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Comune di Potenza
NINO TRICARICO. LIMEN ET LUMEN
dipinti, staccionate, ceramiche, acquerelli 1970/2013
5 febbraio – 10 marzo 2014
inaugurazione martedì 5 febbraio ore 18,00
Galleria Civica
Di Palazzo Loffredo
Largo Pignatari
Inaugurazione mercoledì 5 gennaio ore 18,00
Comunicato stampa
Mercoledì 5 febbraio 2014 alle ore 18,00 alla Galleria Civica di Palazzo Loffredo –
Largo Pignatari - sarà inaugurata la mostra Limen et Lumen dell’artista Nino
Tricarico. La mostra traccia un percorso artistico di circa cinquant’anni, nelle fasi
salienti della sua ricerca, in cui la luce e lo spazio assumono valore simbolico di
PRESENZA nel mondo. Di ESSERE nell’accezione di proteggere e custodire tutte le
cose che appartengono alla vita: i fili d’erba, il campo di grano, una mano, l’aria
l’acqua, un volto, il sasso, il giglio, la rosa nel giardino.
Le due categorie Luce e Spazio, elementi caratterizzanti della pittura di Tricarico,
alludono, la prima: alla luce che illumina la vita degli uomini; la seconda: allo spazio,
con le Staccionate, i Teatri e opere che simboleggiano separazioni e allo stesso tempo
categoria dell’esperienza, al di qua delle quali ESSERE, che è presenza e
contenimento, e quanto più possibile essere felici.
L’esposizione propone, dunque, una selezionata scelta di opere quasi in forma di
antologica: opere che vanno dalla fine degli anni settanta fino a i nostri giorni. Un arco
di tempo, più che quarantennale, di presenza e di l’esperienza nel panorama dell’arte
italiano ed europeo. Ne è confermata la copiosa letteratura critica di storici dell’arte
italiana quali: F. Menna, E. Crispolti, P.Bonfiglioli, M.
Bignardi, M. De Micheli, A. Cuozzo, A. Trombadori, P. Marino, P. Fiorillo, e tanti
altri. Ultimo in ordine di tempo va ricordato il successo di critica espresso dalla
commissione presieduta da Vittorio Sgarbi, al 40° premio internazionale Sulmona
2013, in cui l’opera di Tricarico è risultata finalista sia per il premio presidente della
Camera che per il premio alla carriera.
La mostra, promossa dal Comune di Potenza, si iscrive nel programma di
iniziative proposto dalla città, nel calendario delle iniziative culturali del 2014..
«È un evento importante – nota il Sindaco Vito Santarsiero – in quanto la pittura di
Tricarico mostra come la fonte d’ispirazione è il territorio di appartenenza, la cultura
sedimentata – il Limen di oraziana memoria e la luce sono testimoni – che non è
adesione alla piccola patria Lucana come fedeltà alle radici, alla terra, al clan
familiare, ma alla patria della poesia che è il mondo.
Se ci affacciamo sul “muraglione di S. Gerardo di Marmo” “sul ponte di Montereale o
dalle scale del popolo”, luoghi cari ai potentini, le loro magiche lontananze che
rapiscono l’osservatore, sono le stesse emozioni espresse nei paesaggi lirici ad
acquarello o ad olio di Nino. Un paesaggio assorbito e rimandato in forma di classicità
che non fosse avvertito e posseduto solo dall’artista e da pochi altri, ma anche da tutti i
miei concittadini. Non è meno importante il secondo motivo per il quale si è voluto
proporre tale evento: la stessa mostra, si trasferirà in altre città e sedi prestigiose sia
per i luoghi nei quali verrà esposta e sia per le città che la ospiteranno, è sembrato
giusto ed opportuno, anche per scelta dell’artista, di far iniziare da Potenza l’evento.”
Scrive Massimo Bignardi: Il rapporto di amicizia e di lavoro con Nino Tricarico prende
avvio a metà degli anni Ottanta, appena dopo la Quadriennale d’Arte di Roma, allestita
all’EUR nell’estate del 1986… A distanza di circa trent’anni eccomi a ripensare ad
esperienze nelle quali si è formata la nostra sodale amicizia, il rapporto stretto di una
militanza all’interno di quanto accade oggi: Nino sul versante della pittura a calibrare il
segno, a pesare il colore a far sì che la soglia – il limen richiamato da Orazio – non sia
traccia del confine bensì del contatto, foriero dell’incontro, del dialogo. Ed io, invece, a
farmi, quanto possibile, compagno di strada di chi osserva la tela, affacciandomi io
stesso oltre il limen, sull’universo che l’arte apre ai nostri occhi.
Oggi, in questo decennio di avvio al nuovo secolo, il XXI, la domanda posta in quel
nostro primo incontro trova ancora una sua attualità: «Perché – torno a chiedergli –
cerchi nel colore l’amalgama della luce e dello spazio?». O, meglio ancora: «Perché
continui ad insistere nel vano tentativo di afferrare, anche solo per un istante, la
vibrante emozione dell’essere?» [….]
[…] l’artista ha percorso a ritroso il sentiero delle staccionate, ha conquistato
l’orizzonte che si apre al di là della transitorietà del presente ed ha lasciato libero il
colore di far esplodere l’infinito spettro della sua luminosità. Dalle sottili linee verticali e
dai punti larghi a mo’ di fiocco di neve, Tricarico fa filtrare una luce perlacea, intensa
ma accecante e capace di guidare la curiosità dell’occhio all’interno di un’architettura i
cui spazi sono costruiti dosando l’andamento di un colore dato a spruzzo, quindi che
trattiene tutte le granulosità di sfumature vaporizzate. In dipinti di poco precedenti,
penso a quelli realizzati tra il 2003 e il 2005, esposti in occasione della personale tenuta
alla galleria Il Vaglio 2 di Bari, l’impianto compositivo era attento ad equilibrare
l’andamento dei piani, senza aprire varchi prospettici, anzi sottolineando, con la
marcata riquadratura del rettangolo pittorico (nei giardini di Amsterdam era già
presente come fascia bianca) una maggiore attenzione alla superficie, al suo valore di
trasparente sipario. Tra questi figuravano alcune tele di eccezionale bellezza quali
Rossori n. 1, oggi nella collezione dell’Università di Siena, Aspettando la luce n. 1, nella
quale l’uso dell’impronta indiretta si manifesta in piena libertà di movimento in uno
spazio conquistato ma anche Limiti, La scala spezzata ove scompare sia la citata
riquadratura (evidente in La solitudine del monarca) sia una certa (impropria?)
geometria che, forse, raffreddava l’immagine. «Il dipingere è libera espressione –
dichiarava Karel Appel nel lontano 1958 –. Il dipingere è distruggere ciò che è stato».
Di questo Nino è pienamente consapevole, perciò tenta ulteriori strade alla sua
necessità di entrare in quello spazio di cui, poco prima, aveva indicato l’architettura:
distrugge tutto, non è un paradosso, se si pensa al lavoro di totale inversione che ha
fatto confondendo il valore che la qualità di impronta ha in queste nuovissime opere.
Passa dalla presenza incorporea che l’impronta diretta afferma con il suo valore di
gestualità segnica immediata alla forma-impronta – guardando alle sperimentazioni di
Cagli dei primissimi anni Cinquanta – costruttiva di una futura immagine, anche se,
decisamente, astratta, di uno spazio ordito da un inesauribile gioco di trasparenze, di
livelli e di schermi.
Scrive Giorgio Patrizi: Esiste una tradizione antichissima di artisti scriventi. Tradizione
prestigiosa, a cui appartengono i più consapevoli interpreti della ricerca artistica. Ma si
può dire che questa tradizione quasi si arresta ai nostri giorni. Oggi artisti che scrivono,
riflettono, espongono le loro riflessioni, o anche le intrecciano, come in questo caso, a
momenti puramente narrativi e lirici, come accade appunto con Nino Tricarico. Ma di
artisti capaci di scommettere su questo intreccio di scritture non se ne incontrano molti
e questo è un segno di tempi in cui il fare finisce per essere assolutamente
predominante sulla riflessione, sull’analisi, sull’auto analisi: quindi, in qualche modo,
occorre salutare questo libro come un segno contro corrente.
Occorre, per prima cosa, mettere a fuoco il rapporto tra le varie forme di scrittura che
qui incontriamo, appunto tra riflessione, narrazione e poesia. Sono tre modi di usare la
parola, attraverso cui è possibile ricostruire il meccanismo dei procedimenti del lavoro
di Tricarico sul materiale pittorico e sui suoi temi, sulle fonti d’ispirazione. Il lavoro su
materiali per realizzare quelle installazioni che tanto caratterizzano l’opera dell’artista
è evidente come nascano dal queste pagine, dai racconti che hanno la vivacità e il
colore del lirismo dei bozzetti di vita quotidiana: come nei personaggi incontrati in altri
libri di Tricarico, da L’angelo zoppo a Perdifumo, da Icaro di Castelmezzano. Tutti i suoi
personaggi derivano da una quotidianità vissuta e presente: sono quelli che
incontriamo giorno per giorno e di cui non sempre siamo pronti a cogliere il profondo
significato simbolico.
NINO TRICARICO è nato a Potenza, dove vive e lavora.
Le sue esperienze formative nascono nell'ambiente dell’avanguardia napoletana
intorno agli anni Sessanta. Studia chimica e frequenta l’ambiente dell’Accademia di
Belle Arti di quella città animata, in quel periodo, dal fervore creativo di personalità
quali Barisani, De Stefano, Persico, Spinosa e dei più giovani Di Fiore e Ruotolo, fautori
di un linguaggio che rompe la tradizione della scuola napoletana da una parte e con il
levismo che impera nella Basilicata di quegli anni dall’altra. In un certo senso impara a
Napoli la leggerezza e la drammaticità che trovano concretezza nella sua pittura della
maturità.
L’esperienza napoletana, dall’astrattismo geometrico a quello informale, dalle ricerche
oggettuali ai primi esperimenti di arte nel sociale, si ripropone al rientro in Basilicata,
quando sceglie, di diventare artista tout court. Abbandona il lavoro di chimico sentito
come limitante. Oltrepassa coraggiosamente questo “limite” - concetto sul quale si
colloca la sua poetica - e sceglie altrettanto coraggiosamente di accettarne un altro:
decide di rimanere nella sua terra e collocarsi così fra i primi artisti della sua
generazione, che spezzano la tradizione dell’emigrazione intellettuale lucana (Cuozzo).
L’accettazione del limite geografico, che nel pittore fa tutt’uno con un profondo senso
di appartenenza al proprio luogo, non coincide con l’assunzione interiore di quel limite
com’era invece accaduto ad alcuni artisti della generazione precedente. La scelta di
restare in Basilicata non si è mai tradotta in forma di preclusione, né gli impedisce di
viaggiare valicando continuamente le frontiere geografiche, a partire dalla sua prima
mostra personale ospitata nel 1970 nella Galleria Palms Shore di New York.
Nonostante vive fuori dai grandi circuiti, ha la capacità e la volontà di uscire dal
recinto, di varcare il limite. Stabilisce rapporti interessanti e qualificanti con critici,
scrittori, intellettuali specie dell’area napoletana/romana (Calabria, Gianquinto, Greco,
Guerricchio, Guidi, Puccini, Prisco, Bignardi, Bonfiglioli, Treccani,ecc…). Tenta anche
con successo le vie dell’Europa con mostre e interventi in Germania, Olanda, Francia,
Svizzera, Svezia e Finlandia.
È con alcuni artisti, tra questi Gerardo Di Fiore, Errico Ruotolo, Gianni Sani, Franco
Marrocco, Teo De Palma, Carlo Catuogno e con il critico Massimo Bignardi che, a
partire dagli anni Ottanta, forma il gruppo del “Nuovo lirismo” che nel 1991 trova il suo
primo riscontro con la mostra “The modernity of Lyrism”, tenuta dapprima alla
Gummeson’s Gallery, e all’Istituto Italiano di Cultura di Stoccolma e poi al Joensuun
Taidemuseo di Joensuu in Finlandia (1992).
L’esperienza dell’avanguardia napoletana e l’amicizia con diversi protagonisti del
panorama artistico italiano del Novecento: Calabria, Gianquinto e soprattutto Ernesto
Treccani, con il quale ha un legame privilegiato (1970/2008) e dal quale apprende la
rapidità del segno e quella verve lirica che diventa sempre più astratta. «La Basilicata di
Levi e del levismo, antico e di ritorno, non mi rappresenta; le sue immagini sono vizze e
logore», scrive l’artista molto tempo dopo, stigmatizzando la persistenza ostinata di
uno stereotipo culturale ormai lontano dalla realtà effettiva della regione.
A partire dagli anni Novanta la ricerca di Tricarico continua a svolgersi
contemporaneamente in più direzioni: installazioni costituite da dipinti, oggetti
scultorei, e assemblaggi oggettuali. La prima, dedicata alla memoria del pittore lucano
Luigi Guerricchio (1996); la seconda, di due anni successivi, realizzata in ricordo dello
studioso di letteratura spagnola Dario Puccini (1998). Una commistione tutta personale
fra «intuizioni di gusto avanguardistico e licenze tradizionali, fra ironia neo dadaista
una forma di concettualismo simbolico, Tricarico riflette sul senso della vita come
impresa contro la morte e della morte come filtro e limite di ogni ideale ed impresa»
(Venturoli).
Ogni pratica creativa e linguaggio utilizzati dopo il Duemila, sono fonti di ispirazione
per rivitalizzare tutti gli altri, senza indicare alcuna priorità tra le varie forme d’arte.
L’happening Agorà 2000. Infinite soluzioni del futuro, organizzato e svoltosi nella piazza
Kléber di Strasburgo nel 1999; l’installazione architettonica, La Porta del Silenzio
sculture e dipinti a sfondo religioso, ospitata in basiliche e cattedrali lucane in
occasione del Giubileo del 2000, e la performance pittorico - musicale eseguita nel
2003 presso la Terza Università di Roma, sono concepite tutte come operazioni
artistiche.
La prima: l’happening strasburghese, un gioioso «grande gioco collettivo di piazza».
La seconda spazio di meditazione: una sorta di “recinto sacro” aperto a chiunque
desiderasse entrarvi. La terza, in considerazione del luogo del suo svolgimento, più
marcatamente didattica.
Infine il ciclo dei dipinti: Solitudine (2005) e Infinito Bianco (2009). Una riflessione sul
nostro tempo in cui si ipotizza il passaggio dall’uomo del potere all’uomo dell’etica, e
una riduzione all’essenza della scrittura segnica e pittorica, che tende a perdere la sua
connotazione nervosa e sensibile per darsi maggiormente come struttura spaziale.
Mostre significative: Palms Shore Gallery, New York; Istituto Italiano di Cultura
Amterdam, con testo di Filiberto Menna; K 18 Università di Kassel; Gummeson's Kunst
Gallery Stoccolma; Joensuun Taide Museum, Finlandia; Stern Gallery, Luzern;
Bundeshandel Accademie Kiztbuhel; Palazzo delle esposizioni Remar Bersj Parigi;
happening d'arte: Agorà del terzo millennio Place Kleber e personale al Palace de la
Musique Strasburgo. Tra le personali in Italia si ricordano quelle di: Roma, Firenze,
Milano, Bologna, Salerno, Padova, Bari, Pescara, Pisa, Matera, Verona, Piacenza,
Potenza, Catanzaro.