E. Claparède

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E. Claparède
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Edouard Claparède (1873-1940)
Edouard Claparède nacque a Ginevra il 24 marzo 1873. Conseguì la laurea in medicina nel
1897, interessandosi in modo particolare alla psicologia sperimentale. L'interesse per il
problema del recupero dei bambini con ritardo mentale lo portò ad occuparsi di psicologia
dell'educazione, convinto che essa fosse un elemento decisivo per il rinnovamento della
scuola e della didattica tradizionali. Dopo aver conosciuto a Bruxelles la scuola
dell'Ermitage di Ovide Decroly, fondò, nel 1912, a Ginevra il famoso Istituto Superiore di
scienze dell'educazione intitolato a J.J. Rousseau, allo scopo di migliorare la formazione
Pedagogica e Psicologica degli insegnanti, nel quale lavoreranno anche A. Ferrière e J. Piaget.
Morì, sempre a Ginevra, nel 1940. Egli è riconosciuto come il fondatore del Funzionalismo
pedagogico, che si affianca a quello psicologico.
La pedagogia, secondo Claparède, non è ancora scienza ed è ancora dominata dal "principio
di autorità", cioè dal riferimento alla tradizione e non all’esperienza come banco di prova
della validità delle teorie.
Scrive polemicamente: "Aprite un trattato di pedagogia (...) Ciò che soprattutto colpisce è che
quasi mai l'autore si basa su dei fatti, ma sempre su delle opinioni; si enumerano le dottrine di
Rousseau, di Herbart, di Spencer, di questo e di quello (...) ma mai ci si preoccupa di sapere se
questi vari scrittori hanno fondato le loro opinioni su dei fatti, e se questi fatti sono stati osservati in
modo sufficientemente rigoroso".
La pedagogia tradizionale, dunque, è generica (cioè utilizza concetti vaghi, privi di
definizione rigorosa, che è invece richiesta nelle scienze), verbalistica (i trattati di pedagogia
sono tendenzialmente retorici, enunciano alti principi senza preoccuparsi di come
effettivamente interpretarli e concretizzarli) e dogmatica (basata, come già detto, sul
principio di autorità, su quanto affermato dagli autori classici).
Scrive Claparède: "(...) sembra che il pedagogista sia convinto di possedere una specie di
intuito innato che gli conferisce l'onniscienza e l'infallibilità. Questo stato d'animo, certamente non
porta alla ricerca, poiché solo il dubbio induce ad organizzare esperienze. Ed é per questo che
pedante, che una volta significava 'insegnante', è diventato, sfortunatamente, un termine
dispregiativo che si applica a chi non sa avere dei dubbi".
La pedagogia, dunque, deve diventare scienza autonoma ed effettiva, sganciandosi
dalla filosofia. Perché ciò accada, è necessaria una vera e propria "rivoluzione copernicana" ,
analoga a quella che, nei secoli XVI e XVII, ha portato astronomia e fisica a diventare
scienza autonome e rigorose, sganciate da teologia e filosofia. Perché la pedagogia diventi
scienza occorre che si fondi sul metodo sperimentale, quello stesso adottato dalle scienze
della natura e fondato su fatti precisi, quantificabili, misurabili e pubblicamente controllabili,
attraverso degli esperimenti.
Scrive Claparède: "Come risolvere i problemi che si presentano l'educatore? Con l'intuizione?
Con discussioni teoriche? No, certamente. Soltanto studio dei fatti, l'esperienza, potrà
condurre alla soluzione desiderata… La pedagogia deve fondarsi sulla conoscenza del fanciullo,
come l'orticoltura si fonda sulla conoscenza delle piante".
La conoscenza scientifica del bambino parte dalla prospettiva funzionalista. Così come in
psicologia James ha sottolineato che non dobbiamo domandarci “che cosa” sono i vari aspetti
della psiche (sensazione, percezione, memoria, linguaggio, intelligenza…), ma “quale funzione
hanno” nella vita dell’uomo che, come ogni essere vivente, deve far fronte a problemi adattivi,
similmente in pedagogia non bisogna partire dalla domanda “cosa sono” apprendimento ed
educazione, ma “quale funzione hanno” nella crescita dei bambini.
Per capire la specificità della prospettiva funzionalista dobbiamo riferirci al quadro teorico
dell’evoluzionismo ottocentesco. C. Darwin aveva elaborato la teoria dell’evoluzione delle
specie viventi mediante la selezione naturale, basata su questi fondamenti: ogni organismo
vivente deve far fronte ai problemi adattivi dell’ambiente e gli organismi più adatti tendono a
vivere di più, a riprodursi di più e quindi a diffondere le loro caratteristiche, nel corso delle
generazioni, all’intera specie (in particolare, gli individui che casualmente sono portatori di
variazioni adattivamente favorevoli in una specie diffondono, attraverso questo meccanismo,
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queste variazioni alla specie intera); così la “lotta per la sopravvivenza” determina una
graduale selezione delle caratteristiche adattivamente più favorevoli all’interno di ciascuna
specie.
Nella specie umana sono state selezionate le caratteristiche che permettono l’apprendimento e
l’acquisizione di quelle capacità essenziali per l’adattamento alla vita sociale. Ciò significa che
la specie umana ha sviluppato la curiosità ed il bisogno di imparare come strumenti adattivi
che le hanno permesso di affermarsi rispetto alle altre specie viventi. Curiosità e bisogno di
apprendere, dunque, sono per l’uomo (ed in particolare per il bambino) naturali, ed hanno la
funzione di far acquisire tutti gli strumenti cognitivi necessari per adattarsi all’ambiente
naturale e sociale. La pedagogia funzionale parte da queste premesse e ne ricava il seguente
principio: nella scuola bisogna far leva su questa naturale curiosità e desiderio di
apprendere, cioè la scuola deve essere intrinsecamente interessante. La scuola
tradizionale, purtroppo, va in direzione contraria, e punta sulla disciplina, sull’imposizione,
sull’apprendimento forzato e quindi poco solido e duraturo.
Questo errore della scuola tradizionale nasce da un’erronea concezione dei bambini, visti
semplicemente come adulti incompleti, imperfetti. Questo pregiudizio, che ha ostacolato la
nascita della psicologia dell’età evolutiva, è chiamato da Claparede “teleiomorfismo”. Scrive:
"Bisogna persuadersi che il fanciullo non è, come si crede spesso, un uomo in miniatura: la sua
mentalità è diversa dalla nostra non solo per quantica; ma, anche, per qualità, non è soltanto
più limitata, è diversa".
Bisogna, al contrario, partire dalla convinzione che ogni fase dello sviluppo della persona è
autonoma e perfetta in sé, per cui "non bisogna cercare se il bambino possiede o non
possiede certe facoltà dell' adulto, ma il bambino deve essere interpretato in termini suoi
propri… B i s o g n a p e r s u a d e r s i c h e i l f a n c i u l l o n o n è , c o m e s i c r e d e s p e s s o , u n
u o m o in min iatu ra; la su a men t alità è diversa dalla n ostra n on solo pe r qu an tità,
ma a n c h e p e r q u a l i t à ; n o n è s o l t a n t o m i n o r e , è u n ' a l t r a … S i è f a n c i u l l i n o n
p e r c h é n o n ab b i am o e s p e r i e n z a , m a p e r c h é s e n t i a m o n at u ra l m e n t e i l b i s o g n o d i
farcela: non perché non siamo adulti, ma perché ci sentiamo trascinati a fare
t u t t o ci ò ch e è n e ce s sa ri o p e r d iv en ta r e adu lti ”.
Ogni fase dello sviluppo dell’essere umano è, dunque, perfetta in se stessa, non va letta
partendo dalle fasi successive, ed ogni fase è essenziale perché l’essere umano sviluppi tutte
quelle capacità che lo rendono adatto alle necessità dell’ambiente naturale e sociale. La
natura ha predisposto per l'uomo un lungo periodo evolutivo dalla n a s c i t a
alla maturità; se è vero che “vi sono animali in fondo alla scala
z o ol og i c a ch e n as c on o ad u lt i, s en z a e s se r e , di cia m o, ba mbin i”, tal e n on è il
ca s o d e l l e s p e c i e s u p e r i o r i , e s o p r a t t u t t o d e l l ' u o m o , p e r i l q u a l e l a n a t u r a h a
p r o t e t t o , s v i l u p p a t o e p r o l u n gato l'infanzia. B i s o g n a , d u n q u e , “ a m m e t t e r e c h e
p e r q u e st o p ri vil eg io l a fan ci u ll ez z a d ebb a es s e r e u ti l e pe r l 'in d ivi du o o l a
sp e ci e”. L ’i n fa n z i a n on è, d u n q u e, p e ri od o di se mpl i ce d eb ol ez z a , paragonabile
a l l a s e n i l i t à , c h e è u n a “ f a s e d i d e t e r i o r a m e n t o” ; a l c o n t r a r i o , “ i l f a n c i u l l o è
f a n c i u l l o p e r c h é n o n h a e s p e r i e n z a d e l l a v i t a e p e r c h é d e v e a p p u n t o f a rsela ” ;
n on si pu ò di re sol t an t o ch e eg l i è pi ccol o perch é n on è gr an de, ma pi u tto sto che
egli “è piccolo per diventare grande”. Il che, però, non significa che debba crescere il più in
fretta possibile: non dobbiamo dimenticare la lezione di Rousseau, che ammoniva che a voler
guadagnare tempo si finisce per perderne, perché se non si rispettano le tappe di sviluppo dei
bambini e le modalità di apprendimento proprie di ciascuna tappa, ciò che si pensa di aver
anticipato non solo non è di alcuna utilità, ma riesce addirittura dannoso.
Tra un bambino ed un adulto vi è lo stesso rapporto che vi è fra un piccolo paese ed una
grande città. La cappella votiva e l'emporio di un paesino sono diversissimi, per forma, dalla
maestosa cattedrale e dal supermercato di una città, ma assolvono alla medesima funzione.
In quest’ottica lo studio dei vari aspetti della psiche e del comportamento del bambino
va condotto individuando la funzione che essi hanno in rapporto alla sua vita ed allo sviluppo
delle sue capacità psico-fisiche. Claparede ha applicato questo principio in diverse ricerche. Le
più famose riguardano il gioco. Egli parte dalla considerazione delle diverse teorie elaborate
sul gioco, rifiutando quella che lo interpreta come svago e ricreazione, come scarica del superfluo
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di energia (elaborata dal filosofo positivista inglese H. Spencer), come atavismo, cioè
sopravvivenza di comportamenti tipici delle fasi primitive dello sviluppo dlel’umanità (teoria
elaborata dallo psicologo statunitense Stanley Hall). A queste teorie Claparède contrappone la
teoria del gioco come esercizio funzionale preparatorio, elaborata da Karl Gross, secondo la
quale il gioco infantile consiste in una serie di esercizi che preparano lo sviluppo di capacità
essenziali, sia cognitive (intellettuali) che affettive (sentimentali), per la vita adulta: in sintesi,
il gioco prepara alla vita adulta. Per qu e sto vi son o tan ti gioch i qu an te atti vi tà
u man e: gi o c h i s e n s o r i a l i , m o t o r i , i n t e l l e t t i v i , a f f e t t i v i , gi ochi di l otta, di
cacci a, di raccol t a, g i ochi soci ali , di imitazione, ecc. Il gioco piace, in generale,
appunto perché sod disfa un bisogno e t u t t o c i ò c h e a s s e c o n d a l o s v i l u p p o
v i t a l e è a c c o m p a g n a t o d a u n s e n t i m e n t o di piacere.
Per questo il gioco ha un'enorme importanza nello sviluppo psicologico e soddisfa il fondamentale
bisogno di crescita e di sviluppo. La tendenza al gioco costituisce, quindi, l'essenza stessa
della natura del bambino.
P e r C l a p a r è d e l ’ i n f a n z i a s e r v e “ a g i o ca r e e i mita r e”. In qu e st o m od o si
sv ol g on o i n fat t i , l e fu n z i on i d el l o s vi lu pp o pe r l e q u a l i i l f a n c i u l l o d i v i e n e
u o m o . N o n s i g i o c a p e r c h é s i è f a n c i u l l i , m a s i è fanciulli perché si ha bisogno di
giocare. “P o s s i a m o t r o v a r e q u i g l i e l e m e n t i f o n d a m e n t a l i d i u n a p e d a g o g i a
che è, credo, la vera: quella cioè che vuole esercitare un'attività nel
fanciullo solo in quanto se ne trova nel fanciullo il bisogno naturale, o
d o p o averlo abilmen t e su scit at o in esso quan do n on vi sia istintivo; così da
d estare n el f a n c i u l l o l ' i n t e r e s s e p e r l ' o g g e t t o d i q u e l l a a t t i v i t à e i l d e s i d e r i o d i
raggiungerlo, e d a c on f e ri r e a l l ' a t t i v i t à st es sa l a f o rm a d i g i oc o” .
Sulla base di questi principi Claparède affronta lo studio dell'età evolutiva del bambino e ne
individua le leggi di sviluppo funzionale nell'opera intitolata "L'educazione funzionale" del
1931:
1) Legge di successione genetica: il fanciullo si sviluppa attraverso fasi determinate
che si succedono in ordine costante. La natura sembra aver predisposto per
l'uomo un lungo periodo evolutivo dalla nascita alla maturità, a differenza degli
animali inferiori che o nascono quasi adulti o lo diventano molto velocemente;
2) Legge di esercizio funzionale: l'esercizio di una funzione è la condizione del suo
sviluppo;
3) Legge di esercizio genetico: l'esercizio di una funzione è la condizione per la
quale determinate funzioni ulteriori possano manifestarsi;
4) Legge di adattamento funzionale: l'azione si manifesta quando per sua natura
è atta a soddisfare il bisogno o l'interesse del momento.
In base a questa legge, chiamata anche legge del bisogno o dell'interesse,
qualunque attività è sempre suscitata da un bisogno. Non vi può essere attività
se non vi sono bisogni da soddisfare. Scrive Claparède, "Un atto che non è
direttamente o indirettamente collegato ad un bisogno è una cosa contro natura";
5)
L e g g e d i a u t o n o m i a f u n z i o n a l e : i l f a n c i u l l o n o n è u n e s sere
incompleto, imperfetto, ma è un essere adeguato alle circostanze che gli sono
proprie e la sua attività mentale è relativa ai suoi bisogni;
6 ) Leg g e
d i in di vi d u alit à: ogni in di vidu o è di verso, di fferi sce in varia
misura dagli altri, sia per quanto concerne le caratteristiche fisiche, sia per quanto
riguarda le caratteristiche psichiche.
Dalle sue teorie psicologiche, Claparède ricavò fondamentali conseguenze pedagogicodidattiche, secondo i principi di quella che si potrebbe chiamare la pedagogia
dell’interesse. L’idea di fondo è, appunto, questa: l’educazione e l’istruzione debbono
assecondare il bisogno naturale dei bambini ad apprendere per crescere, debbono, cioè,
essere interessanti, intrinsecamente gratificanti. Detto in altri termini: la scuola e
l'insegnamento devono essere in funzione dell'alunno, delle sue caratteristiche e delle sue
capacità. Non è l'alunno che deve adeguarsi all'insegnante, ma è piuttosto l'insegnante che
deve adattarsi all'alunno. Questo può accadere solo in una scuola "attiva", una scuola cioè in
grado di sviluppare le attitudini e le capacita degli alunni, e non un semplice "uditorio" nel
quale gli alunni si limitano ad ascoltare e ripetere le lezioni degli insegnanti.
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“Possiamo trovare qui gli elementi fondamentali di una pedagogia che è,
credo, la vera: quella cioè che vuole esercitare un'attività nel fan ciullo solo
i n q u a n t o s e n e t r o v a n e l f a n c i u l l o i l b i s o g n o n a t u r a l e , o d o p o averlo
abilmente su scitat o in esso qu an do non vi sia istintivo; così da destare nel
fanciullo l'interesse per l'oggetto di quella attività e il desiderio di
raggiungerlo, e d a c on f er i r e a l l 'a t t i vi t à st e s sa l a fo r m a d i g i o co …
Un'educazion e ch e si attenga alle leggi dello sviluppo naturale del fan ciullo, c h e
è poi la sola feconda di buoni frutti, deve dunque essere attraente; la
m a t e r i a d a i n s e gn ar e d e v e e s s e r e i n t e r e s s a n t e p e r l o s c o l a r o ; a l l o r a l ' a t ti v it à
e lo sfor z o ch e q u est i d i sp i eg a e c omp i e p er assi mi l arl a e fa rl a p rop ri a
p r e n d o n o n a t u ralmente forma di gioco… Il f a n c i u l l o d e v e e s s e r e m e s s o i n g r a d o
d i c o m p i e r e s f o r z i ; m a , s o t t o p r e t e s t o d i ab it u a r v e l o , n o n b i s o g n a p e rò
d i s g u st a r l o o r e n d e r l o i n c a p a c e p e r s e m p r e ” . P e r c h é u n o s f o r z o p o s s a e s s e r e
v i t t o r i o s a m e n t e s o s t e n u t o , o c c o r r e u n i n t e r e s s e t al m e n t e e l e v a t o da vi n c e r e i
r i fl e s si an tag onisti (inibizioni momentan ee, sviamenti dell'atten zion e, n oia,
di sgu sto, fatica, sonn o) ch e costituiscono la spontan ea di fesa dell'organismo n ei
con fron ti d i u n l a v o r o d i f f i c i l e e g r a v o s o . T u t t a v i a , q u a n t o p i ù u n l a v o r o ,
anche difficile, è i n t e r e s s a n t e p e r s e s t e s s o , t a n t o m e n o e s s o p r o v o c a
ri fl essi antagoni sti ; l a pienezza dell'interesse li vince del tutto.
Il docente, in tale ottica, non deve più essere essenzialmente un "trasmettitore di
nozioni", di informazioni, ma deve diventare uno stimolatore di interessi ed un
organizzatore di situazioni di apprendimento; egli "deve essere per i suoi scolari ben più un
collaboratore che un insegnante ex cattedra. In luogo di limitarsi a trasmettere loro delle cognizioni
che egli stesso possiede, li aiuterà ad acquisirle da loro stessi".
Cl aparède i n di vi dua, n ell o svilu ppo dei fan ci ulli, alcu n e g ran di ta pp e
ev o lu ti v e , st ad i e p e ri o d i ca ra tt e ri z z ati da i n te r e ssi p r e val en ti ch e v an n o
t en u ti pr e s en t i n el l ’o rg a n i z z az i on e d el l e si tu az i o n i di app r e n di men t o:
a) Stadio d'acq uist o e d 'esp erimen to: 1) peri odo degli interessi percetti vi n el
p r i m o a n n o ; 2 ) p e r i o d o d el l 'i n t e r e s s e d e l l i n gu a ggi o , n el s e c o n d o e n el
an n o; 3) p eri od o d eg li i nt eres si gen er ali , ri svegli o i n tell ettu al e, età del
perch é d a t r e a s e t t e a n n i ; 4 ) p e r i o d o d e g l i i n t e r e s s i s p e c i a l i e
o b i e t t i v i , d a s e t t e a d o d i c i anni.
b ) Stadio di ordinamento e di valutazione: 5) periodo sentimentale; interessi
etici e sociali; interessi specifici; interessi sessuali; da dodici a
diciotto ed oltre.
c) S t a di o d e l l a p r o d u z i on e : 6 ) p e r i o do d e l l a v o r o . I v a r i i n t e r e s s i
subordinati a un interesse superiore (sia questo un ideale o il semplice
interesse d el l a conservazi on e p ersonal e) p er i l qual e non son o ch e
m e z z i r i s p e t t o fine. Età adulta.
Circa il primo periodo (interessi percettivi) Claparède avanza la tesi, poi
di venuta famosa (cfr. Decroly), de lla percezion e sincretica. “Il fan ciullo, da
principio, non si interessa evidentemente che ad un oggetto nel suo insieme,
come massa colorata o m e n o e s t e s a , p i ù o m e n o c o n t o r t a , c h e p e r e s s e r e
p r e s a e c o n s i d e r a t a r i c h i e d e a l c u n i m o v i m e n t i d e l l e b r a c c i a o de l c a p o : n o n s i
cura dei particolari… Per il fanciull o il tutto n on è un compost o di p a rti, m a
u n c o m p l e s s o , p e r c u i andare dal semplice al complesso significa andare dal
tutto alla parte”. Il metodo, dunque, in tale periodo, come ha ben intuito Decroly,
deve essere globale.
Ci rca il secondo periodo (int eressi del linguaggio o glossici) Claparède oss e r v a
q u a n t o s i a l e t t e r a l m e n t e f a m e l i c o d i p a r o l e i l f a n c i u l l o d i d u e -t r e a n n i : d a
p ri n ci pi o egli raccog li e vocab oli , con u n a ve ra “ passi on e g l ossica”; p oi comi ncia
a s e r v i r si d i s o s t a n t i vi p e r d e si g n ar e o g g e t ti c o n c r e ti , p oi di v e r bi , di
a g g e t ti vi ; p e r u l t i m o d i n u m e ri e di p r o n o mi . P e r qu e s t o bisognerebbe
insegnare le lingue straniere n ei primi anni di scuola, come la materna, mediante la
conversazione.
Ci rca il terzo periodo (interessi intell ettuali generali), Cl aparède condanna
l'atteggiamento di chi considera sciocche le domande dei fanciulli. L'età dei
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perché s e g n a i l r i s v e g l i o d e l l ' i n t e l l i g e n z a . “ L a c u r i o s i t à i n f a n t i l e n o n è v i z i o ,
m a u n a v i rt ù ” . O g n i v e r o a p p r e n d i m e n t o d e v e e s s e r e u n a r i s p o s t a , c h e
fan ciullo “accog lierà p i ù a v i d a m e n t e q u a n t o p i ù è s t a t o g u i d a t o a p o r s i l a
domanda da se stesso… Fra le dom ande del fanciullo prevalgono qu ell e
sull'utilità e l'uso delle cose ”
Cl aparède p res en t a l 'i n t ell i g en z a c o m e ad atta m en t o
m edi an t e t en t ati vi
( tat on n em en t ) .
Nel quarto periodo, d o p o i s e t t e a n n i , g l i i n t e r e s s i s p e c i a l i s i m a n i f estan o in
form e pi ù ob bi et ti ve, ri vel an d o l a con sapevol ez z a dei rapporti fra mez z o e fi n e;
c omi n ci an o i n q u es t o p e ri o d o a d i ven ta r e si gn i fi cati v e an ch e l e di ff e r en z e t r a i
due sessi.
Il q u i n t o p e r i o d o ( i n t e r e s s i s o c i a l i e d e t i c i ) s e g n a u n c a m b i a m e n t o d i
orien tam ento e l a comparsa di nuove attitudi ni . Con l a cri si dell a pubertà, il
f a n c i u ll o svilu p p a il sen s o d el l e rel azi oni soci ali , cerc a l a sti ma dell e person e ,
n e su bi sce l 'as c en d en t e; c on t e mp o ran e am en t e p r en d e c o s ci en z a di s e s t es s o ,
d el l a su a p e r s o n a l i t à , d e l l a s u a r e s p o n s a b i l i t à ; d i v i e n e i n s o f f e r e n t e d i v i n c o l i
e d i p r o i b i z i o n i , vuol conquistarsi il suo mondo; è questo un periodo di ideali etici, estetici,
religiosi.
Nell'opera fondamentale "La scuola su misura", del 1921, Claparède affrontò il problema
dell'insegnamento individualizzato. Gli studi di psicologia ci mettono di fronte con sempre
maggiore evidenza alla realtà delle differenze individuali. Gli alunni sono profondamente
diversi fra di loro per il diverso tipo di motivazione allo studio, per diversità di interessi, di
attitudini, di capacità cognitive, di capacità di apprendimento, di ritmo di apprendimento.
La scuola tradizionale, però, per la rigidità della sua organizzazione, non sa tenere conto di
tali differenze. La sua azione educativa è rivolta ad un astratto alunno medio, che nella
realtà non esiste e che Claparède definisce "una mostruosità psicologica".
Bisogna dunque riformarla profondamente, promuovendo una effettiva "scuola su
misura", attraverso alcuni provvedimenti pratici di modifica del organizzazione del lavoro
scolastico. Quattro sono le principali vie che tale riforma può percorrere:
1) Le classi omogenee. Si tratta di:
a) dividere ciascuna classe in una classe forte per i più intelligenti ed in una classe debole
per quelli con maggiori difficoltà;
b) differenziare nelle due classi sia il programma, sia gli obiettivi, i metodi di
insegnamento.
2) Le classi mobili. Si tratta di permettere ad un alunno di seguire, per le diverse materie,
lezioni di grado dive a seconda delle sue attitudini e delle sue capacità: Ad es. un alunno
bravo in matematica e debole in latino potrebbe seguire le lezioni di matematica del terzo
anno e le lezioni di latino del secondo anno.
3) Le sezioni parallele. Si tratta di creare all'interno dei diversi ordini di scuola ulteriori
indirizzi che possano far corrispondere ancor meglio il tipo di scuola alle attitudini individuali.
4) Il sistema delle opzioni. Si tratta di:
a) dividere l'orario scolastico in due parti nettamente distinte: una parte obbligatoria e
uguale per tutti ed una parte opzionale, scelta cioè dagli alunni;
b) diminuire in modo consistente il numero delle ore settimanali di lezione delle materie
obbligatorie uguali per tutti;
c) predisporre, per la parte di programma obbligatorio, un programma minimo che tocca
gli aspetti essenziali e fondamentali delle discipline comuni;
d) ampliare la parte del programma opzionale, dando in questo modo agli alunni possibilità
di approfondire a piacimento con lavori monografici le discipline e0 argomenti verso i quali
hanno più interesse e maggiori attitudini.
[Massimo Dei Cas, a.s. 2009/2010]
Massimo Dei Cas, E. Claparede. A.s. 2009/2010