MOONLIGHT SHADOW Partiamo con delle premesse che reputo

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MOONLIGHT SHADOW Partiamo con delle premesse che reputo
MOONLIGHT SHADOW
Partiamo con delle premesse che reputo imprescindibili da questa mia fan
fiction, che servono per capire il punto di vista da cui sono partita.
E se… Bella si rendesse conto che l’amore di Jake era proprio quello di cui aveva
bisogno?
E se… Edward come promesso si facesse da parte?
E se… tutto avesse un finale diverso?
Inserisco dunque qui di seguito l’ultima parte del dialogo tra Bella e Jake, dopo
che lui è stato ferito nello scontro e lei lo va a trovare per dirgli addio
(praticamente la fine di Eclipse) e si stanno salutando… Lei gli raccomanda di
seguire i consigli di Carlisle, gli chiede se potrà tornare a trovarlo. Ho un po’
modificato l’ultima parte del dialogo perché mi serve per riagganciare la storia.
Altra premessa… ho cambiato la traduzione di una parte del dialogo, perché
secondo me in italiano non è così, neanche per sogno… vi accorgerete
sicuramente di quale pezzo sto parlando.
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1. Qui urge un chiarimento.
«Posso tornare a trovarti? O preferisci di no?».
«Ci penso su e ti faccio sapere», disse. «Potrei aver bisogno di compagnia, per
non impazzire. Il magnifico chirurgo vampiro non mi ha ancora dato il permesso
di trasformarmi; dice che rischio di rovinarmi le ossa». Jacob fece una smorfia.
«Fa' il bravo e obbedisci a Carlisle. Guarirai più in fretta».
«Certo, certo».
«Chissà quando succederà», dissi. «Chissà quando incrocerai la ragazza
giusta».
«Non sperarci troppo, Bella». Il tono di Jacob si fece improvvisamente amaro.
«Certo, per te sarebbe un bel sollievo. Ma sappi che sarà impossibile per me
amare qualcun’altra.» E mi lanciò uno sguardo che conteneva una certezza.
«Perché?» Esitai… ero davvero certa di volerlo sapere?
«Niente, lasciamo stare… tanto non cambia niente. – interruppe il discorso
con un altro sorriso amaro e un gesto della mano sana. – Addio Bella, ricordati
che ci sarò sempre.»
Con un sospiro, mi offrì la guancia.
Mi chinai a baciarla con delicatezza. «Ti amo, Jacob». Ma non abbastanza,
aggiunsi fra me.
Fece un risolino. «Io di più». Ma non abbastanza, mi lesse sul viso.
Mi guardò uscire con un'espressione indecifrabile negli occhi. Appena fuori
dalla sua stanza, dovetti poggiarmi alla porta chiusa per riprendere fiato,
riordinare i miei pensieri e ricacciare indietro le lacrime che stavano inondando
la mia faccia. Non volevo che Billy, Charlie o – peggio – Edward mi vedessero in
quello stato. Papà avrebbe certamente dato la colpa a Edward, e Edward
avrebbe rotto la tregua solo per fare a pezzi Jake. E Billy… beh, forse sarebbe
stato il solo a sapere la verità, ma probabilmente non si sarebbe immischiato,
temendo di ferire i miei sentimenti. Aspettai qualche minuto per tentare di
ricompormi, quindi feci un bel respiro ricacciando indietro l’ultima lacrima e
andai verso la porta. Billy era sul divano, mi guardò con una luce strana nello
sguardo. Aveva già capito; a quanto pareva, non ero poi così difficile da
decifrare.
«Tutto bene, Bells?» Lo sguardo preoccupato che mi lanciò la diceva lunga su
quello che in realtà pensava.
«Si, tutto bene Billy, grazie…» ma sapevo che non ci avrebbe creduto. Non ci
credevo nemmeno io, in fondo. Ero già con la mano sulla maniglia della porta,
quando mi fermai, colta da un pensiero improvviso. Una consapevolezza nuova
mi balenò nella mente, un dubbio atroce si fece largo nella mia testolina fino a
quel momento accecata. Richiusi la porta, mi girai lentamente verso Billy, sorrisi
mesta e gli chiesi:
«Billy, posso chiamare Charlie per favore?»
«Bells, c’è da chiederlo? Ma se vuoi lo avverto io che stai andando via…»
«No Billy, non sto andando via. Scusami, ma ho bisogno di chiarire un milione
di altre cose con Jake, e credo sia meglio se dopo non mi metto in macchina da
sola…» Billy aveva già capito tutto, ma fingendo di non aver compreso mi indicò
il telefono con un gesto della mano. Composi il numero di casa, Charlie rispose
al primo squillo. Gli spiegai brevemente quello che avevo detto a Billy, ma lui
inizialmente insistette che mi sarebbe venuto a prendere a qualsiasi ora, se ne
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avessi avuto bisogno. Stavo cercando di dissuaderlo, quando Billy mi chiese con
insistenza il telefono per parlare con Charlie.
«Charlie, amico, stai tranquillo. A quanto pare i ragazzi qui hanno ancora
molto di cui discutere. Si, lo so che Jake è stanco, che è meglio non affaticarlo…
ma ti garantisco che la faccenda è seria, amico. Non preoccuparti, nessun
disturbo. Ma certo, amico. Ti prometto che domani mattina sarà a casa per
prepararti la colazione.» E così dicendo mi strizzò un occhio sorridendo,
facendomi cenno con la testa di andare da Jake.
Non tornavo mai sui miei passi, e questa situazione per me era nuova… mi
faceva sentire insicura e a disagio. Ma allo stesso tempo sentivo che dovevo farle
quello che stavo facendo, quindi poggiai una mano tremante sulla maniglia della
porta della camera di Jake, pregando in cuor mio che fosse addormentato per
non dover sostenere subito quella conversazione e trovare il tempo di fare
ancora mente locale, quindi trassi un respiro profondo e entrai. Ma era sveglio, e
mi fissò meravigliato, ma con un lampo di irritazione negli occhi di lava.
«Che diavolo ci fai ancora qui?» Il suo tono era brusco, la voce più roca del
solito, e non mi guardava in faccia. Aveva pianto.
«Devo chiederti qualcosa, Jake, e voglio che per una volta tu sia
completamente sincero. Fammi male.»
Mi fece un cenno come a dire di sedermi di nuovo sul suo letto. Io mi avvicinai
al letto, titubante, ma rimasi in piedi, vicino alla finestra, a fissare fuori.
«Allora, che vuoi sapere?» Era ancora scostante.
«Prima hai detto che non dovevo sperare che ti saresti innamorato di un’altra.
Voglio sapere che volevi dire.» Non mi voltai, ma sentii comunque il suo sguardo
trapassarmi. Era arrabbiato, e lo sentivo. Ma non potevo farci niente, era ora di
chiarire le cose, una volta e per tutte. Dovevo trovare il coraggio di guardare in
faccia tutta la realtà, per quanto brutta fosse.
«No che non vuoi saperlo!» La sua voce risuonava di rabbia repressa.
«Secondo te perché te lo avrei chiesto, allora? Avanti, sputa il rospo…»
«Va bene, però giurami che non mi prendi a pugni… non vorrei che ti rompessi
l’altra mano!» Un ghigno sarcastico gli accese il volto.
«Jake, non so tirare pugni con la sinistra. Al massimo posso usare la mazza da
baseball di Phil. Se ti fa sentire meglio vado a prenderla.» Stavo di nuovo
vaneggiando, e lui se n’era accorto. Addolcì il tono della voce, mentre parlava.
«Va bene, te lo dico… però non arrabbiarti, ok?» Sentii uno strano scricchiolio,
ma non mi voltai. Jake sapeva leggermi in viso meglio di chiunque altro, in barba
alla lettura del pensiero di Edward Cullen, e non volevo che capisse il mio stato
d’animo. Percepii un calore improvviso dietro alla schiena, e capii che si era
alzato. Mi fece voltare dolcemente, ma tenevo forzatamente gli occhi bassi. Mi
resi conto, con mio grandissimo imbarazzo, che era in mutande. Non sapevo
dove guardare… santo cielo, guardare il suo petto enorme, caldo e sicuro non
aiutava certo a restare razionali… e le sue braccia calde… oddio, il suo
profumo… no, no, no Bella! Devi.Rimanere.Calma. Respira. Mi mise un dito sotto
il mento e mi sollevò il viso per guardarmi negli occhi. Merda. Era anche peggio…
Bella, cerca di controllarti, santa miseria! I suoi occhi… cavolo… oh cavolo i suoi
occhi! Un fiume di lava pronto a seppellirmi!
«Bells, ci sei? Ti vedo strana… sei sicura di sentirti bene?» Il suo tono si era un
po’ addolcito.
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«Sto bene, Jake. Continua pure!» Mi ripresi, fortunatamente, ma mi rimase il
dubbio che avesse intuito le mie emozioni.
«Bella, io non potrò mai innamorarmi di nessun’altra… e non intendo solo
“finché tu sarai umana” o roba del genere. Non riuscirò a dimenticarti con il
tempo. Io non guardo nessun’altra, e te l’ho già detto. Non vedo nessun’altra. E
sarà sempre così. Tu sei il mio imprinting, Bella Swan. Ecco, l’ho detto…» sorrise
mestamente, rassegnato, alzando le spalle in gesto di resa.
«Io.Sono.Coooosa?! Jake! Perché non me lo hai detto prima?!»
«Non me lo hai mai chiesto!»
«Jake! Questa non è una cosa che dovevo chiederti! Dovevi dirmelo…»
«E a che sarebbe servito? Cosa sarebbe cambiato? Cosa cambia saperlo?» Era
di nuovo arrabbiato. Come dargli torto?!
«Cambia un sacco di cose, Jacob Black.» Lo sguardo che mi piantò in viso era
pieno di dolore.
«Perché sei tornata, Bella? Non ti basta avermi trapassato il cuore? Vuoi
proprio strapparmelo dal petto?»
«No Jake… vorrei cercare di rimettere insieme i pezzi, piuttosto… Sai, ho
capito che qualsiasi decisione io prenda, qualcuno soffrirà. Me compresa. Lo so
che non ti piace sentirlo dire, ma tu e Edward possedete ciascuno la metà del
mio cuore… e qualsiasi cosa io decida, dovrò fare a meno di metà di me. Ci ho
pensato, e a questo punto, voglio essere sicura di fare la scelta giusta. La scelta
migliore per me, non per qualcun altro. La scelta che IO voglio fare, non che
farei per non far soffrire qualcuno, tanto qualcuno inevitabilmente soffrirà.
Dopo quello che mi hai detto, devo riconsiderare un paio di cose…»
«Posso sapere che cosa stai farneticando? Bells, quando diventi nervosa fai dei
discorsi senza senso!»
«Jake, io ti amo. Ma questo già lo sai. E sai che amo anche Edward. Ma forse,
quello che non sai, è la ragione per cui stavo scegliendo lui.»
«Certo che lo so. Perché sei matta e masochista. E ti diverti a farmi soffrire.»
Ok, un punto a suo favore. Aveva ragione nel dire che lo facevo soffrire.
«No. Perché lui mi ha già lasciata. E nonostante tutto, è tornato da me. Aveva
scelto quello che credeva meglio per me, ma poi ha visto cosa aveva combinato
ed è tornato.»
«Io non ti ho mai lasciata, Bells. Non ti lascerei mai. Non potrei mai lasciarti,
neanche se puzzassi di vampiro. Adesso lo sai.»
«Già. Adesso lo so… ed è proprio questo che intendo.»
«Che vuoi dire?»
«Che… beh… – oddio, com’era difficile parlare con gli occhi neri e liquidi di
Jake affondati nei miei, le mie mani sul suo petto caldo che sentivano il suo
cuore battere forte… mi tremavano le ginocchia, e probabilmente Jacob se ne
accorse perché mi strinse ancora di più, il che ovviamente non mi aiutò per
niente a rimanere razionale – beh, ecco… adesso che ho la certezza che tu non
te ne andrai mai…»
«Aspetta un attimo, che cosa vuol dire che adesso hai la certezza che non me
ne andrò? Bella, tutto quello che ti ho sempre promesso non aveva un termine
temporale. Per te ci sarei sempre stato… ci sarò sempre, anche se dovessi
diventare una succhiasangue! Anche se dicevo di no! E tu lo sai!» Proprio in quel
momento un luccichio di consapevolezza si accese nel suo sguardo, Jake sgranò
gli occhi e mi guardò ancora più intensamente. Mi girava la testa, avevo
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dimenticato di respirare. Come al solito. Sentivo le gambe cedere. Come al
solito. Oddio, questo ragazzo mi toglieva il fiato! Non potei far altro che
appoggiarmi ancora di più contro il suo petto enorme, il mio porto sicuro in tutte
le mie tempeste. Affondai la faccia nel suo petto per nascondere il mio sguardo,
le lacrime che sicuramente sarebbero scese. Parlai così.
«Lasciami finire, Jake, ti prego. Prima hai detto una cosa che mi ha fatto
riflettere. Hai detto che quando lui è tornato, ha dovuto fare i conti con le
conseguenze della sua partenza: te. Non sai quanto avessi ragione. Deve farci i
conti molto più di quanto credi.»
«Che vuoi dire, Bells? Prima hai detto che stavi scegliendo lui… per favore,
smettila di prendermi in giro. Smettila di giocare con i miei sentimenti. Smettila
di farmi del male! Dimmi quello che pensi una volta per tutte e facciamola
finita, questo supplizio non lo merito. E tu lo sai». La sua voce era ancora più
roca e fonda per colpa del dolore che sentiva. Non riuscivo più a parlare, quindi
optai per la sola soluzione possibile: allungai la mano (la sinistra, visto che la
destra era rotta e dolorante) fino al suo collo, passai le dita tremanti tra i suoi
capelli per sciogliere il laccio di cuoio che li fermava, e non riuscendo più a
trattenermi lo attirai verso di me e lo baciai. Fu un bacio dapprima molto lento,
dolce, tenero. Poi le sue labbra divennero ardenti, quasi rabbiose, infuocate.
Sentivo le sue mani bollenti accarezzarmi sui miei fianchi ad accarezzarmi la
pelle e sapevo che con quel contatto avrei perso completamente la lucidità nel
giro di qualche secondo. Le sue mani erano sempre più esigenti e sempre più
calde, il suo respiro era affannoso e sentivo chiaramente la fatica che faceva per
tenerlo sotto controllo. Si staccò bruscamente, lasciandomi senza fiato.
«Stiamo migliorando, eh?! Ma non eri tenuta a dimostrarmi niente, lo sai.» la
sua voce era leggermente più roca del solito, segno evidente che era scosso
quanto me.
«Sei veramente un asino, Jacob! Non ti ho baciato perché volevo dimostrarti
qualcosa, ma perché sto cercando di dirti qualcosa… che pare tu non recepisca.»
«E qui ti sbagli, Bells. Ho recepito benissimo invece. Solo che sto cercando di
non illudermi troppo per non ritrovarmi con il cuore spappolato. Tanto tra un po’
correrai tra le braccia del succhiasangue a farti consolare, e lui ti farà
dimenticare tutto, dicendoti che sono stato io a fare tutto questo per portarti
via da lui, e tu gli crederai…»
«Non andrò da nessuna parte, Jake. Ho chiamato Charlie e gli ho detto che mi
sarei fermata a dormire qui.»
«Che hai fatto?! Come ti è venuto in mente?! Sai che significa?! Che adesso ci
troveremo Charlie di sotto che dà di matto, magari col fucile, e tutti i
succhiasangue della famiglia Cullen che bussano alla porta…»
«Non lo faranno. Charlie ha parlato con Billy, che gli ha assicurato che domani
per colazione sarò da lui e lo ha tranquillizzato… e quanto ai Cullen… sono fuori
a caccia. E Edward mi ha garantito che non avrebbe fatto niente di affrettato.
Che avrebbe prima parlato con me.»
«Bene, mi sentirei in colpa a dovergli staccare la testa proprio adesso… bene.
Cosa stavi cercando di dirmi?» Rideva… dio, quanto era bello quando rideva!
Toglieva il fiato! Si stava rilassando, forse finalmente comincia a capire… no,
non credo. Il suo sguardo era ancora triste. Dovevo trovare la forza di dirglielo.
Forse… Ma mi precedette.
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«Bells…» mi sollevò di nuovo il mento, ma stavolta mi accorsi che la sua bocca
era a un centimetro dalla mia. Eppure non si stava avvicinando… vuole farmi
morire?! Ok, ha deciso di farmi impazzire definitivamente. Possibile che non si
decida a baciarmi?! No, maledizione, non posso cedere così ogni volta… Oh,
mamma, le sue labbra… non potei trattenermi, passai le dita sulle sue labbra
carnose e perfette. Mi sorrise. Jake ti prego, se sorridi così… altro che farfalle
nello stomaco! Perdo definitivamente il controllo! E dai Jake… guarda altrove…
«Bells, ti amo. Ma stavolta non ti lascio andare. Stavolta resti qui. Stavolta
lotterò con tutte le mie forze, e poi vediamo chi vince!»
«Non c’è bisogno di lottare, Jake.» Fu poco più di un sussurro, ma sapevo che
lo avrebbe sentito.
«Come sarebbe?» Mi guardò in modo strano, quasi non volesse capire.
«Sarebbe che hai già vinto, Jake. Mi sono resa conto che stavo scegliendo
Edward solo perché avevo paura che tu mi avresti lasciata quando avessi avuto
l’imprinting, e non volevo restare sola un’altra volta. Sono tornata qui per
restare. Per sempre.» Non mi diede il tempo di continuare, perché mi baciò di
nuovo mentre un misto tra un ringhio di soddisfazione e un sospiro agonizzante
gli montava dal petto. Il bacio fu diverso, questa volta. Pieno di passione, di
richieste, di promesse. Sentii un calore insopportabile salire dallo stomaco,
mentre le sue mani si facevano sempre più bollenti e insistenti causandomi
un’ondata di brividi su tutto il corpo che partivano dal centro del mio essere al
passaggio delle sue dita calde. Non mi ero neanche accorta che mi stava sfilando
la camicetta, finché non lo sentii ruggire contro un bottone che non voleva
saperne di aprirsi. Mi fermai per riprendere fiato – mi girava la testa, ero
completamente scollegata dalla realtà – quando sentii il rumore di tessuto che si
rompeva. Non ci badai, continuai a infilargli le mani nei capelli lunghi, ad
accarezzargli il petto, a far scorrere le dita lungo la sua schiena nuda, mentre lo
sentivo sobbalzare ogni volta che le mie dita si muovevano sul suo corpo bruno.
Non so neanche come, ma mi ritrovai sul letto, distesa sotto di lui. Cercavo di
stare attenta e di non fargli male (dopotutto era ferito!) ma non sembrava
accorgersene. Eravamo in una bolla, un universo parallelo dove abitavamo
solamente noi. Si staccò per guardarmi un istante negli occhi e per tirare su le
coperte, ed io approfittai di quell’attimo per sfilarmi i jeans. Lui mi guardò con
aria meravigliata e interrogativa, colto di sorpresa.
«Bells, che fai?» stava ansimando, riuscivo chiaramente a sentire il suo respiro
leggermente affannato.
«Secondo te che faccio? Mi spoglio io, prima che tu mi strappi tutti i vestiti di
dosso… cosa racconterò a Charlie?» stavo sorridendo maliziosamente, lanciando
un’occhiata eloquente ai resti della mia camicetta sul pavimento.
«Beh, gli diremo che cappuccetto rosso è andata nel bosco e ha incontrato il
lupo cattivo… e si è lasciata mangiare!» e mentre scoppiava a ridere, mi gettò
nuovamente sul letto, ricominciando a baciarmi senza sosta. Scese dalla bocca al
collo, e mi mancò il fiato. Come avevo fatto senza di lui tutto questo tempo?
Dove diavolo ero stata nascosta tutto questo tempo? Cosa mi ero persa? E
soprattutto, dove diavolo aveva imparato a baciare così? Era solo un ragazzino,
santa miseria… eppure non sembrava tanto ragazzino quando mi baciava così… e
le sue labbra sul mio collo… santo cielo, quello che stava facendo avrebbe
dovuto essere dichiarato oltraggio al pudore! Dove diavolo aveva imparato tutta
questa roba? E come accidenti gli stava venendo in mente di fare tutto questo?!
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Lui avrebbe dovuto essere arrestato seduta stante per come mi stava baciando…
oddio… era passato dal collo alle scapole, adesso stava scendendo giù verso
l’ombelico mentre con la lingua disegnava piccoli cerchi sulla mia pancia
infuocata. Oddio… i miei pensieri in quel momento avrebbero fatto arrossire di
vergogna chiunque… Oramai i miei sensi erano completamente soggiogati,
all’erta; percepivo ogni suo piccolo movimento, ogni respiro, ogni bacio lieve
sulla mia pelle che oramai rispondeva a qualsiasi tocco da parte sua come se
fosse un invito scritto. Tornò di nuovo sul mio collo, baciandolo dolcemente.
Stava per spostarsi, quando lo fermai con la mano. Continuò a baciarmi, e poi
fece una cosa che mi fece perdere completamente la ragione. Aprì dolcemente
la bocca, e iniziò a mordicchiarmi il collo, salendo su fino alle orecchie. Oramai
la temperatura del mio corpo aveva raggiungo i quarantadue gradi come la sua,
ne ero certa. Non mi accorsi neanche che mi aveva tolto il reggiseno, finché la
sua bocca sulla pelle non mi fece trasalire di piacere. Sapevo bene come sarebbe
finita, e allo stesso tempo volevo arrivarci ma non volevo che finisse. Pregavo
che continuasse a baciarmi tutta la notte, tutto il giorno, tutta la vita. Oramai a
che serviva nascondermi? Avevo capito che Jacob per me era come l’aria che
respiravo, sapevo che non potevo più fare a meno di lui. Quando non c’era lui
annaspavo, solo in quel momento me ne resi pienamente conto. Trasalii quando
sentii la sua mano calda scendere ad accarezzarmi dolcemente i fianchi,
indugiando sulla mia vita per poi scendere di nuovo delicatamente fino al
ginocchio. Con un movimento veloce, mi prese la gamba per metterla intorno ai
suoi fianchi. Sobbalzai. Probabilmente fraintese, perché mi sussurrò dolcemente
con le labbra sulle mie:
«Tranquilla Bells, non vado avanti se tu non vuoi. Diventerò matto, dovrò
farmi come minimo una dozzina di docce gelate, ma mi fermo.» la sua voce era
controllata a stento. Non potei reprimere una risatina.
«No Jake, non hai capito. Mi stavo solamente chiedendo dove diavolo hai
imparato tutto questo…»
«Sai, essere un branco a volte ha i suoi vantaggi…» e sorrise malizioso. Capii
cosa intendesse, alludeva certamente a Emily e Sam. Un giorno mi disse che
tutto quello che temi di più, le tue paure, quello di cui ti vergogni, era alla
mercé di tutti. Anche la vita privata, ovviamente. Bene. Almeno uno dei due
sapeva cosa fare… Mi accorsi che esitava ancora, come se stesse aspettando una
risposta. Lo incoraggiai guardandolo dritto negli occhi.
«Continua Jake. Ti prego, non voglio che ti fermi. Divento matta se ti fermi.
Voglio fare l’amore con te. Ora. Qui.» il suono che gli uscì dalla gola era a metà
tra l’umano e l’animale, e fu come far scattare un interruttore. Capii in un
lampo che avevamo raggiunto il punto di non ritorno, che nessuno dei due era
più in grado di controllarsi. Lo sentii fremere quando raggiunsi con le mani i suoi
boxer, cercando di sfilarglieli di dosso. La sua lingua stava correndo lungo la
linea del mio bacino, orizzontalmente da un fianco all’altro. All’improvviso
sentii i suoi denti afferrare i miei slip e con un ringhio strapparmeli di dosso.
Rabbrividii di piacere. Ok, sarei tornata a casa senza. Pazienza. Tanto non mi
piacevano… non riuscii più a ragionare quando mi resi conto che mi aveva girata,
ed ora ero sopra di lui e lui mi stava accarezzando dolcemente la schiena.
Oddio, stavo ansimando. Era imbarazzante. Cominciai anche io ad accarezzargli
il corpo caldo, morbido e liscio. Iniziai a baciarlo sul petto enorme e ad
accarezzarlo con la lingua, scendendo lentamente, troppo lentamente per i suoi
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gusti, fino all’ombelico. Lì mi fermai. Volevo prolungare fino allo sfinimento
quell’istante. Lo sentii gemere. Con la lingua cominciai ad accarezzare la sua
pancia, mentre le mie mani gli sfioravano il petto. Le sue erano sempre sulla
mia schiena, tremanti. Scendevo lentamente, molto lentamente, finché non
arrivai all’inguine. Il mio fiato caldo lo stava facendo impazzire, e lo sentivo.
Stava ansimando, faticava a controllare il respiro, e io non ero da meno. Non
capivo cosa mi stesse prendendo, non riuscivo a controllarmi, ero totalmente in
balìa dei miei istinti. E la cosa peggiore era che non avevo nessuna intenzione di
fermarmi…
«Bella… se continui così… non riuscirò a… a mantenere il controllo… ancora
per molto… tesoro…» quelle poche parole faticarono ad uscire dalle sue labbra.
Mi fermai di botto per guardarlo in faccia, una mano sulla sua coscia,
all’attaccatura con l’inguine. Sobbalzò. Sembrava quasi stesse soffrendo.
«Jake, io non ti sto chiedendo di controllarti. Non voglio che tu lo faccia.
Siamo completamente in balia dei nostri istinti e sentimenti, oramai. Quindi
piantala di trattenerti, perdi questo maledetto controllo e fa’ l’amore con me!»
fu la goccia che fece traboccare il vaso. Mi afferrò la testa con la mano sana, mi
attirò fino a sé, e mi baciò quasi con violenza. Mi sentii sciogliere. A quel punto,
poteva anche arrivare un uragano, un esercito di vampiri e uno di licantropi
insieme, un terremoto o la fine del mondo per quanto mi riguardava, non mi
sarei accorta di niente. Fu di nuovo sopra di me. Stavolta mi guardava dritto
negli occhi, il desiderio e la passione stavano trasformando il nero dei suoi occhi
in fuoco, petrolio bollente che ardeva nei miei e mi scioglieva lentamente,
inesorabile.
«Se ti faccio male, tesoro, dimmelo. Qualunque cosa, e mi fermo.»
«Continua, Jake. E non dire assurdità». Lo volevo. Lo pretendevo. Adesso non
sarei stata in grado di fermarmi nemmeno io. Ansimavo, e Billy ci avrebbe
sentiti. Non me ne importava un accidente. Volevo gridare con quanto fiato
avevo in gola. Gli piantai le unghie nella schiena con un gemito quando fu
dentro, e questo non fece altro che aumentare ancora di più il piacere che
stavamo provando entrambi. Alla fine urlammo. Tutti e due. Sapevo che ci aveva
sentiti mezza La Push. Soprattutto avevano sentito lui. Ma chi se ne frega. Era
mio. Ero sua. Solo questo contava ormai. Continuammo il discorso a più riprese
durante quella notte, e la cosa che sorprese entrambi era che il desiderio invece
di scemare aumentava di intensità. L’alba ci sorprese abbracciati,
sonnecchianti, ad accarezzarci pigramente. Aprii gli occhi e sollevai la testa
verso di lui, che mi sorrise, il sorriso che gli conoscevo bene e che – adesso lo
sapevo – mi aveva fatta innamorare di lui. Il mio cuore fece un balzo in avanti, lo
sentii bene, e la giornata grigia si inondò di sole.
«Buon giorno amore. Ben svegliata. Dormito bene?»
«Perché, abbiamo dormito? Non me ne ero accorta…» il sorrisino malizioso lo
fece ridere di gusto.
«Beh, abbiamo sonnecchiato, direi… ma è stata la notte migliore della mia
vita. In assoluto.»
«Mah, non saprei… io dico che possiamo fare di meglio…»
«Bisogna esercitarsi, però. – ridiventò subito serio. – E adesso che succederà?»
«Devo tornare a casa, Charlie mi aspetta. E devo parlare con Edward. Non
fare quella faccia, Jake. Che ti aspettavi? Dovrò almeno mettere in chiaro la
situazione. Mi sembra il minimo. Non mi staccherà la testa, stai tranquillo.»
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«Non sono preoccupato per te Bells. Sono preoccupato per me. La staccherà a
me, la testa! Fammi un favore, ok? Torna qui appena hai chiarito. Voglio che tu
sia al sicuro, non si sa mai. E poi… sai che non riesco a stare lontano da te.»
«Piuttosto, dovrai prestarmi una maglietta… visto che la mia camicetta ha
fatto una brutta fine!» il mio sorriso malizioso smentiva il tono di rimprovero che
c’era nella voce.
«Certo, tanto Charlie non noterà la differenza. Soprattutto se indossi le mie di
magliette… vediamo se ti trovo qualcosa di Rachel piuttosto, se non altro è
qualcosa che si avvicina alla tua taglia…» scese dal letto completamente nudo,
facendomi trasalire – era un colpo al cuore ogni volta che lo guardavo, era
perfetto; non mi sarei mai stancata di contemplare i suoi muscoli sodi – si vestì
velocemente e volò in camera di Rachel, lasciandomi a fantasticare sulla notte
appena trascorsa. Tornò dopo due minuti con una camicetta di colore molto
simile alla mia, e me la porse. Ero ancora nel letto, e arrossii violentemente
all’idea di dover uscire da quel rifugio sicuro davanti ai suoi occhi.
«Andiamo Bells, non mi dirai che ti vergogni?! Dopo stanotte, oramai conosco
ogni centimetro del tuo corpo talmente bene che lo potrei disegnare a memoria!
Che ti prende? Stanotte non eri così timida! Se vuoi una mano…» sogghignò.
«Jacob Black, sei l’essere più ignobile che esista sulla faccia della terra! E no,
grazie. Non mi serve una mano. Se solo trovassi la mia biancheria…» Grugnii di
finta rabbia quando vidi Jake giocherellare distrattamente con il mio reggiseno.
«Parli di questo? Beh… mi dispiace, ma la parte sotto credo sia inutilizzabile…
hemm… credo di esserci andato pesante, stanotte… anche se non mi ricordo
bene come ho fatto…» sorrideva malizioso, una luce furba nello sguardo. Certo
che se lo ricordava, l’infame… voleva solo sentirmelo dire!
«L’hai strappata con i denti. Me l’hai tirata via di dosso a morsi, oserei dire.»
ero sempre più rossa. La mia voce era un sussurro. Si sedette di nuovo sul letto
vicino a me e mi sollevò il mento con un dito.
«Bells, tesoro, non c’è stato niente di più bello di stanotte. E da quanto ho
potuto capire anche per te più o meno è stato lo stesso. Ti ho aspettato per
talmente tanto tempo che credo di non essermi controllato come avrei dovuto.
Mi dispiace. Mi fai questo effetto, Bella. E questo perché anche la parte animale
di me ti vuole disperatamente. Non lascerò più che quella parte prenda il
sopravvento, te lo giuro». Gli chiusi le labbra con le dita.
«Amore – mi fece rabbrividire chiamarlo così – stanotte eravamo in due, se ti
ricordi. Io ero consenziente. Tra l’altro, sono stata io a sedurti, e se non erro
vista la tua età sono io che dovrei essere arrestata… E se non sbaglio è stata
anche la tua parte animale che mi ha fatto morire, stanotte… E credimi, non me
ne pento, non me ne pento affatto. Rifarei tutto, credimi! Solo, la prossima
volta cerca di risparmiare i miei vestiti, o dovrò portarmi un cambio. E non posso
sempre dire a Charlie che sono rimasta impigliata nella maniglia di casa tua…
non ci crederebbe!» ridevo, ridevo di gusto. Era tanto che non ridevo più così, e
il suono della mia risata cristallina sorprese entrambi. Mi abbracciò e mi baciò i
capelli, quindi mi lasciò vestire. Non mi vergognavo, anche se sapevo che mi
guardava. Lo sentii ridere, estasiato.
«Hai il corpo più bello che abbia mai visto.»
«Mi stai prendendo per il culo, Jacob?»
«No. Assolutamente. Sei bellissima. Adesso posso dirlo con cognizione di
causa. E ti amo.»
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Me ne andai con il sorriso idiota ancora stampato sulla faccia. Uscendo
incontrai Billy che mi fece l’occhiolino. Aveva sentito tutto, adesso non avevo
più dubbi. Sorrisi fra me e feci spallucce, anche se ero rossa come un pomodoro.
Non mi importava più di niente. Avevo Jacob adesso, avevo il mio sole
personale. Tutto per me.
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2. Edward, io non ti amo più.
Mentre mi allontanavo da La Push, sentivo crescere il groppo alla gola, le
farfalle nel mio stomaco ricominciavano ad agitarsi, e facevo nuovamente fatica
a respirare. Il mio sole si era nascosto, e le nuvole plumbee avvolgevano di
nuovo la mia vita. Che strano… eppure, fino a qualche ora prima avrei giurato
che soltanto Edward potesse farmi l’effetto di rasserenare le mie giornate, e
invece adesso la situazione si era capovolta. Parcheggiai nel vialetto di casa,
come sempre. La macchina di Charlie non c’era. Merda, era già uscito. Entrai a
casa tremante,quasi mi aspettassi di trovarci qualcun altro. Ma la casa era
deserta, almeno il piano di sotto. In cucina, vicino al telefono, trovai un
biglietto di Charlie.
«Bells, lascia perdere la colazione. Ho fatto già da solo. Billy mi ha spiegato,
ieri sera. Ha detto che tu e Jake dovevate parlare di parecchie cose, dovevate
chiarire. Spero tu ci sia riuscita, piccola, è un bravo ragazzo e non merita che
gli si faccia del male. Ma a volte soffrire è indispensabile, per crescere.
Qualunque cosa tu abbia deciso, io sarò dalla tua parte, tesoro. Fino in fondo.
Ci vediamo stasera.
Ti voglio bene.
Charlie
P.S. Se non ti trovo, vado da Billy. Chissà che non ti trovi lì? A stasera.
Papà.»
Sorrisi tra me. Povero Charlie, probabilmente si stava chiedendo se ero
tornata e se stavo bene, ancora memore dell’effetto che aveva avuto su di me
l’addio a Edward. Pensai di chiamarlo per tranquillizzarlo. Stavo già andando al
telefono quando un whoooosh improvviso mi fece capire di non essere più sola.
Aspettai un istante prima di girarmi, feci un respiro profondo e mi preparai alla
discussione più dolorosa della mia vita. Ed eccolo lì, davanti a me, bello come
non mai, gli occhi di ambra liquida dritti nei miei. Tristi. Pieni di un dolore
antico. Gli occhi di un uomo che sta morendo. Che io stavo uccidendo.
Merda.
Questo non aiutava di certo… Jake, dovevo pensare a Jake. Mi sedetti. Meglio
sedersi, almeno non vedrà che mi tremano le gambe. Devo essere chiara e
concisa.
«Edward…» incominciai, ma non mi diede il tempo di aggiungere altro. Mi fu
subito accanto.
«Bella, tesoro, mi hai fatto morire. Alice non poteva vederti, quindi ho
immaginato fossi con Jacob… solo che non poterti chiamare, non poter sentire
dov’eri… se stavi bene… mi ha fatto impazzire!» il suo tono supplice e angosciato
mi spezzò il cuore.
«Stavo bene, Edward. Sto bene. Ma c’è qualcosa di cui io e te dobbiamo
parlare. Per favore, siediti, lasciami finire e non interrompermi altrimenti non
troverò più il coraggio di dirti quello che devo.» Lo sguardo che mi piantò sul
viso era quello di un uomo straziato. Lo stavo uccidendo, lo sapevo. Perché lui
aveva già capito tutto, senza bisogno che gli spiegassi niente. Mi feci coraggio
comunque, e cominciai a parlare. Gli raccontai tutto, volevo essere onesta fino
in fondo; almeno quello glielo dovevo. Gli dissi anche quello che era successo
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quella notte – non nei particolari, s’intende – e lui emise un ringhio soffocato
quando finii.
«Quel cane ha giocato davvero sporco stavolta!» Le sue parole rabbiose fecero
scattare qualcosa dentro di me, un interruttore fece clic e mi ritrovai a
difendere Jacob con gli occhi scintillanti di rabbia. Scattai in piedi.
«Che cosa stai dicendo?! Edward, lui non ha giocato sporco! Sono stata io a
tornare indietro. L’ho deciso io, non lui, Edward!»
«Beh, ti conosce meglio di chiunque altro, e sa come prenderti, Bella. Sa far
leva sui tuoi punti deboli. E ti ha attirata dalla sua parte. Te l’ho detto, tu sei
talmente ingenua che pensi sempre che gli altri siano ingenui quanto te. E lui se
ne approfitta.»
«Ma quali punti deboli, Edward?! Quale parte?! Quale approfittare?! Per
favore, mi vuoi ascoltare una buona volta?! Sono stata io, ho deciso io di tornare
da lui! Ho fatto l’amore con lui, stanotte. Hai capito?! Sono stata a letto con
Jake. E non mi dispiace affatto. Anzi, credo che lo rifarò presto.» ero stata
cattiva, lo avevo ferito. Si vedeva da come si era irrigidito, stava cercando di
controllarsi per non farmi a pezzi, i pugni stretti per controllare la rabbia. Ma mi
aveva fatta uscire dai gangheri. Non ce la facevo più ad essere considerata una
deficiente che andava protetta ad ogni costo.
«Quindi… hai deciso?!» la sua voce era tornata di velluto, come sempre. Una
pugnalata dritta al cuore. Stavo sanguinando a morte. Chissà se poteva sentire
anche l’odore di quel sangue…
«Si, Edward. Ho deciso.» altra pugnalata. Niente sangue stavolta, stavo
migliorando.
«E… c’è qualche speranza… che cambi idea?» Mi stava guardando con gli stessi
occhi che aveva in Italia, quando gli ero corsa incontro per salvarlo. Lo stesso
sguardo vitreo, spento, ma allo stesso tempo pieno di dolore, di dolcezza, di
amore. Merda. L’ennesima pugnalata.
«No». Dissi con voce sommessa. Non osavo più guardarlo negli occhi. Sapevo
che se lo avessi fatto avrei mandato tutto all’aria. Mi sentivo ignobile. Lui ci
mise un po’ a rispondere, sembrava facesse fatica a trovare le parole, a farle
uscire. A controllarsi.
«Va bene, Bella. Ti ho promesso che avrei accettato la tua scelta, e lo farò.
Ma sappi che resterò nell’ombra, come ti ho promesso. Quando lui ti lascerà –
perché sai che accadrà, quando avrà l’imprinting, allora io ci sarò, se ancora mi
vorrai. Resterò sempre accanto a te, Bella, pronto a correre in tuo aiuto in
qualsiasi momento. Resterò per proteggerti, come ho sempre fatto. Te lo giuro.»
mi guardava di nuovo con quell’oro liquido che sapeva sciogliermi fino alle ossa.
Abbassai lo sguardo prima di parlare di nuovo.
«Grazie Edward, lo apprezzo molto. Ma Jake non mi lascerà.»
«Come fai a dirlo? Sai che l’imprinting…» Non finì la frase.
«Edward, sono io il suo imprinting. Me l’ha detto ieri.»
«Non hai pensato che potrebbe essere una frottola per farti rimanere con lui?»
«Non credo che sarebbe capace di mentire su una cosa del genere… e poi…
beh… ho chiesto anche a Seth.»
«E…?» sollevò incuriosito un sopracciglio.
«Ha confermato. Ti fidi di Seth, vero?» Avevo sollevato lo sguardo su di lui.
«Purtroppo si, Bella. Devo ammettere che il ragazzo è onesto. Questa è la tua
decisione, dunque. Non tornerai indietro.» Sospirò, ma il bagliore in fondo ai
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suoi occhi mi fece capire che non si sarebbe mai arreso, anche se non avrebbe
insistito. Decisi di essere categorica, per il mio e il suo bene.
«No, Edward. Non tornerò indietro.» Feci per sganciare il braccialetto e
togliere il cuore che mi aveva regalato, ma mi fu subito vicino, con quello
sguardo liquido, e mi guardò con gli occhi tristi stringendomi la mano nelle sue.
Dio, com’era fredda quella mano rispetto a quella di Jake! E com’erano belli
quegli occhi… stavo facendo violenza a me stessa, lo sapevo, ma dovevo farlo.
Dovevo porre fine a questa storia una volta per tutte. E stavolta volevo essere io
a decidere. Edward interruppe il corso dei miei pensieri con la sua voce di
velluto.
«Bella, ti prego. Vorrei che lo tenessi comunque. Ti ricorderà che il mio cuore
ti appartiene. Per sempre. Addio Bella. Sii felice. Non ho mai chiesto altro che la
tua felicità, lo sai.» si alzò con quella grazia che mi toglieva il fiato, mi depose
un bacio lieve sulla fronte e uscì, stavolta dalla porta, e a velocità normale.
Come se volesse rallentare il tempo. Sentii il rombo della Volvo e il rumore degli
pneumatici che sgommavano, e capii che se n’era andato. Per sempre.
Per sempre.
La parola mi uccise. Ero annullata, schiantata. E stavolta era colpa mia. Stavo
per crollare, lo sapevo, e non volevo farlo lì da sola. Non volevo che Charlie
tornasse e mi trovasse in quello stato. Non avrei avuto la forza di spiegargli
cos’era successo. Se proprio dovevo crollare, volevo farlo tra le braccia sicure e
protettive di Jacob. Mi feci forza, andai di sopra come un automa, cercando di
resistere, feci una doccia, mi cambiai e tornai di sotto sempre meccanicamente.
Scrissi un biglietto veloce a Charlie:
«Sono a La Push. Ci vediamo da Billy.
B.»
Sapevo che avrebbe capito. Ma adesso avevo bisogno del mio sole. Avevo
bisogno delle braccia di Jake che mi facevano dimenticare tutto. Uscii quasi
correndo, saltai sul pick–up e mi diressi verso La Push. Dio solo sa come riuscii ad
arrivarci illesa, dato lo stato in cui ero. Con la coda dell’occhio notai un’ombra
color sabbia che mi seguiva da lontano, e riconobbi Seth. Probabilmente Jacob
gli aveva chiesto di tenermi d’occhio, in caso ci fossero stati problemi. Quando
arrivai a La Push, Jake mi aspettava preoccupato fuori dalla porta. Aveva
riconosciuto il rombo del pick-up. Non avrebbe dovuto alzarsi, volevo protestare,
ma non ci riuscii. Le lacrime mi stavano fermando le parole in gola. Scesi
dall’auto e gli andai in contro. Non servirono parole, mi spalancò le braccia e io
mi ci tuffai, come una bambina spaventata che ritrova la strada di casa. Il cuore
riprese a battere in quell’istante. Jake asciugò le mie lacrime con i suoi baci. E
mi calmai. Mi calmavo sempre, tra le sue braccia. Lo sapeva. Lui sapeva tutto di
me anche prima che lo sapessi io. Sapeva ascoltare i miei silenzi. Mi portò alla
spiaggia, sul nostro tronco, e prese a coccolarmi come solo lui sapeva fare.
Trasalii nel sentire che la sua voce era carica di emozione quanto la mia. Aveva
il groppo in gola anche lui. Si era preoccupato per me.
«Va tutto bene, Bells. Ci sono io adesso. Stai tranquilla, si aggiusterà tutto,
vedrai. Calmati adesso, piccola.» intanto mi baciava dolcemente, mi
accarezzava i capelli. I miei singhiozzi si placarono piano piano, finché mi
calmai. Respirai nel suo petto enorme, inalando il suo odore che mi mandava in
estasi. Quindi parlai.
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«Jake, è stato terribile… io… lui…» e ricominciai a piangere mentre tentavo di
parlare. Mi fermò dolcemente con un bacio.
«No, Bells. Non mi devi spiegazioni. Non mi interessano. Non te le ho mai
chieste. Quando sarai pronta parlerai. Adesso voglio solo abbracciarti. Se vuoi».
«Grazie, Jake.» E mi rannicchiai ancora di più contro di lui.
«Non essere stupida, Bells. Per cosa?»
«Perché ci sei. Perché sei rimasto al mio fianco. Perché non mi chiedi niente.
E perché mi ami, con tutti i miei difetti».
«Già, i tuoi difetti… quelli sono un grosso problema, sai?» sorrideva mentre lo
diceva. Mi stava prendendo in giro. Finsi di mettere su il broncio solo per farmi
coccolare ancora. Per farmi riempire di baci. Rabbrividii leggermente al contatto
con le sue labbra bollenti.
«Hai freddo, Bells?»
«Vuoi scherzare? Sto avvinghiata a una termocoperta di quarantadue gradi e
mezzo, per di più alta quasi due metri… come faccio a sentire freddo?! Diciamo
che ho caldo, piuttosto!»
«Allora come stufa funziono bene!» cominciammo a ridere di gusto, ma non
mi lasciò. Mi rannicchiai ancora di più tra le sue braccia enormi e lui mi strinse
ancora di più.
«Jake, ma tu non dovresti essere a letto? Non avresti dovuto alzarti…»
«Sto bene, piccola, non ti preoccupare. Vedi, la scarica di adrenalina di
stanotte… hemm… ecco… diciamo che certi esercizi favoriscono la guarigione
delle mie ossa!» sorrideva maliziosamente, mi stava stuzzicando e lo sapevo. Ma
non riuscii a trattenermi. Gli misi una mano tra i capelli, lo avvicinai al mio viso
e mormorai:
«Peccato che non funzioni anche con me… – e sollevai la mano fasciata - beh,
comunque, se le cose stanno così, suppongo che dovremmo fare degli altri
esercizi al più presto.» e lo baciai. Un bacio lento, ma che stava salendo piano
piano come la marea.
«Signorina Swan, sta per caso tentando di sedurmi?» la voce roca era
carezzevole, i suoi occhi immersi nei miei mi fecero sprofondare. Meno male che
ero in braccio a lui! Tutto girava vorticosamente, non capivo più niente, sapevo
solo che ero lì con lui, e del resto non mi importava un tubo.
«Veramente, se non ricordo male, signor Black, l’ho già sedotta stanotte… o
era un sogno?»
«Mmm… non saprei… credo anche io di aver sognato… sogno piuttosto vivido,
direi, ma credo fosse un sogno… non avrebbe potuto essere reale, era troppo
perfetto!»
«Adesso ti faccio vedere io, razza di asino, se non era reale!» mi alzai
lentamente, e mi misi davanti a lui. Stavo sorridendo, e mi chinai a baciarlo
dolcemente. Quindi iniziai a spogliarmi. Rimasi in intimo davanti a lui, poi gli
porsi la mano. Lui mi guardò con aria interrogativa, ma mi prese la mano e si
alzò. Era in pantaloncini, come sempre. Torso nudo, come sempre. Capelli
sciolti, stavolta. Dio, com’era bello! Toglieva il fiato. Mi diressi verso la riva.
«Andiamo a fare il bagno, dai.»
«Ma che vuoi fare, matta?! Fa freddo… ti gelerai!»
«E la mia stufa allora? Se mi tieni stretta non gelerò, stai tranquillo! E poi
puoi sempre scaldarmi come hai fatto l’altra sera nella radura!» cominciai a
correre verso la riva, seguita da Jake che rideva dietro di me. Mi tuffai sicura,
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senza timore di sentire freddo. Infatti non ebbi neanche il tempo di rabbrividire,
che mi fu accanto, stringendomi al suo petto d’acciaio. Restammo in acqua per
un po’, ma mi trascinò a riva quando si accorse che le mie labbra stavano
diventando blu. Mi stese sulla sabbia calda e si sdraiò sopra di me nel tentativo
di scaldarmi.
«Pazza! Cosa volevi fare? Guardati, hai le labbra blu e tremi come una foglia.
E io che racconto a Charlie adesso? Che ti faccio morire di freddo?» Lo zittii con
la mano sana, mentre maledicevo la mia idiozia per essermi tuffata
completamente in acqua, e la fasciatura alla mia mano rotta era andata a farsi
benedire. Merda. D’un tratto non fu più così importante, impegnata com’ero a
baciare Jake. Avevo smesso di tremare, e mi ero scaldata in un attimo. La
temperatura del mio corpo stava raggiungendo pericolosamente il punto di
fusione, mi chiesi quanto avrei resistito prima di liquefarmi sotto di lui. Le sue
mani enormi mi accarezzavano insistenti, e ripresi a baciarlo con più foga di
prima. Si fermò giusto in tempo, i respiri affannati e gli occhi carichi di desiderio
crescente. Gli era costato uno sforzo enorme fermarsi, glielo lessi nello sguardo.
«Meglio di no, Bella. Potrebbero vederci».
«Ma Jake… si, forse hai ragione. Tanto più che temo di dover andare in
ospedale per farmi rimettere la fasciatura alla mano.»
«Tranquilla, il dottor Canino sta per arrivare per visitarmi. Possiamo
chiederglielo quando viene.»
«Jake…» era quasi un lamento il mio.
«Che c’è? Ti dà fastidio incontrarlo? Bella, Forks è quello che è, prima o poi ti
capiterà comunque di incontrare di nuovo i Cullen… dovrai farci l’abitudine. E
poi Carlisle capirà, credimi. E sarebbe difficile andare in ospedale e spiegare che
hai preso a pugni un lupo mannaro perché ha tentato di baciarti! Credo che ti
ritroveresti in una stanza con le pareti imbottite. Porc…» Il sorriso gli morì sulle
labbra.
«Jake, che succede? Che fai?» si era allontanato e si stava rivestendo. Mi
lanciò i vestiti mormorando:
«Vestiti. Il branco sta arrivando. Immagino sapranno già tutto, tanto quella
vecchia comare di Billy glielo avrà già detto, ma non voglio che ti trovino così».
«Siamo gelosi, eh?»
«Non sai quanto, amore.» mi disse baciandomi i capelli. Finii di rivestirmi
giusto in tempo per vedere Sam e gli altri che si avvicinavano. Jacob mi cinse
protettivamente la vita con il braccio sano, e non ne capii il motivo. Gli altri non
sembravano arrabbiati, solo Sam aveva l’espressione più seria del solito. Quando
furono vicini, Seth, Quil e Embry mi salutarono allegramente. Sam aveva
l’espressione severa, imbronciata, mi guardava come se stesse cercando di
capire qualcosa. Io gli sorrisi, in fondo avevo imparato ad apprezzare la sua
schiettezza.
«Allora è vero, Jake. Billy mi aveva detto che Bella era qui, ed eravamo
venuti a vedere… si, insomma…»
«Siete venuti a vedere se andava tutto bene o se dovevate prendermi a calci
nel sedere per avergli calpestato i sentimenti un’altra volta. Vero Sam?»
«Scusa Bella, non è per cattiveria, ma…» mi lanciò uno sguardo mesto, ma
non troppo tranquillo.
«Il branco è il branco, lo so Sam. E so anche di avergli fatto parecchio male in
passato.»
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«Accidenti, è sveglia la ragazza!»
«Sta’ zitto, Paul! Bella?» Sam mi fece capire che erano in attesa di una
risposta. Sentii Jake fremere al mio fianco. Gli diedi una stretta rassicurante,
prima di parlare. Lo guardavo negli occhi, anche se il discorso era più per il
branco che per noi.
«Tranquillo, Jake. Hanno ragione da vendere. Credo di averti fatto più male
di quanto pensassi, vero amore?» E gli passai una mano sul viso, che Jake si
portò alle labbra per baciare. Poi mi abbracciò. In quel preciso istante Sam si
rasserenò, cominciò a sorridere e tutti si rilassarono.
«Bella, ti chiedo scusa. Non avei dovuto dubitare. Benvenuta nel branco,
sorella». E così dicendo, Sam sorrise ancora di più e allargò le braccia per
abbracciarmi. Guardai Jake. Non mi aspettavo quel cambiamento in Sam, ma mi
tuffai tra le sue braccia sicura. Un colpo di tosse alle mie spalle ci fece
scoppiare a ridere, ma mi scansai e tornai verso Jacob.
«Tieni giù la testa, cucciolo geloso! Nessuno vuole portartela via!» Sam stava
ridendo di gusto, e anche Jacob sorrideva felice. Tornai a rannicchiarmi contro il
suo petto, beata. Adesso era davvero tutto perfetto.
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3. Vita nuova
Quando tornammo a casa di Billy Carlisle era ad aspettarci, con la sua borsa,
seduto in veranda. Mi sentii morire, volevo sprofondare. Jacob mi fece cenno di
andare avanti, bloccando tutti i suoi fratelli e bisbigliando loro qualcosa tipo
“riguarda loro due”. Si allontanarono, probabilmente per non ascoltare. Carlisle
aveva come sempre l’espressione serena dipinta sul volto, non riuscivo a capire
se fosse arrabbiato o meno. Mi diressi verso di lui con passo esitante; non sapevo
cosa dire. Fu lui a rompere il silenzio.
«Ciao Bella. Sono contento di vederti – mi lanciò un sorriso smagliante che mi
fece sentire ancora più in colpa – vedo che c’è stato un incidente alla tua
fasciatura. Che ne dici se te la rifaccio?»
«Carlisle, io… Mi dispiace!» capì subito che non era della fasciatura che
parlavo.
«Bella, le tue scelte riguardano solamente te ed Edward. Per quanto mi
riguarda, non è cambiato niente. Ti voglio bene quasi come se fossi mia figlia e il
fatto che tu abbia scelto Jake invece di Edward per me non cambia
assolutamente niente. E se vuoi saperlo, anche Alice e Esme la pensano così.
Non dico che non sarà difficile per Edward, non dico che ti dimenticherà, ma se
ne farà una ragione. Una scelta implica sempre e comunque una sofferenza. Hai
deciso così, e rispettiamo tutti la tua scelta, cara. E adesso perché piangi?» Non
riuscii più a trattenermi e mi gettai tra le sue braccia, singhiozzando disperata.
Mi fece sedere su uno scalino, poi mi accarezzò i capelli finché non mi calmai.
«Siete stati tutti così buoni con me… come fate a non odiarmi dopo quello che
ho fatto?!»
«Bella, Bella… odiarti sarebbe il sacrilegio più grande che potremmo fare.
Certo, Alice ti terrà il muso per qualche tempo visto che il matrimonio non si
farà più, ma posso garantirti che le manchi. Manchi a tutti».
«Si, come può mancare un mal di denti!» mormorai ancora con gli occhi
lucidi. Mi sorrise di nuovo senza dire niente.
«Adesso vorresti darmi quella mano, per favore?» la prese con delicatezza,
sciolse la fasciatura e la rifece, sempre con la stessa espressione serena sul
volto. Quando ebbe finito, arrivarono i lupi, e Jake si fece avanti.
«Bells, tutto bene?» Mi fissava preoccupato. Mi aveva visto piangere, ne ero
certa. Ma non era intervenuto, e questo la diceva lunga sul suo rispetto per
Carlisle e sul suo amore per me. Mi sentii il cuore sobbalzare di gioia.
«Sto bene, Jacob. Tutto bene. Adesso fatti visitare da Carlisle, da bravo».
Decisi che era meglio se aspettavo fuori, ero troppo scossa per stare nella stessa
stanza con un vampiro – per quanto dolce come pochi – e un licantropo enorme.
Carlisle uscì poco dopo, mi mise una mano sulla spalla e mi guardò negli occhi un
istante prima di parlare.
«Sta benone, Bella. Può trasformarsi di nuovo, se vuole, credo che ormai non
ci siano pericoli per le sue ossa. Bella?»
«Si?»
«Quel ragazzo ti ama alla follia. Farebbe qualunque cosa per te. Anche
lasciarti diventare un vampiro. Lo sai questo, vero? E comunque non può fare a
meno di te. Sei come l’aria per lui». Annuii.
«Per me è di più. Per me è il sole.»
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«Allora siete fortunati. Sii serena, Bella. Te lo meriti. E sappi che di qualsiasi
cosa tu abbia bisogno potrai contare sempre su di noi. Tutti noi. Sei della
famiglia, ormai. Anche se non sposi Edward.» Prima che potessi dire altro, mi
diede un bacio sulla fronte e si diresse verso la macchina. Restai impalata lì
fuori per qualche istante, quindi mi feci coraggio ed entrai in casa. Salutai Billy
che mi sorrise sornione, accennando con la testa in direzione della stanza di
Jacob. Gli altri erano rimasti fuori ad aspettare. Meglio. Non potevo certo
parlare davanti a tutti. Lo trovai alla finestra, come sempre solo con i
calzoncini. Mi mancò il respiro. Si girò e mi sorrise, spalancando le braccia per
accogliermi.
«Tutto bene?» Accidenti alla sua capacità di leggermi in faccia!
«Si. Carlisle… mi ha commosso, tutto qui.»
«Posso sapere cosa ti ha detto?»
«Ha detto che sono sempre parte della famiglia, anche se non sposo più
Edward. E se ho bisogno di qualcosa posso contare su di loro.»
«Mica male, il dottor Canino!»
«Oh, Jake!» mormorai sconsolata. Non era il momento di fare dell’ironia.
«Ti mancano, vero?»
«Si… mi dispiace.»
«Bella, sono i tuoi amici. Stavi per diventare parte della famiglia. E’ normale
che ti manchino. E’ normale che Alice ti manchi.» come aveva fatto a capire che
pensavo soprattutto a lei? Era così bravo a leggermi… «Però adesso è meglio che
ti fai una doccia, tra poco arriva Charlie… non vorrai farti trovare in questo
stato, vero? Vuoi vedermi morto?»
«Sicuro che a Billy non dia fastidio?»
«Vuoi scherzare?! Bells, sei di famiglia, e lo sai! Vuoi che ti insaponi la
schiena, piuttosto?»
«Sei un animale, Jacob».
«Solo per metà. Ma adesso è la parte umana che ti sta offrendo aiuto, Bells».
Sogghignava. Di nuovo. Oddio…
«Beh, diciamo che per questa volta faccio da sola, grazie!» presi di scatto gli
asciugamani che mi stava offrendo e trottai verso il bagno con finto cipiglio. Era
davvero impossibile quando sfoderava la sua faccia da schiaffi! Lo avrei preso a
pugni. Poi guardai la mano fasciata e mi dissi che non era una buona idea.
Almeno una mi serviva sana. Non volevo lasciargli la soddisfazione di dovermi
imboccare, si sarebbe divertito troppo!
La doccia ebbe il potere di distendermi i nervi, e quando uscii dal bagno ero
rinata. Tornai in camera di Jacob, mentre lui entrava in bagno a farsi la doccia.
Mi guardai attorno; era la prima volta che avevo tempo di guardare la sua
stanza. Mi resi conto che il letto era enorme, eppure la sera precedente
sembrava minuscolo con lui dentro… arrossii al pensiero della sera precedente,
mentre una vampata di calore mi salì dallo stomaco. Mi sedetti sul letto, a
fissare fuori dalla finestra. Non lo sentii rientrare se non quando fu vicino.
Talmente vicino che potevo sentire il suo profumo. Troppo vicino, maledizione!
Mi voltai di scatto, e rimasi come sempre senza fiato. Era uscito dalla doccia
solo con l’asciugamano in vita, i capelli bagnati che gli ricadevano sul collo e
minuscole goccioline e rivoletti gli scendevano sul torso scuro. Oddio, possibile
che dovesse proprio farmi quest’effetto tutte le volte che lo guardavo? Eppure
ero una persona razionale, santa miseria! Ma con lui tutta la mia razionalità si
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sbriciolava. Adesso sorrideva anche, quel sorriso che mi accendeva le giornate
come il sole, che mi scaldava il cuore… no, no… non era possibile… e dai, Jake,
guarda da qualche altra parte… smettila di fissarmi in quel modo… e soprattutto
mettiti qualcosa addosso, dannazione! Non puoi pretendere che io tenga le mani
a posto se ti comporti così!
«Che c’è Bells? Perché mi fissi in quel modo?»
«Perché, ti sembra normale?» Mi imporporai.
«Normale cosa?»
«Uscire dalla doccia in asciugamano in presenza di una ragazza…» non mi fece
finire, perché sbottò a ridere di gusto. Poi si avvicinò pericolosamente,
piantando gli occhi neri nei miei e baciandomi delicatamente. Si allontanò un
poco, parlando con le labbra che solleticavano le mie. E io come sempre mi
sentivo mancare. Infame, lui lo sapeva benissimo e ci stava marciando.
«Prima di tutto, Bells, tanto per mettere le cose in chiaro una volta per tutte,
tu non sei una ragazza, ma la mia ragazza. Secondo, mi era sembrato che ti
facessi un certo effetto…»
«Appunto!»
«Scusa, allora non ci arrivo.» sorrideva ancora. Cattivo!
«C’è Billy di là in salotto, e probabilmente anche Charlie… se entrassero…»
«Sono secoli che Billy non entra nella mia stanza senza bussare. E Charlie di
certo non lo farebbe.»
«A meno che non avesse buone ragioni di credere che io e te siamo rintanati
qui. Da soli. Con te mezzo nudo.»
«Ok, te lo concedo. Forse in quel caso butterebbe giù la porta a calci con la
pistola in pugno… ma ancora non è arrivato.» Mi prese tra le braccia, e
buonanotte alle mie intenzioni di essere razionale. Sarei andata certamente
all’inferno per i pensieri impuri che mi passavano per la testa, ma dubitavo che
l’inferno fosse più caldo delle sue braccia. Quindi lo avrei sopportato. Mi baciò
senza darmi il tempo di protestare, e mi tolse il fiato e ogni istinto di resistere
alle sue carezze. La sua schiena sembrava aspettare la mia mano, che lo
accarezzò facendolo rabbrividire. Ci staccammo giusto in tempo per sentire la
macchina di Charlie fermarsi, e dopo che si fu vestito fummo fuori dalla stanza
in un baleno. Arrivammo in salotto mentre lui entrava in casa, e vedendomi
accanto a lui sorrise compiaciuto.
«Bene bene tesoro… vedo che avete fatto pace voi due!» ammiccò
allusivamente alla mia mano stretta tra le sue. Quando me ne accorsi la ritrassi,
solo perché era quella ingessata e per permettere a Jacob di abbracciarmi.
Charlie sollevò un sopracciglio, meravigliato. Fu Billy a rompere il silenzio per
primo.
«Siediti amico, ci sono delle novità. Hey, hai portato la birra?»
«Certo che l’ho portata – alzò orgoglioso il braccio con la confezione intatta –
ma di che parli? Che succede? Bella? Volete spiegarmi?!»
«Smettila di agitarti, Charlie! Credo ti spiegheranno tutto loro… Vero Bells?»
mi sentii sprofondare quando lo sguardo indagatore di Charlie mi fissò
esterrefatto. Non mi lasciò parlare.
«Sei incinta! – non era una domanda, ma un’affermazione. Jacob ridacchiava,
dovetti dargli una gomitata nelle costole (che sicuramente neanche sentì) per
farlo smettere. – Bella, tesoro, se quel coso ti ha fatto qualcosa io…»
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«Papà, calmati… non sono incinta. Ma calmati per piacere, o ti verrà un
infarto. Solo che devo dirti un paio di cose… Accidenti Billy, non potevi chiudere
quella boccaccia?!»
«Bella, tesoro, qualunque cosa tu debba dirmi piccola stai tranquilla. Se non
sei incinta, qualsiasi guaio tu abbia combinato si aggiusta tutto.»
«Accidenti, ma perché pensate sempre tutti che abbia combinato qualche
guaio? Porca miseria papà!» Battei un piede a terra come una bambina.
«E adesso che c’entro io? Cercavo di indovinare il perché di quella faccia…
piuttosto, figliolo, ti consiglio di togliere quel braccio, se vuoi tenerlo ancora
attaccato al corpo. Se ti vede… hem… Edward, credo che te lo staccherà senza
dubbio.»
«Deve solo provarci, e stavolta glielo stacco sul serio, un braccio!» Nonostante
il sorriso sulle labbra, mi resi conto immediatamente che stavolta Jacob non
scherzava affatto. Decisi di intervenire.
«Papà, quello che faccio o non faccio da questo momento non sono più affari
di Edward Cullen.»
«Ti ha piantata un’altra volta?! Stavolta lo faccio a fettine… - fece per alzarsi
ma si bloccò - ma aspetta un attimo, perché sei così felice allora?» Si girò
interrogativamente verso Billy, che ridacchiava sornione.
«Papà, non mi ha piantata. Sono io che l’ho mollato, stavolta. Ho scelto
qualcosa di più… salutare.» e feci un cenno della testa verso Jake.
«Che mi prenda un colpo…. Billy, qui ci vuole del vino amico! Finalmente
quella sanguisuga si è levata dalle scatole! Prendi una bottiglia, dobbiamo
festeggiare!» si girò intorno vedendo che eravamo tutti immobili, raggelati da
quanto aveva detto. Per un attimo, un solo istante, tutti e tre pensammo la
stessa cosa. Sapeva tutto. Poi mi resi conto che probabilmente non si era
neanche reso conto di quello che gli era uscito dalla bocca.
«Scusa papà, come lo hai chiamato?!» cercai di mantenere un tono neutro.
«Sanguisuga, Bells. Perché, non è vero? Ti stava togliendo la vita, piccola…»
feci un risolino isterico, mentre mormoravo stringendomi più a Jake che a sua
volta strinse la presa baciandomi teneramente i capelli.
«Non sai quanto tu ci sia andato vicino, papà». Per fortuna Charlie non mi
sentì.
«Bene Bells, finalmente hai fatto qualcosa per te stessa… era ora! E…» indicò
eloquentemente col dito Jacob e me, lui che mi teneva ancora il braccio intorno
alla vita e io che non mollavo la presa per niente al mondo.
«Che c’è? Eppure ci hai visto insieme un sacco di volte, papà.»
«Non così, Bells. Sembrate incollati. Riesci a respirare, piccola?» Ma stava
sorridendo, il furbacchione.
«Papà, adesso non sarai geloso anche di Jake, spero?!» Gli lanciai
un’occhiataccia.
«Geloso?! Di Jake?! Starai scherzando, spero! Tesoro, ti giuro davanti a tutti
che il giorno che verrai da me e mi dirai che ti sei innamorata di questo ragazzo
mi ubriacherò a tal punto da non essere in grado di tornare a casa.»
«Ok – intervenne Billy ridendo – stappo la birra, intanto. Ah, Charlie?»
«Si Billy?» Charlie non smetteva di fissarci con gli occhi sgranati. Io ero ancora
un po’ tesa, ma Billy e Jacob ridevano oramai apertamente.
«Charlie, amico, credo che stanotte ti ubriacherai a tal punto da dover
dormire qui! Vado a prepararti il letto!» e continuò a ridere seguito da me e
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Jacob, e dopo un paio di “oh” di sorpresa si aggiunse anche Charlie, che oramai
aveva capito tutto.
«Beh, questa si che è una notiziona, Bells. Passami la birra, Billy! Forza
ragazzi, non state lì impalati… ho portato la pizza. Andiamo a mangiarla fuori,
che ne dite?» e così dicendo si diresse fuori. Lo seguii. Volevo parlargli da sola.
«Char… papà. Aspetta. Davvero non ti dispiace?»
«Vuoi scherzare tesoro? Io ho visto come eri ridotta dopo che Edward se n’era
andato. E ti ho vista dopo che hai iniziato a frequentare Jake. Quel ragazzo ti fa
bene, piccola. Ti scalda il cuore. Sembra quasi che la sua presenza ti illumini
come un sole. Se è quello che vuoi, hai la mia benedizione. Solo… tesoro… state
attenti…» agitò minacciosamente un indice davanti al mio naso.
«E dai papà! Non vorrai mica metterti a farmi ancora certi discorsi…»
«No, lo so già che la mamma mi ha preceduto… ma ho visto come ti guardava
Edward, come se fossi di porcellana. E ho visto come ti guarda Jacob.»
«E come mi guarda?»
«Come una donna. Una bella donna, aggiungerei. Protettivo, come se fossi
sua. Ma quello sguardo lo conosco, Bells. Guardavo tua madre nello stesso modo.
E infatti, abbiamo fatto piuttosto in fretta.»
«Dai, papà… stai tranquillo, ok? Faremo attenzione. Ti senti meglio adesso?»
Non disse niente, mi abbracciò goffo – non eravamo bravi coi sentimenti, noi
Swan – e raggiunse Billy che nel frattempo era uscito portandosi dietro pizze e
birre. Io e Jake mangiammo di corsa e poi andammo alla spiaggia, volevamo
stare un po’ da soli. Ci ritrovammo a rotolarci sulla sabbia umida come due
bambini, giocavamo e ridevamo per niente. Ogni tanto Jake mi baciava, e io
dimenticavo chi ero, dov’ero e cosa facevo. Ma venne il momento di tornare a
casa. A quanto pare Charlie aveva deciso di rimanere sobrio, dopo tutto. Quando
salii sul pick–up Jacob insistette per accompagnarmi fino a casa. Credo volesse
essere sicuro che non ci fossero vampiri ad aspettarmi, così lo accontentai. Mi
salutò davanti alla porta, ed era strano poterlo fare senza che Charlie spiasse. Si
fidava di Jake. Gli piaceva. Prima di andarsene mi baciò sul collo sussurrando:
«Lascia aperta la finestra, amore. Stanotte avrai visite.» sorrisi nel buio,
certa che avrebbe visto il mio viso. Mi diede un bacio lieve sulle labbra e corse
via, dopo tre passi era già su quattro zampe. Corsi in camera ad aprire la
finestra, come mi aveva chiesto, con un po’ di timore. E se fosse entrato
Edward? No, ero certa che non lo avrebbe fatto. Era troppo orgoglioso. E aveva
promesso. Mi cambiai velocemente, stavo per infilarmi il pigiama quando pensai
tra me che era perfettamente inutile, visto che dopo poco sarei stata senza e al
calduccio. Charlie bussò alla mia porta proprio in quel momento, costringendomi
ad infilarlo.
«Bells, possiamo parlare un attimo tesoro?»
«Che c’è papà? – andai ad aprire la porta e lo feci entrare. Si sedette sul mio
letto. – Sei nervoso. Cosa vuoi dirmi?»
«Bells, piccola… lo sai che non sono bravo con queste cose… voglio chiederti
una cosa, ma tu non devi mandarmi al diavolo e vorrei che mi rispondessi
sinceramente.» Era più imbarazzato di me.
«Avanti papà, sputa il rospo prima che tu muoia soffocato.»
«Ecco… ieri… sei rimasta da Billy… hai dormito con lui, vero?»
«Papà, sei impazzito?! Come ti viene in mente che possa aver dormito con
Billy?!» Ero paonazza.
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«Non parlavo di Billy, ma di Jake.»
«Ah» Stavo prendendo tempo per studiare le sue reazioni, ma se ne accorse.
Era in gamba, Charlie.
«Allora?»
«Si… ho dormito con lui. Papà, per favore…»
«No, lasciami finire, Bells. Va bene, non sono arrabbiato. Vorrei solo…»
«Cosa? Dai papà, questa conversazione sta diventando imbarazzante.»
«Ecco… preferisco sapere che siete sotto un tetto, piuttosto che nel bosco.»
«Papà, mi stai dicendo che se dovessi trovare Jake qui in casa con me la
mattina tu non gli spareresti?»
«Beh… dovrei farlo, a onor del vero, ma da un po’ di tempo sei così felice che
non ne avrei il coraggio. Sii felice, tesoro, è la sola cosa importante. E se questa
felicità implica una certa dose quotidiana di Jacob Black, beh sai che gli voglio
bene come se fosse di famiglia, no? Quindi farò finta di non sapere e non vedere.
Buona notte, Bells.»
«Buona notte, papà.» Mi aveva lasciata come un’idiota. Me ne stavo impalata
in mezzo alla mia stanza che non sapevo che dire. Un tonfo sordo dietro di me
mi fece riprendere dalle mie fantasticherie, e non ebbi neanche il tempo di
girarmi che trovai due braccia di acciaio che mi stringevano.
«A quanto pare abbiamo anche la benedizione di Charlie, adesso!» mormorò
ridacchiando tra i miei capelli.
«Hai origliato. Vergognati! Jacob Black, conosci per caso il significato della
parola privacy?»
«Non proprio… ho iniziato a dimenticarmene nel momento in cui sono entrato
nel branco, amore. Ma dobbiamo proprio parlarne adesso?» mi sollevò di peso e
mi buttò sul letto, e tanti saluti alla benedizione di Charlie. Indubbiamente
oramai ci aveva sentiti. Cercai di protestare, ma improvvisamente le mie labbra
si trovarono impegnatissime e il mio cervello completamente scollegato dal
corpo. Le mie mani si muovevano da sole, non riuscivo a controllarle per quanto
cercassi di farlo, e indubbiamente il corpo liscio, caldo e muscoloso sopra di me
non mi aiutava affatto.
La mattina ci trovò addormentati, abbracciati nel mio letto, Jake che mi
circondava la vita con fare possessivo e io con le braccia intorno al suo collo che
dormivo sul suo petto. Fu lui il primo a svegliarsi, e restò a guardarmi finché
anche io non aprii gli occhi sentendomi osservata. La mattina era grigia, come
tutte le giornate di Forks, ma stranamente luminosa ai miei occhi. Era come se il
sole avesse deciso di illuminare solo me. Il mio sole personale. Jacob Black.
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4. Buon compleanno, Bella
Gli ultimi mesi erano stati un sogno. Uno di quelli dai quali non vuoi mai
svegliarti, perché tanto sai che la realtà non renderà mai giustizia a quello che
vedevi nei tuoi sogni. Il tempo era trascorso così velocemente che quasi non mi
ero resa conto che fossimo già a settembre. Settembre… era il sei di settembre…
mancava una settimana al mio diciannovesimo compleanno… stavo diventando
vecchia, il tempo stava scorrendo inesorabilmente verso quella che consideravo
un’età infausta… Jake non sarebbe cresciuto ancora per tanto tempo, e la cosa
mi faceva stare male. E’ vero che lo sviluppo da licantropo lo aveva portato a
dimostrare venticinque anni, il che mi dava altri sei anni prima di potermi
preoccupare… ma certo, restava il fatto che io sarei invecchiata e lui no. Non
volevo pensarci, altrimenti sarei andata in iperventilazione. Dovevo mantenere
la calma. E soprattutto dovevo ricordare a tutti che assolutamente avrebbero
dovuto fingere che il mio compleanno non esistesse. Non volevo festeggiarlo,
non volevo neanche sentirne parlare. Dimenticatevi tutti il tredici di settembre,
per favore.
Scesi in cucina per prepararmi la colazione, Charlie che leggeva il giornale. Lo
salutai con un sorriso ebete, cosa normale oramai da quando Jake aveva preso a
frequentare la nostra casa assiduamente. Stamattina era uscito presto, aveva
detto che doveva fare dei giri, ma sospettavo che mi stesse scegliendo il regalo
di compleanno. Avrei dovuto fargli un bel discorsetto. Bello chiaro. Charlie si
schiarì la voce.
«Buon giorno, piccola. Dormito bene?» Mi guardava come se stesse studiando
le mie reazioni.
«’Giorno papà. Dormito benissimo, grazie. Perché mi guardi in quel modo
strano? Che succede?»
«Stai calma, Bells. Hai visite». E così dicendo indicò con il mento verso il
salotto, dove un’ombra scura era seduta sul divano. Si alzò con una grazia che
riconobbi immediatamente, e non potei fare a meno di restare di sale.
«Ciao Bella…» Era irrigidita, quasi si aspettasse una reazione negativa da
parte mia.
«Alice?! Che ci fai tu qui?» Ero talmente sorpresa che non reagii.
«Scusa, forse avrei dovuto telefonare… magari non…» Si sentì a disagio,
imbarazzata dal mio modo di fare.
«Alice, non dire sciocchezze! Sono così felice di rivederti…» istintivamente le
gettai le braccia al collo, e lei ricambiò l’abbraccio in modo naturale.
«Allora non sei arrabbiata con me?»
«Alice, perché dovrei essere arrabbiata con te? Credevo che tu lo fossi con
me. In fondo sono io che ho mandato a monte il matrimonio. Avevo paura che
volessi staccarmi la testa». Rise. Che bello sentire di nuovo il suono della sua
risata! Mi vennero le lacrime agli occhi dalla gioia.
«Bella, non sono arrabbiata con te. Certo, il fatto che tu abbia ferito Edward
mi è dispiaciuto,e lì per lì ti avrei strangolata… ma ti voglio bene, sei mia amica,
e credo di poter passare sopra a una cosa del genere». Mi aveva fatta sedere
accanto a lei sul divano, ma capivo che fremeva. Mi alzai di scatto e la presi per
mano, trascinandola fuori di casa.
«Andiamo a fare una passeggiata, Alice».
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«Va bene. Ciao Charlie, a presto spero». Uscimmo praticamente di corsa, non
mi diede quasi il tempo di prendere il giubbetto che era già diretta verso il
bosco. In quel momento arrivò Jake, che ci guardò torvo sfrecciare nella
direzione opposta. Gli feci cenno di stare tranquillo, ma avevo la sensazione di
non averlo convinto.
«Ok Alice, puoi fermarti. Qui Charlie non ci sentirà, e poi ho bisogno di
riprendere fiato. Che succede?»
«Già, vorrei saperlo anch’io. Che succede, succh… hem… Alice?» mi voltai di
scatto: Jake era furioso. Ci aveva seguite e adesso ci osservava in cagnesco, le
braccia incrociate. Sembrava stesse sputando fuoco.
«Tranquillo, Jacob. Ho solo bisogno di parlare con Bella.» Lei gli sorrise
tranquilla. Da quando tollerava così bene la presenza di Jacob? E soprattutto, da
quando gli sorrideva?
«Devi per forza farlo qui nella foresta? Non potevate parlare in casa?» Strano,
il suo tono non era aspro come mi aspettavo.
«Sai com’è… Charlie non è abituato a sentir parlare di vampiri e licantropi…
non vorrei gli venisse un coccolone.»
«Alice, per favore, dimmi che succede. Jake se ne stava andando». Lo guardai
torva.
«No, Bella, non importa. Lui può restare, non mi importa se sente. Era solo da
Charlie che volevo allontanarti. Volevo avvertirti che stiamo per partire. Ce ne
andiamo da Forks, Bella.»
«Tutti? Anche… Carlisle, Esme… tutti?»
«Si Bella, ce ne andiamo tutti. Edward ancora non si è ripreso come potrai
immaginare, e pensiamo che un cambiamento d’aria possa fargli bene». Mi sentii
mancare. Alice stava per afferrarmi, ma Jake fu più veloce e mi strinse tra le
braccia. Tremavo.
«Dai Bells, non fare così… grazie tante, Alice. Certo che sei la sensibilità fatta
persona…»
«Scusami Bella, ma non credevo che avresti reagito così. Se avessi saputo che
pensare a Edward ti faceva così male… non ti avrei detto…»
«Alice, ma non capisci?» parlavo con la faccia contro il petto di Jacob. Per
fortuna oggi era vestito… «non mi importa di Edward… cioè, mi dispiace che lui
stia ancora male e che non si sia ripreso, ma non è per questo che ho reagito
così…»
«E perché allora?» Il suo viso da folletto era sinceramente dubbioso.
Mi girai verso di lei e la guardai un istante con gli occhi pieni di lacrime, la
fissai come se vedessi un estraneo.
«Perché non voglio che tu te ne vada Alice! Sei la mia migliore amica!» quasi
urlai. Accadde tutto in un istante: Jake sciolse l’abbraccio – come mi conosceva
bene! – Alice allargò le braccia con un singhiozzo e io mi gettai nel suo abbraccio
freddo. Adoravo il suo profumo. Era la cosa più dolce che avessi mai sentito. E
non lo avrei sentito più.
«Bella, piccola… smettila di piangere… non andiamo così lontano…» Cercava
di consolarmi accarezzandomi i capelli.
«E dove state andando?»
«Partiamo per l’Alaska. Staremo a Denali per un po’.»
«Ma tornerete, vero?»
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«Non lo so, Bella. Non posso prometterti niente. E’ ancora tutto molto
confuso. Ma se avrai bisogno di noi, basta che ci mandi a cercare… loro – e indicò
col mento Jacob – sanno dove trovarci. Adesso vuoi calmarti, per favore? Se ti
faccio piangere così Jake finirà per uccidermi». Mi sorprese il fatto che
sorridesse, ma mi sorprese ancora di più il fatto che usasse il nomignolo di
Jacob. Da quando erano così in confidenza? Eppure quando si guardavano non
c’era segno di ostilità nei loro sguardi.
«Ok, mi calmo. Quando partirete?»
«Tra una settimana.»
«Ma è il mio compleanno!» Non aveva senso quello che avevo detto, me ne
resi conto dopo.
«Non mi sembrava che ti piacessero i compleanni! Comunque non farebbe
differenza, visto che immagino festeggerai a La Push.»
«Si, beh… io… credo di si…» non ci avevo pensato, ma probabilmente sarebbe
finita proprio così.
«Ecco, vedi? Avevo ragione. Sono qui per darti i tuoi regali di compleanno.»
«I.Miei.Regali.? Alice, quanti sono?»
«Uno da parte di Esme e Carlisle, uno da Emmet e Rosalie, e uno da Jasper e
me.» Ci rimasi male quando non citò Edward. Sembrò quasi leggermi nel
pensiero, perché mi sollevò il viso con un dito e mi piantò gli occhi d’onice negli
occhi.
«Edward non ha voluto farti niente per due motivi, Bella. Primo, perché sa
che detesti i regali. Secondo, perché ha detto che ti ha già fatto il regalo più
importante, e quello non se lo riprenderà mai. Ti ha regalato il suo cuore, e
quello sarà tuo per sempre». Sorrise, indicando distrattamente il braccialetto
con il ciondolo di Edward che mandava bagliori infuocati. Il ruggito di Jake mi
fece sussultare, ma lui non disse niente.
«Vorrei che aprissi prima il mio, per favore». Alice mi porse una scatolina
piccola piccola, incartata con della carta d’argento. Io ero titubante, visto
l’ultimo episodio in casa Cullen. Jake sembrò capire il mio imbarazzo, quindi mi
prese il pacchetto dalle mani tremanti e con un sorriso da togliere il fiato iniziò
a scartarlo.
«Spero che a Alice non dispiaccia se ti do una mano, Bells».
«Mi hai battuta sul tempo, Jake. Visto quanto è maldestra…» e risero tutti e
due. Ok, il mondo stava andando al contrario. Prima, Rosalie che mi aveva
addirittura mandato un regalo di compleanno, adesso Jake e Alice che ridevano
insieme come vecchi amici… c’era qualcosa che non andava. Jake mi porse la
scatola, che aprii con cautela per non far cadere il contenuto. Era una catenina
delicatissima con un ciondolo in onice che riconobbi subito. Era la collana
preferita di Alice.
«Alice, ma questa… non dovevi! E’ la tua preferita!»
«Lo so, ma voglio che la tenga tu. Dici sempre che i miei occhi ti ricordano
l’onice… ecco, così ti ricorderai dei miei occhi.»
«Oh, Alice… non c’è bisogno di questo gioiello per ricordarmi i tuoi occhi! Non
li dimenticherò mai.» l’abbracciai di nuovo. Doveva sentirsi a disagio e si stava
commuovendo, perché sciolse l’abbraccio immediatamente.
«Non vuoi vedere gli altri regali?»
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«Certo, assolutamente.» tesi la mano paziente mentre Alice rovistava nella
borsa che portava a tracolla. Ne estrasse prima di tutto un’altra scatola,
piuttosto piccola, che porse nuovamente a Jake.
«Questo è da Rose e Em. Spero che ti piaccia». Jake aveva già strappato la
carta, e mi porgeva il contenuto della scatola. Quasi mi venne un colpo.
«Ma questo è…»
«Il braccialetto che porta sempre Emmet. Veramente ne abbiamo uno per
uno… è un po’ un simbolo della nostra famiglia, come dire che chi lo porta è un
Cullen.»
«E lui ha voluto darlo a me? Oh, Em…» mi vennero le lacrime agli occhi.
«Beh, ad essere sinceri non è il suo… ma è stata sua e di Rose l’idea. Lo hanno
fatto fare. Credo che il messaggio sia chiaro, Bella…»
«Credo anche io. Abbraccia Em e Rose per me, Alice.»
«Lo farò. E ne saranno felici, credimi». Sorrideva con quel suo visino da
folletto. Mi si strinse il cuore a pensare che tra una settimana se ne sarebbero
andati. L’ultimo regalo era di Carlisle e Esme. Non ebbi bisogno di aprirlo per
capire di cosa si trattasse. Era la croce di legno del padre di Carlisle. C’era un
biglietto all’interno, scritto con la grafia sottile e delicata di Esme.
“Bella, cara… cercavamo disperatamente qualcosa che potesse ricordarti di
noi… abbiamo pensato che questo simbolo potesse essere il regalo più adatto
per lasciarti una parte importante della nostra famiglia… a parte i nostri cuori,
tesoro. Quelli li hai già tutti con te.
Non ti dimenticheremo mai. Addio, figlia mia.
Con amore, Esme e Carlisle.”
Scoppiai a piangere. Mi sentivo cretina, ma non riuscii a farne a meno. Quella
famiglia mi aveva aperto la loro casa, la loro vita, il loro cuore, e io li avevo
ricambiati con un sonoro calcio nel sedere. Mi sentivo in colpa. Mi rifugiai sicura
tra le braccia di Jacob, che mi accolse stringendomi forte nel suo abbraccio
caldo mentre Alice si era avvicinata e mi accarezzava i capelli per calmarmi.
«Tranquilla Bella, ti prometto che ci rivedremo. Ti lascio i nostri numeri, e
quando ci saremo sistemati troverò il modo di farti sapere dove siamo. Non ce
ne andiamo per colpa tua, ricordatelo. Ti voglio bene, Bella». Se avesse potuto
piangere lo avrebbe fatto, perché uno strano singhiozzo le uscì da petto.
«Anche io ti voglio bene, Alice». Non riuscivo a togliere la faccia dal petto di
Jake. Non riuscivo a guardarla. Sapevo che se mi fossi girata non l’avrei lasciata
andare via, e non era giusto. «Di’ agli altri che mi mancano, va bene? E che vi
voglio bene».
«Se n’è andata, Bells. Credo fosse troppo anche per lei». Cercò di calmarmi
con parole dolci e baci, mi accarezzava il viso e i capelli e alla fine mi calmai.
Cercai di asciugarmi gli occhi, di ricompormi quel tanto che bastava per evitare
le domande di Charlie. Anche se sapevo già che ce ne sarebbero state. Quando
fui pronta Jake sciolse l’abbraccio, anche se continuava a tenermi stretta a sé, e
mi ricondusse a casa. La spiegazione a Charlie venne rimandata; trovai un
biglietto che diceva che era andato a pescare con Billy e che sarebbero tornati
tardi. Bene. Avevamo la casa tutta per noi. Jake mi fece sedere sul divano senza
parlare, mi strinse forte e cominciò a baciarmi in un modo che mi fece
dimenticare subito dei Cullen.
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Era il tredici. Il tredici di settembre. Quella mattina avevo ufficialmente
diciannove anni. A quanto pareva tutte le mie raccomandazioni di non dare
importanza alla cosa non erano servite a niente. Emily non aveva voluto sentire
ragioni, con il risultato che quella sera ci sarebbe stata un’enorme festa a La
Push, tutti invitati nessuno escluso. Emily a volte somigliava in maniera
spaventosa ad Alice: quando si metteva in testa una cosa, era praticamente
impossibile farle cambiare idea. Quando Jake me lo disse, qualche ora prima,
andai su tutte le furie. Doveva essere una festa a sorpresa, mi disse, ma dato
che sapeva bene come avrei reagito lui aveva preferito raccontarmi tutto.
Meglio per lui. Stavolta altrimenti avrei preso la mazza da baseball. Sapevo dove
procurarmene una. In acciaio.
Merda. Il fermaglio mi cadde dalle mani. Ero maledettamente nervosa, per
una che odiava i compleanni. Ero davanti allo specchio e mi stavo vestendo… o
almeno ci stavo provando, ma i risultati non erano esattamente quelli sperati. Mi
sentivo a disagio dentro quel vestito, mi sentivo goffa e sgraziata e soprattutto
non sapevo come reagire. Arrabbiarmi con Emily non mi avrebbe certo fatto
sentire meglio, dopotutto lei era stata gentile con me. Mi guardai allo specchio
un’ultima volta per controllare il risultato. Sospirai. Meglio di così non potevo
fare. Il vestito, di un azzurro carico, lasciava le spalle scoperte e scendeva
morbido fino ai fianchi mettendo in risalto il seno. Era corto, maledettamente
corto,quel coso. Avevo dato retta a Leah e Emily finendo per credere che mi
stesse bene, ma in quel momento mi sentivo un elefante in un negozio di
cristalli. Ma come diavolo mi era venuto in mente di comprarlo?! E quelle
scarpe… sarei inciampata diecimila volte… non mi sarei potuta staccare da Jake
neanche un attimo. Come se la cosa mi fosse dispiaciuta! Sorrisi tra me e mi
gettai lo scialle intonato sulle spalle, quindi scesi di sotto. Avevo sentito il
clacson della Wolkswagen di Jacob, segno che era già ad aspettarmi. Quando
aprii la porta rimasi a bocca aperta. Era favoloso. Per una volta aveva
abbandonato le solite magliette sbrindellate e si era infilato una camicia,
bianca, piuttosto attillata… beh, diciamo che tanto qualunque camicia su di lui
sarebbe risultata attillata… oh, santo cielo… questo non aiutava… e i suoi jeans
per una volta erano lunghi e neri, i capelli sciolti come piacevano a me.
Maledizione, era da spogliare. Sospirai.
«Vogliamo andare?» gli dissi in preda al panico. Era rimasto impalato sulla
porta di casa mia, con la bocca mezza aperta, a fissarmi sbigottito. «Jake?!»
«Dio mio Bells… così rischio l’infarto! Ti rendi conto che stasera dovrò tenerti
lontani tutti?»
«Ma non dire fesserie Jake… mi ronzeranno intorno per dovere solo perché è il
mio compleanno, insignificante come sono!»
«Isabella Marie Swan, vuoi per favore smetterla di dire che sei insignificante?
Sei la donna più bella che io abbia mai visto… e stasera… Andiamo, è meglio. Il
mio autocontrollo ha un limite.» sospirò, mi prese per mano e mi condusse
all’auto, dove mi aprì la portiera e mi fece salire. Un vero gentiluomo.
Arrivammo a casa di Emily quando tutti gli altri erano già lì ad attenderci. Ci
venne incontro Sam, con il suo passo agile, seguito da Seth che mi guardava ad
occhi sbarrati per lo stupore. La festa si rivelò piacevole, Emily era una padrona
di casa fantastica e aveva preparato praticamente di tutto. L’unico problema
era che infilare dieci ragazzoni troppo cresciuti dentro la sua casetta insieme
altre persone faceva mancare il respiro. Uscii a prendere una boccata d’aria.
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Venni raggiunta da Jacob, che mi abbracciò come sempre. Oramai non ci
staccavamo più, sentivamo quasi la necessità fisica del contatto.
«Bells, sei qui… troppo affollato, là dentro, eh?!»
«Già… mi mancava l’aria.»
«Hai ragione – sorrise – casa di Emily è decisamente piccola. Sai che ancora
non hai aperto il mio regalo di compleanno?»
«Ancora non me lo hai dato…» Lo guardai di sottecchi, sospettosa.
«Veramente ho un po’ paura, sapendo le reazioni che hai con i regali…»
sorrideva incerto, e quel suo sorriso mi provocò un tuffo al cuore.
«Dai Jake… dopo tutto questo tempo dovresti saperlo che non riesco ad
arrabbiarmi con te! Fa’ vedere, coraggio…» tesi la mano, un po’ titubante. Jake
sospirò e mi mise in mano un sacchetto di cotone colorato, molto simile a quello
in cui aveva messo il mio regalo di diploma. La cosa mi fece sorridere,
ripensando a quanto fosse diversa la situazione allora. Mi strinse la mano che
conteneva il sacchetto, quindi mi abbracciò e mi diede un bacio. Mi girava la
testa, come sempre.
«Prima che ti arrabbi, vorrei dirti una cosa. Cerca di non vedere in quel regalo
qualcosa che non c’è.» Sorrideva ancora, sempre incerto.
«Jake, io non… e va bene, promesso. Adesso posso aprirlo?» tolse la mano
enorme dalla mia, permettendomi di sciogliere i laccetti del sacchettino. Come
sempre avevo qualche difficoltà di coordinazione, ci misi un po’ a disfare i nodi.
Ma quando il contenuto scivolò sul palmo della mia mano, il mio cuore perse un
battito e rimasi senza parole. Tutta una serie di emozioni erano apparse sul mio
volto, ero diventata rossa come un pomodoro e mi sentivo a disagio, non sapevo
cosa fare. O cosa dire. Fu Jacob a togliermi dall’imbarazzo.
«Allora? Sei arrabbiata?» Jacob era visibilmente a disagio, spostava il peso da
una gamba all’altra e guardava per terra imbarazzato. Gli misi un dito sotto il
mento per fargli alzare lo sguardo su di me, quindi lo fissai con espressione
seria. Volevo studiare un attimo le sue reazioni.
«Jacob Black, vorresti cortesemente dirmi cos’è che non dovrei vedere in
questo regalo? Il messaggio mi sembra piuttosto chiaro». Finsi un tono arrabbiato
che non era reale.
«Ecco, ti sei arrabbiata… lo sapevo che non era una buona idea…»
«Jake, non sono arrabbiata. Sono sorpresa. Voglio cercare di capire che cosa
stai cercando di dirmi. Non mi starai chiedendo di sposarti?» Non avrei resistito
altri cinque minuti senza ridere. Non ne potevo più.
«No… credo di no… cioè… se tu non vuoi… ecco… Oh, maledizione Bells, ti ho
detto che non c’è niente dietro quel regalo. Semplicemente cercavo un modo
per farti capire che sei mia, che ti amo e che sei la donna della mia vita». Non
finì di parlare, perché gli gettai le braccia al collo e lo baciai. Uno dei nostri
baci, quelli infuocati che facevano tremare la terra.
«Sapevo già di essere la donna della tua vita, credo che tu me lo abbia
spiegato abbastanza chiaramente in passato, Jake. Ma il braccialetto Quileute ha
un significato particolare, e tu lo sai. Non puoi dirmi di non vederci niente
dietro». Lo stavo ancora abbracciando, e sentivo il calore del suo corpo contro il
mio, con il risultato che cominciavo a non sapere più cosa stessi dicendo. Il suo
profumo quella sera era particolarmente intenso, mi stava facendo uscire di
testa. Sentivo le sue braccia forti sulla schiena, e neanche questo aiutava. Poi
sorrise piantandomi gli occhi infuocati in viso, e fu la goccia che fece traboccare
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il vaso. In quel momento avrei potuto fare e dire qualsiasi cosa. E probabilmente
lo sapeva.
«Sai che sei favolosa stasera? Quel vestito ti sta così bene… che vorrei
togliertelo al più presto!»
«Stai cambiando discorso, Jacob Black?» cercai di mantenere ferma la mia
voce, ma il tentativo fallì miseramente quando mi strinse ancora di più.
«Mi sa che ci ho provato troppo spudoratamente, eh? Bella, non voglio
costringerti a dire niente di cui non sei sicura. Fosse per me ti sposerei anche
domani… » non finì. Lo stavo baciando di nuovo, solo che stavolta c’era un po’
troppo impeto nel nostro discorso per poter continuare così. Accidenti, ma
perché con lui era tutto così stramaledettamente facile? Staccandosi, mi prese
per mano e mi trascinò via correndo.
«Vieni con me».
«Ma dove mi porti?! Jake!»
«Nel mio garage. Sto per fare qualcosa per cui tuo padre potrebbe fucilarmi,
meglio non avere testimoni». Arrivati al suo garage mi baciò ancora, con tanta
foga che quasi non riuscimmo ad aprire la porta. Feci per accendere la luce, poi
mi ricordai che lui vedeva bene di notte per tutti e due e quindi impegnai le
mani in qualcos’altro. In men che non si dica, si ritrovò senza camicia, a torso
nudo. Com’era possibile che ogni volta che passavo le mani su quei muscoli sodi
e caldi andavo nella stratosfera? Oramai avrei dovuto esserci abituata. E
com’era possibile che le mie mani facessero lo stesso effetto anche a lui, dopo
tutto quel tempo? Era sceso sulla mia gola, mi stava baciando il collo e le spalle,
e lo sentivo fremere di piacere. Io stavo già gemendo. Imbarazzante. Ma non
potevo farne a meno. Mi sollevò con un braccio e mi mise a sedere sul bancone
di fronte a lui.
«La tua pelle ha un profumo da far venire l’acquolina in bocca, Bells. Credo di
capire cosa intendesse Laurent, sai? Il tuo odore mi fa veramente impazzire.»
«Se è per questo anche il tuo è da perdere la testa. Quella notte nella radura,
quando Victoria… beh, hai capito… quella notte, quando ti sei infilato nel mio
sacco a pelo, ti ho infilato il naso nel collo con la scusa di scaldarlo, ma era solo
perché non riesco ad essere razionale quando sento il tuo odore. Perdo
completamente il controllo».
«Succede anche quando ti bacio, piccola».
«Si, beh… adesso non vantarti, spaccone!»
«Bella, io e te siamo le due metà della stessa cosa, ancora non te ne rendi
conto? Mai sentito parlare di anime gemelle?»
«Santo cielo come sei romantico stasera Jacob Black! Non ci sarà mica la luna
piena!»
«E dai, Bells, non scherzare… sto cercando di dire una cosa seria, una volta
tanto…» Sospirò rassegnato, sorridendo.
«Senti Jake, perché non rimandiamo tutto da qui a due mesi?»
«Che succede fra due mesi?»
«Diventi maggiorenne, scemo!»
«E… cosa cambia?»
«Cambia, che se mi chiedi di sposarti se dovessi dirti di si non mi arrestano!»
il suo sguardo si illuminò all’improvviso.
«Perché, mi diresti di si?»
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«Non lo so ancora, signor Black. Ci devo riflettere». Ma ridevo apertamente, si
capiva che lo stavo prendendo in giro. Non ero mai stata brava a bluffare.
Ridiventò di colpo serio e mi piantò gli occhi neri in viso.
«Bells, non devi decidere ora. A me importa solo di stare con te per tutta la
vita, non mi importa se ci sposiamo, come lo facciamo e quando. La sola cosa
che voglio è restarti accanto per tutto il resto della nostra vita.»
«E’ proprio per questo, Jake. Ma non capisci? Tu non mi hai forzato, non mi
hai chiesto niente. Semplicemente mi hai messo al braccio un simbolo di
impegno eterno – no, conosco molto bene il significato del braccialetto, Jake. So
che è l’equivalente di un anello di fidanzamento – ma non hai preteso una
risposta, questo braccialetto per te sta solo a simboleggiare il tuo amore per
me. La tua voglia di starmi accanto. Il tuo desiderio di vedermi felice. E io in
cambio voglio farti una promessa analoga. Che sia davanti a un prete, un rabbino
o il capo della tribù dei Quileute, va bene ugualmente.»
«Sai che ora come ora il capo della tribù è Sam?»
«Tutto più facile, quindi. No? Anche se sappiamo bene entrambi chi dovrebbe
essere il capo, Jake.»
«Ne abbiamo già parlato, Bells. Non voglio. E’ una responsabilità che non
voglio prendermi.»
«Lo so bene, e ti capisco credimi. Senti Jake, non mi fraintendere… pagherei
oro per restare qui con te tutta la notte, seduta sul tuo tavolo degli attrezzi con
te mezzo nudo che mi abbracci, ma credo che se non torniamo da Emily mio
padre ci ucciderà di sicuro. E poi dovrai anche spiegargli come mai con te non ci
è riuscito…»
«Già… e a me toccherà ripulire il casino! Hai ragione, andiamo. Sarà meglio
che ti rivesta.»
«E’ incredibile quanto poco impieghino i miei vestiti a finire in terra…»
«Anche i miei, se è per questo!» E inarcò allusivamente un sopracciglio verso
la sua camicia, davanti alla porta. Ridemmo di gusto mentre ci vestivamo, quindi
mi prese la mano e tornammo verso il luogo della festa.
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5. Fidanzamento.
Quando arrivammo tutto il branco era fuori in veranda ad aspettarci. Nessuno
aveva l’aria preoccupata, segno evidente che sapevano benissimo che fine
avessimo fatto. Sam rideva sotto i baffi, sornione.
«Hey, Bells… ancora non hai ballato con me!» Seth mi allungò una manona
sorridendomi dolcemente.
«Hem… Seth? Meglio lasciar perdere… tu non mi hai mai vista ballare, ma ti
garantisco che non sono proprio un bello spettacolo!»
«Dai sorellina, fidati di me! Sono un ballerino provetto, io!» E così dicendo mi
prese per un braccio e mi trascinò praticamente dentro, mentre Jacob ci urlava
un “in bocca al lupo” tra le risate scroscianti. Mi voltai per fargli una linguaccia
al volo prima che Seth mi trascinasse definitivamente via. Quando passammo
davanti a Emily, la vidi farmi gesti significativi verso la mia guancia destra. Mi
toccai, e scoprii con sommo orrore che ero sporca di grasso… ecco! Adesso tutti
si sarebbero accorti dove eravamo stati io e Jake. Non ebbi il tempo per
riflettere, perché Seth mi aveva praticamente tirato sulla pista da ballo, e
adesso mi stava stringendo a sé per ballare. Dovevo ammettere che non era
male, effettivamente sapeva ballare molto bene e mi ritrovai anche io ad essere
meno goffa del solito. La musica cambiò e lui strinse di più, ma subito un ringhio
cupo alle sue spalle gli fece mollare la presa.
«Vedi di mollare la mia donna, moccioso!» Jacob l’aveva trapassato con lo
sguardo.
«Scusa fratello, non volevo fare niente di male… eddai Jake, non essere
geloso!» Seth stava ridendo, ma intanto mi aveva lasciata tra le braccia enormi
di Jacob.
«Tu permetti che io balli con la mia ragazza, vero Seth?» gli fece eco Jacob
con un sopracciglio alzato. Il messaggio era chiaro: stringi ancora, e ti azzoppo.
Jacob mi circondò la vita con le braccia, ed iniziammo a ballare stretti stretti.
«Geloso, come sempre, eh?»
«Tesoro, quando stringi tra le braccia la ragazza più bella della festa, faresti
a pezzi chiunque le si avvicini».
«Non pensi che potrebbe essere lo stesso per me?» sollevò un sopracciglio con
fare interrogativo.
«Ti ho visto ballare con Leah, prima… forse anche io avrei voluto azzopparla!»
«Andiamo! Non sarai gelosa di Leah! Quella rompiscatole?! Ma per favore,
Bells!»
«Sarà pure una rompiscatole, ma è davvero molto molto bella, Jake».
«No, Bells. Lei è carina. Tu sei bella. Anzi, tu sei bellissima. E lo sai che amo
solo te». Mi sfiorò delicatamente una guancia, poi mi sollevò il mento con la
mano per darmi un bacio lieve sulle labbra. Ci stavano guardando praticamente
tutti, mi sentivo talmente a disagio che avrei voluto sprofondare. Probabilmente
lo avrei fatto, se non fosse stato per le braccia di Jacob che mi tenevano
saldamente.
«Tu lo sai, vero, che tutti i tuoi fratelli vorranno ballare con me, stasera?»
volevo stuzzicarlo per vedere la sua reazione, ma era vero. Stasera ero io al
centro dell’attenzione e tutti mi avevano chiesto di ballare.
«Bisogna prima vedere se ci riescono! Dovranno passare sul mio cadavere. E
visto che sono il più grosso, dubito che qualcuno oserà farlo».
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«Gesù Jake! Se avessi saputo che eri così geloso, non ti avrei detto quello che
ti ho detto prima…»
«A proposito di?»
«A proposito di questo… e sollevai il polso a cui mi aveva agganciato il
braccialetto. In quel momento il grido di gioia di Quil sovrastò la musica.
«Hey… guardate il polso di Bella!» mi sentii gelare. Tutti si girarono a
fissarmi, compreso mio padre. Anche lui sapeva molto bene cosa fosse quel
braccialetto. Fissai per un secondo Jacob, convinta che lo avrebbe fatto a pezzi
davanti a tutti, ma quando vidi che era relativamente tranquillo, mi rilassai.
«Che ne dici, riusciresti a fare a meno del tuo caro amico Quil?»
«Perché, hai intenzione di strangolarlo?»
«L’idea era quella…»
«Ti do una mano… - mi sorrise, poi aggiunse - Vai a parlare con Charlie, credo
sia meglio se non mi faccio vedere per un po’».
«Mi sembra un’ottima idea». Mi diressi verso l’angolo in cui era seduto mio
padre, vicino a Billy e Sue che sembravano impegnatissimi a chiacchierare. Billy
si girò verso di me sorridendo, e mi fece un cenno di approvazione con la mano.
«Papà, possiamo parlare un attimo?»
«Qui, Bells? O vuoi che andiamo fuori?»
«No, qui… meglio davanti a testimoni, almeno non farai a pezzi Jake».
«E perché dovrei volerlo fare a pezzi, tesoro?»
«E dai papà, non fare finta di niente… lo hai visto anche tu il braccialetto… e
anche tu saprai che significa. O no?»
«Certo che lo so. Lo regalai anche io a tua madre». Avevo la netta sensazione
che Charlie si stesse divertendo. Lo vedevo sogghignare compiaciuto.
«Tu cosa? Non lo sapevo! Papà – sbottai – mi vuoi dire che ne pensi, per
favore? Se sei arrabbiato?»
«Bella, tesoro, ti ricordi cosa ti ho detto qualche tempo fa a casa di Billy?
Jacob è uno di famiglia, ho sempre dato per scontato che ti avrebbe protetta da
tutto… beh… si, anche da Edward. Direi che davo per scontato anche questo.
Non sono arrabbiato. Sorpreso magari, ma non arrabbiato».
«Dici sul serio, Charlie?» la voce roca alle mie spalle mi fece voltare di scatto
giusto in tempo per trovarmi vicino Jacob, che mi cingeva la vita con un braccio
con fare protettivo.
«E secondo te io scherzerei su mia figlia, Jake? Figliolo, per quanto bene io
possa volerti,e per quanto ti consideri già uno di famiglia, ti giuro che se la
riduci nello stato in cui era ridotta quando quell’altro… beh, hai capito, ti sparo.
Sono stato chiaro?»
«Stai tranquillo Charlie, non succederà mai. Non le farei mai del male, io. A
costo di strapparmi il cuore». Un brivido strano mi passò lungo la schiena. Jacob
era stranamente serio mentre lo diceva, e le sue parole mi misero a disagio.
«Lo spero bene, figliolo. Lo spero bene. O sarò io a strapparti il cuore».
Charlie stava sorridendo, ma si vedeva che in fondo era serio. Fu Billy a
interrompere quel battibecco scherzoso con la sua vociona tonante.
«Qui ci vuole un bel brindisi. Emily, che ne dici di portare la torta? Credo
proprio che ci sia da festeggiare!»
«Billy, per te ogni scusa è buona per festeggiare, ma devo ammettere che
stavolta hai ragione. Vieni Bella, devi tagliare la torta». Emily mi prese per
mano come se fosse la cosa più naturale del mondo per trascinarmi verso il
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tavolo alla parete in fondo al salotto dove campeggiava un’enorme torta di
cioccolata farcita. Le sorrisi, aveva veramente superato se stessa.
«Emily, io non so davvero come ringraziarti… hai fatto un lavoro enorme!»
«Sciocchezze, sciocchezze. Quando ti abitui a cucinare per dieci lupi
perennemente affamati, tutto diventa più facile. E poi… oramai sei mia sorella
Bells, quindi quello che è mio, è tuo. Tranne Sam…» e scoppiammo a ridere di
gusto. Era così facile ridere con Emily… la abbracciai di slancio, commossa,
mentre ancora ridevamo. Due voci alle nostre spalle ci fecero separare.
«Possiamo sapere perché state ridendo così di gusto voi due?» Sam non
toglieva mai gli occhi di dosso a Emily, anche quando era lontano. Con sorpresa,
mi resi conto che un tempo mi sentivo in imbarazzo davanti a loro, consideravo
stucchevoli i loro sguardi, il loro rapporto, senza rendermi conto che fin
dall’inizio Jacob mi guardava alla stessa maniera. Sentii il suo sguardo su di me,
e subito dopo il suo profumo mi avvolse e le sue braccia mi circondarono.
Guardai di sottecchi Emily e lei mi strizzò un occhio con complicità.
«Funziona sempre così, quando sei vicino al tuo licantropo? Voglio dire, anche
tu senti arrivare Sam?»
«Già… credo di si, sai Bella? Credo che oramai siamo talmente attratte dal
loro profumo, che lo riconosciamo a chilometri.»
«Si, ma non è solo quello…»
«Lo so Bella, lo so…» e mi strizzò nuovamente un occhio, compiaciuta. Aveva
capito perfettamente dove volevo andare a parare, ed era d’accordo con me.
Tagliai la prima fetta di torta, come da tradizione, e la porsi a mio padre. Poi la
tagliammo per tutto il branco e Billy, quindi per tutti gli altri invitati. Alla fine,
l’ultimo pezzo rimase per me. Andai a mangiarlo fuori, al fresco insieme agli
altri. Io e Jacob ci sedemmo sugli scalini, uno di fronte all’altro, con la nostra
razione di torta, ridendo come due bambini. D’istinto, ne presi un po’ dal mio
piatto e gliela porsi. Lui scoppiò a ridere a disagio, e tutti gli altri ci fissarono un
po’ imbarazzati. Fu Emily a spiegarmi la ragione.
«Io non lo farei se fossi in te, Bella.» rimasi con la forchetta a mezz’aria.
«Perché? Che c’è di male?»
«Niente, se avete intenzione di sposarvi nei prossimi mesi». La mia
espressione doveva essere davvero sconcertante, perché tutti esplosero in una
fragorosa risata e Emily li zittì con lo sguardo.
«Quello che stai facendo, generalmente nella nostra tribù è una promessa di
matrimonio, che si fa normalmente poco prima di sposarsi. Quindi ci penserei
bene, sicura di volerti impegnare con questo spaccone?» adesso rideva anche lei.
«Mi sa che sono proprio nei guai, allora…» allungai di nuovo la mano con la
torta verso Jake, che fece lo stesso con me con gli occhi che gli brillavano di
gioia. Gli sorrisi nuovamente, e d’un tratto rividi il Jacob che avevo rivisto due
anni prima, sulla spiaggia. Capii in quel preciso istante che era di quel Jacob che
mi ero innamorata. Subito. A prima vista.
«Bene fratello, credo che adesso tu sia davvero nei guai… mi sa che è meglio
che teniamo Charlie lontano dal fucile per un po’…» Sam strizzò un occhio a
Emily sogghignando divertito.
«Non è nei guai, Sam. Mio padre già sa tutto… e non ha neanche tirato fuori la
pistola dalla fondina, direi che quindi possiamo stare tranquilli.»
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«Ma come….» gli occhi di Sam corsero istintivamente al mio polso sinistro, che
feci oscillare apposta per mettere in mostra il braccialetto. Sgranò gli occhi
sorpreso e quindi sorrise nuovamente, mentre Emily corse ad abbracciarmi.
«Bella, cara, ma perché non mi hai detto niente, prima?»
«Beh, ecco… vorrei che non sapesse niente nessuno finché Jake non diventa
maggiorenne. Non voglio essere arrestata!» finsi il broncio. Sam e Jacob
scoppiarono a ridere di gusto. Io li fissavo interdetta, a bocca aperta per lo
stupore della reazione.
«Bella, forse qualcuno –e indicò Jacob con il pollice - avrebbe dovuto spiegarti
che nella tribù non esiste la maggiore età. Un ragazzo diventa uomo la prima
volta che si trasforma. Tutto qui. Da quel momento viene considerato un
adulto.»
«Ah – ci rimasi quasi male… dunque, Jacob era adulto da prima di me. –
comunque, visto che siamo negli Stati Uniti sarà meglio aspettare che compia
diciotto anni per dirlo a tutti…»
«Come vuoi Bella, ma intanto noi festeggiamo, d’accordo?» e Emily sparì nella
cucina per tornare poco dopo con spumante e bicchieri, seguita da Charlie e
Billy che ovviamente non perdevano occasione. Billy si stava sfregando le mani
dalla contentezza, mentre Charlie mi guardava soddisfatto.
«Allora, cos’altro festeggiamo?»
«Un fidanzamento…» rispose Jacob con fare sornione prendendomi la mano
per farmi alzare.
«Questa sì che è una notizia… Bella, tesoro, fatti abbracciare… sono secoli che
non stringo una bella donna tra le braccia…» e tese le braccia verso di me, che
mi diressi verso di lui rossa come un pomodoro.
«Vacci piano Billy, se non vuoi che il ragazzo ti stacchi le braccia…» Charlie
ridacchiava felice, ma intanto guardava Jacob di sottecchi per monitorare le sue
reazioni. Ma quando Billy mi abbracciò Jacob non fece una piega, sorridendo
sempre felice.
«Tranquillo amico, posso ancora prenderlo a calci nel sedere se ci prova!
Dopotutto sono suo padre!» e scoppiammo tutti a ridere di gusto. Jake mi strinse
forte a sé e mi baciò i capelli davanti a tutti, e io mi rifugiai nel suo abbraccio
caldo senza vergogna.
«Ti amo» mi sussurrò in un respiro appena udibile.
«Lo so. Anche io» gli risposi senza fiato.
«Bene, figliolo… a quando le nozze?» Billy era così felice che si sarebbe messo
a piangere, se non fosse stato poco dignitoso per uno come lui.
«Hem… Billy, ancora non ne abbiamo parlato… mi sembra un po’ presto!»
Jacob era arrossito violentemente sotto la pelle bruna e cercava di restare con i
piedi per terra, ma sentivo che avrebbe voluto saltare dalla gioia.
«D’accordo, d’accordo… quando deciderete voi… per me va bene… solo
fatemelo sapere prima, ok? Alla mia età i colpi sono dietro l’angolo. Bene. –
vuotò il bicchiere in un sorso - Io vado a dormire, lascio la notte ai giovani.
Andiamocene a casa Charlie, togliamo di mezzo questi vecchietti prima che i
ragazzi ci caccino via!» così dicendo girò velocemente la sedia a rotelle e si
avviò verso casa. Jacob mi strinse la mano, un segnale tacito fra di noi.
Salutammo tutti poco dopo, ma invece di riaccompagnarmi a casa ci dirigemmo
alla spiaggia. Quando arrivammo, finalmente mi tolsi le scarpe e camminammo a
piedi nudi sulla sabbia fine.
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«Che succede, Bells? Non hai detto una parola da quando… se non vuoi io…»
mi aveva girata verso di lui, eravamo uno di fronte all’altro adesso e gli misi un
dito sulle labbra per farlo tacere.
«Stai blaterando, Jacob Black. E io sono ancora frastornata. E’ successo tutto
così in fretta…»
«Puoi dirlo forte… e visto com’è stata la tua reazione al precedente
fidanzamento, ti confesso che avevo una paura folle…» Sorrise, ancora un po’
incerto.
«Anch’io Jake, anch’io. Ma quando mi sono trovata lì, con te, con tutti gli
altri, mi è sembrato tutto talmente naturale e logico che non c’era niente altro
da aggiungere. Sono così felice che potrei urlare». Gli misi le braccia intorno al
collo e gli sorrisi.
«Non farlo, ti prego, o ci ritroveremo tutto il branco addosso. E quello che
vorrei fare in questo momento non è certo possibile farlo con un pubblico». Mise
fine alle mie proteste baciandomi come solo lui sapeva fare, con un lieve sapore
di salsedine sulle labbra. Quando scese sul collo e cominciò a mordere la mia
razionalità era andata a farsi benedire già da parecchio. Sentivo i suoi denti che
mi accarezzavano la pelle, le sue labbra carnose che mi solleticavano il collo e il
suo alito caldo che mi stava mandando al manicomio. Maledizione, quel ragazzo
riusciva a farmi perdere la ragione in men che non si dica. Come sempre, la sua
camicia era già finita in terra, insieme al mio scialle. Le sue mani mi stavano
sfilando il vestito, sentivo pizzicare la pelle al contatto con la sua, cosa che lo
mandava sempre in estasi. Ci volle un istante perché finissimo entrambi nella
sabbia, con le bocche incollate e senza riuscire a respirare. Quando si staccò da
me per finire di spogliarmi un ruggito assurdo gli uscì dal petto, facendomi
sobbalzare.
«Jake! Che succede?!»
«Dio santo Bella… con la luce della luna sembri una dea. Sei bellissima
stasera!» quando mi guardava così non riuscivo più a collegare il cervello, e mi
ritrovai a baciarlo in un modo tale che dovette staccarsi per riprendere fiato.
«Tu vuoi vedermi morto, Bells. Io così perdo la testa, faccio qualche pazzia, e
sarà soltanto colpa tua.»
«Già… vorrei davvero vederti che perdi la testa! A me sembra che tu riesca a
controllarti fin troppo bene, invece.»
«Mi stai sfidando, Bella Swan?» la domanda era giocosa, ma la luce in fondo ai
suoi occhi non lo era. Faceva sempre maggior fatica a controllare i suoi istinti,
con il risultato di farmi uscire di testa sempre di più.
«Secondo te?» Non ebbi il tempo di finire, perché fu su di me in un lampo. Era
attento a non farmi male, come sempre, ma questa volta non fu tenero come le
altre volte. Era esigente. Quasi prepotente. Tipico di Jacob. Sembrava un
vincitore che si prende il premio conquistato. E il premio ero io. E io non ero in
grado di fermarlo. Peggio; non volevo fermarlo. Quella sua sicurezza, il suo
atteggiamento possessivo, le sue mani esigenti che esploravano tutti gli angoli
del mio corpo, le sue labbra che assaggiavano ogni centimetro di pelle… tutto in
lui mi faceva supplicare di averne ancora, e ancora, e ancora. Non ero mai sazia.
Avrei continuato ad accarezzarlo e baciarlo per sempre. Mi sentivo come se mi
stessi sciogliendo, un fuoco di lava che mi partiva dallo stomaco e si riversava
tutto intorno a me, dove c’era lui a domarlo. Dopo aver fatto l’amore restammo
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lì a lungo, sdraiati sotto la luna, lui che mi accarezzava dolcemente la schiena e
io che sospiravo ad ogni movimento delle sue mani.
«Che c’è, Bells? Sei stranamente silenziosa stasera…»
«Sai, comincia a darmi sui nervi il fatto che tu mi conosca così bene, Jacob.»
il tono tradiva il finto rimprovero della mia affermazione.
«Avevo ragione allora, c’è qualcosa che non va…»
«Certo che c’è! C’è che ogni volta che io e te stiamo insieme, Jake», mi
sollevai sul gomito per guardarlo negli occhi, «ogni volta che ci ritroviamo da
soli, ho voglia di baciarti fino a consumarti. Per non parlare del fatto che ti
spoglierei… Ti sembra normale?» Fece un risolino lieve e si rilassò visibilmente.
«Non so se è normale, ma a me succede esattamente la stessa cosa. Con la
differenza che ti strapperei letteralmente i vestiti di dosso a volte. Tu non hai
idea di quanto mi costi trattenermi e non spogliarti, prenderti davanti agli altri…
faccio una fatica indicibile a controllare il mio lato animale, Bells. Quindi
smettila di lamentarti».
«Non mi sto lamentando, sto soltanto dicendo che a volte diventa
imbarazzante questa situazione! Soprattutto quando mi abbracci davanti ad
altre persone e io non riesco a frenare l’impulso di baciarti fino a farti male.
Cosa che ovviamente non riesco a fare.»
«Vuoi che smetta di farlo? Se vuoi non ti abbraccio più», e così dicendo spostò
il braccio che mi circondava la vita, ridendo.
«Non provarci nemmeno!» ringhiai, rannicchiandomi ancora di più contro di
lui. Mi strinse forte a sé e io sospirai, rassegnata a non riuscire a fare più a meno
della mia droga personale.
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6. Renée.
Oramai tutta La Push, Forks e buona parte dei dintorni sapeva che io e Jacob
Black eravamo fidanzati. Fidanzati. La parola mi faceva sorridere, non fosse
altro per la mia reazione al mio precedente fidanzamento. Stavolta era stato
tutto così scontato, naturale, che non ebbi neanche un momento di dubbio.
Restava solo il problema di dirlo a Renée. Visto che adorava Edward, sarebbe
stato un problema per lei accettare il nuovo sviluppo che aveva preso la mia
vita. Sarebbe andata su tutte le furie. Avrebbe dato di matto, certamente. Ma
dovevamo dirglielo. Era l’unica condizione che mio padre aveva posto.
Dovevamo assolutamente parlare con Renée. Avevamo organizzato un incontro in
territorio neutrale… avevamo invitato Renée e Phil a casa nostra. Il viaggio da
Jacksonville non era proprio breve, per cui avrebbero dormito a casa di Charlie.
Io mi ero offerta di dormire sul divano, ma Billy non aveva voluto sentire ragioni;
sarei stata da loro. Tanto oramai passavo più tempo a casa loro che da me.
Charlie non ne era molto contento, ma dovette fare buon viso a cattivo gioco:
non potevamo stare tutti in casa sua, non c’era abbastanza posto. E mi rifiutavo
categoricamente di dormire in camera con mia madre e il suo nuovo marito.
Quando arrivai davanti a casa Black, Billy mi stava aspettando di fuori, col
sorriso stampato in faccia. Come sempre, era contento di vedermi.
«Ciao Bells… sai, il tuo pick–up fa un rumore tale che si sente da casa tua!
Dovresti portarlo dal meccanico, un giorno o l’altro, magari riesce a fare
qualcosa!» e rideva di gusto. Ovviamente, sapevamo entrambi quale meccanico
intendesse. Sorrisi della battuta scuotendo la testa. Ero nervosa; Charlie era
all’aeroporto, a prendere la mamma per accompagnarla a casa. Tra poco
sarebbero arrivati, e avremmo dovuto spiegare loro come mai dormivo dai Black
come se fosse casa mia. Non sapevo da che parte prendere il discorso, tanto era
comunque un discorso spinoso. Avevamo concordato una cena tutti insieme, a
casa di Billy. Avrei cucinato io, per addolcire la pillola. Mia madre adorava la
mia cucina. Del resto, lei era una cuoca terribile. Sospirando entrai in casa,
diretta nella stanza di Jacob. Lo trovai ad aspettarmi in piedi davanti alla porta
spalancata. Non mi diede neanche il tempo di entrare, mi strinse in un abbraccio
stritolatore e mi sollevò da terra.
«E’ così bello averti qui, Bells… mi sembra un sogno». Mi depose un bacio
leggero sulle labbra.
«Sarà sicuramente meno bello quando mia madre vorrà farti a pezzi la casa,
Jake». Ero letteralmente in preda al panico.
«Dai, non credo che la prenderà così male… in fondo hai diciannove anni, no?»
«Appunto… l’età in cui lei e Charlie si sono sposati… e hai visto com’è andata
a finire. La cosa non le piacerà, sono sicura». Finii di sistemare le poche cose
che avevo portato – in definitiva si trattava di un paio di giorni, e Jacob mi aveva
categoricamente proibito di portare il pigiama, se non volevo riaverlo a brandelli
– quindi mi chiusi in cucina. Cucinai tutto il giorno, per cercare di ammorbidire
mia madre il più possibile la reazione di mia madre. Quando finii di preparare
tutto il sole stava tramontando, e mia madre sarebbe arrivata con Charlie di lì a
poco. Io e Jacob ci sedemmo in veranda ad aspettarli, mano nella mano come
sempre. Oramai non avevamo bisogno di nasconderci, e la cosa mi dava una
certa sicurezza. Sentii il rombo del motore dell’auto di Charlie avvicinarsi, e vidi
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mia madre scendere dal sedile posteriore. Mi corse incontro per abbracciarmi,
quasi gridava.
«Bella, piccola… che bello rivederti, amore… ma perché sei qui? Che succede?
Speravo di trovarti a casa… Cosa fai qui? Non credevo che conoscessi Billy…» si
stava agitando, e la cosa non mi aiutava.
«Mamma, calmati. Prima di tutto lasciami respirare, così posso spiegarti.
Fammi salutare Phil, è da tanto che non ci vediamo». Mollai la presa su mia
madre, e salutai il suo nuovo marito.
«Ti trovo bene, Bells. Davvero bene. Credo che questo posto ti faccia bene,
sai?» Phil rideva, era sempre stato una persona gioviale e solare. Mi ricordava
qualcuno…
«Grazie, Phil. Anche io ti trovo bene. Tu non li conosci: Billy e Jacob». Feci le
presentazioni molto brevemente, del resto Renée già conosceva entrambi.
«Ma guardatela, la mia bambina… Bella, hai le guance rosse, un colorito
bellissimo, gli occhi luminosi… santo cielo, credo davvero che Forks ti faccia
bene… non lo avrei mai pensato amore!» mia madre stava andando su di giri, non
riusciva a calmarsi. Solo ogni tanto si fermava per guardarmi, scuoteva la testa e
rideva tra sé, meravigliata per i miei cambiamenti. Poi fece l’unica domanda
che ebbe il potere di raggelare tutti.
«Bells, tesoro, ma Edward dov’è? Non ne hai più parlato… mi stavo
preoccupando.»
«Mamma… Edward se n’è andato»
«All’inferno, spero», mormorò Jake, talmente piano che solamente io riuscii a
sentirlo. Gli assestai una gomitata nelle costole, tanto non l’aveva neanche
sentita. Poi fece qualcosa che non mi aspettavo, e che lasciò tutti di sale; mi
mise un braccio intorno alla vita. Mia madre mi fissò a occhi spalancati, quasi
temesse di sapere cosa stava succedendo.
«Come sarebbe a dire se n’è andato? Tesoro, sbaglio o l’ultima volta che ti ho
visto eravate molto affiatati? Avevo capito che… che… ma perché?»
«Mamma… siediti per favore. Non possiamo parlarne tranquillamente sedute?»
anche perché mi tremano le gambe, mamma; pensai. Avevo più paura che mai
della sua reazione. Jacob fece cenno a tutti di entrare in casa, voleva lasciarci
qualche istante di privacy per poterci chiarire meglio. Lo ringraziai con lo
sguardo, e lui per tutta risposta mi sorrise di nuovo. Presi un bel respiro e mi
feci coraggio.
«Mamma, io e Edward ci siamo lasciati. E’ finita. Ho capito che non era la
persona giusta per me».
«Tesoro, sei certa della tua scelta? Tu non hai mai cambiato idea, Bella. Sei
sempre stata convinta di quello che facevi, quindi questo tuo cambio di
direzione mi lascia un po’ perplessa…»
«Mamma, mi sono accorta che stavo prendendo in giro lui e me. E che ero
innamorata di un’altra persona».
«Dimmi una cosa, tesoro… quel ragazzone che ti stringeva come se da te
dipendesse la sua vita c’entra qualcosa?» mi strizzò un occhio sorridendomi.
«Direi di si, mamma. Generalmente non vado in giro a farmi abbracciare da
tutti…»
«Bene. Ma non è un po’ grande per te? Tesoro, hai appena diciannove anni…»
«Mamma, Jake deve compierne diciotto». Adesso sorridevo anche io, contenta
di averla sorpresa.
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«Davvero?! Signore, avrei detto non meno di venticinque…» sorrisi… in effetti
sembrava davvero molto più grande. E io sola sapevo il perché.
«E… immagino che quel braccialetto al tuo polso tesoro abbia lo stesso
significato di quello che tuo padre…» aggrottò le sopracciglia solo per un istante,
ma tanto bastò per farmi trattenere il fiato. Cinsi istintivamente il polso con
l’altra mano, come per nasconderlo.
«Ti dispiace, mamma? Voglio dire, cercavo un modo per dirtelo… lo so di
essere giovane, ma…»
«Bells, la mia piccola Bells… tu non sei mai stata giovane, ti ho già detto mille
volte che sei nata trentenne tesoro mio. E… no, lasciami finire», interruppe con
un gesto i miei tentativi di protesta, prendendomi le mani nelle sue «quel
ragazzo ti guarda come se tu fossi il tuo sole. Con Edward eri tu ad essere il suo
satellite, mentre con Jacob ho l’impressione che vi completiate a vicenda. Siete
le due metà di un intero, e lui se potesse salterebbe nel fuoco per te. Ti ama
Bella, ne sono certa. E tu ami lui incondizionatamente. Si vede da come vi
guardate. Ma il vostro è un rapporto alla pari, bilanciato. Edward ti guardava e ti
trattava come se fossi di porcellana, Jacob ti tratta come una donna. E’ molto
possessivo, l’ho notato, ma lo fa perché ti ama. Gli si legge in faccia. Tesoro,
sono felice per te. Per voi». E mi abbracciò forte per qualche istante. Ci
alzammo per raggiungere gli altri dentro, con mia madre che mi teneva
possessivamente un braccio intorno alla vita. Jacob le si fece incontro
sorridendo, e quando mi voltai verso di lei, capii che anche mia madre era
rimasta per sempre conquistata dal suo sorriso solare. Anche lei come me si era
innamorata del sole.
La cena trascorse in un’atmosfera serena e allegra, tra le risate scroscianti di
Billy e Charlie e mia madre che mi rivolgeva occhiate furtive per osservarmi
compiaciuta mentre sorridevo estasiata a Jake. Quando venne l’ora per loro di
tornare a casa, mia madre riuscì a trovare un momento per abbracciarmi e
mormorarmi un saluto all’orecchio, senza sapere che Jacob avrebbe sentito
tutto.
«Avevo ragione, piccola… tu sei sua. Lo sarai per sempre. Si vede da come ti
guarda. Buona notte, Bella. E mi raccomando… stai attenta! Ti voglio bene,
tesoro».
«Buona notte, mamma. Anche io ti voglio bene. Ci vediamo domani».
La salutai con la mano mentre Jacob riprendeva possesso dell’altra mia mano.
Rimase un attimo interdetto quando io sgusciai via dalla sua presa, per poi
scoprire che era solamente per stringermi a lui. Mi abbracciò sogghignando
compiaciuto. Trascorremmo il resto della serata sulla nostra spiaggia, tanto
oramai potevo andarci in qualunque stagione; avevo la mia stufa personale a
tenermi al caldo, e naturalmente non mi dispiaceva affatto che per farlo
dovesse stringermi forte tra le sue braccia. Tutt’altro. Non vedevo l’ora di
potermi rannicchiare fra le sue braccia forti. Con lui mi sentivo protetta, e con
ragione. Nessuno sano di mente si sarebbe mai messo a discutere con un armadio
di quasi due metri, anche senza sapere che si poteva trasformare in un lupo
grande quanto un cavallo in meno di dieci secondi.
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7. Compleanno
Era già metà novembre, il compleanno di Jacob si stava avvicinando, ed io ero
elettrizzata all’idea che anche lui compisse diciotto anni. Anche se ne
dimostrava sette di più. Ma per quanto mi scervellassi per trovare il regalo giusto
ero oramai arrivata al diciotto di novembre, a due giorni dal suo compleanno, e
non riuscivo a farmi venire un’idea geniale degna di questo nome. Tra l’altro la
mia conoscenza di motori, la sola passione di Jake oltre a me, si riduceva alla
differenza tra auto e moto. Quattro e due ruote. Almeno credo. Decisi che avevo
bisogno di consulenza da qualcuno più esperto di me in materia. Gli unici che
conoscevo che erano in grado di parlare lo stesso linguaggio viti e bulloni di
Jacob erano Quil e Embry. Sapevo dove trovarli; a casa di Emily come sempre.
Sembrava che quella casa fosse diventata il ritrovo preferito di tutti i lupi del
vicinato. Decisi che sarei passata a trovarla, con la scusa mi sarei messa
d’accordo anche con lei. Prima però volevo essere sicura che Jacob stesse bene
fuori dai piedi, non volevo che mi rovinasse la sorpresa. Così chiamai Emily,
chiedendole di accordarsi con Sam per tenere Jake lontano mentre andavo lì. Fu
ben felice di accontentarmi quando le spiegai il mio piano. Riagganciai, saltai sul
pick–up e mi precipitai da lei. Come immaginavo, Quil e Embry erano appollaiati
sulle sue scale.
«Ciao ragazzi!» li salutai appena saltata giù dal pick–up.
«Ciao Bella!» Jake non c’è, Sam e Jared lo hanno trascinato via con non so
quale scusa… mi sa che volevano fare una ronda, ma qui è tutto tranquillo
adesso.
«Lo so Embry. Sono stata io a chiedere di allontanarlo. Ho bisogno di
parlarvi».
«Ciao Bells!» mi gridò Emily dall’interno. Sentivo un’altra voce femminile;
non ci misi molto a capire chi era, Leah era inconfondibile.
«Ciao Emily, ciao Leah«, risposi di rimando.
«Cosa volevi sapere, Bells?» mi faceva ancora ridere che Quil usasse il
nomignolo con cui mi chiamava Jacob solo quando non c’era lui nei paraggi.
Probabilmente temeva la sua reazione.
«Ecco… non riesco a farmi venire un’idea geniale per il regalo di Jake.
Ragazzi, qualche suggerimento? Voi tre parlate la stessa lingua quando si tratta
di motori, io so distinguere a malapena un’auto dall’altra. Mi aiutate?» in quel
momento anche Emily e Leah uscirono per prendere parte alla conversazione.
Ogni volta che vedevo Leah era un colpo al cuore; non potevo credere che Jacob
fosse del tutto indifferente al suo fascino; era così bella da togliere il fiato.
«Sentite», dissi a tutti «vorrei organizzare qualcosa di speciale per Jake per il
suo compleanno. Ma non so da che parte incominciare. Non so neanche che
regalo fargli».
«Io so cosa potrebbe far piacere a Jake» ci voltammo tutti a fissare Leah a
bocca aperta. Come faceva ad essere così sicura di sapere cosa voleva Jacob?
Comunque decisi di ascoltarla, un’opinione in più poteva fare sempre comodo.
Anche Quil e Embry si guardarono e fecero spallucce in segno di
accondiscendenza.
«Avanti, spara Leah. Sono disposta a tutto!»
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«Davvero?!» il suo tono ironico mi lasciò un po’ sconcertata. Guardai
istintivamente Emily per avere qualche indizio, ma anche lei brancolava nel
buio. Scosse le spalle significativamente.
«Quel braccialetto che porti, Bella, ha un significato. Non so se lo sai…»
«Certo che lo so, Leah. Ma non vedo cosa c’entri con il compleanno di Jake».
«C’entra, se ci pensi un attimo, Bella. Lui non ti ha mai chiesto niente, non ti
ha mai strappato promesse, vero?» sorrise. «Ma intanto resta il fatto che ti
sposerebbe anche domani, se tu glielo chiedessi». Avevo capito al volo dove
voleva andare a parare.
«Io?! Dovrei chiederglielo io?»
«Si, perché lui non vuole forzarti. Tempo fa aveva giurato che ti sarebbe
rimasto accanto anche solo come amico. Anche se fossi diventata un vampiro.
Per te sarebbe stato disposto a rinnegare anche i suoi fratelli. Ma non ti avrebbe
mai chiesto niente. Immagino che non te lo abbia mai neanche detto.»
Fissai Leah a bocca aperta. Evidentemente conosceva Jacob molto bene, e
soprattutto era riuscita a capire bene i suoi pensieri. Non sapevo cosa dire, mi
sentivo così strana che ci misi un po’ prima di riprendere il dono della parola.
«Non preoccuparti Bella, non si è confidato con me. E’ solo che quando siamo
in branco riusciamo sempre a sentire i pensieri degli altri. Lui è molto bravo a
schermare i suoi, però quando ci troviamo a fare la ronda da soli a volte abbassa
la guardia e io riesco a leggergli dentro. Forse anche perché sono una donna.
Vuoi fargli un regalo che non dimenticherà mai? Sposalo, Bella. E’ la sola cosa
che vorrebbe da te.»
«Credo che Leah abbia ragione, Bells. La sera del tuo compleanno, dopo che ti
ha regalato il braccialetto, ho sentito per caso che ne parlava con Sam. Non ti
ho detto niente perché ho preferito non mettere il naso in affari non miei, ma
da come ne parlava lui non te lo chiede soltanto per paura che tu rifiuti.»
«Cioè, fatemi capire, mi state dicendo che il mio fidanzato non mi chiede di
sposarlo solo perché teme che gli strappi la faccia a morsi? Jacob Black, sei un
perfetto idiota!» urlai talmente forte che scoppiarono tutti a ridere. Ero
diventata paonazza, mi ero scoperta completamente oramai e non potevo più
tirarmi indietro.
«Beh, mi pare di capire che Jake ha preso un grosso granchio, stavolta!» Emily
sorrideva di gusto, già pianificando nella sua mente lo svolgersi dell’evento.
«Direi enorme!» ero ancora infuriata con lui, volevo fargliela pagare, ma non
sapevo neanche io per cosa. «Senti Emily, adesso ho bisogno del tuo aiuto. Devi
dirmi come possiamo fare».
«Una soluzione ci sarebbe, e neanche tanto complicata. Una cerimonia
Quileute la sera del suo compleanno. Che ne dici Bells?»
«Oh, si! Sarebbe davvero bellissimo! Ma come…»
«Ascolta; Bells», mi prese per un braccio e mi fece sedere tra lei e Leah sulla
panca, poi alzò lo sguardo verso Quil e Embry «voi due, andatevene fuori dai
piedi. Non vogliamo che tutto il branco sappia cosa stiamo architettando. Leah,
tu riesci a schermare abbastanza i tuoi pensieri?» Leah le fece un cenno
affermativo, quindi Emily riprese a parlare.
«Tu sai che Sam, in qualità di capo branco, è il capo del villaggio. Quindi sarà
lui a farlo. Per il resto la cerimonia è molto semplice. Anzi, direi che non è
proprio una cerimonia. Solo che non sarà valida per alla legge degli Stati Uniti,
ma solo per la tribù. Quindi poi dovrete ripeterla davanti a un pastore. Ma di
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questo ci preoccuperemo dopo. Allora, si tratta di questo: quando arrivate,
trascinalo davanti a Sam – non preoccuparti, a lui ci penso io – dicendogli che
dovrà rispondere sinceramente a tutte le sue domande. Dopo di che dovrete
mangiare la torta di Jacob come avete fatto al tuo compleanno, quindi Sam
prenderà un laccio di cuoio, legherà le estremità ai vostri polsi (tu il destro e
Jake il sinistro) a simboleggiare il legame eterno. Dopo che avrete fatto la prima
danza insieme, Sam taglierà il laccio a metà, lasciando i due capi ai vostri
polsi.»
«Tutto qui? E’ davvero così semplice?» ero sbalordita. «Credevo fosse molto
più complicato, invece così quasi quasi è realizzabile».
«Già… l’unico problema adesso sono Billy e Charlie». Emily sorrideva.
«Beh, Billy non credo sarà un grosso problema… parlerò con lui, mi aiuterà a
convincere mio padre».
«E noi ci occuperemo di te, Bella». Leah aveva taciuto finora, ed ero quasi
certa che fosse in collera con me. Dovevo chiederglielo.
«Non sei in collera con me, Leah?»
«E perché dovrei?»
«Non lo so, mi hai sempre guardato in modo ostile… credevo fosse per via di
Jacob… perché provavi qualcosa… ecco… io…» Leah scoppiò a ridere di gusto.
«Bella, cara… Ce l’avevo con te per via di Jacob, ma certo non per il motivo
che pensi tu. Ero furiosa perché gli stavi facendo del male con quel
succhiasangue. Ma adesso no, non ce l’ho più con te. A maggior ragione se lo
sposi, sorella». Mi abbracciò teneramente. Fummo interrotte dall’arrivo dei
nostri uomini, che furono sorpresi di trovarci tutte lì.
«Si può sapere cosa ci fai tu qui?» Jacob mi si rivolse con un sorriso smagliante
«E soprattutto, si può sapere cosa state confabulando? Voi tre insieme siete
pericolose!»
«Levatelo dalla testa, Jacob Black. Si tratta di una sorpresa per il tuo
compleanno, e non parlerò neanche sotto tortura». Stavo sorridendo, lo stavo
apertamente prendendo in giro.
«Ah si, eh? Neanche sotto tortura, dici? Le vedremo». Mi sollevò su una spalla
come se pesassi due chili, e iniziò a correre verso la spiaggia ignorando le mie
proteste. Sentii le risate degli altri che si allontanavano. Quando fummo soli, mi
poggiò delicatamente a terra stringendomi tra le braccia.
«Allora, posso sapere di che si tratta?»
«Te l’ho detto, neanche sotto tortura».
«Bene, l’hai voluto tu». Strinse ancora di più e mi baciò, togliendomi il fiato.
Ecco. Adesso veniva il difficile. Riuscire a resistere con lui che mi baciava in quel
modo. Accidenti. Era davvero dura! No, dai… adesso anche le mani no! Non puoi
cercare la mia pelle in quel modo e pretendere che io resti razionale… no, no,
no, no! Devo resistere! Si staccò, e a me girava la testa.
«Allora, che cosa stavate architettando?» Sogghignava, l’infame. Si era reso
conto che stavo per cedere.
«E’ inutile, Jacob Black. Dovrai aspettare fino a venerdì. E non contare su
Leah, tanto non ti dirà niente neanche lei».
«Leah? Perché, ci si è messa anche lei?»
«Già…»
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«Isabella Marie Swan, devo preoccuparmi?» Merda. Non usava mai il mio nome
completo… brutto segno, brutto segno… mantieni la calma, Bella! Però… che
bello sentire il mio nome detto da lui! No, no, no… concentrati, Bella!
«Direi di si. E sul serio questa volta. E… ti do un indizio: stira la camicia.
Quella bianca che ti sta d’incanto. Perché senza quella non ti facciamo neanche
entrare». Scoppiai a ridere nel vedere la sua faccia confusa. Nonostante tutti gli
sforzi – la fantasia di quel ragazzo nel trovare modi per farmi parlare era
davvero sorprendente – riuscii a tenere la bocca chiusa. Quando tornai a casa
Charlie mi stava aspettando per cenare. Aveva preso la pizza, quindi
mangiammo in salotto. Nonostante il piano originario di parlare prima con Billy,
decisi di vuotare il sacco, non riuscivo a tenere la bocca chiusa ancora per
molto, e poi sapevo che lui avrebbe avuto maggiori possibilità di parlare con
Billy di quante ne avrei avute io. La sua reazione mi sorprese: mi abbracciò
stretta, mi disse che mi voleva bene e che stavo facendo la cosa giusta, che quel
ragazzo era la cosa migliore che mi fosse capitata. Si offrì perfino di aiutarmi ad
organizzare la cosa. Charlie era un grande. L’avevo sempre saputo.
Il giorno della festa Emily e Leah mi rapirono letteralmente, decise com’erano
a lasciare Jacob senza parole. Emily aveva già organizzato tutto, a volte mi
ricordava Alice per la sua efficienza – un colpo al cuore al ricordo del piccolo
mostriciattolo che era stata la mia migliore amica – quindi restava solamente da
sistemare… me. Mi chiusero nella mia stanza minacciando Charlie e chiunque si
fosse avvicinato di mordere. E Charlie non sapeva che Leah lo intendeva nel
senso letterale del termine. Tirarono fuori magicamente da una borsa un vestito
che mi lasciò senza fiato. Era di Emily, avevamo più o meno la stessa
corporatura. Il problema era che… ecco… era praticamente inesistente. Ero
quasi completamente nuda. Non che a Jacob sarebbe dispiaciuto, ma io ero a
disagio!
«Non vorrete davvero che indossi quella roba, eh? Andiamo ragazze, state
scherzando?!» ero diventata bordeaux dalla vergogna.
«Bells, vuoi o no che ti dica di si stasera?»
«Certo che lo voglio Emily ma…»
«Allora fidai e lascia fare noi». Leah mi interruppe drastica. Quando ebbero
finito mi diedero il permesso di guardarmi allo specchio. Rimasi senza fiato. Non
ero io quella nello specchio, non potevo essere io. Il vestito era di seta blu
notte, lungo fino alle caviglie e maledettamente stretto nei punti giusti, con uno
spacco vertiginoso sulla gamba sinistra che arrivava fino a metà coscia. Le
spalline sottili che si incrociavano sulla schiena tenevano una scollatura
vertiginosa che avrebbe fatto arrossire chiunque, mentre dietro la schiena era
praticamente nuda fino alla vita. Le scarpe col tacco altissimo erano aperte,
scollate, irresistibili. I miei capelli erano sciolti e ondulati, tranne per due
ciocche sottili legate dietro alla nuca alla maniera indiana. Leah li aveva
spazzolati fino a farli brillare. Il trucco era leggero, ma si vedeva. Le labbra
rosso corallo accentuavano ancora di più il color cioccolato dei miei occhi. Ero
spaventosamente bella. Non potevo credere ai miei occhi, quelle due erano due
maghe.
Quando più tardi Jacob mi venne a prendere rimase senza fiato per lo
stupore. Gli ci vollero un paio di minuti per riacquistare l’uso della parola. E
quando parlò, la sua voce già roca era ancora più sensuale del solito. Non
aiutava per niente. Come non aiutava il fuoco che ardeva nei suoi occhi da
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quando mi aveva vista. Mi avrebbe spogliata lì, glielo lessi in faccia. Santo cielo,
doveva proprio guardarmi così? E soprattutto doveva proprio essere così bello?!
«Gesù, Bells, vuoi farmi morire qui?! Così non ci arrivo fino alla fine della
festa, te lo garantisco!» Cercai di sviare il discorso, di distrarre entrambi da quei
pensieri.
«Cerca di resistere… le sorprese non sono finite, Jacob. Andiamo». Lo presi
per mano e ci dirigemmo verso la sua auto. Mentre andavamo a La Push, anche
io mi incantai a fissarlo. Era più bello che mai. Evidentemente anche Billy aveva
insistito per fargli indossare qualcosa di più decente del solito, anche se la
camicia era leggermente sbottonata e le maniche arrotolate fino al gomito; non
portava i soliti jeans scoloriti, e quelli che indossava – neri – gli stavano così
bene che… no, no, non dovevo pensarci. Calma e concentrata, Bella. Ci stavano
aspettando tutti in veranda, c’era tutto il branco, Billy e Charlie. Quando gli
altri mi videro scendere dalla macchina di Jake, si levò una serie di mormorii di
approvazione. Sentii Sam ridacchiare e mormorare all’orecchio di Emily e lei
ridere di gusto.
«Hai fatto davvero un ottimo lavoro, tesoro. Stasera Jake farà tutto quello
che gli chiede, guardalo come la guarda! Già è tanto se riuscirà a trascinarlo
dentro prima che la spogli. Entriamo, se non vogliamo rovinare tutto». Ci
lasciarono soli, io lo presi per mano per guidarlo dentro casa. Sulla soglia mi
fermai, per guardarlo negli occhi un’altra volta. Gli appoggiai una mano sul
petto e percepii il suo respiro un po’ ansante.
«Ti fidi di me, Jake?»
«Certo che mi fido, Bells. Che razza di domande fai?»
«Allora ti chiedo una cosa. Non mi fare domande, fidati solamente di quello
che ti dico. Entriamo, Sam ci sta aspettando. Dovrai rispondere sinceramente e
senza timore a tutto quello che ti chiede. Siamo intesi?»
«Va bene, Bells. Voglio assecondarti. Andiamo». Mi strizzò la mano sorridendo
nervoso, quindi entrammo mano nella mano. Arrivati davanti a Sam, gli sorrisi di
nuovo prima che il vocione tonante di Sam iniziasse a parlare. Ci fermammo solo
un istante prima di arrivare davanti a lui, che sorrise pacifico.
«Jacob Ephraim Black, tu ami questa donna?»
«Certo che la amo, Sam. Lo sai. Ma che vi prende stasera con le domande
idiote?!». Sorrideva ancora. Stava cominciando a capire. Com’era bello quando
sorrideva così! Era per quello che lo amavo! A parte essere la mia vita.
«Isabella Marie Swan, tu ami questo cucciolo?» Sam stava sorridendo
apertamente, mentre enfatizzava la parola cucciolo. Mi strizzò un occhio
divertito.
«Certo che lo amo, Sam. E se provi un’altra volta a chiamare cucciolo mio
marito, ti do un pugno sul muso». Jacob trasalì e si voltò di scatto verso di me
quando mi sentì usare la parola marito. Aveva capito. Gli occhi gli si accesero di
una gioia autentica mentre mi strinse ancora di più la mano che ancora teneva
nella sua. Prese un pezzo della torta che Emily gli porgeva, e me la infilò in
bocca, sempre senza lasciare la mia mano. Io feci altrettanto con lui, con la
mano libera. Quindi Sam prese dei lacci di cuoio intrecciati e lavorati e ce li legò
al polso, avendo cura di stringere bene i nodi perché non si sciogliessero. Quindi
aprimmo le danze.
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«Non posso crederci, Bells… lo hai fatto davvero! Questo si che è un regalo di
compleanno! Grazie, amore mio.» mi guardava così adorante che non riuscii a
tenergli il broncio come avrei voluto.
«Dovrei essere furiosa con te, Jacob Black. Non me lo chiedevi per paura di un
rifiuto… quando mai sono riuscita a rifiutarti qualcosa?!»
«Leah ha colpito duro, stavolta… ma dovrò ringraziarla, temo». E mi sorrise in
un modo che mi sciolse il cuore.
«Buon compleanno, signor Black». Gli sorrisi anche io.
«Grazie, signora Black». Mi fece rabbrividire. Mi guardava con un paio di occhi
da cucciolo adorante che non riuscii a cancellargli dalla faccia per tutta la
serata, era davvero bellissimo! Quando la canzone finì, Sam venne a tagliare il
laccio che ci teneva uniti, lasciando le due estremità attorno ai nostri polsi a
formare un braccialetto elaborato. Quindi fece una cosa che nessuno si
aspettava. Mi prese tra le braccia.
«Mi concedi un ballo, sorella?»
«Assolutamente si, Sam. Fratello». Mi condusse al centro della piccola sala di
Emily, affollata degli altri fratelli.
«Sai Bella, quando ti ho vista arrivare con quel vestito mi hai ricordato la mia
Emily. E ho capito che stasera potresti far fare a Jake qualsiasi cosa. Anche
sposarti. Sei bellissima. Sul serio. E sono pronto a scommettere che sarete la
coppia più felice di La Push. Sono contento che tu abbia scelto lui, alla fine».
«Anche io, Sam. Anche io. Grazie».
«E per che cosa? Per questo? Quando Emily mi ha raccontato cosa avevi
intenzione di fare non credevo alle mie orecchie. Ma l’ho fatto volentieri». Un
colpetto sulla spalla lo immobilizzò.
«La musica è finita, fratello. Posso riprendermi mia moglie?» Gesù, com’era
geloso! E com’era bello il suono di quella parola detta da lui! Sam sorrise e mi
lasciò andare, ma durò poco. A quanto pareva tutti i fratelli volevano ballare
con me quella sera. Quando alla fine fu il turno di mio padre, mi strinse forte tra
le braccia e mi tenne così, come quando ero piccola.
«La mia Bells. Sei così bella stasera… sono così felice per te, tesoro… siete
bellissimi insieme. Dico davvero.» La sua voce si stava incrinando
pericolosamente.
«Grazie papà». Cercai di cambiare discorso, ma Charlie mi precedette.
«Io… hem… ho pensato che stasera avreste voluto un po’ di privacy… hem… mi
fermo a dormire da Billy, così…»
«Papà!» Ero scandalizzata. Non potevo credere che mio padre stesse facendo
una cosa del genere. Stavo diventando sempre più rossa.
«Andiamo Bells, fingo di non saperlo ma sento benissimo che si infila nel tuo
letto tutte le notti per poi andarsene prima che mi svegli!» Non era arrabbiato,
stava sorridendo. Ma io ero diventata di un rosso talmente brillante che temevo
che mi sarei accesa come una torcia da un momento all’altro. Ballammo tutta la
sera, io più di Jake veramente visto che la maggior parte dei presenti erano
uomini, e considerata la mia passione per il ballo, non vedevo l’ora che finisse.
Ma quando Jake mi prese di nuovo tra le braccia, tutto cambiò, il mio sole tornò
a brillare e all’improvviso niente mi sembrava più così difficile. Quando lo vidi
avvicinarsi pericolosamente alle mie labbra lo fermai, intimidita.
«Jake, ci stanno guardando tutti».
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«E allora? Sei mia moglie, no? Potrò fare quel che mi pare con mia moglie!»
non potei protestare, perché mi ritrovai all’improvviso impegnatissima. Capii da
quel bacio che la serata era finita. Almeno per noi due. O meglio, era appena
cominciata, ma non erano discorsi da tenere in pubblico quelli che avremmo
fatto. Quando ci ritrovammo in casa mi avvolse una sensazione strana. L’idea
che Charlie non sarebbe entrato da quella porta, sapere di essere soli mi dava
uno strano senso di libertà che mi faceva sentire euforica.
La sua camicia finì in terra appena varcata la soglia di casa, e il mio vestito si
sfilò magicamente davanti al divano. Ero riuscita a convincerlo a lasciarlo intero,
dopotutto a Emily poteva ancora servire. Non riuscii a salvare la sottoveste di
pizzo blu notte che Emily aveva insistito per farmi indossare, dicendo che lo
avrebbe mandato in orbita. Non ci era neanche arrivato. Il decollo era avvenuto
molto prima. Eravamo appoggiati allo stipite della cucina, e si fermò per farmi
respirare.
«Ti amo, signor Black».
«Ti amo anche io, signora Black». Furono le uniche parole che riuscì a dire,
perché il resto dei suoni che emise vedendo la mia biancheria fu una serie di
ruggiti che fecero tremare i muri. Non avemmo il tempo di arrivare di sopra, mi
aveva strappato di dosso l’intimo a morsi già in cucina… scoprimmo che il piano
della cucina era proprio dell’altezza giusta per portarmi al suo livello, e lo
sperimentammo un paio di volte. Alla fine riuscimmo faticosamente ad arrivare
al piano di sopra, nel mio letto, e una volta lì Jacob incominciò a baciarmi
ovunque, senza freni, dando libero sfogo alla passione che evidentemente fino a
quel momento aveva in qualche modo frenato. Quando sentii le sue labbra sui
fianchi cominciai a gemere disperatamente, finché i gemiti non diventarono veri
e propri singhiozzi quando proseguì scendendo verso il basso. Quando finalmente
– dopo quella che mi sembrò un’eternità – fu dentro sentii esplodere tutte
quelle barriere che mi tenevano legata, la mia razionalità, le mie paure, le mie
angosce… niente aveva più significato in quel momento, se non il fatto che lui
era con me, dentro di me, insieme a me, per sempre.
La mattina dopo mi risvegliai e Jake non c’era; mi preoccupai, ma quando
allungai la mano sentii il calore lasciato dal suo corpo, segno evidente che non
doveva essersi alzato da molto. Sentii l’acqua della doccia scrosciare. Ecco
dov’era finito il mio sole. Sorrisi furbescamente e mi alzai senza preoccuparmi di
vestirmi, aprii la porta del bagno e spostai la tenda della doccia.
«Posso darti una mano ad insaponarti, amore?»
«Bells… ti sei svegliata! Perché non vieni qui sotto con me? Ti garantisco che
la temperatura è quella giusta». Non me lo feci ripetere due volte, e mi infilai
sotto la doccia insieme a lui. Mi circondò la vita con un braccio e mi sollevò
senza fatica, quasi fossi di carta, quindi mi appoggiò contro il muro e poi non
ebbi il tempo di fare o di pensare a nient’altro. Oddio, quando mi baciava in
quel modo avrei potuto finire all’inferno per tutto quello che mi passava per la
mente, sarei stata disposta a tutto se me lo avesse chiesto. Uscimmo dalla
doccia e ci rivestimmo, e fu una faticaccia, considerando che Jacob con i capelli
bagnati e le goccioline d’acqua che gli scorrevano sul corpo bruno era uno
spettacolo da far impallidire un dio greco. Mi imposi di mantenere un contegno,
ma impiegammo comunque un bel po’ di tempo per rivestirci. Dovevo andare a
prendere Charlie, e questa fu la sola cosa che mi trattenne dal ricominciare. Il
sesso con Jake era la cosa più divertente del mondo, non si stancava mai di
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inventare cose nuove. E io non mi stancavo mai di assecondarlo… aveva ragione,
io e lui eravamo fatti per stare insieme. Naturale come respirare.
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8. Imprevisti
I giorni immediatamente seguenti furono un sogno lontano anni luce dalla
realtà quotidiana. Charlie aveva insistito per restare da Billy per tutto il fine
settimana del compleanno di Jake, con la scusa di andare a pesca, ma era chiaro
che voleva darci modo di stare un po’ da soli. In effetti il problema di Charlie e
Billy era una situazione che prima o poi avremmo dovuto risolvere in qualche
modo. Non volevo abbandonarlo, come Jacob non voleva abbandonare Billy, ma
ovviamente non potevamo vivere tutti insieme.
Erano già trascorse tre settimane dal compleanno di Jacob. Quella mattina mi
ero svegliata con una sensazione di malessere che non se ne voleva andare. Il
mio Jake ancora dormiva accanto a me, mi alzai in silenzio e decisi di fare una
doccia, nella speranza di scacciare il malumore. Strano, da quando stavo con
Jacob non mi ero più sentita così. La doccia ebbe effettivamente il potere di
rilassarmi, ma non cancellò del tutto quella sensazione che mi portavo dentro.
Quando tornai a letto, Jacob si stava svegliando. Si sollevò sui gomiti vedendomi
entrare, quindi si appoggiò a un braccio e mi attirò sul letto sopra di lui. Mi
baciò dolcemente, quindi si staccò e mi fissò negli occhi. Accidenti a lui, quanto
mi conosceva!
«Amore, che succede? C’è qualcosa che non va?»
«Non lo so… mi sento strana… mi sono svegliata con una strana angoscia…»
«A che proposito?»
«Non lo so… forse, ragionandoci, è dovuta al fatto che prima o poi dovremmo
deciderci a dire addio a Billy e Charlie e andare a vivere per conto nostro. Non
ho niente contro di loro, ma non possono continuare a farci da babysitter… e
soprattutto non possiamo continuare a fare su e giù.»
«Lo so, ci ho pensato anch’io in effetti… e poi sanno cavarsela da soli».
«Su questo ho i miei dubbi… non hai mai visto mio padre cucinare, tu!»
scoppiai a ridere, ripensando ai tentativi fallimentari di Charlie in cucina. Lo
squillo del telefono ci fece sobbalzare. Andai a rispondere e tornai poco dopo, il
viso preoccupato.
«Era Billy. Ha detto che faremmo meglio ad andare a La Push. Ci sono dei
problemi». Non se lo fece ripetere due volte, saltò giù dal letto e in men che
non si dica era pronto. Il rombo del mio pick–up ci annunciò molto prima che
Billy e Charlie potessero vedere la nostra auto. Quando scesi, anche Leah ci
venne incontro, in forma umana. Rimasi bloccata sui miei passi, qualcosa
nell’aria mi aveva fatto trasalire. Davanti a me un’auto che avrei riconosciuto
tra mille. La Mercedes di Carlisle. Dopo il primo attimo di stupore e una
sensazione di crampo allo stomaco, entrai in casa. Charlie era al lavoro, per
fortuna. Potevamo parlare liberamente. Quello che vidi davanti a me non mi
piacque per niente. C’erano tutti, anche Edward. Brutto segno. Le loro
espressioni non promettevano niente di buono. Alice e Emmett mi si fecero
incontro, seguiti da Jasper. Emmett mi abbracciò senza dire niente – strano! – e
Alice mi tenne stretta per qualche istante. Capii.
«Stanno arrivando, vero?» allontanai Alice delicatamente, per guardarla negli
occhi. Solo allora notai un’altra persona nella stanza. Tanya. Non l’avevo mai
vista, ma capii subito che era lei. Era incollata a Edward come se fosse la sua
ombra. Ero felice per lui.
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«Di chi parli, Bells?» Jake mi si era avvicinato, preoccupato dalle espressioni
dei vampiri.
«Chiama Sam, Jake.»
«Tranquilla Bella» si intromise Leah «ci ho già pensato io.»
«Alice?» Stavo ancora aspettando la sua risposta, anche se la sapevo già.
«Si Bella, stanno arrivando. E sai perché sono qui.»
«Quanti sono? Quando arriveranno?»
«Un paio di giorni al massimo. Sono Aro, Caius, Marcus, Demetri e Felix. E poi
ovviamente Jane e Alec».
«Bells, amore, vuoi dirmi di cosa diamine stanno parlando?!» Jacob era così
preoccupato che non si era neanche preoccupato di non usare vezzeggiativi
davanti a loro, col risultato che Edward trasalì. No, ancora non mi aveva
dimenticata. Lo sguardo che mi posò addosso era colmo di tristezza. In quel
momento arrivò il resto del branco, e Jacob mi fece sedere vicino a sé,
circondandomi le spalle con un braccio.
«Ti ricordi quando sono scappata per andare in Italia? – annuì – ecco, ti ho
parlato dei Volturi, giusto? – annuì nuovamente – ci hanno lasciati andare, ma
abbiamo dovuto promettergli una cosa…»
«Che cosa, Bells?» Non mi guardava. Aveva lo sguardo incollato su Edward.
Sapevo che se non fosse stato per me che lo tenevo per mano, gli sarebbe
saltato al collo. La voce tremava di rabbia.
«Non che avessimo molta scelta, Jake… ma… quando un umano scopre il
segreto dei vampiri, ci sono due possibili soluzioni. Le uniche due. E non ti
piaceranno nessuna delle due.» la mia voce era un sussurro, ma mi sentì.
«Dimmi quella più tollerabile, allora».
«La morte». Chiuse gli occhi. Cominciò a ringhiare, e in un baleno si scagliò
contro Edward prendendolo per il collo e stampandolo contro la parete. Lo
sovrastava di tutta la testa oramai, e non si poteva certo dire che Edward Cullen
fosse basso.
«Non ti ammazzo adesso, schifoso succhiasangue, solamente perché dopo mi
toccherebbe ripulire il casino della tua materia grigia spiaccicata sulle pareti di
casa mia. Ammesso che ce ne sia, di materia grigia, lì dentro. Come hai potuto
promettere una cosa del genere?! Cosa diavolo ti passava per il cervello?! Ah,
già… per te sarebbe stato un sogno poterla trasformare, vero?!»
«Mettimi giù, Jake. Pensi che a me faccia piacere questa situazione? Credi
che io sia felice di dover condannare la donna che amo? Non ho mai voluto che
diventasse un vampiro, e tu lo sai. Altrimenti l’avrei già trasformata.» Jacob
allentò la stretta e lo mise giù. Sapeva che aveva ragione, e forse fu questo che
lo trattenne dal farlo a pezzi.
«E’ per questo che siete venuti, allora… per uccidermi…» la mia voce era un
sussurro appena udibile, ma non ebbi il minimo dubbio che mi avessero sentita
tutti. Sarei svenuta, se Edward in un attimo non fosse volato al mio fianco per
sorreggermi. Durò poco.
«Togli le mani di dosso a mia moglie, sanguisuga!» vidi Edward impallidire e
irrigidirsi al contatto con la mano bollente di Jake. O forse per quello che aveva
appena detto.
«Tua… moglie… Scusa, non sapevo…»
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«Bells, stai bene?» Jacob mi guardava preoccupato, ero uno straccio. Ero
bianca come un morto, e in più quelle fitte allo stomaco ancora non volevano
andarsene. Non riuscivo a respirare.
«Sto bene, Jake. Devo solo uscire un attimo…»
«Andiamo piccola, ti porto io». Mi sollevò come se fossi di cristallo e mi portò
fuori, sulla veranda. L’aria fredda mi fece sentire un po’ meglio. Mi fissava
preoccupato, quindi cercai di tranquillizzarlo.
«Torna dentro, Jake. Dovrete discutere un sacco di cose, e Sam ha bisogno di
te.»
«Anche tu.»
«Posso restare io, se vuoi.» Leah era apparsa al nostro fianco silenziosamente.
Jake si alzò annuendo, ancora preoccupato.
«Tranquillo Jake, se vedo le brutte ti chiamo». Lei gli sorrise, poi si sedette
accanto a me, tenendomi la mano.
«Come ti senti, Bells?»
«Un po’ meglio, credo… non è piacevole sentirsi dire di dover morire…»
«Lo credo… ma non è solo questo, vero?»
«Che vuoi dire, Leah?»
«Non lo so, forse mi sbaglio ma… sei strana, Bella. Hai qualcosa di diverso.
Prova a pensare se per caso c’è qualcosa che ti preoccupa o ti fa sentire
scombussolata». Riflettei per un istante sulle sue parole. Il mio cervello stava
lavorando febbrilmente per cercare una motivazione al mio umore e soprattutto
al mio malessere. Sentivo un odore strano intorno a me, qualcosa che mi dava
fastidio. Sobbalzai quando finalmente capii la verità. Leah se ne accorse.
«Che succede Bells? Stai male?»
«Devo tornare dentro, Leah. Aiutami, per favore». Mi prese per mano e mi
aiutò ad alzarmi; mi girava la testa e vedevo tutto pieno di scintille colorate.
Rientrammo con gli occhi di tutti appiccicati addosso.
«Ti senti meglio, sorella?» Sam sembrava seriamente preoccupato.
«No. Ma al momento questo è il minore dei problemi. Dovrò affrontare i
Volturi».
«Non se ne parla nemmeno, Bells». Jacob era saltato in piedi e mi stava
fissando con uno sguardo feroce. Torreggiava su di me, ma stranamente non
avevo paura. Lui non mi avrebbe mai fatto del male. Mi feci coraggio.
«Invece se ne parla, Jake. Devo affrontarli. Non posso mettere a rischio la
vita dei Cullen, e non posso neanche permettere che il branco mi difenda. E
comunque tornerebbero. Quindi bisogna affrontarli una volta e per tutte.
Definitivamente.» Sapeva che avevo ragione, infatti non disse niente. Ma un
barlume di rabbia gli brillava ancora nello sguardo.
«Bells, ascoltami. Ci ho riflettuto tanto, anche prima che tu scegliessi me… se
devo per forza scegliere tra vederti morta e vederti succhiasangue, sai bene
quale sceglierei. Scusa Sam – si girò verso di lui – ma sai che non posso vivere
senza di lei. Se devo fare una scelta, allora trasformatela adesso. In questo
istante.» Strinse i pugni, cominciando a tremare.
«Ti capisco, fratello. Non obietterò». Ma era livido dalla rabbia.
«NO!» urlai. «Ma siete diventati tutti matti?! Jake! NO!»
«Bella, non agitarti cara… ci saremmo noi ad aiutarti…» Alice cercava di
avvicinarsi, ma io mi stavo allontanando istintivamente.
«Non è per questo che non voglio… Jacob, ti prego, sii ragionevole…»
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«Bells… ti amo troppo per vederti morire…»
«Anche io ti amo, Jacob Black… ma non è questo il punto…»
«E quale sarebbe il punto, Bells? Possibile che non ti rendi conto che se non ti
succhiano il sangue i Cullen ti ammazzeranno i Volturi?» cercava di calmarmi,
con scarsi risultati.
«Jake, io non posso diventare un vampiro… non adesso… mi dà fastidio anche
l’odore, dei vampiri… mi dà la nausea…» tutti, licantropi e vampiri,
sobbalzarono e mi fissarono con occhi sgranati dallo stupore. Mi sentii
avvampare, probabilmente avevo detto qualcosa di strano.
«Non dire assurdità, Bells… gli esseri umani non possono sentire l’od…» si
interruppe, voltandosi di scatto per piantarmi gli occhi negli occhi «Oddio,
Bells… ti rendi conto di che cosa stai dicendo?!»
«Certo che mi rendo conto di che cosa sto dicendo, Jake. Che non sopporto
l’odore dei vampiri.» Alzai le spalle rassegnata, pensando che fosse normale
dopo tutto quel tempo trascorso con i licantropi.
«Si, ma tu non dovresti neanche sentirlo, quell’odore!»
«Forse posso…» Carlisle si fece avanti sorridendomi. «Bella, possiamo andare
un attimo di là? A te non dispiace, vero Jake?»
«Fa’ pure, Carlisle. Andate in camera mia.» Carlisle mi condusse di là, quindi
chiuse piano la porta e mi fece sedere sul letto di Jacob. Mi guardò sereno,
tastandomi il polso. Poi sorrise.
«Bella, voglio che ci rifletti bene. Quando è stato il tuo ultimo ciclo?» Feci
automaticamente il calcolo… non ero mai stata regolare, e lì per lì non ci avevo
dato troppo peso… Merda. Erano passate sette settimane. Ovvero, avevo un
ritardo di tre settimane. Non si poteva neanche più chiamare ritardo. Ero
incinta. Merda.
«Carlisle, credo di essere incinta…» Mi sentii stranamente sollevata mentre lo
dicevo. Carlisle scoppiò a ridere di gusto per il mio tono.
«Beh, congratulazioni… ma credo che dovresti dirlo al padre, non trovi? Ma
prima devo dirti un paio di cose» Annuii. Ero a corto di parole. Attesi che finisse
di parlare, sembrava saperla lunga sui licantropi da quando aveva curato il mio
lupo preferito, quindi le sue spiegazioni furono chiarissime. Mi depose un bacio
lieve sulla fronte, sorridendomi dolcemente. Uscì dalla stanza silenziosamente,
e subito dopo entrò Jake. Mi prese una mano e la strinse tra le sue mentre si
sedeva sul letto accanto a me.
«Tesoro, tutto bene?» Sorrideva. Bene, almeno l’avrebbe presa bene…
«Direi di si, a parte un piccolo imprevisto…» non sapevo da che parte
cominciare.
«Se è quello che penso, amore, chiamalo piccolo…» gli brillavano gli occhi.
«L’hai capito?» ero stupita.
«Bella, la gente comune non può sentire l’odore dei succh… hem… dei
vampiri. L’unico caso è quando una donna è incinta. Mi hanno detto tutti che
Sue sentiva i vampiri da lontano, quando aspettava Seth.»
«Oddio, e io che mi sono spaventata… Amore, e adesso? Come facciamo? Io
non posso diventare un vampiro… non voglio diventare un vampiro…» mi prese
tra le braccia e mi cullò dolcemente.
«Tranquilla, Bells. Risolveremo tutto. Credo però che sia giunto il momento
per farti un regalo, tesoro.»
«Jake, lo sai che i regali…» Mi zittì con un bacio.
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«Avrei voluto dartelo la sera del mio compleanno… ma visto che mi hai fatto
un regalo diecimila volte più bello, ho preferito lasciar perdere. Ma adesso
dobbiamo celebrare qualcosa, piccola». Si avvicinò a un cassetto del suo
armadio, e ne prese un astuccio piccolo e nero, che mi porse.
«Forza Bells, aprilo… tanto già immagini di che si tratta, te lo leggo in
faccia». Maledizione, lui e quanto mi conosceva bene… feci come mi chiedeva e
aprii la scatolina, e rimasi senza fiato. Era la cosa più bella che avessi mai visto:
un’acquamarina talmente chiara da sembrare bianca, con due brillanti ai lati su
un cerchietto di oro bianco.
«Era di mia madre. Credo sia nella mia famiglia da secoli. Mio padre lo regalò
alla mamma il giorno che lei gli disse che aspettava Rachel e Rebecca… è una
specie di tradizione, insomma. Sai che l’acquamarina è considerata la pietra
portafortuna delle unioni sentimentali? Rebecca lo voleva, ma Billy l’ha difeso
con le unghie e con i denti. Ha detto che ancora doveva trovare la donna degna
di indossarlo. Poi… la sera del mio compleanno me lo ha dato, dicendo che mi
sarebbe servito. Io sono rimasto a bocca aperta come te, sapevo quanto fosse
importante questo anello per lui, e che cosa rappresenti per la famiglia Black.
Vuoi provarlo, Bells?» Non riuscivo a parlare, avevo le lacrime agli occhi dalla
commozione… avevo capito quanto fosse importante quell’anello, e il fatto che
Billy avesse deciso che ero degna di indossare qualcosa di Sarah mi fece
piangere. Jacob fraintese le mie lacrime, perché richiuse l’astuccio e mi prese
per mano.
«Bells, amore… mi dispiace, se non lo vuoi non fa niente, credimi…» lo fermai
con una mano, mi diedi un contegno e cercai di mantenere ferma la voce mentre
parlavo.
«Smettila di blaterare, Jacob Black, e mettimi al dito quell’anello… mi sono
commossa, tutto qui.»
«Sicura?»
«Jake, non avevo capito quanto bene mi volesse Billy fino a questo momento…
il fatto che Billy abbia dato a te quell’anello per darlo a me… beh, ecco…»
«Bella, amore, lo sai che mio padre ti ha sempre considerato di famiglia… che
c’è di strano?»
«Jake… un conto è considerarmi di famiglia, un conto è, per uno come Billy
Black, considerarmi degna di indossare qualcosa che apparteneva a tua madre…»
«Perché, avevi qualche dubbio, Bells?» Mi sorrise dolcemente, guardandomi
con aria preoccupata.
«Oh, insomma, piantala Jacob… smettila di fissarmi come se stessi delirando…
vuoi deciderti a infilarmi al dito quell’anello, si o no?» gli sorrisi, e parve
tranquillizzarsi. Tolse l’anello dall’astuccio, quindi prese la mia mano sinistra e
fece per infilarlo, ma a metà si fermò per guardarmi negli occhi.
«Ti amo, signora Black. Credo sia tardi oramai per chiederti di diventare mia
moglie… ma vorresti farmi l’immenso onore di portare questo simbolo, questo
giuramento del mio eterno, immenso e instancabile amore per te?»
«Assolutamente si, signor Black. Per sempre…» e lo guardai negli occhi, e
quello che vidi mi fece sciogliere; i suoi occhi neri erano liquidi, pieni di
sentimenti che nessuno avrebbe saputo interpretare tranne me.
«Per sempre è un bell’impegno… ma sono pronto a sostenerlo, piccola. – E mi
baciò lieve le labbra – intanto però andiamo a tranquillizzare tutti, Billy stava
rischiando l’infarto, Leah si sta sentendo male dall’ansia, e anche Alice non ha
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una bella cera.» Mi prese per la vita, quasi sostenendomi, e mi riportò in salotto.
Billy non aveva spiccicato una parola, ma mi guardava ansioso. Fu lui il primo a
rompere il silenzio, quando mi andai a sedere sul bracciolo della sua poltrona.
«Tutto bene, figlia mia?» Per lui era talmente normale oramai chiamarmi così
che non ci facevamo neanche più caso. Ma i vampiri lo notarono. E notarono
anche il suo gesto di affetto quando mi prese la mano tra le sue e la strinse.
Ricambiai la stretta, commossa, facendogli silenziosamente notare l’anello. Mi
sorrise compiaciuto. Lo stesso sorriso di Jacob.
«Si Billy… tutto bene…» guardai Jake di sottecchi, che mi sorrise e mi fece un
cenno affermativo con la testa «Billy… come te la cavi con i bambini?»
«Bella, che razza di domande…» mi guardava strano, sembrava che non
riuscisse a rendersi conto di quello che gli stavo chiedendo. Ma gli occhi gi
sorridevano.
«Billy, stai per diventare nonno…» i miei occhi si erano accesi, quelli di Jacob
brillavano di gioia, e tutto il branco esplose in grida di giubilo. Edward si irrigidì
e serrò la mascella, Alice sgranò gli occhi dalla sorpresa e Esme soppresse un
singulto di gioia. Emmett non si smentì, mi venne incontro a braccia aperte e
prima che qualcuno potesse fermarlo mi strinse in una morsa d’acciaio.
«E brava la nostra Bella… Congratulazioni, sorellina!»
«Em, mettimi giù… mi stai stritolando, e mi sta venendo la nausea… scusate
ragazzi, ma credo che dovrete starmi lontani per un po’… non lo sopporto
proprio quest’odore!» mio malgrado stavo ridacchiando, mi era sempre piaciuto
Emmett. La sua reazione aveva colto di sorpresa tutti quanti. Il sorriso mi morì
in gola sentendo un ringhio cupo venire da dietro le mie spalle. Jacob non rideva
per niente. Anzi, era letteralmente furioso. Emmett mollò saggiamente la presa.
«Jake, piantala. Va tutto bene».
«Sarà… ma ripeto, se qualcuno si azzarda a mettere di nuovo le mani addosso
a mia moglie senza permesso esplicito lo azzoppo, vampiro o licantropo che sia.
E’ più chiaro così?» se Jacob avesse potuto sputare fuoco lo avrebbe sicuramente
fatto. Mi voltai di scatto verso di lui e lo fulminai con lo sguardo.
«Chiariamo immediatamente una cosa, Jacob Black. Il fatto che io sia tua
moglie non vuol dire che sono tua proprietà, e le persone che sono in questa
stanza non hanno bisogno di alcun permesso per abbracciarmi. Sono stata chiara?
E tu, Em, smettila di chiamarmi sorellina… non sono tua sorella. Non lo sarò
più.» Ero furiosa e me la stavo prendendo con il povero Emmett. Per fortuna
sembrò non farci troppo caso, come al solito.
«Bella, il fatto che tu sposi o meno quel citrullo di Edward non vuol dire che
noi non ti consideriamo più della famiglia. Per me continuerai ad essere la mia
sorellina. E non mi importa un fico secco se sei sposata con un licantropo, una
balena, un leone marino o uno stregone africano. Tu sei Bella. Punto e basta.»
Lo avrei baciato. Mi ero consumata i polmoni per far entrare quel concetto nelle
teste dure del mio ex fidanzato e di mio marito, e adesso Emmett se ne usciva
come se fosse la cosa più normale del mondo. Un colpetto di tosse ci fece
tornare alla realtà. Sam ci stava richiamando all’ordine. Avevamo un problema
da risolvere, e grosso.
«Continuo ad insistere che dovrei affrontare i Volturi. Fammi finire, Sam. Non
ho detto che ci andrò da sola. Voi ci sarete, ma è meglio se vi presentate in
forma umana. Non voglio che sappiano dell’alleanza tra lupi e vampiri. Solo un
paio di voi saranno trasformati, suggerirei i più tranquilli, almeno non salteranno
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loro alla gola immediatamente. E verranno anche i Cullen. Probabilmente i
Volturi non attaccheranno, vedendosi in inferiorità numerica. Ma c’è il problema
di Jane. Lei non può fermarla nessuno, tranne una persona…»
«Bella, non possiamo permetterlo». Era stato Edward a parlare, aveva capito
dove volevo arrivare a parare col mio ragionamento. Mi guardava pieno di
angoscia.
«Edward, ragiona. Io sono l’unica persona immune agli attacchi di quella
megera. Lo abbiamo già sperimentato, no? Sono l’unica in grado di
neutralizzarla». Mi guardò con un sorriso triste. Come sempre, stava tentando di
dissuadermi.
«E come vorresti fermarla, se lei è cento volte più forte di te? Ti ridurrà in
briciole in un secondo…»
«Vedi Edward, credo di aver appena scoperto una cosa… Jacob ha detto
giustamente che noi “umani” non sentiamo l’odore dei vampiri o dei licantropi.
Allora perché io lo sento? Perché quando aspettiamo un bambino da un
licantropo acquisiamo temporaneamente alcuni tratti distintivi del padre del
bambino… proporzionatamente a quanto potente è il gene nel sangue paterno,
credo. Era questo che intendevi, giusto Carlisle?»
«Si, è così. Voglio proprio vedere dove vuoi arrivare, Bella». Ma lui lo aveva
già capito, dove volevo arrivare.
«Vi accontento. Jake discende dai due più potenti capi tribù Quileute, giusto?
Em, ti dispiacerebbe seguirmi fuori un attimo?» Mi alzai. Avevo capito che il solo
modo per spiegare quello che intendevo era mostrarglielo. Uscimmo nello
spiazzo davanti casa di Billy.
«Potresti provare ad attaccarmi, Em?» Jacob e Edward protestarono, Jake mi
si avvicinò per cercare di difendermi, pronto a trasformarsi. Li fermai entrambi,
ma Jacob protestò.
«Bella, sei sicura?!» era preoccupato, ma mi aveva sempre lasciato fare, e
anche questa volta non si smentì. Aveva capito che se lo stavo facendo c’era una
valida ragione.
«Vi volete fidare di me, per piacere? Credetemi, non ho nessuna intenzione di
spaccarmi una mano… so quanto fa male, ve lo garantisco. Avanti Emmett, fai
come ti dico.»
«Come vuoi». Si mise in posizione. Sentii Jake e Edward sobbalzare pronti a
saltare per proteggermi, Leah, Alice e Esme che si coprivano gli occhi per non
guardare. Emmett mi attaccò, mi spostai velocemente e lo colpii con un destro
alla bocca dello stomaco che lo fece volare cento metri più giù. Rimasero tutti a
bocca aperta. Solo Billy ridacchiava. Il vecchio la sapeva lunga, dovevo fare due
chiacchiere con lui prima o poi.
«Capito cosa intendevo adesso? Emmett, tutto bene?»
«Tutto bene sorellina… però, complimenti per il destro! Chi ti ha insegnato?»
«Ho fatto allenamento su un licantropo…» mi girai verso il licantropo in
questione, che si avvicinò in tre passi e mi strinse forte tra le braccia.
«Ricordami di non farti arrabbiare finché sei incinta, amore!» adesso era più
tranquillo e aveva ricominciato a sorridere. Anche gli altri si stavano rilassando,
tranne i vampiri.
«Bella, c’è un problema» Edward aveva un dono speciale per rovinare i bei
momenti. «Il fratello di Jane, Alec, ha un potere molto simile al suo, ma forse
ancora più pericoloso. Ti annulla ogni tipo di emozione. Anche ammesso che con
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te faccia cilecca, come immagino, sono sempre loro due contro di te… come
pensi di fare con tutti e due?»
«Ho due braccia, Edward… uno per mano. Sono poco più che ragazzini, non
dovrebbe essere difficile staccargli la testa. O no?»
«Bells, tesoro, da quando sei diventata così sanguinaria?»
«Da quando una banda di vampiri che si credono i padroni del mondo hanno
deciso di sterminare la mia famiglia.»
«Ma se non sopporti neanche la vista del sangue!»
«Vorrà dire che tratterrò il fiato, Jake».
«Dì un po’, quali altri “tratti” hai acquisito, Bells?» mi stava sorridendo
compiaciuto. Sorrisi anche io.
«Stando a quanto sogghigna Billy, mi verrebbe da dire tutti, a parte la
capacità di trasformarmi. E mi auguro di non aver preso anche il tuo brutto
carattere, Jake! Billy, vuoi smetterla di ridacchiare?»
«Che magnifico lupo saresti, Bells!» Billy era estasiato. Non capivo se era per
le mie improvvise doti o perché stava per diventare nonno. Probabilmente più
per la seconda. Avrei voluto prenderlo a pugni. Meglio di no, probabilmente lo
avrei fatto a pezzi. Avevamo problemi più seri di Billy, in quel momento.
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9. I Volturi
Due giorni dopo, arrivò la telefonata che nessuno di noi voleva ricevere… Alice
ci chiamò praticamente all’alba, per avvertirci che i Volturi sarebbero arrivati in
serata. Erano due giorni che Jacob mi parlava a monosillabi, non mi guardava
neanche in faccia. Non facevamo neanche l’amore. E questa era la cosa più
strana, la peggiore. Era arrabbiato con me, lo sapevo. Quella mattina sbottai. Se
dovevo morire, almeno volevo essere sicura di fare pace con lui, prima.
«Insomma Jake, vuoi piantarla di rispondermi con dei grugniti?! Si può sapere
cos’hai?!»
«Cos’ho?! Bella – non aveva usato il nomignolo, segno che era peggio di
quanto temessi – stai per andare a farti massacrare da un branco di
succhiasangue che si credono i padroni del mondo, io probabilmente dovrò stare
a guardare mentre lo fanno, e hai il coraggio di chiedermi cos’ho?! Non lo
sopporto, ecco cos’ho. Non riesco a rassegnarmi all’idea di non poter far niente
per impedire che ti facciano del male, Bells. – Bene, era tornato al nostro
nomignolo… si stava rilassando. O no? – Vorrei poterti impedire questa follia, ma
mi rendo conto che forse è la sola possibilità che abbiamo… ma non starò a
guardare.»
«E cosa vorresti fare, girarti dall’altra parte?»
«Non essere sciocca… sarò al tuo fianco. Se devi morire, allora morirò
anch’io.»
«No Jake, non devi farlo. Io…» sgranai gli occhi dal terrore, preoccupata.
«Non lo sopporti?! Adesso capisci come ci si sente, Bells?! Bella, amore mio»
Merda, quando mi guardava con quegli occhi liquidi non riuscivo a negargli
niente «La mia vita senza di te non avrebbe senso. Se muori tu, tanto vale
morire.» Sospirai. Capivo perfettamente come si sentisse. Eppure non potevo
permettere che anche lui morisse. Non volevo che rischiasse la vita per me, ma
sapevo benissimo che anche lui voleva esattamente la stessa cosa e che ogni mio
tentativo si sarebbe scontrato con un muro. Non era il momento per litigare, mi
stava venendo in mente un’idea e se volevo riuscire ad attuarla non potevo
permettere che si arrabbiasse con me. Cercai di calmarmi. Ci misi un momento
prima di parlare di nuovo.
«Bene, Jake. Allora, mettiamola in questo modo: abbiamo poco tempo prima
che i Volturi arrivino. E non sappiamo se quando se ne andranno saremo ancora
vivi. Possiamo continuare a discutere all’infinito, o occupare il tempo in
faccende certamente più divertenti. Voglio passare questi ultimi momenti con
te, Jacob Black. E nel pomeriggio passerò da Charlie. Ma adesso, se permetti,
vorrei godermi un po’ mio marito…» sorridevo, un sorriso triste, ma ero riuscita
a calmarlo. Almeno speravo, perché se c’era una persona che mi conosceva a
fondo era Jacob. Nessuno come lui sapeva leggermi dentro, e all’inferno la
lettura del pensiero. Non la bevve. Mi guardò strano, ma accettò le mie ragioni e
mi prese per mano.
«Dove vuoi che andiamo? Cosa ti va di fare? Una passeggiata alla spiaggia? Che
ne dici di un giro in moto?»
«Jake, sono incinta. Te lo sei dimenticato?»
«Per fare un giro in moto sei incinta, mentre per affrontare sei vampiri non lo
sei? Va bene» smise appena gli lanciai uno sguardo infuocato «allora altri
suggerimenti?» Non parlai, mi avvicinai a lui e gli sollevai il mento con un dito,
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per fargli alzare lo sguardo verso di me. Quindi mi avvicinai e lo baciai con tutta
la passione e l’amore che avevo. Sentii il cuore divenire polvere, avevo capito
che probabilmente quelli sarebbero veramente stati i miei ultimi momenti con
lui, e non volevo sprecarli. Probabilmente anche lui percepì la stessa cosa,
perché mi baciò come non faceva da tanto tempo; con dolcezza, tenerezza,
come aveva fatto quella volta nella radura. Il nostro “primo” bacio… mi sentii
morire al ricordo, e mi vennero le lacrime agli occhi.
«Bells…» mi guardò con gli occhi pieni di lacrime, «voglio che tu sappia una
cosa: ti amo più della mia vita, più di qualunque cosa al mondo. E se ci fosse
anche solo un modo per prendere il tuo posto per salvarti, sappi che lo farei.
Farei qualunque cosa per te.»
«Qualunque cosa?» sollevai un sopracciglio. Jacob annuì. «Allora baciami e
chiudi il becco, testone». Si alzò in piedi, mi strinse tra le braccia e mi baciò di
nuovo. Il mio cuore saltò un battito, mi mancarono le gambe e mi dimenticai di
respirare. Jacob mi prese in braccio e mi portò in camera con due falcate, per
strada già mi stava spogliando. Facemmo l’amore con una dolcezza che non gli
conoscevo, che mi sbriciolò definitivamente il cuore. Alla fine, quando si
addormentò, sgusciai fuori, attenta a non fare rumore. Gli lasciai un biglietto,
sperando che l’avrebbe bevuta.
“Vado da Charlie. Ci vediamo dopo. Anche io ti amo più della mia vita, amore
mio. Abbi cura di te. B.” Bagnai il foglietto di lacrime.
Charlie era a casa da solo, come sempre. Decisi che gli avrei preparato la
cena, volevo fargli qualcosa di speciale. Avevo ingoiato le lacrime per non
rovinargli la giornata, non volevo che capisse che c’era qualcosa che non
andava. Cercai di comportarmi il più normalmente possibile, riuscendo anche a
rispondere sorridendo alle domande di Charlie. Passò in fretta, feci una doccia,
mi cambiai e uscii di casa. Volevo arrivare dai Volturi prima di Jake. Speravo di
riuscirci. Mentre mi avviavo, vidi due sagome in lontananza. Trattenendo il fiato,
le osservai meglio. Quil e Seth. Jacob mi aveva messo due guardie del corpo alle
calcagna. Aveva capito tutto.
Arrivai alla radura dove una volta avevo giocato a baseball con i vampiri; Alice
aveva detto che sarebbero arrivati lì. Volevo incontrarli e sperai che fossero in
anticipo. Non sentivo un rumore, ma ero sicura che i miei due angeli custodi mi
stessero tallonando, pronti a lanciare l’allarme al minimo problema. Fui sorpresa
quando li vidi comparire in forma umana.
«Jacob aveva ragione, Quil. La signora è testarda!» Seth si stava avvicinando,
sorridente.
«Già, hai ragione fratello… ma a quanto pare ti conosce bene, eh Bells?!»
«A quanto pare…» non finii la frase, perché mi voltai di scatto sentendo una
risatina alle mie spalle. Riconobbi la voce senza bisogno di girarmi.
«Ciao Jane. Non posso dire di essere contenta di rivederti. Aro, Caius,
Marcus…»
«Bella!» Fu Aro a parlare, la sua solita voce flemmatica. «Che piacere
rivederti! Noto che sei ancora umana, mia cara…»
«Già… ti disturba, per caso?» Cercai di fare dell’ironia, ma era fuori luogo.
«E vedo anche che il tuo Edward non si è fatto vivo… come nessuno dei
Cullen! Ti hanno abbandonata, cara?» sorrideva sempre più mellifluo.
«Ti sbagli di grosso, Aro. Noi non abbandoniamo la nostra famiglia». Rimasi di
sasso, non tanto per il contenuto della frase, quanto perché a pronunciarla era
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stato proprio Edward. E dietro di lui tutti i Cullen. Un fruscio alle mie spalle mi
fece capire che erano arrivati anche i lupi. Non volevo guardare, non volevo
sapere che c’era anche lui. Jacob. Non volevo vederlo morire. Chiusi gli occhi.
«Bene bene, Edward… ma che sorpresa! Mi era sembrato di capire che…»
«Hai capito male, Aro.» in quel momento percepii un tocco lieve, come se
qualcuno stesse cercando di bussare alla porta del mio cervello. Sogghignai.
«Jane, ti dispiacerebbe smetterla? Tanto sai benissimo che i tuoi trucchetti
con me non attaccano, quindi risparmia le forze». Seth si era avvicinato, pronto
a gettarsi davanti a me in caso di bisogno.
«Come vuoi, Bella… magari posso usarle su qualcun altro…» e guardò in
direzione di Edward e Alice. Cercai di fermarla, ma Seth me lo impedì
bloccandomi completamente. La cosa però lo mise in una posizione scoperta,
dove Felix riuscì a raggiungerlo e afferrarlo per il collo. Lo guardai in cagnesco.
«Mollalo, Felix, te lo consiglio.» cercai di mantenere la mia voce il più ferma
possibile.
«Dammi una buona ragione per cui dovrei lasciare il tuo cane da guardia,
Bella.»
«Innanzi tutto, non è il mio cane da guardia, ma è mio amico. Anzi, diciamo
fratello. E poi, di ragioni te ne do due. Primo, se non lo metti giù ti assicuro che
ti troverai nove paia di zanne conficcate nel collo, senza che io possa impedirlo.
Ammesso che io voglia farlo. Secondo, se non lo metti giù mi darai l’occasione
migliore che posso trovare per staccarti la testa».
«Non farmi ridere, Bella… tu sei umana… che cosa pensi di farmi?!» Felix mi
stava fissando divertito.
«Non mettetemi alla prova. Voglio solo parlare con Aro, ma voglio la garanzia
che non toccherete nessun altro. Adesso, metti giù Seth prima che ti faccia a
pezzi, Felix. Ora!» Vidi i lupi trasalire, e lì per lì non capii perché. Solo dopo
qualche istante mi resi conto che la mia esclamazione era uscita con il doppio
timbro dell’Alfa. Mi voltai verso Sam con gli occhi sgranati per lo stupore, e lui
fece un movimento che voleva essere una scrollata di spalle. Se l’aspettava. Mi
girai di nuovo verso Felix.
«Allora? Sto aspettando, Felix». Mi avvicinai di qualche passo. Un ringhio
basso si alzò dalle mie spalle, e non ebbi bisogno di girarmi per sapere a chi
appartenesse. Jacob era preoccupato per me. A quel punto Aro alzò una mano
per ordinare a Felix di lasciare Seth, e io feci un altro passo avanti. Mossa
sbagliata. Non ebbi neanche il tempo di vedere Demetri che si stava
avvicinando, mi afferrò alla gola cercando di strangolarmi, i suoi denti
avvelenati a un centimetro dalla mia pelle. Tutto avvenne in un attimo. Mi
liberai con uno strattone – non si aspettava certo che fossi così forte – e lo
scaraventai via, ma non servì a fermare Jake, che si gettò di peso addosso a
Felix che nel frattempo mi stava attaccando. Non riuscì neanche ad avvicinarsi,
perché Alec e Jane lo avevano immobilizzato. Era davanti ai piedi di Felix, che
uggiolava di dolore. Felix lo sollevò di peso, scaraventandolo a terra con una
velocità impressionante, quindi lo rialzò e lo strinse in una morsa strangolatrice.
Tutto il branco fu addosso ai Volturi, immobilizzandoli. Un urlo di dolore mi uscì
dalla gola, e non riuscii a muovermi. Ero completamente paralizzata dal terrore,
dalla paura che Jacob non riuscisse ad alzarsi più. Seth, l’unico che era ancora
umano, mi sorresse e mi allontanò; non seppi mai cosa avvenne dopo.
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Sentii freddo e buio intorno, solo due braccia forti che mi sostenevano e mi
portavano via, e una serie di latrati di agonia che si allontanavano. La mia
mente non riusciva a uscire da quello stato di catatonia, non capivo dov’ero,
cosa era successo, se fosse tutto un sogno. Sentivo delle voci intorno a me, ma
non le riconoscevo. Poi più niente. Il buio uscì dal mio cuore e avvolse la mia
mente.
Jacob.
Quella stupida… pensa davvero che io mi sia bevuto la cazzata che voleva
passare la giornata con me? Che voleva andare da Charlie? Deve avermi preso per
deficiente… come se non avessi capito cosa ha intenzione di fare! Ma non
permetterò che si faccia del male, sono suo marito santo cielo. Devo
proteggerla. Lei è tutta la mia vita, come faccio se me la portano via?! Bene,
aspetterò che esca, poi chiamo Quil. Lui saprà come fare. Meglio tenere Sam
fuori da questa storia, ci manca anche che debba mettersi a fare da babysitter a
mia moglie!
Quando finalmente restai solo, agguantai il telefono e feci il numero di Quil
alla velocità della luce. Billy mi stava fissando preoccupato, credo non mi abbia
mai visto in questo stato. Quil rispose dopo uno squillo, grazie a dio. Gli spiegai
la situazione, a beneficio anche di Billy che capì il perché della mia faccia
preoccupata, e cominciò a preoccuparsi anche lui. Merda. Non volevo che mio
padre si preoccupasse. Amava Bells come se fosse sua figlia, speriamo non gli
prenda un infarto. Quil mi avrebbe quando Bella avesse deciso di incontrare quei
succhiasangue. Speriamo bene… Bells, amore, ti prego… non fare cazzate! Avrei
voluto chiuderla in casa, ma non sarebbe servito a niente. La conoscevo troppo
bene, sapevo che sarebbe scappata certamente. E io sarei stato troppo
impegnato a difenderla e a preoccuparmi per lei… era meglio che credesse di
avermi ingannato.
Sentii l’ululato di Seth, segno che Bella era in procinto di incontrare i Volturi.
Chiamai i Cullen – Dio solo sa quanto mi costò – e poi mi trasformai quasi prima
di uscire da casa, con Billy che mi urlava di stare attento e di riportarla a casa
sana e salva. Ovvio che l’avrei fatto! Era la sola ragione per cui stavo facendo
tutto quello, riportare la mia unica ragione di vita a casa in un sol pezzo. E
possibilmente viva.
Arrivai alla radura seguendo l’odore dei miei fratelli, ci saremmo incontrati lì.
Giusto in tempo: quella pazza stava cercando di affrontarli da sola… ma si
poteva essere più stupidi?! L’avrebbero fatta a brandelli in men che non si dica…
Seth… che diavolo… Cazzo fratello, levati di lì! Seth, NO! Seth, ferm…
MALEDIZIONE! Sam sentì i miei pensieri, perché iniziammo a ringhiare tutti
insieme. Bella stava cercando di far liberare Seth. Ma che dia… Santo cielo,
aveva usato il tono dell’Alfa! Credevo che solo io e Sam potessimo… Ma che fa?!
Bella, attenta… quel succhiasangue non me la racconta… ahi! Ma che sta
succedendo… Bella, no, Bella! Bella è svenuta, perché? Che succ… Bells… noooo!
Sentii un gran dolore al torace, poi alla colonna vertebrale. Percepii i pensieri
dei miei fratelli che mi chiedevano se stavo bene, ma non riuscivo a rispondere.
Non volevo rispondere. Volevo solo Bella, ma lei era silenziosa, non sentivo il suo
respiro. Ad un tratto sentii Sam nella mia testa che stava cercando di farmi
tornare umano. Quanto tempo era passato? Dove mi trovavo? E che fine avevano
fatto tutti? Non voglio, lasciatemi stare qui, lasciatemi in questo limbo senza di
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lei… tanto senza il suo sorriso, il cioccolato dei suoi occhi, la sua voce, la sua
risata… niente ha più senso, niente. Lasciatemi in pace, lasciatemi morire. Non
me ne frega niente.
Ma gli altri non erano d’accordo. Sam si intrufolò nella mia testa, cercando di
farmi ragionare. Alla fine mi calmai, cercai di riflettere che mio padre aveva
bisogno di me, che il branco aveva bisogno di me. Mi trasformai. E fu il dolore.
Un dolore lancinante, immenso, insopportabile. Un senso di vuoto che mi
oppresse fino a farmi singhiozzare. Eravamo soli io e Sam, nella foresta. Mi
sentivo svuotato, non avevo più forze e voglia di vivere. Una lacrima rotolò sulle
mie guance. Mi affrettai ad asciugarla, ma il gesto non sfuggì a Sam.
«Piangi pure, Jacob… tutto il branco sta piangendo. Non ti farà sembrare
meno uomo». Già, piangere… non riuscivo neanche a piangere. Il mio dolore era
talmente profondo che non stillavo lacrime, ma sangue. Adesso capivo come si
era sentita Bella. Avevo un buco al posto del cuore, e sapevo che non si sarebbe
rimarginato mai più. Dopo molto tempo trovai la forza di parlare.
«Com’è finita, Sam?»
«Se ne sono andati, Jake. Abbiamo raggiunto un accordo, per loro fortuna.
Erano in inferiorità numerica, e non hanno voluto combattere. Aro ha fatto
promettere sia a me che ai Cullen che Bella non racconterà mai questa storia».
A quel nome trasalii. Come poteva raccontarla, se era morta? Sam sembrò
leggermi nella mente.
«Non è morta, Jacob. E’ solo… beh… ti ricordi quando l’ho trovata la prima
volta nella foresta? Ecco, nelle stesse condizioni. Ma stavolta la cura è a portata
di mano. Vai da lei, ha bisogno di te». Non potevo crederci. Sicuramente Sam mi
stava mentendo per farmi reagire. L’avevo vista cadere, chiudere gli occhi per
sempre… eppure, volevo aggrapparmi a quella fragile speranza disperatamente,
sapendo che sarebbe stata l’unica cosa a tenermi ancora legato alla vita. Mi
incamminai verso casa, incerto.
«Jake, non è a casa… l’abbiamo portata da Charlie. Anche Billy è lì, anzi, direi
che non si è mosso da quando…»
«Quanto tempo è che…»
«Due giorni». Cazzo. Ero stato incosciente per due giorni. Ecco cos’era quel
bisogno di sentirla, stringerla, anche solo per un attimo… mi avviai verso casa di
Charlie, sperando che non mi aprisse la porta con il fucile spianato. Quando
bussai, sentii l’odore dolciastro delle sanguisughe colpirmi le narici come un
pugno. Guardai di sottecchi Sam, che mi mise una mano sulla spalla per
tranquillizzarmi.
«E’ Carlisle. Non l’ha lasciata un attimo. E’ preoccupato, anche se non lo da a
vedere… a quanto pare Bella non reagisce. E tutto ciò potrebbe nuocere al
bambino, a quanto dice. Ah, devo avvertirti… Charlie è un po’ arrabbiato con te,
fratello… e non sa niente del bambino, abbiamo voluto risparmiargli la pena.»
«C’è rischio che lo perda?»
«Carlisle dice che se non si riprende… beh… si. Mi dispiace, Jacob. Dico
davvero.» Entrammo, e non ero pronto a vedere quel che vidi. Charlie,
accasciato sul divano, con mio padre che cercava inutilmente di farlo reagire.
Quando mi vide un barlume, una scintilla di vita gli si accese nello sguardo e
saltò su dalla sedia per venirmi incontro a pugni serrati.
«Hai del fegato a venire qui, figliolo… si può sapere che cosa diavolo le hai
fatto?! Ti sei dimenticato che cosa mi avevi promesso?! CHE NON LE AVRESTI MAI
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FATTO DEL MALE! E adesso guardala, sembra un fantasma… non reagisce a
niente, è in stato catatonico… SE BELLA DOVESSE MORIRE, GIURO CHE TI
AMMAZZO, JAKE!» era paonazzo dalla rabbia. Come lo capivo!
«Se Bella dovesse morire, non ci sarà bisogno che mi ammazzi, Charlie. Sarò
io a levarmi di mezzo, te lo garantisco». Lo guardai negli occhi. Probabilmente
quello che vide lo spaventò, perché vacillò e tornò a sedersi, annientato dalla
mia determinazione. Anche Sam era trasalito alle mie parole. Non persi altro
tempo e mi diressi in camera di Bella. Mi prese un colpo. Non potevo crederci,
era molto peggio di quando avevamo cominciato a frequentarci, quando era
uscita dalla catatonia post–Cullen. Sembrava morta. Era spenta, piccola e fragile
nel suo letto, talmente fragile che avevo paura di toccarla, di farle male. Ma
sapevo che lo avrei fatto, non potevo stare senza il calore del suo corpo, il
contatto delle sue mani nelle mie. Anche Carlisle mi fece cenno di avvicinarmi,
e mi disse di tenerle la mano, perché probabilmente le avrebbe giovato.
«Bella, amore… sono qui, è tutto finito piccola. Se ne sono andati per sempre,
siamo salvi… Ti prego, apri gli occhi… ti supplico, fammi annegare ancora in quel
mare di cioccolato al latte, amore… ho bisogno di te, non puoi lasciarmi! Bells!»
Stavo per piangere. Era imbarazzante. Ma c’era la mia vita su quel letto, e non
mi importava niente neanche se mi avessero preso per il culo per il resto della
mia esistenza.
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10. Una vita insieme.
Ero morta, ne ero certa. Ma se fossi morta, allora non avrei avuto tutto quel
freddo… l’inferno era caldo, lo sapevo, io invece sentivo freddo, freddo fin
dentro le ossa. Jake se n’era andato, era morto per proteggermi, aveva
sacrificato la sua vita per me… che senso aveva adesso che io continuassi a
vivere? Il mio sole non splendeva più, la mia vita era di nuovo avvolta nella
nebbia ed era tornato il vuoto al posto del cuore. Non avevo la forza di parlare,
di respirare. Tutto era fatica, tutto era tristezza. Avrei voluto urlare, ma non
potevo. Non avevo fiato in gola. D’un tratto, nel buio, una voce familiare ruppe
la cortina di nebbia. Quella voce roca che amavo alla follia mi stava supplicando
di vivere, implorandomi di aprire gli occhi. Non era possibile, non poteva essere
vero… Jacob era morto… eppure la sua voce era lì con me, accanto a me, tenera
e preoccupata come non l’avevo mai sentita. Non poteva essere un sogno, il mio
Jacob non mi aveva mai parlato così… mi sforzai di aprire gli occhi, ma la luce
accecante me li fece chiudere di nuovo. Sbattei di nuovo le palpebre, finché non
mi fui abituata alla luce che entrava dalla finestra. E lo vidi. Il suo viso era lì, a
pochi centimetri dal mio, lo sguardo di una persona a cui hanno strappato il
cuore dal petto. Gli sorrisi. O almeno ci provai… le lacrime cominciarono a
scorrere sulle mie guance, e non riuscivo più a fermarle. Quando cercai di
sollevarmi mi prese tra le braccia, senza stringere per paura di farmi male, e mi
riempì di baci.
«Bells, amore mio… tu non hai idea di come io mi sia sentito… mi hai fatto
morire, e non lo dico per dire.»
«Ti ho sentito, sai? E’ stata la tua voce a farmi tornare…» parlavo in un
sussurro, ma mi sentì.
«Hai proprio sentito tutto?! Mi sa che sono stato un po’ troppo sdolcinato…»
«Già…» avevo la gola secca, faticavo ancora a parlare. «Però quella del
cioccolato al latte mi è piaciuta…» mormorai arrochita.
«Non parlare, Bells… non affaticarti. Stai tranquilla, adesso ci sono io.
Scusami.»
«Di che…»
«Non ho mantenuto la promessa. Ancora una volta. Non sono riuscito a
impedire che ti facessero del male. Mi dispiace, Bells. Mi dispiace tanto».
«Bene, fuori tutti. Voglio visitarla». Il tono di Carlisle non ammetteva
repliche. Strinsi ancora di più la mano di Jacob nelle mie. Adesso che sapevo che
era vivo non volevo lasciarlo neanche un attimo. Carlisle se ne accorse e mi
sorrise.
«Credo che Jake possa restare, in fondo». Carlisle mi visitò, e finalmente poté
constatare che era tutto a posto. Ma aveva ancora lo sguardo preoccupato, e
volevo sapere perché.
«Carlisle… il bambino… sta…»
«Bella, stai serena… credo stia bene…»
«Cosa vuol dire credo!?» Jacob si era alzato e lo fissava negli occhi
ringhiando.
«Ecco… per esserne certi ci vorrebbe un’ecografia ma…»
«Ma?!» il suo tono minaccioso mi fece rabbrividire.
«Credo siano due». Io e Jacob ci guardammo sconcertati. Due. Due. Gemelli.
Come Rebecca e Rachel. Certo, c’era da aspettarselo, in fondo. Le labbra di
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Jacob si schiusero nel sorriso più luminoso che avessi mai visto da quando
l’avevo conosciuto. Bello come il sole. Anzi, bello più del sole. Il mio sole
personale.
«Sei sicuro, Carlisle?»
«No, te l’ho detto, Bella. Per essere sicuro dovrei farti un’ecografia. Perché
domani, se stai meglio, non vieni in ospedale? Ci togliamo subito il dubbio». Due.
Non potevo crederci davvero! Dovevo dirlo a Charlie. Evidentemente Jacob
aveva avuto la mia stessa idea, perché mi guardò annuendo, poi corse fuori a
chiamare Charlie. Due secondi dopo lo vidi fare capolino dalla porta della mia
stanza. Carlisle mi aveva aiutato a sedermi, quindi riuscii a guardarlo in viso.
«Bells, piccola… come stai amore?!»
«Papà, ti prego… non usi quel tono con me da quando ho cinque anni…»
«Ero preoccupato, tesoro. Ho rischiato l’infarto, lo sai?»
«Lo immagino, papà. Ma non dare la colpa a Jacob, lui non c’entra niente.»
«E allora chi…»
«Sono stata io, papà. Sono un’idiota e…»
«Parole sante, amore!» Jacob sorrideva, ma mi lanciò uno sguardo di fuoco.
L’avrei pagata, lo sapevo.
«Papà… dobbiamo dirti una cosa. Siediti, per favore.»
«Che succede? Non starete per divorziare, spero…» guardava da me a Jake
senza sosta, sperando di trovare indizi sui nostri volti.
«Ma come ti viene in mente?! No, certo che no! Solo che… ecco…»
«Avanti Bells, sputa fuori. Non sarà poi così terribile, no?»
«Ok. L’hai voluto tu. Sono incinta.» Mio padre mi guardò per un istante con
una faccia tale che credevo stesse veramente per avere un infarto.
«Da quanto…»
«Da quanto lo so? Da qualche giorno.»
«MA SEI USCITA DI SENNO?! Rischiare la pelle non ho ancora capito come,
sapendo che SEI INCINTA?!»
«Papà calmati, o ti verrà un infarto. Sto bene adesso…»
«Certo, ma non per merito tuo, Bells! Devi avere cura di te adesso… Oddio
Bells, devi proprio farmi diventare nonno così presto?!» La sua espressione
severa si era sciolta come neve al sole alla notizia.
«E dai papà, vedi il lato positivo… almeno avrai più forze per portarli in
giro…»
«Portarli?!»
«Già… secondo Carlisle potrebbero essere due…»
«Due? Due?! DUE?!» La faccia di Charlie esprimeva talmente tante emozioni
che io e Jake scoppiammo a ridere. Si alzò intontito, andò di là e dopo poco lo
sentii ridere e festeggiare con Billy. Si sarebbero ubriacati, già lo sapevo. Feci
per alzarmi, ma le gambe mi cedettero e Jacob dovette riprendermi al volo per
non farmi cadere.
«Dove credi di andare, Bells?»
«Volevo andare a cucinare… ho fame!»
«Scordatelo… stasera faccio io. Tu non ti muovi di qui. Non vorrai mica che ti
leghi, vero?!»
«Sai bene che al momento sono abbastanza forte da rompere le corde… ma
starò buona, se mi fai un favore.»
«Cosa?»
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«Voglio un bacio.»
«Bambina viziata…» mi mise una mano sotto la nuca e mi diede un bacio che
mi fece sciogliere. Inutile dire che il mio cuore aveva cominciato a battere
all’impazzata – eh, si, perché nel frattempo era tornato al suo posto – e il mio
cervello come sempre pensava cose tali da poter essere arrestata. Mi faceva
sempre quell’effetto quando mi baciava. Oramai avevo capito che non avrebbe
mai smesso di farmi quell’effetto.
Mi trovai sdraiata sotto di lui, ansante, una mano sotto la sua maglietta e
l’altra che cercava disperatamente il suo viso. Come al solito mi dimenticai di
respirare. Quando si staccò feci il pieno di aria nei polmoni.
«Bells, non è una buona idea… c’è tuo padre di là…»
«Siamo sposati, Jake. Stiamo per avere un bambino, anzi due. Credo immagini
che non giochiamo propriamente a scacchi, nel tempo libero!» fece una risatina
divertita, e riprese a baciarmi.
«Ma tu sei ancora debole, piccola. Non mi va di affaticarti…»
«E da quando fare certe cose è una fatica?!»
«Se non ricordo male, da quando certe cose le fai con me… e spero che tu le
faccia con me per il resto della tua vita! Riposati Bells, domani sarai come
nuova, e potremo continuare questo discorso». Si alzò per lasciarmi riposare, ma
non durò a lungo. Dopo un quarto d’ora, dei colpetti lievi alla porta mi
allontanarono dai miei pensieri. Il volto sorridente di Seth si affacciò alla porta.
«Hem… Bella… come stai? Jacob ci ha detto che forse eri sveglia…»
«Seth! Vieni, entra!»
«Veramente… non sono solo…»
«Oh, al diavolo! Entrate pure!» Mi pentii quasi subito: tutti e nove – Leah
inclusa – strizzati nella mia stanza erano decisamente troppi. Eppure ero così
contenta di vederli…
«Bella, volevo ringraziarti…»
«Non dire idiozie, Seth… io devo ringraziare te: se non mi avessi portata via
probabilmente Felix o Demetri mi avrebbero fatto fuori.»
«Te ne sei accorta, eh? Che ero io, intendo.»
«Seth, eri il solo in forma umana a stare abbastanza vicino… A proposito…
Sam, mi dispiace, io non avrei dovuto… usare quel tono…»
«Bella, non pensarci… va tutto bene.» Sam mi sorrise dolcemente.
«Ma io non so neanche come ho fatto! Me ne sono resa conto solo dopo…»
«Eh?! Mi stai dicendo che ti è venuto spontaneo?!»
«Si! Ero furiosa con Demetri e volevo farlo a pezzi, ma questo non giustifica…
Sam, ma dove vai!»
«Credo sia giunto il momento.»
«Il momento per cosa? Sam, mi vuoi spiegare?!»
«Il momento che Jacob prenda il posto che gli spetta. Il posto che è suo per
diritto di nascita. Il posto di Alfa. Andiamo Paul, mi serve una mano a farlo
ragionare.»
«E perché proprio io, Sam?»
«Perché sei l’unico grosso abbastanza da prenderlo a calci nel sedere, se
serve». Uscirono, ridendo, seguiti dalla risata di tutti gli altri. Seth e Leah
rimasero a lungo, e Leah si offrì di cucinare. Mi venne l’idea di invitare Sue e
restare tutti a cena insieme, certamente a Charlie avrebbe fatto piacere. Ero
ancora un po’ debole, ma la serata fu piacevole ugualmente, piena di allegria e
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di risate. Jacob mi circondava la vita con fare possessivo, non mi mollava un
attimo. Mio padre ci guardava ancora un po’ apprensivo, ma si rasserenò quando
vide l’ombra di terrore che ancora restava sul fondo degli occhi di Jacob. Capì
che se mi avesse persa, si sarebbe ucciso veramente. Dopo cena, uscimmo a
prendere un po’ d’aria, e mio padre mi si avvicinò per parlarmi.
«Sai Bells, ne abbiamo parlato stasera a cena…»
«Tu e Billy siete davvero due comari, papà».
«Si, beh… ecco… ci ho riflettuto, e credo sia il caso che voi due veniate a
stare qui. No, lasciami parlare, Bells… non voglio stare in mezzo ai piedi, io me
ne vado. Tra l’altro, se adesso avrete anche dei bambini…»
«E dove vorresti andare, da Billy? Morireste di fame in una settimana!»
«Hem… veramente… ecco…»
«Papà, sei diventato un papavero. Che c’è?»
«Veramente vado a stare da Sue…» Ci misi un attimo a capire cosa intendesse.
«Tu e Sue? E da quanto va avanti?!»
«Da un po’…» Charlie era sempre più rosso, e non riusciva a guardarmi negli
occhi. In compenso stava sogghignando felice.
«Non mi hai detto niente…»
«Io… ecco… non sapevo come l’avresti presa… vuoi bene alla mamma…»
«Ma voglio bene anche a te, papà. E non vedo perché, se lei può rifarsi una
vita con Phil, non possa farlo anche tu. Sue è una donna forte, proprio quello
che ti ci vuole.»
«Davvero non ti dispiace?»
«Veramente mi dispiace più per Billy che rimarrà da solo!»
«Stai tranquilla, se vado da Sue sono più vicino e posso andare a trovarlo ogni
momento. E poi non mi sembra che Billy sia il tipo che si perde d’animo…» A
quel punto feci una cosa che non facevo da un’eternità: gettai le braccia al collo
di mio padre e gli mormorai all’orecchio “ti voglio bene”. Si illuminò. Si sarebbe
trasferito di lì a una settimana, ma quella sera ci voleva lasciare da soli
comunque.
Il giorno dopo mi svegliai di buon’ora, e come promesso mi feci accompagnare
all’ospedale da Carlisle per l’ecografia. Non mi fece attendere molto, e l’esame
confermò quello che già sapevamo: erano due. Due lupacchiotti che sarebbero
diventati la nostra gioia. Proprio come me l’ero immaginato quando avevo
baciato Jake nella radura, ed in un attimo avevo visto tutto il nostro futuro
insieme. Era ancora troppo presto per sapere di che sesso fossero, ma io non
avevo bisogno di esami per saperlo, ero certa che fossero un maschio e una
femmina. Me lo sentivo. Sorrisi tra me e me riflettendo alle notizie che ci aveva
dato Carlisle. Da quando ne aveva curato uno, sembrava che avesse fatto
moltissime ricerche sui licantropi, con il risultato che oramai la sapeva lunga.
Quando arrivammo a La Push tutto il branco ci aspettava, fermi nello spiazzo
davanti casa di Billy. Sam si fece avanti, seguito da Paul e Jared, con
espressione seria.
«Che succede, Sam? Problemi?»
«No, Jake, nessun problema, se non ne creerai tu.»
«Dove vuoi arrivare, Sam? Non ti seguo».
«E’ arrivato il momento, Jacob Black. Ne abbiamo parlato tutti insieme… io
volevo farlo già ieri, ma Paul mi ha convinto ad aspettare che Bella stesse meglio
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per darti la possibilità di calmarti. Jake, devi prendere il posto che ti spetta. E
lo sai».
«Dai Sam, non scherzare… ne abbiamo già parlato, mi sembra… E’ una
responsabilità che non merito».
«Io dico di si. Io sono stato un buon capo, Jacob, ma sapevo che prima o poi
questo compito sarebbe terminato, sapevo che quando fosse giunto il momento
ti avrei ceduto il posto. Il tuo sangue parla chiaro, e ha parlato anche attraverso
Bella. Tu sei l’Alfa, Jacob Black, e nessuno potrà mai toglierti questo diritto».
«E sia… se il mio destino è questo, non scapperò più». Sam si fece incontro a
Jacob e lo abbracciò sorridendo, mentre tutti gli altri si strinsero intorno a lui. Io
gli strinsi una mano, compiaciuta. Finalmente si era deciso ad accettare la sua
responsabilità!
«Bene, già che ci siamo… tutti dentro, dobbiamo dirvi qualcosa». Entrammo in
casa, tanto Billy oramai stazionava da Sue… tutti in salotto, era un po’ affollato,
ma non mi lamentai.
«Saprete che oggi siamo andati da Carlisle per una visita… E’ tutto a posto,
ma abbiamo scoperto qualcosa di interessante». Tirai fuori il libro delle
leggende Quileute che avevo comprato a Port Angeles qualche tempo prima… Lo
aprii alla pagina che mi interessava. «Ecco, questo libro mi ha fatto capire un
bel po’ di cose, tempo fa… chi erano i freddi, per esempio, e perché i Quileute
diventavano lupi. E’ pieno di leggende. Il problema è che abbiamo scoperto che
nessuna di queste storie è una leggenda, a quanto pare. Carlisle oggi ci ha
confermato che secondo le sue ricerche, ci sono tre modi per diventare
licantropi. Il primo, il più comune e quello che risulta quindi più gestibile, è il
fattore ereditario, che permette di controllare il mutamento e di trasformarsi
indipendentemente dalla fase lunare. Come avviene nel vostro caso, insomma. Il
secondo modo, è essere morsi da un lupo in una notte di luna piena… si, lo so
che la credevate una leggenda, ma è vero. Col tempo anche così si impara a
controllare la trasformazione, ma l’istinto è più vivo e rimane più mutevole,
quindi più pericoloso. Il terzo fattore, è in assoluto quello più raro di tutti… ma
ci sono stati alcuni casi, e Carlisle li ha trovati e documentati. Il terzo fattore di
trasformazione è l’amore».
«Non vi seguiamo più, ci avete perso…» fu Sam a parlare, ma a nome di tutti.
«Ecco… insomma… quando il legame tra il licantropo in questione e la sua
compagna è particolarmente forte – non parlo solo dell’imprinting, mi riferisco
al rapporto passionale, fisico, che va al di là di tutto e deve essere
reciprocamente forte – e quando la stirpe del licantropo è particolarmente pura,
in alcuni rarissimi casi può capitare che la luna piena faccia degli scherzetti…»
«Bella» fu Leah a prendere la parola, era la sola donna e probabilmente aveva
capito l’imbarazzo che avevo nel parlarne, «se fosse così semplice, allora…»
«No, infatti ho detto che la questione è un pochino più complicata. Ecco…
devono esserci tutta una serie di fattori che devono trovarsi a combaciare…
insomma, per farla breve, se capitasse di restare incinta durante la luna piena, e
tra i due partner ci fosse un rapporto molto profondo e molto particolare che va
al di là dell’imprinting… allora…» Non riuscii a finire la frase, quindi guardai
Jacob con la muta richiesta di farlo al mio posto. Fu lui a continuare.
«Ecco, si rischia di diventare licantropi». Leah ci guardava sorpresa.
«Ma è difficile farlo apposta… voglio dire; per quanto si possa provare, non si
avrà mai la certezza della data…»
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«Purtroppo, in questo caso c’è la certezza, Leah… grazie all’ecografia, io e
Carlisle siamo riusciti a ricostruire il percorso all’indietro, andando fino al giorno
in cui lui presumeva fosse avvenuto il concepimento del bambino. Io ho fatto
bene i conti. E’ stato il 20 di novembre.»
«La sera del compleanno di Jacob…»
«Già…» La mia faccia stava andando a fuoco sempre di più…
«Ma sei sicura… potrebbe essere stato qualsiasi altro momento…» diventai di
un colore talmente brillante che temetti l’autocombustione, mi vergognavo di
dire quello che stavo per dire, ma dovevo farlo, se volevo che gli altri capissero.
«No Leah, sono sicura…»
«E come fai… Ah!» mi lesse negli occhi quello che ancora non avevo detto ad
alta voce. Santa donna, aveva capito.
«Fidatevi, abbiamo fatto bene i calcoli, e siamo certi che la data sia quella…»
perfino Jacob era in imbarazzo e teneva gli occhi bassi, ma Sam scoppiò a ridere
per allentare la tensione, seguito da tutti gli altri.
«Jake, è sempre colpa tua alla fine! Scusa Bella, continua… ancora non
abbiamo capito dove vuoi arrivare…»
«Che sto diventando come voi, Sam». Mi fissarono tutti sbalorditi. «Non credo
che correrò per la foresta a quattro zampe, ovviamente, ma certamente tutte le
altre caratteristiche le ho acquisite. Soprattutto la temperatura corporea… sto
morendo di caldo!» Cercavo di sdrammatizzare, con scarsi risultati.
«Lo sapevamo già, Bells… ce lo hai già detto…»
«Non hai capito, Sam… potrei averle acquisite… permanentemente, a quanto
pare. Dobbiamo solo aspettare che le piccole pesti nascano, e poi avremo modo
di verificare se la teoria di Carlisle è giusta. Ma finora non ha sbagliato un
colpo!»
«Bella, potresti davvero diventare un licantropo?» Seth sorrideva estasiato.
«E’ quello che sto cercando di dirvi, Seth… o almeno acquisirò tutte le vostre
caratteristiche. Vi dispiace?» Un coro di urrà mi fece capire che forse al branco
la cosa non dispiaceva molto. Ecco, adesso era davvero tutto perfettamente
perfetto!
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10. Epilogo – matrimonio in grande stile.
Charlie era stato chiaro: per lui la cerimonia Quileute era importante, ma
ovviamente davanti alla legge non era vincolante e dato che lui era un uomo di
legge noi dovevamo ripetere il rito davanti a un pastore. Anche perché Renée mi
avrebbe strangolata, se l’avessi tagliata fuori. Non che a noi dispiacesse ripetere
tutto… ma era un bello stress doversi preoccupare di ogni cosa… oramai la mia
iper–efficiente ex–migliore–amica–quasi–sorella era in Alaska, e ovviamente era
un po’ difficile che mi desse una mano con i preparativi. Ma potevo contare su
Emily e Leah, il che mi faceva comunque sentire sollevata. Avevo posto una sola
condizione: fare in modo che la cerimonia avvenisse prima che diventassi una
specie di balena con le gambe. Non lo avrei sopportato di trascinarmi all’altare
insaccata in un abito informe senza riuscire a vedermi i piedi… già inciampavo
normalmente, figuriamoci in una situazione del genere! Eravamo riusciti ad
accordarci per fine gennaio, anche perché fortunatamente volevamo qualcosa di
molto semplice e il padre di Angela Weber si era detto disponibilissimo ad
aiutarci… tanto Forks non era una metropoli talmente grande da dover prenotare
il pastore mesi e mesi prima. Ero un po’ triste, perché dovetti depennare sette
persone dalla mia lista degli invitati. Certamente non sarebbero venuti…
neanche a chiederglielo. Perciò rimasi di sale quando ricevetti la telefonata di
Alice Cullen che mi rimproverava di non averle detto niente della cerimonia.
Pensai subito che fosse stata Emily, invece mi sorprese ancora di più: Jacob
l’aveva chiamata dicendo che avevo bisogno del suo aiuto. La cosa mi sorprese,
perché sebbene Jake avesse imparato ad apprezzare Alice, non era ancora
arrivato al punto di tollerare che i vampiri mi girassero intorno come niente
fosse. E ovviamente il fatto che Alice non potesse più vedermi la metteva a
disagio, cosa che contribuiva ad aumentare la tensione.
Comunque, i primi ostacoli furono superati egregiamente, con un enorme
sforzo di volontà da entrambe le parti per fare in nodo che tutto filasse al
meglio. Ero riuscita a mettere un freno all’esuberanza di Alice fino al punto da
imporre che il vestito lo cucissero Leah e Emily… dopo il capolavoro della
cerimonia Quileute, almeno quello glielo dovevo! Per gli addobbi le lasciai carta
bianca, anche se ancora non avevo deciso dove fare la benedetta cerimonia.
Casa mia era piccola, casa di Billy anche peggio… restava il centro di La Push,
ma sapevo che i Cullen non avrebbero mai accettato una cosa del genere. La
soluzione la propose Esme, che ci offrì di farla a casa Cullen, come se fosse la
cosa più normale del mondo. L’idea mi metteva a disagio; per quanto Edward si
fosse rassegnato, certamente vedermi in quel modo in casa sua e non essere lui
lo sposo non lo avrebbe aiutato. Tentennai molto in proposito, e decisi anche di
parlarne con Jacob. In definitiva era la nostra cerimonia, e volevamo che fosse
come dicevamo noi. Decidemmo che sarebbe stato meglio farla in casa di
Charlie, anche se avremmo dovuto stringerci un po’.
E così iniziarono i preparativi, tra l’euforia generale e Renée che non riuscivo
più a contenere. Si trasferì in pianta stabile da noi a Forks, e quindi ci
ritrovammo in casa Phil e mia madre che facevano e disfacevano insieme a Alice
Cullen. Il giorno della prova finale dell’abito, il giorno precedente la cerimonia,
Leah si presentò a casa mia con una valigia enorme, ma non c’era traccia di
Emily.
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«Tranquilla Bella, è con Jake. Abbiamo pensato che sarebbe stato peggio per
te sapere che lo avrei vestito io… o meglio, che le prove le avrei fatte io. Quindi
sono qui. Andiamo, spogliati che devo fare le prove». Mi diede una mano anche
lei a spogliarmi, quindi chiamò Alice da sotto che discuteva con mia madre per
aiutarla a vestirmi. Quando ebbero finito – Alice doveva aver lavorato in qualche
salone di bellezza, era bravissima – mi fecero specchiare, girandomi lentamente
verso lo specchio a figura intera che avevano sistemato nella mia camera. Non
potevo credere ai miei occhi. Sembravo la regina delle fate. Jake sarebbe
rimasto a bocca aperta per lo stupore.
«Ti piace?!» Il tono di Leah era dubbioso, forse la mia espressione l’aveva
lasciata di stucco. Senza riflettere le buttai le braccia al collo e scoppiai a
piangere. Allungai la mano verso Alice per tirarla vicino, incurante dell’odore
che mi dava il voltastomaco e di Leah che si era irrigidita. Ero felice.
«Leah, Alice… io… non… so… come… ringraziarvi…» singhiozzavo talmente
forte che Leah temette una crisi isterica.
«Smettila di piangere Bells… ti si gonfiano gli occhi, e domani è il grande
giorno… non puoi andare all’altare con gli occhi rossi e gonfi!» aveva ragione, ma
ero così commossa che non riuscivo a controllare i singhiozzi. Quando finirono
ero esausta, avevo un disperato bisogno di riposare, dopo tutte quelle emozioni.
Un colpetto leggero alla porta della camera mi fece sobbalzare, ma quando vidi
il volto luminoso di Jacob, passò la stanchezza, la paura… tutto.
«Jake! Che ci fai tu qui? I tuoi fratelli non ti avevano organizzato l’addio al
celibato?»
«Si, ma ho ancora un po’ di tempo… e oggi non ti ho vista per niente… e
adesso siamo soli…» mi guardava con un sorrisetto malizioso. Accidenti a te,
Jacob Black… riuscirò mai a dirti di no?!
«Renée e Phil?»
«Da tuo padre… e ci resteranno fino a tardi, a quanto ho capito… siamo soli,
amore… e io avrei qualche ideuzza…»
«Sei un animale, Jacob!»
«Ma dai? Credevo fosse proprio questo che ti ha fatto innamorare…» mi prese
tra le braccia e cominciò a baciarmi dolcemente, cullandomi teneramente. Dopo
poco crollai dal sonno, senza neanche preoccuparmi di cenare, tanto ero
esausta.
Il mattino dopo, uno strano sole splendeva fuori dalla finestra… non potevo
crederci, era gennaio per la miseria! Eppure era così, anche il sole aveva deciso
di benedire la nostra unione. Buon segno. Sentii voci e schiamazzi dal piano di
sotto, e poco dopo Alice, Leah e Emily entrarono come tre carri armati nella mia
stanza.
«Ancora a letto?! Basta dormire, poltrona! Abbiamo un milione di cose da
fare. Alice, tu occupati delle decorazioni con Esme e Rose, Jasper e Emmet
dovranno spostare i mobili. Dì a Edward e Tanya di pensare alla musica. Carlisle
deve andare a prendere il pastore… Io e Leah penseremo a sistemare questo
disastro. Ma guarda che occhi, Bella… si può sapere cos’hai fatto stanotte?! No,
aspetta, non dirmelo… preferisco restare nell’ignoranza!» mi fermò con una
mano, mentre lei e Leah mi tiravano fuori dal letto di peso e mi trascinavano in
bagno. Il resto della mattina trascorse come un sogno, tra sprazzi di lucidità e
periodi di catatonia dovuta al fatto che non mi lasciavano fare niente, io ero
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nelle nuvole e loro mi circondavano premurose ed efficienti. All’ora della
cerimonia, Seth fece capolino dalla porta, per avvertire che erano pronti.
«Sono arrivati tutti… Wow! Bella, sorellina… sei… sono… senza parole! Se
Jacob non ti sposa chiamami, che lo prendo a pugni». E mi mandò un bacio con
la punta delle dita. Io gli sorrisi, commossa. Seth… lo adoravo nel senso letterale
del termine. Era il più dolce di tutti, e gli volevo un bene dell’anima.
Aspettammo ancora un po’ per essere certi che gli ospiti ci fossero tutti, quindi
Alice giunse di sopra come una ventata d’aria fresca per prepararsi… era una
delle mie damigelle. Non avevo potuto dire di no. Le volevo troppo bene. Rimase
folgorata quando mi vide.
«Bella, cara… sei una visione!» Mi specchiai: aveva ragione… non sembravo
neanche io. Il vestito era color crema, per far risaltare la mia carnagione di
porcellana, e scendeva morbido sul corpo, stretto sotto il seno per metterlo in
risalto. La scollatura era quadrata, e le maniche erano strette fino a metà
braccio, per poi scendere larghe come tante punte leggere e fluttuanti. Lo
strascico era leggero, appena accennato. I capelli erano sciolti e lievemente
ondulati, due ciocche erano state attorcigliate e fermate dietro la nuca, con
appoggiata sopra una coroncina di fiori d’arancio. Niente velo. Mi ero imposta
categoricamente, mi rifiutavo di assomigliare a una meringa. Sembravo
veramente la regina delle fate. Prima di andare mi avvicinai al mio comodino e
presi l’anello che Jacob mi aveva regalato qualche mese prima. Emily rimase a
bocca aperta.
«Bella, ma quello è…»
«L’anello di Sarah, lo so.»
«Credevo lo avesse Billy…»
«Infatti, ma la sera del compleanno di Jacob glielo ha dato per darlo a me.»
«Bella… quell’anello… ha un significato…»
«Lo so. Jake mi ha detto che è molto importante per Billy. E che non lo aveva
voluto dare né a Rebecca né a Rachel.»
«Si, ma… Bella, quell’anello è nella famiglia Black da generazioni. La
leggenda narra che fu il primo capo tribù Quileute a crearlo per la sua compagna
come simbolo di potere uguale a quello del capo tribù. Da quel momento, solo le
donne dei capi tribù hanno il diritto di portarlo. Quell’anello è come un
riconoscimento, un simbolo. Tu ora sei la prima donna dei Quileute. La sola
donna che può partecipare al consiglio e mettere bocca nelle sue decisioni.»
Rimasi di sale. Jacob non mi aveva spiegato tutte queste cose, probabilmente
temendo che lo avrei rifiutato. Mi ripromisi di rimproverarlo e accantonai il
pensiero per quel momento; sentivo le voci dei miei sul pianerottolo e seppi che
era arrivato il momento.
Mio padre mi venne a prendere in camera per accompagnarmi di sotto, e
anche lui rimase senza parole. Dietro di lui mia madre continuava a piagnucolare
in modo indegno mormorando “la mia bambina, la mia Bella” senza sosta…
Quando iniziò la musica, Charlie mi porse il braccio e insieme uscimmo dalla
mia camera. Quando mi videro apparire in cima alle scale, il brusio dei presenti
cessò di botto. Io mi ritrovai a fissarli preoccupata. Mi stavano guardando tutti.
C’era tutto il branco, Sam a fianco di Jacob come testimone, poi tutti gli altri.
Tutta la tribù era presente, e i Cullen stavano sorridendo. Edward sobbalzò
vistosamente quando vide il bagliore provenire dal mio anulare sinistro. Anche
Billy lo notò e guardò nella stessa direzione con un sorriso compiaciuto. Quindi
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mormorò qualcosa al vecchio Quil, che a sua volta fissò la mia mano e in men
che non si dica tutti i Quileute mi stavano fissando con un sorriso di
approvazione. Ero così nervosa che non riuscii neanche a ricambiare il sorriso di
Billy. Dai Bella, non è il momento di inciampare questo! Sussurrai a Charlie di
tenermi stretta, e lui per tutta risposta mise la mano sulla mia con gesto
rassicurante. I miei occhi vagarono per la sala, cercando il mio lupo preferito.
Rimasi folgorata. Ero senza fiato. Era favoloso. L’abito grigio scuro che Emily gli
aveva cucito addosso era assolutamente perfetto e metteva in risalto le sue
spalle enormi e la sua statura colossale, la camicia bianca inamidata spiccava
sulla sua pelle bruna, insieme alla cravatta grigio argento. I capelli erano sciolti
sulle spalle, pettinati, sulle labbra carnose aleggiava un sorriso, e gli occhi si
guardavano intorno ansiosi. Era bello come un dio greco. Quando mi vide
sobbalzò, e nel suo sguardo si accese una fiamma che riconobbi subito. Era la
stessa che ardeva nei miei. Era uno sguardo innamorato.
Quando mio padre mi lasciò e mi mise una mano nelle sue, Jacob strinse
leggermente di più – nessuno dei due riusciva a spiccicare una parola – una
pressione per farmi capire che era felice. Non ce n’era bisogno, era evidente.
Gli si leggeva negli occhi, e si leggeva nei miei. La cerimonia fu breve, circa
venti minuti, e quando alla fine il pastore diede il permesso di baciare la sposa,
Jake mi prese tra le braccia in un bacio lunghissimo. Dopo di che, tutti vollero
baciare gli sposi, e io mi ritrovai frastornata dalla piccola folla che si era creata
intorno a noi. Jacob non mi lasciava un attimo, neanche con lo sguardo, era
sempre agganciato a me. Lo sentivo sulla pelle. Anche quando, all’improvviso
durante il ricevimento, uscii per prendere una boccata d’aria.
«Tutti quei vampiri lì dentro non aiutano, eh Bells?» era lui, splendente come
non mai. Non riuscivo a guardarlo e allo stesso tempo non potevo staccargli gli
occhi di dosso.
«Sai Jacob, oggi mi hai lasciata senza parole… non potevo credere che stavo
per sposare un dio greco!»
«E dai Bells, non scherzare!»
«Dico sul serio, Jacob Black. Oggi sei veramente un sogno. Togli il fiato.»
Indicai con un gesto il suo abito, che gli stava talmente bene che avrei potuto
tranquillamente giurare che non sarebbe mai stato più bello di così. Ovvio, se
non lo avessi mai visto senza i vestiti…
«Anche tu togli il fiato, Bells.» Lo sguardo che mi restituì la diceva lunga su
quali fossero i suoi pensieri in quel momento.
«Sai Jake? E’ da un po’ che voglio dirti una cosa… ma per favore, non metterti
a ridere…»
«Sono tutto orecchi… mi devo preoccupare?!»
«Temo di si… perché sarà talmente stucchevole da cariarti un dente.»
«Ti ascolto.» Mi sorrise dolcemente, quindi si fece più vicino, sempre con le
mani sui miei fianchi.
«Ti ricordi quando mi hai baciata, nella radura?»
«Direi di si…» un sorriso compiaciuto gli aleggiava sulle labbra carnose.
«Ok… ecco… è stato in quel momento che ho capito che ti amavo. Che eri il
mio sole, l’aria che respiravo, e che probabilmente se non ci fosse stato di
mezzo Edward Cullen me ne sarei accorta molto prima. Ogni volta che mi
sorridi, che mi guardi, che mi baci, mi sento volare sulle nuvole. Quando mi
stringi tra le braccia mi sento come se niente e nessuno potesse farmi del male,
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come se tutto il mondo intorno a noi non esistesse. Ho sempre avuto paura di
impegnarmi da giovane, perché avevo davanti l’esempio di Renée, ma con te è
stato tutto così naturale… come respirare, come hai detto tu.
Dopo tutto quello che abbiamo passato, siamo ancora qui, insieme, ciascuno
immerso negli occhi dell’altro, e niente ha potuto smuovere questa realtà. Avevi
ragione, hai sempre avuto ragione, fin dall’inizio: tu sei perfetto per me. Io sono
perfetta per te. Siamo fatti per stare insieme, Jacob, e questa consapevolezza
mi fa sentire libera come non mai. Ti amo, Jake. Con tutta la mia anima, con
tutto il mio essere, per tutta la mia esistenza. Tu sei la persona che voglio al
mio fianco per il resto della mia esistenza, la persona che voglio baciare al
mattino appena sveglia, che voglio stringere tra le braccia la sera prima di
addormentarmi, la persona da cui mi rifugio nei miei momenti bui, nelle mie
nuvole… tu sei il sole che splende sopra tutto questo, Jacob Black, e nel
momento in cui ho capito di amarti ho sentito chiaramente che il pezzo del mio
cuore che mancava è ritornato al suo posto, e resterà lì per il resto
dell’eternità». Ricacciai dentro una lacrima ribelle, ma non servì a molto. Anche
Jacob era commosso, si vedeva benissimo. E la sua voce era più roca del solito.
«Dio Bells, questa si che è una dichiarazione! Bella, io non ho mai amato
nessun’altra prima di te. Inutile dirti che mi butterei nel fuoco, o andrei
all’inferno per te, perché tutto questo già lo sai. Fa parte dell’imprinting, ma
anche senza, non ho mai amato nessun’altra come amo te. Ti amo a tal punto
che sarei stato disposto anche a restare il tuo migliore amico, pur di averti
accanto. Sarei stato disposto anche a restarti accanto quando fossi diventata una
vampira. Anche tu sei la persona con cui voglio passare la mia vita. No, anzi; tu
sei la mia vita, e senza di te mi manca un pezzo, una parte di me. Sono
incompleto senza di te, Bells. L’ho capito nel momento in cui ho rischiato di
perderti, qualche tempo fa. Ho capito che senza di te non sarei stato in grado di
andare avanti, non sarei stato capace di vivere. Anche io ti amo, e questo anello
– indicò la fede nuziale che brillava al suo anulare sinistro – può anche
rappresentare il nostro legame davanti alla legge, ma questo – e mi prese una
mano per portarsela sul cuore – questo è il legame che ci unisce per sempre.
Finché i nostri cuori batteranno, noi ci apparterremo, Bells. Finché questo cuore
continuerà a battere io ti apparterrò, Signora Black». Adesso piangevo
definitivamente, come una fontana, perché Jake non era mai stato così dolce,
neanche quando credeva che stessi morendo. Mi gettai tra le sue braccia, felice
come non mai, estasiata da questa nuova consapevolezza. Niente avrebbe
potuto separarci, oramai lo sapevo. Il mio sole personale avrebbe brillato solo
per me. E il bacio che mi diede fu solo la conferma di quello che già sapevamo
entrambi.
* * *
Era passato un anno dal nostro matrimonio, e stringevo tra le braccia due
testoline brune, con gli occhi color cioccolato al latte e la pelle bruna. Erano un
maschietto e una femminuccia, come avevo previsto. Ephraim e Sarah. I miei
due angeli. Jake mi teneva stretta, cingendo la mia vita con un braccio, mentre
con l’altra accarezzava la testa dei nostri figli. D’un tratto sentimmo un ululato
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lontano. Era Sam. Mi diede un bacio leggero, baciò i bambini e mi mormorò,
mentre si spogliava:
«Devo andare, amore. Tornerò presto. Ti mando Emily a tenerti compagnia.»
«Fai attenzione, amore. Ti aspetterò sveglia.»
Così dicendo, si trasformò a mezz’aria, senza preoccuparsi di spogliarsi
davanti a me. Quando si fu trasformato si voltò a guardarmi un’ultima volta,
come faceva sempre. I miei occhi cambiarono, divennero più scuri, la pupilla si
dilatò fino a coprire tutto l’occhio. Il mio corpo rimase dov’era, seduta sulla
panca del portico, ma la mia mente si era unita a quella del branco. Anche io
correvo insieme al branco.
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