Marcello Salerno, Controllo di costituzionalità e rinvio
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Marcello Salerno, Controllo di costituzionalità e rinvio
ISSN 2037-6677 DPCE online 2015-3 Controllo di costituzionalità e rinvio pregiudiziale: la Corte torna sul tema, più decisa che mai – Corte di Giustizia dell’Unione europea (Terza sezione). Sentenza 4 giugno 2015, causa C-5/14, Kernkraftwerke Lippe Ems GmbH c. Hauptzollamt Osnabrück. di Marcello Salerno 1. – Non è la prima volta che la Corte di giustizia si esprime sulla facoltà del giudice nazionale di procedere ad un rinvio pregiudiziale, quando la norma nazionale di cui si intende valutare la compatibilità rispetto al diritto europeo è contemporaneamente oggetto di un giudizio interno di costituzionalità. La sentenza in commento, infatti, si colloca nel solco di un percorso giurisprudenziale piuttosto consolidato che ad ogni occasione, tuttavia, si arricchisce di qualche elemento di interesse. La questione pregiudiziale ha origine nel 2011, quando la Kernkraftwerke Lippe Ems GmbH (in breve: KLE), società che gestisce la centrale nucleare Emsland in Germania, ricorre all’utilizzo di elementi di combustibile nucleare per provocare una reazione a catena autosostenuta. Secondo quanto stabilisce la legge tedesca dell’8 dicembre 2010 (Kernbrennstoffsteuergesetz, in breve KernbrStG), l’utilizzo di combustibili nucleari comporta il pagamento di una imposta che è alla base della controversia del procedimento principale. La KLE, infatti, ritiene che tale imposta presenti non solo profili di incostituzionalità ma anche elementi di incompatibilità www.dpce.it 1 DPCE online 2015-3 con alcune direttive europee: la direttiva 2003/96 che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità e la direttiva 2008/118 relativa al regime generale delle accise. Inoltre, vengono sollevati ulteriori profili di incompatibilità con i Trattati nella misura in cui l’imposta potrebbe costituire un aiuto di stato e pregiudicare la concorrenza tra i vari produttori di elettricità o compromettere la realizzazione dell’obiettivo perseguito dalla CEEA. Prima di affrontare il tema che appare maggiormente rilevante, ossia il rapporto tra rinvio pregiudiziale e controllo interno di costituzionalità, è opportuno anticipare sin d’ora che su nessuno dei profili sollevati nel rinvio pregiudiziale la Corte ha ritenuto vi fossero elementi di incompatibilità tra il diritto europeo e la disciplina tedesca relativa all’imposta sull’utilizzo di combustibile nucleare. In particolare, per quel che concerne la compatibilità con le direttive, la Corte ha evidenziato che l’articolo 14 della direttiva 2003/96 enuncia in maniera tassativa le esenzioni obbligatorie che gli Stati membri sono tenuti a riconoscere nell’ambito delle imposte sui prodotti energetici e dell’elettricità (cfr. Corte giust., sent. 5.7.2007, Fendt Italiana, C-145/06 e C-146/06, in Racc., 2007, 411, p.to 36) e pertanto il combustibile oggetto della causa principale non può rientrare, neppure in via analogica, nell’esenzione prevista dalla direttiva. L’imposta tedesca sui combustibili nucleari, secondo i giudici di Lussemburgo, non è neppure riconducibile all’art. 1 della direttiva 2008/118, in quanto non grava né direttamente né indirettamente sul consumo dell’elettricità, né sul consumo di un altro prodotto assoggettato ad accisa, ma sul combustibile nucleare utilizzato. La quantità di elettricità prodotta da un reattore di centrale nucleare, ha evidenziato la Corte, non dipende dalla quantità di combustibile utilizzato, ma può variare a seconda della natura e delle proprietà del combustibile utilizzato, nonché in base al livello di rendimento del reattore in questione. D’altronde, l’imposta istituita dal KernbrStG potrebbe essere riscossa in ragione dell’innesco di una reazione a catena autosostenuta addirittura senza che un quantitativo di elettricità venga necessariamente prodotto e, di conseguenza, consumato. Per ragioni analoghe, la Corte ha affermato che l’imposta tedesca non presenta le caratteristiche di una misura selettiva, ai sensi dell’articolo 107, par. 1, TFUE, e, dunque, non costituisce un aiuto di Stato. Inoltre, l’imposta non possiede neppure le www.dpce.it 2 DPCE online 2015-3 caratteristiche di una tassa di effetto equivalente ad un dazio doganale e, pertanto, non pregiudica la concorrenza tra i vari produttori di elettricità, in quanto essa si applica non in ragione del fatto che il combustibile nucleare attraversi una frontiera, bensì a motivo del suo utilizzo per la produzione commerciale di elettricità, senza distinzione riguardo all’origine del combustibile. Nessun rischio, infine, per gli obiettivi fissati nella CEEA: l’imposta istituita dal KernbrStG, sebbene abbia l’effetto di rendere più costosa l’uso di combustibile nucleare per la produzione commerciale di elettricità, non costituisce alcuna violazione degli obblighi degli Stati membri e non pregiudica l’approvvigionamento di combustibile dei gestori di centrali nucleari. 2. – Dal punto di vista della compatibilità con il diritto europeo, dunque, l’imposta tedesca sui combustibili nucleari non presenta alcun profilo problematico. Tuttavia, come si anticipava in premessa, la questione più rilevante su cui si sviluppa la sentenza, nasce dalla circostanza che, oltre al ricorso in via pregiudiziale alla Corte di giustizia, il giudice del rinvio aveva sollevato parallela questione di legittimità costituzionale dinanzi al giudice costituzionale tedesco. Per tale ragione, la prima domanda oggetto di rinvio pregiudiziale aveva lo scopo di chiarire se l’art. 267 TFUE autorizzasse il giudice a proporre questioni vertenti l’interpretazione del diritto dell’Unione in relazione alla legittimità di una legge nazionale nei confronti della quale lo stesso giudice ha già adito la Corte costituzionale per profili di illegittimità costituzionale interna. La Corte di giustizia aveva già affrontato un problema analogo nella nota sentenza Mecanarte (Corte giust., sent. 27.06.1991, causa C-348/89, Mecanarte, in Racc., 1991, I-3277). In tale occasione i giudici comunitari avevano spiegato che «l'efficacia del diritto comunitario rischierebbe di essere compromessa se l'esistenza di un ricorso obbligatorio dinanzi alla Corte costituzionale potesse impedire al giudice nazionale, al quale è stata sottoposta una controversia regolata dal diritto comunitario, di esercitare la facoltà, attribuitagli dall'art. 177 del Trattato, di sottoporre alla Corte di giustizia le questioni vertenti sull'interpretazione o sulla validità del diritto comunitario, al fine di consentirgli di giudicare se una norma nazionale sia o no compatibile con quest’ultimo». Da tale argomentazione la Corte www.dpce.it 3 DPCE online 2015-3 deduceva che, anche in tale situazione, il giudice nazionale non è privato della facoltà né dispensato dall'obbligo, di cui all'art. 177 del Trattato CEE. Il principio, peraltro, ben si inseriva all’interno di un più generale orientamento giurisprudenziale che da sempre aveva riconosciuto ai giudici nazionali «la più ampia facoltà» di adire alla Corte per questioni che implicano un’interpretazione o un apprezzamento sulla validità delle disposizioni del diritto comunitario (v. ad esempio: Corte giust., sent. 16.1.1974, causa C-166/73, Rheinmühlen-Düsseldorf, in Racc., 1974, 33 ss.). Le argomentazioni contenute nella sentenza Mecanarte furono successivamente riprese nella sentenza Melki (Corte giust., sent. 22.06.2010, cause riunite C-188/10 E C-189/10, Melki e Abdeli, sulla quale v. i commenti di C. Drigo, La Corte di giustizia riafferma il proprio primato: la questione prioritaria di costituzionalità al vaglio dei giudici di Lussemburgo, in questa Rivista, 2010, 1484 ss.; A. Pliakos, Le contrôl di constitutionnalité et droit de l’Union européenne: la réaffirmation du principe de primauté in Cahier de dr. eur., 2011, 489 ss.; V. Sciarabba, La manutenzione della giustizia costituzionale in Italia e in Europa: spunti dalla Francia e dal Lussemburgo (caso Melki), in C. De Caro, N. Lupo, G. Rivosecchi (cur.), La “manutenzione” della giustizia costituzionale. Il giudizio sulle leggi in Italia, Spagna e Francia, Giappichelli, Torino, 2012, 117 ss.). La sentenza aveva ad oggetto la loi organique francese che introduceva la questione prioritaria di costituzionalità (v. in dottrina P. Costanzo, Decolla in Francia la questione prioritaria di costituzionalità: la cassazione tenta di sparigliare le carte, ma il consiglio costituzionale tiene la partita in mano, in www.giurcost.org). In tale occasione, la Corte aveva precisato che «nei limiti in cui il diritto nazionale preveda l’obbligo di avviare un procedimento incidentale di legittimità costituzionale, che impedirebbe al giudice nazionale di disapplicare immediatamente una disposizione legislativa nazionale che ritenga contraria al diritto dell’Unione, il funzionamento del sistema instaurato dall’art. 267 TFUE esige nondimeno che siffatto giudice sia libero, da un lato, di adottare qualsiasi misura necessaria per garantire la tutela giurisdizionale provvisoria dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione e, dall’altro, di disapplicare, al termine di siffatto procedimento incidentale, la disposizione legislativa nazionale contraria al diritto dell’Unione» (v. il commento di F. R. Trabucco, Controllo di costituzionalità vs. controllo di compatibilità comunitaria, dopo la riforma francese del 2009, in www.forumcostituzionale.it; per una analisi di contesto: A. Rovagnati, Quale ruolo per www.dpce.it 4 DPCE online 2015-3 le Corti costituzionali negli Stati membri dell’Unione europea? Brevi considerazioni a margine di una recente, complessa vicenda giudiziaria francese, in Rivista AIC, 2010). Sebbene gli effetti della sentenza Melki appaiano in larga parte sovrapponibili a quelli prodotti dalla sentenza Mecanarte, è possibile individuare, tra le argomentazioni della Corte, qualche elemento distintivo. Nella sentenza Mecanarte in giudici europei non escludono categoricamente che la legge nazionale possa condizionare il rinvio pregiudiziale al precedente esperimento della questione di costituzionalità, ma rinviano alle autorità nazionali il compito di praticare un’interpretazione adeguatrice della propria legge ai principi comunitari indicando, in particolare, le condizioni specifiche rispettando le quali può essere ammessa una procedura incidentale di controllo di costituzionalità con carattere di priorità. A dire il vero, la Corte di giustizia ha semplicemente giocato “di sponda” con la decisione del Conseil constitutionnel di poche settimane prima, con la quale era stata già servita l’interpretazione adeguatrice richiesta dal giudice europeo (lo rileva efficacemente R. Bin, Gli effetti del diritto dell'Unione nell'ordinamento italiano e il principio di entropia, in Scritti in onore di Franco Modugno, I, Napoli 2011, 363 ss., secondo il quale si tratta di «un bell’esempio di saggezza giurisprudenziale, anche se forse non di ortogonalità argomentativa»). Sta di fatto che la loi organique francese consentiva agevolmente una interpretazione conforme alle prescrizioni del diritto europeo che non impedisse né un rinvio pregiudiziale da parte del giudice comune né una eventuale decisione di inapplicabilità della legge nazionale (D. Simon, A. Rigaux, Le feuilleton de la question prioritarie de constitutionalité: Drôle de drame, Quai de brumes, Le jour se léve?, in Europe, 2010, Répere n. 6, in www.lexisnexis.com). Nel 2013 la Corte di giustizia torna ancora una volta sul tema, sempre con riferimento agli ordinamenti nazionali che prevedono l’obbligo di avviare un procedimento incidentale di controllo costituzionale generalizzato delle leggi (Corte giust., sent. 11.09.2014, A. c. B., causa C-112/13). Anche in questo i giudici affermano che «il funzionamento del sistema instaurato dall’articolo 267 TFUE esige che il giudice nazionale sia libero, da un lato, di adottare qualsiasi misura necessaria per garantire la tutela giurisdizionale provvisoria dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione e, dall’altro, di disapplicare, al termine di siffatto procedimento incidentale, una disposizione legislativa nazionale che esso www.dpce.it 5 DPCE online 2015-3 ritenga contraria al diritto dell’Unione». La giurisprudenza europea, quindi, torna con decisione sul solco già tracciato nelle prime pronunce, ritenendo incompatibile con il diritto dell’Unione qualsiasi normativa nazionale che “congeli” temporaneamente la possibilità per i giudici nazionali di adire la Corte di giustizia con il rinvio pregiudiziale e di disapplicare una norma potenzialmente in contrasto con l’ordinamento europeo (cfr. P. Faraguna, Rinvio pregiudiziale e questione di legittimità costituzionale (nota a Corte di giustizia UE, c-112/13), in www.formucostituzionale.it, 2014.). 3. – In tutta evidenza, l’argomento cardine attorno al quale ruota l’intera giurisprudenza sinora sinteticamente ricordata, è senz’altro l’istituto della disapplicazione. Non è un caso se nei precedenti che la Corte richiama, non manca mai l’ormai storica sentenza Simmenthal (Corte giust., sent. 9.3.1978, causa 106/77, in Racc., 629 ss.). In effetti, sul delicato rapporto tra rinvio pregiudiziale e ricorso alla corte costituzionale si gioca il principio stesso del primato del diritto dell’Unione, «il quale esige che il giudice nazionale sia libero di sottoporre alla Corte, in qualsiasi fase del procedimento che reputi appropriata qualsiasi questione pregiudiziale che esso consideri necessaria» (p.to 35 sent. in commento). La primazia del diritto europeo, come più volte ribadito dai giudici europei, risulta incompatibile con qualsiasi norma di un ordinamento giuridico nazionale o qualsiasi prassi legislativa, amministrativa o giudiziaria, che neghi al giudice interno il potere di fare tutto quanto è necessario per disattendere le disposizioni legislative nazionali eventualmente in conflitto con il diritto dell’Unione. Resta sullo sfondo l’obiezione che la questione pregiudiziale avrebbe natura soltanto “ipotetica” fintanto che è in corso un procedimento parallelo di controllo di legittimità costituzionale. Tuttavia, come opportunamente annota l’Avvocato generale Szpunar nelle Conclusioni alla sentenza in epigrafe, sono tanti e vari gli eventi che possono comportare l’estinzione del procedimento principale prima che la Corte statuisca sul rinvio pregiudiziale. E fra tali eventi figura anche l’invalidazione, da parte del giudice costituzionale, delle disposizioni nazionali su cui si fonda l’oggetto della controversia. In un caso del genere, incombe al giudice del rinvio trarre le conseguenze da un siffatto evento e, in particolare, concludere per la necessità di ritirare la domanda di pronuncia pregiudiziale, di modificarla, o anche di www.dpce.it 6 DPCE online 2015-3 mantenerla ferma. Infatti, la dichiarazione di incostituzionalità potrebbe anche non risultare dirimente. L’eliminazione della norma interna dichiarata incostituzionale può avvenire con effetti ex nunc o a partire da un momento specificato dal giudice costituzionale stesso. In altre parole, la disposizione potrebbe ugualmente produrre effetti in un determinato periodo temporale e, se risultasse in conflitto con il diritto europeo, dovrebbe essere comunque disapplicata. Ciò dimostra che lo strumento del rinvio pregiudiziale, proprio in quanto funzionale alla disapplicazione di una norma nazionale in contrasto con l’ordinamento europeo, resta uno strumento essenziale in ogni momento per il giudice nazionale, il quale non può mai restarne privo, neppure temporaneamente. www.dpce.it 7