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IL BILANCIO D’ESERCIZIO
PER GIURISTI D’IMPRESA
Il modello del reddito realizzato
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D’Amico Paolo (*)
- 3^ parte Sommario. Il Bilancio d’esercizio secondo la legislazione civilistica. Lo Stato Patrimoniale. Il Conto Economico. La Nota Integrativa.
Schema di Stato Patrimoniale civilistico. Schema di Conto Economico civilistico. Schema di Rendiconto Finanziario. Rappresentazione
delle Immobilizzazioni Materiali secondo il criterio di destinazione. Metodologia in uso di valutazione discrezionale delle
Immobilizzazioni Materiali. La verifica di congruità del valore d’uso secondo la normativa civilistica ed i principi internazionali. La
verifica di congruità reddituale secondo lo I.A.S. 16. Determinazione del valore di presumibile realizzazione indiretta. La verifica di
congruità secondo lo I.A.S. 36. Il test d’Impairment del Fair value dell’immobilizzazione attraverso il Metodo dei flussi di cassa scontati.
Il Reporting del piano di ammortamento flessibile (I.A.S. 36). La stima discrezionale della
perdita durevole di valore
dell’immobilizzazione in economia. Caso Gruppo Alfa Spa. La valutazione discrezionale dell’Attivo Circolante. Zona di elasticità dei
valori ragionevoli per la determinazione del reddito di competenza del periodo. Criteri di iscrizione delle Immobilizzazioni Finanziarie nel
Bilancio d’esercizio. Rappresentazione nell’attivo immobilizzato delle partecipazioni di controllo. Rappresentazione nell’Attivo circolante
delle Partecipazioni di minoranza. Valutazione dell’Avviamento e delle Differenze di Consolidamento (I.F.R.S. 3). Bibliografia consultata.
1.1. Il Bilancio d’esercizio secondo la legislazione civilistica
In base alla legislazione civilistica, il bilancio d’esercizio con particolare riferimento alle società di capitali, si
compone di tre documenti: lo Stato Patrimoniale, il Conto Economico e la Nota Integrativa.
1.2.1. Lo Stato Patrimoniale (Art. 2424 c.c.)
Lo Stato patrimoniale esprime, il cosiddetto capitale di funzionamento e offre la rappresentazione puntuale del
patrimonio della stessa a una certa data.
Il contenuto di tale documento contabile è dato da un insieme coordinato di elementi destinati all’esercizio
1
dell’attività economica. Gli elementi contenuti nello Stato Patrimoniale costituiscono condizione essenziale per lo
svolgimento dell’attività d’impresa in quanto è grazie all’utilizzo dei vari elementi patrimoniali inseriti nei processi di
produzione economica, e alla capacità di reintegrarli e di ristrutturarli, sotto l’aspetto qualitativo e quantitativo, in modo
coordinato e unitario che risulta possibile soddisfare le attese dei soggetti destinatari del bilancio d’esercizio.
Per tale motivo risulta essenziale coordinarli e combinarli opportunamente tra di loro, in maniera unitaria e
durevole nel tempo, per dar vita ad un processo produttivo efficiente.
In un’accezione più ampia, il patrimonio comprende tutte le attività materiali ed immateriali attivabili per il
raggiungimento di obiettivi strategici prefissati nell’ambito dell’azienda, affermando in tal modo che il capitale di
funzionamento tende ad avvicinarsi alla configurazione del capitale economico, esprimendo il valore attuale dei redditi
prospettici che si prevede saranno realizzati in futuro mediante l’utilizzo sistematico di tali attività permanentemente
acquisiti all’economia dell’impresa.2
I criteri di valutazione applicati alle attività e passività patrimoniali in corso di completamento alla data di
chiusura del bilancio, sono di natura atomistica, poiché la stima viene effettuata analiticamente, voce per voce, al fine di
determinare un valore prudenziale del patrimonio netto di bilancio.
Invece, i criteri di valutazione sistemica del capitale di bilancio, tendono a stimare il valore di capitale
economico, verso cui il valore del capitale di funzionamento deve tendere nel lungo termine.
La valutazione di natura sistemica si basa sulla rivalutazione analitica delle attività e delle passività dalla cui
differenza scaturisce il patrimonio netto reale di bilancio, e l’entità di tale patrimonio rivalutato deve essere verificato a
posteriori, mediante l’attualizzazione dei redditi operativi netti futuri, o dei flussi di cassa operativi attesi attualizzati ad
un tasso di sconto appropriato. Ci occuperemo di tale argomento nel prosieguo della trattazione.
1
Si veda tra gli altri, P. Onida,”Il Bilancio d’esercizio nelle imprese”, op. cit.;A. Amaduzzi,”L’azienda nel sistema e nell’ordine delle sue
rilevazioni”, Utet, 1972; P. Capaldo,”Reddito, Capitale e Bilancio d’esercizio. Un’introduzione”, Giuffrè, 1998.
2
- S. Mestichella,” L’Analisi di bilancio. Caso Cementir Spa”, Tesi di Laurea – Master, 2005, tutor F. Ranalli, pag. 6.
1
1.2.2.
Il Conto Economico (Art. 2425 c.c.)
Il Conto Economico è il documento economico-contabile di sintesi che mette in relazione l’attività svolta
dall’impresa in un determinato periodo amministrativo, con i livelli di efficienza raggiunti nell’impiego delle risorse
disponibili, con le strutture produttive e organizzative adottate, nonché con le scelte di fondo affettuate a livello di
strategia competitiva ed economico-finanziarie.
Il documento raccoglie l’insieme delle variabili-flusso riferite ai ricavi conseguiti e ai costi sostenuti
nell’intervallo temporale considerato ed esplicita quale variabile di sintesi il reddito inteso come differenza tra tali
componenti, integrato dalla stima delle quantità economiche in corso di completamento al termine dell’ esercizio, che
va ad accrescere il capitale netto dell’impresa, costituendo una remunerazione esplicita della capacità imprenditoriale
connessa alla combinazione delle risorse utilizzate.
Il risultato economico dell’esercizio misura la variazione, positiva o negativa, subita dal patrimonio netto e
quindi dalla ricchezza netta dell’impresa per effetto della gestione, ad eccezione delle conseguenze derivanti dagli
effetti patrimoniali delle variazioni di capitale e le eventuali distribuzioni di utili o di riserve. 3
1.2.3. La Nota Integrativa (art. 2427 c.c.)
La Nota Integrativa è un documento che ha la funzione di integrare i dati quantitativi esposti negli schemi di
Stato Patrimoniale e di Conto Economico al fine di rendere più chiara e significativa la lettura del bilancio d’esercizio.
Le funzioni svolte da tale documento sono:
• La funzione analitico-descrittiva, che dà l’illustrazione di dati e contenuti nello Stato Patrimoniale e nel
Conto Economico che, data la loro sinteticità espositiva non sono in grado di essere pienamente compresi;
• La funzione informativa, che prevede l’indicazione di ulteriori dati che non possono essere inseriti nei
documenti quantitativo-contabili;
• La funzione esplicativa, che si traduce nell’evidenziazione delle ipotesi assunte sulla gestione futura e che
sono alla base della determinazione dei valori di bilancio.
Le informazioni contenute nella Nota Integrativa nel rispetto della normativa civilistica possono essere
raggruppate nel modo seguente:
a)
b)
c)
d)
Criteri di valutazione utilizzati nella redazione del bilancio d’esercizio;
Analisi delle voci componenti lo Stato Patrimoniale e delle variazioni intervenute rispetto all’esercizio
precedente;
L’illustrazione delle voci del Conto Economico;
Altre informazioni integrative e complementari.4
Eventuali cambiamenti di criteri di valutazione da un esercizio all’altro, come ad esempio accade, per la
valutazione delle rimanenze finali di magazzino che in un esercizio è stata fatta al FIFO, mentre in quello successivo al
LIFO.
Tale cambiamento di criterio, qualora portasse ad una differenza rilevante nel reddito d’esercizio, dovrà essere
menzionato nella Nota integrativa evidenziando l’impatto sul Patrimonio Netto della società e sul risultato economico di
periodo.
3
E’ anche chiamato conto profitti e perdite che rappresenta l’andamento economico dell’impresa in un determinato periodo di tempo, solitamente di
12 mesi (esercizio). E’ un conto riassuntivo del risultato economico della gestione, al quale affluiscono i costi, i ricavi e le rimanenze di competenza
dell’esercizio e che fornisce come saldo l’utile o la perdita dell’esercizio. Cfr. P. Capaldo, op. cit., pag. 35 e segg. – F. Ranalli,”Il Bilancio d’esercizio.
Modello del reddito realizzato.” Aracne, Roma, 2005.
4
- S. Mestichella, op. cit., pag. 7.
2
1.3.1. SCHEMA DI STATO PATRIMONIALE CIVILISTICO (Art. 2424 c.c.)
- Schema 1 Stato patrimoniale Civilistico a sezioni contrapposte redatto ai sensi dell’art. 2424 cod. civ.
A T T I V I T A’
PASSIVITA’ E NETTO
A) Crediti verso soci per decimi ancora A) PATRIMONIO NETTO
dovuti
AI) Capitale sociale
AII) Riserva sovrapprezzo azioni
AIII) Riserva di Rivalutazione (da fair
value)
AIV) Riserva azioni proprie
B) IMMOBILIZZAZIONI
AV) Riserva legale (5%)
BI) Immobilizzazioni Immateriali
AVI) Riserva Straordinaria
BI.I.) Spese di Impianto e di
AVII) Altre Riserve
Ampliamento – Costi di R & S
AVII1) Riserva di Consolidamento
BI.IV) Avviamento
AVIII) Utili di precedenti esercizi
BII) Immobilizzazioni Materiali
AIX) Utile (perdita) d’esercizio
BIIa) Impianti, Macchinari
BIIb) Immobilizzazioni in Leasing
BIII) Immobilizzazioni Finanziarie
I)
Partecipazioni
in
società
controllate e collegate
C) ATTIVO CIRCOLANTE
CI) Rimanenze
CII) Crediti
CII1) vs. Clienti
CII2) vs. Società controllate
CII3) vs. Società Collegate
CII4bis) Crediti tributari
CII4ter) Crediti per Imposte
anticipate
CIII) Crediti di finanziamento a breve
CIV)Attività finanziarie e disponibilità
liquide
B) FONDI RISCHI ED ONERI
B2) Fondo Imposte differite
B3) Fondo spese manutenzione ciclica
C) FONDO T.F.R.
D) RATEI E RISCONTI
D) DEBITI
D3) Debiti vs. soci per finanziamenti
D4) Debiti vs. Banche
D5) Debiti vs. altri finanziatori (Società di
Leasing)
E) RATEI E RISCONTI
TOTALE ATTIVO
TOTALE PASSIVITA’
3
1.3.2 Criterio generale di classificazione. La funzione economica delle
attività e passività di Bilancio (art. 2423-bis c.c.)
Il bilancio civilistico, è scomponibile nelle singole sintesi d’esercizio:
•
•
•
•
Sistema dello Stato patrimoniale;
Sistema di Conto Economico;
Sistema di Nota Integrativa;
Sistema supplementare di Rendiconto Finanziario.
La Direttiva comunitaria 127/1991 che ha modificato l’art. 2423-bis c.c., all’art. 15 ha introdotto, in occasione
della riforma del diritto societario, il criterio discriminante per l’iscrizione delle attività patrimoniali tra le
Immobilizzazioni o nell’Attivo circolante, dato dalla destinazione economica dei cespiti nell’ambito dei cicli
produttivi svolti verticalmente o anche orizzontalmente.
Evidentemente, il criterio della destinazione è stabilito, dagli amministratori che sono anche i redattori del
bilancio, in relazione alla specifica attività svolta dalla società o dal gruppo di appartenenza.
Per quanto riguarda l’attività caratteristica di un gruppo, quale elemento discriminante, a titolo esemplificativo
consideriamo il gruppo industriale FIAT Spa, operante con riferimento al segmento delle autovetture di fascia media.
Gli automezzi prodotti dal gruppo industriale Fiat Spa, sicuramente vanno classificati nell’attivo circolante,
nella voce (CI- Rimanenze), aventi destinazione economica come attività ad utilizzo a breve nel processo produttivo di
prodotti finiti, di pertinenza di gestione caratteristica del gruppo medesimo.
Analogamente, gli automezzi in possesso di una società di logistica (trasporti) appartenente al medesimo
gruppo Fiat Spa, vanno classificati tra le immobilizzazioni materiali, nella voce (BII- Automezzi), avendo una
destinazione economica diversa come attività ad utilizzo durevole nel tempo, nell’ambito del processo produttivo della
società di trasporti.
Per quanto riguarda il passivo patrimoniale, invece, l’applicazione del principio della destinazione economica è
un processo arduo, in quanto, in corrispondenza della distinzione tra Immobilizzazioni ed Attivo circolante prevista
dall’art. 2424 cod. civ. non vi è analoga corrispondenza del passivo patrimoniale.
Le passività ricompresse nella voce Debiti (categoria D) sono diverse e risultano classificate per natura nel
passivo patrimoniale, costituendo un limite al principio della chiarezza dello schema di bilancio, e causando non pochi
problemi a livello interpretativo della situazione patrimoniale e finanziaria del gruppo.
Il Capitale sociale, le Riserve di utili e di capitale ed il reddito netto, rappresentano le c.d. parti ideali del
Patrimonio netto, in quanto non hanno un riscontro preciso nelle voci dell’attivo patrimoniale, ma i valori del netto
risultano trasfusi nelle attività, cioè sono indistinti.
In sede di analisi ed interpretazione del bilancio d’esercizio, che di per sé non consente di effettuare una
disamina esauriente dei valori accolti, per una corretta interpretazione della situazione finanziaria, economica e
patrimoniale, i valori enunciati vanno indagati mediante l’adozione della tecnica di analisi finanziaria, che si avvale
della riclassificazione dello stato patrimoniale secondo il criterio finanziario o funzionale, alle cui macroclassi ottenute
è possibile costruire indici morfologici finanziari e patrimoniali, nonché flussi monetari e finanziari per un’attendibile
esame dello stato di salute della società.
4
1.3.1.
SCHEMA DI CONTO ECONOMICO CIVILISTICO (Art. 2425 c.c.)
L’art. 2425 cod. civ. prevede lo schema obbligatorio di conto economico a scalare, affinché l’analista di
bilancio possa delineare un certo profilo economico della gestione della società o del gruppo di appartenenza.
Tale schema sviluppa i componenti positivi e negativi di reddito in forma scalare, classificando i costi certi e
stimati per natura, attraverso l’esplicitazione delle macroclassi del Valore della produzione (aggregato A), e dei Costi
della produzione (aggregato B) di seguito specificati nello Schema obbligatorio (Schema 2).
Tuttavia, al pari dello schema obbligatorio di stato patrimoniale, il conto economico ha dei limiti informativi
nei confronti del lettore del bilancio.
Infatti, lo schema a scalare del conto economico evidenzia un unico risultato intermedio, il c.d. reddito
operativo della gestione caratteristica derivante dalla differenza tra il Valore (A) ed i Costi della produzione (B), e non
anche gli altri risultati intermedi delle varie gestioni: risultato della gestione patrimoniale e finanziaria, della gestione
straordinaria, risultato della gestione tributaria. Tali risultati possono essere ottenuti mediante il conto economico
riclassificato per natura.
In ultima analisi, lo schema evidenzia l’unico risultato economico di competenza dell’esercizio al netto delle
imposte sul reddito.
Riportiamo anche il prospetto di raccordo dell’utile netto della capogruppo e dei terzi azionisti, nel caso di
schema di Conto Economico di gruppo.
- Schema 2 Conto Economico civilistico a scalare redatto ai sensi dell’art. 2425 c.c.
A) VALORE DELLA PRODUZIONE
1. Ricavi delle vendite e delle prestazioni
2. +/- ∆ rimanenze di prodotti in corso, di semilavorati e finiti
3. +/- ∆ Lavori in corso su ordinazione
4. +/- ∆ Costruzioni in Economia
5. Altri ricavi e proventi
B) COSTI DELLA PRODUZIONE
6. Costi di acquisto di materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci
7. Costi per Servizi
8. Costi per godimento beni di terzi
9. Costi per il Personale:
10.Ammortamenti e Svalutazioni
11. +/- ∆ rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci
12 Accantonamenti per rischi ed oneri
13 Altri accantonamenti
14 Oneri diversi di gestione
= DIFFERENZA TRA VALORE E COSTI DELLA PRODUZIONE (A – B)
C) PROVENTI ED ONERI FINANZIARI
15. Proventi da Partecipazioni
16. Altri proventi finanziari
17. Interessi ed altri oneri finanziari
D) RETTIFICHE DI VALORE DI ATTIVITA’ FINANZIARIE
18. Rivalutazioni
19. Svalutazioni per perdite durevoli di valore
E) PROVENTI ED ONERI STRAORDINARI
20. Proventi straordinari
21. Oneri straordinari
= RISULTATO ANTE IMPOSTE
22. Imposte sul reddito
23. UTILE (PERDITA) DELL’ESERCIZIO
PROSPETTO DI RACCORDO REDDITO DI GRUPPO
- UTILE (PERDITA) D’ESERCIZIO DELLA CAPOGRUPPO
- UTILE (PERDITA) D’ESERCIZIO DI TERZI
VP
CP
RO
OF
RNg
RN cg
RN t
5
1.3.2. SCHEMA DI RENDICONTO FINANZIARIO COMPLESSIVO
SECONDO LO IAS 7
+/-
Disponibilità liquide iniziali in Cassa e presso Banche
+/+
+/- ∆
+/- ∆
Utile (Perdita) operativa (EBITDA)
Ammortamenti
Capitale circolante netto (Net working capital)
Altre attività/passività correnti
=
CASH FLOW STATEMENT
+
+
+
+
Acquisti di Immobilizzazioni tecniche
Acquisto di Partecipazioni (Immobilizzazioni finanziarie)
Acquisto di Immobilizzazioni Immateriali/Goodwill
Acquisto di Partecipazioni circolanti
Vendita di immobilizzazioni tecniche
Cessioni di Immobilizzazioni finanziarie
Interessi attivi
Dividendi incassati da Partecipazioni
=
CASH FLOW OPERATING INVESTIMENT
=
FLUSSO DI CASSA DISPONIBILE PER GLI INVESTITORI
+
+
-
Emissione di prestiti obbligazionari
Rimborsi di prestiti obbligazionari
Acquisizione nuovi finanziamenti
Rimborsi di finanziamenti
Rimborsi di Leasing finanziario
Dividendi pagati
=
CASH FROM FINANCING
+/-∆
Disponibilità liquide finali in Cassa e presso Banche
(A)
(B)
C = (A – B)
(D)
6
1.3.3. Il contributo dei Principi contabili internazionali (IAS 7) nella redazione dello
schema di Rendiconto finanziario
Il principio contabile internazionale I.A.S. 7, a differenza del principio contabile 12, prevede l’obbligo di
redazione dello schema di rendiconto finanziario da allegare al bilancio d’esercizio, per la rappresentazione della
dinamica finanziaria, in specie riferita ai gruppi aziendali.
Lo schema di Rendiconto finanziario previsto dallo I.A.S. 7 esalta il Flusso di cassa di gestione operativa
dell’impresa, poiché ritenuto il nucleo monetario portante della gestione corrente.
L’importanza di tale grandezza finanziaria risiede nella convinzione che, gli investimenti tecnici dell’impresa
unitamente agli impieghi di capitale circolante siano prevalentemente finanziati attraverso fonti interne di
autofinanziamento, che costituiscono grandezze oggettive di valutazione.
Inoltre, il Flusso monetario di autofinanziamento (Cash flow Statement) deve essere costituito prevalentemente
da grandezze monetarie qual è il Margine Operativo Lordo (M.O.L.) derivante dalla differenza tra i ricavi monetari
dell’esercizio ed i relativi costi monetari, rispetto all’ammontare dei costi non monetari del cash flow (ammortamenti ed
accantonamenti al netto delle utilizzazioni dell’esercizio).
Nel conto economico scalare il MOL deriva sottraendo dal Valore aggiunto il costo del personale.
Il MOL è una grandezza reddituale oggettiva, poiché non risente delle politiche di bilancio basate sui mutevoli
criteri di valutazione da un esercizio all’altro degli ammortamenti, degli accantonamenti e, delle rimanenze d’esercizio,
al fine di perequare la distribuzione dei redditi nel tempo.
Al pari dello schema di rendiconto predisposto dal P.C. 12 del CNDC, tale schema dello IAS 7 prevede
l’articolazione del rendiconto in zone che consentano di identificare le specifiche aree gestionali:
•
•
•
•
Flusso di cassa della gestione operativa (Cash Flow Statement);
Flusso finanziario di gestione Investimenti (Cash Flow Operating Investiment);
Flusso finanziario di gestione Finanziamenti;
Flusso finanziario della gestione straordinaria.
Secondo il principio IAS 7, l’impresa deve classificare le specifiche aree gestionali nel modo più consono al
settore in cui opera in modo tale da permettere ai lettori del Bilancio di valutare l’impatto delle diverse aree della
gestione sulla posizione finanziaria e sull’ammontare delle disponibilità liquide.
Il Flusso monetario di gestione operativa (Cash Flow Statement) deriva, abbiamo detto, da grandezze
oggettive che caratterizzano l’attività di produzione del reddito dell’impresa: i ricavi monetari delle vendite ed
accessori, al netto dei costi monetari dell’esercizio (M.O.L.). Il flusso monetario è inteso al netto delle imposte maturate
sul reddito operativo, ossia di quella parte della gestione fiscale relativa all’attività caratteristica.
Il Flusso finanziario di gestione Investimenti deriva dagli investimenti tecnici sostenuti dall’impresa con
l’obiettivo di ottenere in futuro maggiori ricavi e flussi monetari positivi (immobilizzazioni materiali ed immateriali,
ecc.).
Il Flusso di gestione Finanziaria è costituito essenzialmente da quelli legati alla struttura finanziaria
dell’impresa (Indebitamento e Mezzi propri), compresi i prestiti bancari a breve, medio e lungo termine, nonché del
costo del debito (oneri finanziari), e della remunerazione del capitale proprio (acconti dividendo).
Le grandezze finanziarie da considerare ai fini delle variazioni intervenute nel corso dell’esercizio, per effetto
della dinamica finanziaria, sono: i componenti del capitale circolante netto, e la posizione di liquidità netta debitoria o
creditoria.
In precedenza è stato riportato lo schema consigliato dallo IAS 7 di adozione del Rendiconto per flussi di
cassa intermedi, adottabile dai gruppi societari quotati nei mercati ufficiali.
7
2.
Rappresentazione delle Immobilizzazioni materiali secondo il criterio di
destinazione
*
*
*
BII) IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI (art. 2424 c.c.)
1)
………………………
2)
………………………
3)
………………………
4)
………………………
5)
Immobilizzazioni in corso e acconti
6)
Immobilizzazioni in Leasing
________________________________________________________________________________
La rappresentazione delle immobilizzazioni materiali si richiama, in sintonia con il principio dettato dall’art.
2424-bis c.c., 1^ co., alla prioritaria classificazione delle attività secondo la loro destinazione economica.
Tale criterio conduce ad individuare nell’attivo dello stato patrimoniale le due macroclassi:
•
•
Immobilizzazioni;
Attivo circolante.
Rientrano nelle immobilizzazioni le attività destinate alle coordinazioni produttive per un periodo che va oltre
l’esercizio, e che non possono essere distolte dalle coordinazioni stesse senza arrecare grave pregiudizio economico
all’attività produttiva.
Costituiscono invece componenti dell’attivo circolante i beni destinati alla vendita, oppure potenzialmente
idonei ad essere distolti dalle combinazioni produttive senza alterarne il fisiologico svolgimento.
L’appartenenza di un cespite alla categoria delle immobilizzazioni non dipende dalla natura o struttura dello
stesso, bensì da decisioni degli amministratori in relazione all’attività esercitata dall’impresa. 5
In base al criterio della destinazione economica appartengono, dunque, alle immobilizzazioni quelle attività
destinate per scelte del soggetto economico a permanere per non breve tempo nella dotazione aziendale, nonché per
presunzione relativa di legge disposta dall’art. 2424-bis c.c.
Si tratta perciò di impieghi con funzione economica durevole, destinati ad essere mantenuti nel patrimonio
aziendale a scopo di stabile investimento.
Ad esempio, un impianto industriale costituisce un’immobilizzazione nel momento in cui partecipa al processo
produttivo per uso durevole, ossia la sua utilizzazione è da considerarsi pluriennale.
Tali impieghi trovano iscrizione nello stato patrimoniale nella voce “Immobilizzazioni” (classe B).
Il rispetto del criterio della destinazione economica è obbligatorio secondo la legislazione civilistica, e può
condurre gli amministratori a ritenere che il valore di iscrizione di un’immobilizzazione abbia una duplice natura:
1.
di capitale immobilizzato nel caso in cui il cespite sia durevolmente vincolato alle combinazioni produttive,
cedendo la propria utilità in ripetuti atti produttivi;
2.
di capitale circolante quando il cespite abbia cessato di partecipare alle combinazioni produttive e sia destinato
ad essere negoziato, in quanto si ritiene che sia terminata la sua utilità economica.
Il medesimo impianto costituisce, invece, un’attività circolante, nel momento in cui viene deciso
l’estromissione dal processo produttivo per cessata utilità economica.
In quest’ultimo caso, sia attua uno storno di valori dalla classe B) delle immobilizzazioni, alla classe C) del
capitale circolante, nell’esercizio in cui si è manifestato il cambiamento di destinazione d’uso dell’immobilizzazione per
cessazione definitiva di utilità economica dal processo produttivo.
Mentre l’iscrizione nell’attivo immobilizzato dovrà avvenire al costo storico maggiorato dei costi direttamente
imputabili, l’iscrivibilità nell’attivo circolante ha luogo al presunto valore di realizzo essendo il cespite destinato alla
vendita.
5
- Cfr. AA.VV., a cura di A. Palma,”Il Bilancio d’esercizio”, Giuffrè, 2003, pag. 287 e segg.
8
Infine, la qualificazione di immobilizzazione materiale attribuita ad un cespite può dipendere dal settore di
attività economica dell’impresa.
Infatti, un automezzo costituisce prodotto finito per l’azienda automobilistica produttrice da destinare alla
vendita, per cui trova allocazione nell’attivo circolante nella voce “Rimanenze”, mentre per l’azienda utilizzatrice lo
stesso cespite rappresenta un fattore produttivo durevole.
Essendo le immobilizzazioni materiali fattori produttivi ad utilizzazione pluriennale, si ha che il relativo costo
sostenuto non può essere interamente attribuito all’esercizio del suo sostenimento, ma nel rispetto del principio della
competenza economica tale costo va ripartito in più esercizi, ossia nei periodi in cui il cespite partecipa al processo
produttivo e si conseguono i rispettivi ricavi.
Il principio della durevole destinazione6 o funzione economica di un’immobilizzazione materiale attribuita
dall’impresa, derivante dalla tesi aziendalistica è stata recepita dalla legislazione civilistica all’art. 2424-bis c.c., p.1.
Su tali presupposti l’immobilizzazione è destinato, considerato il rapporto funzionale che lo collega con il
processo della produzione economica, ad essere impiegato per più esercizi.
In particolare, dovrà stimare la vita residua di utilizzazione futura dell’immobilizzazione, facendo leva sul
piano di ammortamento flessibile ex ante, e sulla successiva verifica di congruità ex post delle quote di ammortamento,
che porta alla determinazione dello strato di reddito realizzato, attraverso:
• l’Inclusione dei costi non monetari nel capitale circolante (IAS 16);
• il Reporting del piano di ammortamento flessibile (IAS 36).
2.1.1. Categorie di Immobilizzazioni materiali
Nello schema di Stato patrimoniale previsto dall’art. 2424 c.c., nell’ambito della macroclasse BII)
“Immobilizzazioni materiali”, la separata indicazione delle “Immobilizzazioni in Leasing”, risiede nella necessità
informativa di bilancio nei confronti dei destinatari, di far loro presente che nell’impresa sono in atto contratti di leasing
relativamente all’acquisizione di talune attività immobilizzate che, anche se non sono giuridicamente di proprietà della
società, sostanzialmente risulta come se lo fossero, nel rispetto del principio contabile civilistico della prevalenza degli
aspetti sostanziali su quelli formali.
2.1.1.1. Le Immobilizzazioni in Leasing nella prevalenza della sostanza sulla forma
Nel rispetto della clausola generale della rappresentazione veritiera e corretta degli accadimenti di gestione
aziendale, si rende necessario determinare e comprendere gli aspetti sostanziali di ciascuno di tali fatti amministrativi e
non solo i suoi aspetti formali.
Per ciascuna operazione o fatto amministrativo e comunque per ogni accadimento aziendale, è indispensabile
conoscere la sostanza economica degli stessi qualunque sia la sua origine contrattuale.
L’identificazione degli aspetti sostanziali oltre a quelli formali delle operazioni è di fondamentale importanza
per tutto il procedimento di formazione del Bilancio d’esercizio.
Infatti, già nella fase di rilevazione contabile dell’operazione, nelle scritture contabili è essenziale che si abbia
la cognizione di tutti gli elementi pertinenti per la determinazione della relativa sostanza economica.
La sostanza economica dell’operazione costituisce il criterio basilare per la contabilizzazione, valutazione e
rappresentazione dell’operazione nel bilancio ordinario d’esercizio, finchè quest’ultimo possa rappresentare con
chiarezza, verità e correttezza della situazione patrimoniale, finanziaria ed economica della società.
In sintesi, l’operazione va contabilizzata nella contabilità generale dell’azienda, innanzitutto secondo la
sostanza economica dell’operazione, considerando anche gli aspetti formali, ossia gli aspetti contrattuali e giuridici.
Ad esempio, contabilizzando l’operazione di leasing finanziario relativa all’acquisizione di
un’immobilizzazione materiale soltanto in base agli aspetti formali, l’iscrizione dei cespiti presi a leasing non andrebbe
fatta tra le immobilizzazioni dello Stato patrimoniale (categoria B), ma tra i conti d’ordine per memoria, nel sistema
degli impegni e dei rischi, classificando anche i debiti nei confronti della società di leasing solo per memoria.
Nel conto economico, non andrebbero contabilizzate le quote annuali di ammortamento, bensì il costo dei
canoni di leasing pagati nell’esercizio.
6
- Per un approfondimento del problema relativo alla classificazione delle attività patrimoniali di bilancio secondo la destinazione economica
piuttosto che secondo i criteri finanziari, tra gli altri, si veda P. ONIDA,”La logica e il sistema delle rilevazioni quantitative d’azienda”, Giuffrè, Mi,
1970, pag. 325. A. Palma – T. Pirondini,” Gli schemi dello stato patrimoniale e del conto economico”, in AA.VV.”Il Bilancio d’esercizio”, Giuffrè,
2003. M. Lacchini,”I principi di redazione del bilancio nello schema di legge delega per il recepimento della IV Direttiva CEE”, Giuffrè, 1989, pag.
72 e segg.
9
Il debito residuo verso la società di leasing non andrebbe evidenziato nel passivo patrimoniale (categoria D),
bensì sarebbe menzionata tra i conti d’ordine soltanto per memoria.
Evidentemente, tale criterio dell’aspetto solo contrattuale dell’operazione non risulta valido finchè il bilancio
possa rappresentare un quadro fedele della situazione patrimoniale, finanziaria ed economica della società.
Per tale motivo, che la riforma del diritto societario, ha introdotto nell’art. 2424 c.c., la rappresentazione con
separata indicazione delle Immobilizzazioni in Leasing, nell’attivo immobilizzato dello Stato Patrimoniale civilistico.
In base agli aspetti sostanziali, l’operazione di leasing deve essere contabilizzato come un’operazione di
acquisizione di un’immobilizzazione con copertura finanziaria costituita dal finanziamento di leasing.
Infatti, l’acquisizione dell’immobilizzazione mediante la stipula di un contratto di leasing finanziario deve
essere effettuata come acquisto in proprietà del cespite e capitalizzato nell’attivo di stato patrimoniale (categoria B), e
l’iscrizione deve essere separata dalle altre immobilizzazioni nel pieno rispetto del principio della chiarezza.
Nel passivo di stato patrimoniale dovranno essere classificati i debiti finanziari residui verso la società di
leasing (categoria D).
I canoni annuali saranno contabilizzati a decurtazione dei debiti finanziari verso la società di leasing, in modo
da rappresentare il debito reale residuo dell’azienda nei confronti della società di leasing.
Nel Conto Economico dovranno essere eliminati i canoni annui di leasing, mentre andranno classificati tra i
costi di produzione le quote annuali di ammortamento applicando i coefficienti di settore, e tra gli interessi passivi
andranno classificati gli oneri finanziari del leasing inclusi nei canoni annuali.
Tra i conti d’ordine non saranno più menzionati, né le immobilizzazioni in Leasing, né i debiti verso la società
di leasing, nell’ambito del sistema di impegni e rischi, a titolo puramente di memoria.
2.1.1.1.1. Rappresentazione contabile dell’operazione di Leasing
Attraverso un contratto di leasing, l’azienda utilizzatrice, utilizza un determinato cespite patrimoniale nelle
combinazioni produttive, pagando alla società locatrice un canone annuo di locazione, con possibilità di riscatto finale
della proprietà del cespite.
Sotto il profilo giuridico, l’operazione di leasing si distingue secondo l’oggetto del contratto di locazione:
• Leasing finanziario che prevede l’opzione di riscatto finale del cespite acquisito;
• Leasing operativo ove tale opzione non risulta prevista.
Nel leasing finanziario, l’utilizzatore si vede finanziato il fabbisogno di un cespite produttivo su cui ha la
facoltà di esercitare l’opzione di acquisto.
Nel caso del leasing operativo, l’azienda utilizzatrice non effettua l’operazione per esigenza di finanziamento,
ma per assicurarsi la disponibilità del cespite per un determinato periodo di tempo senza esercitare l’opzione call.
Per quanto concerne la contabilizzazione della società utilizzatrice, occorre distinguere il leasing finanziario da
quello operativo, suddividendo la contabilizzazione secondo la formalità contrattuale (Metodo Patrimoniale) e, secondo
la sostanza del contratto (Metodo finanziario).
2.1.1.1.1.1. Contabilizzazione formale secondo il Metodo Patrimoniale
In caso di leasing finanziario, l’utilizzatore rileva:
• Nel Conto economico, alla voce “B8 – Costi per godimento beni di terzi”, di cui all’art. 2425 c.c., il
costo dei canoni pagati per locazione finanziaria;
• Nello Stato patrimoniale, tra i conti d’ordine, l’ammontare complessivo dei canoni residui da pagare alla
società di leasing;
• Nella Nota integrativa, ai sensi dell’art. 2427 c.c., p. 9, la natura e la composizione di tale posta per
rappresentare la situazione patrimoniale e finanziaria della società.
I canoni devono essere contabilizzati secondo la competenza economica di ciascun esercizio. In caso di
pagamento del maxicanone iniziale, l’utilizzatore deve contabilizzare uno storno di costo mediante un risconto attivo
per tutta la durata della locazione, ripartendo il costo complessivo per competenza sulla base di tale periodo in ciascuno
degli esercizi interessati.
Al termine del leasing, se il cespite viene riscattato, il valore di riscatto sarà iscritto tra le immobilizzazioni
materiali ed ammortizzato sistematicamente in ciascun esercizio in base alla loro residua possibilità di utilizzazione
(art. 2426 c.c., p. 2).
10
2.1.1.1.1.2. Contabilizzazione sostanziale secondo il Metodo Finanziario
Il principio contabile internazionale IAS 17 considera l’operazione di leasing finanziario come una forma di
finanziamento in cui l’azienda utilizzatrice riceve i mezzi economici di cui necessita per lo svolgimento dei cicli
produttivi (immobili, impianti e macchinari, ecc.), attraverso un finanziamento indiretto che si estrinseca nella messa a
disposizione di tali cespiti.
La contabilizzazione con il metodo finanziario privilegia il profilo sostanziale del contratto, considerato come
una vera e propria acquisizione di finanziamento, per cui l’azienda rispetta in tal modo i principi di chiarezza e di
rappresentazione veritiera e corretta della situazione economica, patrimoniale, e finanziaria della stessa, di cui all’art.
2423 c.c., p. 2.
Nell’attivo viene rilevato il cespite patrimoniale tra le Immobilizzazioni materiali (B2 – Immobilizzazioni in
leasing) al valore attuale dei canoni scontati (fair value), ammortizzando in maniera sistematica in base al periodo di
prevedibile utilizzo del cespite.
In contropartita, viene rilevato contabilmente, tra le passività, l’ammontare complessivo del debito verso la
società di leasing, ridotto ad ogni esercizio in base ad un piano di ammortamento relativo al pagamento dei canoni
annuali. Si ha l’inserimento nella voce D5 “Debiti vs/ altri finanziatori” oltre l’esercizio successivo (debiti a media e
lunga scadenza). La quota annuale del debito pagata nel corso dell’esercizio dovrà essere inserita nel passivo corrente.
Infine, l’ammontare dei canoni annui sarà suddivisa tra la quota capitale per il rimborso del debito di leasing, e
la quota interessi a fronte del finanziamento, imputata per competenza tra gli oneri finanziari.
La rappresentazione finanziariamente corretta nel bilancio d’esercizio della situazione patrimoniale, economica e
finanziaria dell’operazione di leasing sarà, in base al principio IAS 17, la seguente:
- Stato Patrimoniale (IAS 17) ATTIVITA’
B) Immobilizzazioni Materiali
B.2. Immobilizzazioni in leasing
D) Ratei e Risconti attivi
D1.) oneri finanziari (quota rinviata)
PASSIVITA’
D) Debiti
D5.1) verso altri finanziatori (oltre eserc. Succ.)
D5.2) verso altri finanziatori (entro eserc. Succ.)
- Conto Economico (IAS 17) B) Costi della produzione
10 b)
ammortamento immobilizzazioni in leasing
C) Proventi e oneri finanziari
17)
Interessi passivi ed oneri finanziari (+interessi di Leasing al netto Risconti attivi)
- Rendiconto Finanziario (IAS 7) •
•
•
•
=
•
•
•
•
•
•
=
Margine Operativo Lordo (M.O.L.) o EBITDA
- ∆ Investimenti materiali ed immateriali
- ∆ Investimenti materiali in Leasing
- ∆ Altri investimenti Immobilizzati
WORKING NET CASH FLOW
- ∆ Capitale circolante Netto (CCN)
CASH FLOW OPERATING INVESTIMENT
- ∆ Indebitamento finanziario
- ∆ Mezzi propri
- Dividendi pagati
- Oneri finanziari (compresi gli interessi di leasing)
CASH FROM FINANCING
11
……………………………………………………………
Considerazioni conclusive
L'allocazione nel bilancio d'esercizio, tra i conti d'ordine, dei cespiti in leasing, limita la possibilità di realizzare
significativi confronti interaziendali, causando significative distorsioni. Le principali aree di distorsione sono elencate
qui appresso:
le immobilizzazioni operative dell'impresa che fa ricorso al leasing risultano inferiori a
quelle di imprese similari, ma che ne hanno la proprietà;
Il valore aggiunto e il margine operativo lordo dell'impresa che fa ricorso al leasing sono
sottostimati rispetto ai medesimi risultati di imprese analoghe che hanno la proprietà dei
cespiti ammortizzabili, ciò in quanto i canoni di locazione finanziaria vanno inclusi tra i
costi monetari operativi, e non vengono distinti, pro quota, tra i costi locativi e gli oneri
finanziari;
il reddito operativo è sottostimato perchè espresso al netto dei canoni di leasing che
comprendono una componente di oneri finanziari;
anche gli oneri finanziari risultano sottovalutati;
non appare l'impegno finanziario collegato al pagamento dei canoni residui.
Se a giudizio dell'analista la non corretta contabilizzazione delle immobilizzazioni in leasing dà luogo a
distorsioni di non poco conto, è possibile ricostruire in bilancio:
•
il valore netto dei cespiti acquisiti in leasing;
•
l'indebitamento implicito nell'obbligazione al pagamento dei canoni residui;
•
gli oneri finanziari in corrispondenza dell'indebitamento verso la società di leasing;
facendo ricorso ai metodi suggeriti dalla dottrina e dalla prassi contabile7.
Infine, per quanto riguarda la scelta del criterio di classificazione, la prassi attuale adotta il criterio finanziario
della liquidità/esigibilità per il raggruppamento dello stato patrimoniale in considerazione del fatto che, la
rappresentazione risultante soddisfa le esigenze più generali degli operatori esterni del bilancio.
Lo schema in parola è infatti raccomandato, con varianti di ordine formale, dai principi contabili internazionali.
Lo schema esposto in tabella, contrapponendo le attività alle passività a breve e gli immobilizzi al capitale
acquisito a vario titolo, a medio/lungo termine e in via permanente, fornisce un'immagine generale del grado di
solvibilità dell'impresa e pertanto è indirizzato in modo specifico all'analisi dell'equilibrio finanziario a breve termine
attuata attraverso l'analisi dei quozienti8.
Il criterio della pertinenza gestionale si presenta invece particolarmente efficace qualora si voglia analizzare la
dinamica finanziaria, specie con riguardo alle maggiori aree decisionali (gestione caratteristica, gestione finanziaria).
Va precisato in questa sede che è generalmente inutile effettuare entrambi le riclassificazioni.
7
Per tutti, si compulsi il nuovo principio contabile internazionale, IAS 17, che esprime il criterio finanziario di riclassificazione dello Stato
Patrimoniale. In particolare, per quanto riguarda le operazioni in leasing, la corretta classificazione concerne l'aspetto sostanziale e non formale
dell'operazione.
8 - In questa cornice concettuale, è stata elaborata la classica rappresentazione grafica “a zone” dello stato patrimoniale. Si veda T. Bianchi, “La
programmazione finanziaria”, in AA.VV., “Le analisi di bilancio”, Assireme, Milano, 1974, pag. 84.
12
Limitandosi al criterio più adatto per il tipo di analisi da svolgersi, sarà poi possibile, attraverso poche rettifiche
passare al criterio alternativo ove necessario.
3. Metodologia in uso di valutazione discrezionale delle Immobilizzazioni Materiali
La stima delle immobilizzazioni impone una logica unitaria di valutazione, ma in astratto le problematiche
possono essere esaminate separatamente. 9
Le problematiche di valutazione riguardano:
• Il valore da ammortizzare;
• la durata di utilizzazione del cespite;
• le modalità di calcolo delle quote di ammortamento;
• la stima della perdita durevole dell’immobilizzazione.
Esaminiamoli separatamente.
3.1.
Stima del Valore da ammortizzare
Il valore da ammortizzare può essere ricondotto in via prevalente al costo storico, il cui valore sorge per effetto
di uno scambio sul mercato, quindi di un prezzo negoziato. Si tratta di un valore oggettivo.
3.1.1. Il Costo d’acquisto
Le immobilizzazioni materiali devono essere iscritte nell’attivo immobilizzato di bilancio al costo d’acquisto,
includendovi anche gli oneri accessori (art. 2426 c.c., p.1) direttamente imputabili.
Il costo deriva, come già detto, da un rapporto di scambio con terze economie attraverso il pagamento di un
prezzo.
Di conseguenza, il costo è un valore oggettivo, un valore certo ed incontrovertibile poiché derivante da una
variazione finanziaria (uscita monetaria), derivante da una transazione sul mercato con terze economie.
I costi accessori sono oneri direttamente riferibili all’acquisto, poiché ritenuti necessario all’utilizzo del cespite.
Il P.C. 16 del CNDC e R. considera, a titolo esemplificativo, costi accessori alle immobilizzazioni tecniche,
che si computano con il costo, i seguenti:
• riguardo ai Fabbricati: le spese notarili per la redazione dell’atto d’acquisto; le imposte di registro dell’atto; gli
onorari per la progettazione dell’immobile; i costi per opere di urbanizzazione; i compensi di mediazione;
• con riferimento agli Impianti e Macchinario: le spese di progettazione, i trasporti, i dazi di importazione, i costi
di installazione, le spese ed onorari di perizie e collaudi, le spese di montaggio e posa in opera;
• riguardo infine ai beni mobili: le spese di trasporto e i dazi su importazioni.
9
– Riguardo all’unitarietà delle problematiche di valutazione delle immobilizzazioni materiali, P. ONIDA, in “Il Bilancio”, cit. pag. 350, così si
esprime:”Nella composizione dei bilanci ordinari d’esercizio possono considerarsi, relativamente alle immobilizzazioni di cui parliamo, i seguenti
problemi caratteristici:
a) determinazione del valore complessivo attribuibile alle immobilizzazioni, nonché della parte di esso ammortizzabile in più esercizi e quindi del
presunto valore di eliminazione;
b) determinazione del tempo entro il quale l’ammortamento dovrebbe esaurirsi;
c) determinazione delle quote di ammortamento.
Questi problemi non possono avere soluzione indipendente; anzi le soluzioni reciprocamente si condizionano, essendo l’una fattore per la
determinazione delle altre e viceversa.
La determinazione delle quote di ammortamento è naturalmente connessa a quella del valore da ammortizzare e del tempo entro il quale
l’ammortamento si dovrebbe esaurire”.
13
3.1.1.1.
Il Costo d’acquisto e gli oneri finanziari
I costi accessori pongono un primo problema interpretativo riguardo agli oneri finanziari, disciplinati
espressamente dal legislatore civilistico, solo a proposito del costo di produzione relativo alle costruzioni in economia.
Per principio gli oneri finanziari non costituiscono elementi accessori al costo d’acquisto. Si pone una
questione di liceità giuridica.
Infatti, l’art. 2426 c.c., p. 1, ha previsto la possibilità di comprendere nel costo dell’immobilizzazione gli oneri
relativi al finanziamento della fabbricazione, interna o presso terzi. 10
Da ciò ne consegue l’impossibilità di capitalizzare gli oneri finanziari nel caso di cespiti acquistati sul mercato.
Secondo un’interpretazione restrittiva della norma di cui all’art. 2426, si ha l’inclusione degli oneri finanziari
solo nel costo di produzione e non anche nel costo d’acquisto.
A tal proposito, la relazione ministeriale dispone,” La regola dettata per i costi di indiretta imputazione è poi
estesa agli oneri finanziari, compresi quelli sostenuti per far costruire il prodotto da terzi”.
Rientrano, infatti, nell’espressione “fabbricazione presso terzi” i contratti di appalto a favore di terzi che
intervengono nelle costruzioni interne.
Un’interpretazione estensiva è data invece, dai principi contabili del CNDC e R. (P.C. 16, pag. 34), che
considera sia l’acquisizione delle immobilizzazioni, che la costruzione interna, ponendo delle condizioni di inclusione
ben precise.
Le condizioni di capitalizzazione degli oneri finanziari nel costo d’acquisto o di produzione, sono le seguenti:
a) la capitalizzazione deve essere riferita agli interessi passivi sostenuti per finanziamenti specifici riguardanti
l’acquisizione delle immobilizzazioni;
b) gli interessi capitalizzati sono quelli di competenza maturati durante il periodo di costruzione;
c) il finanziamento è stato realmente utilizzato per l’acquisizione dei cespiti;
d) Il costo d’acquisto inclusivo degli oneri finanziari non può superare il valore d’uso delle immobilizzazioni.
Il Costo di produzione
Il costo di produzione rappresenta il criterio di valutazione delle immobilizzazioni materiali realizzate
all’interno dell’azienda, ossia in economia.
Per costo di produzione si fa riferimento ai costi diretti ed indiretti sostenuti dall’azienda, per l’ottenimento
dell’immobilizzazione in economia.
Le componenti costituenti il costo di produzione dell’immobilizzazione realizzata internamente, presentano la
seguente stratificazione:
A)
Costi direttamente imputabili al prodotto (art. 2426 c.c., p. 1):
A.1)
costo delle materie prime, sussidiarie, dei materiali, utilizzati nel processo tecnico di produzione;
A.2)
costo della manodopera direttamente impiegata;
A.3)
le quote di ammortamento dei cespiti specificamente utilizzati per la realizzazione
dell’immobilizzazione;
A.4)
altri costi di diretta imputazione: spese di progettazione, prestazioni di terzi.
B)
Costi indirettamente imputabili al prodotto (art. 2426 c.c., p.1):
B.1)
costi per manodopera indiretta;
B.2)
costi per forza motrice, per consulenze tecniche, per materiali di consumo. 11
10
- Si tratta evidentemente di una facoltà e non di un obbligo di legge, la capitalizzazione degli oneri finanziari nel costo d’acquisto. A tal proposito
l’art. 2426 c.c., p. 1, così recita” le immobilizzazioni sono iscritte al costo d’acquisto o di produzione. Nel costo d’acquisto si computano anche i costi
accessori. Il costo di produzione comprende tutti i costi direttamente imputabili al prodotto. Può comprendere anche altri costi, per la quota
ragionevolmente imputabile al prodotto, relativi al periodo di fabbricazione e fino al momento dal quale il bene può essere utilizzato; con gli stessi
criteri possono essere aggiunti gli oneri relativi al finanziamento della fabbricazione, interna o presso terzi”.
L’inclusione o meno degli oneri finanziari dipende dalla discrezionalità degli amministratori riguardo alle previsioni effettuate sulla ricuperabilità del
costo residuo futuro da ammortizzare, attraverso i ricavi di vendita attesi.
11
– Il costo di produzione può comprendere anche altri costi, per la quota ragionevolmente imputabile al prodotto, relativi al periodo di fabbricazione
e fino al momento dal quale il cespite può essere utilizzato (art. 2426 c.c., p.1).
La ragionevolezza rappresenta perciò un indirizzo di corretto comportamento da parte degli amministratori della società.
La possibilità di capitalizzare costi indiretti non è collegata all’utilizzo effettivo del cespite, bensì all’obiettiva possibilità tecnica di utilizzo del cespite
medesimo.
Determinante perciò è il momento in cui il cespite ammortizzabile risulta terminato e può essere inserito organicamente nella combinazione
produttiva, ossia il momento in cui il cespite è in grado di cedere la propria utilità ai fini dell’ottenimento dei prodotti dell’azienda.
Ne consegue che, la possibilità di capitalizzare costi indiretti, viene a cessare nel momento in cui l’impresa utilizza di fatto l’immobilizzazione
materiale.
14
Non rientrano invece le spese generali, le spese amministrative e le spese commerciali. Si tratta di costi stimati,
per cui il legislatore ha imposto la discrezionalità degli amministratori nella valutazione della capitalizzazione.
Si tratta di una discrezionalità tecnica, in conformità al principio generale della rappresentazione veritiera e
corretta.
3.1.1.2.1.
Il Costo di produzione e gli oneri finanziari
Riguardo alla capitalizzazione degli oneri finanziari nel costo di produzione delle costruzioni in economia, si
pone un problema applicativo, della loro individuazione e quantificazione nell’ambito dell’articolata e complessa
gestione aziendale.
Le soluzioni interpretative al problema possono essere le seguenti:
4..
•
deve trattarsi di oneri finanziari espliciti addebitati da terzi finanziatori sui capitali presi a prestito ed
effettivamente utilizzati per la produzione del cespite. In tal caso, vi è relazione tra il finanziamento
ottenuto ed il costo di costruzione, in quanto gli oneri finanziari sono correlabili ai ricavi che l’impresa
otterrà durante il periodo di utilizzo di tali immobilizzazioni materiali;
•
gli oneri finanziari devono riguardare, per principio, finanziamenti a medio e lungo termine. Infatti, per
condizioni di equilibrio finanziario, il corretto finanziamento degli investimenti durevoli deve essere
effettuato, in via prioritaria, con mezzi propri e prestiti a media e lunga scadenza;
•
l’eventuale possibilità di capitalizzare oneri finanziari per prestiti a breve termine (scoperto bancario) è
subordinata ad un’analisi di merito sull’effettiva correlazione di fatto tra i finanziamenti a breve e
investimento in atto. Ad esempio, attraverso l’analisi dei margini patrimoniali è possibile stabilire una
correlazione (o meno) tra prestiti a breve ed investimenti a lungo termine.
RICORSO ALL’ANALISI FINANZIARIA PER LA CAPITALIZZAZIONE DEGLI INTERESSI
PASSIVI NEL COSTO DI PRODUZIONE
4.1.
Analisi del Capitale Circolante Netto
Attraverso l’analisi del capitale circolante netto (C.C.N.), al fine di stabilire un’eventuale correlazione tra
prestiti a lungo ed investimenti immobilizzati, è necessario verificare l’esistenza delle condizioni di equilibrio
finanziario, in seno al bilancio consolidato di Gruppo riclassificato secondo il criterio finanziario.
Per equilibrio finanziario si intende, l’esistenza delle condizioni di correlazione tra investimenti e fonti
finanziarie per scadenza, attraverso lo stato patrimoniale condensato:
- Prospetto 3 Stato Patrimoniale Condensato di Gruppo al 15/02 in Equilibrio finanziario
IMPIEGHI
FONTI
ATTIVO A BREVE (AC)
100
PASSIVO A BREVE (PC)
100
ATTIVO FISSO NETTO (AFN)
1.000
- MEZZI PROPRI DI GRUPPO =
- quota Capogruppo
300
- quota di Terzi
100
- PRESTITI A M/LT
=
= TOTALE FONTI A M/LT
400
600
1.000
15
In ipotesi di equilibrio finanziario (statico), ossia di perfetta correlazione esistente tra fonti ed impieghi per
scadenza, la capitalizzazione degli oneri finanziari fa riferimento esclusivamente ai finanziamenti a medio e lungo
termine e, non anche ai prestiti a breve termine.
In tal caso, si dovrà procedere a calcolare il costo medio ponderato dei capitali permanenti (prestiti a m/lt +
mezzi propri).
I dati di bilancio per il calcolo del costo del capitale (CMPC) sono i seguenti:
costo mezzi di terzi a m/lt
costo mezzi di proprietà
=
=
11,50% (tasso di mercato);
8,00% (tasso di congrua remunerazione).
Il calcolo del costo medio ponderato del capitale è pari a:
CMPC
=
(600 * 11,50%) + (400 * 8%)
( 600 + 400)
CMPC
=
10,10%
La quota di oneri finanziari da capitalizzare nel costo di produzione è pari all’incidenza delle costruzioni
interne sull’attivo fisso netto.
- A.F.N.
- Costruzioni
- peso %
=
=
=
-oneri finanz.
- quota o.f.
=
=
1.000
300
300
1.000
1.000 * 10,10%
101 * 30%
= 30%
= 101
= 30,3
L’ipotesi di squilibrio finanziario è caratterizzato, invece, da un C.C.N. negativo, per cui parte delle attività
fisse nette (AFN) è finanziata da prestiti a breve ad onerosità esplicita, che solitamente vengono utilizzati per la
copertura delle attività a breve scadenza. 12
12
– i principi contabili del CNDC e R., nel documento 16 cit., pag. 35, precisano a tal proposito:” Nel caso in cui per il pagamento di
immobilizzazioni materiali vengono utilizzati prestiti a breve termine, i quali di solito vengono usati per finanziare le attività correnti, la
determinazione della quota di finanziamento utilizzata per il pagamento dei cespiti, si presenta complessa, in quanto non è possibile cogliere con
immediatezza la relazione tra investimenti e relativi finanziamenti.
In tal caso, l’impresa deve determinare con ragionevole approssimazione tramite appositi strumenti amministrativi, tra i quali i prospetti di flussi
finanziari, l’ammontare di tali finanziamenti a breve utilizzati per il pagamento dei cespiti.
Ai fini di tale determinazione, va tenuto presente che, le condizioni di equilibrio finanziario presuppongono che i finanziamenti a breve siano utilizzati
per investimenti a breve e che, i mezzi propri ed i finanziamenti a medio e lungo termine, con tale sequenza, siano destinati a finanziare
prioritariamente le attività immobilizzate.
Nel caso in cui l’impresa intenda capitalizzare gli oneri finanziari derivanti da finanziamenti a breve utilizzati per il pagamento di cespiti, che sono
investimenti a lungo, la determinazione di tali finanziamenti a breve deve essere effettuata rispettando la predetta sequenza.
16
- Prospetto 4 Stato Patrimoniale Condensato di Gruppo al 15/02 in presenza di Squilibrio finanziario
IMPIEGHI
ATTIVO CORRENTE
C.C.N.
FONTI
PASSIVO CORRENTE
DB = 100
= 100
= 100
ATTIVO FISSO NETTO
- MEZZI PROPRI DI GRUPPO =
- quota Capogruppo
300
- quota di Terzi
100
- PRESTITI M/LT
=
= TOTALE FONTI A M/LT
900
400
500
900
Essendo il CCN negativo (-100), vuol dire che, le attività fisse nette sono state coperte parzialmente da prestiti
a breve termine onerosi (DB).
In genere, sono costituiti da prestiti bancari a breve termine, sottoposti a revoca, su cui vengono scaricate le
rate dei finanziamenti consolidati che hanno finanziato le AFN.
Ai fini della capitalizzazione degli oneri finanziari nel costo di produzione, nella determinazione del costo
medio ponderato del capitale (CMPC) vi concorrono anche gli interessi passivi pagati sulla parte dei debiti a breve che
hanno finanziato le AFN.
I dati di bilancio per il calcolo del costo del capitale (CMPC) sono i seguenti:
•
•
•
costo mezzi di terzi a m/lt
costo mezzi di terzi a breve
costo mezzi propri
CMPC
CMPC
•
Capitalizzazione o.f.
5.1.1.
=
=
=
=
11,50%
13,50%
8,00%
(500 * 11,50%) + (100 * 13,50%) + (400 * 8%)
( 500 + 100 + 400)
=
12,80%
=
100 * 12,80%
=
12,80
Appalti a terzi ed oneri finanziari
La legislazione civilistica estende l’imputazione degli oneri finanziari al costo di produzione anche nel caso in
cui la costruzione dell’immobilizzazione non avvenga all’interno dell’impresa, bensì sia affidata a terzi.
Come già sostenuto in precedenza, l’appalto a terzi deve rientrare, in una più ampia e complessa attività
finalizzata all’ottenimento dell’immobilizzazione.
Diversamente, si ricadrebbe nell’acquisto da terze economie, in cui gli oneri finanziari non possono essere
capitalizzati.
La stima dei costi, sia diretti che indiretti, ai fini della determinazione del costo di produzione, costituisce un
processo complesso, e non è un calcolo di tipo matematico.
Tale stima deve trovare supporto tecnico in ogni caso nella contabilità analitica, mediante l’istituzione di una
commessa specifica relativa alla realizzazione del cespite, nella quale i diversi costi devono affluire.
In ogni caso, la stima della quota degli oneri finanziari da scorporare dall’ammontare complessivo sostenuto
dall’azienda per le operazioni di gestione, allo scopo di imputarla in modo specifico alle immobilizzazioni costruite in
economia, presenta non poche difficoltà.
17
La capitalizzazione deve essere effettuata con prudenza, utilizzando gli amministratori la discrezionalità
tecnica a proposito della stima dei costi indiretti nella determinazione del costo di produzione.
6.. LA VERIFICA DI CONGRUITA’ DEL VALORE D’USO
SECONDO LA NORMATIVA CIVILISTICA ED I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI
IL VALORE D’USO- ART. 2426 c.c., p. 3
Il valore d’uso non è determinabile, in molti casi, per la singola
immobilizzazione, in quanto spesso non è possibile stimare, separatamente i
flussi reddituali attribuibili all’attività specifica,, per cui ogni tipo di
attribuzione sarebbe arbitraria. Tale situazione è dovuta al fatto che, le
immobilizzazioni sono condizioni produttive autonome all’interno della
combinazione economica generale, cioè sono parti integranti di una gestione
unitaria inscindibile che lega i singoli cespiti in ottica sistemica. Ciò
considerato, è frequente che, ai fini della valutazione mediante il test
d’impairment, le immobilizzazioni devono essere riferite a gruppi o complessi
di attività,, che costituiscono combinazioni parziali, relativamente distinte,
all’interno della combinazione complessiva d’impresa.
Il tal caso, il valore d’uso è calcolato con riferimento alla redditività attesa
generabile da tali complessi autonomi di attività (Cash Generating Unit)
6.1.
La Verifica di congruità reddituale del costo di produzione secondo la normativa
civilistica
Completato il cespite e determinato il suo valore stimato complessivo, si pone l’esigenza di una verifica di
congruità del costo di produzione stimato ai fini dell’iscrivibilità nell’attivo patrimoniale.
La verifica di congruità del suddetto valore va effettuata con:
Il valore di scambio (fair value), ossia con il prezzo-costo di mercato nell’ipotesi in cui il cespite, con le medesime
caratteristiche tecniche fosse reperibile sul mercato;
Il valore d’uso, inteso come il valore che l’azienda è in grado di ammortizzare negli esercizi successivi.
Tale verifica si rende necessaria, poiché si tratta di iscrivere in bilancio non il costo storico derivante da uno
scambio sul mercato avente un prezzo negoziato (costo certo), bensì un costo stimato avente natura soggettiva che deve
allinearsi al suo valore di mercato o di scambio.
La mancanza di tale verifica potrebbe portare ad un’annacquamento di capitale derivante dall’iscrizione in
bilancio di un costo sopravvalutato, con conseguenti possibili ripercussioni negative prospettiche sulla determinazione
dei redditi degli esercizi successivi.
Infatti, le immobilizzazioni sono fattori a realizzo di funzionamento, il cui costo (ammortizzabile) viene
reintegrato nel tempo mediante i ricavi d’esercizio che deriveranno dalla vendita sul mercato dei prodotti ottenibili con
l’utilizzo non solo delle immobilizzazioni. 13
Di conseguenza, la verifica di congruità, che discende da ragioni di prudenza, ha lo scopo di evitare che un
costo ammortizzabile sia sopravvalutato, compromettendo così la presumibile reintegrabilità del costo stesso nei
successivi esercizi.
Tale verifica rientra, a nostro parere, nelle prescrizioni del codice civile. Infatti, l’obbligo previsto dall’art.
2426 c.c., p. 3 di iscrivere a minor valore l’immobilizzazione che alla data della chiusura dell’esercizio risulti
durevolmente di valore inferiore al costo (di acquisto o di produzione) è da considerare efficace anche nella fase di
prima iscrizione del valore nel bilancio.
Dopo aver proceduto alla determinazione del valore stimato dell’immobilizzazione eseguita in economia,
prima di iscrivere tale valore nell’attivo patrimoniale, il redattore del bilancio dovrà ricercare il prezzo di mercato
alternativo, nel caso esista, o procedere ad un raffronto significativo e attendibile.
Inoltre, dovranno essere esperite indagini approfondite sulla ricuperabilità dei costi da capitalizzare con l’uso
del cespite ottenuto in economia.
13
– In dottrina scrive P. ONIDA, Il Bilancio, op. cit., pag. 361:”…Il valore degli impianti viene tipicamente realizzato nella maggior parte per via
indiretta, attraverso i ricavi d’esercizio, ed in minor parte direttamente, alla eliminazione dei beni d’uso. Il limite superiore, che idealmente il valore di
bilancio degli impianti non dovrebbe oltrepassare, sarebbe pertanto costituito dalla massima somma presunta che durante la successiva vita economica
degli impianti potrà – insieme agli altri costi – essere coperta dai ricavi d’esercizio; somma accresciuta, inoltre, dal presumibile valore di eliminazione
degli impianti”.
18
Qualora dalle analisi emergessero incertezze sul valore stimato dell’immobilizzazione, in bilancio dovrà essere
iscritto, per ragioni di prudenza, l’ammontare recuperabile con l’ammortamento.
6.2.
LA .VERIFICA DI CONGRUITA’ REDDITUALE
SECONDO I.A.S. 16
P.C. I.A.S. 16, p. 49
Le immobilizzazioni materiali devono essere ammortizzate
distintamente per categoria.
La quota di ammortamento di un’ attività, costituisce parte del
costo di altra immobilizzazione (congiunta), ed è inclusa nel
suo valore contabile.
L’ammortamento di un impianto di trasformazione e di
macchinari è compreso nei costi di trasformazione delle
rimanenze
6.2.1.. Inclusione delle quote di ammortamento nel capitale circolante
Lo IAS 16 prevede una novità nel criterio di recuperabilità delle Immobilizzazioni materiali secondo il valore
di presunto realizzo indiretto o fair value.
Si tratta dell’Impairment test della ricuperabilità del costo d’acquisto delle immobilizzazioni tecniche
attraverso la verifica dell’inclusione delle quote di ammortamento nel capitale circolante, facendo riferimento al caso in
cui, l’azienda svolga produzioni congiunte, ed utilizzi impianti polivalenti, ossia collegati per la finalità produttiva
prevista.
E’ possibile secondo noi, estendere tale principio dell’inclusione delle quote di ammortamento nel capitale
circolante alla generalità delle imprese, anche a quelle che non svolgono produzioni collegate.
L’inclusione dei costi non monetari (ammortamenti) nel capitale circolante netto operativo (C.C.N.) va
analizzata nell’ambito delle interrelazioni tra zona durevole del fabbisogno complessivo di capitale (immobilizzazioni)
e zona elastica (capitale circolante netto).
Talune componenti del CCN (disponibilità liquide) si trasformano in componenti del Capitale fisso al
momento dell’investimento in immobilizzazioni.
Viceversa, grandezze di Capitale fisso (immobilizzazioni) si trasformano in CCN (disponibilità liquide) al
momento del disinvestimento attraverso i ricavi d’esercizio. (Cattaneo, 1988)
Considerato che l’ammortamento delle immobilizzazioni avviene in modo sistematico, i costi non monetari
entrano così a far parte del capitale circolante attraverso l’imputazione del relativo onere tra i costi di produzione (costi
fissi tecnici) e recuperato economicamente attraverso i ricavi delle vendite unitamente all’utile netto dell’esercizio.
Al momento di incasso dei crediti verso clienti, il meccanismo suindicato di inclusione degli ammortamenti,
provoca la formazione di flussi monetari di CCN.
Fino a quando non si ha il rinnovamento totale o parziale delle immobilizzazioni in uso, la trasformazione
degli ammortamenti in CCN accresce le liquidità corrente (aumento disponibilità liquide in dotazione) in
corrispondenza di una diminuzione dei crediti commerciali.
Posto che la conservazione delle immobilizzazioni in luogo del rinnovo non comporta alcuna uscita finanziaria
per le acquisizioni di sostituzione, la liquidità corrente corrispondente idealmente agli ammortamenti rimane disponibile
per ulteriori impieghi e/o rimborsi di passività a m/l termine.
Il meccanismo di inclusione dei costi non monetari nell’ambito del CCN segue il ciclo finanziario di capitale
circolante.
Il ciclo di trasformazione riguarda il momento produttivo dell’impresa, il cui inizio è caratterizzato
dall’approvvigionamento dei fattori a fecondità semplice (materie prime e sussidiarie, manodopera ecc.), che vengono
opportunamente combinati con i fattori a fecondità ripetuta (immobilizzazioni tecniche) per l’ottenimento dei prodotti
finali da destinare alla vendita, attraverso in una prima fase dei semilavorati nei diversi stadi di vita.
19
A seguito di ulteriori trasformazioni tecniche dei semilavorati, si ottengono i prodotti finali da destinare ai
mercati di sbocco.
- Schema 9 Ciclo operativo
Ciclo economico
Ciclo monetario
Ciclo di trasformazione
t1
•
•
•
•
•
•
t1
t2
t3
t4
ta
tb
=
=
=
=
=
=
ta t2
tb
t3
t4
costo di acquisizione del fattore;
esborso monetario (pagamento);
ricavo per la vendita dei prodotti;
incasso monetario;
immissione dei fattori in produzione;
ottenimento dei prodotti finali.
Nell’ambito del ciclo operativo aziendale (t1) si ha l’acquisizione delle immobilizzazioni tecniche come fattori
anticipati pluriennali, che comporta l’esborso monetario a titolo di pagamento per l’acquisizione del fattore produttivo
(t2).
Si tratta di fattori a fecondità ripetuta che cedono cioè la loro utilità economica in più atti produttivi, suddivisi
in esercizi diversi (Cassandro, 1987).
Si tratta ad evidenza di fattori materiali (terreni, fabbricati industriali, impianti e macchinari, ecc.) ed
immateriali (Brevetti industriali, Segreti di fabbricazione, diritti, ecc.).
Una volta acquisiti, i fattori pluriennali vengono immessi in produzione, ove cedono la loro utilità economica
ripetuta negli esercizi di utilizzazione (ta), per l’ottenimento dei prodotti finiti (tb).
Nel ciclo economico (t3), per tali cespiti, essendo utilizzati come fattori a lento ciclo di utilizzazione nei
processi tecnici, non si ha un realizzo diretto come per i prodotti desinati alla vendita.
Per tali costi pluriennali, pertanto occorre determinare, il valore di presunto realizzo indiretto attraverso le
quote di ammortamento stanziate negli esercizi di utilizzo effettivo dei fattori pluriennali.
Trattandosi di fattori produttivi che concorrono lentamente ai processi produttivi, è necessario determinare la
quota annua di recupero del capitale investito nelle immobilizzazioni, a titolo di reintegro economico del costo
d’acquisto (Cavalieri, 1990).
Infatti, le quote di ammortamento, che rappresentano la ripartizione contabile del costo originario dei cespiti
ammortizzabili tra i diversi esercizi di utilizzazione, possono essere stanziate in bilancio soltanto se il reddito
d’esercizio è positivo (Onida, 1961), altrimenti non sarebbe possibile parlare di reintegro economico delle
immobilizzazioni.
I costi non monetari entrano come componenti delle rimanenze finali attive (semilavorati a diversi stadi,
prodotti finiti), inclusi nel costo di produzione.
La valutazione delle rimanenze va effettuata al minore tra costo di acquisto (o di produzione) e prezzo di
mercato (art. 2426 c.c.).
Per una stessa linea di prodotto, si hanno tante configurazioni di costo, quante sono le combinazioni dei
componenti inclusi.
20
A differenza del prezzo di mercato dei prodotti finiti, che è una quantità obiettiva (quantità monetaria), il costo
resta una quantità astratta (quantità stimata), per quanto concerne i criteri di imputazione dei costi fissi o comuni ai
prodotti.
Una volta scelta, la configurazione di costo di produzione per la valutazione dei semilavorati e dei prodotti in
corso, il valore attribuito rimane sempre una quantità stimata, una valutazione soggettiva e quindi incerta, poiché
soggettivo resta il calcolo dei costi dei singoli prodotti.
6.2.2. Determinazione del presumibile valore di realizzazione indiretta
Per calcolare l’incidenza % dei costi non monetari, di non facile determinazione, si procede a determinare la
composizione analitica dei ricavi di vendita che reintegra anche il costo dei fattori pluriennali utilizzati.
Sovente, i singoli fattori produttivi sia a fecondità semplice che ripetuta, concorrono in misura % allo
svolgimento delle combinazioni economiche d’azienda, dando luogo ai coefficienti produttivi.
Tali coefficienti di produzione restano immutati nel breve termine, e cambiano soltanto se l’azienda modifica,
nel medio e lungo termine, le combinazioni in atto.
L’incidenza % del costo dei singoli fattori viene calcolata sui ricavi di vendita previsti, e realizzabili a prezzi
remuneratori alle cui combinazioni produttive le immobilizzazioni hanno concorso (Cavalieri, 1990).
E’ necessario però ottenere l’incidenza unitaria di ciascun fattore sul prezzo di vendita, e moltiplicando il
prezzo di mercato per il numero di unità prodotte nell’esercizio, si ottiene il reintegro economico di ciascun fattore nel
periodo amministrativo.
•
Caso azienda Alfa Spa
Supponiamo che la combinazione produttiva in atto della società industriale Alfa Spa, essendo un’azienda a
bassa intensità di capitale, sia la seguente:
- Materie prime e sussidiarie
- Manodopera
- Ammortamento Macchinari
- Ammortamento Brevetti ind.li
- Costi generali di struttura
- Utile lordo aziendale
=
=
=
=
=
=
25%
30%
15%
11%
9%
10%
Ipotizziamo inoltre, che il piano di vendita aziendale per l’esercizio successivo (X+1) sia il seguente:
-
N. 1.000 unità di prodotto A;
€ 1.000 cadauno;
Fatturato previsto
=
€ 1.000.000
Si ha la seguente previsione economica:
- Materie prime e sussidiarie
- Manodopera
- Ammortamento Macchinari
- Ammortamento Brevetti ind.li
- Costi generali di struttura
=
=
=
=
=
25% * 1.000.000
30% * 1.000.000
15% * 1.000.000
11% * 1.000.000
9% * 1.000.000
=
=
=
=
=
€ 250.000
€ 300.000
€ 150.000
€ 110.000
€ 90.000
= COSTO TOTALE (Full Costing)
- Utile lordo aziendale
=
10% * 1.000.000
=
=
€ 900.000
€ 100.000
=
€ 1.000.000
= VENDITE PREVISTE
21
La determinazione del valore di presunto realizzo indiretto delle immobilizzazioni, si fonda sul modello del
reddito realizzato, secondo cui le quote di ammortamento delle immobilizzazioni vengono recuperate attraverso la
vendita dei prodotti, i cui crediti commerciali sono inclusi nel capitale circolante.
Evidentemente, la configurazione di capitale circolante è riferita esclusivamente al bilancio della capogruppo, e
prescinde dalle operazioni infragruppo.
I crediti verso clienti sorgono in riferimento alle vendite realizzate dalla capogruppo nei rapporti con terze
economie esterne al gruppo, mentre i valori reciproci derivanti dalle operazioni infragruppo, unitamente ai redditi
infragruppo si elidono e vengono eliminati con il consolidamento del bilancio di gruppo.
Come si evince dall’esempio, le condizioni di normale equilibrio economico possono essere mantenute, in
ipotesi di continuità aziendale, soltanto se i ricavi previsti delle vendite siano tali da consentire il recupero di tutti i costi
monetari investiti nelle combinazioni produttive, i costi non monetari (gli ammortamenti), con la copertura di un
congruo tasso di remunerazione del capitale investito (utile lordo aziendale).
Riguardo ai fattori a fecondità ripetuta (immobilizzazioni), che nel corso dell’esercizio hanno ceduto la loro
utilità economica partecipando ai processi produttivi, è necessario determinare il valore di presumibile realizzazione
indiretta proporzionalmente ai ricavi di vendita previsti, per la corretta valutazione delle rimanenze economiche attive.
Trattandosi di costi pluriennali a lento recupero attraverso vari esercizi consecutivi, per conoscere il valore di
presumibile valore indiretto, occorre determinare la corrispondente quota parte del presunto prezzo di vendita del
prodotto, realizzabile con il concorso dell’immobilizzazione in uso.
Tale quota è determinata in funzione del rapporto esistente tra le quote di ammortamento delle
immobilizzazioni utilizzate nei cicli produttivi ed il costo totale della combinazione produttiva.
6.2.3. Considerazioni conclusive
Attraverso la metodologia dell’inclusione delle quote di ammortamento nel capitale circolante (Rimanenze),
sancito dallo IAS 16, p. 49, è possibile stabilire il grado di ricuperabilità del costo di produzione rideterminato in
funzione del fair value corrente di mercato.
La capienza delle quote annuali di ammortamento nel costo di produzione configurato per la valorizzazione
delle rimanenze finali attive, dimostra la ricuperabilità futura graduale del maggior costo iscritto in bilancio attraverso il
cash flow operativo tipico-corrente.
Quindi, la verifica di congruità reddituale della capitalizzazione delle immobilizzazioni in economia, può
essere condotta attraverso due metodi:
• il reporting del piano di ammortamento;
•
l’inclusione degli ammortamenti nel capitale circolante (IAS 16).
Entrambi le metodologie costituiscono la condizione necessaria e sufficiente per operare la capitalizzazione del
costo di produzione in modo ritenuto congruo.
In tal modo, è possibile evitare ogni sorta di annacquamento di capitale, configurandosi in corrispondenza una
sorta di reddito realmente conseguito anche se futuro.
22
6.3.
LA VERIFICA DI CONGRUITA’ SECONDO I.A.S. 36
P.C. I.A.S. 36
Le immobilizzazioni possono essere iscritte in Bilancio al Fair
value maggiore del costo storico nel caso in cui:
1. i cespiti hanno un mercato attivo di negoziazione;
2. l’iscrizione al fair value deve essere verificato
finanziariamente e confrontato con il valore d’uso previsto
3. Il valore d’uso è dato dall’attualizzazione dei
dei flussi di cassa attesi che si prevede possano essere generati
dall’immobilizzazione
6.3.1. Il test d’Impairment del Fair value dell’immobilizzazione attraverso il Metodo dei
flussi di cassa scontati
Le immobilizzazioni possono essere iscritte, nei bilanci successivi al primo, al fair value maggiore del costo
storico (IAS 36), dando luogo ad un’operazione contabile di rideterminazione del costo di prima iscrizione.
Tale nuovo principio IAS si rende applicabile, ogni qualvolta, per effetto di cause economiche (obsolescenza
tecnica degli impianti, e/o economica dei prodotti) o monetarie (forte dinamica dei prezzi dei fattori pluriennali), il
valore corrente di mercato si discosta sensibilmente dal costo storico o di produzione.
Operando la rivalutazione del costo, gli amministratori dovranno dapprima, imputare le plusvalenze a conto
economico tra i “Ricavi straordinari”, e poi in sede di destinazione dell’utile d’esercizio, stornarli dal conto economico
e destinarli in una riserva di rivalutazione del netto patrimoniale, nella misura in cui la plusvalenza annulli una
svalutazione precedentemente rilevata in conto economico. (IAS 36, p. 39)
Il maggiore costo rideterminato richiederà maggiori quote di ammortamento da imputare al reddito di futuri
esercizi a titolo di ricuperabilità economico-finanziaria.
Qualora, in un dato esercizio il valore d’uso corrente di mercato sia durevolmente superiore al valore residuo di
bilancio, si determina una perdita durevole di valore dell’immobilizzazione, per cui tale valore iscritto dovrà essere
sottoposto ad una svalutazione che dovrà essere dapprima imputata come “Costo straordinario” (minusvalenza) in
conto economico, e poi stornata direttamente a riduzione della riserva precostituita di rivalutazione, nella misura in cui
la perdita di valore non risulti eccedente la riserva di rivalutazione del cespite medesimo.
Quindi, quando gli amministratori ritengono che vi sia in atto una perdita durevole di valore di talune
immobilizzazioni materiali, dovranno procedere ad una verifica di congruità del valore residuo di bilancio.
Si dà luogo ad una sorta di test di Impairment secondo il disposto dello IAS 36, procedendo a stimare il valore
d’uso in termini di fair value, in base all’attualizzazione dei flussi di cassa operativi attesi, che si prevede possano
essere generati dall’immobilizzazione oggetto di valutazione.
In mancanza di un mercato attivo di negoziazione dell’usato, occorre fare riferimento a stime e valutazioni
attendibili del fair value, per cui sono validamente applicabili, secondo il nostro parere, i metodi finanziari per la
valutazione delle aziende e degli investimenti (Capital budgeting), in uso nella prassi professionale, nonostante ble
asimmetrie di valutazione causate dall’applicazione di un diverso tasso di attualizzazione.
23
Si tratta di una metodologia valutazione di tipo Unlevered, riferita ad aziende indebitate, basato sulla
previsione del c.d. nucleo della gestione caratteristica dell’azienda, cioè di una configurazione di flusso monetario
operativo stimato considerato al netto delle imposte societarie ed al lordo degli oneri finanziari.14
Nella stima di tali flussi monetari operativi attesi, la direzione aziendale dovrà operare nel seguente modo:
•
I flussi di cassa operativi previsti, derivanti dalla pianificazione aziendale di medio e lungo termine, dovranno
essere fortemente aderenti alla realtà imprenditoriale, senza operare alcun riferimento ai risultati economici di
aziende similari;
•
I Budget ed i piani aziendali devono essere analitici, e le proiezioni dovranno estendersi per una durata pari
almeno al ciclo di vita media dei prodotti aziendali, in presenza di contratti che prevedono ricavi di vendita per
commesse di pari durata;
•
Nella previsione dei flussi rischiosi si dovrà tenere conto, direttamente stimando la probabilità dei flussi
stessi di verificarsi in futuro, oppure in alternativa, maggiorando il tasso di attualizzazione di un premio
ritenuto remunerativo del rischio atteso.
Nel caso in cui l’impresa valutanda operi in condizioni di rischio medio-alto, cioè con una leva operativa e
finanziaria elevati inseriti nel sistema più complesso della leva creditizia/azionaria, anziché far gravare il rischio sul
tasso di attualizzazione, si dovrà procede ad abbattere, come già detto, i flussi di cassa operativi attesi.
In questo caso, ciascun flusso monetario rischioso viene ricondotto ad equivalente certezza, associando a
ciascuno di essi una probabilità di verificazione e sommando l’importo dei redditi moltiplicato per la probabilità ad essi
associata.
La formula finanziaria generale di valutazione Unlevered dell’intera azienda capogruppo è la seguente:
Wec
=
∑
[ F.C.N.c + V.R. ] - Do ≥ VDU
(1-g)n
(1-g)n (1-g)n
dove:
•
•
•
•
•
•
•
•
Wec
F.C.N.c
t
n
VR
Do
g
VDU
=
=
=
=
=
=
=
=
valore del capitale proprio di pertinenza della C.G.U. di Holding
sommatoria dei Flussi di cassa operativi netti attesi anno per anno della capogruppo
tasso di attualizzazione (free risk + premio di rischio)
durata economica dell’azienda
valore terminale attualizzato della capogruppo
Valore di mercato dei debiti finanziari netti attualizzato
tasso di crescita reale della capogruppo
Valore d’uso previsto della C.G.U.
In questo caso, ciascun flusso di cassa rischioso viene ricondotto al suo equivalente certo, associando a
ciascuno di essi una probabilità di verificazione e sommando l’importo dei flussi moltiplicato per la probabilità ad essi
associata.
Quindi, il test d’Impairment del fair value si considera superato, ai sensi e per gli effetti dello IAS 36, p. 2, nel
caso in cui si verifichi la condizione di disuguaglianza matematica, ossia che la sommatoria dei flussi di cassa scontati
generabili in futuro dall’utilizzo economico dell’immobilizzazione, maggiorato del valore residuo attualizzato, risulti
maggiore o tutt’ al più uguale al valore d’uso previsto del cespite oggetto di valutazione.
La mancata verifica del test d’Impairment della singola immobilizzazione, o addirittura dell’intera classe di
valori di bilancio, specie nei gruppi industriali capital intensive, che presentano un elevato grado di rigidità dell’attivo
di bilancio, tende a trasformare il capitale netto di funzionamento nella forma di capitale netto di liquidazione qualora la
valutazione avvenga secondo uno dei criteri impliciti nel fair value (costo di sostituzione, costo di rimpiazzo, valore di
liquidazione per stralcio, ecc.).
14
- Il metodo finanziario Unlevered per valutare la società capogruppo nella sua interezza, come vedremo, rappresenta un modo di neutralizzare la
struttura finanziaria dell’azienda considerando i flussi di cassa al netto delle imposte ma al lordo degli oneri finanziari relativi ai prestiti assunti sia a
breve, che a m/lt.
24
6.3.2.
Stima del Tasso di attualizzazione dei flussi di cassa attesi
Trattandosi di valutare il capitale proprio di un’azienda indebitata, il tasso di attualizzazione dei flussi di cassa
prospettici può essere determinato secondo due ottiche diverse:
1.
nell’ottica Levered del potenziale investitore con aspettative di rendimento azionario superiore ai rendimenti
certi derivanti da attività finanziarie alternative all’investimento azienda. In questo caso, parliamo di tasso di
congrua remunerazione per l’azionista costituito dal tasso free risk di titoli di stato a media e lunga scadenza, e
da un congruo premio di rischio. 15 Si tratta di un tasso aggiustato in funzione del rischio specifico d’impresa.
2.
nell’ottica Unlevered dell’azienda valutanda, il tasso di attualizzazione dei flussi prospettici è pari al costo
medio ponderato delle fonti di copertura di cui si prevede il ricorso per il finanziamento dei futuri investimenti
(Wacc), che già considera il rischio insito nei flussi programmati. Evidentemente, qualora il rischio di
previsione venga fatto gravare direttamente sui flussi attesi, il tasso di attualizzazione non potrà più essere
quello Unlevered nell’ottica aziendale, poiché la sua applicazione sarebbe troppo penalizzante circa
l’attualizzazione medesima dei flussi previsti.
In tal caso, il tasso congruo applicabile per scontare i flussi rischiosi sarebbe quello levered nell’ottica del
potenziale investitore, ossia il tasso free risk, maggiorato di un premio di rischio compreso tra il 3% e l’8%
così come dispone la prassi professionale.
Infine, quando il rischio d’impresa viene fatto gravare sul tasso di attualizzazione, a parità di flussi di cassa
attesi, si adotta il tasso Wacc risultante dalla media ponderata del costo marginale del capitale per le rispettive
fonti di copertura attinte sia a titolo di credito che di capitale proprio. Una tale configurazione di tasso non
richiede ovviamente la stima di un premio di rischio, già considerato nella leva operativa e nella leva
finanziaria dell’impresa valutanda. 16
In conclusione, il fattore di attualizzazione [1+ (t -g)]n deve essere reale, cioè inteso al netto del tasso di
crescita aziendale (g = 5%), e del tasso inflazionistico (3%).
15
- A nostro parere, il premio di rischio ritenuto congruo per una valutazione levered non può avere una matrice di mercato tipo il CAPM o
l’indicatore Beta Levered di aziende similari quotate. Questo perché, le aziende quotate similari differiscono dalle aziende non quotate per tre fattori:
•
per la dimensione organizzativa;
•
per il grado di leva operativa;
•
per il grado di leva finanziaria.
Gli indicatori del mercato finanziario non possono rappresentare il grado di rischiosità della specifica impresa per la presenza di disomogeneità tra
l’impresa valutanda e quelle similari come abbiamo visto, e non sono di diretta pertinenza dell’azienda stessa, ma rappresentano in sostanza solo il
rischio sistematico o generale di mercato di aziende similari quotate appartenenti al medesimo settore o distretto industriale, per cui il loro eventuale
utilizzo non potrà mai costituire una rappresentazione fedele di stima della specifica azienda.
16
– La leva operativa aziendale è data dal rapporto tra Margine di contribuzione e Reddito operativo (MDC/ROA), ed è una quantità misura che
esprime il grado di rischio operativo connesso al sostenimento dei costi fissi di struttura nonostante il calo del fatturato aziendale. Nelle aziende in cui
il MDC non è intaccato dal calo del fatturato, il rapporto denota un margine di sicurezza da utilizzare in futuro per la copertura del rischio specifico
d’impresa. In tal caso, potrà giudicarsi un profilo di rischio aziendale medio basso.
Contrariamente, per le aziende che hanno MDC molto sensibili ai cali di fatturato, il profilo di rischio specifico potrà giudicarsi elevata.
La leva finanziaria, invece, è una quantità misura espressiva del grado di rischio finanziario derivante da un’operatività aziendale con prevalente
ricorso all’indebitamento finanziario oneroso. Un primo indicatore è dato dalla differenza tra la redditività operativa del capitale investito (ROI) ed il
costo del capitale (K), ed è chiamato leva finanziaria semplice. E’ una quantità misura del rischio finanziario in caso di eccedenza del costo marginale
del debito sul rendimento del
capitale investito (K > ROI). Per avere una misurazione più completa del rischio finanziario rispetto al grado di indebitamento assunto, si adotta la
leva finanziaria complessa in luogo di quella semplice.
Tale indicatore è pari a: OF * MT, cioè al prodotto tra l’onerosità del capitale di terzi ed il rapporto
MT MP
di indebitamento finanziario assunto.
25
6.4.
Reporting del piano di ammortamento flessibile (I.A.S 36)
Riguardo alle immobilizzazioni materiali, essendo cespiti a vita utile definita, non è applicabile, secondo lo
IAS 36 l’Impairment test, bensì la ricuperabilità del fair value dovrà avvenire in base ad un prestabilito piano di
ammortamento.
Il periodo di ammortamento di un’immobilizzazione è definita dalla durata economicamente utile (ossia la vita
utile definita).
La durata utile corrisponde al periodo temporale entro il quale si stima che il valore dell’immobilizzazione
debba essere ripartito.
L’ammortamento è il processo di ripartizione contabile del valore di un’immobilizzazione materiale
nell’ambito della prevedibile vita utile, ovvero tra gli esercizi entro cui la stessa si ritiene possa essere utilizzata.
Il piano di ammortamento è la risultante di una congettura sulla prevista durata economica del cespite e sul
criterio di ripartizione del valore da ammortizzare.
Trattandosi di un piano previsionale, il piano di ammortamento non può essere considerato rigido o vincolante.
Infatti, qualora le ipotesi originarie assunte per la formulazione del piano non siano confermate dalle
circostanze di fatto, il piano deve essere rivisto a consuntivo.
Il riesame riguarda sia la vita utile che il criterio di ammortamento dell’immobilizzazione inizialmente stimata.
Le cause del riesame possono essere dovute:
•
•
•
a minori ricavi di esercizio rispetto a quelli previsti a budget;
al minore utilizzo effettivo del cespite rispetto alle previsioni originarie, ovvero al minor tasso di
produttività dei fattori durevoli;
a mutamenti non previsti dell’ambiente economico (intensificazione della concorrenza, introduzione di
prodotti sostitutivi, obsolescenza tecnica, ecc.).
Il criterio di calcolo delle quote di ammortamento è perciò in funzione sia dell’utilizzo effettivo del cespite
nell’esercizio, ovvero del contributo offerto dall’immobilizzazione alle combinazioni produttive d’impresa, sia della
probabile durata economica residua della stessa.
Il problema della determinazione della vita utile incide sulle modalità di calcolo dell’ammortamento.
Infatti, l’ammortamento non può essere calcolato annualmente senza tenere conto della stimata vita utile.
In base a questa logica, non è possibile accogliere prefissati piani di ammortamento rigidi, a quote costanti, in
quanto l’ammortamento ha per scopo di assicurare una razionale e sistematica partecipazione del valore del cespite alla
determinazione del reddito durante la sua vita utile. 17
Riguardo al problema valutativo dell’ammortamento, importante è da considerare il valore economico
dell’immobilizzazione materiale in relazione alla destinazione del cespite nell’ambito della gestione aziendale: il valore
di scambio, oppure il valore d’uso.
In ordine alla destinazione economica, i collegamenti tra valore economico e destinazione sono:
• nel caso la valutazione riguardi un’immobilizzazione destinata alla vendita, il parametro di stima sarebbe il
valore di scambio, ossia il prezzo di vendita stimato quale limite massimo di valutazione;
• nell’ipotesi di normale funzionamento dell’immobilizzazione partecipando al processo produttivo, il parametro
valutativo sarebbe il valore d’uso.
Per determinare il valore d’uso, l’immobilizzazione materiale deve essere ammortizzata sistematicamente in
ogni esercizio, in relazione alla residua possibilità di utilizzazione.
Ne segue che, le quote di ammortamento imputabili all’esercizio e il correlato minor valore
dell’immobilizzazione materiale sono connessi al prevedibile svolgimento futuro dell’attività di gestione.
L’ammortamento rimane in ogni caso strumento tecnico per ripartire razionalmente, un costo pluriennale per
competenza nei diversi esercizi in cui il cespite è utilizzato.
Così inteso, all’ammortamento compete la funzione di concorrere alla misurazione del reddito realizzato
attraverso una razionale e sistematica misurazione della funzionalità del cespite durante la sua vita utile e non, anche
quella, ad esso attribuibile, di rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale, finanziaria ed
economica della società attraverso la valutazione delle immobilizzazioni materiali. 18
Tuttavia, va riconosciuto indirettamente che l’ammortamento sia uno strumento di valutazione, inteso come
mezzo per esprimere in ogni esercizio il valore d’uso di un’immobilizzazione.
17
– Si veda sull’argomento G. Mazza, in “Il bilancio delle società”, Giuffrè, 1993, pag. 156 e segg.
18
- Il principio secondo cui, l’ammortamento non costituisce un procedimento di valutazione è sancito nei principi contabili del CNDC e R.,
documento N^ 16, pag. 42.
26
6.4.1. La determinazione della quota di ammortamento
Le componenti del piano flessibile di ammortamento, riguardano, secondo l’art. 2426 c.c., p. 2:
•
il costo delle immobilizzazioni materiali ad utilizzazione limitata nel tempo;
•
la residua possibilità di utilizzazione dei cespiti.
Il previgente art. 2425 c.c., richiamava il principio del deperimento e consumo del cespite, con orientamento ad
una valutazione retrospettiva sull’utilizzazione del fattore pluriennale, quindi privilegiava il contributo dato nel
processo di produzione economica.
L’attuale art. 2426 c.c. privilegia invece la stima prospettica connessa con la durata residua del fattore
durevole.
Riguardo al costo è necessario procedere in ogni esercizio, ad un allineamento tra valore contabile e valore
effettivo residuo del cespite.
Se il primo è maggiore del secondo, vi possono essere cause straordinarie tali da compromettere la capacità di
ammortamento.19
Onde evitare che ciò accada, occorre agire sul valore da ammortizzare attraverso la svalutazione del costo
storico (art. 2426 c.c., p. 3), di tipo eccezionale.
In tali casi, la svalutazione straordinaria costituisce un caso eccezionale di deroga, ai criteri di ammortamento
applicati, per cui eventuali modifiche del criterio di valutazione dell’immobilizzazione rispetto all’esercizio precedente
devono essere motivate nella nota integrativa, evidenziandone gli effetti sul patrimonio netto e sul risultato economico
di competenza.
Per quanto concerne la durata economica, che incide sulle modalità di calcolo dell’ammortamento, in caso di
accertamento di una durata diversa rispetto a quella congetturata nel piano, per eventi non previsti, né prevedibili, il
piano di ammortamento deve essere rivisto.
Riguardo alle modalità di calcolo delle quote di ammortamento, la legge civilistica prevede la determinazione
sistematica in ogni esercizio.
L’ammortamento sistematico presuppone quanto segue:
•
l’imputazione in ogni esercizio delle quote di ammortamento;
•
calcolo razionale delle quote tale da garantire una corretta imputazione del valore del cespite in relazione,
sia al costo storico che al valore residuo da ammortizzare;
•
la variabilità delle quote annuali per effetto di un riesame dei piani di ammortamento, che non deve essere
arbitraria, cioè la quota non deve concorrere al reddito a piacimento, in rapporto ad un prefissato risultato
d’esercizio nell’ambito di politiche di bilancio di perequazione o livellamento dei redditi nel tempo, bensì
deve essere collegata strettamente alla funzione tecnica ed economica dell’ammortamento in ordine alla
misurazione del concorso effettivo dei cespiti alle combinazioni produttive d’impresa.
Infatti, la Relazione Ministeriale dice che,”…… il piano di ammortamento deve essere impostato in modo che
il processo avvenga per quote costanti.20
Questo significa che, essendo il piano di ammortamento assoggettato a revisione per il mutare dei piani
aziendali di utilizzazione dei cespiti, è consentito modificare i criteri ed i coefficienti di ammortamento applicati nel
piano originario, motivando però il cambiamento dei criteri nella nota integrativa evidenziando l’impatto sia sul
risultato economico consolidato, che sul patrimonio netto di pertinenza della proprietà e di terzi.
19
- Ad esempio, una minore alienabilità del prodotto ottenuto con l’impianto, a causa dell’intervenuta obsolescenza economica su talune linee
produttive dell’impresa.
20
- Riguardo all’ammortamento sistematico il P.C. N^ 16, pag. 45, prevede l’applicazione delle quote di ammortamento costanti, tranne le quote
decrescenti. L’ammortamento a quote costanti è il più diffuso, di facile applicazione, e favorisce i confronti temporali dei bilanci d’esercizio.
La quota costante annua è ottenuta dividendo il costo ammortizzabile per il numero degli anni di vita utile.
27
6.5.
La stima discrezionale della perdita durevole di valore dell’immobilizzazione in economia
Il reporting del piano di ammortamento flessibile rappresenta il momento di verifica del grado di recuperabilità
del valore residuo netto di bilancio a cui l’immobilizzazione è iscritta, grado di recupero indiretto attraverso le quote di
ammortamento stanziabili in bilanci attivi economicamente equilibrati.21
Ponendo a confronto i volumi di ricavi d’esercizio realizzati con quelli pianificati, nel caso in cui i primi
risultino inferiori ai secondi in più esercizi consecutivi, il grado di recuperabilità futura può risultare compromesso.
Di conseguenza, l’immobilizzazione di cui trattasi presenta una perdita di valore, pari all’eccedenza del valore
residuo di bilancio rispetto al valore d’uso.
Evidentemente, la stima della perdita di valore rientra in un complesso processo di valutazione da parte degli
amministratori della società, per cui essendo un valore stimato è gravato di un certo grado di soggettivismo, e di
conseguenza la stima è di tipo probabilistico in cui i redattori del bilancio dovranno utilizzare la massima discrezionalità
e soprattutto prudenza.
Nel caso in cui, tale perdita può essere considerata discrezionalmente come permanente nel tempo (duratura),
il valore residuo contabile dovrà essere revisionato mediante una svalutazione straordinaria. 22
A titolo di prima iscrizione a bilancio dell’immobilizzazione, si utilizza il criterio del costo storico o di
produzione, maggiorato dei costi accessori di diretta imputazione e di eventuali oneri finanziari.
Negli esercizi successivi al primo, se il valore residuo contabile risulta allineato al valore d’uso rilevato alla
chiusura dell’esercizio, può ancora essere mantenuto in bilancio l’iscrizione al costo storico.
Se in più esercizi successivi, viene accertata una perdita di valore duratura dell’immobilizzazione materiale in
base ad appropriati indicatori settoriali, per cui si ha che il valore residuo contabile sia superiore al valore d’uso, il
valore contabile deve essere riesaminato mediante una svalutazione di tipo straordinario.
Pertanto, la svalutazione ha lo scopo di ricondurre il valore residuo contabile al valore d’uso del cespite, ossia a
quel valore che si ritiene possa essere ragionevolmente reintegrato, nel corso della vita residua, attraverso i ricavi in
misura tale che questi siano in grado di coprire anche tutti gli altri costi, compreso l’ammortamento del cespite. 23
Il test d’impairment rappresenta, come vedremo in seguito, un momento di riflessione per i redattori del
bilancio, secondo i principi internazionali (IAS 16-36), al fine di stabilire il grado di ricuperabilità della perdita durevole
di valore delle immobilizzazioni in economia, attraverso l’attualizzazione dei redditi operativi attesi o dei flussi di cassa
operativi previsti (IAS 36).
21
E’ un’affermazione famosa di P. ONIDA, “Economia d’azienda”, op. cit., pag. 427.
– In caso di perdita durevole il valore contabile residuo dell’immobilizzazione (costo – ammortamenti) si presenta superiore al valore d’uso, cioè al
valore che può essere convenientemente ammortizzato nei successivi esercizi.
Riguardo alla svalutazione straordinaria del costo, il P.C. N^ 16, pag. 49, afferma che, la perdita durevole di valore dell’immobilizzazione deve essere
accertata tramite una svalutazione.
La svalutazione va effettuata quando esistono obiettive condizioni di non ricuperabilità del valore del cespite.
23
- A proposito del grado di recuperabilità del costo delle immobilizzazioni, P. ONIDA, in “Economia d’azienda”, Utet, 1971, pag. 398, così
sostiene:”Nell’economia della gestione si attende che i capitali investiti nelle immobilizzazioni tecniche vengano indistintamente e gradualmente
reintegrati con i ricavi degli esercizi che si seguono nel tempo al quale si estende l’uso delle immobilizzazioni. Durante questo tempo, quindi, in una
gestione economicamente equilibrata, si suppone che una parte dei ricavi d’esercizio rappresenti il contributo al graduale recupero del costo relativo
alle immobilizzazioni tecniche.
22
28
6.7.
CASO AZIENDA CAPOGRUPPO ALFA SPA. Il Reporting del piano di ammortamento flessibile
La società capogruppo Alfa Spa è un’azienda di medie dimensioni operante nel settore delle costruzioni
autostradali, con contratti di appalto in outsourcing con il gruppo societario AUTOSTRADE SPA.
L’azienda sta assistendo ad una progressiva espansione della domanda di costruzione delle autostrade in Italia.
La tradizionale grande qualità delle lavorazioni si è di recente unita, grazie alla presenza di un nuovo progettista,
a una brillante capacità di innovazione del prodotto e del design.
Tali fattori critici di successo hanno comportato un’improvvisa spinta della domanda aziendale, alla quale,
tuttavia, non è stato più possibile fra fronte, stante l’inadeguatezza dei vecchi impianti, dimensionati per una capacità
produttiva ridotta.
Nei mesi precedenti appariva opportuno rinnovare il parco impianti e macchinari ormai obsoleti ma
l’amministratore delegato aveva esitato.
La crescita della domanda aziendale era un fenomeno troppo recente per poter ritenere che da quel momento in
poi i volumi sarebbero stati sempre così elevati.
A sgombrare il campo da ogni equivoco, nel Dicembre 2006 la società Autostrade Spa committente, propose
alla società Alfa Spa un accordo commerciale di lungo periodo.
Le dimensioni dell’accordo, sia per numero di unità autostrade da produrre, sia per fatturato corrispondente,
talgono ogni dubbio all’amministratore.
E’ possibile fare l’investimento di rinnovo dei macchinari lungamente atteso e, anzi, occorre provvedere in
tempi brevi per rispettare i termini contrattuali previsti per l’anno successivo.
6.7.1. Fabbisogno finanziario relativo al nuovo impianto
Dopo aver richiesto ai diversi fornitori ed esaminato accuratamente i preventivi economici, l’amministratore
concorda con un fornitore specializzato la fornitura di un impianto altamente integrato, del costo complessivo di €
2.000.000 + IVA 20%.
La copertura finanziaria del nuovo investimento, ha coinvolto i finanziatori a titolo di credito, nell’accollo del
rischio d’impresa, nella misura del 50% del costo da sostenere.
Pertanto, la copertura finanziaria del fabbisogno di capitale originato dall’acquisizione del nuovo impianto è
stata la seguente:
nella misura del 50% con ricorso a mezzi propri disponibili sottoforma di liquidità in c/c, con cui la società effettua
un bonifico bancario in acconto a favore del fornitore selezionato;
per il restante 50% la società ha fatto ricorso al capitale di terzi sottoforma di leasing, ad un tasso di interesse
agevolato, avente durata quinquennale a partire dalla data di disponibilità dell’impianto per l’uso, con rimborso
semestrale posticipato.
6.7.2. Disponibilità del nuovo impianto per l’uso
Nel corso del mese di giugno 2007, l’impianto viene installato (costo di installazione € 20.000 + IVA) e
collaudato (costo collaudo = € 5.000 + IVA).
Il 1/07/2007 l’impianto è pertanto disponibile e pronto per l’uso.
29
6.8.
Redazione del Piano di ammortamento flessibile
Per la formulazione del piano di ammortamento, l’amministratore delegato della società Alfa Spa segue i
criteri aziendalistici che rispecchiano i principi contabili, seguenti:
6.8.1. Valutazione di prima iscrizione a Bilancio
Nel primo esercizio di utilizzazione del nuovo impianto (2^ semestre 2007), il valore da ammortizzare è pari al
costo d’acquisto maggiorato dei costi accessori di diretta imputazione, quali: i costi di installazione e di collaudo. (art.
2426 c.c., p. 1)
Premesso che, il finanziamento tramite leasing è stato acquisito specificatamente per l’acquisizione del nuovo
impianto, è possibile procedere alla capitalizzazione degli oneri finanziari (P.C. N^ 16).
Pertanto, il valore lordo di prima iscrizione in bilancio del nuovo impianto è dato dal costo originario,
accresciuto degli oneri accessori direttamente imputabili e degli oneri finanziari di leasing.
Ai sensi e per gli effetti del P.C. N^ 16 del CNDC e R., pag. 35, possono essere patrimonializzati gli oneri
finanziari soltanto se i relativi finanziamenti sono stati acquisiti in modo specifico per l’approvvigionamento delle
immobilizzazioni tecniche.
Inoltre, la capitalizzazione degli interessi passivi può avvenire parzialmente, conteggiando gli oneri finanziari
per il periodo intercorrente tra la data di erogazione del prestito (2/01/2007) e la data in cui l’impianto è disponibile e
pronto per l’uso (1/07/2007).
Non sono capitalizzabili le spese generali ed i costi amministrativi sostenuti in relazione al processo di acquisto
dell’impianto. (art. 2426 c.c., p. 1)
Infine, trattandosi di immobilizzazioni materiali acquisiti in leasing, la rappresentazione in bilancio può
avvenire nel rispetto del principio I.A.S. 7 che prevede l’iscrizione in bilancio secondo la sostanza e non in base alla
forma contrattuale.
6.8.1.1. Capitalizzazione degli oneri finanziari di leasing
-
Tabella 1–
Il calcolo degli oneri finanziari di leasing capitalizzabili risulta essere il seguente:
Periodo di
Capitalizzazione
Importo del Leasing
Tasso di
interesse
Oneri finanziari da
capitalizzare
180 gg./360
€ 1.000.000
6%
€ 30.000
30
6.8.1.2.
Determinazione del valore di iscrizione a Bilancio
- Tabella 2 -
Elementi di costo
Valore Lordo al 31-12-2007
€ 2.000.000
€
20.000
€
5.000
€
30.000
€ 2.055.000
€
- 5.000
€ 2.050.000
Costo d’acquisto
Costi di installazione
Costi di collaudo
Quota oneri finanziari
- Valore di recupero
= COSTO DA AMMORTIZZARE
6.8.1.3. Determinazione del Piano di ammortamento flessibile
Riguardo alla determinazione del piano di ammortamento si considerino i seguenti elementi
caratteristici:
- Figura 3Periodo di normale utilizzo dell’impianto
Periodo di durata utile (obsolescenza economica)
N. di ore previste di utilizzo normale impianto
N. di ore disponibili utilizzo normale impianto
Quantità annua producibili mediamente
Quantità annua massima producibili in media
Andamento quota annuale di ammortamento
Valore di recupero previsto dell’impianto
=
=
=
=
=
=
=
=
5 anni
4 anni
7.280 ore
8.320 ore
62 unità
80 unità
decrescente dal 2^ anno
€ 5.000
31
A partire dal 2^ esercizio di utilizzazione del nuovo impianto, fino al termine del periodo normale di
ammortamento, è stata ipotizzata nella redazione del piano di ammortamento flessibile, una perdita durevole di valore, a
causa di un previsto ridotto sfruttamento fisico-tecnico dell’impianto in relazione al cambiamento del tipo di prodotto
(obsolescenza economica).
Si ritiene che la riduzione del contributo del cespite alla produzione economica sia definitiva e non transitoria.
Nel piano di ammortamento si procede pertanto alla conseguente svalutazione straordinaria del costo lordo
d’acquisto, in funzione della minore utilizzabilità economica futura.
Il criterio seguito per l’abbattimento del costo iniziale ammortizzabile, ricalca il grado di utilizzazione prevista
della capacità produttiva del nuovo impianto.
Il piano del grado di sfruttamento della capacità produttiva è il seguente:
- Tabella 3 -
Durata fisica
impianto
Grado di utilizzo della capacità
produttiva
Quantità producibili
annua
1
2
3
4
5
50%
50%
45%
40%
35%
40 unità
40 unità
36 unità
32 unità
28 unità
Essendo il grado di utilizzo della capacità produttiva prevista decrescente, ne consegue che, anche l’andamento
delle quote annuali di ammortamento è decrescente (contrariamente ai principi contabili). Tale anomalia contabile,
anche se contra legem, deve essere motivata nella nota integrativa del bilancio del 2^ esercizio, evidenziando gli effetti
sia sul patrimonio netto della società che sul reddito d’esercizio.
Il piano di ammortamento flessibile è pertanto il seguente:
- Tabella 4-
Costo da
ammortizzare
Grado di utilizzo
dell’impianto
Svalutazione
straordinaria
Quota di
ammortamento (20%)
Valore netto
residuo
1) 2.050.000
2) 2.050.000
3) 2.050.000
4) 2.050.000
5) 2.050.000
50%
50%
45%
40%
35%
1.025.000
1.025.000
922.500
820.000
717.500
205.000
205.000
225.500
246.000
143.500
820.000
615.000
389.500
143.500
0
32
A conferma delle previsioni è stato redatto il piano delle vendite per il quinquennio successivo, secondo le
quantità previste in funzione del grado di utilizzazione futura della capacità produttiva.
I Ricavi di vendita previsti derivano dal prodotto tra le quantità annue producibili ed il prezzo unitario pattuito
contrattualmente, rivalutato in basi al tasso inflazionistico medio annuo del 3%.
Quindi, il piano dei Ricavi di vendita previsti è il seguente:
- Tabella 5 -
1^ ANNO
2^ ANNO
3^ ANNO
4^ ANNO
5^ ANNO
QTA’ = 40 unità
QTA’ = 40 unità
QTA’ = 36 unità
QTA’ = 32 unità
QTA’= 28 unità
Prezzo
=
€ 200.000
Prezzo
=
€ 206.000
Prezzo
=
€ 212.000
Prezzo
=
218.500
Prezzo
=
225.000
Ricavi previsti
=
€ 8.000.000
Ricavi previsti
=
€ 8.240.000
Ricavi previsti
=
€ 7.632.000
Ricavi previsti
=
€ 6.992.000
Ricavi previsti
=
€ 6.300.000
33
6.8.1.4.
Iscrizione successiva a Bilancio
Negli esercizi successivi al primo, la svalutazione straordinaria deve essere iscritta in conto economico, nella
voce: B.10.c:”Altre svalutazioni delle immobilizzazioni”.
Non è possibile mantenere in bilancio il minor valore d’ iscrizione dell’immobilizzazione, a seguito della
svalutazione straordinaria, qualora, per qualsiasi motivo, sono venute meno le cause che in precedenza avevano indotto
a svalutare il cespite (art. 2426 c.c., p. 3).
In tal caso si dovrà procedere a ripristinare entro il valore di costo, totalmente o parzialmente, cancellando la
precedente svalutazione.
Le cause economiche che avrebbero indotto ad operare la svalutazione sarebbero le seguenti:
•
il minore utilizzo dell’impianto in relazione ad una ridotta capacità produttiva;
•
la minore realizzabilità dei ricavi previsti del nuovo prodotto.
Il venir meno di tali cause , induce il compilatore del bilancio a riesaminare l’intero piano di ammortamento.
In conclusione, il valore di ripristino non è assimilabile ad un’operazione di rivalutazione monetaria, bensì di
rivalutazione per cause economiche, e va allocato alla voce E.20 del conto economico:”Proventi straordinari”.
Tali proventi non possono essere distribuiti sottoforma di dividendi ai soci fino a quando il costo rivalutato non
sia recuperato attraverso la vendita del cespite o l’ammortamento.
Quindi, tali proventi dovranno essere accantonati in una riserva indivisibile del patrimonio netto in sede di
destinazione del reddito d’esercizio, ad esempio sotto la voce:”Riserva di rivalutazione economica”. La scrittura in
P.D. è la seguente:
__________________________________ 31-12 __________________________________
Utile netto d’esercizio
a
Diversi
ripartizione dell’utile netto dell’esercizio 2005, c.s.
__________________________________
a
Riserva Legale (5%)
a
Riserva Statutaria
a
Riserva acquisto azioni proprie
a
Riserva Straordinaria
a
Riserva di Rivalutazione economica
___________________________________
34
7. LA VALUTAZIONE DISCREZIONALE DELL’ATTIVO CIRCOLANTE
7.1. Zona di elasticità dei valori ragionevoli per la determinazione
del reddito di competenza del periodo
Come abbiamo ampiamente discusso, scopo precipuo dei criteri di valutazione del capitale in ipotesi di
funzionamento dell’impresa, è la determinazione di una configurazione di Reddito razionale assegnabile al periodo,
entro i limiti di conservazione del capitale investito.
Per determinare tale configurazione di reddito, è opportuno che il redattore del bilancio definisca la zona di
elasticità, ossia l’area dei valori ragionevoli assegnabili ai componenti economici e finanziari del capitale, costituenti le
operazioni in corso di svolgimento a fine periodo.
Inoltre, la scelta tra i valori economicamente accettabili, ricompresi nella fascia di ragionevolezza, deve
privilegiare sempre quei valori che presentino la più elevata probabilità di verificazione, nel rispetto del principio della
prudenza. (Cavalieri, 2003)
Nel sistema delle valutazioni di bilancio, al redattore possono presentarsi i seguenti casi:
7.1.1.Il valore di presumibile realizzo diretto e indiretto, delle rimanenze
economiche attive si prospetta superiore al costo d’acquisto o di produzione
In tal caso, il redattore di bilancio dovrà individuare un’area di valori ragionevoli (zona di elasticità),
assegnabili a tali beni, compresi tra i valori di presumibile realizzo (limite superiore) e quelli di configurazione di costo
(limite inferiore), da assegnare alle rimanenze economiche attive di fine periodo ai fini della determinazione di un
reddito razionale (c.d. reddito realizzato).
Rappresentiamo graficamente, la zona elastica, dei possibili valori ragionevoli:
- FIGURA 4 -
(annacquamento di capitale)
Valore di presumibile realizzazione
= 100
Reddito
Razionale
configurazione di Costo
= 70
__________________________________________________
Limite
superiore
Zona
Elastica
Limite
inferiore
(saturazione di capitale)
Fonte: E. Cavalieri,”Contabilità generale”, Cedam, 2003, pag. 140 con adattamento
35
Il costo costituisce il limite inferiore di valutazione, poiché non sarebbe ragionevole una stima delle rimanenze
economiche attive al disotto di quanto è stato investito per acquisirlo, a parità di prospettive di ricavi futuri superiori a
tale configurazione di costo.
Il presumibile valore di realizzo, costituisce invece il limite superiore di stima, poiché sarebbe irrazionale una
valutazione delle rimanenze al disopra delle prospettive di recupero.
Quindi, la zona di elasticità che ricomprende i valori ragionevoli ai fini della determinazione di una
configurazione di reddito razionale, è senz’altro compresa tra il valore minimo di 70 nell’esempio, ed il valore massimo
di 100.
Valutazioni effettuate al disotto del valore minimo, danno luogo a sottostime di attività (al disotto del costo)
oppure a sovrastime di passività, entrando il redattore del bilancio nella zona rigida sottostante, di saturazione del
capitale (creazione di riserve occulte).
Stime condotte al disopra del valore massimo, originano sopravvalutazioni di attività (al disopra del valore di
presunto realizzo) oppure sottovalutazioni si passività, con la conseguenza di entrare nella seconda zona rigida
sovrastante, di annacquamento di capitale.
Tuttavia, essendo il bilancio d’esercizio un sistema di valori economici e finanziari, il processo valutativo di
tipo sistemico applicato dal redattore alle singole poste attive e passive del capitale, deve essere attuato in modo da
compensare in tutto o in parte gli annacquamenti di capitale di taluni raggruppamenti di voci, con le saturazioni
conseguite nelle restanti gruppi di poste patrimoniali.
E’ proprio questa la finalità dei criteri di valutazione di bilancio, far sì che, nel breve termine, le saturazioni di
capitale superino gli annacquamenti, onde evitare che l’azienda subisca un progressivo depauperamento del capitale
disponibile qualora si procedesse a distribuire i dividendi ai soci in condizioni di prevalenza degli annacquamenti
rispetto alla creazione di riserve occulte.
La prevalenza degli annacquamenti fa sì che, l’impresa distribuisca quote di capitale in luogo dei dividendi
prelevabili e, nel lungo andare tale politica tenderebbe a ridimensionare i mezzi propri a favore dell’indebitamento
finanziario oneroso.
Viceversa, in ipotesi di distribuzione dei dividendi in condizioni di prevalenza delle saturazioni, non si avrebbe
in alcun modo un deterioramento del capitale, anzi attraverso la politica di perequazione dei redditi nel tempo, i
dividendi assegnabili alle azioni verrebbero prelevati in condizioni di mantenimento dell’integrità economica del
capitale, senza peggiorare cioè il rapporto di indebitamento.
7.1.2. il valore di presumibile realizzo diretto e indiretto, delle rimanenze
economiche attive si prospetta inferiore al costo d’acquisto o di produzione
Se il presunto valore di realizzo si prevede inferiore alla configurazione di costo attribuibile ai componenti del
capitale, la zona di elasticità, ossia la fascia dei valori ragionevoli, scompare, e si ha un unico valore ragionevole dato
dal prezzo di presumibile realizzo, non essendo accoglibili in bilancio valori superiori ad essi, in quanto non realizzabili
in futuro.
7.1.2.1.Il valore di presumibile realizzo ed il costo coincidono
Se la configurazione di costo posta a confronto con il presunto valore di realizzo, coincidono, la fascia dei
valori ragionevoli si annulla, e l’unico criterio di valutazione restano i prezzi futuri di realizzo che consentono, però il
reintegro conservativo dei costi, e non l’accrescimento del capitale.
La rappresentazione schematica della zona unica di elasticità è la seguente:
- FIGURA 5 __________________________________________________
Reddito razionale
Limite
unico
Valore di presumibile realizzo
----------------------------------------------------------------------------Fonte: E. Cavalieri,”Contabilità generale”, op. cit., pag. 141 con adattamento
36
7.2.
LA VALUTAZIONE DISCREZIONALE DEI CREDITI NEL BILANCIO D’ESERCIZIO
(I.A.S. 39)
7.2.1. Valutazione discrezionale dei Crediti commerciali
ATTIVO CIRCOLANTE (art. 2424 c.c.)
CII1) Crediti :
Vs. Clienti solvibili
Vs. Clienti morosi
Vs. Clienti probabili
Vs. Clienti sottoposti a procedure concorsuali
ART. 2426 C.C. - I.A.S. 39
I crediti vs. clienti a breve termine devono essere iscritti
nell’attivo di bilancio:
- in base al valore nominale in caso di solvibilità della
clientela;
- secondo il presunto valore di realizzazione in caso di
inesigibilità (fair value), attraverso la stima
dell’attualizzazione dei flussi di cassa attesi (per i
crediti a lunga scadenza).
Per quanto concerne la valutazione dei crediti verso clienti, sia la normativa civilistica (art. 2426 c.c.), che i
principi internazionali (IAS 39) coincidono nello stabilire i criteri del valore nominale in assenza di rischi in corso, e del
presunto valore di realizzazione in presenza di rischi di riscossione.
Va rilevato che, nell’ambito della classe di valori in esame, sia possibile la formazione in contemporanea, sia
dello strato di reddito realizzato, che lo strato di reddito di competenza.
In particolare, una configurazione di reddito di competenza deriva sicuramente dalla valutazione dei crediti di
dubbia esigibilità (Clienti probabili), che comporta l’imputazione a conto economico sottoforma di accantonamenti di
quote di perdite presunte ritenute di competenza dell’esercizio.
Riguardo invece, ai clienti solvibili, ai clienti morosi, ed a quelli sottoposti a procedure consocrsuali, la
configurazione che ne deriva è quella di reddito realizzato, poiché la stima ha luogo al valore nominale per i crediti certi
e morosi, mentre per i crediti assoggettati a procedure concorsuali, il reddito è misto, per cui nel caso di procedura di
salvataggio (Amministrazione controllata) la perdita è presunta e lo strato di reddito è di competenza, mentre se la
procedura concorsuale liquidatoria (Fallimento, Concordato preventivo, Concordato fallimentare) la perdita è effettiva
e, quindi lo strato di reddito è realizzato.
Lo IAS 39 stabilisce i criteri di valutazione dei crediti commerciali, distinguibili in base al grado di esigibilità,
in crediti a breve, e crediti a media e lunga scadenza.
I crediti a breve termine, per i quali non è stato concordato un tasso di interesse, la valutazione iniziale è al
valore di presumibile realizzo diretto (fair value), dato dal valore nominale al netto dei costi stimati di recupero, e di
eventuali svalutazioni dell’attivo circolante per inesigibilità.
Tale criterio di valutazione comporta l’imputazione a conto economico di perdite su crediti, sia presunte che
effettive, dando luogo ad una stratificazione di reddito misto, cioè maturato e realizzato.
Si ha una configurazione di reddito di competenza, nel caso in cui la stima dei crediti al fair value comporti
l’imputazione a conto economico di perdite presunte di inesigibilità, e non di perdite effettive.
Inoltre, il ripristino del fair value entro i limiti del valore nominale dei crediti, a titolo di rettifica di valore,
comporta l’imputazione della plusvalenza in conto economico per ragioni di competenza.
37
Per i crediti a media e lunga scadenza, la valutazione iniziale è quella al fair value, e quelle successive al
costo ammortizzato,24 attraverso l’attualizzazione dei futuri flussi di cassa fino alla scadenza, ad un tasso di sconto pari
al tasso di interesse effettivo applicato per la determinazione del valore maturato (Fair value del credito).
Anche in questo caso, si ha la configurazione del reddito di competenza, poiché i crediti a lungo sono valutati
pari alla differenza tra il valore nominale ed il costo non ammortizzato (fair value), calcolato quest’ultimo come valore
attuale netto degli interessi e del rimborso del capitale, che costituisce una perdita temuta e non effettiva.
7.2.1.1.Determinazione del valore di presunto realizzo dei crediti quale criterio
del fair value
In pratica, si usa, in sede di assestamento dei valori di bilancio, fare una svalutazione globale dei crediti, che
esprima la perdita temuta che si presume cioè di subire alla scadenza dei crediti stessi, la cui quota presunta viene
accantonata in un fondo passivo di bilancio sotto la voce, “Fondo svalutazione crediti” da portarsi a diretta riduzione
del valore nominale degli stessi, venendo così a rettificare (correggere direttamente) il valore nominale iscritto in
bilancio.
Il problema è la determinazione della quota presunta di svalutazione dei crediti in base al grado di rischiosità di
riscossione, con riferimento alla solvibilità del debitore.
Nell’attivo a breve di fine esercizio, pertanto, i crediti vengono iscritti per il loro valore nominale, che viene
ricondotto al presunto valore di realizzo, attraverso la detrazione del Fondo svalutazione crediti di natura di valore
numerario presunto passivo.
Si dovrebbe tenere conto, nella stima dei crediti, dell’epoca di scadenza. Il valore di presunto realizzo,
dovrebbe cioè, essere ricondotto all’epoca del bilancio, cioè attualizzato in base ad un appropriato tasso di sconto.
IL calcolo del valore attuale, più che per il singolo credito, si applica sulla massa, di solito numerosa di tali
crediti.
Tuttavia, data la scadenza di breve termine, l’attualizzazione viene applicata ai crediti a media e lunga
scadenza, che sorgono ad esempio in seguito alle vendite rateali.
In ordine al processo di valutazione del presunto valore di realizzo, il redattore del bilancio deve, in sostanza,
procedere ad un esame analitico delle singole posizioni creditorie nei confronti della clientela, valutando il probabile
rischio di insolvenza che grava su ogni credito.
In base all’esperienza maturata, deve inoltre mettere a confronto l’inesigibilità globale, come sopra stimata,
con quella media accertata sul totale dei crediti nei precedenti esercizi e svalutare, prudenzialmente, i crediti ancora in
essere per il maggior valore emergente dal predetto raffronto.
Riguardo ai clienti assoggettati a procedura concorsuale, la svalutazione del credito è certa ed è pari di solito
all’intero ammontare se la procedura liquidatoria riguarda il fallimento.
Con riferimento invece, alla procedura liquidatoria del Concordato Preventivo, la svalutazione dei crediti di
competenza dell’esercizio dipende dalla percentuale concordataria offerta dal debitore nell’istanza di richiesta di
ammissione a tale procedura.
Ad esempio, se il concordato preventivo viene accettato dalla maggioranza dei creditori, a parità di garanzie
offerte, per il soddisfo pari al 40%, la perdita di svalutazione è data dal suo complemento a 100, cioè dal 60%.
Infine, nel caso di ammissione ad una procedura concorsuale liquidatoria o di salvataggio dell’impresa, ossia
nel caso di Amministrazione controllata (A.C.) o Straordinaria delle grandi imprese in crisi, la svalutazione viene
operata con la maggiore perdita tra la stima dell’esercizio e la media degli ultimi 5 periodi amministrativi.
Se invece, l’A.C. o la Straordinaria non si definiscono con il salvataggio dell’impresa, ma sfocia in una
procedura liquidatoria di C.P. o di Fallimento, la svalutazione dei crediti è totale.
24
– I crediti a medio e lungo termine devono essere valutati, secondo lo IAS 39, al costo ammortizzato, utilizzando il criterio dell’interesse effettivo,
poiché si tratta di attività finanziarie prive di prezzi ufficiali e di mercati attivi di negoziazione. Il valore iscrivibile in bilancio sarà pertanto pari al
valore nominale attualizzato ad un tasso di interesse di attività finanziarie similari.
38
7.2.2. Valutazione dei crediti a breve termine
Lo IAS 39 prevede la duplice valorizzazione dei crediti commerciali a breve termine: in base al valore
nominale in presenza soltanto di morosità dei clienti, e secondo il presunto valore di realizzazione in presenza di
rischi di inesigibilità totale o parziale.
Mentre, il valore nominale di tali crediti iscritti in bilancio è assimilabile al “costo storico”, quello di presunto
realizzo può essere assimilato al “fair value”, o valore corrente di mercato alla chiusura dell’esercizio.
All’uopo si possono verificare 3 situazioni:
•
•
•
valutazione al valore nominale in assenza del rischio d’insolvenza del cliente;
valutazione al presunto valore di realizzo tenendo conto di perdite effettive su crediti;
valutazione al presunto valore di realizzo considerando perdite su crediti temute o potenziali.
La stima dei crediti al valore nominale, di cui al punto sub 3.3.1.1.), porta a determinare uno strato di reddito
realizzato, come se fosse stato cioè determinato nell’ottica del costo storico, in quanto tale criterio non comporta
svalutazioni di bilancio con conseguente addebito in conto economico delle relative perdite.
Qualora si procedesse a rivalutare la nominalità dei crediti calcolando interessi di mora per ritardi nei
pagamenti, per tutto il periodo compreso tra la data di insorgenza ed il termine dell’esercizio in corso, gli interessi
maturati sarebbero di competenza dell’esercizio medesimo per cui lo strato di reddito che ne deriva sarebbe di
competenza e non prodotto.
Nel caso in cui, il cliente o un gruppo di essi fossero sottoposti a procedure concorsuali comportanti perdite
effettive su crediti di cui sub 3.3.1.2.), bisogna specificare le situazioni seguenti:
1.1.
Se la procedura di ammissione è di salvataggio (amministrazione controllata) l’imputazione
della perdita in conto economico è di natura presunta poiché il recupero dei crediti è totale, a
meno che non venga vanificata la finalità dell’istituto;
1.2.
se invece la procedura concorsuale è di tipo liquidatoria (fallimento, concordato preventivo,
concordato fallimentare), la perdita su crediti è da ritenersi effettiva, in quanto si può
ragionevolmente ritenere il credito perso totalmente.
Nel primo caso, si ha la determinazione di uno strato di reddito di competenza dell’esercizio, mentre nel
secondo caso, si una stratificazione di reddito prodotto.
Infine, nel terzo caso, la stratificazione del reddito è di competenza, poiché si dovrà procedere alla stima di
una certa % di rischiosità che porterebbe all’imputazione al reddito di perdite solo presunte (maturate).
39
7.2.2.1.
La Valutazione di crediti vs/ clienti sottoposti a procedure concorsuali
Riportiamo il caso della società Meta Spa cliente della nostra azienda che deve redigere il bilancio, che è stato
assoggettato a procedura fallimentare liquidatoria e non di salvataggio. Il problema è come applicare il criterio di stima
della perdita temuta secondo la logica valutativa del presunto valore di realizzazione. I dati utili per la formazione del
bilancio sono desumibili dalla seguente tabella riassuntiva:
- Tabella 6 CREDITI VS. CLIENTI
VALORE
NOMINALE
BILANCIO
PERDITA
STIMATA
NORMALE
PERDITA
MEDIA
PRECEDENTE
VALORE
DI
REALIZZO
- Società Gamma Spa
€ 720.000
5%
8% = 57.600
€ 662.400
- Società Beta Srl
€ 500.000
3%
5% = 25.000
€ 475.000
- Società Meta Spa (*)
€ 375.000
100%
7%
= 0
TOTALE
REALIZZAZIONE
€ 1.137.400
7.2.2.1.1.
Definizione della zona di elasticità dei valori ragionevoli
Definita la zona di elasticità dei valori ragionevoli assegnabili ai crediti vs. clienti ed alle cambiali attive, che
costituiscono operazioni in corso a fine periodo, il redattore del bilancio dovrà decidere quale di essi costituisce il valore
ragionevole assegnabile alla stima, scelto tra i seguenti:
-Zona di Elasticità dei valori
- limite minimo di stima =
- limite massimo di stima =
Valore di realizzo
Valore nominale
=
=
Gamma
Beta
Meta
662.400
720.000
475.000
500.000
0
375.000
Il cliente Meta Spa è stato sottoposto, nel corso dell’esercizio, alla procedura concorsuale di Fallimento di tipo
liquidatorio e non di salvataggio, per cui la svalutazione del credito in Bilancio non è presunta, ma è certa e per
l’importo totale.
In tal caso, il valore di realizzo di tali crediti è nullo poiché la perdita su crediti in sede fallimentare è totale.
Invece, per gli altri crediti, essendo stati sottoposti a procedura concorsuale di salvataggio (amministrazione
controllata), si considera una svalutazione media pari alla perdita % più elevata subita nell’ultimo quinquennio.
Qualora, tali procedure di salvataggio sfociassero in quelle di tipo liquidatorio, le perdite che l’azienda subirà
in futuro potranno essere spesate interamente in conto economico nei relativi esercizi di competenza utilizzando i
relativi fondi di accantonamento precostituiti.
Ad evidenza, in virtù del principio della prudenza, i valori assegnabili a tali attività a breve sono definiti
scegliendo i più bassi tra quelli ragionevoli, che in tal caso sono i valori di presunto realizzo, mentre il valore nominale
di iscrizione in bilancio è superiore.
40
8.1.
La Valutazione discrezionale delle Rimanenze Finali attive (I.A.S. 2)
8.1.1. ATTIVO CIRCOLANTE (art. 2424 cod. civ.)
•
•
•
•
Rimanenze finali di materie prime e sussidiarie;
Rimanenze finali di semilavorati;
Rimanenze finali di prodotti finiti;
Rimanenze finali di lavori in corso a ciclo pluriennale.
Art. 2426 c.c. - IAS 2
Le rimanenze finali si valutano al minore tra il costo d’acquisto
ed il presunto valore netto di realizzo (al prezzo di mercato),
alla chiusura dell’esercizio
8.1.1.1.. Determinazione delle classi di valori delle rimanenze
Anche per quanto riguarda, la valutazione delle rimanenze finali economiche attive, vi è concordanza tra la
normativa civilistica (art. 2426 c.c.) e principi internazionali (IAS 2).
Entrambi le normative stabiliscono che, la valutazione iniziale in bilancio delle rimanenze, viene effettuata al
costo d’acquisto maggiorato dei costi accessori direttamente imputabili. Non possono essere computate, invece, le
differenze di cambio, che vanno a rettificare direttamente i ricavi netti di vendita.
Nei bilanci degli esercizi successivi, la valutazione deve avere luogo al minore tra il costo ed il valore netto di
realizzo.
La scelta del criterio di valutazione è legata alle caratteristiche dell’impresa stessa. I metodi di determinazione
del costo utilizzabili sono: il metodo FIFO, ed il metodo del costo medio ponderato.
In tali casi, la valutazione delle rimanenze al fair value corrente di mercato, porta alla determinazione di un
reddito di competenza, qualora siano imputati all’esercizio, per competenza, utili lordi incorporati nel valore di mercato,
non ancora realizzati, bensì realizzabili presuntivamente nei successivi esercizi.
Lo IAS 2, p. 6, parla di valore netto di realizzo che è rappresentato dal prezzo di vendita stimato nel normale
svolgimento dell’attività produttiva, al netto dei costi stimati di completamento e di vendita.
Pertanto, le rimanenze d’esercizio destinabili alla vendita, nel periodo successivo, devono essere valutate al
prezzo netto di vendita, che ingloba utili lordi sperati.
Tale valore netto di realizzo rappresenta, quindi, l’importo netto che l’azienda si aspetta di realizzare dalla
vendita entro l’esercizio successivo delle rimanenze, nel normale svolgimento dell’attività.
Il fair value (valore equo), riflette l’importo per il quale la stessa rimanenza potrebbe essere scambiata tra
compratori e venditori consapevoli e disponibili sul mercato.
Il primo è un valore specifico, il secondo non lo è. Il valore netto di realizzo per le rimanenze d’esercizio può
non coincidere con il fair value scontato all’epoca del bilancio, cioè decurtato di oneri specifici quali, la quota di spese
generali di vendita e di amministrazione, che spesso presentano notevoli difficoltà di determinazione poiché si tratta di
oneri futuri, ancora da sostenere.
Il problema valutativo è se tale criterio sia estensibile alla valutazione dei Lavori in corso su ordinazione per
stati di avanzamento di commessa, di carattere ultraannuale.
Il criterio assimilabile può essere mutuato, a nostro avviso, dall’art. 2426 c.c., p.11, che parla di “corrispettivi
contrattuali maturati con ragionevole certezza”.
Posto che i nuovi principi IAS non possono essere contrari alla regola generale della prudenza, e della
rappresentazione veritiera e corretta (art. 2423 c.c.) per poter essere applicati eddituale m, ne consegue che, il valore
netto di realizzo è associabile ai corrispettivi maturati con ragionevole certezza per la stima delle opere in corso di
completamento.
Di conseguenza, gli utili lordi maturati per stato di avanzamento dei lavori al netto degli oneri generali di cui
sopra, ed imputati ai diversi esercizi di esecuzione delle opere ultraannuali, rappresentano redditi maturati non ancora
realizzati.
In conclusione, il reddito che deriva dalla valutazione sia delle rimanenze d’esercizio che dei lavori
ultraannuali, mediante l’adozione del fair value, è prettamente di competenza e non realizzato.
41
8.1.1.2.
Determinazione della fascia dei valori ragionevoli delle rimanenze
finali di materie prime e sussidiarie
I valori ragionevoli sono costituiti dal costo originario (limite minimo) e dal valore di presunto realizzo diretto
(limite massimo) attraverso i ricavi previsti di vendita.
Riguardo a tale categoria di attività a rapido rigiro, le cui componenti sono state acquisite presso terze
economie, la configurazione di costo da prendere a base della stima è rappresentato da quello di acquisto, maggiorato
delle spese accessorie direttamente imputabili quali: spese di trasporto, dazi doganali, costi di immagazzinaggio, tributi
speciali, ecc.
Il valore di presumibile realizzo diretto è determinato in base al rapporto tra il costo d’acquisto dei fattori ed il
costo totale, applicato al prezzo presunto di vendita.
Esempio: ipotizziamo che la struttura dei costi di un’ipotetica combinazione produttiva sia la seguente:
- Materie prime e sussidiarie
- Manodopera
- Ammortamento Macchinari
- Ammortamento Brevetti
- Costi generali di struttura
=
=
=
=
=
25%
30%
15%
11%
9%
Applicando l’incidenza percentuale alla previsione economica dei ricavi di vendita per il prossimo esercizio,
abbiamo i costi da rinviare indistintamente al prossimo esercizio attraverso la valutazione delle rimanenze al presunto
valore di realizzo.
Il procedimento di stima del valore di presunto realizzo è il seguente:
1. attribuzione indistinta dei costi ai ricavi presunti;
2. determinazione del valore di presunto realizzo in proporzione ai ricavi di vendita.
L’attribuzione indistinta dei costi ai ricavi previsti di vendita per il prossimo futuro è la seguente:
- Materie prime e sussidiarie
- Manodopera
- Ammortamento Macchinari
- Ammortamento Brevetti ind.li
- Costi generali di struttura
=
=
=
=
=
25% * 1.000.000
30% * 1.000.000
15% * 1.000.000
11% * 1.000.000
9% * 1.000.000
= COSTO TOTALE (Full Costing)
= VENDITE PREVISTE
=
=
=
=
=
€ 250.000
€ 300.000
€ 150.000
€ 110.000
€ 90.000
=
=
€ 900.000
€ 1.000.000
A questo punto, il redattore determina il valore di presunto realizzo, dapprima in base al rapporto tra costo
d’acquisto delle materie prime sul costo totale:
- Materie prime e sussidiarie
- Full Costing
=
=
250.000
900.000
Il rapporto è dato dalla presente proporzione algebrica di valori:
Costo d’acquisto: Costo totale = x : Ricavo totale
250.000 : 900.000 = x : 1.000.000
x = 277.778
- Zona di Elasticità dei valori
- limite minimo di stima =
- limite massimo di stima =
costo d’acquisto =
valore presunto =
250.000
277.778
42
La valutazione al costo d’acquisto inteso come valore minimale di 250.000 è ragionevole e prudente, poiché si
ritiene che, il valore delle rimanenze sia influente ai fini della determinazione del reddito relativo al completamento
futuro dei processi produttivi.
Anche un valore intermedio compreso nella zona di elasticità, più prossimo però al costo d’acquisto, ad
esempio 255.000, è considerato ragionevole nel rispetto del principio fondamentale della prudenza.
La valutazione inferiore al costo genera riserve occulte, e trasferisce utili al successivo esercizio.
La valutazione invece al prezzo di presunto realizzo di 277.778, o un valore intermedio più vicino al valore
presunto (270.000), anticipa a vantaggio del periodo in corso utili sperati relativi a processi ancora da ultimare.
Tale valutazione è contraria al principio della prudenza che fa divieto di imputare all’esercizio profitti non
ancora realizzati.
Una valutazione atomistica superiore addirittura al prezzo di presunto realizzo è irragionevole e dà luogo ad
un’annacquamento del capitale.
43
8.1.1.3.
Determinazione della fascia dei valori ragionevoli delle rimanenze
finali di semilavorati
Riguardo ai prodotti in corso di lavorazione identificabili in semilavorati, che si distinguono utlteriormente in
base ai vari gradi di lavorazione, i valori ragionevoli sono costituiti dal costo di pertinenza dei vari cicli produttivi,
(limite minimo) e dal valore di presunto realizzo diretto (limite massimo) attraverso i ricavi futuri remuneratori di tutti i
costi di competenza.
La configurazione di costo ai fini della valutazione è quella rappresentata dal costo di produzione, che si
ottiene aggiungendo ai prezzi di acquisto delle materie prime e sussidiarie i costi direttamente imputabili alla
produzione, nonché una congrua parte dei costi indiretti di competenza.
Una volta scelta, la configurazione di costo per la valutazione, il valore attribuito rimane sempre una quantità
stimata, una valutazione soggettiva e quindi incerta, poiché soggettivo resta il calcolo dei costi dei singoli prodotti.
In riferimento a ciascun stadio di lavorazione che dà luogo alla tipologia di semilavorato da sottoporre a stima,
i costi di produzione si configurano nel modo seguente:
a) Costo primo
Nelle aziende industriali, sono inclusi in tale figura di costo le materie prime e la manodopera. Tale
configurazione è adottata per valutare i semilavorati ottenuti nella 1^ fase del ciclo produttivo.
Tale costo ammonta nell’ipotetica combinazione produttiva a:
- Materie prime e sussidiarie
=
250.000
- Manodopera
=
300.000
= Costo primo
=
550.000
b)
Costo tecnico
Tale configurazione di costo comprende, il costo primo maggiorato di una quota % di costi generali tecnici. E’
utilizzata per valutare le rimanenze di semilavorati in corso alla 2^ fase successiva di lavorazione, che in base alla
combinazione produttiva ipotizzata è la seguente:
- Costo primo
+ costi generali tecnici (10%)
= Costo tecnico
c)
=
=
=
550.000
55.000
605.000
Costo totale tecnico
Questa configurazione di costo è ottenuta aggiungendo al costo tecnico, una quota % comprendente gli
ammortamenti tecnici, una quota di costi generali amministrativi, di vendita, di oneri finanziari e fiscali. Tale criterio è
utilizzato per valutare le rimanenze di semilavorati nel loro stadio finale di produzione, che ammontano
presumibilmente a:
- Costo Totale tecnico
=
599.500
+ ammortamenti macchinari (15%) =
89.925
+ ammortamenti Brevetti (11%) =
65.945
+ costi generali di struttura (9%) =
53.955
= Costo Totale tecnico
=
809.325
44
A questo punto, il redattore determina il valore di presunto realizzo, per ciascuna configurazione di costo,
dapprima in base al rapporto tra le diverse configurazioni di costo sul costo totale:
- Costo primo
- Full costing
=
=
550.000
900.000
Il rapporto è dato dalla presente proporzione algebrica di valori:
Costo primo: Costo totale = x : Ricavo totale
550.000 : 900.000 = x : 1.000.000
x = 611.111
- Zona di Elasticità dei valori
- limite minimo di stima =
- limite massimo di stima =
- Costo tecnico
- Full costing
=
=
costo primo
=
valore presunto =
550.000
611.111
605.000
900.000
Il rapporto è dato dalla presente proporzione algebrica di valori:
Costo tecnico : Costo totale = x : Ricavo totale
605.000 : 900.000 = x : 1.000.000
x = 672.222
- Zona di Elasticità dei valori
- limite minimo di stima =
- limite massimo di stima =
costo tecnico
=
valore presunto =
- Costo totale tecnico
- Full costing
809.325
900.000
=
=
605.000
672.222
Il rapporto è dato dalla presente proporzione algebrica di valori:
Costo totale tecnico: Costo totale = x : Ricavo totale
809.325 : 900.000 = x : 1.000.000
x = 899.250
- Zona di Elasticità dei valori
- limite minimo di stima =
- limite massimo di stima =
costo totale tecnico
valore presunto
=
=
809.325
899.250
45
8.1.1.4.
Determinazione della fascia dei valori ragionevoli delle rimanenze
finali di prodotti finiti
Costo economico
Tale configurazione comprende, il costo totale (full costing) più l’utile lordo aziendale (quota %), a titolo di
remunerazione del capitale proprio. Tale criterio è adottato per valutare le rimanenze di prodotti finiti ottenuti all’ultimo
stadio di lavorazione da destinare al mercato, oppure agli ultimi trattamenti di finissaggio.
Anche per tale categoria, la zona di elasticità dei valori ragionevoli è compresa tra la configurazione di costo
economico (limite minimo) e prezzo di presunto realizzo diretto futuro (limite massimo).
Pertanto, la stima relativa all’ipotetica combinazione produttiva in corso all’epoca del bilancio è la seguente:
-Costo Totale tecnico
+ utile lordo aziendale (10%)
= Costo economico
=
=
=
809.325
80.932
890.257
= Full Costing
=
900.000
Il valore di presunto realizzo si determina in base alla presente proporzione algebrica di valori:
Costo economico: Costo totale = x : Ricavo totale
890.257 : 900.000 = x : 1.000.000
x = 989.174
- Zona di Elasticità dei valori
- limite minimo di stima = costo economico
- limite massimo di stima = valore presunto di realizzo
=
=
890.257
989.174
46
8.1.1.5.
Determinazione della fascia dei valori ragionevoli dei lavori in corso
a ciclo pluriennale
I lavori in corso a lungo ciclo di lavorazione sono rappresentati da opere e forniture pattuite contrattualmente
come oggetto unitario, ma con tempo di esecuzione ultraannuale, tipico delle imprese di costruzioni di grandi
dimensioni.
Le produzioni in questione hanno quindi la caratteristica di occupare diversi esercizi, come ad esempio la
costruzione di autostrade, di gallerie e ponti, ecc.
E’ evidente che le opere non ultimate alla chiusura dell’esercizio costituiscono, per l’impresa che le sta
realizzando, una cospicua rimanenze la cui stima incide in misura preponderante nella determinazione del reddito di
competenza assegnabile al periodo.
Nella fattispecie, l’azienda produttrice sostiene nel corso degli esercizi che compongono i diversi cicli di
lavorazione, i costi per l’acquisizione dei fattori produttivi occorrenti alla realizzazione commissionata.
Le situazioni possono essere le seguenti:
•
A fronte dei suddetti costi di produzione l’impresa non avrà conseguito negli esercizi alcun ricavo, in quanto le
vendite si realizzeranno soltanto a lavoro ultimato, all’atto della consegna della commessa;
•
Sono previste liquidazioni periodiche in via definitiva degli stati di avanzamento lavori nel corso degli esercizi
di realizzazione delle opere.
Di conseguenza, la zona di elasticità dei ragionevoli valori assegnabili alle opere in corso di esecuzione, è la
seguente:
A)
valutazione dei lavori in corso di esecuzione effettuata sulla base dei costi sostenuti sino alla data di chiusura
dell’esercizio (valore minimale), il c.d. metodo del costo;
B)
valutazione in base agli stati di avanzamento lavori con liquidazione dei ricavi a titolo definitivo o a titolo
provvisorio (valore massimale), il c.d. metodo della % di completamento.
8.1.1.1.5.1
Valutazione in assenza di ricavi d’esercizio
Se la valutazione avvenisse in via prudenziale sulla base dei costi sostenuti sino al termine di chiusura
dell’esercizio, il risultato economico lordo della commessa (utile o perdita) sarebbe rinviato all’esercizio di consegna
dell’opera realizzata.
I principi contabili sia nazionale (PCNDC) e sia quelli internazionali (I.A.S. 11), per evitare tale disparità di
trattamento, hanno stabilito di attribuire ai diversi esercizi interessati alla produzione una quota parte del risultato
economico futuro realizzabile, mediante la valutazione delle opere in corso di esecuzione in base alla quota di
presumibile ricavo maturata alla data di chiusura di ciascun esercizio.
Secondo tale criterio di stima, le opere di durata pluriennale devono essere valutate per competenza in ciascun
esercizio interessato alla produzione, secondo il metodo della % di completamento, ossia in base alla porzione di ricavo
presunto finale commisurato allo stato di avanzamento dei lavori.
Per l’applicazione di tale metodo di presumibile ricavo, lo I.A.S. 11, ha dettato precise condizioni, che
risultano recepite anche dai principi contabili nazionali, e precisamente:
1.
il risultato lordo di commessa deve poter essere stimato con sufficiente attendibilità, e ciò si verifica
in caso di precise pattuizioni contrattuali che entrambi le parti devono rispettare (IAS 11 par. 22);
2.
tale risultato di commessa deve essere positivo, e nel caso di commessa in perdita, l’eccedenza dei
costi sostenuti sui ricavi deve essere imputata a conto economico dell’esercizio (IAS 11, par. 36).
47
Esempio: Valutazione con il metodo della % di completamento
- corrispettivo pattuito per le opere ultraannuali
- costi stimati totali per la realizzazione (100%)
- costi stimati di competenza dell’esercizio (50%)
=
=
=
1.000
750
375
La valutazione in base al criterio del ricavo presunto atteso, stimabile in base al metodo della % di
completamento è data dalla seguente proporzione:
Corrispettivo pattuito : x = costo stimato totale : costo stimato di competenza
Nella fattispecie abbiamo che:
1.000: x = 750 : 375
da cui
x = 500
-Zona di Elasticità dei valori
- limite minimo di stima =
- limite massimo di stima =
costo stimato (50%)
valore presunto
=
=
375
500
8.1.1.1.5.2. Valutazione con liquidazione definitiva dei ricavi
Nel caso di previsione contrattuale esplicita, l’impresa costruttrice potrebbe peraltro avere richiesto anticipi su
ricavi al proprio committente sulla base di appositi stati di avanzamento dei lavori.
In tal caso le somme ricevute in acconto dal committente hanno natura di ricavi anticipati in via definitiva.
Se le liquidazioni degli stati di avanzamento sono avvenute a titolo definitivo per effetto di apposite clausole
contrattuali, in quanto relative a parti di opere ben definite qualitativamente e formanti voci autonome di commessa, la
stima dei lavori in corso verrà effettuata in base alla differenza tra il corrispettivo complessivo pattuito contrattualmente
ed i ricavi anticipati.
Ritornando all’esempio precedente ed ipotizzando:
- corrispettivo pattuito per le opere ultraannuali
- costi stimati totali per la realizzazione (100%)
- costi stimati di competenza dell’esercizio (50%)
- Ricavi anticipati definitivi
=
=
=
=
1.000
750
375
400
=
=
375
400
-Zona di Elasticità dei valori
- limite minimo di stima =
- limite massimo di stima =
costo stimato (50%)
Ricavi definitivi
48
8.1.1.1.5.3 Valutazione con liquidazione provvisoria dei ricavi
Nel caso di commessa unitaria non frazionabile nella realizzazione di opere singole ben definite
contrattualmente, gli stati di avanzamento lavori vanno liquidati provvisoriamente.
In tal caso le somme ricevute in acconto dal committente hanno natura di ricavi anticipati in via provvisoria.
Riprendendo l’esempio precedente abbiamo:
- corrispettivo pattuito per le opere ultraannuali
- costo stimato totale per la realizzazione (100%)
- costo stimato di competenza dell’esercizio (50%)
- corrispettivo Ricavi anticipati provvisori
=
=
=
=
1.000
750
375
400
La valutazione delle opere in corso di durata ultraannuale vanno valutate, in base al presumibile ricavo finale in
proporzione all’ammontare di ricavi anticipati provvisoriamente.
E’ una sorta di valutazione ancorata allo stato di avanzamento lavori, secondo il metodo della % di
completamento applicata però non in proporzione ai costi sostenuti, ma proporzionalmente ai ricavi anticipati in via
provvisoria.
Il valore attribuibile pertanto ai lavori in corso con liquidazione provvisoria dei ricavi è dato dalla seguente
proporzione algebrica:
corrispettivo Ricavi anticipati provvisori : x = costo stimato totale : costo stimato di competenza
400 : x = 750 : 375
x = 200
-Zona di Elasticità dei valori
- limite massimo di stima =
- limite minimo di stima =
costo stimato (50%)
Ricavi provvisori
=
=
375
200
49
9.1.
Criteri di iscrizione delle Immobilizzazioni Finanziarie nel Bilancio d’esercizio
9.1.1. Rappresentazione nell’Attivo immobilizzato delle
Partecipazioni di controllo
Nel caso di collegamento economico duraturo, le Partecipazioni vengono allocate nel bilancio d’esercizio nella
categoria delle Immobilizzazioni finanziarie essendo considerati investimenti durevoli, nel modo seguente:
Stato Patrimoniale (art. 2424 c.c.)
ATTIVO
PASSIVO
BIII)
Immobilizzazioni Finanziarie
a)
b)
c)
d)
Partecipazioni in:
imprese controllate
imprese collegate
imprese controllanti
altre imprese
9.1.2. Rappresentazione nell’Attivo circolante delle Partecipazioni
di minoranza
Nel caso di intento di natura speculativa, le Partecipazioni di minoranza vengono allocate nel bilancio
d’esercizio nella categoria del Capitale circolante essendo considerati investimenti a breve termine, nel seguente modo:
Stato Patrimoniale (art. 2424 c.c.)
ATTIVO
PASSIVO
(CIII)
Capitale Circolante
Partecipazioni in:
1) imprese controllate
2) imprese collegate
3) imprese controllanti
4) altre partecipazioni
I principi contabili dei dottori commercialisti e ragionieri, nel pieno rispetto del principio generale degli utili
effettivamente realizzati (art. 2426 c.c., p.4), dispongono la valutazione delle Partecipazioni in società controllate e
collegate in base al criterio del costo di acquisizione.
In alternativa al costo, la valutazione può avvenire in base alla dinamica del patrimonio netto della società
partecipata.
50
In quest’ultimo caso, la svalutazione del costo per effetto di perdite di valore devono essere imputate a conto
economico in ragione della competenza, mentre per gli utili maturati pari all’incremento di valore del patrimonio
netto della partecipata è stato disposto l’obbligo di accantonamento in una riserva non distribuibile del patrimonio
netto della partecipante, vietando la distribuzione di dividendi fino all’esercizio della sua utilizzazione.
Precisiamo che, la riserva di rivalutazione è una vera e propria riserva di capitale, cioè di una quota di netto,
anche se non distribuibile per conguagliare i dividendi, ed è sicuramente utilizzabile per coprire perdite ed anche
per aumentare gratuitamente il capitale.
Nel caso in cui il risultato consolidato non fosse sufficiente per costituire le indicate riserve da fair value, a
seguito di perdite derivanti dalle altre poste eddituale o in caso di utilizzo per la copertura di perdite, negli
esercizi successivi dovranno essere accantonati gli utili conseguiti fino al completo reintegro delle riserve
medesime.
Nei limiti, infatti, dell’incremento del netto della partecipata, depurato degli effetti delle operazioni infra
gruppo, l’incremento di valore della partecipazione è realizzata.
Secondo i nuovi principi (IAS 39), il metodo alternativo del patrimonio netto può essere adottato soltanto se il
valore di mercato della partecipata può essere riscontrato in un mercato regolamentato attivo.
Se la società partecipata non ha titoli azionari quotati nei mercati regolamentati, si adotta il criterio del costo
storico, assoggettando con cadenza almeno annuale, il valore di carico della partecipazione, al test di impairment
(IAS 36).
9.1.3.
Valutazione dell’Avviamento e delle Differenze di consolidamento
(I.F.R.S. 3)
In base ai principi contabili nazionali, i valori di avviamento derivanti da operazioni di Business
Combination 25, nonché le differenze di consolidamento iscritti nell’attivo patrimoniale del bilancio
consolidato, devono essere sottoposti ad un processo di ammortamento sistematico, se acquisiti a titolo
oneroso, entro i limiti del costo sostenuto, in quote costanti per un periodo non superiore a cinque anni (art.
2426 c.c., p. 6).
E’ tuttavia consentito ammortizzare il costo dell’avviamento per un periodo superiore (10 anni), ma
deve essere data adeguata informativa nella nota integrativa, evidenziando gli impatti sul risultato economico
di periodo e sul patrimonio netto consolidati.
In base alle disposizioni del principio IFRS 3, invece, gli avviamenti derivanti dalle Business
Combination e le differenze di consolidamento come sopra identificate, rientrando nella categoria delle
immobilizzazioni immateriali a vita utile indefinita, non possono essere più assoggettati al processo di
ammortamento sistematico, ma devono essere sottoposti ad un test di impairment per verificare il grado di
ricuperabilità dei valori residui di bilancio, in conformità al disposto dello IAS 36, almeno annualmente, e ogni
qualvolta vi sia un’indicazione di perdita durevole di valore.
25
– Le operazioni di Business Combination rientrano nella categoria delle operazioni di Finanza straordinaria dei gruppi aziendali di grandi
dimensioni. In modo specifico, le operazioni straordinarie vengono realizzate attraverso Scorpori e conferimenti di rami aziendali in costituenda
società, Fusioni per in corporazione o Fusione inversa, Scissioni societarie, ecc.
51
10.1. LA VALUTAZIONE DELLE IMMOBILIZZAZIONI FINANZIARIE
PRINCIPIO CONTABILE N^ 17 – ART. 2426 cod. civ.
(I.A.S. 27-28-31)
Le Partecipazioni in società controllate e collegate debbono
essere iscritte nel Bilancio consolidato secondo il metodo del
patrimonio netto, o limitatamente a situazioni non di controllo,
secondo il metodo del costo.
Nella valutazione col metodo del patrimonio netto bisogna tenere
conto della determinazione della quota di utili di competenza,
delle perdite e delle consistenza patrimoniali della società
partecipata.
La differenza di consolidamento derivante dall’eccedenza del
costo sul valore contabile del patrimonio netto della partecipata
può essere iscritto separatamente nell’attivo di bilancio
indicando i motivi nella nota integrativa.
Tale valore può essere attribuito alle immobilizzazioni o
all’avviamento ed ammortizzato sistematicamente.
In caso di perdite durevoli di valore, la recuperabilità della
svalutazioni dovrà essere sottoposta ad un test d’Impairment
periodico
52
10.1.1. Metodo di valutazione del Patrimonio netto
Dal punto di vista concettuale, la Partecipazione rappresenta una interessenza nel capitale di un’altra società,
controllata o collegata.
La quota azionaria detenuta dalla Holding di gruppo rappresenta una frazione del patrimonio netto della
società cui essa si riferisce.
Tale significato patrimoniale assume un trend sempre maggiore, quando si passa a considerare le
partecipazioni di influenza notevole (art. 2359 c.c., 1^ co.), fino all’acquisizione di partecipazioni di controllo
maggioritario o totalitario.
Riguardo alle partecipazioni di controllo, non ha importanza soltanto il dividendo, ma soprattutto la
cointeressenza della capogruppo, sia al risultato economico d’esercizio, che alla consistenza patrimoniale della società
partecipata, al fine di influire sul processo decisionale.
La disciplina civilistica prevede, innanzitutto, la valutazione secondo il metodo del patrimonio netto per le
partecipazioni rilevanti, cioè di influenza notevole o, di controllo maggioritario o totalitario, al fine del rispetto della
clausola generale di rappresentazione veritiera e corretta (art. 2423-bis, c.c.).
Per quanto concerne, invece, le partecipazioni di minoranza, la valutazione deve essere effettuata secondo il
criterio del costo storico, sempre in ossequio all’osservanza della clausola generale di valutazione.
Il metodo di valutazione del costo si rende applicabile, anche come criterio alternativo al metodo del
patrimonio netto per la stima di partecipazioni durevoli, in tutti i casi in cui, la partecipazione posseduta rappresenti
un’attività al solo scopo di conseguire un’adeguata remunerazione variabile a titolo di dividendo.
Sicchè il criterio del costo serve per misurare il rendimento economico-finanziario dell’investimento, fino a
quando la partecipazione non diventi di influenza notevole e/o di controllo.
In quest’ultimo caso, la stima al costo non sarebbe più sufficiente per una rappresentazione veritiera e corretta
della classe di valore “Immobilizzazioni finanziarie”, nel bilancio d’esercizio della Holding o consolidato del gruppo.
Gli amministratori redattori del bilancio consolidato dovranno procedere, pertanto, mano a mano che aumenta
la percentuale di partecipazione, al cambiamento dei criteri di valutazione passando dal costo al metodo del patrimonio
netto, menzionando nella Nota integrativa i relativi effetti sul risultato economico e sul patrimonio netto dell’esercizio
di cambiamento.
La valutazione delle partecipazioni con il metodo del patrimonio netto implica:
• Il riconoscimento della loro formazione;
• Il riconoscimento degli aumenti e delle diminuzioni patrimoniali della partecipata secondo il principio della
competenza.
Tale metodologia va adottata nei casi di applicazione della teoria di consolidamento della capogruppo, che
utilizza il metodo di consolidamento integrale, per cui il possesso della partecipazione di controllo consente alla
holding di influire sul processo decisionale della controllata, e quindi sulla politica di gestione di quest’ultima.
La determinazione della quota degli utili di competenza economica, delle perdite e delle consistenze
patrimoniali della società controllata viene effettuata nel rispetto del principio della prudenza.
Di conseguenza gli utili derivanti dalle operazioni infragruppo non sono realizzati e, pertanto non possono
essere riconosciuti di competenza dell’esercizio.
In tal caso, il metodo del patrimonio netto deve fungere da procedimento di consolidamento indiretto, attuato
mediante l’eliminazione di tutte quelle operazioni che non si sono realizzate tra il gruppo societario e terze economie.
Il metodo del patrimonio netto viene dunque adottato per:
•
La valutazione delle partecipazioni in società controllate escluse dall’area di consolidamento per effetto dello
svolgimento di una differente attività;
•
Per la stima delle partecipazioni in società collegate, incluse nell’area di consolidamento per la similarità del
core business.
Pertanto, le partecipazioni in società controllate escluse dal consolidamento devono essere valutate
alternativamente secondo il metodo del costo.
La capogruppo, ove necessario, potrà procedere alla svalutazione di tali partecipazioni, in presenza di
indicatori di settore rappresentativi di perdite durevoli di valore.
Non è ammessa la valutazione al fair value della partecipazione detenuta, ossia valutata al prezzo di borsa
corrente delle azioni all’epoca del bilancio, superiore sia al costo sostenuto, che al valore del patrimonio netto della
controllata, poiché contrastante con il principio degli utili effettivamente realizzati di cui all’art. 2423-bis, cod. civ.
La valutazione a valori correnti, infatti, presuppone l’imputazione nel conto economico della partecipante di
utili sperati non ancora realizzati.
53
Nel caso in cui, la società controllante dovesse decidere la successiva alienazione delle partecipazioni detenute,
la valutazione deve avvenire al minore tra il costo ed il valore netto di presumibile realizzazione mediante la loro
vendita.
Secondo il metodo del patrimonio netto, il costo d’acquisto della partecipazione subisce variazioni negli
esercizi successivi all’acquisizione, per effetto degli utili o delle perdite conseguiti dalla società partecipata.
Si precisa, infine, che il metodo del patrimonio netto va applicato sulla base dell’ultimo bilancio approvato
della controllata.
10.1.1.1.
Trattamento contabile della Differenza residuale positiva di
Consolidamento
La partecipazione detenuta dalla capogruppo, deve essere svalutata in presenza di perdite durevoli di
valore, accertate tramite indicatori settoriali.
La differenza tra costo sostenuto della partecipazione e corrispondente frazione del patrimonio netto
della società partecipata, alla data di acquisizione dell’interessenza, deve essere suddivisa tra il valore di
avviamento attribuibile alle attività immobilizzate a valori correnti di mercato, e le componenti residuali.
Sul maggior valore attribuito alle immobilizzazioni materiali ed immateriali, dovranno essere
calcolate quote di ammortamento superiori, sulla base della vita utile residua dei cespiti, su cui è stata operata
la rivalutazione del costo originario.
Negli esercizi successivi, la rideterminazione del costo storico della partecipazione al fair value cioè
applicando il metodo del patrimoniop netto, porta all’accertamento del valore di avviamento al netto degli utili
infragruppo non realizzati, nel caso di eccedenza del costo sulla frazione di patrimonio netto detenuta.
La Partecipazione continua ad essere valutata al costo, mentre la differenza residuale positiva di
consolidamento (avviamento) deve essere iscritta autonomamente nel bilancio consolidato, la cui scrittura in
P.D. è la seguente:
________________________________31-12_____________________________________
Differenza di Consolidamento (Avviamento) a
Plusvalenza di rivalutazione
10
valutazione delle partecipazioni nella società XY Spa di controllo, secondo il metodo del Patrimonio
netto
___________________________________
____________________________________
Secondo il disposto civilistico di cui all’art. 2426 c.c., p. 6, la differenza di consolidamento autonomamente
iscritto nell’attivo di bilancio sotto la voce “Avviamento”, dovrà essere sottoposto ad un processo di ammortamento
sistematico, per la durata minima di 5 anni, ovvero in casi particolari per un periodo maggiore (fino a 20 anni),
motivato adeguatamente nella nota integrativa.
In sede di transizione agli IAS/IFRS, qualora il gruppo opti per la valutazione iniziale delle partecipazioni al
costo, e negli gli esercizi successivi per la rideterminazione di tale costo in base alla variazione di patrimonio netto
della partecipata, l’eventuale plusvalenza da rivalutazione rilevata per competenza nell’esercizio, dovrà essere
accantonata in una riserva indivisa fino all’esercizio di realizzo effettivo, ed il processo di ammortamento dovrà essere
interrotto.
L’articolo in P.D. dell’accantonamento della plusvalenza ad una riserva di capitale è la seguente:
____________________________________31-12________________________________________
Plusvalenza di rivalutazione
a
Riserva di rivalutazione
10
accantonamento della plusvalenza iscritta ad apposita riserva indivisa del patrimonio netto
____________________________________
_______________________________________
54
La determinazione negli esercizi successivi al primo, del valore autonomo dell’avviamento, essendo di natura
immateriale a vita utile indefinita, dovrà essere ai sensi dello IAS 36, sottoposto ad un procedimento di Impairment test
di verifica della ricuperabilità futura attraverso i flussi di cassa attesi.
10.1.1.2..
L’Impairment test del valore di Avviamento (I.F.R.S. 3)
Il problema della scelta del criterio da adottare si può porre sia in occasione del primo esercizio in cui è stata
acquisita la partecipazione, che negli esercizi successivi.
Nel caso in cui la partecipazione sia iscritta per la prima volta in bilancio può essere utilizzato il costo
d’acquisto, nonostante il metodo del patrimonio netto dia un valore inferiore.
Tale possibilità è collegabile unicamente alla circostanza in cui il costo d’acquisto esprime il valore economico
(o corrente) della partecipazione in misura maggiore rispetto a quella contabile della stessa, fondato sul costo storico dei
cespiti, e che la differenza (tra il costo e il metodo del patrimonio netto) sia perciò attribuibile alle immobilizzazioni
materiali e all’avviamento.
In tale circostanza il postulato IFRS 3 definisce l’Avviamento (Goodwill) derivante da Business combination
come l’eccedenza del costo di acquisto della Partecipazione ed il Patrimonio netto rivalutato (al fair value) dell’azienda
acquisita.
Tale differenza deve essere esposta come Avviamento e rilevata come un’attività tra le Immobilizzazioni
immateriali, nel primo esercizio di sostenimento del costo.
Si sottolinea, tuttavia, che tale posta, per definizione, non può generare flussi reddituali e finanziari in modo
autonomo rispetto agli altri assets materiali ed immateriali aziendali costituenti il complesso aziendale della business
combination.
Di conseguenza non è possibile sottoporre l’avviamento ad un processo di ammortamento sistematico, ma deve
essere sottoposto al c.d. “impairment test” così come disposto dgli IAS 36-38., ossia ad una verifica annuale ai fini
dell’identificazione di un’eventuale perdita di valore, negli esercizi successivi al primo.
Il test di verifica consiste nel confrontare il costo di iscrizione in bilancio della Partecipazione azionaria con il
fair value derivante da taluni parametri di mercato, come ad esempio: i moltiplicatori (P/E, P/EBIT, P/V), i flussi
reddituali e di cassa attualizzati (metodo Discounted cash flow), i prezzi di borsa di attività similari, e le perizie
contabili di valore.
Questo riguarda il comune caso in cui il capitale economico della società acquisita (sulla cui base è stato
formato il prezzo di negoziazione della partecipazione), sia superiore al capitale di funzionamento e la differenza tra le
due grandezze derivi, in particolare, secondo prassi, dalla riespressione delle immobilizzazioni tecniche al costo di
sostituzione e dalla misurazione (in termini monetari) della capacità prospettica dell’azienda a produrre redditi.
Il legislatore prevede inoltre la possibilità di adottare il criterio del costo d’acquisto in periodi successivi a
quello di prima iscrizione della partecipazione allorché questo sia superiore a quello derivante dall’applicazione del
metodo del patrimonio netto.
La differenza va motivata nella nota integrativa.
Il legislatore disciplina,infine, il comportamento da seguire nell’ipotesi in cui sia adottato nei successivi
esercizi il metodo del patrimonio netto.
L’anzidetto metodo può dar luogo, in un esercizio, ad un valore maggiore, o minore, rispetto a quello
dell’esercizio precedente.
Nel caso in cui il processo di valutazione generi un maggior valore, ossia una plusvalenza, questa deve essere
accantonata, per ragioni di prudenza, in una riserva non distribuibile, quale componente del patrimonio netto.
Nel caso in cui si manifesti, invece, una minusvalenza, questa (sebbene il legislatore non lo dica
espressamente) costituisce un componente negativo di reddito di competenza dell’esercizio.
55
10.1.1.3.
L’Impairment test della perdita durevole di valore delle Partecipazioni
All’uopo, essendo l’avviamento residuale un valore immateriale inscindibile dal valore complessivo
dell’azienda, per la determinazione dei flussi monetari corrispondenti sarà necessario individuare un gruppo autonomo
di attività generatrici di tali flussi finanziari (C.G.U.).
In presenza di perdita durevole, invece, della partecipazione, la differenza deve essere imputata per
competenza in conto economico consolidato a titolo di svalutazione della partecipazione, riducendo in contropartita il
valore di carico dil bilancio, nel rispetto del principio fondamentale degli utili effettivamente realizzati (art. 2423-bis
c.c.).
L’articolo in P.D. è la seguente:
____________________________________31-12________________________________________
Svalutazione di Immobilizzazioni
a
Partecipazioni
10
accertamento di una perdita durevole di valore delle Partecipazioni nella società XY spa
____________________________________
_______________________________________
Una perdita di valore è durevole quando non si prevede che le cause determinanti possono essere rimosse nel
breve termine, cioè in un periodo così breve da consentire di formulare previsioni attendibili basate su fatti oggettivi e
ragionevolmente riscontrabili.
Dal punto di vista sostanziale, una perdita della partecipazione è considerata durevole, nel caso in cui non sia
possibile dimostrare con ragionevole certezza, che nel breve termine, vi sarà un recupero della stessa attraverso la
redditività futura della attività immobilizzata iscritta in bilancio.
10.1.1.3.1.
Fattori negativi interni all’impresa
Una perdita di valore di una partecipazione consiste nella diminuzione del valore intrinseco o di realizzo della
medesima rispetto al valore di bilancio.
Essa deve possedere il requisito della durabilità, e non derivante da una perdita relativa ad un solo esercizio.
Gli indicatori di settore identificanti i fattori interni, sono i seguenti:
•
•
•
•
•
Condizioni durature di disequilibrio economico (costi > Ricavi);
Un eccesso di investimento che comporti un’eccedenza di costi fissi non comprimibili nel breve termine
rispetto al volume d’affari;
L’Obsolescenza tecnologica dei processi produttivi e/o degli impianti;
Un perdurante stato di illiquidità non facilmente superabile e che divenga eccessivamente oneroso per
l’azienda;
L’Obsolescenza economica di talunee linee di prodotti ritenuti strategici per l’impresa, ed il cui rinnovamento
comporti ulteriori costi per una parziale riorganizzazione produttiva ed organizzativa.
10.1.1.3.2.
Fattori negativi esterni all’impresa
Gli indicatori invece dei fattori esterni all’azienda possono invece essere:
•
•
•
•
Una stagnazione della domanda aziendale avente una durata superiore rispetto a quella prevista dall’impresa;
Un consistente ribasso dei prezzi di vendita di taluni prodotti chiave non bilanciato dall’adeguamento dei costi
di produzione e commerciali;
Perdita di quote di mercato a favore di diretti concorrenti che concorre ad una riduzione della redditività
operativa dell’impresa;
Sopravvento dei prodotti sostitutivi rispetto ai prodotti dell’impresa.
56
10.2.
Utilizzo di piani e programmi per il recupero della perdita di valore
Se la capogruppo è in grado di redigere piani e programmi operativi che dimostrino la ricuperabilità della
perdita di valore nel breve termine, si ha che la perdita ha carattere temporaneo per cui non potrà definirsi durevole.
Si ritiene indispensabile che i piani ed i programmi operativi:
•
•
•
•
Siano deliberati formalmente dagli amministratori della holding;
Siano redatti in maniera analitica;
Definiscano concretamente il tempo di recupero della perdita attesa di valore;
Devono avere caratteristiche di ragionevole fattibilità tecnica, economica e finanziaria.
Nell’ipotesi di perdita di valore contingente, gli amministratori devono, di tale situazione, fare menzione nella
Nota integrativa allegata al bilancio consolidato.
10.3. Iscrivibilità del valore di Avviamento nel bilancio della società controllante
BI) – IMMOBILIZZAZIONI IMMATERIALI (art. 2424 cod. civ.)
BI5)
Avviamento
……………..
La società partecipante o controllante, può iscrivere il valore di avviamento nell’attivo patrimoniale valutate
secondo il metodo del patrimonio netto, alle seguenti condizioni (art. 2426 c.c., p. 6):
A)
se il collegio sindacale (ove esistente) ne dà il consenso;
B)
se è stato pagato a titolo oneroso;
C)
se è il primo esercizio di valutazione (art. 2426 c.c., p. 4).
Secondo la disposizione civilistica (art. 2426 c.c.), tale valore può essere ammortizzato in un periodo massimo
di 5 anni (20% annuo). L’ammortamento effettuato per un periodo superiore deve coincidere con il periodo di
utilizzazione di tale attività e ne deve essere data adeguata motivazione nella Nota Integrativa.
In base allo IFRS 3 il valore di avviamento non essendo in grado di generare flussi monetari derivanti dal suo
utilizzo, non può essere ammortizzato nei singoli esercizi.
Anche in questo caso, si ha una situazione di conflitto valutativo tra la legge civilistica italiana, e le
disposizioni dei principi contabili internazionali.
Il valore deve essere pertanto sottoposto al c.d. Impairment test, ossia ad una verifica annuale tra costo
originario di acquisto iscritto in bilancio e fair value alla chiusura dell’esercizio.
Per fair value si fa riferimento a parametri correnti di mercato, quali i moltiplicatori (P/E, P/BV) per le società
quotate, i valori peritali di stima, ecc.
Soltanto in caso di fair value inferiore al costo storico è possibile imputare al conto economico tale perdita di
valutazione.
57
10.4. Considerazioni conclusive
Nella stessa classe dei valori di bilancio, come abbiamo visto in precedenza, possono coesistere sia
criteri di valutazione al costo storico o assimilati, che criteri di stima al fair value o assimilati.
Ciascuna classe di valori può, di conseguenza, originare una stratificazione di reddito consolidato
misto.
Nel caso in cui, i vari strati di reddito di competenza e realizzato non si compensano totalmente
nell’ambito del sistema dei valori di bilancio, si determina all’interno della classe di valori, una prevalenza di
uno strato di reddito sull’altro, ad esempio un’eccedenza del reddito di competenza su quello realizzato, con un
impatto notevole sulla distribuzione dei dividendi, ma non anche sull’imposizione societaria.
In sede di determinazione del reddito consolidato complessivo, sia beninteso che, il prelievo di utili
prevalentemente maturati e non ancora effettivamente realizzati, a titolo di dividendi agli aventi diritto,
potrebbe causare un depauperamento del capitale investito con ripercussioni negative sulle condizioni di
equilibrio finanziario del gruppo.
D’altra parte, la mancata distribuzione attuale di dividendi o l’insufficiente assegnazione, causata dalla
prevalenza di utili non realizzati, potrebbe determinare un crollo dei prezzi di borsa favorendo possibili scalate
azionarie ostili, pur conservando la società l’integrità economica e monetaria del capitale investito.
In quest’ultimo caso, il controllo societario potrebbe essere seriamente compromesso, e quindi
l’assemblea che approva il bilancio consolidato potrebbe decidere la distribuzione dei dividendi anche sulla
base di utili realizzabili presumibilmente in futuri esercizi.
In conclusione, il prelevamento attuale di utili maturati per l’assegnazione di un dividendo costante,
dovrà avere luogo a condizione che non peggiori il rapporto di indebitamento, e possibilmente in una
situazione di solidità patrimoniale e finanziaria del gruppo aziendale.
58
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59