Gellindo Ghiandedoro e la scopa della signora Fabene Befana”

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Gellindo Ghiandedoro e la scopa della signora Fabene Befana”
Gellindo Ghiandedoro
e la scopa della signora
Fabene Befana”
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I RACCONTI DEL BOSCO DELLE VENTI QUERCE - FIABA DI MAURO NERI - ILLUSTRAZIONI DI FULBER
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Gellindo Ghiandedoro e la scopa
della signora Fabene Befana
Era proprio destino che quell’anno dal
cielo cadessero “regali” improvvisi e
inaspettati, perché, dopo il tonfo del
povero Babbo Natale la vigilia del 25
dicembre, ecco quel che accadde la notte
fra il 5 e il 6 gennaio...
Il silenzio profondo del Bosco delle Venti
Querce, ma soprattutto il letargo di
Gellindo Ghiandedoro, così pieno di tanti
bei sogni, quella notte di inizio gennaio
vennero all’improvviso disturbati da un
fischio...
Sssfiiiuuuuu...
Le foglie delle querce sussurrarono
spaventate, mentre lo scoiattolino si girò
nel letto e nascose le orecchie sotto al
cuscino, ma...
S SSFIIIUUUUU !!!...
...il fischio si fece più forte, più vicino, più
fracassone e...
SSSFIUUUUUU... SPATATRACCKKKK...
PÙMFETE... ROTOLÒM!!!
– Ehilà... Ma cos’è stato? – strillò Gellindo
saltando in piedi sul letto: quel gran
rumore di legni rotti e di un bel ruzzolone
a terra lo aveva svegliato del tutto e non
è mai una gran bella cosa far uscire dalle
lenzuola uno scoiattolo nel bel mezzo del
suo letargo!
Il nostro amico corse alla finestra, aprì un
poco le imposte e guardò fuori... Quel che
vide lo lasciò senza fiato e senza parole!
Laggiù, in mezzo al prato che si apriva
davanti all’enorme quercia in cui Gellindo
viveva da sempre, piantata di testa in un
cumulo di neve fresca, si agitava quella
che sembrava una vecchierella con le
calze bucate e le scarpe rotte...
– URKA... Ma guarda tu cosa doveva capitarmi! Ahi... AIUTOOO! – protestava la
poveretta, piantando le mani nella neve
per cercare di staccar la testa da sotto
terra. – Oh ecco! Ce l’ho fatta finalmente
a liberarmi... e da sola – urlò la vecchia
mettendosi in piedi e guardandosi in giro
furiosa. – Con tante grazie a tutti, va
bene? Grazie per essere corsi in aiuto di
una povera vecchierella infortunata!
– Ehi tu – disse allora Gellindo, sporgendosi dalla finestra di casa sua, – si può
sapere che ci fai, nel Bosco delle Venti
Querce? Strepiti come una matta senza
pensare a quelli che stanno dormendo!
– Cooosa! E dovrei anche chiederti scusa,
adesso? Scusa per aver fatto il mio dovere, come ogni anno alla vigilia del 6 di
gennaio? Scusa per esser caduta dal cielo
a metà del volo mentre stavo lavorando?
Scusa per...
– Ehi – esclamò a quel punto Gellindo col
cuore in gola, – adesso ho capito!! Tu sei
la...
– SILENZIO!!! – strillò a quel punto la
vecchina. – Non ti azzardare, scoiattolino
dei miei stivali, a chiamarmi con quel
nome!
– Perché, tu non sei la...
– ZITTO! Io sono la “signora Fabene Befana”! Questo è il mio nome completo, e
così voglio esser chiamata!
– D’accordo... ehm... signora Fabene
Befana. Ma perché sei caduta dal cielo?
– Perché non ho i soldi per cambiare
scopa, ecco perché! – esclamò la Befana
(noi possiamo ancora chiamarla così,
sapete?, basta farlo sottovoce). – Non si
guadagna abbastanza a portar doni ai
bambini buoni e del carbone a quelli un
po’ birichini, e per giunta una sola notte
all’anno. Anzi, non si guadagna proprio
nulla, perché si lavora gratis. Sono secoli,
ormai, che la mia scopa faceva il suo
dovere, ma vola oggi e ramazza per terra
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Gellindo Ghiandedoro e la scopa
della signora Fabene Befana
domani, un po’ alla volta è invecchiata e
stanotte s’è definitivamente rotta. Proprio quando volavo sopra le fronde del
Bosco delle Venti Querce...
– Ma adesso, senza scopa, come farai a
continuare a far felici i bambini di tutto il
mondo?
– Questa mi sembra una domanda senza
risposta, caro mio! – disse la signora
Fabene Befana sedendosi sul cumulo di
neve nel quale s’era piantata di testa
poco prima. – Il tempo sta passando
veloce e io sono bloccata qui, senza più
ramazza per volare e con un bel bernoccolo sulla fronte...
– Aspetta – urlò Gellindo, – prendo la
scopa nuova che ho comprato prima di
andare in letargo e te la porto giù...
Per non deludere uno scoiattolo così
generoso, la Befana provò a inforcare
quella scopa dal manico di plastica e a
prendere la rincorsa; provò e riprovò a
spiccare un salto per vedere se riusciva
ad alzarsi in volo, ma fu tutto inutile.
– Niente da fare... La tua scopa di plastica
è troppo moderna...
– Io so che Casoletta, nella sua
Cioccolateria al Villaggio degli Spaventapasseri, usa un vecchio aspirapolvere...
– Ma allora non hai capito! Non mi serve
un aspirapolvere, anche se antichissimo,
ma una vera, vecchia e sana scopa di
legno con un bel ciuffo di rametti legato
in cima!
Il cervellino di Gellindo Ghiandedoro,
allora, cominciò a funzionare alla grande,
passando velocemente in rassegna tutti i
suoi amici spaventapasseri, alla ricerca di
chi, fra di loro, potesse avere una vecchia
ramazza col manico di legno e il ciuffo di
rametti, e...
– CI SONO! HO TROVATO!
– Hai trovato che cosa?
– M’è venuto in mente chi ci può aiutare!
Vieni con me, signora Fabene Befana,
perché dobbiamo scendere al Villaggio
degli Spaventapasseri...
Gellindo, secondo voi, da chi accompagnò la povera vecchietta senza più scopa?
Forse dal maestro Abbecedario, che
conosceva a memoria tutti capitoli dell’“ENCICLOPEDIA SPAURACCHIA”, anche quello
che parlava delle scope nella storia degli
spazzini?
NO!
Oppure da Dindondolo, che spazzava
due volte al giorno la sua chiesetta per
tenerla sempre in ordine e pulita?
NO NO!
Da GialloRossoVerde, il vigile urbano che
lucidava a specchio le strade del Villaggio
e teneva puliti delle foglie e dalle cartacce
gli incroci più pericolosi?
NO NO NO!
Gellindo attraversò tutto il Villaggio
degli Spaventapasseri addormentato nel
buio della notte e si fermò davanti alla
porta della casetta di Empedolcle, lo
spauracchio più anziano di tutti!
– Empedocle è l’unico che può avere una
scopa come quella che vuoi tu! – sussurrò
Gellindo. – Però c’è un problema...
– Quale problema? – chiese la signora
Fabene Befana.
– Empedocle è sordo! È più sordo di una
campana rotta... e chi lo sveglia, a quest’ora della notte?
– Se è solo per questo, lascia fare a me! –
disse la vecchierella, che tirò fuori da
dietro la schiena il manico rotto della sua
vecchia scopa e...
PATAPÌM... PATAPÈM... PATAPÙMMMMM...
– Chi è? – disse ad un certo punto la voce
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Gellindo Ghiandedoro e la scopa
della signora Fabene Befana
addormentata del povero Empedocle da
dietro la porta chiusa. – Chi è che viene a
casa mia così tardi? Non siete capaci di
bussare un po’ più forte, per farvi sentire?
Per fortuna m’ero svegliato a bere un po’
d’acqua e...
– Siamo noi, Empedocle – urlò allora
Gellindo per farsi sentire. – Apri! Apri la
porta...
Ma certo che Empedocle aveva una
scopa!
Ma certo che era una scopa vecchia...
Ma certo che la sua vecchia scopa aveva il
manico di legno e un ciuffo di rametti
legati in cima, però era tutta sporca e
rovinata...
– Fa niente, Empedocle: devi consegnare
subito la tua scopa alla qui presente
signora... – esclamò lo scoiattolo.
– Le serve la mia vecchia scopa, signora?
Non ci sono problemi: la prenda pure e ne
faccia quel che vuole, buona donna, tanto
io ne ho chiesta una nuova in regalo alla
Befana!
Lo scoiattolo guardò negli occhi la signo-
ra Fabene Befana e la signora Fabene
Befana rispose a quell’occhiata con un
sorriso. Poi i due si piegarono sulla
pancia e scoppiarono a ridere a
crepapelle, mentre Empedocle scrollò le
spalle, chiuse la porta di casa e tornò a
dormire.
Insomma, per farla breve: la Befana
salutò Gellindo Ghiandedoro, augurandogli un buon letargo, inforcò la scopa
dell’anziano spaventapasseri e anche
quell’anno poté completare il suo giro
per il mondo.
Tenne per ultima la casupola del vecchio
Empedocle e, quasi all’alba del 6 gennaio, lasciò sulla sua porta una stupenda
scopa di legno verniciato, con un bel
ciuffo di saggina nuova legato in cima e
con un biglietto su cui aveva scritto...
“In ricordo di un dono dato col cuore,
che mi ha permesso di riempire di gioia il
cuore di tutti i bambini del mondo!
Tanti auguri dalla signora
Fabene Befana”.
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della signora Fabene Befana
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