24 Cronaca
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L'ARENA Domenica 29 Marzo 2015 ç 24 Cronaca Cronaca 25 L'ARENA Domenica 29 Marzo 2015 Verona,ilconflitto,lestorie Lacittà eil Centenario/39 1914 1918 LA GRANDE GUERRA Un’epopea diardimentosi Lastoria dell’aviazione sisviluppa inconcomitanza della Grande Guerraquandos’inizia ad utilizzareregolarmentei velivoli peroperazioni diricognizionee poianche per bombardarele zone nemiche.Ed è unastoria di ardimentosiche sfidanoi limiti degliaeroplanidell’epoca per compiereimpreseincredibili. STORIEDEL CIELO. Cisono diversi veronesi tra i protagonisti delleprodezze aereesopra i cieli delleDolomitie ancheoltre confineasfidare lesquadriglieaustriache Impresefolli diricognitorie bombardieri Gelmettifuilprimo pilotadella GiovineItalia eCasellatovolòdi nottesu Pola. SfortunatoFerrari cheprecipitòper un’avaria Elena Cardinali Degli undici piloti decollati la mattina del 9 agosto 1918 alla volta di Vienna nella famosa impresa dannunziana, tre erano veronesi. A ripercorrere la storia degli aviatori veronesi è il colonnello Alessio Meuti, storico e ricercatore, tra i i componenti del Circolo del 72 che, per il Centenario della Grande Guerra, ha realizzato un progetto multimediale denominato «Il fronte del cielo», con numerose iniziative di divulgazione. «Si parla del comandante della squadriglia Alberto Masprone di Poiano, Aldo Finzi di Legnago e Giordano Bruno Granzarolo di Villabartolomea», spiega Meuti. «Riuscirono ad arrivare sulla capitale del duplice impero solo in sette e tra questi non vi era Alberto Masprone, costretto ad un fortunoso atterraggio per problemi al motore poco dopo il decollo dal campo di aviazione di San Pelagio, nei pressi di Monselice. Il volo di Vienna è entrato di diritto tra le imprese aeronautiche e, tra quelle belliche, è ricordato, come il primo esempio concreto di guerra psicologica portata dall'aviazione, che su Vienna invece di ordigni fece piovere sugli attoniti viennesi migliaia di volantini». VERONA, tuttavia, e il Veronese, aggiunge Meuti, «sono luoghi di origini di un numero considerevole di aviatori, dirigibilisti ed aerostieri che prestarono servizio con il Regio Esercito nei dolorosi anni della Grande Guerra. Tra questi moltissimi ricognitori, bombardieri e cacciatori, non mancano di certo figure avventurose. Potremmo cominciare con Umberto Gelmetti, tenente pilota di Bardolino, decorato con tre medaglie d'argento al valor militare. La sua guerra iniziò nelle trincee delle Giudicarie con il Settimo reggimento Bersaglieri. Dopo nove mesi di fronte diventò pilota e nell' autunno del 1916 lo troviamo con la 103a squadriglia dotata di velivoli Voisin. Poco dopo lo ritroviamo nella famosissima 25a squadriglia ricognizione, uno dei reparti più gloriosi dell'Aeronautica italiana, nella quale combatterono i più bei nomi della nostra aviazione da ricognizione. Lo storico Paolo Varriale la definisce "un vero florilegio di eroi"». Il nome di Gelmetti, continua il colonnello Meuti, «è legato alla "Giovine Italia" di cui fu il primo pilota. Era un repar- PietroGiberti, protagonista diunoscontro congliaustriaci, rischiòdiessere abbattuto to speciale destinato a condurre operazioni coperte, a trasportare cioè e a "ripescare" oltre le linee agenti in borghese destinati a condurre delicate e rischiose missioni di spionaggio. Gelmetti fu uno dei piloti scelti da Masprone per formare la 87a Squadriglia SVA, "La Serenissima", una proposta che non ebbe esito e Gelmetti continuò a volare con la 80a e la 77a Squadriglia Caccia e terminò il conflitto nei ranghi della 5a Sezione SVA». LUTALTO GALETTO di Sanguinetto fu un altro grande pilota della ricognizione. «Pilota della prima ora entrò in azione nei cieli friulani nella primavera del 1916 e fu poi protagonista di spericolati voli in estenuanti e quotidiane missioni sopra le Dolomiti per raccogliere informazioni sugli assetti del nemico», continua Meuti. «Fu compagno di grandi piloti come Finzi, Massoni, Palli, Dell'Oro Scaroni che per la prima volta dovettero affrontare le durissime difficoltà del volo sopra le crode, tragico teatro di tante battaglie della Quarta armata, con aeroplani rudimentali, costruiti di legno e tela, dotati di motori spesso inaffidabili, con voli anche invernali a quote superiori ai quattromila metri. Galetto fu un protagonista per effettuare la missione al tempo più importante: la ricognizione». TRAIBOMBARDIERIsi può menzionare il soldato pilota Riccardo Casellato, della Terza Squadriglia Caproni, nativo di Caldiero. «Da Aviano partecipa, nell'agosto del 1917 al bombardamento notturno della piazzaforte di Pola, anche se il suo velivolo è costretto a tornare indietro per noie ai motori», precisa Meuti. «Dopo Caporetto passa a Padova, ad Arcade e infine a Ghedi, per prepararsi a quello che si può definire come il primo rischieramento "fuori area" dell'aviazione italiana. Dal 9 gennaio 1918 alla fine del conflitto, il giovane veronese con la squadriglia al completa è sul fronte occidentale, operante dai campo francesi di Longvic, Ocheley e Chernizey». PIETROGIBERTIdi Verona è protagonista di ardui voli, prosegue il colonnello Meuti. «Nel settembre del 1917 è con la 21a squadriglia equipaggiata su velivoli Saml sul campo di Tombetta. Durante le operazioni di Caporetto compie crociere e ricognizioni sul fronte trentino. Il 7 dicembre con altri quattro equipaggi viene inviato contro le truppe nemiche a Gallio, ma la missione riesce male. Quando si abbassano a mitragliare il nemico la caccia di scorta si tiene troppo alta e non vede l'attacco portato dagli Albatross della Flik 55 (Squadriglia austriaca). Oltre a due velivoli abbattuti, anche quello di Giberti (Sml 3030) viene attaccato e il suo osserva- tore, il tenente Velo, rimane ucciso. Giberti compie un atterraggio di fortuna a San Pietro in Gù». Nel gennaio del 1918 Giberti, precisa Meuti, «con l'osservatore Nicolai sostiene un combattimento con caccia nemici a Val Campomulo, nell' altopiano di Asiago e viene abbattuto. Si sparge la notizia, rivelatasi poi infondata, che Giberti fosse rimasto ucciso nell' azione. Il 16 aprile si trasferisce a Sovizzo e alla fine del conflitto è a Castelgomberto. Fu decorato con due medaglie di bronzo al valor militare. LUIGI FERRARI di Verona non godette della stessa fortuna di Giberti. «Giovane meccanico era arrivato, prima di diventare pilota di aeroplano, in zona di guerra il primo luglio 1915», racconta il colonnello, «e vi restò fino al maggio dell'anno successivo, quando partì per la scuola di volo. Pilota osservatore d'artiglieria è spesso attaccato dagli austriaci e diverse volte ha il velivolo danneggiato anche dai colpi della contraerea. Il 29 settembre 1918 Ferrari, in coppia con un altro velivolo, viene attaccato da tre caccia avversari: i due Sva reagiscono e dopo un lungo duello Ferrari, con l'aiuto compagno ne abbatte uno a Pianzano, mentre gli altri si danno alla fuga. Il destino avverso è in agguato e il il 23 ottobre, durante un volo di ricognizione a vista nella zona di Conegliano, il suo apparecchio, per un cedimento strutturale, perde un ala e si abbattè nelle campagne circostanti. Mancavano solo dieci giorni alla fine delle ostilità». NELLA GALLERIA di aviatori realizzata dal colonnello Meuti ci sono altri racconti. Il ceretano Camillo Sommariva, della 72a Squadriglia Caccia, perde la vita alla metà di giugno del 1918, nel corso della battaglia del Solstizio, abbattuto dal tiro di fucileria mentre volava a bassa quota per contrastare le truppe nemiche in azione sul Piave. Camillo segue le sorti del più celebrato Francesco Baracca, immolatosi, tre giorni dopo, in una missione analoga. Una vita spericolata, si potrebbe definire quella di Cosma Damiano (Cosimo) Rizzotto di Cologna Veneta, soprannominato il Barone Rosso della Bassa, certamente uno degli assi italiani meno conosciuti. Era un robusto ragazzo, gran lavoratore e di indole timida. Ebbe invece una vita avventurosa che iniziò il 24 maggio 1915, il giorno dell'entrata in guerra dell'Italia, quando Cosimo venne inviato al corso di pilotaggio alla scuola di Pisa. Entrato a far parte della nuova 77a Squadriglia Caccia, iniziò i voli di guerra nell'estate del 1916. Colse la sua prima vittoria nel febbraio del 1917, nei pressi di Redipuglia, ne avrebbe totalizzate cinque fino alla fine del conflitto, guadagnandosi due medaglie d'argento al valor militare. Al termine della guerra Rizzotto ricevette una seconda medaglia d'argento al valor militare e totalizzando oltre 500 ore di volo in 350 missioni di guerra. • Paginaa cura diMaurizioBattista Cacciadella72a squadriglia durantela primaguerra mondiale L’impresa conD’Annunzio L’indomitoMasprone costrettoaterraprima delvolosuVienna EmanueleLuciani Ipiloti veronesi EugenioCasagrandee UmbertoGelmetti Iltenente pilota Camillo Sommariva(archivio di GianfrancoZiviani) Gruppodi aviatori,a destra LutaltoGalettoin unafoto dellafamiglia Primatistaitaliano nellancio deldiscoe primo veronese, insiemecon Erminio Lucchi,a parteciparealle olimpiadi, AlbertoMasproneè anche calciatoreedinseguito presidentedell’Hellas.Questa versatilità nondeve stupire: fa parte,comesi direbbeoggi, del dnadelpersonaggio,che, oltre alcalcioed all’atletica,pratica lalotta e la ginnasticaed è ancheproprietariodell’albergo Accademia.Siconciliabene conquestitrascorsi la sua decisionedipartecipare alla guerrainaviazioneedil suo impegnonella preparazionedi un’impresa,il volosu Vienna,a cui,come racconterà, aveva pensatofin dai suoi primivoli. Un’impresa,dotataanchedi un aspettoinsenso lato «sportivo» (nonsi trattadi gettaresullacapitale austriaca dellebombe, madei manifestini)chegli apparirà realizzabilesoloquando comincerà apilotare unvelivolo (ilveloce biplano Sva)giudicato adattoalloscopo.Il capitano Masprone,a quell’impresa tienemolto,anche perchévi rivesteun ruoloimportante, collaborandocon Gabriele D’Annunzionella fase organizzativa. Ecosì,la mattina del9agosto1918, è su unodei velivoli della sua squadriglia,la Serenissima,chedecollano da SanPelagio.Sono tuttiSva monoposto,salvo quello, adattatoa biposto,su cui salgonoD’Annunzioed ilpilota NatalePalli.Maspronenonè il soloveronese,perchésono della partitaanche il legnagheseAldo Finzie GiordanoGranzarolo,cheè originariodiVilla Bartolomea. MaMasproneè unodei tre sfortunaticostrettia scendere aterra poco dopolapartenza. Leavarie, con queivelivoli rudimentali,sonoall’ordine del giorno.Ècostrettoperciòadun rischiosoatterraggiodi AlbertoMasprone, aviatore epoi presidentedell’Hellas fortuna:ne escevivoma con una mascellafratturatae con molta amarezza.Uno deisuoi commilitoni,Giuseppe Sarti, è più sfortunato:l’atterraggiodifortuna dovrà farloproprioa Vienna dove dovrà soggiornare come prigionierodiguerrafino allafine delconflitto.«L’Arena» segue tuttalavicenda con particolare attenzione.Il 10agosto, dandone notizia,esaltale «nobiliglorie della nostraaviazione» e neigiorni successivisottolinea l’apporto veronese all’impresa,pubblicando unafotografia diGranzaroloed un’intervistaa Masprone.Ha la boccaancorasegnata dall’incidentee parla con difficoltà,mal’intervista la concedelostesso, perchéa fargliela è unamico, Paride Nicolato,e perchéha bisognodi sfogarela delusione.Ad uncerto punto,toccandosi labocca, afferma:«Avrei preferito assai peggiodiquesto, peròa volo compiuto».