[c-fe - 2] carlino/giornale/fer/02 08/12

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[c-fe - 2] carlino/giornale/fer/02 08/12
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FERRARA PRIMO PIANO
GIOVEDÌ 8 NOVEMBRE 2012
DA FERRERO A... FERRARA
ESCLUSIVA
ALEX SCHWAZER FU PRESENTATO
A FERRARI DA PIETRO FERRERO,
INDUSTRIALE MORTO IN SUDAFRICA
«Con Armstrong in bici a 60 all’ora sul circuito
Michele Ferrari e l’amicizia con il campione texano: «Dormiva all’Annunziata
di STEFANO LOLLI
IL PERSONAGGIO
Io e gli studi
«Nel 1978 mi sono
laureato in Medicina
all’Università di Ferrara,
con una tesi sulla
valutazione della soglia
anaerobica nella corsa a
piedi. Poi ho preso la
specializzazione a Roma»
«LA PRIMA VOLTA che lo vidi
era un... torello. Persino un po’
grasso». Michele Ferrari parla di
Lance Armstrong, rivelando particolari sinora inediti del rapporto,
professionale e personale. «E’ venuto varie volte qui a Ferrara».
Quando?
«In anni lontani (sorride Ferrari,
ndr). Diciamo all’epoca in cui dominava i sette Tour che, per l’Usada,
non ha mai vinto».
GLI INCONTRI
«Un rapporto di esclusiva:
fissava lui le regole e il prezzo
certo elevato del mio lavoro»
E cosa facevate?
«Andavamo in bicicletta. Qualche
volta salivamo a Monzuno nel Bolognese; più spesso percorrevamo un
circuito, ben noto ai cicloamatori
ferraresi, tra Baura e Contrapò, un
anello di strade piatte e senza incroci pericolosi».
Nessuno l’ha mai riconosciuto?
Io e lo sport
«Nel mio piccolo sono
stato un buon atleta, non
certo un fenomeno.
Campione italiano nei
1000 metri poi nazionale
junior. In bicicletta
sviluppo una soglia di 330
watt di potenza»
Io e il camper
«Per molti sarebbe il
laboratorio delle mie
stregonerie: in realtà è
lungo 5 metri e mezzo,
non ci sono
apparecchiature
sofisticate nè ripostigli
segreti»
Io e i processi
«Inviterei a guardare
anche i ‘santi’ e non solo i
demoni come me, a cosa
c’è dietro i clamorosi
pentimenti, a come
potrebbero essere stati
persino istruiti o
condizionati i testimoni»
«Nessuno l’ha mai fermato per chiedergli un autografo. Anche perché
era bardato con il casco e la bandana, andava a 50-60 all’ora e non era
facile né stargli dietro né, incrociandolo, capire che fosse lui. Magari
qualcuno potrebbe aver pensato
che si trattasse di Armstrong; ma a
Lance Armstrong (a sinistra), con Filippo Simeoni, uno dei ‘grandi accusatori’ di Michele Ferrari
dire in giro di averlo visto a Baura,
sarebbe stato per pazzo».
Non era una pazzia.
«Tutt’altro. Lance alloggiava
all’Annunziata, perché gli piaceva
il Castello; non andava a spasso come un turista, faceva una vita ritirata, ma non era un monaco. Anzi
aveva una fissazione per un ristorante».
Quale?
«Il Centrale. Diceva che lì mangiava in modo straordinario».
Non ci dirà che era questo il
segreto dei suoi successi. Né
il motivo per cui, tra i medici
sportivi del mondo, si è rivolto a lei.
«A farci incontrare, com’è noto, è
stato in realtà Eddy Merckx, che
produceva le biciclette usate da Armstrong. Abbiamo effettuato alcuni test, a un certo punto è stato lui a
chiamarmi. Lui a scegliermi, lui a
proporre ed offrire».
Cosa?
«Un rapporto di esclusività. Pretendeva che allenassi solo lui, che non
seguissi altri campioni, che fossi disponibile 365 giorni all’anno, 24
ore al giorno. Se telefonava e diceva, ad esempio, domani vieni ad Austin o Nizza, io mollavo tutto e andavo in Texas o in Francia. Il nostro è
stato anche un rapporto di complicità».
Complicità, l’ha detto lei.
«E lei pensa male. Complicità sana,
comunità di intenti. Lui chiamava,
LA PROVOCAZIONE LE FATICHE SOVRUMANE E L’EPO FAI-DA-TE: «CHIUNQUE LA TROVA SU INTERNET»
Lo sport professionistico? «Nuoce alla salute»
«LO SPORT PURO non esisterà mai». Michele Ferrari, alias ‘Il
Dottor Mito’ com’è ribattezzato
in un e-book scritto dal giornalista
Marco Bonarrigo e diffuso ora su
Internet, invita a «indagare anche
sui ‘santi’ e non solo sui demoni
come me, a guardare cosa c’è dietro pentimenti clamorosi, su testimoni istruiti ad arte, o forse persino condizionati strumentalmente». A distanza di due settimane
dal clamoroso pronunciamento
dell’Uci nei confronti dell’Armstrong, e della sua prima intervista al Resto del Carlino, la novità «è
che mi sono stufato di subire passivamente, di accumulare fotocopie di giornali e stampate di blog
in cui c’è di tutto, su di me — afferma il medico ferrarese —. E’
uno stillicidio di notizie, molte
delle quali persino riservate». Tra
le ultime, anche un suo presunto
coinvolgimento nella combine del
ciclista Alexander Vinokurov alla
Liegi-Bastogne-Liegi: «Io che cavolo c’entro? Erano in volata, dicono che si sarebbero messi d’accordo su chi doveva vincere, e per
il fatto che ‘Vino’ è stato seguito
corso al mercato nero e al fai-date». L’alternativa «è lo sport credibile, fatto di paletti, regole, limiti.
Bisognerebbe mettere tutti nelle
stesse condizioni, il che oggi non
è. Si fa clamore, si individuano comodi paraventi per tutti i mali, come nel caso di Lance Armstrong
e di me, non si agisce sul cuore
del problema. Si dice che tanti atleti mi chiedano di prescriver loro chissà quali diavolerie: lo sa invece che chiunque, su Internet,
può trovare e comprare l’Epo o altre sostanze, senza andare neppure troppo lontano da qui e senza
rivolgersi neppure a un medico,
inibito o meno che sia?».
Michele Ferrari (a destra) con l’ex recordman dell’ora Toni Rominger
da me molti anni fa, ecco il mio
nome tornare nei titoli».
COME LO STRATEGA di un
‘sistema’ che lega il doping alla gestione delle gare e dei contratti
dei corridori: «Io ne sarei la mente? E’ come dire che sono l’Hitler
del ciclismo, che per colpa mia si
sta combattendo una guerra mondiale». La guerra esiste, lo sport
‘puro’ invece è una chimera:
«Non da oggi, ma i risultati di
una politica proibizionistica hanno fatto sì che il doping dilaghi,
che la credibilità delle competizioni sia frantumata, che i rischi per
la salute siano aumentati per il ri-
NEL CUORE del problema, conclude Ferrari, c’è «che lo sport
professionistico non fa bene alla
salute: paradossalmente la supplementazione con prodotti in parte
illeciti riduce i rischi, ma geneticamente l’uomo non è fatto per correre il Tour de France. Il ciclismo
si è evoluto grazie ai farmaci, il doping oggi consente di reggere le
cose sovrumane pretese dallo
show».
Stefano Lolli