europea, le più ampie dinamiche in atto negli scambi economici internazionali e le prospettive di sviluppo della professione di dottore agronomo è un elemento di grande rilievo per comprendere correttamente il contesto di riferimento con cui le politiche di sostegno alla categoria dovranno confrontarsi già nell'immediato futuro. In questo senso è riduttivo circoscrivere l'analisi alla dimensione europea, poiché le maggiori novità provengono piuttosto da fenomeni che hanno caratteristiche globali e che, pur essendo per loro stessa natura meno visibili, propongono linee di innovazione costante e irreversibile. In ogni caso è importante partire dall'analisi delle strategie adottate sul piano comunitario in merito alle professioni, anticipando che l'Unione Europea non ha ancora definito un modello unitario da proporre ai singoli Stati, ma lascia questi ultimi liberi di regolare le attività intellettuali esercitate all'interno dei confini di ciascuno, purchè le soluzioni adottate garantiscano il principio della sussidiarietà e non ostacolino la mobilità professionale. La UE non esclude di tornare ad occuparsi di singoli comparti professionali, come accadeva fino a tutto il decennio '80, ma solo sulla base di un input preciso da parte delle associazioni internazionali di categoria ed al fine di facilitare la definizione di profili formativi e professionali comuni (come è accaduto, a titolo di esempio, per il registro comune degli ingegneri, adottato su richiesta della Feani). La dimensione europea per le professioni intellettuali rappresenta un elemento di confronto importante, non tanto e non solo per gli eventuali processi di mobilità da Stato a Stato (che a tutt'oggi non sembrano assumere rilevanti dimensioni quantit ative) ma in quanto non ha più senso parlare di sviluppo di quella parte così rilevante del terziario che sono le professioni intellettuali vincolandolo alla semplice dimensione locale. Il territorio infatti, soprattutto nella sua accezione locale, è da tempo entrato nel novero dei fattori che si ritiene possano assicurare allo sviluppo una tenuta solida e continuativa. Lo stesso processo di globalizzazione, da parte sua, ha messo ancora più in risalto la centralità della dimensione locale, a partire dalla quale è possibile fronteggiare tutte le interdipendenze necessarie a garantire competitività all'intrapresa economica. La politica europea sulle professioni intellettuali si informa proprio a questo principio di massima valorizzazione delle realtà esistent i a livello territoriale, in ciascun Paese membro, fatta salva la possibilità di riconoscere le professionalità migranti. In assenza di un modello comunitario definito, la UE sta cercando di definire uno schema tramite un processo di avvicinamento progressivo, i cui presupposti restano e sono destinati ancora a rimanere le due direttive generali 48/89 e 51/92. Dopo un lungo periodo in cui la UE ha prodotto solo direttive settoriali, ossia su singole attività professionali, tramite la comparazione e il tentativo di equiparazione delle rispettive formazioni (si pensi alle direttive sui medici, gli infermieri, i dentisti, i veterinari, le ostetriche, gli architetti, i farmacisti, i trasportatori, gli avvocati, gli agenti e i mediatori di assicurazione, i parrucchieri e gli agenti commerciali autonomi), con le due suddette direttive generali si è inteso affidare ai singoli Stati il compito di regolamentare i servizi professionali e di accogliere i professionisti migranti, prevedendo le misure compensative necessarie per adeguare la professionalità dell'ospite agli standard richiesti dal sistema di regolamentazione adottato. Ne deriva che le misure di adeguamento scattano quando si producono differenze sostanziali e non formali nelle caratteristiche delle attività professionali svolte rispettivamente dal migrante e dall'ospite. La UE, per parte sua, rimane sostanzialmente fuori anche da questa fase applicativa delle direttive generali. Piuttosto, ha voluto proporre ai Paesi europei nuovi concetti, a partire da quello di regolamentazione, che, ad esempio, non coincide del tutto con il concetto di professione protetta presente nel nostro ordinamento. Ma oltre a ciò, l'Unione non ritiene di dover interferire con le decisioni degli Stati membri. Se si analizzano tuttavia le due direttive generali da un altro punto di vista, non è difficile convenire che entrambe siano state mantenute ad un livello di genericità piuttosto elevato e che siano ispirate alla tradizione anglosassone, che a sua volta è del tutto non codificata e flessibile. Ciò ha determinato un duplice effetto. In primo luogo, la comunicazione fra sistemi professionali diversi si è resa piuttosto difficile, come si può dedurre anche dalle domande di esercizio all'estero delle attività professionali, che secondo i dati più aggiornati della Commissione europea, seppure risalenti al biennio '93-'94, non superavano in tutta Europa le 10 mila richieste. Inoltre, la sovrapposizione di prassi consolidate solo in alcuni Stati sugli altri non facilita la creazione di uno spazio davvero unitario al cui interno si possano realizzare scambi efficaci di professionalità. In sostanza, i flussi di circolazione dei professionisti nell'Europa comunitaria non sono destinati a crescere con ritmi più che proporzionali, come anche è presumibile che i diversi modelli di regolamentazione dovranno coesistere ancora per molto, in assenza di un modello sovranazionale certo a cui fare riferimento. Ma proprio questi gradi di libertà che ciascuno Stato membro possiede possono diventare altrettante opportunità per contribuire alla costruzione del modello comunitario attraverso l'interpolazione dello schema britannico - che in questo momento è quello sotteso alle direttive generali - con le esperienze nazionali altrettanto significative. In Gran Bretagna le professioni sono tanto regolamentate per legge, quanto per regolamento, quanto da Albi tenuti direttamente da un Ministero, quanto autoregolamentate. Anche gli organismi paragonabili ai nostri Ordini professionali, chiamati "Statutary regulator bodies" e regolati per legge sono soggetti di diritto privato. Ciò che risalta nel modello inglese è la notevole differenziazione esistente nelle forme di regolazione e, al tempo stesso, l'estensione della tutela pubblica non sempre al titolo e alla profe ssione assieme: il più delle volte è "protetto", la professione no, con il risultato che può essere esercitata secondo logiche e rapporti di mercato. Per ciò che riguarda le dinamiche in atto sul piano extra - europeo, un recente studio dell'OCSE, "Regulatory Reform Project on Professional Business Services" (1996), ha messo in luce che nei 28 Paesi membri le professioni intellettuali sono ovunque oggetto di regolamentazione, anche attraverso la funzione di un Ordine, che – quando è previsto – ha compiti di tenuta degli Albi di controllo della deontologia e di verifica della professionalità degli iscritti. Questo stesso rapporto ha indicato che in molti Paesi, ci sono vincoli tariffari e che in altri esistono limiti per la costituzione di società. Al tempo stesso bisogna ricordare che i diversi organismi internazionali preposti a garantire e a rendere certi gli scambi e le transazioni finanziarie sul piano mondiale sono impegnati a studiare le modalità di massima liberalizzazione delle attività economiche, pena l'emarginazione dai circuiti della competizione di mercato dei Paesi che non vogliano o non riescano ad adeguare le loro regole a quelle concordate all'interno di tali organismi. In concreto e con riguardo alle principali organizzazioni che stanno operando su questo terreno, basta prendere in considerazione le più recenti decisioni per avere un'idea delle ricadute che queste potrebbero avere sul nostro sistema professionale. Nell'ambito degli accordi GAT'S (General Agreement on Trade) sta per esser varato il millennium round, con l'obiettivo di liberalizzare entro il 2000 anche il lavoro professionale, ad esclusione di quelle attività intellettuali sulle quali gli Stati indichino per legge una esplicita riserva. Anche in questo caso, entro il 2002 le riserve dovrebbero essere eliminate; nell'ambito del TEP (Transatlantic Economic Partnership) formato dall'Unione europea e dai paesi dell'area Nafta ( Usa, Canada, Messico e Portorico) sono in corso trattative per la definizione di un sistema di mutuo riconoscimento fra gli Stati per risolvere entro il 1999 il problema dei dazi. Nell'ambito di questo processo si prevede di regolamentare anche il riconoscimento del lavoro intellettuale; nell'ambito del MAI (Multilateral Agreement on Investiment) definito fra i paesi Ocse, al fine di regolare e garantire il ruolo degli intervistati. Si stanno definendo quindi regole standard per l'accesso al mercato, che potrebbero avere un'applicazione immediata nei contesti economici nazionali e potrebbero, di conseguenza, indurre con il bypassare le legislazioni nazionali. L'applicazione di queste intese internazionali, cioé finirebbe con il liberalizzare i regimi in monopolio e in concessione, primo fra tutti il sistema professionale. Si tratta, dunque, di norme orientate nel loro complesso ad aprire i confini normativi e di consuetudine al cui interno si sono collocate fino ad oggi le professioni intellettuali, proiettandole non solo in una logica di competizione piuttosto esterna alla nostra cultura lavoristica, e terziaria, in particolare, ma verso nuovi modelli organizzativi - non necessariamente di tipo imprenditoriale (sebbene informati ai principi su cui si fonda l'azienda) - e verso, soprattutto, la loro standardizzazione. 5.2. La comparazione sul piano europeo La comparazione fra la professione di dottore agronomo esercitata nel nostro Paese e le analoghe figure presenti all'estero si può realizzare soprattutto con riguardo alla realtà europea. Non si tratta di una visione riduttiva del contesto internazionale tracciato dal precedente paragrafo, ma di una scelta incentivata dalla disponibilità di documentazione in merito e anche dalla prossimità fisica e politica con le realtà professionali di alcuni fra i più significativi Stati membri. Anche il dottore agronomo si trove rà a competere all'interno di circuiti economici globali, ma che intanto è importante capire cosa accade nell'immediato interno della realtà italiana. Sotto questo aspetto, il principale risultato dell'analisi comparata consiste nell'evidenziare che non solo in Italia l'accesso alla professione di dottore agronomo e del dottore forestale è subordinato all'iscrizione all'Ordine. In particolare, si osserva che in Spagna, Portogallo e Grecia hanno attivato da tempo Ordini professionali e che in altri Paesi europei esistono associazioni professionali di tipo ordinistico. Il nodo da sciogliere, quindi, non riguarda (solo) la specificità ordinistica italiana, ma la sua disomogeneità sotto il profilo del sistema di offerta scolastico. Questa situazione è in gran parte determinata dalle caratteristiche del modello formativo italiano, in particolare sotto il profilo dell'organizzazione scolastica. In tutti i Paesi europei* esiste il numero chiuso per il proseguimento degli studi dopo le scuole secondarie, strumento che riduce i rischi di abbandono dei corsi, con meccanismi più o meno selettivi di ingresso in funzione del Paese considerato (maggiori in Olanda e Francia) e della categoria di insegnamento a cui si riferiscono. Al termine degli studi superiori, infatti, si aprono due percorsi di studio ben distinti, anche se potenzialmente "raccordabili" sotto forma di un esame di ammissione o di un anno supplementare di studio: uno a carattere professionale (in genere di due o tre anni) e uno a carattere universitario (qua ttro o cinque anni). Il primo mira a creare figure professionali già pronte a entrare nel mondo del lavoro, prevalentemente con mansioni tecniche e subordinate all'interno di istituzioni e imprese rivolte alla produzione o alla ricerca applicata; il secondo invece si caratterizza per un più elevato livello di preparazione scientifica di base e orienta verso i settori della ricerca scientifica, della prestazione professionale e della produzione in posizioni particolarmente qualificate. Ad eccezione della Spagna, l'attività didattica comprende sempre lo svolgimento di tirocini più o meno numerosi e diversamente strutturati all'interno dei corsi, ma che nell'insieme impegnano gli studenti in una percentuale variabile dal 25% al 50% della durata totale dei corsi. In Italia esiste un unico diploma di laurea in Scienze agrarie ed in Scienze forestali di durata quinquennale cui si può accedere non solo dopo il conseguimento del diploma di perito agrario (conseguimento presso un Istituto tecnico agrario), ma anche dopo il conseguimento di un diploma di secondaria superiore non specialistico. L'importanza assunta dalla dimensione formativa, soprattutto sul piano dell'organizzazione scolastica e dei titoli professionali rilasciati, rende opportuno un confronto delle caratteristiche dei sistemi scolastici nei principali paesi europei. In Belgio, il titolo di "Ingegnere agronomo" può essere conseguito, dopo la scuola superiore, presso gli Istituti professionali superiori che prevedono corsi brevi (in media 2-3 anni) o lunghi (4 anni), che rilasciano il titolo di "ingegnere industriale in agricoltura"; oppure frequentando le università (di durata quinquennale), le quali a seconda della specializzazione acquisita, conferiscono il titolo di "ingegnere agronomo" e di "ingegnere chimico e delle industrie agrarie". In Francia la struttura dell'istruzione superiore in campo agricolo è molto articolata e offre un'ampia gamma di possibilità di orientamento e specializzazione degli studi. Esistono corsi biennali di tipo tecnico, ma ad alto livello, che rilasciano diplomi universitari in "tecnologia in campo agricolo" e brevetti tecnici superiori agricoli, orientati soprattutto all'attività professionale e tesi a formare figure professionali da collocare immediatamente nel mondo del lavoro; corsi brevi di tipo universitario o pre- universitario, molto selettivi e impegnativi, che forniscono una formazione non strettamente specialistica ma propedeutica all'attività in campo agronomico e agroalimentare; la formazione universitaria vera e propria (che dura in media 4-5 anni), a sua volta suddivisa tra corsi funzionali alla ricerca e alla carriera universitaria, all'inserimento nella pubblica amministrazione, all'attività professionale. Anche in Germania lo studio delle materie agrarie presenta tre diverse tipologie scolastiche. La prima riguarda le scuole tecniche superiori (circa 3 anni di studio), mirate all'ingresso nel mondo del lavoro, che conferiscono il titolo di Ingegnere in Agricoltura. La seconda è rappresentata dagli Istituti di Insegnamento Superiore Generale, che offrono piani di studio differenziati e caratterizzati da una gradualità del processo di specializzazione nel campo agronomico. Infine, vi sono le Facoltà di Agraria (di durata quadriennale), con numerosi corsi di laurea nel campo agricolo- forestale, all'interno dei quali vi sono spesso degli indirizzi e dei sotto-settori di specializzazione. In Olanda il sistema formativo si divide in Scuole di Insegnamento Professionale Superiore con tredici indirizzi di specializzazione in campo agricolo, e l'Università Agronomica (la cui durata è 46 anni). Entrambi i corsi di studio formano figure professionali molto qualificate e specializzate che trovano immediata collocazione nel mondo del lavoro (circa l'85% nel caso dei diplomati presso le scuole di insegnamento superiore), resa anche possibile dalla fortissima selezione che precede l'ingresso ai corsi di studio. Nel Regno Unito, la formazione nel campo agrario prevede la frequenza di corsi brevi di durata biennale o triennale presso i Colleges of Agriculture, o corsi universitari lunghi (di durata quadriennale per ottenere il Master of Agricoltural Sciences) che hanno un forte orientamento specialistico e settoriale dal momento che completano la preparazione acquisita nel ciclo di studi della scuola secondaria. In Spagna, l'acquisizione del titolo di "ingegnere agronomo" è articolata su tre diversi cicli di istruzione superiore, raccordati da corsi di adattamento interni che consentono la prosecuzione dei corsi ai livelli superiori: le Scuole Universitarie di Ingegneria Tecnica, con corsi triennali le Scuole Tecniche Superiori, con corsi che durano mediamente 6 anni e per i quali è richiesto un esame di ammissione; i Dottorati biennali. Le prime (che rilasciano il Diploma di ingegnere tecnico agronomo) sono a carattere professionalizzante e finalizzate all'inserimento nel mondo del lavoro, e prevedono al loro interno diversi indirizzi di specializzazione (quattro in campo agricolo e due in quello forestale). Il secondo ciclo di studi, a carattere universitario, offre il titolo di Ingegnere Agronomo e consente l'accesso ai dottorati e alle successive specializzazioni nelle diverse materie dell'area agronomica. da: Cnel, Libro bianco sulle professioni in Europa Roma, 1993, pp. 80-82 Tav. 22 - Schema sintetico sulle professioni agronomiche in Europa Belgio Lussemburgo Olanda ciclo secondario (diploma attitudinale) Ciclo secondario Istituti Università Corso annuale Formazione primaria (8 anni) Corso breve Corso lungo 2 anni (candidato ingegnere) Insegnamento Pre-universitario Insegnamento Superiore non universitario 2 anni 2 cicli biennali 3 anni Ingresso al II anno accademico delle università del Belgio, della Francia, della Germania, dell'Austria della Svizzera Corso universitario (4 anni) Scuole agrarie (4 anni) 1 anno pratica Ing. Agronomo Ing. Chimico e delle industrie agrarie Ingegnere (5 indirizzi) Ingegnere in agricoltura Graduato Ingegnere industriale in agronomia 2 anni post-laurea di ricerca 3-4 anni di corsi post-laurea (Dottore) Dottori in scienze agroeconomiche segue tav. 22 Spagna Portogallo Grecia Formazione primaria e secondaria Ciclo secondario (12 anni) Ciclo secondario (12 anni) 12 anni 13 anni Scuole superiori (3 anni) Corso integrativo (1 anno) Ultimi 3 anni Licei Scuole 1 anno di corso di orientamento Tecnico agricolo specializzato Ingegnere tecnico agrario Università (1 anno) 1 anno Scuole Università Scuole tecniche Ingegnere agronomo Istituti d'insegnamento tecnico superiore (3 anni e mezzo) Tecnico agricolo 3 anni 6 anni Facoltà di agronomia (5 anni) Laureato in scienze Ingegnere tecnico in agricoltura Ingegnere Agronomo 2 anni post-laurea (dott. ing. Agronomo) segue tav. 22 Germania Danimarca Gran Bretagna Ciclo secondario (13 anni) Formazione di base (fino a 16 anni) Ciclo secondario (15-16 anni) Scuole superiori Università Formazione accademica Formazione professionale Formazione superiore universitario (dopo 1 anno in un'azienda agricola (2 o 3 anni) Università (3 anni) (Ammissione spesso subordinata ad 1 anno di pratica) Scuole di insegnamento superiore non universitario (1 anno e mezzo - e anni di durata) Higher National Diploma (HND) (Bachelor of Sciences) 1 anno Ingegnere di FH (Fachhochschulen) Kandidat (agronomi, Hortonom) Esame ammissione u niversitario (4 - 6 anni) Final national Diploma (FD) Master in Agr. Sciences Praticantato per la libera professione Esame di Stato per l'insegnamento segue tav. 22 Irlanda Francia Italia Scuola media (3 anni) Ciclo secondario Formazione di base (elementari + 4 anni di collége) Scuola media superiore (5 anni) Superiore non universitario Università Baccalaureats tecnici 3 anni liceo Baccalaureats classici Ist. prof.le per l'agricoltura (5 anni) Agrotecnico Tirocinio biennale o altro Colleges (2 anni) National Certificate in Agricoltural Sciences esame di immatricola-zione Percorso breve Percorso lungo 2 anni di preparazione Ist. tecnico agrario (5 anni) Perito Agrario Tirocinio biennale o altro 4 anni più 1 di pratica in una azienda agraria Brevetto di tecnico superiore agricolo (2 anni) (BTSA) Scuole superiori di agricoltura (3 anni) (ESA) Ingegnere in agricoltura Laurea in scienze e tecnologie agrarie scienze forestali ed ambientali scienze delle produzioni animali scienze agrarie tropicali e sub tropicali scienze delle produzioni aziendali (5 anni) Dottore Agrario e Dottore Forestale Bachelor of agricoltural Sciences Diploma universitario di tecnologia (2 anni) Scuole nazionali per ingegneri agricoli (3 anni) (ENITA) Ingegnere dei lavori agricoli 1 anno (Master of agricoltural Sciences) Diploma di studi universitari tecnico-scientifici (DEUST) Scuole nazionali superiori in agronomica (3 anni) (ENSA) Ingegnere agronomo Tesi (Philosphy doctor) 6. L'indagine sugli iscritti all'Albo 6.1. L'organizzazione professionale Tra i dottori agronomi e forestali la vocazione nei riguardi della libera professione è molto forte. Oltre la metà degli agronomi svolge l'attività di libero professionista a tempo pieno ed a tempo parziale. La dimensione prevalente dello studio è quella monopersonale, con la presenza cioè del solo titolare, senza dipendenti e altre figure professionali. Tra chi svolge in modo prevalente la libera professione non è molto diffuso il ricorso ad altre competenze al di fuori di quelle portate da ciascun dottore agronomo, probabilmente per effetto delle dimensioni organizzative della loro attività. Sotto questo stesso profilo, la situazione dei dottori agronomi e forestali dipendenti di enti pubblici o privati risulta leggermente differente. Questi hanno in genere più occasioni di contatto e di collaborazione con altre professioni, specie quelle tecniche. Significativa è la percentuale di agronomi inseriti come dipendente o dirigente nelle pubblica amministrazione, ed in particolare nelle amministrazioni decentrate, fatto che in qualche modo conferma il forte legame della categoria con la dimensione territoriale locale. Nel settore privato, ove trova collocazione poco più di un decimo degli agronomi, l'impiego del dottore agronomo e dottore forestale per questioni afferenti l'agricoltura mantiene la sua centralità. Nondimeno, il dottore agronomo sembra cominciare a ritagliarsi un proprio ruolo anche nel settore industriale, specie nelle imprese di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli e nelle imprese che forniscono strumenti e competenze utilizzati in agricoltura. Analizzando in dettaglio i risultati dell'indagine, emerge che il 33,6% dei dottori agronomi e forestali esercita la libera professione a tempo pieno, mentre il 25,3% a tempo parziale (tab. 63). Considerando il Paese nel suo insieme, i liberi professionisti a tempo pieno sono relativamente più numerosi al Centro (42,9%). Nel complesso, la variabile territoriale e la tipologia professionale appaiono legate da un significativo rapporto di dipendenza statistica. La scelta della libera professione a tempo pieno appare più consistente tra le giovani generazioni (il 44,4% di coloro che hanno meno di 34 anni) e tra i professionisti con maggiore esperienza (il 51,3% di quelli tra i 60 ed i 64 anni e il 51,6% con 65 anni ed oltre). Tra i liberi professionisti a tempo parziale, elevata è la percentuale di coloro che svolgono l'attività di docente, in particolare nelle scuole medie superiori (47,1%, tab. 64). Questa dimensione lavorativa è particolarmente estesa tra le donne: diverse libere professioniste a tempo parziale trovano infatti impiego come docenti nelle scuole medie superiori (33,2%) ed inferiori (16,7%), e nelle università (16,7%). Nel complesso il 20,5% dei dottori agronomi affianca alla libera professione un altro lavoro autonomo. Il 9,8% svolge in particolare in parallelo alla attività di libero professionista quella di imprenditore, profilo particolarmente diffuso tra le donne (16,7%). Il 3,9% è agricoltore, percentuale osservata anche per gli agronomi che esercitano un'altra libera professione. La libera professione a tempo parziale risulta diffusa nelle generazioni intermedie, tra chi ha un'età compresa tra i 40 ed i 45 anni (39,3%). Poco meno di un terzo dei dottori agronomi e forestali è inserito nella pubblica amministrazione. Il 28,5% di dottori agronomi e forestali ha trovato occupazione presso enti od organizzazioni di diritto pubblico, mentre nel settore privato risulta collocato l'11,8%. La scelta in favore del lavoro dipendente nel settore pubblico appare preminente per gli agronomi con età compresa tra i 46 ed i 49 anni (47,1%). Significativa è la presenza degli agronomi nelle amministrazioni pubbliche periferiche: i dipendenti presso gli enti locali sono pari al 19,1% (tab. 65), realtà diffusa tra le donne (37,1%) ed al Sud (24,6%); l'8,5% è invece inquadrato come dirigente. L'11,2% dei dottori agronomi e forestali è dipendente presso amministrazioni statali, ed anche tra questi significativa è la quota delle donne (22,2%). Ruoli dirigenziali nelle amministrazioni statali sono occupati dal 5,4%. Infine il 7,6% ed il 3,1% dichiara rispettivamente di essere dipendente e dirigente in altre amministrazioni pubbliche. La scuola è l'altro settore dove tradizionalmente trovano inserimento i dottori agronomi e forestali che non esercitano la libera professione. Nel dettaglio, il 12,1% è docente di scuola media superiore, mentre gli insegnanti di scuole medie inferiori ed i docenti universitari rappresentano rispettivamente il 3,1% ed il 4,0%. Nel settore privato si iniziano ad intravedere importanti novità. Se l'agricoltura continua a rappresentare nel complesso un significativo sbocco occupazionale, emerge al contempo una nuova figura di agronomo inserito in contesti più ampi. In tal senso il dato più significativo è rappresentato dalla quota di agronomi, pari al 7,1%, dipendenti in imprese private non agricole. Nel settore agricolo, il 6,3% è dipendente in associazioni di categoria; il 4,0% ed l'1,8% ha trovato occupazione rispettivamente come dipendente e come dirigente presso aziende agricole; il 2,7% e l'1,3% come dipendente e come dirigente presso industrie di trasformazione di prodotti agricoli. Si rileva una stretta relazione statistica tra gli agronomi/forestali e le tipologie di contratto. La grande maggioranza dei dottori agronomi e forestali che svolge l'attività professionale come dipendente ha una situazione contrattuale stabile. Il 90,8% lavora con contratto a tempo indeterminato (tab. 66), percentuale che sale al 93,4% tra i dipendenti di enti ed organizzazioni di diritto privato. Solo il 7,3% dei dipendenti lavora con contratti a tempo determinato, condizione diffusa soprattutto tra le donne (28,6%, tab. 67), i più giovani (22,7%), e gli agronomi del Nord Est (11,4%). Anche tra le modalità di esercizio della professione e la ripartizione geografica sussiste una stretta correlazione. Il 75,7% dei liberi professionisti esercita la libera professione come unico titolare dello studio (tab. 68). Questa dimens ione interessa l'80,4% dei professionisti a tempo pieno ed il 69,4% dei professionisti a tempo parziale. Gli studi mono-personali sono relativamente più diffusi nel Centro e nel Sud del Paese. All'interno della categoria gli studi associati non sembrano ancora realtà molto sviluppate, dal momento che coinvolgono solo il 10,8% degli agronomi libero professionisti. In questo tipo di organizzazione professionale è presente una percentuale significate di donne (18,9%) e di liberi professionisti con meno di 34 anni (15,2%). Il 7,6% svolge attività di prestazione senza però titolarità di studio, tipologia organizzativa che trova maggiore diffusione nel Nord, tra i liberi professionisti a tempo parziale e tra le libere professioniste. Un numero inferiore di iscritti all'Albo infine svolge l'attività professionale in uno studio associato con altre categorie professionali (4,4%), in società di ingegneria (0,9%) ed in società di servizi (0,6%). Tra le due variabili, tipologia professionale e numero di dipendenti non professionisti, si osserva un significativo rapporto di dipendenza statistica. Anche in considerazione delle modalità di esercizio dell'attività professionale, gli studi professionali dei dottori agronomi e forestali hanno in genere dimensioni ridotte. L'83,7% dei liberi professionisti non ha alcun dipendente presso il proprio studio professionale, mentre l'11,9% dispone di un solo dipendente (tab. 69). Studi di maggiori dimensioni sono presenti nel Nord Ovest, mentre non si rilevano evidenti differenze sotto questo profilo tra liberi professionisti a tempo pieno ed a tempo parziale. Tra i dottori agronomi e i dottori forestali non è molto diffuso un approccio multidisciplinare nell'esercizio dell'attività professionale. Nel complesso, il 70,4% degli iscritti svolge la propria attività professionale senza intrattenere rapporti di collaborazione con altre figure professionali (tab. 70). Percentuali ancora superiori si evidenziano per i professionisti che esercitano la libera professione a tempo pieno ed a tempo parziale, rispettivamente l'84,3% e l'86,8%. Più ricca ed articolata è la presenza di altri specialisti negli enti pubblici e privati in cui gli agronomi sono inseriti. Considerando la categoria nel suo insieme, le professioni tecniche sono quelle maggiormente presenti nello studio o nell'ente in cui si svolge l'attività professionale. Tra queste vi sono in particolare i periti agrari (15,9%), i geometri (14,5%), gli agrotecnici (7,5%), gli ingegneri (5,3%), professioni con le quali si trovano a collaborare in misura nettamente maggiore i dottori agronomi e forestali dipendenti di enti pubblici e di imprese private. Tra le altre professioni l'unico dato significativo è quello relativo ai ragionieri ed ai periti commerciali (5,9%). Statisticamente significativo è il rapporto tra il grado di interdisciplinarietà nell'attività professionale e la variabile territoriale. Nel complesso si può osservare un maggiore grado di interdisciplinarietà dell'attività professionale nelle zone del Nord Est e, in misura minore, del Nord Ovest (tab. 71). Nell'ambito dell'attività professionale il ricorso ai moderni strumenti tecnologici assume un ruolo decisivo. La quasi totalità degli agronomi utilizza i personal computer (tab. 72), insieme a tutta una serie di strumenti informatici collegati, quali stampanti (90,4%), unità cd rom (43,4%), scanner (34,5%), video terminali (19,3%), server (15,9%). Trovano ampia diffusione strumenti come le fotocopiatrici (78,9%), i fax (78,4%) ed i telefoni cellulari (49,3%). 6.2. Il mercato e le competenze professionali Il mercato in cui si inserisce il dottore agronomo e dottore forestale è interessato da una serie di mutamenti. Rispetto al recente passato, viene confermato lo stretto legame della categoria con il territorio e con le realtà economiche ed amministrative che vi operano. I clienti tipici del dottore agronomo e dottore forestale sono le piccole e medie imprese della filiera agricola, le persone fisiche e le pubbliche amministrazioni periferiche. In particolare queste ultime rappresentano un riferimento essenziale per la categoria, sia come domanda di prestazioni qualificate, sia come sbocco professionale per gli agronomi che non esercitano la libera professione. Se nel passato l'azienda agricola ha rappresentato il soggetto di riferimento privilegiato, in prospettiva tende ad assumere maggiore importanza il settore ambientale. In questo campo, in virtù della sua specifica formazione, il dottore agronomo e dottore forestale, sia come libero professionista che come dipendente, può meglio di altri proporre un approccio globale alle problematiche dello sviluppo rurale, intervenendo sia sotto il profilo della tutela e della gestione del territorio, sia nei processi produttivi della filiera agroalimentare. Riguardo questo ultimo aspetto, la categoria tende ad assumere la veste di interlocutore privilegiato per le industrie di trasformazione e commercializzazione dei prodotto agricoli. In tale settore le attività svolte sono quelle classiche di prestazioni tecniche per l'agricoltura, ma anc he, ed è questa la novità più significativa, la prestazione gestionale ed il marketing. Si rileva quindi una parte ancora minoritaria, ma estremamente dinamica di agronomi che configura la propria attività professionale come elaborazione ed offerta di servizi, e che quindi si inserisce a pieno titolo nel settore del terziario avanzato. Dall'analisi dei dati relativi alla tipologia della clientela dello studio si evince che la domanda della professionalità del dottore agronomo e dottore forestale è strutturata in tre segmenti distinti: le piccole e medie aziende private, le amministrazioni pubbliche periferiche e le persone fisiche private. Si osserva che la tipologia della clientela e la ripartizione territoriale sono legate da un significativo rapporto di dipendenza statistica. In particolare il 59,7% degli intervistati ha come clienti imprese con meno di 50 addetti (tab. 73). L'attività di supporto alle piccole e medie imprese è estremamente diffusa nel Sud (66,3%). Nel settore pubblico, le amministrazioni locali si avvalgono delle competenze dei dottori agronomi e forestali con maggiore frequenza e continuità. Considerando i dati, 21,6% ha come referente le amministrazioni comunali, il 15,9% la regione, il 13,6% la provincia, il 5,2% con le comunità montane, mentre solo il 7,0% ha come clienti le amministrazioni statali, a conferma dello stretto rapporto che lega la categoria alla realtà locale. Nelle macro aree territoriali del Paese, il rapporto con le amministrazioni locali appare più marcato nelle regioni del Centro, in particolare con le amministrazioni provinciali (29,4%) e regionali (27,5%). Nel Nord Est invece, oltre alle amministrazioni comunali (29,7%) ed alle comunità montane (7,6%), assumono una maggiore rilevanza rispetto il dato nazionale le aziende con oltre 250 dipendenti (6,8%). Un significativo rapporto di dipendenza si osserva tra la variabile sesso e la tipologia prevalente di clientela. Le donne in particolare hanno saputo sviluppare la propria professionalità nei rapporti con le amministrazioni locali. Dai dati si evince che il 27,9% fornisce prestazioni professionali ai comuni, il 23,5% alle regioni, il 16,2% alle province, il 10,3% alle comunità montane (tab. 74). Infine il 45,0% dei dottori agronomi e forestali ha come cliente principale le persone fisiche private. Su questo segmento di mercato si inseriscono specialmente i professionisti più anziani, con 65 anni ed oltre (64,5%, tab. 75), professionisti che hanno maturato una maggiore esperienza professionale e la possibilità quindi di instaurare un rapporto stabile con il singolo cliente. Nel complesso, sussiste una significativa dipendenza statistica tra età e tipologia di clientela. Infine, il 54,1% dei dottori agronomi e forestali del Nord Est presta la propria opera a persone fisiche private. Il 51,4% dei dottori agronomi ha una clientela fissa. Questo carattere della domanda è più accentuato tra i liberi professionisti a tempo pieno (53,5%, tab. 76), mentre tra i liberi professionisti a tempo parziale prevale una clientela saltuaria (66,2%). Nel Nord del Paese la clientela tende ad essere fissa in misura maggiore, al contrario di quanto invece avviene nel Sud e nelle Isole. La dimensione territoriale prevalente dell'attività professionale è locale per il 58,5% e regionale per il 30,1% degli iscritti (tab. 77). Questi dati indicano ancora l'esistenza di un rapporto privilegiato della categoria con il territorio, sia pure con alcune specificazioni. A livello locale, la clientela è prevalentemente saltuaria (55,2%), mentre la domanda regionale si configura in misura maggiore come stabile (58,3%). La dimensione nazionale interessa solo l'8,0% degli iscritti e si configura come clientela fissa per una quota consistente di professionisti (74,5%). Percentuali minori prestano i loro servizi oltre i confini italiani, in modo prevalentemente stabile nell'ambito dell'Unione Europea, saltuariamente nel resto del mondo. Si osserva una stretta relazione tra la dimensione territoriale prevalente dell'attività professionale e la ripartizione territoriale. Nel Sud e nelle Isole ben il 65,1% dei professionisti si rivolge ad un mercato prevalentemente locale, dato a cui si deve aggiungere il 27,1% di professionisti con una dimensione prevalentemente regionale dell'attività professionale (tab. 78). Nel Nord Est e nel Nord Ovest cresce la percentuale di iscritti che opera su tutto il territorio nazionale (rispettivamente nel 14,5% e nel 12,5% dei casi). Al Centro si concentra una buona percentuale di chi opera in una dimensione internazionale. A giudizio dei dottori agronomi e forestali i profili dell'attività professionale da migliorare sono tre: in primo luogo vi è l'aggiornamento professionale nel settore od attività di competenza, indicato nel 24,5% delle risposte (tab. 79). Questa esigenza è avvertita tra chi esercita la libera professione a tempo pieno (30,1%), tra le donne (31,3%, tab. 80), tra i dottori del Centro (31,8%) e del Sud (25,9%). Sempre in materia di aggiornamento professionale, il 7,5% ravvisa la necessità di un aggiornamento delle dotazioni informatiche e tecnologiche (8,9%), orientamento anche questo diffuso in particolare tra le donne (14,8%); un secondo profilo riguarda direttamente i contenuti della prestazione professionale da migliorare. Tra questi, nel 23,0% delle risposte viene indicata l'efficienza, soprattutto da parte di chi opera nel Nord Est (33,8%), nonché tra i dipendenti pubblici (30,3%) e privati (29,5%). Il 17,0% presta attenzione al rispetto dei tempi, mentre il 15,5% alla capacità di risolvere rapidamente i problemi posti. infine il 20,4% indica la necessità di migliorare il rapporto con la pubblica amministrazione, fattore che facilita il raggiungimento di determinati risultati nell'esercizio della professione. Tale aspetto è sottolineato degli iscritti del Sud e delle Isole (24,8%) e del Centro (23,4%) ed infine da chi esercita la professione a tempo parziale (28,2%). Per ciò che concerne la specializzazione prevalente, è opportuno ricordare che, sulla base di quanto fissato dalla legge 152/92, le competenze del dottore agronomo e dottore forestale coprono un vasto spettro. Tentando di schematizzare, dai risultati della ricerca emerge che i settori in cui attualmente essi svolgono principalmente l'attività professionale sono l'economico-estimativo, la tutela e la gestione dell'ambiente, l'agricoltura e progettazione in ambito forestale. Il 37,3% è specializzato nel settore economico-estimativo (tab. 81), attività diffusa fra chi ha 65 anni ed oltre (58,1%) e tra chi esercita al Sud e nelle Isole (42,1%). Altro settore rilevante è quello della progettazione, della gestione del territorio e della tutela ambientale. In questo ambito operano percentuali significative di donne e di giovani. In dettaglio, il 19,4% opera in prevalenza nel settore ecologico-ambientale, specializzazione che ha una diffusione maggiore tra le donne (30,4%) e tra i dottori più giovani (il 25,4% degli iscritti con età inferiore ai 34 anni). Il 14,8% opera prevalentemente nel campo della pianificazione territoriale, settore anche questo dove è consistente la presenza delle donne (20,3%), l'11,7% in quello forestale, specializzazione anche questa diffusa tra i più giovani (16,7%). Infine il 7,7% si è specializzato nella difesa del suolo. Dai dati emerge che, mediamente, nel Nord Est l'attitudine dei dottori agronomi e forestali a specializzarsi in campo ambientale è maggiore. In questa area del Paese il 39,4% degli iscritti è inserito nel campo ecologico-ambientale, il 23,9% nella pianificazione territoriale, il 15,5% nel campo della progettazione forestale. L'agricoltura rimane per la professione un importante settore di riferimento. E' comunque da rilevare che anche in questo campo si osservano notevoli trasformazioni ed articolazioni. Il 15,3% dei dottori agronomi e forestali si è specializzato nella difesa fitosanitaria, settore in cui esercita la propria attività professionale il 23,9% dei dottori del Nord Est. Il 13,3% si è inserito nel settore della produzione vegetale, segmento rilevante ancora nel Nord Est (19,7%). Infine l'11,4% opera nel settore agro-alimentare ed il 10,7% in quello della produzione animale. In rapporto alle varie tipologie professionali, tra i professionisti a tempo parziale il 53,7% si è specializzato nel campo economico-estimativo (tab. 82). Per le specializzazioni in campo ambientale, il 26,2% si occupa del settore ecologico-ambientale, mentre il 14,8 di difesa del suolo. Nel settore agricolo il 22,8% è specializzato prevalentemente nella difesa fitosanitaria. Tra i liberi professionisti a tempo pieno, una quota consistente, pari al 18,3%, opera prevalentemente nella pianificazione territoriale e nel campo forestale (16,8%), mentre nella produzione animale il 22,4% dei dipendenti del settore privato ed il 14,1% dei dipendenti del settore pubblico. Definiti i tre settori di riferimento, resta da analizzare il quadro delle specifiche attività svolte attualmente dai dottori agronomi e forestali e le attività per le quali è previsto uno sviluppo nei prossimi tre anni. In merito a questo secondo profilo, l'indagine, sulla base dell'esperienza professionale e delle previsioni degli stessi intervistati, consente di definire le probabili linee di evoluzione della professione. Prendendo in esame dapprima le attività svolte attualmente, si conferma che i settori principali di impiego dei dottori dei dottori agronomi sono i tre poc'anzi indicati (economico-estimativo, ambiente e territorio, agricoltura). Nondimeno è possibile evidenziare ulteriori elementi. Il 18,7% dei dottori agronomi e forestali si occupa attualmente di estimo civile (tab. 83). Il 20,4% opera nel campo delle consulenze/perizie giudiziarie civili, attività esercitata da una porzione rilevante di liberi professionisti a tempo parziale (32,0%), dagli agronomi del Nord Est (27,0%, tab. 84) e dai professionisti più anziani (tab. 85). Nel campo della gestione e tutela dell'ambiente e del territorio, il 22,9% svolge prevalentemente l'attività professionale nella pianificazione e progettazione ambientale, territoriale ed urbana, settore in cui sono inserite diverse donne (30,2%, tab. 86) e liberi professionisti a tempo pieno. Il 15,7% si occupa di studi di impatto ambientale, il 12,5% di monitoraggio ambientale. Riceve ancora conferme l'interesse degli agronomi del Nord Est nei confronti delle attività che fanno capo al settore ambientale. In particolare, sono da evidenziare, rispetto il quadro nazionale, i dati relativi alla progettazione e pianificazione ambientale, territoriale ed urbana (29,7%), al monitoraggio ambientale ed allo studio di impatto ambientale (attività esercitate entrambe dal 18,9% degli agronomi presenti nel Nord Est), ai parchi ed alle riserve naturali (13,5%), al recupero di cave e discariche (10,8%), alla salvaguardia dell'assetto idrogeologico (9,5%), all'eco-audit ed all'eco- label (4,1%). Nel settore agricolo, il 20,2% dei dottori agronomi e dei dottori forestali svolge attualmente l'attività professionale nel campo della produzione vegetale, il 9,7% nella produzione animale, attività molto diffusa tra gli agronomi del Sud del Paese (17,2%). Settori di rilievo infine sono quelli della trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli (14,4%), segmento in cui svolge l'attività professionale il 23,4% degli iscritti del Centro; dell'accertamento e della certificazione della qualità delle produzioni agricole, zootecniche e forestali (12,3%), settore in cui opera il 23,0% degli agronomi del Nord Est; della prestazione gestionale (12,5%) e della prestazione agro- finanziaria (9,9%), specie nel Nord. Infine anche il verde e l'arredo urbano (12,3%) e degli ambiti professionali collegabili ai progressi nel campo delle biotecnologie (12,1%) offrono attualmente consistenti opportunità di lavoro. Per ciò che concerne le attività per cui è previsto uno sviluppo nei prossimi tre anni, sembra opportuno effettuare una analisi dinamica dei dati, mettendo in secondo piano il profilo meramente quantitativo, in favore di un approccio qualitativo teso ad evidenziare i settori in espansione. I dottori agronomi e forestali ritengono che nei prossimi tre anni si osserveranno sviluppi negli ambiti professionali collegabili all'ambito delle biotecnologie, indicate dal 15,3% (tab. 87), pari ad un più 3,2% rispetto alla situazione attuale. In particolare, per questo settore è previsto uno sviluppo specie tra chi svolge la libera professione, nonché per gli agronomi del Centro e del Sud (rispettivamente il 20,0% ed il 19,0%). Gli altri settori in cui gli iscritti pensano di inserirsi sono il monitoraggio ambientale (14,7%, più 2,2%) e l'accertamento e la certificazione della qualità delle produzioni agricole, zootecniche e forestali (14,5%, più 2,2%), soprattutto nelle aree del Nord Est (26,5%). Di particolare interesse risulta il dato relativo al marketing (10,1%, più 1,3%), specializzazione di crescente importanza tra i dottori agronomi e forestali dipendenti di imprese private (16,9%). Questo dato conferma la tendenza crescente dei dottori agronomi ad individuare nelle imprese e nel settore terziario validi interlocutori. Anche nel campo ambientale si prevedono ulteriori progressi, specie in ambiti in cui è già significativa la presenza dei dottori agronomi e forestali, quali la pianificazione e progettazione ambientale, territoriale ed urbana (23,7%, più 0,8%) e lo studio di impatto ambientale (16,5%, più 0,8%). Più degli altri i professionisti del Nord Est sottolineano le opportunità di sviluppo connesse a questo tipo di attività. Nel complesso, i dottori agronomi e forestali sono soddisfatti della loro attività professionale. Si dichiara molto soddisfatto ed abbastanza soddisfatto rispettivamente il 23,0% ed il 54,7% degli intervistati (tab. 88). Un grado maggiore di soddisfazione si rileva tra i professionisti a tempo pieno e tra i dipendenti del settore privato, mentre disagi maggiori si riscontrano tra i liberi professionisti a tempo parziale. Inoltre, si osserva una stretta dipendenza statistica tra grado di soddisfazione professionale e ripartizione geografica. Giudizi mediamente migliori sono presenti infine tra gli iscritti del Nord rispetto a quelli del Centro e del Sud (tab. 89). Tra gli aspetti della professione che danno maggiore soddisfazione, il 39,6% dei dottori agronomi e forestali ha indicato l'autonomia, il 32,9% la possibilità di accrescere la propria preparazione professionale, il 30,6% i contenuti oggettivi dell'attività svolta ed infine il 18,6% la professionalità acquisita (tab. 90). Nel complesso quindi la categoria si caratterizza per una forte vocazione alla professione e per una elevata motivazione all'accrescimento del proprio bagaglio di conoscenze. Tra le diverse tipologie professionali, la maggioranza dei liberi professionisti apprezza l'elevato grado di autonomia connessa alla propria esperienza professionale (52,2%), mentre i dipendenti del settore pubblico l'aspetto più importante è rappresentato dalla possibilità di accrescere la preparazione professionale (38,8%). Nel recente passato per il 63,2% dei dottori agronomi e forestale l'interlocutore privilegiato è stato l'azienda agricola (tab. 91), cliente per eccellenza specie per le generazioni più anziane di professionisti nonché segmento ove trova occupazione il 74,2% degli agronomi dipendenti nel settore privato. Sempre nel settore privato, il 10,1% dei dottori agronomi e forestali ha svolto attività professionale nell'ambito di industrie di trasformazione di prodotti agricoli, mentre il 9,4% nelle industrie di commercializzazione di prodotti agricoli e zootecnici. L'8,2% infine per l'esercizio della professione ha avuto come referente gli studi professionali. Nel settore pubblico i dottori agronomi e forestali hanno trovato nella dimensione locale i punti di riferimento più importanti. Negli ultimi tre anni il 28,8% ha trovato un valido interlocutore negli enti locali, fenomeno osservato in particolare nelle regioni del Nord (tab. 92) e tra i liberi professionisti a tempo pieno. Il 21,7% degli agronomi ha indicato invece le amministrazioni regionali, e tra questi numerosi sono gli agronomi del Nord. Il 13,9% infine ha avuto contatti con le altre pubbliche amministrazioni. Nel prossimo futuro si prevedono importanti cambiamenti in merito ai soggetti di riferimento per lo sviluppo della professione. Se le aziende agricole rimangono nel complesso l'interlocutore di riferimento per una rilevante parte di agronomi, pari al 45,9% (tab. 93), vi sarà nondimeno una maggiore diversificazione. Nel settore privato le industrie di trasformazione di prodotti agricoli offriranno maggiori occasioni di sviluppo della professione per il 23,1%. Questa previsione appare diffusa specialmente tra gli agronomi del Centro e del Sud. Il 16,6% individua il referente principale per il prossimo futuro nelle industrie di commercializzazione di prodotti agricoli, zootecnici e forestali. Rispetto al passato quindi si osserva, almeno nelle previsioni degli stessi protagonisti, un coinvolgimento maggiore dei dottori agronomi e forestali in tutti i segmenti che compongono la filiera della produzione agricola. L'altro dato di un certo interesse riguarda le imprese di prestazione terziarie, indicate da un significativo 5,5% come soggetti di riferimento nei prossimi tre anni, orientamento presente in larga misura tra i liberi professionisti che operano a tempo parziale (8,6%). Incrementi, seppure di portata minore, sono previsti anche per le amministrazioni pubbliche periferiche. In particolare, il 58,7% degli iscritti del Nord Est individua negli enti locali i soggetti di riferimento principali, orientamento condiviso dal 43,2% degli iscritti del Nord Ovest, mentre le regioni sono indicate dal 28,6% nel Nord Est e dal 30,5% nel Nord Ovest. Si iniziano anche ad intravedere alcuni effetti del processo di unificazione europea. Il 5,9% dei dottori agronomi e forestali infatti ritiene che gli organismi e le strutture comunitarie svolgeranno un ruolo utile per lo sviluppo della professione, opportunità sentita in misura significativa dagli agronomi del Nord Est (20,6%). La grande maggioranza dei dottori agronomi e forestali avverte la concorrenza da parte di altre figure professionali. Ben il 92,4% da una risposta affermativa circa l'esistenza di altri professionisti che tendono a sovrapporsi negli medesimi ambiti di competenza degli agronomi (tab. 94). Nello specifico delle diverse figure professionali, il 63,7% dei dottori agronomi e forestali individua negli architetti i maggiori concorrenti, in particolare nel campo dell'edilizia e della pianificazione del territorio (tab. 95), opinione che trova una estrema diffusione tra i dottori agronomi del Nord e del Centro del Paese, tra le donne (73,1%, tab. 96), tra i liberi professionisti a tempo pieno (69,5%). Sempre nel settore dell'edilizia il 61,7% evidenzia ricorrenti fenomeni di sovrapposizione con i geometri, aspetto percepito maggiormente dai professionisti a tempo parziale (73,1%) e dagli agronomi del Nord Est (66,7%). Il 51,6% indica invece gli ingegneri, dato osservato in misura maggiore nel Sud (63,0%). Nel settore agricolo, il 26,6% dei dottori agronomi e dottori forestali indica come concorrente sul mercato i periti agrari, specie nel Nord Est (40,3%) e tra i professionisti a tempo parziale (31,0%). 6.3. La rappresentanza professionale Sulla rappresentanza professionale non emerge nella categoria una posizione univoca. Per il 30,2% il motivo principale dell'iscrizione all'Albo va ricercato nella possibilità di riconoscersi in una strategia di sviluppo comune (tab. 97), posizione espressa da una significativa percentuale di donne (43,5%) e tra i dipendenti del settore pubblico (36,1%, tab. 98). Il 20,9% è del parere che l'iscrizione all'Albo consenta di usufruire dei servizi offerti dalla categoria, orientamento questo molto diffuso tra gli agronomi del Nord Ovest (35,7%, tab. 99). Infine, il 19,4% sottolinea la possibilità di usufruire della tutela garantita alla categoria. Ben il 27,3% dei dottori agronomi non rinviene alcun motivo sostanziale per iscriversi all'Albo. A questi critici va aggiunto un 3,9% che è iscritto all'Albo in quanto la legge lo prevede come obbligo per l'esercizio della professione. La posizione di critica è espressa in larga misura dagli iscritti più anziani. In tema di unico ordine professionale, che comprenda cioè le altre professioni tecniche, tra i dottori agronomi e forestali si individuano alcune aperture significative. Se una parte consistente, pari al 44,5% (tab. 100), si dichiara decisamente contraria a tale ipotesi, si osserva che un cospicuo 38,3% è invece schierato a favore. Rispetto alla media, sono più aperti verso l'ipotesi dell'ordine unico i liberi professionisti ed i dottori agronomi e forestali delle regioni del Nord. La fluidità delle posizioni maturate nel contesto della categoria è testimoniata comunque dall'elevata quota di indecisi, pari al 17,2%. 6.4. La formazione Riguardo la propria formazione universitaria i dottori agronomi e dottori forestali esprimono un giudizio nel complesso positivo. Nondimeno, emerge una esigenza diffusa di ridefinizione degli ordinamenti, in ragione degli sviluppi che interessano oggi la professione. Ai corsi di laurea si chiede di fornire una formazione più articolata, che dia un adeguato rilievo alla specializzazione ed ai contenuti pratici connessi all'attività professionale. Il 14,1% ed il 56,6% degli intervistati giudica rispettivamente molto utili ed abbastanza utili gli strumenti conoscitivi acquisiti durante il corso di laurea (tab. 101). Questo orientamento appare relativamente più diffuso nel Nord Ovest, mentre al Centro ed al Sud si rilevano le perplessità maggiori. Considerando il rapporto tra tipologia professionale e giudizio sull'utilità degli strumenti acquisiti durante il corso si laurea (tab. 102), si osserva una maggiore soddisfazione tra i dipendenti del settore privato. Altro rapporto significativo si osserva tra l'età anagrafica degli iscritti ed il giudizio sugli strumenti formativi. Tra gli iscritti con età inferiore ai 34 anni, tra quelli tra i 40 ed il 45 anni di età e tra i 55 ed i 59 anni è presente un orientamento più critico nei confronti della formazione universitaria (tab. 103). Analizzando separatamente i dottori agronomi ed i dottori forestali che esprimono un giudizio negativo sulla formazione universitaria (pari nel complesso al 29,3%), le critiche maggiori sono dirette ad evidenziare la scarsa attenzione del mondo accademico nei confronti della realtà e dei contenuti dell'attività professionale. Il 62,1% degli insoddisfatti sottolinea la presenza eccessiva di insegnamenti di natura esclusivamente teorica (tab. 104), opinione espressa in particolare dai dipendenti del settore privato (76,5%) e dai liberi professionisti a tempo pieno (68,4%). Il 37,9% ritiene che gli insegnamenti si rivelino spesso inadeguati per risolvere le questioni concrete, aspetto percepito specialmente dagli agronomi del Centro (44,7%, tab. 105). Il 14,2% degli insoddisfatti ritiene i corsi universitari inadeguati a formare figure professionali, orientamento questo molto diffuso tra i dipendenti pubblici (23,9%) e nel Nord Est (23,8%). Infine il 13,6% lamenta l'assenza in ambito universitario di adeguate strutture di supporto per l'inserimento nel mondo del lavoro, critica diffusa tra i liberi professionisti a tempo parziale e tra gli iscritti del Nord Ovest. La professione è attraversata in questa fase da notevoli processi di mutamento, in particolare per ciò che concerne le nuove tipologie di prestazioni che il mercato richiede. Tali processi ridisegnano la figura del professionista, a partire ovviamente dalle competenze che egli deve essere in grado di offrire, e svolgono di conseguenza importanti effetti sullo stesso mondo accademico. In sostanza all'università si chiede di prevedere o comunque di assecondare i cambia menti in atto, e quindi di prestare maggiori risorse e dare più visibilità a materie di insegnamento utili a rendere più competitiva la figura del dottore agronomo e dottore forestale. Tra i profili della formazione universitaria da migliorare, il 23,8% indica quello legislativo, nazionale e comunitario (tab. 106). Questa indicazione nasce da una constatazione di fatto, ovvero dal ruolo svolto dagli agronomi nel campo dell'assistenza alle imprese per consulenze in materia legislativa e dai compiti assolti dagli agronomi dipendenti nella pubblica amministrazione e nel settore privato. Queste funzioni avranno evidentemente un ulteriore sviluppo con l'unificazione europea e con l'attribuzione di nuove competenze alle amministrazione periferiche, specie in materia di pianificazione territoriale e di sviluppo rurale. Particolare attenzione a questo profilo viene accordata dai dipendenti del settore pubblico e privato (rispettivamente il 27,3%), dalle donne (34,8%, tab. 107), e dai dottori agronomi e dottori forestali del Nord Est (26,5%, tab. 108). Il limite più evidente della formazione universitaria è individuato nella scarsa attenzione alle problematiche connesse all'esercizio della professione. Pur offrendo un complesso e solido bagaglio di nozioni, tra i dottori agronomi e dottori forestali sembra nondimeno diffusa l'idea che la formazione non consideri nella giusta proporzione i contenuti pratici della professione. Si denuncia in sostanza l'incapacità di fatto del modo accademico di formare dei professionisti in grado al termine degli studi di accedere agevolmente alla professione. Il 20,5% degli iscritti ritiene che l'università debba prestare maggiore attenzione alle tematiche relative all'inserimento nel mercato. Questo orientamento è molto diffuso tra i liberi professionisti a tempo parziale (25,5%) e nel Nord Ovest (34,3%). Il 16,8% sottolinea l'importanza di insegnamenti riguardanti la promozione dell'attività professionale, il 12,1% dell'organizzazione del lavoro, il 10,2% del marketing e delle indagini di mercato. Altro profilo di grande interesse riguarda la formazione in campo ambientale. Il 19,1% sottolinea l'opportunità di una preparazione adeguata in tema di tutela e valorizzazione ambientale, orientamento diffuso tra gli agronomi del Centro del Paese (26,9%), tra i professionisti a tempo parziale (23,4%) e tra i dipendenti pubblici (22,4%). Il 14,5% pone l'accento sulla pianificazione e programmazione territoriale ed, infine, il 12,9% è dell'avviso che si debba migliorare la formazione per la certificazione della qualità dei prodotti della filiera agricola, esigenza sentita particolarmente nel Nord Est (27,9%). In materia di aggiornamento professionale la categoria è divisa a metà. Nonostante i limiti indicati, l'università è ritenuta dalla categoria come una importante risorsa, e come tale, per il 40,4% essa deve svolgere un ruolo significativo anche nel campo dell'aggiornamento professionale (tab. 109). Il 49,5% ritiene invece che l'aggiornamento debba svolgersi al di fuori del sistema universitario. Infine il 10,1% vede con favore il concorso dell'università e di soggetti esterni. Attualmente per il 32,2% degli agronomi la modalità di aggiornamento più ricorrente è rappresentata dalla lettura di documentazione specialistica (tab. 110), strumento largamente utilizzato nel Centro (45,5%) e nel Sud (39,4%). Si affida invece all'autoformazione contestuale all'attività lavorativa il 25,6% degli agronomi. Un altro canale è rappresentato dai corsi presso enti di formazione pubblici, seguiti dal 24,2%. A questi corsi sono interessati tra tutti gli agronomi delle regioni del Nord. Nel prossimo futuro si prevede invece una maggiore articolazione degli strumenti di aggiornamento utilizzati. In tal senso il dato più significativo è rappresentato dal forte decreme nto rispetto al recente passato del numero dei soggetti che si affideranno principalmente alla lettura della documentazione specialistica (-17,7%, tab. 111). Si registra al contempo un ulteriore incremento degli agronomi che seguiranno corsi di formazione. Il 29,7% prevede di seguire corsi presso enti di formazione pubblici, orientamento molto diffuso tra i dipendenti del settore privato (33,1%, tab. 112) ed al Nord. Il 24,0% seguirà corsi di formazione presso strutture degli Ordini, intenzione presente tra i liberi professionisti a tempo parziale (27,8%), mentre il 19,6% utilizzerà enti di formazione privati, specie nel Nord Est (27,2%). Infine una percentuale significativa di agronomi prevedono di usufruire dei servizi offerti da internet (12,8%). Tra gli strumenti di aggiornamento, il supporto cartaceo (libri, dispense, ecc.) rimane ovviamente quello di maggiore utilizzo (tab. 113). Si osserva nondimeno una buona predisposizione della categoria verso i nuovi strumenti informatici, quali i supporti multimediali ed i software specialistici, utilizzati rispettivamente dal 27,1% e dal 20,0% ed in misura più significativa dagli iscritti del Nord, dai liberi professionisti (tab. 114) e mediamente dalle generazioni più giovani. Tab. 63 - Tipologie prevalenti di attività professionale esercitata in base all'area geografica (val. %) Provincia Tipologia Nord Ovest Nord Est Centro Sud Totale Libera professione 32,7 27,8 42,9 31,7 33,6 Libera professione a tempo parziale 24,8 22,8 23,7 26,9 25,3 Dipendente di un ente/organizzazione di diritto pubblico 23,9 30,4 23,7 31,6 28,5 Dipendente di un ente/organizzazione di diritto privato 17,7 19,0 8,8 8,8 11,8 Altro 0,9 0,9 1,0 0,8 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 64 - Attività svolta in concorrenza con la libera professione a tempo parziale (val. %) Sesso Attività Maschio Femmina Totale Docente di scuole medie inferiori 3,1 16,7 3,9 Docente di scuole medie superiori 48,0 33,2 47,1 Docente universitario a tempo determinato 1,0 16,7 2,0 Dirigente in azienda agricola 3,1 2,9 Dirigente in ind, trasformazione/commercio di prod, agricoli 2,1 2,0 Dipendente pubblico part-time 5,2 4,9 Dipendente in azienda agricola 3,1 2,9 Dipendente in industria di trasformazione prodotti agricoli 1,0 1,0 Dipendente di studi professionali 1,0 16,7 2,0 Dipendente di organizzazioni professionali di categoria 3,1 2,9 Dipendente di strutture associative 2,1 2,0 Altro 6,3 5,9 Commerciante 3,1 2,9 Imprenditore 9,4 16,7 9,8 Altra libera professione 4,2 3,9 Agricoltore 4,2 3,9 Totale 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 65 - Attività professionale dipendente svolta in via prioritaria (val. %) Sesso Attività Maschio Femmina Totale Docente di scuole medie inferiori 3,6 3,1 Docente di scuole medie superiori 12,2 11,1 12,1 Docente universitario 4,1 3,7 4,0 Dirigente in amministrazioni statali 5,6 3,7 5,4 Dirigente in enti locali 8,6 7,4 8,5 Dirigente in altre amministrazioni pubbliche 3,6 3,1 Dirigente in azienda agricola 2,0 1,8 Dirigente in ind,di trasformazione/commercio prod, agricoli 1,5 1,3 Dipendente in amministrazioni statali 9,6 22,2 11,2 Dipendente in enti locali 16,8 37,1 19,1 Dipendente in altre amministrazioni pubbliche 7,6 7,4 7,6 Dipendente in azienda agricola 4,1 3,7 4,0 Dipendente in industria di trasformazione prodotti agricoli 2,5 3,7 2,7 Dipendente in industria di commercio di prodotti agricoli 1,0 0,9 Dipendente in studi professionali 1,0 0,9 Altro 1,0 0,9 Dipendente di associazione di categoria agricola 7,1 6,3 Dipendente di aziende private non agricole 8,1 7,1 Totale 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 66 - Tipo di contratto di lavoro (val. %) Tipologia Tipologia Dipendente di un ente o di un'organizzazione di diritto pubblico Dipendente di un ente o di un'organizzazione di diritto privato Totale Tempo indeterminato 89,9 93,4 90,8 Tempo determinato 8,9 3,3 7,3 Part-time 0,6 3,3 1,4 Contratto di formazione lavoro 0,6 0,5 Totale 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 67 - Tipo di contratto di lavoro (val. %) Sesso Tipologia Maschio Femmina Totale Tempo indeterminato 94,8 64,2 90,8 Tempo determinato 4,2 28,6 7,3 Part-time 1,0 3,6 1,4 Contratto di formazione lavoro 3,6 0,5 Totale 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 68 - Modalità prevalente di esercizio della libera professione in base all'area geografica (val. %) Provincia Modalità Nord Ovest Nord Est Centro Sud Totale Come unico titolare di studio 65,6 67,5 79,7 79,9 75,7 In studio associato di dottore agronomo e dottore forestale 6,3 7,5 12,2 12,8 10,8 In studio associato con altre categorie professionali 7,8 2,7 4,9 4,4 In società di ingegneria 2,5 2,7 0,9 In società di servizi 1,2 0,6 Consulente senza titolarità di studio 20,3 22,5 2,7 1,2 7,6 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 69 - Numero di dipendenti non professionisti dello studio ove esercita (val. %) Tipologia Unità Libera professione a tempo pieno Libera professione a tempo parziale Totale Nessuno 81,9 86,4 83,7 1 unità 12,6 10,9 11,9 2 unità 2,0 1,2 3 unità 2,0 1,2 4 unità 0,5 0,7 0,6 5 unità ed oltre 1,0 2,0 1,4 Totale 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 70 - Altre figure professionali presenti nell'organizzazione o studio (val. %) Tipologia Professionista Libera professione a tempo pieno Libera professione a tempo parziale Dipendente di un ente o organizzazione di diritto pubblico Dipendente di un ente o organizzazione di diritto privato Totale Geometri 8,6 4,9 30,6 29,6 14,5 Periti agrari 3,5 2,8 39,6 44,4 15,9 Periti industriali 0,5 7,2 7,4 2,5 Agrotecnici 3,0 3,5 13,5 22,2 7,5 Geologi 1,0 0,7 1,8 1,9 1,2 Ingegneri 3,0 1,4 11,7 11,1 5,3 Architetti 1,0 1,4 10,8 3,7 3,5 Dottori in chimica 0,7 5,4 1,4 Altro 2,5 0,7 6,3 7,4 3,5 Dottori in scienze ambientali 3,6 5,6 1,4 Dottori in scienze naturali 2,7 1,9 0,8 Dottori in biologia 0,5 0,7 9,9 3,7 3,1 Ragionieri e periti commerciali 2,0 0,7 9,9 25,9 5,9 Dottori commercialisti 2,0 6,3 5,6 2,7 Avvocati 0,5 9,9 9,3 3,3 Non ci sono altri professionisti 84,3 86,8 43,2 33,3 70,4 Altro 1,0 0,4 Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 71 - Altre figure professionali presenti nell'organizzazione o studio in base all'area geografica (val. %) Provincia Professionista Nord Ovest Nord Est Centro Sud Totale Geometri 16,5 26,7 8,2 12,3 14,5 Periti agrari 24,8 29,3 9,2 10,1 15,9 Periti industriali 5,5 2,7 1,0 1,8 2,5 Agrotecnici 11,0 13,3 2,0 6,1 7,5 Geologi 2,8 1,3 2,0 1,2 Ingegneri 11,9 5,3 3,1 3,1 5,3 Architetti 8,3 5,3 1,0 1,8 3,5 Dottori in chimica 4,6 1,0 0,4 1,4 Altro 6,4 8,0 1,0 1,8 3,5 Dottori in scienze ambientali 2,8 2,7 0,9 1,4 Dottori in scienze naturali 1,8 1,0 0,4 0,8 Dottori in biologia 3,7 1,3 5,1 2,6 3,1 Ragionieri e periti commerciali 11,9 14,7 2,6 5,9 Dottori commercialisti 5,5 2,7 1,0 2,2 2,7 Avvocati 5,5 10,7 2,0 0,4 3,3 Non ci sono altri professionisti 66,1 57,3 78,6 73,2 70,4 Altro 0,9 1,3 0,4 Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 72 - Strumenti tecnologici utilizzati nell'attività professionale (val. %) Strumento % Personal computer 94,3 Stampanti 90,4 Scanner 34,5 Server 15,9 Videoterminali 19,3 Unità cd rom 43,4 Plotter 12,7 Unità di back-up 8,0 Altro 0,5 Videoscrittura 69,3 Posta elettronica 34,5 Foglio elettronico 42,9 Altri software applicativi 4,5 Cd rom 19,2 Accesso remoto diretto con modem 9,1 Accesso remoto con collegamento con Internet 25,3 Altro 0,5 Fotocopiatrici 78,9 Fax 78,4 Telefono cellulare 49,3 Gps 3,0 Stereoscopio 4,0 Altri strumenti tecnologici 2,3 Totale Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 73 - Tipologia della clientela dello studio in base all'area geografica (val. %) Provincia Tipologia Nord Ovest Nord Est Centro Sud Totale Persone fisiche private 43,8 54,1 39,4 45,3 45,0 Soggetti privati senza fine di lucro 1,0 5,4 5,5 8,4 6,1 Amministrazioni comunitarie 4,8 4,1 6,4 1,4 3,3 Amministrazioni statali 4,8 10,8 6,4 7,0 7,0 Regione 16,2 13,5 27,5 11,9 15,9 Provincia 10,5 12,2 29,4 9,1 13,6 Comune 21,9 29,7 22,0 19,3 21,6 Aziende municipalizzate 1,0 1,4 0,9 0,4 0,7 Circoscrizioni 0,4 0,2 Comunità montane 7,6 13,5 4,6 2,5 5,2 Aziende pubbliche 2,9 2,7 3,7 3,9 3,5 Tribunali 6,7 10,8 2,8 3,5 4,9 Aziende private fino a 50 dipendenti 58,1 44,6 54,1 66,3 59,7 Aziende private da 51 a 250 dipendenti 3,8 1,4 6,4 4,9 4,5 Aziende private con 250 dipendenti 1,9 6,8 2,8 3,2 3,3 Altro 9,5 12,2 1,8 0,7 4,0 Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 74 - Tipologia della clientela dello studio (val. %) Sesso Tipologia Maschio Femmina Totale Persone fisiche private 45,5 41,2 45,0 Soggetti privati senza fine di lucro 5,7 8,8 6,1 Amministrazioni comunitarie 3,6 1,5 3,3 Amministrazioni statali 6,9 7,4 7,0 Regione 14,9 23,5 15,9 Provincia 13,3 16,2 13,6 Comune 20,8 27,9 21,6 Aziende municipalizzate 0,4 2,9 0,7 Circoscrizioni 0,2 0,2 Comunità montane 4,6 10,3 5,2 Aziende pubbliche 3,2 5,9 3,5 Tribunali 5,0 4,4 4,9 Aziende private fino a 50 dipendenti 61,6 45,6 59,7 Aziende private da 51 a 250 dipendenti 5,0 1,5 4,5 Aziende private con 250 dipendenti 3,6 1,5 3,3 Altro 3,4 8,8 4,0 Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 75 - Tipologia della clientela dello studio in base alle classi di età (val. %) Età Tipologia Fino a 34 35-39 40-45 46-49 50-54 55-59 60-64 65 e oltre Totale Persone fisiche private 49,1 44,5 38,1 44,7 47,9 35,5 45,9 64,5 45,1 Soggetti privati senza fine di lucro 3,5 6,8 10,2 8,5 4,2 6,5 3,2 6,1 Amministrazioni comunitarie 1,8 3,4 2,5 8,5 2,1 9,7 2,7 3,3 Amministrazioni statali 7,0 6,2 8,5 4,3 10,4 6,5 8,1 3,2 7,0 Regione 19,3 14,4 19,5 10,6 16,7 19,4 8,1 9,7 15,9 Provincia 18,4 13,0 11,9 12,8 12,5 9,7 16,2 9,7 13,6 Comune 23,7 21,2 26,3 19,1 16,7 16,1 24,3 12,9 21,7 Aziende municipalizzate 0,7 0,8 4,3 0,7 Circoscrizioni 0,8 0,2 Comunità montane 9,6 3,4 5,1 4,3 4,2 3,2 8,1 5,2 Aziende pubbliche 3,5 2,1 5,1 4,3 2,1 3,2 2,7 6,5 3,5 Tribunali 1,8 5,5 5,9 8,5 8,3 3,2 3,2 4,7 Aziende private fino a 50 dipendenti 50,9 58,2 64,4 63,8 60,4 61,3 67,6 64,5 59,8 Aziende private da 51 a 250 dipendenti 6,1 2,7 6,8 10,8 9,7 4,5 Aziende private con 250 dipendenti 1,8 2,1 0,8 2,1 6,3 6,5 10,8 9,7 3,3 Altro 5,3 3,4 5,1 2,1 4,2 2,7 3,2 3,8 Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 76 - Caratteristiche prevalenti della clientela (val. %) Tipologia Clientela Libera professione a tempo pieno Libera professione a tempo parziale Totale Fissa 53,5 33,8 51,4 Saltuaria 46,5 66,2 48,6 Totale 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 77 - Dimensione territoriale prevalente dell'attività professionale (val. %) Dimensione % Locale 58,5 Regionale 30,1 Nazionale 8,0 Unione Europea 1,0 Anche oltre i confini dell'Unione Europea 2,4 Totale 100,0 Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 78 - Dimensione territoriale prevalente dell'attività professionale (val. %) Provincia Dimensione Nord Ovest Nord Est Centro Sud Totale Locale 50,0 55,3 51,3 65,1 58,5 Regionale 34,6 28,9 34,5 27,1 30,1 Nazionale 12,5 14,5 7,1 5,1 8,0 Unione Europea 1,0 1,3 0,9 1,0 1,0 Anche oltre i confini dell'Unione Europea 1,9 6,2 1,7 2,4 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 79 - Aspetti dell'attività professionale da migliorare (val. %) Tipologia Aspetto Libera professione a tempo pieno Libera professione a tempo parziale Dipendente di un ente o organizzazione di diritto pubblico Dipendente di un ente o organizzazione di diritto privato Totale L'efficienza 16,7 20,4 30,3 29,5 23,0 Il rispetto dei tempi 12,9 13,4 24,5 18,0 17,0 Il rapporto diretto con il cliente 14,0 7,7 11,6 18,0 12,0 La capacità di risolvere rapidamente i problemi posti 14,0 15,5 17,4 14,8 15,5 La capacità di procurare al cliente contatti utili 3,2 3,5 3,9 3,3 3,5 Un ambiente adeguato allo svolgimento della professione 2,2 3,5 6,5 8,2 4,6 La pubblicità 7,0 8,5 3,2 8,2 6,4 L'aggiornamento nel settore o attività di competenza 30,1 23,2 20,6 21,3 24,5 L'aggiornamento delle dotazioni informatiche e tecnologiche 7,5 4,9 9,7 8,2 7,5 La capacità amministrativa e gestionale 2,7 2,1 3,9 3,3 2,9 L'approccio multidisciplinare 3,8 3,5 2,6 3,3 3,3 Il rapporto con la pubblica amministrazione 23,7 28,2 9,0 21,3 20,4 L'aggiornamento in materia legislativa 7,0 9,9 7,7 4,9 7,7 Altro 4,3 2,8 1,3 1,6 2,7 Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 80 - Aspetti dell'attività professionale da migliorare (val. %) Sesso Aspetto Maschio Femmina Totale L'efficienza 22,9 23,9 23,0 Il rispetto dei tempi 16,8 17,9 17,0 Il rapporto diretto con il cliente 12,1 11,9 12,0 La capacità di risolvere rapidamente i problemi posti 16,2 10,4 15,5 La capacità di procurare al cliente contatti utili 4,0 3,5 Un ambiente adeguato allo svolgimento della professione 4,2 7,5 4,6 La pubblicità 6,4 6,0 6,4 L'aggiornamento nel settore o attività di competenza 23,5 31,3 24,5 L'aggiornamento delle dotazioni informatiche e tecnologiche 6,9 11,9 7,5 La capacità amministrativa e gestionale 2,5 6,0 2,9 L'approccio multidisciplinare 3,5 1,5 3,3 Il rapporto con la pubblica amministrazione 21,6 11,9 20,4 L'aggiornamento in materia legislativa 7,9 6,0 7,7 Altro 2,1 7,5 2,7 Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 81 - Specializzazione professionale prevalente (val. %) Provincia Specializzazione Nord Ovest Nord Est Centro Sud Totale Economico-estimativo 33,9 36,6 28,8 42,1 37,3 Ecologico-ambientale 20,2 39,4 20,7 13,8 19,4 Pianificazione territoriale 19,3 23,9 11,7 12,1 14,8 Forestale 10,1 15,5 13,5 10,7 11,7 Difesa fitosanitaria 10,1 23,9 19,8 13,4 15,3 Difesa del suolo 16,5 12,7 2,7 5,2 7,7 Opere di bonifica e sistemazione idraulica 5,5 14,1 1,8 4,1 5,2 Topografico-catastale 6,4 12,7 2,7 4,8 5,7 Edilizia rurale 7,3 14,1 5,4 3,4 5,9 Edilizia civile 3,7 1,4 0,9 1,4 1,7 Produzione vegetale 13,8 19,7 18,0 9,7 13,3 Produzione animale 16,5 9,9 0,9 12,4 10,7 Agro-alimentare 13,8 11,3 11,7 10,3 11,4 Credito agrario 0,9 1,4 0,9 0,3 0,7 Vivaismo 4,6 15,5 2,7 1,4 4,0 Verde pubblico e privato 12,8 19,7 6,3 4,1 8,1 Altro 3,7 8,5 2,7 1,4 2,9 Assistenza tecnica per l'agricoltura 3,7 2,8 0,9 0,7 1,5 Docente in agraria 2,8 1,4 0,7 Assistenza alle imprese (marketing/cons. gestionale, legisla. ecc) 7,3 0,9 1,0 2,1 Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 82 - Specializzazione professionale prevalente (val. %) Tipologia Specializzazione Libera professione a tempo pieno Libera professione a tempo parziale Dipendente di un ente o organizzazione di diritto pubblico Dipendente di un ente o organizzazione di diritto privato Totale Economico-estimativo 37,6 53,7 29,4 20,9 37,3 Ecologico-ambientale 22,8 26,2 14,7 7,5 19,4 Pianificazione territoriale 18,3 18,1 12,9 3,0 14,8 Forestale 16,8 10,7 10,4 3,0 11,7 Difesa fitosanitaria 15,7 22,8 7,4 16,4 15,3 Difesa del suolo 5,6 14,8 5,5 4,5 7,7 Opere di bonifica e sistemazione idraulica 8,1 6,0 3,1 5,2 Topografico-catastale 9,1 6,7 3,1 5,7 Edilizia rurale 8,1 6,0 5,5 5,9 Edilizia civile 3,0 1,3 1,2 1,7 Produzione vegetale 12,7 15,4 11,7 13,4 13,3 Produzione animale 6,6 6,7 14,1 22,4 10,7 Agro-alimentare 12,7 7,4 11,7 14,9 11,4 Credito agrario 0,5 1,3 0,6 0,7 Vivaismo 3,6 5,4 3,1 3,0 4,0 Verde pubblico e privato 8,1 11,4 6,1 6,0 8,1 Assistenza tecnica per l'agricoltura 0,5 0,7 2,5 4,5 1,5 Docente in agraria 2,5 0,7 Assistenza alle imprese (marketing/cons., gestionale, legisla. 2,0 0,7 1,8 6,0 2,1 Altro 1,5 2,7 4,3 4,5 2,9 Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 83 - Attività svolte attualmente (val. %) Tipologia Attività Libera professione a tempo pieno Libera professione a tempo parziale Dipendente di un ente o organizzazione di diritto pubblico Dipendente di un ente o organizzazione di diritto privato Totale Perizie giudiziarie civili 24,1 32,0 9,1 10,9 20,4 Perizie giudiziarie penali 8,2 12,7 3,9 1,6 7,4 Estimo civile 22,1 27,3 10,4 9,4 18,7 Usi civici 7,7 7,3 1,6 4,8 Trasformazione e commercializzazione dei prodotti 17,4 12,7 13,6 10,9 14,4 Produzione vegetale 23,6 21,3 16,2 17,2 20,2 Produzione animale 8,7 9,3 8,4 17,2 9,7 Prestazione agro-finanziaria 11,8 7,3 6,5 15,6 9,9 Prestazione gestionale 13,8 14,7 7,1 15,6 12,5 Marketing 8,7 8,0 7,8 14,1 8,8 Amministrazione di aziende agricole 5,6 10,0 4,5 6,3 6,5 Credito tributaria 1,5 1,3 0,9 Prestazione tributaria 0,5 1,3 0,6 1,6 0,9 Verde e arredo urbano 12,3 18,0 10,4 3,1 12,3 Studio impatto ambientale 15,9 18,7 16,2 6,3 15,7 Monitoraggio ambientale 14,4 13,3 12,3 6,3 12,5 Ambito biotecnologico 13,8 12,0 12,3 6,3 12,1 Eco-audit ed eco-label 1,5 2,0 0,6 3,1 1,6 Accertamento qualità prod, agricoli, zootecnici e forestali 12,3 10,0 14,9 12,5 12,3 Meccanizzazione agrario-forestale 4,6 8,7 3,9 4,9 Pianificazione ambientale, territoriale ed urbana 27,7 25,3 20,8 9,4 22,9 Prestazione nella programmazione integrata 5,6 6,0 1,9 4,0 Prestazione nella programmazione negoziata 1,6 0,2 Parchi e riserve naturali 7,7 11,3 6,5 4,7 7,9 Opere edilizie in genere e manufatti 3,6 10,0 1,3 4,2 Costruzione di opere fondiarie 5,1 5,3 3,2 4,0 Recupero cave e discariche 5,1 5,3 0,6 3,3 Salvaguardia assetto idrogeologico 7,2 4,7 5,8 5,3 Agriturismo 9,2 11,3 9,1 4,7 9,2 Acquacultura 1,5 1,3 0,9 Analisi chimico-agrarie 3,6 4,7 2,6 4,7 3,7 Sicurezza 5,6 5,3 0,6 1,6 3,7 Assistenza tecnica 9,2 10,0 3,2 6,3 7,4 Giornalismo 3,1 4,0 1,9 2,6 Divulgazione 4,1 5,3 3,9 3,1 4,2 Formazione professionale 6,2 9,3 2,6 1,6 5,5 Topografia 5,1 6,0 3,2 1,6 4,4 Cartografia 8,7 8,0 4,5 1,6 6,5 Catasto 7,2 14,7 5,2 4,7 8,3 Altro 5,1 5,3 5,8 17,2 6,7 Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 84 - Attività svolte attualmente in base all'area geografica (val. %) Provincia Attività Nord Ovest Nord Est Centro Sud Totale Perizie giudiziarie civili 23,8 27,0 17,8 18,5 20,4 Perizie giudiziarie penali 5,9 2,7 6,5 9,4 7,4 Estimo civile 19,8 23,0 14,0 18,9 18,7 Usi civici 3,0 8,1 3,7 4,9 4,8 Trasformazione e commercializzazione dei prodotti 5,9 13,5 23,4 14,3 14,4 Produzione vegetale 11,9 14,9 30,8 20,6 20,2 Produzione animale 13,9 5,4 3,7 11,5 9,7 Prestazione agro-finanziaria 12,9 13,5 5,6 9,4 9,9 Prestazione gestionale 20,8 23,0 6,5 9,1 12,5 Marketing 5,0 14,9 5,6 9,8 8,8 Amministrazione di aziende agricole 3,0 12,2 6,5 6,3 6,5 Credito tributaria 1,4 0,9 1,0 0,9 Prestazione tributaria 2,0 1,4 0,9 0,3 0,9 Verde e arredo urbano 14,9 20,3 8,4 10,8 12,3 Studio impatto ambientale 14,9 18,9 15,9 15,0 15,7 Monitoraggio ambientale 9,9 18,9 15,0 10,8 12,5 Ambito biotecnologico 3,0 8,1 14,0 15,7 12,1 Eco-audit ed eco-label 1,0 4,1 2,8 0,7 1,6 Accertamento qualità prod, agricoli, zootecnici e forestali 10,9 23,0 17,8 8,0 12,3 Meccanizzazione agrario-forestale 2,0 8,1 4,7 5,2 4,9 Pianificazione ambientale, territoriale ed urbana 19,8 29,7 23,4 22,0 22,9 Prestazione nella programmazione integrata 5,9 14,9 1,9 1,4 4,0 Prestazione nella programmazione negoziata 1,0 0,2 Parchi e riserve naturali 8,9 13,5 7,5 6,3 7,9 Opere edilizie in genere e manufatti 3,0 8,1 2,8 4,2 4,2 Costruzione di opere fondiarie 5,0 6,8 2,8 3,5 4,0 Recupero cave e discariche 4,0 10,8 3,7 1,0 3,3 Salvaguardia assetto idrogeologico 5,9 9,5 4,7 4,2 5,3 Agriturismo 6,9 10,8 3,7 11,5 9,2 Acquacultura 1,0 4,1 0, 3 0,9 Analisi chimico-agrarie 6,9 12,2 0,9 1,4 3,7 Sicurezza 5,9 9,5 4,7 1,0 3,7 Assistenza tecnica 10,9 16,2 4,7 4,9 7,4 Giornalismo 3,0 9,5 0,9 1,4 2,6 Divulgazione 5,9 14,9 2,4 4,2 Formazione professionale 12,9 13,5 0,9 2,4 5,5 Topografia 3,0 9,5 4,7 3,5 4,4 Cartografia 5,0 9,5 8,4 5,6 6,5 Catasto 5,9 10,8 8,4 8,4 8,3 Altro 8,9 8,1 2,8 7,0 6,7 Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 85 - Attività svolte attualmente (val. %) Età Attività Fino a 34 35-39 40-45 46-49 50-54 55-59 60-64 65 e oltre Totale Perizie giudiziarie civili 11,2 14,0 28,2 24,5 20,0 18,8 25,6 40,0 20,3 Perizie giudiziarie penali 6,5 3,5 10,3 8,2 10,0 12,8 13,3 7,4 Estimo civile 14,0 11,2 23,9 22,4 18,0 15,6 25,6 40,0 18,7 Usi civici 3,7 4,2 4,3 6,1 2,0 3,1 7,7 13,3 4,8 Trasformazione e commercializzazione dei prodotti 16,8 14,0 12,0 14,3 4,0 18,8 23,1 20,0 14,5 Produzione vegetale 16,8 23,8 16,2 18,4 20,0 21,9 25,6 26,7 20,3 Produzione animale 6,5 14,7 10,3 16,3 6,3 7,7 6,7 9,7 Prestazione agro-finanziaria 8,4 12,6 11,1 8,2 4,0 6,3 10,3 13,3 9,9 Prestazione gestionale 11,2 11,9 15,4 22,4 8,0 3,1 10,3 13,3 12,5 Marketing 8,4 7,7 6,0 18,4 8,0 6,3 15,4 3,3 8,6 Amministrazione di aziende agricole 0,9 7,0 10,3 4,1 8,0 6,3 5,1 13,3 6,5 Credito tributaria 0,7 1,7 2,0 3,3 0,9 Prestazione tributaria 0,7 1,7 2,0 2,0 0,9 Verde e arredo urbano 12,1 11,9 17,9 12,2 10,0 10,3 13,3 12,3 Studio impatto ambientale 13,1 16,8 17,9 18,4 10,0 12,5 12,8 23,3 15,7 Monitoraggio ambientale 12,1 12,6 12,0 14,3 12,0 12,5 10,3 16,7 12,5 Ambito biotecnologico 16,8 14,7 6,0 14,3 8,0 15,6 5,1 13,3 12,0 Eco-audit ed eco-label 1,9 2,8 1,7 2,0 1,6 Accertamento qualità prod, agricoli, zootecnici e forestali 14,0 11,9 10,3 12,2 14,0 18,8 10,3 10,0 12,3 Meccanizzazione agrario-forestale 3,7 4,9 5,1 14,3 2,0 5,1 3,3 4,9 Pianificazione ambientale, territoriale ed urbana 25,2 25,9 26,5 28,6 14,0 9,4 12,8 20,0 22,9 segue tab. 85 Età Attività Fino a 34 35-39 40-45 46-49 50-54 55-59 60-64 65 e oltre Totale Prestazione nella programmazione integrata 3,7 3,5 6,0 4,1 4,0 6,3 2,6 4,1 Prestazione nella programmazione negoziata 2,0 0,2 Parchi e riserve naturali 8,4 9,1 11,1 10,2 2,0 7,7 3,3 7,9 Opere edilizie in genere e manufatti 1,9 2,8 8,5 8,2 4,0 2,6 3,3 4,2 Costruzione di opere fondiarie 0,9 3,5 4,3 8,2 4,0 3,1 5,1 10,0 4,1 Recupero cave e discariche 4,7 5,6 3,4 2,0 3,3 3,4 Salvaguardia assetto idrogeologico 5,6 8,4 2,6 4,1 2,0 6,3 7,7 3,3 5,3 Agriturismo 6,5 9,8 8,5 18,4 14,0 6,3 5,1 3,3 9,2 Acquacultura 1,9 1,4 2,0 0,9 Analisi chimico-agrarie 1,9 4,9 3,4 6,1 6,0 2,6 3,3 3,7 Sicurezza 4,7 4,2 2,6 10,2 2,0 3,3 3,7 Assistenza tecnica 4,7 9,1 10,3 10,2 4,0 3,1 5,1 6,7 7,4 Giornalismo 2,8 1,4 5,1 4,1 3,1 2,6 2,6 Divulgazione 5,6 3,5 6,0 2,0 2,0 3,1 2,6 6,7 4,2 Formazione professionale 4,7 5,6 6,8 6,1 4,0 3,1 5,1 6,7 5,5 Topografia 5,6 4,2 3,4 10,2 6,0 3,3 4,4 Cartografia 8,4 7,0 6,0 10,2 8,0 2,6 3,3 6,5 Catasto 5,6 4,9 10,3 20,4 14,0 2,6 13,3 8,3 Altro 8,4 4,9 6,0 6,1 14,0 7,7 6,7 6,7 Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 86 - Attività svolte attualmente (val. %) Sesso Attività Maschio Femmina Totale Perizie giudiziarie civili 21,2 14,3 20,4 Perizie giudiziarie penali 8,3 7,4 Estimo civile 19,6 11,1 18,7 Usi civici 4,8 4,8 4,8 Trasformazione e commercializzazione dei prodotti 15,0 9,5 14,4 Produzione vegetale 20,2 20,6 20,2 Produzione animale 9,3 12,7 9,7 Prestazione agro-finanziaria 9,9 9,5 9,9 Prestazione gestionale 12,5 12,7 12,5 Marketing 9,1 6,3 8,8 Amministrazione di aziende agricole 6,7 4,8 6,5 Credito tributaria 1,0 0,9 Prestazione tributaria 1,0 0,9 Verde e arredo urbano 12,5 11,1 12,3 Studio impatto ambientale 15,8 14,3 15,7 Monitoraggio ambientale 12,5 12,7 12,5 Ambito biotecnologico 11,9 14,3 12,1 Eco-audit ed eco-label 1,4 3,2 1,6 Accertamento qualità prod, agricoli, zootecnici e forestali 12,1 14,3 12,3 Meccanizzazione agrario-forestale 5,3 1,6 4,9 Pianificazione ambientale, territoriale ed urbana 22,0 30,2 22,9 Prestazione nella programmazione integrata 4,0 4,8 4,0 Prestazione nella programmazione negoziata 0,2 0,2 Parchi e riserve naturali 7,9 7,9 7,9 Opere edilizie in genere e manufatti 4,2 4,8 4,2 Costruzione di opere fondiarie 4,6 4,0 Recupero cave e discariche 3,2 4,8 3,3 Salvaguardia assetto idrogeologico 5,3 4,8 5,3 Agriturismo 9,5 6,3 9,2 Acquacultura 0,6 3,2 0,9 Analisi chimico-agrarie 3,8 3,2 3,7 Sicurezza 3,8 3,2 3,7 Assistenza tecnica 8,1 1,6 7,4 Giornalismo 2,4 4,8 2,6 Divulgazione 4,0 6,3 4,2 Formazione professionale 5,5 4,8 5,5 Topografia 4,6 3,2 4,4 Cartografia 6,3 7,9 6,5 Catasto 8,1 9,5 8,3 Altro 6,7 6,3 6,7 Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 87 - Attività per le quali è previsto uno sviluppo nei prossimi tre anni (val. % e var. %) Attività % Variazione Perizie giudiziarie civili 18,7 -1,7 Perizie giudiziarie penali 7,2 -0,2 Estimo civile 15,3 -3,4 Usi civici 4,6 -0,2 Trasformazione e commercializzazione dei prodotti 12,1 -2,3 Produzione vegetale 17,7 -2,5 Produzione animale 8,7 -1,0 Prestazione agro-finanziaria 9,1 -0,8 Prestazione gestionale 9,7 -2,8 Marketing 10,1 +1,3 Amministrazione di aziende agricole 6,8 +0,3 Credito tributaria 1,2 +0,3 Prestazione tributaria 1,4 +0,5 Verde e arredo urbano 10,9 -1,4 Studio impatto ambientale 16,5 +0,8 Monitoraggio ambientale 14,7 +2,2 Ambito biotecnologico 15,3 +3,2 Eco-audit ed eco-label 2,2 +0,6 Accertamento qualità prod, agricoli, zootecnici e forestali 14,5 +2,2 Meccanizzazione agrario-forestale 5,4 +0,5 Pianificazione ambientale, territoriale ed urbana 23,7 +0,8 Prestazione nella programmazione integrata 4,4 +0,4 Prestazione nella programmazione negoziata 0,6 +0,4 Parchi e riserve naturali 7,2 -0,7 Opere edilizie in genere e manufatti 3,2 -1,0 Costruzione di opere fondiarie 4,0 0,0 Recupero cave e discariche 4,4 +1,1 Salvaguardia assetto idrogeologico 5,4 +0,1 Agriturismo 9,7 +0,5 Acquacultura 1,0 +0,9 Analisi chimico-agrarie 3,2 -0,5 Sicurezza 4,4 +0,7 Assistenza tecnica 7,0 -0,4 Giornalismo 1,4 -1,2 Divulgazione 3,2 -1,0 Formazione professionale 4,6 -0,9 Topografia 4,6 +0,2 Cartografia 6,8 +0,3 Catasto 6,6 -1,7 Altro 6,0 -0,7 Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 88 - Grado di soddisfazione connesso alla professione esercitata (val. %) Tipologia Livello Libera professione a tempo pieno Libera professione a tempo parziale Dipendente di un ente o organizzazione di diritto pubblico Dipendente di un ente o organizzazione di diritto privato Totale Molto soddisfatto 30,3 11,9 22,5 27,1 23,0 Abbastanza soddisfatto 52,8 59,0 52,7 55,8 54,7 Poco soddisfatto 13,4 22,5 20,7 17,1 18,3 Per niente soddisfatto 3,5 6,6 4,1 4,0 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 89 - Grado di soddisfazione connesso alla professione esercitata in base all'area geografica (val. %) Provincia Livello Nord Ovest Nord Est Centro Sud Totale Molto soddisfatto 31,9 31,6 19,6 18,5 23,0 Abbastanza soddisfatto 57,5 60,8 52,7 52,8 54,7 Poco soddisfatto 9,7 5,1 22,3 23,6 18,3 Per niente soddisfatto 0,9 2,5 5,4 5,1 4,0 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 90 - Aspetti della professione che danno più soddisfazione (val. %) Tipologia Aspetto Libera professione a tempo pieno Libera professione a tempo parziale Dipendente di un ente o organizzazione di diritto pubblico Dipendente di un ente o organizzazione di diritto privato Totale La possibilità di accrescere la preparazione professionale 29,2 32,7 38,8 29,8 32,9 L'autonomia 52,2 38,5 27,3 33,3 39,6 La disponibilità di tempo 10,6 6,7 5,8 12,3 8,7 La professionalità acquisita 14,3 19,2 20,7 24,6 18,6 Il livello di reddito 8,1 5,8 3,3 17,5 7,6 La responsabilità 5,0 6,7 9,1 10,5 7,2 Il prestigio sociale 1,2 1,9 1,7 1,3 I contenuti oggettivi dell'attività svolta 32,9 33,7 29,8 21,1 30,6 Il successo personale 2,5 4,8 1,7 1,8 2,7 Altro 0,6 2,9 0,8 1,8 1,3 Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 91 - Soggetti di riferimento per lo sviluppo delle attività professionali negli ultimi tre anni (val. %) Tipologia Soggetto Libera professione a tempo pieno Libera professione a tempo parziale Dipendente di un ente o organizzazione di diritto pubblico Dipendente di un ente o organizzazione di diritto privato Totale Aziende agricole 60,9 65,5 58,6 74,2 63,2 Industrie di trasformazione di prodotti agricoli 12,5 8,1 10,5 7,6 10,1 Ind, di commercial. di prodotti agric. – zootec.- forestali 8,9 8,8 11,2 9,1 9,4 Imprese di prestazione terziarie 4,7 4,1 3,3 1,5 3,7 Studi professionali 10,4 10,1 6,6 1,5 8,2 Regioni 24,5 23,0 20,4 12,1 21,7 Enti locali 32,3 29,1 28,3 19,7 28,8 Altre pubbliche amministrazioni 13,5 16,2 13,8 10,6 13,9 Organismi e strutture comunitarie 6,3 5,4 0,7 3,0 4,1 Enti di ricerca 6,8 8,8 11,2 13,6 9,3 Università 6,3 10,8 11,2 6,1 8,7 Organizzazioni professionali di categoria 5,2 9,5 5,3 6,1 6,6 Altro 2,1 2,7 0,7 1,5 1,8 Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 92 - Soggetti di riferimento per lo sviluppo di attività professionali negli ultimi tre anni in base all'area geografica (val. %) Provincia Soggetto Nord Ovest Nord Est Centro Sud Totale Aziende agricole 59,8 55,9 59,6 67,5 63,2 Industrie di trasformazione di prodotti agricoli 7,8 16,2 12,8 8,5 10,1 Ind. di commercial. di prodotti agric,-zootec.- forestali 8,8 19,1 7,3 8,1 9,4 Imprese di prestazione terziarie 10,8 10,3 1,1 3,7 Studi professionali 15,7 22,1 6,4 2,8 8,2 Regioni 27,5 29,4 20,2 18,4 21,7 Enti locali 44,1 54,4 21,1 20,1 28,8 Altre pubbliche amministrazioni 14,7 19,1 11,9 13,1 13,9 Organismi e strutture comunitarie 6,9 11,8 4,6 1,1 4,1 Enti di ricerca 9,8 19,1 7,3 7,4 9,3 Università 11,8 19,1 7,3 5,7 8,7 Organizzazioni professionali di categoria 13,7 16,2 4,6 2,5 6,6 Altro 2,0 4,4 2,8 0,7 1,8 Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 93 - Soggetti di riferimento per lo sviluppo delle attività professionali nei prossimi tre anni (val. % e var. %) Soggetto % Variazione Aziende agricole 45,9 -17,3 Industrie di trasformazione di prodotti agricoli 23,1 +13,0 Ind, di commercial, di prodotti agric,-zootec,- forestali 16,6 +7,2 Imprese di prestazione terziarie 5,5 +1,8 Studi professionali 7,5 -0,7 Regioni 22,9 +1,2 Enti locali 28,9 +0,1 Altre pubbliche amministrazioni 14,3 +0,4 Organismi e strutture comunitarie 5,9 +1,8 Enti di ricerca 9,2 -0,1 Università 7,8 -0,9 Organizzazioni professionali di categoria 5,2 -1,4 Altro 1,9 +0,1 Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 94 - Esistenza di figure che si sovrappongono al dottore agronomo e dottore forestale (val. %) Risposta % Sì 92,4 No 7,6 Totale 100,0 Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 95 - Figure professionali che si sovrappongono al dottore agronomo e dottore forestale (val. %) Provincia Professionista Nord Ovest Nord Est Centro Sud Totale Architetti 74,3 70,8 72,4 54,4 63,7 Ingegneri 41,6 30,6 46,7 63,0 51,6 Geologi 6,9 6,9 10,5 4,4 6,4 Dottori chimici 3,0 1,9 0,9 Dottori in scienze ambientali 2,0 4,2 2,9 1,1 2,0 Dottori in scienze naturali 3,0 2,9 0,7 1,5 Dottori in scienze biologiche 2,0 5,6 5,7 2,2 3,3 Veterinari 5,9 2,8 3,7 3,3 Geometri 64,4 66,7 57,1 61,1 61,7 Periti agrari 15,8 40,3 27,6 26,7 26,6 Agrotecnici 6,9 12,5 4,8 10,7 9,1 Dottori commercialisti 1,0 1,9 1,1 Ragionieri 1,4 0,2 Altro 3,0 1,4 1,0 1,1 1,5 Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 96 - Figure professionali che si sovrappongono al dottore agronomo e dottore forestale (val. %) Sesso Professionista Maschio Femmina Totale Architetti 62,4 73,1 63,7 Ingegneri 52,2 47,8 51,6 Geologi 5,4 13,4 6,4 Dottori chimici 0,8 1,5 0,9 Dottori in scienze ambientali 1,9 3,0 2,0 Dottori in scienze naturali 1,2 3,0 1,5 Dottori in scienze biologiche 2,9 6,0 3,3 Veterinari 2,7 7,5 3,3 Geometri 63,6 47,8 61,7 Periti agrari 27,0 23,9 26,6 Agrotecnici 9,4 7,5 9,1 Dottori commercialisti 1,2 1,1 Ragionieri 0,2 0,2 Altro 1,2 3,0 1,5 Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 97 - Significato dell'iscrizione all'Albo dei dottori agronomi e dottori forestali (val. %) Sesso Significato Maschio Femmina Totale Riconoscersi in u na strategia di sviluppo comune 28,5 43,5 30,2 Conseguire obiettivi personali tramite la cooperazione 7,7 10,1 8,0 Mantenere un controllo pubblico sull'esercizio professionale 8,8 13,0 9,3 Usufruire dei servizi offerti dalla categoria agli iscritti 21,3 17,4 20,9 Usufruire della tutela garantita dalla categoria 19,4 18,8 19,4 Inesistenza di meccanismi diversi a garanzia dell'utenza 1,0 0,8 Acquisire la partecipazione a organi direttivi di categoria 3,7 1,4 3,4 Nessun motivo sostanziale 28,5 18,8 27,3 Altro 2,1 5,8 2,5 Perché la legge lo prevede come obbligo 3,8 4,3 3,9 Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 98 - Significato dell'iscrizione all'Albo dei dottori agronomi e dottori forestali (val. %) Tipologia Significato Libera professione a tempo pieno Libera professione a tempo parziale Dipendente di un ente o organizzazione di diritto pubblico Dipendente di un ente o organizzazione di diritto privato Totale Riconoscersi in una strategia di sviluppo comune 28,5 31,1 36,1 17,1 30,2 Conseguire obiettivi personali tramite la cooperazione 9,0 8,1 6,6 8,6 8,0 Mantenere un controllo pubblico sull'esercizio professionale 11,5 9,5 7,2 8,6 9,3 Usufruire dei servizi offerti dalla categoria agli iscritti 23,0 23,6 16,3 20,0 20,9 Usufruire della tutela garantita dalla categoria 19,0 25,0 15,7 18,6 19,4 Inesistenza di meccanismi diversi a garanzia dell'utenza 0,5 0,7 1,2 1,4 0,8 Acquisire la partecipazione a organi direttivi di categoria 2,5 3,4 3,6 5,7 3,4 Nessun motivo sostanziale 26,0 25,0 26,5 37,1 27,3 Altro 1,5 1,4 5,4 1,4 2,5 Perché la legge lo prevede come obbligo 6,0 4,7 1,2 2,9 3,9 Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 99 - Significato dell'iscrizione all'Albo dei dottori agronomi e dottori forestali in base all'area geografica (val. %) Provincia Significato Nord Ovest Nord Est Centro Sud Totale Riconoscersi in una strategia di sviluppo comune 25,0 26,0 30,4 33,3 30,2 Conseguire obiettivi personali tramite la cooperazione 5,4 9,1 9,8 8,0 8,0 Mantenere un controllo pubblico sull'esercizio professionale 5,4 10,4 8,9 10,8 9,3 Usufruire dei servizi offerti dalla categoria agli iscritti 35,7 26,0 13,4 16,7 20,9 Usufruire della tutela garantita dalla categoria 22,3 19,5 17,9 18,8 19,4 Inesistenza di meccanismi diversi a garanzia dell'utenza 0,9 1,3 0,9 0,7 0,8 Acquisire la partecipazione a organi direttivi di categoria 11,6 2,6 1,8 1,0 3,4 Nessun motivo sostanziale 25,9 29,9 29,5 26,4 27,3 Altro 3,6 5,2 1,8 1,7 2,5 Perché la legge lo prevede come obbligo 3,6 7,8 4,5 2,8 3,9 Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 100 - E' favorevole ad un unico ordine che comprenda le altre professioni tecniche in base all'area geografica (val. %) Provincia Risposta Nord Ovest Nord Est Centro Sud Totale Sì 43,4 41,8 30,7 38,4 38,3 No 38,9 44,3 46,5 46,0 44,5 Non so 17,7 13,9 22,8 15,6 17,2 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 101 - Giudizio sull'utilità di strumenti conoscitivi acquisiti durante la laurea in base all'area geografica (val. %) Provincia Giudizio Nord Ovest Nord Est Centro Sud Totale Molto utili 14,3 11,7 16,1 14,0 14,1 Abbastanza utili 73,2 59,7 49,9 51,9 56,6 Poco utili 11,6 23,4 27,7 27,6 24,1 Per niente utili 0,9 5,2 6,3 6,5 5,2 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 102 - Giudizio sull'utilità di strumenti conoscitivi acquisiti durante la laurea (val. %) Tipologia Giudizio Libera professione a tempo pieno Libera professione a tempo parziale Dipendente di un ente o organizzazione di diritto pubblico Dipendente di un ente o organizzazione di diritto privato Totale Molto utili 11,5 18,4 15,5 10,1 14,1 Abbastanza utili 59,0 49,4 56,5 65,3 56,6 Poco utili 23,0 28,3 23,2 21,7 24,1 Per niente utili 6,5 3,9 4,8 2,9 5,2 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 103 - Giudizio sull'utilità di strumenti conoscitivi acquisiti durante la laurea in base all'età (val. %) Età Totale Giudizio Fino a 34 35-39 40-45 46-49 50-54 55-59 60-64 65 e oltre Molto utili 7,0 11,3 16,5 11,8 20,8 12,1 31,6 19,4 14,2 Abbastanza utili 59,9 60,2 48,8 68,6 50,9 42,4 55,3 61,3 56,5 Poco utili 27,0 22,5 28,9 15,7 24,5 39,4 10,5 16,1 24,1 Per niente utili 6,1 6,0 5,8 3,9 3,8 6,1 2,6 3,2 5,2 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 104 - Ragioni della scarsa soddisfazione nei confronti del corso di laurea (val. %) Tipologia Ragione Libera professione a tempo pieno Libera professione a tempo parziale Dipendente di un ente o organizzazione di diritto pubblico Dipendente di un ente o organizzazione di diritto privato Totale Presenza di insegnamenti di natura esclusivamente teorica 68,4 51,1 60,9 76,5 62,1 Presenza di materie superflue 1,8 12,8 8,7 6,5 Insegnamenti inadeguati per risolvere le questioni concrete 40,4 42,6 30,4 35,3 37,9 Insegnamenti inadeguati a formare figure professionali 10,5 10,6 23,9 11,8 14,2 Scarsa preparazione didattica dei docenti 3,5 4,3 2,2 11,8 4,1 Inserimento in attività lavorative diverse dagli studi 6,5 1,8 Assenza di strutture di supporto per inserimento lavorativo 5,3 21,3 13,0 23,5 13,6 Altro 4,3 1,2 Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 105 - Ragioni della scarsa soddisfazione nei confronti del corso di laurea in base all'area geografica (val. %) Provincia Ragione Nord Ovest Nord Est Centro Sud Totale Presenza di insegnamenti di natura esclusivamente teorica 50,0 61,9 60,5 64,6 62,1 Presenza di materie superflue 7,9 8,3 6,5 Insegnamenti inadeguati per risolvere le questioni concrete 35,7 38,1 44,7 35,4 37,9 Insegnamenti inadeguati a formare figure professionali 14,3 23,8 13,2 12,5 14,2 Scarsa preparazione didattica dei docenti 7,1 4,8 5,3 3,1 4,1 Inserimento in attività lavorative diverse dagli studi 7,1 2,1 1,8 Assenza di strutture di supporto per inserimento lavorativo 21,4 14,3 7,9 14,6 13,6 Altro 7,1 1,0 1,2 Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 106 - Profili della formazione universitaria da migliorare per la professione (val. %) Tipologia Profilo Libera professione a tempo pieno Libera professione a tempo parziale Dipendente di un ente o organizzazione di diritto pubblico Dipendente di un ente o organizzazione di diritto privato Totale Tributario 5,3 9,9 6,2 3,0 6,4 Prestazione finanziaria 7,4 3,5 6,8 9,1 6,4 Amministrativo 4,3 6,4 12,4 7,6 7,5 Legislativo nazionale e comunitario 23,4 19,1 27,3 27,3 23,8 Promozione dell'attività professionale 17,6 15,6 16,8 18,2 16,8 Tutela e valorizzazione ambientale 14,9 23,4 22,4 15,2 19,1 Certificaz, qualità prodotti agricoli, zootecnici, forestali 12,8 12,1 11,2 19,7 12,9 Pianificazione e programmazione territoriale 16,5 17,0 13,7 4,5 14,5 Marketing e indagini di mercato 12,8 7,1 9,3 12,1 10,2 Organizzazione del lavoro 10,6 11,3 10,6 19,7 12,1 Rapporti con la pubblica amministrazione 4,3 8,5 3,1 1,5 4,6 Inserimento nel mercato 21,8 25,5 12,4 22,7 20,5 Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 107 - Profili della formazione universitaria da migliorare per la professione (val. %) Sesso Profilo Maschio Femmina Totale Tributario 7,1 1,5 6,4 Prestazione finanziaria 6,5 6,1 6,4 Amministrativo 7,5 7,6 7,5 Legislativo nazionale e comunitario 22,3 34,8 23,8 Promozione dell'attività professionale 17,6 10,6 16,8 Tutela e valorizzazione ambientale 19,0 19,7 19,1 Certificaz, qualità prodotti agricoli, zootecnici, forestali 12,3 16,7 12,9 Pianificazione e programmazione territoriale 13,8 19,7 14,5 Marketing e indagini di mercato 11,1 3,0 10,2 Organizzazione del lavoro 11,7 15,2 12,1 Rapporti con la pubblica amministrazione 4,5 6,1 4,6 Inserimento nel mercato 20,4 21,2 20,5 Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 108 - Profili della formazione universitaria da migliorare per la professione in base all'area geografica (val. %) Provincia Profilo Nord Ovest Nord Est Centro Sud Totale Tributario 6,7 4,4 3,8 7,8 6,4 Prestazione finanziaria 10,5 10,3 2,9 5,3 6,4 Amministrativo 12,4 11,8 4,8 5,7 7,5 Legis lativo nazionale e comunitario 19,0 26,5 24,0 24,7 23,8 Promozione dell'attività professionale 13,3 17,6 15,4 18,4 16,8 Tutela e valorizzazione ambientale 17,1 22,1 26,9 16,3 19,1 Certificaz. qualità prodotti agricoli, zootecnici, forestali 10,5 27,9 13,5 9,9 12,9 Pianificazione e programmazione territoriale 12,4 10,3 19,2 14,5 14,5 Marketing e indagini di mercato 12,4 4,4 9,6 11,0 10,2 Organizzazione del lavoro 10,5 7,4 10,6 14,5 12,1 Rapporti con- la pubblica amministrazione 11,4 2,9 3,9 4,6 Inserimento nel mercato 34,3 25,0 10,6 18,0 20,5 Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 109 - L'aggiornamento del dottore agronomo e dottore forestale dovrebbe essere realizzato (val. %) Luogo % All'interno del sistema universitario 40,4 Al di fuori del sistema universitario 49,5 Altro 10,1 Totale 100,0 Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 110 - Modalità attuali di aggiornamento dell'attività professionale in base all'area geografica (val. %) Provincia Modalità Nord Ovest Nord Est Centro Sud Totale Autoformazione contestuale all'attività lavorativa 25,2 30,7 17,9 27,3 25,6 Corsi di formazione interni all'ente o all'azienda 12,6 20,0 5,4 12,1 11,9 Corsi presso enti di formazione pubblici 45,0 41,3 13,4 15,9 24,2 Corsi presso enti di formazione privati 35,1 21,3 8,9 9,7 15,8 Corsi presso strutture associative 3,6 5,3 2,7 3,5 3,6 Lettura documentazione specialistica 10,8 16,0 45,5 39,4 32,2 Dottorati e corsi di studio universitari 8,1 1,3 1,8 6,6 5,3 Internet 3,6 9,3 3,6 2,8 3,9 Video conferenze 5,4 9,3 2,7 1,7 3,6 Corsi presso strutture degli ordini 15,3 12,0 10,7 14,2 13,5 Non ho abbastanza tempo da dedicare all'aggiornamento 3,6 4,0 9,8 3,8 4,9 Altro 4,5 8,0 2,7 1,0 2,9 Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 111 - Modalità in futuro di aggiornamento dell'attività professionale (val. % e var. %) Modalità % Variazione Autoformazione contestuale all'attività lavorativa 12,4 -13,2 Corsi di formazione interni all'ente o all'azienda 11,4 -0,5 Corsi presso enti di formazione pubblici 29,7 +5,5 Corsi presso enti di formazione privati 19,6 +3,8 Corsi presso strutture associative 3,9 +0,3 Lettura documentazione specialistica 14,5 -17,7 Dottorati e corsi di studio universitari 7,7 +2,4 Internet 12,8 +8,9 Video conferenze 7,5 +3,9 Corsi presso strutture degli ordini 24,0 +10,5 Non ho abbastanza tempo da dedicare all'aggiornamento 1,0 -3,9 Altro 3,1 +0,2 Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 112 - Modalità in futuro di aggiornamento dell'attività professionale (val. %) Tipologia Modalità Libera professione a tempo pieno Libera professione a tempo parziale Dipendente di un ente o organizzazione di diritto pubblico Dipendente di un ente o organizzazione di diritto privato Totale Autoformazione contestuale all'attività lavorativa 14,3 15,7 7,4 12,9 12,4 Corsi di formazione interni all'ente o all'azienda 6,3 7,8 15,4 24,2 11,4 Corsi presso enti di formazione pubblici 27,4 31,3 33,1 25,8 29,7 Corsi presso enti di formazione privati 23,4 15,7 18,4 17,7 19,6 Corsi presso strutture associative 5,7 4,4 4,8 3,9 Lettura documentazione specialistica 14,9 14,8 16,2 8,1 14,5 Dottora ti e corsi di studio universitari 6,3 7,8 5,9 16,1 7,7 Internet 10,9 15,7 11,8 14,5 12,8 Video conferenze 8,0 3,5 9,6 8,1 7,5 Corsi presso strutture degli ordini 21,1 27,8 24,3 25,8 24,0 Non ho abbastanza tempo da dedicare all'aggiornamento 1,1 1,5 1,6 1,0 Altro 4,0 2,6 2,9 1,6 3,1 Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 113 - Supporti di aggiornamento che preferisce usare in base all'area geografica (val. %) Provincia Supporto Nord Ovest Nord Est Centro Sud Totale Supporto cartaceo (libri, dispense, ecc,) 67,9 77,2 75,5 68,3 70,7 Software specialistici 24,1 30,4 11,8 18,6 20,0 Supporti multimediali (CD Rom, laser-disk, ecc,) 26,8 26,6 30,0 26,2 27,1 Teleconferenze 9,8 6,3 2,7 4,8 5,6 Video e/o audio cassette 8,0 7,6 4,5 2,8 4,7 Altro 4,5 5,1 0,9 1,7 Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 1999 Tab. 114 - Supporti di aggiornamento che preferisce usare (val. %) Tipologia Supporto Libera professione a tempo pieno Libera professione a tempo parziale Dipendente di un ente o organizzazione di diritto pubblico Dipendente di un ente o organizzazione di diritto privato Totale Supporto cartaceo (libri, dispense, ecc,) 73,2 73,8 67,5 65,7 70,7 Software specialistici 19,7 21,5 18,9 18,6 20,0 Supporti multimediali (CD Rom, laser-disk, ecc,) 25,8 31,5 21,9 34,3 27,1 Teleconferenze 5,6 3,4 7,7 5,7 5,6 Video e/o audio cassette 4,5 5,4 4,1 5,7 4,7 Altro 1,0 1,3 1,8 4,3 1,7 Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 1999 6.5. Gli sbocchi occupazionali dei neolaureati In merito alle modalità di inserimento nel mondo del lavoro dei giovani dottori agronomi e dottori forestali, il Censis, su richiesta specifica del Conaf, ha realizzato un carotaggio sulle unità statistiche del campione originario con età compresa tra i 25 ed i 29 anni, al fine di effettuare alcune considerazioni aggiuntive rispetto a quelle formulate nell'analisi dell'offerta formativa sulla base dei dati de "L'indagine sull'inserimento professionale dei laureati" del 1995 a cura dell'Istat. Operativamente, dall'insieme delle unità campionarie considerate nella ricerca, è stata estratto un numero pari a 27 dottori agronomi e dottori forestali, a cui sono state sottoposte una serie di domande aggiuntive rispetto al questionario originario, concernenti la condizione professionale, i tempi intercorsi tra il conseguimento del titolo di laurea e l'occupazione, le tipologie professionali e contrattuali. Attualmente circa i due terzi dei dottori agronomi e dottori forestali con una età compresa tra i 25 ed i 29 anni ed iscritti all'Albo professionale svolge l'attività professionale come libero professionista o come dipendente di enti pubblici e di imprese private, mentre il resto è disoccupato (tab. 115). Circa i due terzi degli occupati ha impiegato meno di un anno per trovare una occupazione, e di questi circa la metà ha impiegato meno di tre mesi per trovare il primo impiego, mentre gli altri hanno ha aspettato tra i 4 ed i 12 mesi (tab. 116). Un quarto dei giovani neo-laureati ha impiegato da 13 a 24 mesi, il 12,5% oltre 24 mesi. La metà dei giovani disoccupati non è attualmente in cerca di lavoro (tab. 117). Di questi un decimo si è impegnato nella ricerca del lavoro dopo un mese dal conseguimento del titolo di laurea, mentre circa la metà ha atteso 24 mesi. Nel complesso, questi dati confermano le indicazioni emerse nell'indagine Istat in merito alla celerità con cui, una volta attivatisi, i neolaureati riescono a trovare occupazione, specie in rapporto ai tempi necessari ad altre figure professionali. Riceve conferme la forte propensione dei giovani dottori agronomi e dottori forestali all'esercizio della libera professione: poco meno della metà dei giovani iscritti è imprenditore o libero professionista, mentre un decimo è lavoratore autonomo (tab. 118). Tra i dipendenti, il 5,9% svolge le funzioni di dirigente, il 35,3% è invece inquadrato come funzionario, quadro e tecnico. Considerando le tipologie contrattuali, contratti a tempo determinato interessano circa un quinto dei giovani dottori agronomi e dottori forestali (tab. 119). La maggioranza dei dipendenti, come del resto evidenziato nell'analisi sull'intera categoria, ha contratti di lavoro a tempo determinato, ovvero contratti con collaborazione coordinata e continuativa. Tab. 115 - Condizione professionale attuale (val. %) Condizione % Attività di libera professione e/o lavoro dipendente 63,0 Disoccupato 37,0 Totale 100,0 Fonte: indagine Censis 1999 Tab. 116 - Tempo intercorso tra il conseguimento della laurea ed il primo lavoro (val. %) Mesi % Meno di 3 mesi 31,3 Da 4 a 12 mesi 31,2 Da 13 a 24 mesi 25,0 Oltre 24 mesi 12,5 Totale 100,0 Fonte: indagine Censis 1999 Tab. 117 - Tempo intercorso tra il conseguimento della laurea e la ricerca del lavoro (val. %) Mesi % Non è in cerca di lavoro 50,0 1 mese 10,0 Oltre 24 mesi 40,0 Totale 100,0 Fonte: indagine Censis 1999 Tab. 118 - Tipo di lavoro svolto (val. %) Tipo % Imprenditore/Libero professionista 47,0 Lavoratore in proprio 11,8 Dirigente 5,9 Dipendente (quadro, tecnico, funzionario) 35,3 Totale 100,0 Fonte: indagine Censis 1999 Tab. 119 - Tipo di contratto con cui sono impiegati i professionisti dipendenti (val. %) Tipo % Contratto a tempo determinato 60,0 Contratto con collaborazione coordinata e continuativa 20,0 Altro 20,0 Totale 100,0 Fonte: indagine Censis 1999 6.6. Analisi tipologica dei dottori agronomi e dei dottori forestali I dati sottoposti al procedimento di cluster hanno generato alcuni specifici gruppi tipologici di dottori agronomi e dottori forestali distribuiti sul piano fattoriale, in base alla natura delle variabili che caratterizzano maggiormente ciascuno di essi. Nel procedimento sono stati individuati tre fattori: il primo individua la libera professione, il secondo il lavoro dipendente, il terzo la modalità di aggiornamento professionale. Questi fattori sono stati quindi rappresentati in tre distinti piani fattoriali. Nella figura 14, l'asse orizzontale rappresenta la dimensione del modello professionale, che ha come estremo sinistro la libera professione e come estremo destro il lavoro dipendente. L'asse verticale rappresenta invece la dimensione della cultura della formazione, con all'estremo inferiore il modello tradizionale di aggiornamento professionale (autoformazione, lettura della documentazione specialistica) ed all'estremo superiore il modello innovativo (internet, corsi presso le strutture degli Ordini). Nella figura 15, l'asse orizzontale rappresenta la dimensione del lavoro dipendente ed ha come estremi le tipologie di dipendenti del settore pubblico e privato, mentre l'asse verticale riporta la cultura della formazione. Infine nella figura 16 l'asse orizzontale individua il modello professionale che ha per estremi le tipologie della libera professione e del lavoro dipendente, mentre l'asse verticale la dimensione del lavoro dipendente, che ha per estremi i dipendenti del settore pubblico e privato. Gruppo 1: I quasi-professionisti dinamici Il primo gruppo tipologico definito dal procedimento di cluster analysis è pari al 34,3% del totale degli iscritti. A questo gruppo appartengono in larga misura i dottori agronomi e dottori forestali che svolgono l'attività professionale come liberi professio nisti a tempo parziale, con una età inferiore ai 45 anni, residenti prevalentemente al Nord ed al Centro del Paese. Nonostante un basso reddito professionale ed una scarsa soddisfazione nello svolgimento dell'attività professionale, i soggetti del gruppo A presentano una notevole apertura verso i nuovi processi che interessano la categoria, specie sotto il profilo delle aree di specializzazione, ed una attitudine ad approfondire le proprie competenze professionali. Quest'ultimo orientamento si fonda anche su un giudizio nei confronti della formazione universitaria più critico rispetto alla media. Considerando le modalità di aggiornamento, i soggetti del gruppo A mostrano un certo interesse per gli strumenti innovativi, primo tra tutti internet, e contano di avvalersi in futuro dei corsi presso le strutture degli Ordini. In generale, l'aggiornamento nel settore ed attività di competenza viene indicato da questi soggetti come l'aspetto dell'attività professionale su cui puntare decisamente per un rilancio della categoria. Come la grande maggioranza dei dottori agronomi e dottori forestali libero professionisti, gli appartenenti al gruppo A esercitano l'attività professionale come unico titolare dello studio. Nondimeno, significativa è la porzione di dottori agronomi e dottori forestali inseriti in studi associati e di quelli che svolgono attività di prestazione senza la titolarità di uno studio. Nell'attività professionale, viene accordata importanza primaria al rapporto diretto con la clientela, che si configura prevalentemente come saltuaria. La domanda è rappresentata in larga misura da enti pubblici, specie in sede locale, e da persone fisiche private, mentre le aziende private compaiono in misura minore. Per ciò che concerne la specializzazione professionale, nel prossimo futuro il gruppo 1 intende inserirsi in nuovi settori, quali ad esempio le bio-tecnologie, la pianificazione ambientale, territoriale ed urbana, la programmazione integrata, la certificazione della qualità delle produzioni agricole, zootecniche e forestali, la trasformazione e la commercializzazione di prodotti agricoli ed il marketing. I soggetti non attribuiscono un ruolo decisivo all'Ordine: l'iscrizione all'Albo è percepita in larga misura come un adempimento ad un obbligo di legge per l'esercizio della professione. Rispetto ad altri gruppi, infine, si osserva una apertura maggiore rispetto all'ipotesi di Ordine unico con le altre professioni tecniche. Gruppo 2: Gli appagati Il gruppo 2 rappresenta il 30,7% dei dottori agronomi e dottori forestali iscritti all'Ordine professionale. La grande maggioranza dei soggetti è formata da liberi professionisti a tempo pieno, residenti principalmente nel Sud ed, in misura minore, nel Centro del Paese e con un reddito medioalto. Le modalità di aggiornamento professionale sono essenzialmente di tipo tradizionale, come l'autorformazione contestuale all'attività professionale e la lettura di documentazione specialistica. I soggetti si dichiarano nel complesso soddisfatti della propria attività professionale, esercitata in genere come unico titolare dello studio. Tra gli aspetti da migliorare, i soggetti indicano principalmente il rapporto con la pubblica amministrazione. La clientela, in prevalenza fissa, è rappresentata dalle aziende agricole e persone fisiche private. Nel prossimo futuro, i settori di riferimento saranno quelli tradizionali dell'estimo civile e della produzione vegetale, mentre in misura minore si prevedono sviluppi nella pianificazione ambientale, territoriale ed urbana e nel monitoraggio ambientale. Limitata appare la partecipazione alle attività dell'Ordine professionale: gran parte dei soggetti non associa nessun significato sostanziale all'iscrizione all'Albo professionale. Anche in questo gruppo relativamente numerosi risultano infine i dottori agronomi e dottori forestali favorevoli alla creazione di un unico Ordine che comprenda le altre professioni tecniche. Gruppo 3: I professional-collars Il gruppo 3 rappresenta il 9,3% degli iscritti. Considerando la tipologia professionale, nel gruppo C si colloca gran parte dei dottori agronomi e dottori forestali dipendenti di aziende agricole ed imprese del settore privato, con un livello di reddito medio, residenti nel Nord del Paese e con una età inferiore ai 45 anni. Rispetto agli altri due gruppi finora analizzati, i soggetti hanno maggiori occasioni di intrattenere rapporti di collaborazione con le altre figure professionali. Inoltre, esprimono un giudizio migliore sia rispetto alla propria attività professionale che alla formazione universitaria. Più che l'aggiornamento professionale, i soggetti ritengono decisivo elevare al massimo il grado di efficienza nello svolgimento della propria attività professionale ed acquisire una specializzazione nelle attività connesse alla gestione dell'impresa, prima tra tutti il marketing. I soggetti accordano un ruolo significativo all'Ordine professionale. L'iscrizione all'Albo è vista come strumento utile alla partecipazione negli organi direttivi della categoria ed ad usufruire di specifici servizi, quali ad esempio i corsi di formazione. Gruppo 4: I burocrati Il gruppo 4 rappresenta il 26,7% degli iscritti. In esso sono compresi in maggioranza i dipendenti degli enti pubblici, con un livello di reddito medio, residenti principalmente nel Sud del Paese e con un'età inferiore ai 50 anni. Significativa, specie se confrontata agli altri gruppi, è la quota delle donne. I soggetti presentano alcuni elementi in comune con i soggetti del gruppo 3. Più che nell'aggiornamento professionale, essi individuano ne ll'efficienza l'aspetto su cui puntare per la propria qualificazione professionale. Inoltre, anche questi vivono in un contesto professionale di tipo multidisciplinare, in cui è frequente il rapporto con altre figure tecniche. Il grado di soddisfazione connesso all'attività professionale sembra invece leggermente inferiore, come più critico è il giudizio sulla formazione universitaria. Rispetto ai liberi professionisti, anche i soggetti del gruppo 4 sembrano assegnare un ruolo più significativo all'ordine professionale, specie in vista della elaborazione di una strategia di sviluppo comune alla categoria. Non ha invece molto seguito l'ipotesi di costituzione di un Ordine unico comune con le altre professioni tecniche. Tab. 120 - I gruppi tipologici (val. %) I gruppi tipologici Gruppo 1 I quasi-professionisti dinamici Gruppo 2 Gli appagati Gruppo 3 I professional collars Gruppo 4 I burocrati % intervistati 34,3 30,7 9,3 25,7 % cumulata 34,3 65,0 73,3 100,0 Fonte: Indagine Censis, 1999 Inserire fig. 14 Inserire fig. 15 Inserire fig. 16 6.7. I dati strutturali L'indagine sugli iscritti all'Albo dei dottori agronomi e dottori forestali è stata condotta su di un campione di 600 individui, stratificato proporzionalmente a due stadi, provincia di appartenenza ed età anagrafica, variabili che consentono di mantenere una ragionevole approssimazione delle frequenze relative all'universo di riferimento. La ripartizione territoriale riproduce la struttura degli Ordini a livello provinciale. Le unità campionarie sono state aggregate in base all'appartenenza alle quattro macro aree Nord Ovest, Nord Est, Centro, Sud ed Isole (tab. 121). Analoga suddivisione è stata realizzata per la provincia di esercizio dell'attività professionale. La variabile età anagrafica è stata scomposta nelle seguenti classi: fino a 34 anni, 35 - 39 anni, 40 45 anni, 46 - 49 anni, 50 - 54 anni, 55 - 59 anni, 60 - 64 anni, 65 anni ed oltre. Considerano la variabile sesso, l'88,2% degli intervistati è di sesso maschile, l'11,8% femminile. Un terzo degli intervistati dichiara di percepire dalla propria attività professionale un reddito annuo compreso tra i 25 ed i 50 milioni. Oltre la metà degli intervistati ha un reddito inferiore ai 25 milioni. Infine il 17,7% dichiara tra i 50 ed i 100 milioni, il 2,9% tra i 100 ed i 150 milioni, lo 0,4% oltre i 150 milioni. Il 92,1% degli intervistati ha conseguito un titolo di laurea in scienze agrarie, il 7,2% in scienze forestali. Lo 0,7% ha seguito invece un altro corso di laurea. Per ciò che concerne infine l'iscrizione all'albo professionale, il 25,2% è iscritto da meno di 5 anni, il 27,0% da 6 a 10 anni, il 26,2% da 11 a 20 anni, il 12,8% da 21 a 30 anni, il 6,7% da 31 a 40 anni, l'1,8% da 41 a 50 anni, lo 0,3% da oltre 50 anni. Tab. 121 - Dati strutturali (val. %) Val. % Provincia di residenza Nord Ovest 18,8 Nord Est 13,5 Centro 18,8 Sud 48,9 Totale 100,0 Provincia di esercizio dell'attività professionale Nord Ovest 18,8 Nord Est 13,2 Centro 19,0 Sud 49,0 Totale 100,0 Età Fino a 34 19,5 35-39 25,6 40-45 20,4 46-49 8,5 50-54 8,8 55-59 5,5 60-64 6,5 65 e oltre 5,2 Totale 100,0 Sesso Maschio 88,2 Femmina 11,8 Totale 100,0 Fasce di reddito connesso all'attività professionale esercitata Meno di 10,000,000 25,0 Da 10,000,000 a 25,000,000 20,7 Da 25,000,000 a 50,000,000 33,3 Da 50,000,000 a 100,000,000 17,7 Da 100,000,000 a 150,000,000 2,9 Oltre i 150,000,000 0,4 Totale 100,0 Laurea Scienze agrarie 92,1 Scienze forestali 7,2 Altro corso di laurea 0,7 Totale 100,0 Iscrizione all'Albo in anni Meno di cinque 25,2 Da 6 a 10 27,0 Da 11 a 20 26,2 Da 21 a 30 12,8 Da 31 a 40 6,7 Da 41 a 50 1,8 Oltre i 50 0,3 Totale 100,0 Fonte: indagine Censis, 1999 7. La domanda per la professione di dottore agronomo e dottore forestale 7.1. Premessa Le aree di indagine proposte nell'intervista ai testimoni privilegiati appaiono in parte differenti rispetto a quelle svolte nel questionario rivolto al campione. Obiettivo di questa parte della ricerca è quello di cogliere le percezioni che gli intervistati hanno sull'evoluzione della professione e sulle possibili strategie di riqualificazione della stessa. In questa ottica, nell'intervista personalizzata sono affrontate le tematiche che offrono oggi maggiori occasioni e spunti di riflessione in seno alla categoria. Nel primo paragrafo viene delineato il quadro dei settori in cui attualmente si inseriscono i dottori agronomi e dottori forestali. Ai testimoni privilegiati è chiesto di svolgere alcune riflessioni sugli scenari odierni e sulle dinamiche di sviluppo in atto, partendo dalla considerazione in primis del proprio punto di osservazione e del campo o settore in cui operano. Obiettivo di queste domande è quello di cogliere indirizzi e suggerimenti sul futuro della professione e sugli ambiti di impiego, in particolare lo sviluppo rurale, la tutela dell'ambiente, il settore agricolo. Altro aspetto essenziale attiene al rapporto della categoria con le altre figure professionali. In questa parte vengono affrontate le problematiche concernenti l'approccio multidisciplinare e l'evoluzione dei modelli organizzativi della libera professione. Nel secondo paragrafo vengono presi in esame gli effetti dei processi di integrazione europea e di decentramento amministrativo sulla professione del dottore agronomo. Anche in questo caso le domande aperte consentiranno all'intervistato di prefigurare liberamente gli scenari futuri nei diversi ambiti proposti e di stabilire collegamenti in chiave problematica con la realtà della categoria. In particolare, agli intervistati è chiesto di individuare le sfide e le occasioni che si presenteranno nei prossimo futuro nei distinti livelli, considerati sia in chiave politicoamministrativa sia in quella professionale e di mercato. Uno spazio rilevante è accordato nelle interviste al tema della formazione universitaria e postuniversitaria. I testimoni privilegiati sono invitati ad esprimere un giudizio sul livello di coerenza dell'intero sistema formativo rispetto alle odierne esigenze della libera professione. In questa sede si cercherà si approfondire il tema dell'adeguatezza degli ordinamenti universitari e dei corsi postlauream in rapporto alle problematiche emergenti nella libera professione in generale e nella categoria in particolare. In considerazione di questi e degli altri nodi messi in evidenza di volta in volta dagli stessi interlocutori, gli intervistati saranno quindi invitati ad indicare proposte e misure in vista della riqualificazione del sistema formativo. Il paragrafo finale è incentrato sull'analisi del sistema professionale. Anche in vista della prevista riforma delle libere professioni, le riflessioni hanno come oggetto il ruolo e la funzione degli Ordini, e quindi le misure da apportare al fine di definire forme organizzative efficienti, in grado di supportare gli iscritti nell'inserimento nel mercato. 7.2. L'evoluzione del mercato ed i profili organizzativi della professione del dottore agronomo e dottore forestale Il settore agricolo ha abbandonato un approccio produttivo di tipo intensivo in favore di processi produttivi in grado di integrarsi con le funzioni di programmazione, pianificazione e gestione del territorio e di ripristino degli equilibri biologici alterati. In Italia e nel resto d'Europa l'agricoltura, infatti, si trova oggi di fronte a due diversi ordini di sfide. Per un verso, il settore agricolo subisce in modo sempre più evidente gli effetti della globalizzazione dei mercati. L'elevata concorrenzialità di un unico mercato mondiale impone una ridefinizione dell'offerta dei prodotti agricoli in termini di qualità e quindi un ripensamento dell'intera struttura della filiera agricola. Per altri versi, è divenuta pressante la questione ambientale, fenomeno che ha investito tutti i comparti economici delle società avanzate. Ciò ha indotto in primo luogo una maturazione culturale, con l'assunzione di modelli di sviluppo sostenibile, approccio che prevede un utilizzo delle risorse tale da consentirne la conservazione e la riproducibilità. 7.2.1. La prospettiva ambientale e rurale Sullo sfondo di questo scenario complesso si muovono le considerazioni degli intervistati sul futuro della professione del dottore agronomo e dottore forestale, ed in particolare sulla sua specifica funzione di sintesi tra le esigenze della produzione e della competitività economica del settore agricolo, e quelle della tutela dell'ambiente. A livello teorico, questo orientamento trova definizione nel modello dello sviluppo rurale, inteso come integrazione multisettoriale per il rilancio di intere aree territoriali e come sistema gestione globale del sistema agro-silvo-alimentare (De Castro, Donnahuser, Boretti). Nel nostro Paese vasti settori del mondo politico ed economico ritengono urgente avviare una iniziativa complessiva per il risanamento dei guasti ambientali operati nel passato. Si fa riferimento in particolare ai fenomeni di degrado del suolo (processi di erosione, frane, dissesti, riduzione delle capacità di produzione dei terreni agricoli, ecc.), spesso determinati dalle stesse attività agricole ovvero dall'abbandono delle colture. I processi di ricostituzione, di espansione e di difesa dei sistemi ambientali alterati, di riforestazione con utilizzo delle specie originarie e di rinaturazione delle aree a rischio di dissesto idrogeologico devono prevedere in futuro una diversa gestione delle risorse ambientali in generale e delle foreste in particolare, intese sinora come luogo in cui si taglia e non considerate nella loro valenza di ecosistemi. In questo contesto, le competenze dei dottori agronomi e dottori forestali possono trovare un vasto impiego nelle fasi di progettazione e realizzazione degli interventi (Turroni, Donnahuser, Baraldi). Sempre in campo ambientale, il dottore agronomo e dottore forestale è in grado di offrire un valido apporto in materia di programmazione, progettazione e pianificazione e gestione del territorio (De Castro, Angotti, Boretti), di difesa della biodiversità, profilo ancora sacrificato,Tav. 23 - I settori di sviluppo ed i soggetti di riferimento per la categoria Lo sviluppo rurale e la tutela dell'ambiente Ministero delle Politiche Agricole Processi di integrazione multisettoriale per il rilancio di aree territoriali. Programmazione, pianificazione e gestione del territorio. Ministero dell'Ambiente Gestione del sistema agro-silvo-alimentare. Riforestazione delle aree a rischio di dissesto idrogeologico. Commissione Ambiente della Camera dei Deputati Riparazione del danno e ricostituzione degli equilibri ambientali; valorizzazione della biodiversità. Regione Toscana Apporto di competenze nei settori agricolo ed ambientale nel contesto della ruralità. Programmazione, pianificazione e gestione del territorio. Coldiretti Intervento nei fenomeni dissesto del territorio. Azienda agricola Programmazione e gestione del sistema dei parchi e delle aree protette. Ordine Ingegneri Programmazione, pianificazione e gestione del territorio. Università di Bologna Intervento nei fenomeni dissesto del territorio. segue tav. 23 Gli ambiti di intervento del dottore agronomo e dottore forestale nel settore agricolo I soggetti di riferimento per lo sviluppo della categoria Ministero delle Politiche Agricole Certificazione della qualità dei prodotti agricoli e del processo produttivo; assistenza in favore delle aziende agricole e delle imprese del settore agroindustriale (diffusione delle informazioni e delle normative, prestazione gestionale e marketing, ecc.) La pubblica amministrazione in sede decentrata, nell'ambito dei piani di sviluppo economico e dei programmi di sviluppo rurale; le aziende agricole e le imprese inserite elle filiera agricola Ministero dell'Ambiente Assistenza tecnica alle aziende agricole; sviluppo dei sistemi di marchi della qualità, di origine e tipicità; centri di germoplasma per la ricerca e la catalogazione di sementi autoctone; agricoltura "no food" ed agroindustria La pubblica amministrazione in sede decentrata, nell'ambito della programmazione e pianificazione del territorio; il costituendo Ministero dell'Ambiente e del Territorio in materia ambientale; consorzi e cooperative agricole zootecniche Regione Toscana La pubblica amministrazione in sede decentrata, per la programmazione e la pianificazione del territorio Coldiretti Certificazione della qualità dei prodotti agricoli e del processo produttivo; razionalizzazione dei processi produttivi all'interno delle aziende agricole; sperimentazione e diffusione di nuove tecnologie Le aziende che operano nella filiera agricola Azienda agricola Assistenza tecnica alle aziende agricole La pubblica amministrazione in sede decentrata, per l'elaborazione di modelli di sviluppo rurale, per la divulgazione di informazioni e l'assistenza tecnica in favore delle aziende; le aziende agricole Ordine Ingegneri Trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli e zootecnici; agriturismo Università di Bologna Assistenza tecnica alle aziende agricole; Industria agroalimentare La pubblica amministrazione in sede decentrata, per la programmazione e pianificazione del territorio e della divulgazione di informazioni alle aziende; i Ministeri che affrontano le problematiche riguardanti la categoria ovvero interpretato in modo riduttivo come differenza delle specie utilizzabili nel processo produttivo (Turroni). Fino ad oggi il ruolo ricoperto dal dottore agronomo e dottore forestale nel campo ambientale è stato però del tutto marginale. Il suo contributo appare spesso limitato ai solo campi di attività tradizionali, a fronte invece di capacità di ordine strategico più ampio, previste dalla stessa legge 10 febbraio 1992, n. 152 (Boretti, Patacconi). Questo stato di cose si spiega in parte con l'assenza di una diffusa cultura ambientale nella società e nelle istituzioni. Le problematiche connesse ad esempio alla conservazione dei suoli godono in generale di una scarsa attenzione, se non in coincidenza di calamità naturali. Le istituzioni, sia a livello centrale che periferico, stentano a delineare una coerente politica ambientale in materia di programmazione nell'utilizzo delle risorse. Oltre ad un problema per la collettività in termini di danni ambientali, questo ritardo in sede politica non ha consentito una adeguata valorizzazione ed utilizzo delle competenze di figure professionali specializzate (Turroni). Alcune responsabilità vanno peraltro attribuite alla stessa categoria dei dottori agronomi e dottori forestali, cui deve essere imputato un certo ritardo culturale, per ciò che riguarda segnatamente l'adozione e lo sviluppo di tecniche colturali sempre più artificiali e l'utilizzo massiccio di additivi chimici (Turroni). Il rilancio della professione si giocherà in gran parte sulla capacità divenire soggetto propositivo e di riferimento nella definizione di modelli di sviluppo rurale, nei quali l'agricoltura si proponga come settore chiave per la gestione complessiva dell'assetto del territorio (De Castro, Turroni). In seguito all' apertura dei mercati europeo ed extraeuropeo, in Italia l'agricoltura è di fronte a uno scenario nuovo. I nuovi contesti sono in continua evoluzione e richiedono una maggiore efficienza e competitività da parte dell'intero sistema produttivo. In tal senso, alcuni strumenti innovativi, quali la certificazione di qualità del prodotto agricolo e del processo produttivo, assumono importanza decisiva (De Castro, Pasquali). Per sostenere la concorrenza nel mercato mondiale l'agricoltura italiana dovrà orientarsi sempre di più verso le produzioni di qualità e inserirsi nei settori di nicchia, collocandosi nei target medio-alti per ciò che concerne il rapporto qualità/prezzo (Donnhauser, Pasquali). Per altri versi, le dinamiche di internazionalizzazione del settore rendono indispensabile all'interno delle imprese agricola una maggiore considerazione di aspetti quali la razionalizzazione e la combinazione dei fattori di produzione, il contenimento dei costi, i processi di esternalizzazione dell'azienda (specie per i rapporti con la filiera), l'analisi di mercato, profili che richiederanno in futuro l'apporto di figure professionali specializzate ed insieme capaci di cogliere la complessità dei processi che interessano il settore. Per le imprese il rapporto con i partner europei ed extraeuropei diverrà decisivo, funzione per la quale saranno richiesti professionisti in grado di leggere gli scenari in evoluzione, di utilizzare gli strumenti offerti a livello europeo, di comunicare con le diverse realtà degli altri paesi, di acquisire e diffondere informazioni in materia di innovazione e ricerca nel settore agricolo (Pasquali). Sempre in ambito agricolo, i dottori agronomi e dottori forestali continueranno a svolgere l'attività di assistenza tecnica alle aziende agricole (Baraldi, Donnahauser) Le innovazioni introdotte nel settore dovranno in ogni caso essere coerenti con il modello dello sviluppo rurale, nel quale il processo produttivo è tenuto a considerare la natura, il suolo, gli equilibri biologici come elementi da conservare piuttosto che alterare irreparabilmente attraverso la meccanizzazione ovvero l'utilizzo di tecniche colturali indipendentemente dalle caratteristiche dei suoli (Turroni). In tal senso, al dottore agronomo e dottore forestale spetta un ruolo strategico contestualmente sul versante della produzione di qualità e su quello della difesa delle risorse fisico naturali. L'agricoltura non è intesa solo nella sua valenza di settore produttivo, ma anche nella capacità di ridurre l'incidenza di fenomeni negativi (incendi, frane, abbandono delle terre nelle aree marginali ecc.). In questa logica i sistemi di marchi di qualità, di origine e di tipicità dei prodotti, specie quelli delle aree protette, rappresentano settori innovativi. Per i prossimi anni l'obiettivo è quello di organizzare nei parchi i sistemi di produzione e di offerta nonché i collegamenti con la grande distribuzione, in modo da immettere sul mercato le produzioni agroalimetari di "nicchia". Questa evoluzione per avere successo non può prescindere da figure professionali capaci di intervenire in tutte le fasi del processo (Donnahuser). L'agricoltura biologica è un altro settore di estremo interesse. Se i dottori agronomi e dottori forestali possono vantare una vasta e solida formazione teorica, spesso si rilevano però dei limiti nella attività professionale sul campo. In particolare, i nuovi laureati non dispongono degli strumenti e delle conoscenze specifiche utili ad inserirsi nella realtà produttiva. Attualmente il sistema formativo non offre una preparazione adeguata, né da ampio rilievo alla sperimentazione, aspetti che determinano un forte rallentamento nello sviluppo del settore (Patacconi). In sintesi più che nel passato, il settore agricolo ha la necessità di avvalersi figure professionali in grado di assumere un approccio sistemico e di intervenire in tutti i segmenti della filiera agricola, e quindi nella selezione delle varietà adatta alla trasformazione agroindustriale, nel campo igenicosanitario per l'agricoltura, nei processi di prima trasformazione, nell'industria agroalimentare, nel controllo della qualità dei processi produttivi, nella commercializzazione e nella distribuzione dei prodotti agricoli e zootecnici, nel settore dell'agriturismo, nella sperimentazione e diffusione delle nuove tecnologie (Angotti, Patacconi, Baraldi, Pasquali). 7.2.2. Il rapporto con gli altri profili professionali: un approccio multidisciplinare Nondimeno, numerosi rimangono i nodi irrisolti nella professio ne del dottore agronomo e del dottore forestale. Attualmente altre figure professionali tendono a coprire illegittimamente spazi che l'attuale ordinamento normativo riserva invece ai dottori agronomi e dottori forestali. Ciò determina in primo luogo un danno per la collettività, in quanto consente la programmazione, la progettazione e la realizzazione di interventi nel settore ambientale, agricolo e forestale non validi o del tutto errati sotto il profilo tecnico (Boretti). Si fa riferimento in particolare ad alcuni progetti, quali ad esempio piani di miglioramento (oggi realizzati da ingegneri o geometri, figure che possiedono conoscenze specifiche del tutto relative), che dovrebbero essere quasi esclusivi del dottore agronomo e dottore forestale (Patacconi). In tutti i casi in cui si ravvisa una sovrapposizione vi è inoltre uno spreco di risorse, fenomeno che dovrebbe essere comunque evitato (Baraldi). Tav. 24 - Il rapporto con le altre figure professionali Effetti dei fenomeni di sovrapposizione con altre figure professionali Possibili misure di intervento Le prospettive dell'approccio multidisciplinare Ministero delle Politiche Agricole Rispetto delle norme previste nella legge 152/92 Miglioramento degli interventi sotto il profilo tecnico; aumento delle possibilità di intervento della categoria; definizione di servizi professionali integrati; gestione adeguata delle problematiche complesse Ministero dell'Ambiente Misure di razionalizzazione del sistema delle competenze Gestione adeguata delle problematiche ambientali e del settore agricolo Ministero dell'Industria e del Commercio Capacità di offrire prestazioni complesse e maggiore competitività sul mercato della categoria Commissione Ambiente della Camera dei Deputati Benefici nelle attività di tutela e gestione dell'ambiente Commissione Europea, Direzione B.I. Legislazioni economiche in materia di agricoltura Gestione delle problematiche economiche connesse al processo di integrazione europea Regione Toscana Marginalizzazione della categoria in settori di propria competenza e definizione di interventi errati da un punto di vista tecnico, con danni per la collettività FITA Costruzione di opere complesse e maggiore competitività delle professioni sul mercato; adeguamento del settore del terziario avanzato alle esigenze della domanda di servizi Coldiretti Coordinamento all'interno dell'azienda agricola delle competenze amministrativo-gestionali e tecnico-scientifiche segue tav. 24 Effetti dei fenomeni di sovrapposizione con altre figure professionali Possibili misure di intervento Le prospettive dell'approccio multidisciplinare Azienda agricola Marginalizzazione della categoria in settori di propria competenza e definizione di interventi errati da un punto di vista tecnico, con danni per la collettività Benefici nelle attività di tutela e gestione dell'ambiente Ordine Ingegneri Gestione delle problematiche relative alla programmazione e la pianificazione del territorio nell'ambito di forme societarie multidisciplinari Università di Bologna Errato utilizzo delle risorse e delle competenze del Paese Superamento tra le professioni della logica dei recinti; integrazione dei saperi nella gestione delle problematiche complesse In tale contesto, la professione del dottore agronomo e dottore forestale viene in parte marginalizzata e tende a perdere un propria visibilità nel Paese (Patacconi). Come primo passo occorre quindi razionalizzare il sistema sulla base dei diversi gradi di competenze e titoli (Donnahuser). Per dare una risposta a questo complesso di problematiche, in primo luogo è opportuno partire dalle specifiche competenze previste dalla legge 152/92. La scarsa conoscenza del testo di legge, sia da parte dei professionisti interessati, sia da parte dell'utenza pubblica e privata, ha facilitato in passato i fenomeni di sovrapposizione, e parimenti inibito l'auspicato coordinamento con le altre figure professionali per ricreare sinergie multidisciplinari in ambiti operativi e progettuali contigui e complementari. La mancata adozione di una comune prospettiva tra agronomi e forestali da un lato e altre figure professionali dall'altro (architetti, ingegneri, geologi, chimici, biologi, ecc.), oltre ad alimentare la competizione tra i diversi Ordini professionali, determina la genericità e l'aspecificità degli stessi contributi tecnici. Specie nel settore dell'ambiente e nello sviluppo rurale, ove nessuno può vantare una competenza esclusiva, è indispensabile adottare un approccio multidisciplinare, che consentirebbe tra l'altro di aumentare le possibilità operative del dottore agronomo e di realizzare servizi professionali integrati (De Castro). In particolare, in materie quali la difesa degli assetti idrogeologici, la costituzione e la gestione dei parchi (si prevede che nei prossimi anni il 10% del nostro territorio sarà composto da aree protette), la ricostituzione degli equilibri biologici alterati, si renderà necessaria in misura crescente una attività associata tra le professioni tecniche e scientifiche nelle diverse forme (staff, pool, gruppi di lavoro, società) (Turroni, Patacconi). L'adozione di un metodo multidisciplinare sconta ancora un certo ritardo culturale tra gli stessi professionisti. Questa dimensione è vista spesso con diffidenza, percepita dai professionisti come minaccia nei riguardi del proprio ambito di competenza. Questo atteggiamento deve essere superato progressivamente, in quanto ostacolo principale alle stesse potenzialità di sviluppo della professione. Dato l'elevato grado di complessità di alcuni settori, le problematiche connesse devono essere affrontate da differenti punti di vista, con il concorso ed integrazione di distinti saperi e professionalità (Baraldi). La multidisciplinarietà può rappresentare un modello di riferimento per i dottori agronomi e dottori forestali. Non esistendo più una prestazione specializzata, egli si trova e si troverà sempre di più di fronte a richieste di consulenze a 360°, per le quali perde senso una ripartizione specifica in settori di competenza. Le opportunità di sviluppo di ogni categoria professionale e del singolo libero professionista risiedono nella capacità ed attitudine a fornire prestazioni complesse insieme ad altre figure professionali (Vecchia). Nel settore del terziario avanzato la multidisciplinarietà è fatto acquisto, e in questo senso spingono sia la complessità delle opere e progetti da realizzare, sia la necessità di competere sul mercato in termini di qualità e di prezzo (Alessandrello). In una ottica sistemica, il dottore agronomo e dottore forestale deve essere in grado di operare con l'economista, ad esempio per gli aspetti connessi alla commercializzazione dei prodotti agricoli, con i biologi nella gestione delle foreste e nella produzione dei prodotti tipici di nicchia (Donnhauser), con i geologi e gli ingegneri per le tema tiche della gestione e della pianificazione del territorio (Angotti), ovvero con i giuristi specializzati in diritto comunitario ed in diritto comunitario dell'agricoltura per le problematiche connesse all'integrazione europea (Ventura). Nel comparto agricolo è indispensabile una figura di raccordo, che sappia coordinare le competenze amministrativo-gestionali con quelle tecnico-scientifico. Questo funzione dovrebbe essere ricoperta proprio dal dottore agronomo e dottore forestale, formato per gestire situazioni complesse all'interno dell'azienda agricola (Pasquali). Questa evoluzione è ad oggi ostacolata da alcuni vincoli che la categoria condivide con le altre professioni. Tra questi si segnala in particolare l'esistenza di norme che limitano lo sviluppo delle attività professionali (Vecchia) ed il mancato riconoscimento del ruolo sociale delle libere professioni (Angotti). Altro nodo critico è rappresentato dalla distanza tra la formazione ed il mondo dell'impresa e della pubblica amministrazione. E' urgente in questo senso sviluppare su scala più vasta la logica dei passaggi intermedi (master e stages) e rivolgere maggiore attenzione alle modalità di formazione post-universitaria, strumenti che insieme siano in grado di fornire ai neolaureati una visione chiara dei processi di sviluppo in atto sul versante internazionale e livello locale (Pasquali). 7.2.3. Lo studio polifunzionale per il nuovo mercato Forme di integrazione e collaborazione tra distinte figure professionali e saperi potrebbero essere realizzate nell'ambito degli studi professionali associati. Nel mercato attuale le conoscenze di una sola professione spesso non sono sufficienti per affrontare problemi ed opere di complessità elevata. Soprattutto a livello locale i professionisti sono consapevoli della necessità di organizzarsi ovvero in forme societarie multidisciplinari in vista di incarichi riguardanti la gestione dell'ambiente, l'agricoltura, la pianificazione del territorio, lo smaltimento dei rifiuti (Angotti). Tra i settori innovativi, in Italia è ancora ad uno stato embrionale lo sviluppo dei centri di germoplasma, in cui realizzare la ricerca e la catalogazione delle sementi autoctone. In questo settore la professione del dottore agronomo e dottore forestale deve trovare un maggiore inserimento, configurando secondo modalità innovative il proprio ruolo di supporto all'agricoltura. Oltre agli effetti positivi sul versante della conservazione della biodiversità, l'utilizzo delle sementi autoctone potrebbe dare maggiori incentivi alle produzioni di qualità e rilanciare l'intero settore agricolo (Donnhauser). Per ciò che concerne il mercato, le aziende agricole ed il settore privato continueranno a rappresentare una porzione significativa della domanda delle prestazioni del dottore agronomo e dottore forestale. La categoria ha svolto e continua a svolgere infatti una funzione molto importante di assistenza in favore delle realtà economiche presenti sul territorio. Le prestazione fornite alle aziende private sono molteplici, tra cui in particolare l'assistenza tecnica, la divulgazione di informazioni, la diffusione delle normative, e di recente anche la prestazione in settori quali il marketing, la certificazione di processo e di prodotto e la pianificazione territoriale (De Castro, Patacconi). Attualmente, il sistema della proprietà agricola è interessata inoltre da processi di accorpamento, con la creazione di consorzi e cooperative, soggetti con i quali il dottore agronomo collaborerà in misura crescente nel prossimo futuro (Donnahuser). Altro settore innovativo in cui la categoria potrebbe trovare un significativo impiego è quello dell'agricoltura no food e dell'agroindustria, per la produzione di bio-diesiel e bio-etanolo, e per la produzione agricola e vegetale per la chimica fine (ad esempio le vernici atossiche) (Donnahuser). Per altri versi i professionisti nello svolgimento della loro attività avranno sempre più come interlocutori tutti i soggetti (in primis una pubblica amministrazione in via di decentramento) che saranno coinvolti nella definizione ed attuazione di piani di sviluppo economico e di programmi di sviluppo rurale elaborati a livello comunitario (De Castro), ovvero nella programmazione e pianificazione del territorio, ambito di competenza delle Regioni (Donnahuser, Boretti, Baraldi). In tal senso, si auspica un impiego strategico all'interno degli enti pubblici di figure professionali qualificate per la tutela del territorio, per lo sviluppo dell'agricoltura sostenibile, per la divulgazione delle innovazioni e dell'assistenza tecnica (Patacconi), nonché una collaborazione più stretta tra le stesse Università e gli enti locali (Baraldi). Dal punto di vista istituzionale, in prospettiva il Ministero dell'Ambiente e del Territorio in via di costituzione potrebbe rappresentare un importante riferimento in materia ambientale, ad esempio nella difesa del suolo e per le autorità di bacino (Donnahuser). Rispetto al passato si auspicano altresì forme di collaborazione più efficaci con i soggetti istituzionali che affrontano problematiche che riguardano la categoria, in particolare i Ministeri dell'Università e della Ricerca Scientifica, delle Politiche Agricole, dell'Ambiente, della Sanità, dell'Industria, con l'obiettivo di concorrere a gettare le basi per lo sviluppo del settore agrario (Baraldi). 7.3. Il ruolo del dottore agronomo e dottore forestale tra i processi di integrazione europea e di decentramento politico ed amministrativo 7.3.1. La dimensione extra nazionale Nel processo di unificazione europea è opportuno distinguere gli effetti di breve da quelli di medio e lungo periodo. Nel breve periodo, la globalizzazione dell'economia determinerà un aumento della concorrenza in alcuni settori, quali quello delle colture mediterranee, particolarmente significativi per il nostro Paese. L'aumento della competitività sarà avvertito in misura maggiore dai professionisti impegnati in attività "in campo" e dalle realtà socio-economiche e produttive locali. Nel medio e lungo periodo Tav. 25 - Gli effetti dei processi di integrazione europea e di decentramento amministrativo sul ruolo e sulla professione del dottore agronomo e dottore forestale La dimensione extra nazionale La dimensione locale Ministero delle Politiche Agricole Nel breve periodo, professionisti e realtà economiche locali dovranno affrontare una crescita della concorrenza; nel medio e lungo periodo, si assisterà ad una crescita del ruolo dell'agronomo nel campo dello sviluppo rurale. Il confronto con la realtà europea renderà necessaria una maggiore attenzione alla specializzazione professionale A livello locale, la categoria vanta un legame già molto stretto con la realtà economica ed amministrativa: il conferimento di competenze può rappresentare un ulteriore occasione di sviluppo Ministero dell'Ambiente Il modello dello sviluppo rurale troverà applicazione in tutti i Paesi dell'Unione Europea Il dottore agronomo e dottore forestale acquista centralità nella tutela ambientale, funzione di competenza delle amministrazioni periferiche Ministero dell'Industria e del Commercio Gli effetti più rilevanti sull'esercizio della professione saranno: il recepimento delle direttive comunitarie sulla concorrenza, il confronto con la concorrenza di studi professionali e società di prestazione europee, l'eliminazione di reticolo di norme settoriali, la liberalizzazione del mercato, l'assunzione di un approccio multidisciplinare Il conferimento di competenze rappresenta una occasione di sviluppo per le libere professioni segue tav. 25 La dimensione extra nazionale La dimensione locale Commissione Ambiente della Camera dei Deputati Il processo di unificazione svolgerà effetti positivi sul versante della tutela ambientale Se inteso a definire "venti luoghi" con regole diverse, il conferimento di competenze può rappresentare un pericolo ed un danno per le stesse realtà economiche Commissione Europea, Direzione B.I. Legislazioni economiche in materia di agricoltura Per i dottori agronomi e dottori forestali, il processo di unificazione aumenterà gli spazi di intervento e l'attività di prestazione n ei programmi di sviluppo e nei progetti legislativi e regolamentari elaborati in sede europea Il conferimento di competenze rappresenta una occasione di sviluppo per le libere professioni Regione Toscana Il confronto con la realtà europea può rappresentare l'occasione per il riconoscimento anche in Italia del ruolo e delle competenze dell'agronomo L'agronomo troverà inserimento nelle attività di programmazione, pianificazione e controllo del territorio, di competenza delle regioni segue tav. 25 La dimensione extra nazionale La dimensione locale FITA L'unificazione europea è l'occasione per ridefinire gli assetti delle libere professioni in Italia sulla base dei modelli europei Coldiretti Il conferimento di competenze può essere l'occasione di ridefinire l'assetto della filiera agricola sulla base del modello del distretto territoriale. Il tessuto amministrativo periferico si è dimostrato sinora inadeguato rispetto ai compiti assegnati Azienda agricola Ad oggi, le amministrazioni periferiche non sono state in grado di raggiungere risultati adeguati nell'impiego degli agronomi, destinandoli a compiti non conformi alla loro formazione e ruolo Ordine Ingegneri Si assisterà ad una crescita della concorrenza da parte delle figure professionali omologhe presenti in Europa Il conferimento di competenze rappresenta una occasione di sviluppo nel settore dell'agriturismo e della produzione locale Ordine Geologi Il processo di unificazione svolgerà effetti positivi sul versante della tutela ambientale e faciliterà i processi di integrazione ed osmosi culturale con le altre figure professionali In materia ambientale, in passato l'attribuzione di competenze non ha determinato gli effetti sperati Ordine Chimici Il processo di unificazione è l'occasione per definire a livello europeo un sistema professionale di tipo integrato Il conferimento di competenze rappresenta una occasione di sviluppo per le libere professioni nella tutela dell'ambiente Università di Bologna Il confronto con la realtà europea renderà necessaria una maggiore attenzione alla specializzazione professionale Il conferimento di competenze dovrebbe dare impulso alla divulgazione delle innovazioni tecniche e scientifiche in favore delle aziende invece l'unificazione europea comporterà una ridefinizione generale del ruolo della libera professione. Nel modello di "sviluppo di sistema" il dottore agronomo e dottore forestale potrà assumere un ruolo fondamentale, in quanto può disporre già ora di una preparazione di base multisettoriale e quindi intervenire nella progettazione dei processi di sviluppo in atto, sia a livello pubblico che privato (De Castro). Nella politica agricola europea il concetto di sviluppo rurale, definito nella Dichiarazione di Cork della Conferenza Europea dello Sviluppo Rurale e ripreso nel quadro dell'Agenda 2000, è divenuto centrale e troverà applicazione in tutti i Paesi dell'Unione. Questo propone una nuova concezione dell'agricoltura, che realizzi un mix di produzioni di qualità e di progetti di valorizzazione e conservazione del territorio, e definisce un vasto spazio di applicazione delle competenze professionali del dottore agronomo e dottore forestale (Donnahauser). Già oggi in ambito europeo, i dottori agronomi e dottori forestali svolgono con successo questo ruolo, in particolare come consulenti nei programmi di sviluppo ed in generale nell'attuazione di tutte le misure destinate al miglioramento delle strutture agricole, nonché nei progetti legislativi e regolamentari che prevedono aiuti in favore delle regioni (Ventura). Per i contratti di programma e nella programmazione contrattata c'è bisogno di professionalità in grado di garantire i collegamenti tra la filiera agricola ed i settori dell'industria e dell'artigianato e di interpretare sulla base di una profonda conoscenza della realtà territoriale la complessità di tali processi (Pasquali). Il processo di unificazione europea svolgerà inoltre effetti positivi sul versante della tutela ambientale. L'Italia è tenuta da un lato recepire le politiche e le indicazioni emanate in sede europea, dall'altro a confrontarsi con le realtà degli altri Paesi membri, ove è maturata da tempo una maggiore attenzione verso le tematiche del ripristino del danno, della considerazione dei fattori naturali e della conservazione dei suoli, nonché nei riguardi del settore dell'agricoltura biologica e dell'ingegneria naturalistica. In questo scenario in evoluzione si aprono numerose opportunità in favore dei dottori agronomi e dottori forestali (Turroni). La dimensione europea apporterà inoltre diversi benefici nell'esercizio della libera professione. Nello specifico, per i dottori agronomi e dottori forestali italiani si auspica che il confronto con le realtà degli altri Paesi europei possa finalmente rappresentare l'occasione per un riconoscimento del ruolo e delle attività di competenza (Boretti). Attualmente, il dottore agronomo e dottore forestale dispone di una solida preparazione di base, di tipo multisettoriale, che lo mette nelle condizioni di competere con le figure omologhe in Europa. Nondimeno tra i liberi professionisti si avverte la necessità di una formazione universitaria in grado di coprire tutte le specificità necessarie e di fornire adeguati livelli di approfondimento e specializzazione, progressi irrinunciabili in vista del confronto e della collaborazione con le altre figure professionali europee. Semmai i dottori agronomi e dottori forestali trovano difficoltà di inserimento in settori per cui non esiste una formazione specifica in Italia, come ad esempio quello della floricoltura (Baraldi, De Castro). Il processo di unificazione deve quindi essere inteso in termini di opportunità e di ampliamento del mercato delle libere professioni oltre la dimensione locale e nazionale. Le nuove dimensioni del mercato offriranno nuove occasioni di sviluppo e crescita per la categoria ed il confronto con le realtà professionali di altri Paesi europei (Angotti). Altri ancora individuano nel processo di unificazione europea una importante occasione di ridefinizione degli assetti delle libere professioni. A partire dal 2000 l'Italia è tenuta a recepire le direttive sull'esercizio della professione, e quindi il modello organizzativo diffuso negli altri paesi europei. In questo quadro, secondo l'orientamento della FITA, appare urgente adeguare le leggi italiane in materia, al fine di renderle il più possibile coerenti al nuovo modello europeo e di evitare l'ipotesi di contenzioso (Alessandrello). Il recepimento delle direttive comunitarie sulla concorrenza determinerà sicuramente effetti sull'esercizio dell'attività professionale e sul mercato di riferimento. Come le altre figure professionali, il singolo dottore agronomo e dottore forestale dovrà confrontarsi in misura sempre maggiore con la concorrenza di importanti studi professionali e società di prestazione europee. Inoltre l'ingresso in Europa comporterà l'eliminazione del reticolo di norme settoriali (che ha rappresentato spesso un limite allo sviluppo delle professioni), una maggiore liberalizzazione del mercato e l'assunzione di un approccio e di una struttura multidisciplinare nell'attività professionale (Vecchia). 7.3.2. La dimensione locale Diversi orientamenti emergono anche in tema di decentramento politico ed amministrativo. Per alcuni in particolare, il conferimento di competenze in favore delle Regioni e degli enti locali apporterà benefici sia per la categoria che per i settori in cui si inseriscono il dottore agronomo ed il dottore forestale. Il dottore agronomo ed il dottore forestale possono vantare un legame molto stretto con il territorio. Meno di altre figure professionali, possono risentire di effetti negativi connessi al decentramento politico ed amministrativo, anche perché ha già vissuto nel passato questo processo. Ad oggi tutti i programmi territoriali di sviluppo in applicazione delle regolamentazioni comunitarie sono definiti e gestiti a livello regionale. In questo contesto, oltre che nella consueta pratica professionale, i liberi professionisti hanno avuto l'occasione di sviluppare capacità relazionali con gli enti amministrativi periferici. Gli ulteriori progressi in questo ambito sono legati alla capacità delle pubbliche amministrazioni periferiche di ottimizzare competenze e funzioni sia in termini progettuali che gestionali. Il modello elaborato nei programmi di sviluppo territoriale presuppone una conoscenza puntuale del tessuto economico locale, nonché del tipo di imprenditorialità e di cultura di impresa presenti nel territorio, risorse ed informazioni queste che rappresentano il bagaglio professionale e culturale del dottore agronomo e dottore forestale (De Castro). Nell'attuale fase di transizione di riordino delle competenze tra Stato e Regioni (legge Bassanini) ed in vista della istituzione del Ministero dell'Ambiente e del Territorio, il ruolo del dottore agronomo e dottore forestale acquista centralità nei compiti propri del settore agroforestale ed ambientale, attribuiti in misura crescente alle amministrazioni periferiche. Anche a livello regionale, un rilevante ambito di intervento è rappresentato dall'offerta di servizi di assistenza tecnica sul territorio in favore delle aziende agricole, nell'ottica di trasformazione del sistema agricolo secondo le necessità dello sviluppo sostenibile (dalla produzione di quantità a quella di qualità, l'individuazione delle aree locate, la conservazione-valorizzazione del patrimonio naturale, la prescrizione dei prodotti chimici di sintesi e dai fitofarmaci) (Donnahauser). Già oggi nel quadro delle competenze assegnate dall'ordinamento alle Regioni, il dottore agronomo e dottore forestale ha acquisito un ruolo specifico nelle attività di pianificazione, progettazione, programmazione e controllo del territorio (Boretti). Il conferimento di competenze alle Regioni deve essere considerato come occasione di sviluppo per le libere professioni (Ventura). I liberi professionisti dovranno a loro volta essere in grado interpretare tale processo sulla base delle specificità delle diverse zone del Paese e trarre occasione per la definizione di un proprio spazio (Vecchia). In sede locale le professioni hanno storicamente la possibilità di svolgere una funzione di pressione di tipo propositivo, come da tempo avviene nelle Regioni a statuto speciale ed in quelle più attive. Già oggi le consulte delle professioni si propongono come soggetti in grado di interloquire con le istituzioni locali, ad esempio in materia di programmazione delle attività amministrativa. In particolare i dottori agronomi e dottori forestali potranno assumere compiti specifici, nel settore dell'agriturismo e della produzione locale (Angotti), nei centri di ricerca e sperimentazione (Baraldi). Da un punto di vista politico, gli effetti del decentramento dovrebbero essere senz'altro positivi in vista di un maggiore partecipazione e controllo da parte della cittadinanza sull'operato della pubblica amministrazione. L'individuazione delle competenze che dovranno rimanere allo Stato e quelle da conferire alle amministrazioni periferiche potrà inoltre rappresentare un passaggio utile nella definizione delle aree di competenza e delle funzioni dei dottori agronomi e dottori forestali (Boretti). Nello stesso comparto agricolo sono previsti ulteriori sviluppi. Il problema prioritario del settore è rappresentato dalla ridefinizione della filiera in termini diversi rispetto al passato. Tra i diversi modelli, un valido riferimento potrebbe essere quello del distretto, che consentirebbe uno sviluppo della dimensione territoriale già sperimentato in altri ambiti produttivi. In questo processo enti locali con maggiori poteri potrebbero svolgere un ruolo decisivo (Pasquali). A livello locale sono oggi completamente assenti strutture deputate alla diffusione dei risultati raggiunti nella ricerca scientifica. Se da un lato si osserva la nascita centri di ricerca, collegati spesso alle università, ove si realizzano programmi di sperimentazione essenziali per il settore agrario, dall'altro non esiste un sistema in grado di portare all'utilizzatore le innovazioni tecnologiche e scientifiche. Il laureato in agraria potrebbe coprire questa carenza acquisendo preparazione specifica per il ruolo di divulgatore (Baraldi). Altri intervistati invece si mostrano più scettici nei confronti degli effetti del decentramento politico ed amministrativo, sia alla luce delle esperienze del passato che in considerazione di alcuni effetti prevedibili delle ipotesi di riforma oggi in discussione. Ad oggi il modello di decentramento (federalismo, regionalismo forte, ecc.) non è stato ancora definito compiutamente in sede politica, e quindi non è possibile prevederne puntualmente i possibili effetti. Peraltro, lo stesso schema introdotto dalla legge Bassanini è criticabile sotto diversi profili, specie rispetto al mancato recepimento delle indicazioni emanate in sede europea in materia ambientale e di affidamento di compiti di alto livello alle realtà locali. L'ipotesi di avere nel futuro "venti repubbliche", in cui vi sono regole del tutto diverse, potrebbe avere conseguenze negative per le libere professioni e per le piccole e medie imprese (Turroni). Nelle amministrazioni regionali, provinciali e comunali la presenza dei dottori agronomi e dottori forestali risulta oggi di scarso rilievo. Queste amministrazioni non sono attualmente in grado di definire il ruolo e la funzione di questa figura professionale, spesso non valorizzata ed estromessa da ambiti di stretta competenza, quali ad esempio la gestione dei parchi, la ricerca in enti pubblici di sviluppo, l'assistenza tecnica per il settore agricolo. Da questo punto di vista, ad esempio, le esperienze del passato nella Regione Lazio e nel Comune di Roma sono state insoddisfacenti. L'inserimento nelle amministrazioni periferiche di dottori agronomi e dottori forestali con la qualifica informatori tecnico-scientifici per l'assistenza tecnica non ha portato ad alcun risultato rilevante, in quanto a queste figure sono state affidate in realtà funzioni di tipo burocratico ed amministrativo, lontane da quella attività di campo di cui invece si sente maggiormente l'esigenza (Patacconi). Per il futuro, il pericolo maggiore deriva dal fatto che il conferimento di competenze si compie in favore di un tessuto amministrativo ancora debole. Non sempre infatti le Regioni e le Province sembrano dotate di strutture e risorse coerenti ai compiti affidati (Pasquali). 7.4. La formazione universitaria e professionale L'analisi del sistema formativo deve essere compiuta a partire da due piani distinti. Considerando ad un primo livello il sistema formativo italiano nel suo complesso, il dottore agronomo ed il dottore forestale si trovano a condividere con le altre professioni delle problematiche molto vaste. Si fa riferimento in particolare alla capacità dei corsi universitari di formare soggetti che dispongano non solo di nozioni teoriche, ma anche di una formazione funzionale ad un rapido inserimento nel mercato del lavoro, sia come dipendenti che come liberi professionisti. Nel mercato infatti la domanda di competenze professionali è in misura crescente diretta in favore di neolaureati in grado di mettere in pratica da subito le conoscenze acquisite e di interpretare le esigenze e le dinamiche in atto. In Italia il sistema formativo si trova a gestire una serie di inefficienze strutturali. Un primo elemento è rappresentato dalle modalità di accesso all'università. In alcuni paesi, come ad esempio gli Stati Uniti, il numero dei laureati è predeterminato, meccanismo che consente un migliore utilizzo delle strutture e la definizione di elevati standard formativi. In Italia non esiste attualmente un sistema di programmazione. Pur riconoscendo la necessità di salvaguardare la nostra storia e le nostre tradizioni, nel nostro Paese permane ancora un equivoco, dovuto alla confusione di due concetti distinti, il diritto allo studio e l'accesso all'università. L'università per funzionare ha bisogno di strutture efficienti, di un adeguato rapporto studenti/docenti, e quindi di un determinato numero di giovani. L'obbligo scolastico deve essere portato sino ai 18 anni, in modo da soddisfare il bisogno di elevare il livello delle conoscenze individuali, ma l'accesso all'università deve essere garantito solo per una quota definita di studenti (Militello). Il tema della formazione deve essere considerato nel più ampio quadro dell'accesso alle professioni. In rapporto alle evoluzioni politiche ed economiche osservate sul piano nazionale ed internazionale, la formazione universitaria e post- universitaria dovrebbe essere rivista nel suo complesso, onde preparare i futuri professionisti ai nuovi compiti che dovranno affrontare (Ventura). Tav. 26 - La formazione Il sistema f ormativo italiano La formazione del dottore agronomo e dottore forestale Ministero delle Politiche Agricole Nella formazione post-universitaria devono intervenire in modo sinergico gli Ordini e le università I corsi in agraria formano laureati in grado di cogliere i nuovi scenari economici e di interpretare nuovi ruoli e funzioni. E' necessario dare peso maggiore all'utilizzo delle moderne tecnologie ed agli indirizzi diretti a formare il libero professionista. Ministero dell'Ambiente E' necessario accordare maggiore rilievo alle tematiche relative alla gestione e tutela dell'ambiente, allo sviluppo rurale, agli strumenti per l'attività di campo. Attualmente, i neolaureati escono dalle università spesso senza esperienze di tipo pratico ed applicativo (stages o borse di studio presso aziende agricole). Ministero dell'Industria e del Commercio E' necessario ridurre alcuni passaggi per l'esercizio dell'attività professionale, ad esempio inserendo il tirocinio all'interno del corso di laurea. Particolare attenzione deve essere attribuita alla formazione permanente del professionista Commissione Ambiente della Camera dei Deputati E' necessario accordare maggiore rilievo alle tematiche relative alla gestione e tutela dell'ambiente segue tav. 26 Il sistema formativo italiano La formazione del dottore agronomo e dottore forestale Commissione Europea, Direzione B.I. Legislazioni economiche in materia di agricoltura La formazione universitaria e post-universitaria dovrebbe preparare meglio professionisti i vista dei nuovi compiti L'università dovrebbe dare maggiore rilievo all'approfondimento delle politiche comunitarie, della PAC, delle politiche di concorrenza Regione Toscana E' opportuno prevedere all'interno dei corsi universitari di agraria esperienze di tipo pratico (tirocinio presso imprese o pubbliche amministrazioni) FITA E' necessario ridurre le barriere all'ingresso alla professione, inserendo ad esempio la specializzazione all'interno del corso di laurea, eliminando l'esame di Stato, facendo sì che la laurea divenga titolo sufficiente per l'esercizio della professione Coldiretti L'università non accorda la dovuta attenzione alla ricerca ed alla sperimentazione per il settore agricolo, alle tematiche relative alla gestione e tutela dell'ambiente, alle gestione dell'impresa, al settore genetico ed agli ambiti professionali collegabili ai progressi nel campo delle ambiti professionali collegabili ai progressi nel campo delle biotecnologie. Le associazioni professionali e le grandi imprese agroalimetari possono rappresentare importanti riferimenti per la formazione post-lauream. segue tav. 26 Il sistema formativo italiano La formazione del dottore agronomo e dottore forestale Azienda agricola I mondo accademico non valorizza in modo adeguato il settore dell'agricoltura biologica, né forma professionisti in grado di inserirsi da subito nel sistema produttivo. E' necessario dare maggiore rilievo alle tematiche relative alla gestione e tutela dell'ambiente Università di Bologna Si auspica l'adozione della rifo rma del sistema universitario, con la distinzione tra primo triennio, biennio di specializzazione e dottorato, e delle scuole superiori, con l'introduzione dei crediti didattici La formazione di tipo generale consente al dottore agronomo e dottore forestale di interpretare la complessità delle dinamiche del settore agricolo ed ambientale. Nella specializzazione, è necessario dare peso maggiore alla tutela dell'ambiente, all'utilizzo delle moderne tecnologie ed a indirizzi diretti a formare il libero professionista. Responsabile DS per le professioni intellettuali Come in altri Paesi, è necessario introdurre il numero chiuso per gli iscritti alle Università, in modo da ottimizzare l'utilizzo delle strutture ed elevare gli standard formativi In Italia, all'esercizio dell'attività professionale si arriva in seguito ad una serie di passaggi che prevedono nell'ordine: l'università, la formazione post- universitaria, l'esame di stato, il tirocinio, l'iscrizione all'ordine professionale, secondo uno schema che, alla luce dell'esperienza, nel complesso presenta notevoli rigidità. Alcuni ritengono che i passaggi suddetti costituiscono di fatto dei vincoli e delle barriere all'entrata piuttosto che selezione di qualità. Nello specifico, per ciò che concerne la formazio ne universitaria, la fase del tirocinio dovrebbe essere inserita all'interno del corso di laurea (come prevede del resto la riforma dell'Ordine degli avvocati), misura questa che oltre ad eliminare una barriera di accesso alle professioni, consente un primo un contatto con la realtà professionale. I corsi di specializzazione sono un altro profilo su cui intervenire. In materia, gli Ordini professionali dovrebbero ricoprire un ruolo propulsore e di orientamento secondo le esigenze del mercato. Nel complesso, è necessario definire un sistema in cui l'esame di Stato divenga l'unica barriera all'entrata nelle professioni e che garantisca una selezione uguale per tutti, sulla base della valutazione della capacità professionale e dei titoli acquisiti. In questo contesto la formazione permanente dei professionisti assume rilievo specifico in quanto strumento che consente ai giovani la verifica nel tempo della qualità della prestazione professionale e la tutela dei professionisti più deboli (Vecchia). Per altri ancora la soluzione ottimale prevede l'inserimento dei corsi di specializzazione per l'esercizio della professione direttamente nel corso di laurea. La laurea dovrebbe divenire titolo di per sé sufficiente per esercitare la professione, mentre l'esame di Stato, che oggi determina l'abilitazione alla professione e che si configura come barriera ulteriore, dovrebbe essere eliminato. In questo modo, il laureato diverrebbe libero di esercitare l'attività professionale senza ulteriori ostacoli (Alessandrello). La formazione universitaria del dottore agronomo e dottore forestale è stata spesso criticata per l'eccessiva mole di nozioni e per l'impostazione fin troppo scolastica delle materie studiate. Invero, questo specifico profilo è stato rivalutato negli ultimi temp i, in considerazione degli attuali scenari economici e dei nuovi ruoli e funzioni (De Castro). In tal senso sembra opportuno continuare a mantenere la figura di un agronomo con una formazione di tipo generico, in grado di coprire quelle numerose attività previste dalla professione (Baraldi). Nondimeno, è necessario aggiornare la formazione universitaria, attribuendo maggiore rilevanza all'utilizzo dei moderne tecnologie, strumenti imprescindibili nell'esercizio della professione, e definendo indirizzi specificatamente rivolti all'attività del libero professionista, aspetto già presente nell'attuale ordinamento di studi. Se infatti la multidisciplinarietà è utile per interpretare le evoluzioni in atto, la specializzazione successiva diviene decisiva (De Castro, Baraldi). Attualmente, è in atto un processo di ridefinizione del sistema universitario, teso a rendere la formazione universitaria italiana più omogenea con quella dei Paesi europei. Tra le ipotesi di riforma, si pensa di definire un percorso formativo di tre anni, a cui aggiungere poi altri due anni di specializzazione ed il dottorato di ricerca. In questo schema organizzativo, gli studenti hanno la possibilità di accedere al mercato del lavoro dopo tre anni di studio, ovvero di continuare gli studi universitari. Nello specifico lo studente acquisisce una formazione generale nel primo triennio (nel quale in ogni caso dovranno essere tenuti in debita considerazione gli aspetti relativi al mondo del lavoro) e la specializzazione nei moduli successivi, finalizzati a precise professioni richieste dal mercato. Numerosi potrebbero essere gli effetti positivi delle riforma. In primo luogo un sistema più elastico permette ai neolaureati di competere con le altre figure professionali europee. Analogamente a quanto avviene in Europa, ove esistono figure di laureati di 21 anni di età, chi ha conseguito una laurea breve potrebbe trovare collocazione sul mercato del lavoro, con diretti benefici sul versante occupazionale. Per conseguire gli obiettivi fissati, il processo di riforma dovrebbe investire anche la scuola superiore, ed in particolare per il settore agronomico e forestale gli istituti agrari e gli istituti tecnici. Il modello organizzativo di riferimento è quello della formazione integrata superiore, che presuppone la collaborazione congiunta degli istituti medi superiori e delle università. Attraverso l'introduzione dei crediti didattici, agli studenti verrebbe data la possibilità di utilizzare parte delle conoscenze acquisite nelle scuole medie superiori ne l proseguimento degli studi. Questa ipotesi incontra però numerosi ostacoli, in quanto prevede i sostanza una riforma complessiva del sistema scolastico superiore, primo tra tutti in fatto di durata. A rigore di logica, l'elaborazione coerente di un sistema formativo innovativo in linea con le esigenze del Paese non può prescindere quindi dalla elaborazione di un disegno complessivo per i distinti livelli del diploma liceale, della laurea breve conseguita dopo tre anni, di specializzazione dopo altri due anni di università, di dottorato e di ricerca. Ridurre l'analisi alle sole università limiterebbe di fatto la portata complessiva della riforma (Baraldi). In considerazione delle evoluzioni in atto, la formazione del dottore agronomo e dottore forestale deve oggi dare maggiore rilievo alle tematiche relative alla gestione e tutela dell'ambiente (Turroni, Patacconi, Pasquali), materie che nell'ambito dei corsi di agraria acquisteranno nella formazione universitaria un peso crescente (Baraldi). Un aspetto specifico da approfondire è il modello di sviluppo rurale ed al rapporto tra sviluppo agricolo e territorio. La formazione, a partire dai programmi degli istituti tecnici agrari fino a quelli dell'università, deve essere orientata ha formare tecnici in grado di svolgere la propria attività sul campo (Donnahuser). Maggiore spazio deve essere inoltre accordato agli aspetti economici e gestionali, alle problematiche dell'impresa, alla dimensione internazionale del mercato, al settore agroalimentare, al settore genetico e degli ambiti professionali collegabili ai progressi nel campo delle ambiti professionali collegabili ai progressi nel campo delle biotecnologie, alle innovazioni di processo all'interno dell'azienda agricola (Pasquali), alle politiche comunitarie, segnatamente la PAC e la politica di concorrenza (Ventura). Accanto alla figura dell'agronomo tradizionale acquistano maggiore importanza figure specialistiche definite in corsi di laurea finalizzati su settori specifici. Nel caso degli ambiti professiona li collegabili ai progressi nel campo delle ambiti professionali collegabili ai progressi nel campo delle biotecnologie ad esempio, questi corsi di laurea innovativi in agraria si interconnettono con corsi di laurea di altre facoltà. In futuro si assisterà ad un ampliamento di orizzonti professionali ed ad una convergenza su medesimi temi di professionalità distinte (Baraldi). Negli interventi più critici gli intervistati sottolineano che il sistema formativo risulta attualmente assolutamente inadeguato rispetto alle esigenze del comparto agricolo ed ai modelli presenti negli altri paesi europei. E' necessario stimolare in particolare il settore della ricerca in vista di significativi contributi alle imprese (Pasquali). Una menzione specifica spetta all'agr icoltura biologica. Lo sviluppo del settore incontra oggi numerosi ostacoli. Tra questi, si osserva che attualmente il mondo accademico presta una scarsa attenzione al settore, destinando risorse limitate in termini di strutture, corsi di specializzazione e sperimentazione. I neolaureati non dispongono di un adeguata formazione in materia e trovano enormi difficoltà ad inserirsi nella dimensione produttiva delle aziende (Patacconi). Il limite maggiore del sistema formativo è rappresentato dalla sua inadeguatezza a formare laureati con esperienze di tipo pratico ed applicativo utili a facilitare l'ingresso sul mercato del lavoro e nel mondo della libera professione. Alcuni strumenti formativi dovrebbero essere sviluppati ed estesi ad un numero più consistente di studenti. Si fa riferimento in particolare a diverse tipologie, quali gli stages e le borse di studio nelle aziende agricole e nei parchi naturali (Donnahuser, Patacconi), il tirocinio presso imprese e pubbliche amministrazioni (Boretti). Per altri aspetti, le Regioni devono avere un ruolo più attivo nella formazione professionale, specie per le professioni tecniche (Alessandrello, Patacconi). La formazione post- universitaria e l'aggiornamento professionale sono aspetti decisivi in vista del rilancio della categoria (Boretti). In questo ambito un ruolo specifico spetta agli Ordini professionali ed alle università, soggetti che devono operare sempre più in sinergia (De Castro). Anche le associazioni professionali e le grandi imprese agroalimentari possono nel tempo divenire soggetti di riferimento in vista della definizione di modelli e dei contenuti della preparazione post- lauream (Pasquali). 7.5. La riforma del sistema professionale In merito al futuro del sistema professionale e sulle ipotesi di riforma emergono tra gli intervistati orientamenti molteplici. In considerazione delle modificazioni del mercato e delle evoluzioni della domanda di prestazioni professionali, alcuni mettono in discussione l'attuale sistema ordinistico ed auspicano, sia pure con sfumature diverse, una riforma complessiva di tale sistema, intesa come passaggio obbligato in vista della modernizzazione della libera professione. Altri interlocutori, pur ravvisando la necessità di apportare delle modifiche normative e di individuare misure innovative, accordano invece una ruolo centrale agli Ordini professionali. Partendo dalla specifica realtà professionale e dalle tradizioni del nostro Paese, viene proposto un approccio in cui, lungi dal prevedere lo smantellamento dell'attuale sistema, si sottolinea la funzione specifica degli Ordini e se ne auspica il rilancio. Per alcuni intervistati la riforma del sistema ordinistico trova fondamento nell'esistenza e nello sviluppo di alcuni fenomeni oggettivi ed autonomi. Oggi, tutti coloro che possiedono e sono in grado di elaborare informazioni hanno una potenzialità di impiego del loro sapere straordinariamente più alta che nel passato. L'informazione non è più solo un costo nel processo produttivo, ma è un bene e come tale può essere venduto. Chi sa tende a divenire imprenditore ed a dare quindi una dimensione di impresa alla propria attività. I servizi passano in misura crescente informazioni necessarie alla competitività delle imprese ed al benessere delle famiglie, soggetti che chiedono una diversa efficienza, un diverso ruolo, un diverso modello organizzativo delle professioni (Militello). L'attuale regolamentazione istituzionale delle libere professioni non risulta quindi in perfetta sintonia con le innovazioni e con le esigenze del mercato e del sistema produttivo. Per il futuro, se non si introducono sostanziali cambiamenti, i professionisti italiani non riusciranno a sostenere la concorrenza delle figure di Paesi in cui la libera professione è regolamentata da normative più innovative (Vecchia). Nelle società post- industriale o industriale avanzato la competitività di un qualsiasi manufatto deriva dai servizi in esso contenuti. Il sistema produttivo italiano, nel confronto con Paesi che dispongono di materie prime o manodopera a basso costo, deve intervenire sui costi del know-how, sulla tecnologia, sulla capacità organizzativa, sulla promozione e sulla qualità del prodotto, utilizzando in sintesi tutta una serie di servizi che consentano di ottimizzare i processi produttivi. Attualmente, l'Italia non è tra i grandi esportatori di servizi a livello internazionale. In termini occupazionali, il settore del terziario avanzato negli ultimi dieci anni ha registrato una continua crescita, pari a circa l'8% l'anno. La domanda interna di prestazioni professionali è notevolmente superiore all'offerta, al punto che i servizi vengono importati dall'estero. L'Italia quindi non solo non esporta servizi sul mercato internazionale nella quantità che gli compete, ma non riesce addirittura a soddisfare la domanda del mercato interno (Alessandrello). Tav. 27 - La riforma del sistema professionale Il ruolo degli Ordini professionali Le associazioni di categoria Ministero delle Politiche Agricole L'Ordine professionale promuove la categoria professionale, svolge una funzione di diffusione informativa a favore di iscritti e non. Potrebbe dare impulso in materia di tutela del territorio Ministero dell'Ambiente L'Ordine può favorire la sensibilizzazione della categoria sulle tematiche della qualità dei prodotti agricoli, dell'assistenza sul campo, della tutela ambientale Ministero dell'Industria e del Commercio La riforma degli Ordini deve avere l'obiettivo di ridurre i fenomeni di asimmetria informativa a danno dei cittadini. L'Ordine professionale deve avere il compito di garantire la deontologia professionale e la qualità degli iscritti. Sulla base dell'indagine dell'Antitrust, le libere associazioni professionali possono essere create quando non sussista l'interesse pubblico. Al pari degli Ordini, le associazioni devono garantire competitività e deontologia professionale degli iscritti Regione Toscana L'Ordine deve verificare il rispetto della normativa sulle competenze ai fini dell'interesse della collettività Insieme ai sindacati di categoria, le associazioni professionali possono svolgere in modo più adeguato la funzione di tutela soggettiva dei singoli professionisti FITA E' necessario procedere verso una liberalizzazione del sistema delle professioni. Gli Ordini professionali devono perdere la loro natura di enti pubblici per divenire enti al servizio del pubblico e della pubblica amministrazione, col compito di garantire la deontologia professionale e di mantenere i rapporti con l'università Il sistema anglosassone è quello in grado di garantire efficienza e competitività al settore dei servizi Coldiretti L'Ordine deve rappresentare e dare maggiore visibilità alla categoria nei rapporti con gli altri soggetti del settore agricolo segue tav. 27 Il ruolo degli Ordini professionali Le associazioni di categoria Ordine Ingegneri Gli Ordini professionale svolge la funzione di aggiornamento degli iscritti, di diffusione della cultura della qualità, di controllo della deontologia Università di Bologna L'Ordine è un punto di riferimento irrinunciabile nello sviluppo delle competenze del professionista dopo la laurea Responsabile DS per le professioni intellettuali Gli Ordini devono essere istituiti al verificarsi di fenomeni di asimmetria informativa a danno dell'utenza, nel qual caso si giustifica la nozione d i interesse pubblico. L'Ordine professionale esplica insieme la duplice funzione di tutela dell'utenza e del professionista Le libere associazioni professionali possono essere create quando non sussista l'interesse pubblico. Al pari degli Ordini, le associazioni devono garantire competitività e deontologia professionale degli iscritti Responsabile AN per le professioni intellettuali Gli Ordini deve essere mantenuti, contro ogni ipotesi di liberalizzazione del sistema delle libere professioni segue tav. 27 Misure di riforma Le modalità organizzative dell'attività professionale Ministero dell'Industria e del Commercio Riforma del regime delle tariffe; abrogazione del divieto di fare pubblicità. I liberi professionisti devono essere liberi di costituire società di professionisti FITA Abolizione del sistema delle tariffe; eliminazione di tutte le barrire all'ingresso alla professione, tra cui l'esame di Stato. Le prestazioni professionali dovrebbero essere fornite in misura crescente attraverso una dimensione di impresa. Anche per le libere professioni deve essere prevista la facoltà di creare società di capitali Responsabile DS per le professioni intellettuali Accanto al singolo libero professionista che esercita in uno studio monoprofessionale deve crescere il numero di studi professionali multidisciplinari Responsabile AN per le professioni intellettuali Aggiornamento da parte degli Ordini delle funzioni di impulso in materia di certificazione, formazione universitaria, aggiornamento professionale La seconda causa alla base del processo di riforma va rinvenuta nella nuova domanda di servizi interdisciplinari. Per alcune operazioni, come ad esempio le transazioni, le imprese hanno bisogno delle competenze di diversi professionisti (avvocati, commercialisti, ecc.) e quindi chiedono modelli organizzativi complessi, le società di professionisti, in grado di offrire pacchetti di prestazioni a tempi e costi competitivi. Date queste condizioni, una difesa della frammentazione delle discipline professionali non corrisponde più alle esigenze del mercato e del Paese. Ciò non significa certamente che in futuro dovranno esistere solo società e servizi interdisciplinari. Sul mercato resteranno ancora gli studi monopersonali, ma mentre oggi questi prevalgono decisamente sugli studi societari, si assisterà ad un cambiamento delle proporzioni. Del resto, il modello del capitalismo diffuso prevede la presenza di un arcipelago di piccole, di medie e grandi società e quindi una articolazione dell'offerta come della domanda (Militello). Un primo risultato in questa direzione è stato ottenuto nel 1997 con l'abrogazione del divieto di costituzione di società di professionisti (Vecchia). In tema di società professionali è utile distinguere le diverse tipologie di professionisti e di prestazione professionale. Le società di ingegneria e le società di architetti, secondo anche il recente parere espressa dal Consiglio di Stato, sono ormai un fatto affermato sul mercato. Queste realtà hanno assunto dimensioni tali da imporsi sul mercato europeo. Vi sono altresì tutta una serie di altre prestazioni alle imprese (quali, ad esempio, la prestazione tecnica, l'auditing contabile e finanziario) che in Italia sono fornite esclusivamente da studi stranieri. Ciò è dovuto al fatto che gli studi italiani sono ancora in larga misura monopersonali e quindi stentano a crescere ed ad imporsi sul mercato interno ed internazionale. Questa situazione, oltre a rappresentare una rilevante perdita in termini di rapporto tra esportazione ed importazione di servizi, limita l'ingresso nelle professioni di manodopera altamente scolarizzata e determina effetti negativi sul fronte della occupazione giovanile, soprattutto nel Mezzogiorno. Si assiste addirittura al fenomeno di professionisti italiani che attraverso le società straniere ritornano in Italia per esercitare la libera professione. Analogo discorso può essere fatto per gli avvocati, tra i quali cominciano a formarsi studi associati. In questo scenario, le prestazioni professionali dovrebbero essere fornite in misura crescente attraverso una dimensione di impresa, e quindi da una personalità giuridica capace di essere competitiva sul mercato e di soddisfare contemporaneamente la domanda di una pluralità di soggetti. In sostanza, dal mondo produttivo si richiede che nel nostro ordinamento sia prevista anche per le libere professioni la facoltà di creare le società di capitali. Questa tipologia organizzativa avrebbe il vantaggio di offrire elevati standard di professionalità e di garantire l'utenza da eventuali danni derivanti dalla prestazione professionale, danni che, specie per le grandi opere, possono andare ben al di là delle capacità del singolo professionista. L'opportunità delle società di capitali è evidente inoltre per tutte le professioni che richiedono elevati investimenti ed alti costi per l'acquisto, la gestione e la manutenzione di apparecchiature sofisticate, non accessibili ad esempio al singolo neolaurato. Queste forme societarie sono diffuse in diversi Paesi, in particolare nel mondo anglosassone, mentre l'Italia rimane l'unico tra i paesi ad elevata industrializzazione a mantenere una serie di impedimenti normativi che ostacolano lo sviluppo e diffusione delle società con personalità giuridica nelle libere professioni. Per sostenere la concorrenza estera, è necessario che le prestazioni in precedenza affidate alla singola professione divengano realizzabili invece all'interno di una collettività di professionisti espressa attraverso una personalità giuridica. Tale impostazione può essere estesa ad un numero consistente di professioni, e tra queste quella del dottore agronomo e dottore forestale, ad esempio nel caso di prestazioni complesse come la gestione di un parco naturale e l'assistenza tecnica ad una pluralità di aziende (Alessadrello). Il problema della riforma degli Ordini dovrebbe essere affrontato anche alla luce delle questioni relative alla professione e dei cambiamenti in atto al suo interno. In primo luogo, secondo quanto espresso anche nelle conclusioni del rapporto dell'Antitrust, la critica al sistema ordinistico non deve essere aprioristica, ma fondata sulla verifica o meno del fatto che gli Ordini costituiscano dei cartelli. In questa prospettiva, è senz'altro da evitare una consequenzialità meccanicistica, in virtù della quale, assunto che i professionisti sono imprese e gli Ordini sono cartelli di imprese, si renda necessario distruggere gli Ordini. Si deve invece partire dalla specificità dell'attività professionale, che ha una componente di intelligenza, di prestazione personale e di creatività che non si ritrova all'attività economica manifatturiera e produttiva (Militello). In merito, nell'indagine dell'Antitrust sono fissati due punti. In primo luogo, gli Ordini vanno "costituiti" solo in determinate circostanze, e segnatamente al verificarsi di fenomeni di forte asimmetria informativa a danno dell'utenza. In questi casi specifici, ove il cittadino non è in grado di valutare la prestazione, si giustifica la nozione di interesse pubblico, che suggerisce la necessità di costruire un Ordine ed un Albo di professionisti. La prima questione è quindi definire i casi in cui bisogna creare un Ordine, onde evitare gli eccessi di regolamentazione ed eliminare "la cultura dei recinti". In secondo luogo le professioni, in quanto depositarie, organizzatrici ed elaboratrici del sapere non dovrebbero necessariamente dipendere da un Ordine professionale. L'eccesso di regolamentazione può anzi condizionare eccessivamente l'attività del singolo professionista e limitare le potenzialità di sviluppo dell'intera categoria. In tal senso, l'indagine dell'Antitrust ha offerto numerosi argomenti in favore dell'autoregolamentazione e delle libere associazioni professionali, soggetti che possono trovare una definizione là dove non sussista l'interesse pubblico e che devono al contempo, al pari degli Ordini, garantire competitività e deontologia professionale. In sostanza, non c'è un pregiudizio contro gli Ordini, bensì si tratta invece di stabilire in quali condizioni creare questa tipologia di organizzazione delle professioni intellettuali. Per il resto, invece, il sistema si deve strutturare in libere associazioni in concorrenza tra di loro, senza esclusive (Militello, Vecchia). Insieme ai sindacati di categoria, le associazioni possono peraltro svolgere in modo più adeguato la funzione di tutela soggettiva dei singoli professionisti (Boretti). Sempre secondo le conclusioni dell'indagine dell'Antitrust, nella riforma del sistema ordinistico è necessario distinguere le funzioni di ente pubblico e di organo statale, assolte dagli Ordini, dalle funzioni di rappresentanza della categoria e di interessi privati. In molte circostanze gli Ordini sono divenuti soprattutto strumenti di difesa degli erogatori di prestazione. Al contempo, non è opportuno cadere nell'eccesso opposto, ovvero non si deve arrivare alla conclusione che gli Ordini devono svolgere solo la funzione di difesa del consumatore. L'Ordine professionale trova fondamento nel bisogno di protezione della professione da concorrenze improprie, concetto che implica insieme le due funzioni tutela del cittadino e di tutela del professionista. La questione decisiva è come combinare questi due profili. La protezione del professionista in particolare deve significare aggiornamento, formazione permanente e strumenti per competere sul mercato (Militello). Nella riforma del sistema ordinistico sarà necessario peraltro distinguere le specifiche esigenze e condizioni delle imprese da un lato e quelle del singolo cittadino dall'altro. Se le imprese sono in grado di cont rollare la qualità della prestazione professionale, nel mercato dei consumatori si osservano invece significativi fenomeni di asimmetria informativa a danno della domanda. La riforma degli Ordini dovrà avere come primo obiettivo l'eliminazione di questo divario, risultato che si ottiene attraverso passaggi successivi. In questa prima fase si rendono necessari una serie di interventi di deregolamentazione e di delegificazione. Gli Ordini dovranno essere soggetti in grado garantire il consumatore sul piano del controllo sulla deontologia professionale degli iscritti e della certificazione di qualità. Altri interventi avranno come obiettivo la riforma del regime delle tariffe, l'abrogazione del divieto di fare pubblicità, la libertà di costituire di società di professionisti, l'adeguamento del corrispettivo delle prestazioni del professionista sulla base dei risultati raggiunti piuttosto che su quella dei costi sostenuti. Il complesso di queste misure può aumentare le possibilità di inserimento nel mercato dei giovani professionisti e quindi eliminare alcune barriere all'accesso (Vecchia). Altre proposte spingono la riforma verso ipotesi più radicali. Secondo la FITA, si deve procedere verso una decisa liberalizzazione del sistema delle professioni. Attualmente in Italia l'esistenza di vincoli nella scuola e di barriere all'ingresso alla professione, tra cui lo stesso esame di Stato, non garantiscono la libertà del professionista di esercitare l'attività professionale, sia sotto forma di singolo individuo sia sotto forma di personalità giuridica. Nel quadro della riforma, gli Ordini devono perdere la loro natura di enti pubblici, per divenire enti al servizio del pubblico e della pubblica amministrazione con il compito di garantire la deontologia professionale degli iscritti. Deve altresì essere abolito il sistema delle tariffe, attraverso cui gli Ordini possono stabilire con norme il prezzo della prestazione. Questo sistema determina una distorsione nel mercato, rendendo di fatto impossibile la valutazione della prestazione in termini di costo, di qualità e quantità. Il sistema delle tariffe può avere oggi una sua logica limitatamente per le sole figure professionali (come quella del notaio) collegate con la pubblica amministrazione e che quindi non hanno la una libertà di prestazione sul mercato, mentre per il resto delle professioni rappresenta un limite allo sviluppo (Alessandrello). Finora gli Ordini professionali hanno inoltre ostacolato di fatto l'ingresso sul mercato dei nuovi laureati, attraverso gli esami per l'abilitazione e per l'iscrizione all'Albo. Insieme ad altri limiti e normative, questi strumenti sono stati utilizzati per mantenere una struttura corporativa a vantaggio dei vecchi professionisti consolidati sul territorio, fatto che ha finito per stravolgere la stessa natura e funzione dell'Ordine professionale. Compito della riforma delle libere professioni è quello di eliminare tutte le distorsioni del mercato. Sotto queste condizioni, gli Ordini possono continuare ad esistere, come del resto avviene nel mondo anglosassone, e riappropriarsi delle specifiche funzioni di controllo della deontologia professionale, di definizione dei rapporti con la scuola e l'università per organizzare gli studi in modo recepire le indicazioni emergenti nel mercato, di garanzia della qualità dei singoli professionisti (Alessandrello). L'esito della riforma delle libere professioni al momento in cui si scrive non risulta scontato. Sul piano politico si è assistito ad un paradosso. Nella prima fase del dibattito, i liberi professionisti hanno individuato come riferimenti ed interlocutori alcuni esponenti della destra politica. La destra in realtà non era in grado di proporre alcuna considerazione nel merito delle questioni oggetto di dibattito e si limitava a rivendicare la lotta portata al Senato per bloccare l'emendamento Bersani, non in nome di una analisi delle professioni, del loro avvenire, del loro ruolo e funzione sociale, ma come mera difesa dell'esistente. Il dibattito al Senato ha mostrato l'arretratezza di tutti i gruppi e quanto fosse ferma la cultura delle professioni e la consapevolezza del proprio ruolo. Alcuni progressi si cominciano oggi ad intravedere anche sul terreno politico. Nello schieramento di centro destra il Senatore Biondi ha presentato un disegno di legge che sembrerebbe esprimere una posizione diversa in materia di società di professionisti rispetto a quello mostrata nel dibattito al Senato sulla mozione Pastore (Militello). La riforma è oggi richiesta dai giovani professionisti che entrano sul mercato, a favore di una liberalizzazione del mercato, e dai professionisti e dagli studi affermati, che manifestano l'esigenza di competere con le realtà professionali degli altri Paesi europei. La fascia intermedia, controllata dagli Ordini e rappresentata dalla maggioranza degli iscritti, è invece più riluttante. Forti contraddizioni si osservano in sostanza negli stessi Ordini, chiamati da un lato dalla base a difendere il ruolo dei singoli professionisti, dall'altro a considerare che al proprio interno vi sono molti iscritti che esercitano l'attività nelle società. Il problema diviene quindi verificare il fondamento delle resistenze alla riforma e trovare una mediazione tra queste due tendenze. Si auspica che negli Ordini acquistino visibilità i soggetti in grado di promuovere insieme la competitività della categoria e di garantire codici deontologici interni (Vecchia, Militello). In tema di riforma del sistema ordinistico, pur riconoscendo le ragioni di una riforma, altri intervistati assegnano ancora una importante funzione agli Ordini professionali ed assumono un approccio di rinnovamento graduale. Attualmente il ruolo degli Ordini è costituito principalmente dalla promozione della categoria professionale e dall'azione di diffusione informativa tra associati e non in merito all'evoluzione normativa riguardante la professione. L'Ordine rappresenta un elemento di riconoscibilità qualificante, punto di riferimento irrinunciabile sia per il libero professionista che per il cittadino- utente. In questa fase è auspicabile che, anche a livello di rappresentanza, siano avviati un confronto ed un dialogo costanti con le organizzazioni delle altre professioni tecniche, al fine di contribuire costruttivamente anche all'elaborazione normativa sui temi di comune interesse (De Castro). Altri intervistati mostrano un orientamento decisamente critico riguardo alle ipotesi di riforma. Oltre che ai contenuti, le obiezioni di alcuni intervistati sono dirette alla stessa modalità della riforma. In Italia diverse forze economiche propongono una decisa liberalizzazione, con l'obiettivo di fatto di abbattere il sistema delle professioni intese come esercizio professionale specializzato e frutto di studi altamente selettivi. In tal senso le posizioni in materia espresse da parte del Governo, dei Democratici di Sinistra e della stessa CGIL potrebbero tradursi in un cattivo servizio per la collettività e nella sostanziale negazione del diritto dell'utente ad un alto livello di professionalità. In questa ottica, anche il disegno Mirone presenta gravi lacune. Nel merito, il testo prevede una modifica delle funzioni degli Ordini e nei fatti un loro depotenziamento. In materia di attività disciplinare, appare di estrema gravità la previsione della figura del giudice terzo, esterno cioè allo stesso Ordine. Nel metodo, fortemente criticabile è la stessa previsione della delega in favore del Governo, che di fatto non consente una ampia discussione in sede parlamentare tra le forze politiche dei contenuti della riforma. Il testo si limita ad indicare i soli principi generali, peraltro vaghi e generici, a cui dovrà fare riferimento il Governo nella elaborazione del testo e nella emanazione dei regolamenti attuativi. Nel complesso quindi, è stato riservato al Governo uno spazio eccessivo. Data la situazione, appare opportuno elaborare nuove proposte in un disegno di legge autonomo o in una serie di emendamenti qualificanti, specie in materie quali tariffe professionali, società di capitale, società di professionisti (Siliquini). Negli Ordini professionali si osservano significative evoluzioni. Consapevoli di aver limitato nel passato la loro attività all'ordinaria amministrazione, gli Ordini cercano ora di assumere nel dibattito attuale un ruolo più dinamico ed un approccio costruttivo, indicando alcune proposte innovative, come ad esempio in materia di deontologia professionale, al fine di contrastare le ipotesi di totale deregulation. Gli Ordini devono mantenere ed aggiornare le specifiche funzioni di impulso in materia di certificazione, di formazione universitaria e di aggiornamento professionale. In particolare, i corsi di laurea non forniscono oggi gli strumenti necessari all'esercizio della libera professione, ed in tal senso all'Ordine professionale spetta il compito di suggerire al mondo accademico le innovazioni più opportune e di aggiornare il professionista. Nelle varie ipotesi di riforma, tutte da verificare, si deve in ogni caso partire dalla necessità di salvaguardare ciò che c'è di funzionale nell'attuale sistema, individuando correttivi opportuni per il futuro ed adeguati strumenti di protezione delle professioni intellettuali, mentre deve essere rifiutata l'ipotesi della completa distruzione dell'odierno assetto (Siliquini). Considerando nello specifico la categoria dei dottori agronomi e dottori forestali, l'Ordine provvede con successo a delineare la figura dell'agronomo in una fase successiva alla laurea. In tal senso l'Ordine rimane attualmente un irrinunciabile punto di riferimento per l'acquisizione di informazioni, la realizzazione di esperienze e di attività finalizzate alla professione, la formazione ed il coordinamento dei professionisti, funzioni essenziali che vanno ben oltre l'individuazione di un elenco di persone che hanno superato un certo esame e possono dedicarsi alla professione. Tra l'altro, l'Ordine professionale fornisce pareri utili su molte questioni relative alla formazione universitaria e stabilisce i necessari collegamenti con gli altri Ordini professionali (Baraldi). In futuro, l'azione dell'Ordine dei dottori agronomi e dottori forestali potrà assumere ulteriore rilievo nella misura in cui riesca ad essere propositivo sul piano dell'innovazione in materia di formazione, sul piano della realizzazione dell'assistenza tecnica sul campo, nella produzione di qualità (Donnahuser), negli ambiti della salvaguardia ambientale e della tutela delle risorse (De Castro), in materia di aggiornamento degli iscritti, di diffusione della cultura della qualità e di controllo della deontologia (Angotti). Inoltre l'Ordine dovrà verificare di volta involta il rispetto dell'attuale normativa ai fini dell'interesse della collettività (Boretti) e dare maggiore visibilità alla categoria, svolgendo una funzione di rappresentanza e di dialogo con gli altri soggetti che operano nel settore agricolo, in una ottica sempre più di natura generale e strategica (Pasquali). 8. Le metodologie 8.1. L'indagine sugli iscritti 8.1.1. Il campione Il campione di dottori agronomi e di dottori forestali è stato costruito sulla base di variabili definite congiuntamente dal Comitato Tecnico Scientifico e dall'équipe di ricerca del Censis. Il piano di campionamento è stato realizzato a partire dai dati forniti dall'Ordine, ovvero l'elenco degli iscritti al 1 gennaio 1998 (poco meno di 16.000 iscritti) con ind icazione della provincia di residenza, corso di Laurea effettuato e classe quinquennali di età. L'elenco è stato quindi rielaborato in modo da ottenere la distribuzione dell'universo secondo le tre variabili indicate. Fissata a priori la numerosità campionaria (600 unità), tale da assicurare un errore campionario del 3,9% per un livello di significatività del 95,0%, si è proceduto all'individuazione di un campione stratificato proporzionale a due stadi: classe d'età e provincia di appartenenza, in modo tale da mantenere una ragionevole approssimazione delle frequenze relative dell'universo di riferimento, migliorare l'affidabilità del risultato campionario e consentire analisi disaggregate. La ripartizione territoriale a livello provinciale riproduce la struttura degli Ordini. La variabile "classe di età" è stata invece inserita nel disegno campionario come seconda variabile di stratificazione mantenendo la prima classe indicata negli elenchi forniti dall'Albo e aggregando le successive in fasce decennali di età (25-29 anni, 30-39, 40-49, 50-59, 60 e oltre). Dall'elenco dei nominativi fornito dell'Albo, sono stati estratti con procedura casuale gli individui da contattare. Per ciascuna intervista sono state previste tre alternative (per un totale di 600*3 = 1.800 nominativi) per far fronte alla possibilità di mancata risposta dovuta a rifiuti, errori nei numeri telefonici, irreperibilità dell'intervistando. La procedura di campionamento utilizzata ha previsto i passi seguenti: individuazione dei singoli strati, ovvero della lista dei nominativi dei residenti nella provincia i e appartenenti alla fascia d'età j - strato (i,j) -. per ciascun strato pertanto, avendo fissato nij =numero di interviste da effettuare nello strato (i,j), è stato calcolato il rapporto wij=Nij/nij *3 dove Nij è la numerosità dello strato (i,j). w è detto "passo di ricerca" dalla lista dei nominativi dello strato (i,j) è stato scelto con procedura casuale un nominativo. Partendo da questo con il passo wij sono stati successivamente individuati i restanti individui per un totale di nij *3. Le lievi differenze che si osservano tra i dati strutturali del campione dei dottori agronomi e dottori forestali ed i dati relativi all'universo degli iscritti all'Albo riportati nel capitolo 3 rientrano nei margini di errore campionario insito in ogni procedimento. Inoltre, si deve tenere in debita considerazione il fatto che, il campione è stato strutturato sulla base degli elenchi aggiornati al 31/12/97, mentre i dati sugli iscritti all'Ordine dei dottori agronomi e dei dottori forestali sono elaborati sulla base degli elenchi aggiornati al 1 giugno 1999. 8.1.2. Il questionario Secondo le metodologie di indagine comunemente adottate, gli interessi cognitivi della ricerca sono tradotti in una serie di domande, articolate nel loro complesso in un questionario e poste direttamente ai soggetti. In senso tecnico, ciò significa che ciascuna domanda rappresenta una definizione operativa del concetto o area teorica cui si riferisce ed è diretta ad ottenere l'informazione voluta. La somministrazione del questionario richiede come condizione l'assistenza attiva all'intervistatore nel compito di indurre l'intervistato a fornire l'informazione richiesta. Questo processo, che comprende al suo interno la motivazione e l' addestramento dell'intervistatore, prevede una esatta e completa elaborazione delle domande da parte del ricercatore, in modo da eliminare tendenzialmente la possibilità di cattiva interpretazione delle domande da parte sia dell'intervistatore che dell'intervistato. In definitiva, la chiarezza del questionario per gli attori impegnati nell'intervista è indicata da un punto di vista metodologico come condizione inderogabile per l'attendibilità dell'indagine. Le domande somministrate al campione dei dottori agronomi e dottori forestali si distinguono in base al loro contenuto. Nell'elaborazione del questionario si è assunto quale riferimento teorico la classificazione utilizzata nelle metodologie di indagine. In sintesi, le tipologie di domande inserite nel questionario sono: domande su alcune caratteristiche dell'individuo, definite anche demografiche o classificatorie. Queste domande riguardano alcuni attributi fondamentali del soggetto intervistato, come sesso, reddito, tipo di laurea, provincia di residenza o di esercizio dell'attività professionale, ecc.; domande sull'esperienza di vita. Queste domande rilevano invece i mutamenti in atto per alcune proprietà o attributi riferiti al soggetto intervistato. Tra queste vi sono ad esempio le domande concernenti le previsioni sulle attività professionali in evoluzione o sviluppo nel prossimo futuro; domande cognitive. In questa categoria sono comprese le domande sulla conoscenza o la percezione dei fatti riguardanti gli stessi intervistati. In questa tipologia rientra ad esempio la domanda sul significato dell'iscrizione all'Albo professionale; domande su opinioni e valori. Con queste si chiede all'intervistato di esprimere giudizi e di valutare fatti o situazioni che lo riguardano. Tra queste si individua in particolare il giudizio sull'ipotesi di creazione di un unico Ordine interprofessionale, ovvero il giudizio sulla formazione universitaria. Dal punto di vista operativo, il questionario è stato somministrato al campione attraverso interviste telefoniche. Le interviste, definite come dialogo tra l'intervistatore e l'intervistato basato su temi predefiniti, si differenziano per grado di libertà e livello della profondità della comunicazione stabilita tra i due attori. Tra le diverse tipologie offerte dalle metodologie, si è scelto di utilizzare per l'indagine sul campione di dottori agronomi e dottori forestali interviste di tipo standardizzato o strutturato. L'intervista standardizzata viene comunemente adottata per indagini basate su di un questionario definito preventivamente. Tale impostazione prevede che a tutti gli intervistati siano sottoposte le medesime domande, nello stesso ordine e con gli stessi termini. Riportando in sintesi le assunzioni teoriche alla base dell'intervista standardizzata, si rileva che, riguardo una data informazione concernente il campione considerato, ad esempio il reddito, non è possibile esprimere alcuna affermazione attendibile qualora non si disponga di tale informazione per ogni soggetto (unità statistica) compreso nel campione stesso. Inoltre, la scelta di porre le domande nella stessa identica forma a tutti gli intervistati è da un punto di vista metodologico la condizione essenziale per la comparabilità delle risposte, ed in ultima analisi dei dati acquisiti nell'indagine. Si ritiene cioè che si possano dare dei corretti giudizi di somiglianza/dissomiglianza tra i soggetti di studio solo nell'ipotesi in cui ai medesimi siano stati sottoposti gli stessi stimoli. Le domande inserite nel questionario somministrato al campione di dottori agronomi e dottori forestali sono definite chiuse, in quanto prevedono una serie di risposte alternative predecodificate. All'intervistato viene la lasciata sola facoltà di scegliere, a seconda dei casi, una o più risposte tra quelle indicate. 8.1.3. L'elaborazione dei dati Nella fase di elaborazione dei dati, le domande del questionario sono considerate come singole variabili statistiche. In via generale, le variabili sono definite come concetti che possono assumere diversi valori e sono utilizzate al fine di descrivere un singolo fenomeno riferito al campione considerato. Ciò consente di poter determinare con l'osservazione quale valore abbia quello specifico concetto o fenomeno nelle circostanze date. Ad esempio, la domanda sul reddito è definita come variabile che descrive come si presenta il campione per ciò che concerne il reddito. Ad ogni variabile possono essere assegnate diverse modalità (items). Gli items o risposte previste per ogni domanda del questionario rappresentano gli stati distinti o categorie della variabile considerata, o detto in altri termini, le specificazioni e caratteri che la variabile può assumere. Le variabili previste nell'elaborazione del questionario sono di tipo dicotomico (es. il sesso) e nominale o classificatorio. Si utilizzano queste ultime variabili nel caso in cui le risposte o items siano ordinate in più di due categorie mutuamente esclusive ed esaustive. In particolare, nel questionario sono utilizzate variabili nominali: naturali, quali il tipo di laurea, la provincia di residenza o la provincia di esercizio della professione, ecc. artificiali, come il grado di soddisfazione connesso all'attività professionale esercitata, il giudizio sulla formazione universitaria, ecc. Per tali variabili sono utilizzate delle scale nominali, che rappresentano in sostanza delle semplici classificazioni con cui si assegna un nome a certi gruppi o categorie indipendenti, con un intento meramente descrittivo e tipologico. In altri casi, le variabili nominali o classificatorie sono ut ilizzate nell'indagine per semplificare variabili più complesse o variabili continue. Un esempio in tal senso può essere rilevato in variabili quali l'età ed il reddito, variabili continue suddivise per un migliore utilizzo statistico in un certo numero di fasce o classi progressive. In questo caso le variabili si dicono a categorie ordinate, ad indicare che le categorie con cui si rappresenta la variabile non sono solo distinte, ma anche ordinate in livelli crescenti, in un continuum che va da valori bassi a valori alti. Per queste variabili si utilizzano quindi scale ordinali, scale che oltre a quelle descrittive e tipologiche hanno proprietà transitive. 8.1.4. La sistematizzazione dei dati Operativamente, nella fase di rilevazione vengono acquisite, attraverso l'intervista telefonica, le informazioni relative al campione considerato. Nella fase successiva, la sistematizzazione dei dati, le suddette informazioni vengono organizzate secondo lo schema teorico elaborato nel questionario, e quindi secondo la successione delle domande poste al campione. Ad un primo livello, la sistematizzazione dei dati prevede l'elaborazione delle frequenze assolute delle domande a risposta unica e delle domande a risposta multipla. In sintesi, in tale processo viene effettuato un conteggio delle modalità di risposta delle unità statistiche del campione, ovvero detto in altri termini, viene misurato il valore (frequenza) con cui si manifesta un dato carattere di una variabile. Si ricorre quindi in sostanza ad una distribuzione di frequenze, ovvero al raggruppamento di dati numerici in base al carattere cui si riferiscono. Per ogni carattere, la frequenza assoluta indica il numero di casi osservati nella rilevazione. Ad esempio, nel caso in cui alla domanda sul genere, che prevede una sola risposta da parte dell'intervistato stesso, 500 unità statistiche abbiano risposto maschio e 100 femmina, la variabile sesso assume per il carattere maschio una frequenza o valore pari a 500, mentre per quello femmina una frequenza o valore pari a 100. Analogo processo è svolto nel caso in cui l'intervistato disponga di più di una risposta (risposta multipla), come nel caso ad esempio della domanda sulla tipologia della clientela dello studio. Il passaggio successivo è rappresentato dalla elaborazione delle frequenze percentuali. Per quanto riguarda l'elaborazione delle frequenze percentuali per le domande a risposta unica, queste sono calcolate al netto dei dati mancanti. Per quanto riguarda invece le domande a risposta multipla, la frequenza percentuale è calcolata sul totale dei rispondenti che hanno fornito ameno una risposta valida. Tra i diversi criteri ordinatori, l'indagine prevede la sistematizzazione delle frequenze assolute e percentuali in tabelle statistiche ad entrata semplice. Tali tabella sono strutturate nel modo seguente: nella prima colonna da sinistra sono indicate le modalità o caratteri della variabile considerata. Nel caso della tabella del genere, i caratteri sono due, maschio e femmina; nelle successive colonne è indicato il dato statistico, le frequenze assolute, le frequenze percentuali, le frequenze percentuali valide e le frequenze percentuali cumulate. Per ciò che riguarda la tipologia delle tabelle dell'indagine, si distingue tra: tabelle che presentano nella prima colonna da sinistra un criterio qualitativo di ordinamento, e quindi un elenco di modalità o caratteri della variabile di tipo qualitativo. Nelle altre colonne sono invece riportate le frequenze assolute e percentuali delle modalità o caratteri, ovvero il numero delle unità statistiche che hanno manifestato quella modalità. Tale tipologia di tabella è utilizzata ad esempio nella tabella relativa alla tipologia prevalente di attività professionale esercitata; tabelle che presentano nella prima colonna da sinistra un criterio quantitativo di ordinamento. A differenza delle tabelle definite al punto precedente, la scala di misurazione dei caratteri o modalità della variabile non è più di tipo qualitativo, ma quantitativo. Nelle successive colonne sono riportate le frequenze assolute e percentuali di classi di valori. Tale tipologia è rinvenibile ad esempio nelle tabelle relative alle fasce di reddito ed alle classi di età. In base alla natura del criterio di ordinamento, il primo tipo di tabelle sono presentazioni di serie statistiche, mentre il secondo tipo illustra una seriazione statistica. Operativamente, nell'elaborazione dei dati sono stati utilizzati software statistici. In particolare, inizialmente i dati sono stati acquisiti su formato ASCI. Successivamente il file dati è stato trasformato in formato SPSS per Windows versione 7.5. L'SPSS viene utilizzato per analisi qualitative e quantitative di tipo univariato e bivariato. 8.1.5. Le tabelle di contingenza Concluso il primo livello di indagine nello studio delle frequenze dei caratteri di ciascuna variabile statistica, nel passo successivo l'analisi si sposta sulla ricerca di eventuali relazioni tra variabili distinte in formato tabulare. Il metodo più consueto per rappresentare tali relazioni consiste nel sistemare le frequenze percentuali risultanti dagli incroci delle categorie in matrici n x m, con n ed m rispettivamente numero delle categorie o stati delle variabili X ed Y. Tali matrici vengono definite tabelle di contingenza o a doppia entrata. Fig. 17 - Schema di tabella a doppia entrata Y X Y1 Y2 ... Yv ... Ym X1 f11 f12 ... f1v ... f1m f1. X2 f21 f22 ... f2v ... f2m f2 . .... ... ... ... ... ... ... ... Xu fu1 fu2 ... fuv ... fum f u . ... ... ... ... ... ... ... ... Xn fn1 fn2 ... fnv ... fnm fn . f .1 f. 2 ... f . v ... f . m N Le frequenze assolute che appaiono nelle tabelle a doppia entrata rappresentano il numero di volte fuv in cui si è congiuntamente osservata la combinazione di modalità o caratteri Xu e Yv rispettivamente della variabile X ed Y, cioè il numero di unità statistiche su cui è stata rilevata la coppia (Xu ; Yv). I casi inseriti nella tabella a doppia entrata sono quelli in cui siano state fornite risposte valide per entrambe le variabili considerate nell'incrocio. L'intera matrice n x m è quindi composta dalle frequenze assolute delle possibili combinazioni delle modalità o caratteri di X ed Y. La struttura di tale matrice fornisce di per sé le informazioni sull'influenza esercitata da X su Y e viceversa ed è quindi l'oggetto sostanziale dello studio delle relazioni statistiche tra variabili tabulari. Tale analisi è una parte essenziale nell'ambito della ricerca. Ad esempio, potrebbe essere significativo ai fini dell'indagine verificare il tipo di rapporto che intercorre tra la variabile tipologia prevalente di attività professionale esercitata dal dottore agronomo e la variabile dimensione territoriale, per verificare ad esempio l'esistenza di eventuali difformità nella distribuzione di liberi professionisti e dipendenti nelle diverse regioni del Paese. Da tale incrocio si possono dedurre in sostanza eventuali influenze esercitate dalla variabile geografica sulla struttura professionale del dottore agronomo e forestale in Italia. Una prima misura della relazione che intercorre tra due variabili è rappresentata dal modello di indipendenza assoluta tra le due stesse variabili. Se tra le variabili X ed Y vi è un rapporto di indipendenza assoluta, deve sussistere l'uguaglianza tra la generica frequenza di incrocio fuv della matrice a doppia entrata sopra definita e la frequenza teorica f''uv, definita statisticamente f''uv = (fu . x f. v)/N per u = 1,2,......n e per v = 1,2,......m e con N numero totale delle osservazioni. Detto in altri termini, due variabili X ed Y possono dirsi indipendenti qualora coincidano le tabelle composte rispettivamente dalle frequenze di incrocio effettivamente osservate nella rilevazione e dalle frequenze teoriche sopra definite. Questo primo strumento è utile come primo screening per l'individuazione degli incroci significativi tra variabili distinte. Nel caso in cui dette tabelle non coincidano, si pone il problema di misurare l'intensità della dipendenza tra le due variabili. Ai fini della ricerca, tale misura appare necessaria in vista di una corretta selezione delle tabelle a doppia entrata statisticamente più significative. Lo strumento utilizzato per valutare in sostanza quanto una frequenza effettiva fuv si discosti dalla corrispondente frequenza teorica f''uv , ovvero detto in altri termini quanto è rilevate il rapporto di dipendenza tra le due variabili, è la devianza dei rapporti tra fuv e f''uv ponderati con la f''uv, ovvero ? 2 = ? u ? v (fuv - f''uv )2/ f''uv Tale devianza o ? 2 è pari alla somma di tutti i rapporti tra il quadrato della differenza tra frequenza effettiva e teorica, differenza detta contingenza, e la corrispondente frequenza teorica. Il "? 2 " è zero solo se è sempre fuv = f''uv, se cioè esiste indipendenza tra le variabili X ed Y, mentre assume valori positivi in caso contrario, nelle ipotesi in cui si verifichino condizioni di dipendenza crescente tra variabili. Un'altra misura sintetica della dipendenza tra variabili utilizzata nell'elaborazione dei dati per l'individuazione delle tabelle a doppia entrata statisticamente significative è rappresentata dalla contingenza quadratica media, definita ? 2= ? 2/N con N pari al numero delle osservazioni effettuate. ? 2 si annulla nel caso di indipendenza tra le due variabili, ed è inferiore o uguale a n-1 ed a m-1, cioè al numero delle modalità o caratteri della variabile X meno uno ed al numero delle modalità del carattere Y meno uno. 8.1.6. Analisi tipologica dei dottori agronomi e dottori forestali Una delle principali assunzioni dell'indagine è che per i dottori agronomi e dottori forestali esistano delle relazioni significative tra profili caratterizzant i dell'attività professionale, quali ad esempio la tipologia professionale (libera professione e rapporto di lavoro dipendente), le modalità di esercizio dell'attività professionale, le modalità di aggiornamento, la tipologia della clientela, ecc.. Per verificare i rapporti statistici di queste variabili, e quindi trovare misure di associazione significative agli effetti dell'ipotesi di partenza, l'indagine prevede l'utilizzo di alcuni metodi di analisi fattoriale, che consistono essenzialmente nella riduzione della massa di variabili originarie in poche variabili significative. Il metodo applicato (Analisi delle Componenti Principali o ACP) ha permesso di sintetizzare le informazioni attraverso la costruzione di nuove variabili (i fattori) che hanno una relazione lineare con quelle originarie e spiegano quote via via decrescenti della variabilità originaria. In sostanza, tali fattori sono variabili completamente nuove, indipendenti tra di loro, ciascuna delle quali riassume un aspetto particolare del fenomeno in questione. Un passaggio particolarmente delicato nella procedura dell'ACP risiede nella definizione dei fattori estratti a partire dal contributo specifico (factor scores) di ciascuna variabile: in questa fase è determinante l'analisi qualitativa dei risultati, che si concretizza nella capacità di dare un significato accettabile al potere discriminante dei fattori. Tale "denominazione" degli assi avviene attraverso l'analisi delle correlazioni tra il fattore estratto e le variabili di origine. Una volta individuati i fattori principali - quelli interpretabili, che rappresentano cioè una particolare dimensione del fenomeno considerato - è possibile esprimere le caratteristiche delle unità statistiche rispetto a ciascun fattore (attraverso i punteggi fattoriali o factor scores) e procedere al raggruppamento delle unità in base a criteri di omogeneità rispetto a suddette caratteristiche (cluster analysis). La cluster analysis è una metodologia statistica che consente di classificare le unità statistiche secondo gruppi omogenei: il metodo di clustering utilizzato opera con l'obiettivo di minimizzare la variabilità interna ai singoli gruppi e di massimizzare la variabilità (esterna) tra i gruppi. Nell'indagine, i fattori estratti sono tre: il primo individua la libera professione, il secondo il rapporto di lavoro dipendente, il terzo le modalità di aggiornamento professionale. Le variabili utilizzate per la cluster, riportate in nota, sono in tutto 37, divise in 12 attive e 25 descrittive. 8.2. Le interviste ai testimoni privilegiati Per definire gli scenari sulla domanda per la professione di dottore agronomo e dottore forestale, sono state raccolte le opinioni di alcuni osservatori privilegiati che, in virtù delle specifiche competenze o delle cariche ricoperte, permettono di offrire importanti punti di vista e spunti di riflessione. Le percezioni dei soggetti in questione sono state ricavate attraverso l'utilizzo dello strumento dell'intervista. Diversamente da quanto disposto per gli altri questionari, le interviste effettuate presso i testimoni privilegiati sono "aperte", frutto cioè di un incontro diretto con i soggetti interessati, e lasciano l'intervistato libero di tracciare lo scenario il più dettagliato possibile degli argomenti suggeriti, anche al di là della griglia di domande indicata, non giocando in questi casi la rigidità degli schemi imposta dai questionari. 8.2.1. I testimoni privilegiati I 13 testimoni privilegiati sono stati scelti di concerto con il Comitato Tecnico-Scientifico. Nell'ordine questi sono: Ministero delle politiche agricole - Ministro delle politiche agricole - P. De Castro. Ministero dell'ambiente - Segretario particolare del Ministro dell'ambiente, Dott. C. Donnhauser. Ministero dell'industria e del commercio - Direttore generale Dott. A. Vecchia. Commissione europea - Direttore della VI/BI - Legislazioni economiche in materia di agricoltura - Direzione generale VI Agricoltura, Dott. S.Ventura Camera dei Deputati - Segretario della Commissione ambiente, On. S. Turroni. Regione Toscana - Dott. R. Boretti - Dipartimento Sviluppo Economico - Servizio Foreste e patrimonio agroforestale - Uoc Foreste - Uoc Prevenzione degli incendi boschivi. Senatrice Grazia Siliquini - Responsabile per le Professioni Intellettuali per Alleanza Nazio nale. Dott. R. Militello - Responsabile per le Professioni Intellettuali per i Democratici di Sinistra. Settore agricoltura Biologica - Cooperativa Agricoltura Nuova, Presidente C. Patacconi. Università - Facoltà di Scienze e tecnologie agrarie dell'Università di Bologna, Preside G. Baraldi. FITA - Presidente Dott. Ing. R. Alessandrello. Coldiretti - Segretario generale C. Pasquali. Consiglio Nazionale degli Ingegneri - Presidente Dott. Ing. G. Angotti. Consiglio dell'Ordine Nazionale dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali Via Po 102, 00100 ROM A. Tel. 06-8540174. Fax 06-8555961. E-mail: [email protected] - www.agronomi.it