IL GRUPPO DI VIA PANISPERNA

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IL GRUPPO DI VIA PANISPERNA
I ragazzi di Via Panisperna
Progetto “La forza nell’atomo”, a.s. 2015/2016
IL GRUPPO DI VIA PANISPERNA
1923 = Ettore Majorana consegue la maturità e viene immatricolato alla Scuola per Ingegneri
di Roma. Qui acquista la fama di genio in matematica e diventa, come Segrè lo definisce in una
lettera ad Amaldi, il “gran consulente per i problemi difficili”. Una volta corresse un errore del
professore di algebra e analisi infinitesimale, Francesco Severi, nome della matematica italiana.
1926 = Enrico Fermi vince la cattedra di fisica teorica a Roma: comincia il 1° gennaio 1927. Un
mese dopo fu chiamato l’amico Franco Rasetti, fisico fiorentino, come assistente: cominciava a
realizzarsi il sogno di Orso Mario Corbino, direttore dell’Istituto di Fisica di Roma, di formare
un’importante scuola di fisica in Italia. Infatti Fermi, appena nominato professore, sente il
desiderio di creare un gruppo di studenti e collaboratori che possano affiancarlo, soprattutto per
le loro competenze sperimentali. Per richiamare giovani capaci e curiosi, Corbino fa questo
discorso ai suoi allievi: “Credo che se ci sono persone in grado di fare uno sforzo adeguato,
questo è il momento giusto per cambiare da ingegneria a fisica. Abbiamo fatto in modo di avere
Fermi qui a Roma. Forse non sapete chi è Fermi, ma sono sicurissimo che non abbiamo mai
avuto in Italia da tanti, tanti anni un fisico con la sua classe. È molto giovane e conosce la fisica
moderna. Noi anziani non ne sappiamo niente, ma lui sì; e se cambiate, ci saranno un bel po’ di
opportunità per fare un lavoro molto interessante”. In primavera Segrè conobbe Rasetti e Segrè
fu presentato a Fermi. Segrè passerà poi da ingegneria a fisica, come Amaldi: i due furono i
primi due studenti della scuola romana di Fermi. Segrè convincerà anche Majorana a fare lo
stesso passaggio. Generalmente alla fine di un pomeriggio passato in istituto, Fermi riuniva
alcuni collaboratori ed allievi e cercava di risolvere un problema ancora non risolto; spesso
questi problemi erano proprio quelli che gli si presentavano durante la sua ricerca.
1927 – 28 = si forma il gruppo dei “ragazzi di via Panisperna”: Franco Rasetti, Ettore
Majorana, Emilio Segrè, Edoardo Amaldi. Nel gruppo c’erano soprannomi ecclesiastici: Fermi era
il “Papa”, in quanto infallibile; Corbino, suo superiore, era il “Padre Eterno”; Rasetti, braccio
destro di Fermi, era il “Cardinale Vicario” o il “Venerato Maestro”; Segrè era il “Basilisco” per il
carattere irascibile; Majorana è il “Grande Inquisitore”, per il suo spirito critico. Edoardo Amaldi
era l’“Abate”; da non dimenticare, anche se non apparteneva propriamente ai ragazzi di via
Panisperna, Giulio Cesare Trabacchi, il chimico che dall’Istituto Superiore di Sanità forniva i
materiali per gli esperimenti ai giovani fisici, era la “Divina Provvidenza”. Quando entrano a via
Panisperna, il più grande è Segrè (22 anni), mentre Amaldi e Majorana ne hanno appena
diciannove. Lo stesso Fermi ha solo 27 anni.
EMILIO SEGRE’, il Basilisco
Nel 1927, Segrè diventa amico di Rasetti, l’assistente di Fermi; studiava ingegneria, ma con un
disgusto sempre maggiore. Proviene da una famiglia ebraica di Tivoli. Poi decise per il
trasferimento a fisica e iniziò a frequentare via Panisperna. Nel 1959 vinse il premio Nobel.
ETTORE MAJORANA, il Grande Inquisitore
Segrè è entusiasta dell’esperienza nel gruppo di Fermi e ne parla subito a un suo compagno di
corso a ingegneria, Ettore Majorana, studente dotato di straordinarie doti intellettuali,
soprattutto nel campo della logica matematica. Majorana è un ragazzo silenzioso e introverso,
ha i capelli scuri e gli occhi neri ma scintillanti. Fuma molto e parla poco, quando lo fa riempie i
suoi discorsi di disillusione e cinismo. Nonostante il suo carattere schivo, un giorno, spinto dalla
curiosità per Fermi, decide di visitare via Panisperna e vede Fermi. Quest’ultimo gli presenta i
suoi studi e gli mostra un foglio pieno di numeri ordinati in righe e colonne. Il giovane guarda
quella tabella solo per qualche istante, poi chiede altre precisazioni e ascolta il fisico dilungarsi
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su altri dettagli teorici. Secondo molte fonti, Majorana avrebbe lasciato l’istituto a sera, e
sarebbe poi tornato la mattina dopo, chiedendo a Fermi di mostrargli ancora la tabella del
giorno prima; mentre Fermi cerca di recuperarla, Majorana tira fuori un piccolo foglio su cui è
riportata una tabella simile a quella di Fermi: Majorana l’ha calcolata e compilata durante la
notte e ora sta confrontando le due tabelle. Dopo qualche minuto rompe il silenzio dicendo: “La
sua tabella va bene, professor Fermi”: per Majorana, Fermi ha superato l’esame! Majorana inizia
a partecipare alle attività del gruppo, ma non in modo costante; resta iscritto a ingegneria per
un altro anno; il suo talento è impressionante: non compra nessun libro e, un paio di giorni
prima degli esami, sfoglia quelli della biblioteca per capire gli argomenti. Con questo metodo
passa eccellentemente la maggior parte degli esami, anche se non si risparmia la bocciatura in
altri. Nel frattempo collabora alle ricerche di Fermi e aiutava in problemi teorici e con idee
originali. Sembra che in seguito Fermi decise di vedere Majorana da solo, perché i due
studiavano argomenti teorici molto complessi: Majorana era diventato l’unico del gruppo a poter
discutere alla pari con lui; inoltre Majorana lavorava meglio da solo che in gruppo. Amaldi
ricorda che una volta Fermi e Majorana fecero una gara: dovevano calcolare un’espressione
(forse un integrale), che Fermi doveva calcolare facendo uso della lavagna e Majorana a
memoria. Fermi scriveva passaggi a grande velocità, tanto da riempirne una lavagna di
dimensioni normali: Majorana stava voltato da un’altra parte, con lo sguardo fisso a terra.
Quando Fermi giunse al risultato e disse: “Ecco, ho fatto”, Ettore rispose: “Anch’io”, e diede il
risultato numerico. E Fermi aveva una grande predisposizione per il calcolo numerico! Riteneva
che ogni fisico dovesse sempre essere capace di fare rapide stime di qualsiasi cosa e di ottenere
una risposta corretta a meno di un ordine di grandezza.
Segrè dice che nel gruppo si formarono forti e durature amicizie, ma per Majorana non fu così:
in lui non scattò il completo assorbimento nella fisica o nelle abitudini del gruppo, che era solito
passare insieme anche il tempo libero, in gite o al cinema.
Majorana giocò un ruolo importante nello sviluppo concettuale del modello statistico dell’atomo
nell’ambito del gruppo di via Panisperna, ma questo non fu mai riconosciuto ufficialmente da
Fermi. Amaldi ricorda anche che non voleva pubblicare i suoi lavori, perché non gli sembravano
mai abbastanza seri e ben provati; formulava giudizi ipercritici su tutti, a cominciare da se
stesso. Aiuta ed è aiutato da diversi studiosi di via Panisperna, come Amaldi, Segrè, lo stesso
Fermi, e anche da Gentile jr. Majorana continuava a operare come fisico teorico di servizio, a
sostegno delle ricerche sperimentali di Segrè, con grande vantaggio del beneficiario; tuttavia
Segrè negli articoli pubblicati non ringrazia Majorana, del quale cita ripetutamente il lavoro,
attribuendolo però a una fortunata combinazione, come se Majorana avesse incidentalmente
eseguito proprio il calcolo che serviva a Segrè e non lo avesse prodotto su sua esplicita richiesta
come era in realtà.
Majorana aveva sicuramente una posizione di preminenza nel gruppo; aveva una tale
erudizione ed era giunto a un tale livello di comprensione della fisica che discuteva di temi
scientifici alla pari con Fermi. Le capacità di Majorana ne facevano l’unico interlocutore di Fermi
nei problemi di fisica teorica. Sembra che l’isolamento dal gruppo, nel quale Majorana si
sarebbe chiuso dopo il suo ritorno da Lipsia nel 1933, non sarebbe stato che il radicalizzarsi di
uno stile già visibile anche prima della sua partenza. Inoltre emergevano quelle difficoltà di
rapporti personali che col tempo avrebbero sempre più marcato il suo comportamento.
EDOARDO AMALDI, l’Abate
Iscritto a Ingegneria, ma dopo il discorso di Corbino passa a Fisica. È figlio dell’illustra
matematico Ugo Amaldi. Nel dopoguerra Amaldi contribuirà in prima persona a creare l’Istituto
Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), il Centro Europeo di Ricerca Nucleare (CERN) di Ginevra e
l’Agenzia Spaziale Europea (ESA), svolgendo cariche istituzionali di primo livello in tutti questi
enti di ricerca. È tra le personalità scientifiche italiane più importanti del XX secolo.
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BRUNO PONTECORVO, il Cucciolo
Arriva a via Panisperna a soli 18 anni, è un ragazzo simpatico e brillante e proviene da una
facoltosa famiglia ebraica. Era iscritto a Ingegneria, poi il fratello maggiore, amico di Rasetti, lo
incita a lasciarla per raggiungere il gruppo di Fermi. Così avviene, anche se nel’esame di
ammissione dimostra ancora diverse lacune nella conoscenza della fisica: per Fermi può essere
un fisico sperimentale. Si trasferirà in Russia nel 1950.
OSCAR D’AGOSTINO, il Chimico
Nel 1933 ha trent’anni quando si presenta a Fermi; è coetaneo di Fermi e laureato in chimica. Si
sarebbe occupato di sostanze radioattive naturali. Fermi e Corbino con una borsa di studio lo
fanno andare a studiare come manipolarle a Parigi da Madame Curie.
A Fermi, Rasetti, Segrè, Majorana, Amaldi, Pontecorvo e D’Agostino, si aggiungono Trabacchi e
alcuni giovani ricercatori che in quei mesi si aggiunsero per lavorare con il gruppo, Giovanni
Gentile jr e Giancarlo Wick.
1929 = laurea di Majorana e Amaldi. La tesi di Majorana mostra una grande padronanza della
fisica teorica, autonomia nell’ottenere i risultati e disinvoltura nell’uso delle approssimazioni da
far subito intuire la stoffa del fisico di gran classe. L’argomento si inserisce in quel filone di studi
sulla struttura dei nuclei a cui stava cominciando a rivolgersi il gruppo di via Panisperna.
1933 = Majorana è a Lipsia da Heisenberg e a Copenhagen da Bohr.
Quando la scoperta del neutrone come componente del nucleo atomico diventa una certezza, il
modello nucleare a protoni e neutroni viene proposto e studiato grazie all’opera di Heisenberg,
Iwanenko e Majorana.
Nel congresso Solvay di Bruxelles del 1933, Heisenberg riconobbe la superiorità del modello
atomico di Majorana e ne parlò a lungo in termini molto favorevoli, dedicandole ampio spazio;
la teoria di Ettore quindi veniva ad avere la sua consacrazione a livello internazionale. Nella
discussione che seguì, Fermi si disse d’accordo con l’ipotesi di Heisenberg e Majorana che il
nucleo atomico fosse composto da protoni e neutroni.
Nello stesso anno, Majorana dirada e poi cessa la frequentazione di via Panisperna.
Tornato a Roma da Lipsia ai primi d’agosto del 1933, Majorana non dava segno di tornare in
istituto, colpito da una forte gastrite, forse di origine nervosa, che influì ulteriormente sul suo
stato psicologico. Si interessava di filosofia, di politica e di medicina. Gli altri fisici cercarono di
riportarlo a fare una vita normale, ma senza risultato. L’involuzione di Ettore fu probabilmente
una depressione; nel 1934 inoltre morì il padre, a cui era molto legato.
Nel 1935 il lavoro per i fisici aumenta, e, dopo i successi nei lavori con i neutroni, si occupano di
studiare il comportamento dei neutroni lenti; tuttavia il gruppo si è ridotto ai soli Fermi e
Amaldi, in quanto Rasetti era alla Columbia, Segrè aveva vinto una cattedra di fisica
sperimentale a Palermo, Pontecorvo stava per partire per Parigi, dove avrebbe lavorato con i
coniugi Joliot-Curie. La scoperta della radioattività artificiale provocata dai neutroni pare che
portò al temporaneo ritorno di Majorana in istituto.
1937 = Majorana è nominato professore di fisica teorica a Napoli
Il 1937 fu l’annus horribilis per il gruppo Fermi, in quanto morirono due importanti protettori:
Corbino e Marconi. Nello stesso anno fu bandito un nuovo concorso di fisica teorica, il primo
dopo quello vinto da Fermi undici anni prima, presso l’Università di Palermo; anche Pisa inoltre
aveva fatto domanda per far bandire un secondo concorso per la stessa materia. Si cercò di
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convincere Majorana a concorrere, con difficoltà, tanto che sembrò chiaro che la terna dei
vincitori sarebbe stata composta da Wick, Racah e Gentile jr.; poi inaspettatamente (secondo
l’interpretazione di Laura Fermi) Majorana decise di concorrere, senza consultarsi con nessuno.
Le conseguenze della sua decisione erano evidenti: egli sarebbe stato primo e Gentile jr non
sarebbe entrato in terna. La commissione comprendeva Fermi e Persico, gli unici due fisici
teorici, Orazio Lazzarino come fisico sperimentale e infine Antonio Carrelli e Giovanni Polvani,
quest’ultimo l’unico certamente a favore di Gentile jr. Da una lettera di Gentile sr. al figlio, pare
che Fermi non mettesse in discussione il primo posto di Majorana, ma si trovasse a dover
scegliere chi escludere tra Racah e Gentile. Gentile sr. continuò la sua opera di tessitura a
favore del figlio; la commissione, riconoscendo all’unanimità la posizione scientifica
assolutamente eccezionale di Majorana, decise di inviare una lettera a Bottai, ministro
dell’Istruzione, per prospettargli l’opportunità di nominarlo professore di fisica teorica per alta e
meritata fama in una Università del Regno, indipendentemente dal concorso di Palermo; così
Majorana fu nominato professore a Napoli per meriti speciali, cosa che eliminò la sua
candidatura nel concorso di Palermo. Non è certo che l’idea della nomina di Majorana sia stata
proprio di Gentile sr.; resta il fatto che Fermi non gradì le pressioni che accompagnarono lo
svolgimento del concorso. In una lettera allo zio Quirino, Majorana ironizzava sugli esiti, forse
indispettito dalle modalità della sua nomina; nella stessa lettera affermava di aver previsto una
terna leggermente diversa, ma di sapere che Wick doveva essere il primo. Alla fine però
Majorana accettò di buon grado Napoli, mentre Giovannino Gentile ebbe difficoltà a essere
accettato all’Università di Milano e la chiamata arrivò solo dopo uno strenuo interessamento del
padre; tuttavia Gentile jr vi insegnò poco, perché morì nel 1942. Racah fu chiamato a Pisa, dove
poi fu dichiarato decaduto a causa delle leggi razziali; si trasferì quindi all’Università di
Gerusalemme. Wick andò a Palermo, poi a Padova.
Sempre nel 1937 fu bandito un concorso di fisica sperimentale a Cagliari, dove vinse Amaldi,
che poi fu chiamato a Roma dal 1° dicembre, con grande beneficio per il futuro della fisica in
Italia.
Majorana faceva lezione tre volte alla settimana, martedì, giovedì e sabato, a cinque studenti di
fisica, uno di ingegneria e un sacerdote. I suoi studenti lo ricordano come una persona molto
schiva, difficile a intrattenere rapporti umani con loro; conduceva una vita ritirata.
1938, 27-28 marzo = si diffonde la consapevolezza della scomparsa di Ettore Majorana.
Il 25 marzo manda al professor Carrelli una lettera che lasciava trapelare propositi suicidi o di
scomparsa, lascia l’albergo, si imbarca sul postale per Palermo, dove giunse il 26 marzo.
Indirizzò quindi a Carrelli un nuovo telegramma, in cui lo pregava di non allarmarsi e lo
informava di voler lasciare l’insegnamento, comunicandogli che sarebbe tornato il giorno dopo a
Napoli, forse con la lettera stessa; contattò anche l’hotel Bologna di Napoli, per assicurarsi che
gli tenessero la camera e gli effetti personali, ma a Napoli nessuno lo vedrà mai con certezza
sbarcare. Ricevuta la lettera, visto che Majorana non era tornato e dopo aver contattato Fermi,
Carrelli chiamò la famiglia, che si precipitò a Napoli e trovò nella sua stanza una lettera con
propositi suicidi a lei indirizzata. La polizia fu coinvolta nelle ricerche, che toccarono anche
Palermo, ma senza risultati, salvo l’indicazione della sua infermiera che dichiarava di averlo visto
ai primi di aprile a Napoli. Si ipotizzò una crisi di tipo religioso, quindi furono fatte ricerche
presso i conventi di Napoli e dintorni: in un paio di strutture era passato un giovane dalle
sembianze di Majorana che chiedeva di essere accolto a far pratica di vita religiosa: gli fu
offerta ospitalità ma a breve termine, perché per una soluzione definitiva era necessario un
noviziato; il giovane aveva declinato la proposta. Le richieste di intensificare le ricerche fatte al
capo della polizia, senatore Arturo Bocchini, e a Papa Pio XII, non approdarono a nulla.
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Amaldi ricorda che la scomparsa di Ettore Majorana fu per loro un trauma; Rasetti invece lo
visse come un episodio secondario, in quanto era preoccupato per la guerra che si avvicinava;
Fermi pronunciò le seguenti parole, per spiegare quanto grave fosse la scomparsa: “Al mondo ci
sono varie categorie di scienziati; gente di secondo e terzo rango, che fan del loro meglio ma
non vanno molto lontano. C’è anche gente di primo rango, che arriva a scoperte di grande
importanza, fondamentali per lo sviluppo della scienza. Ma poi ci sono i geni, come Galileo e
Newton. Ebbene, Ettore Majorana era uno di quelli. Majorana aveva quello che nessun altro al
mondo ha; sfortunatamente gli mancava quel che invece è comune trovare negli altri uomini, il
semplice buon senso”.
Il 17 luglio 1938 la famiglia Majorana fa pubblicare sulla Domenica del Corriere, il settimanale
allora più diffuso in Italia, un appello nella rubrica “Chi l’ha visto?” e la madre di Majorana si
rivolse direttamente a Mussolini: il duce vergò sul fascicolo le parole voglio che si trovi, ma
neppure la sua volontà sortì alcun effetto.
Di Ettore Majorana non si è saputo più nulla e sono nate le teorie più fantasiose sulla sua
scomparsa: dal suicidio al rapimento da parte di emissari di una potenza straniera, alle offerte
di cattedre da parte di università russe o americane, al ritiro in un monastero o in un convento,
fino alla fuga in Argentina o verso una vita errabonda. Tra le motivazioni di questa scomparsa
primeggia la presunta crisi di coscienza legata all’intuizione, in anticipo sugli altri, del potere
distruttivo dell’energia nucleare, ma non sembra attendibile.
1938 = premio Nobel a Fermi e fuga della famiglia Fermi in America. Fermi insegna alla
Columbia University.
Dopo il Nobel, Enrico Fermi nel tardo 1944 si trasferì a Los Alamos.
1944 = a Los Alamos iniziano gli esperimenti finali per la costruzione della prima bomba
atomica. Vi partecipano: Niels Bohr; John von Neumann, pioniere dell’informatica moderna;
James Chadwick, scopritore dell’elettrone; Enrico Fermi; i suoi collaboratori Bruno Rossi ed
Emilio Segrè. Rasetti aveva deciso di non parteciparvi; disse: “Non solo trovo mostruoso l’uso
che si è fatto e si sta facendo delle applicazioni della fisica, ma per di più la situazione attuale
rende impossibile rendere a questa scienza quel carattere libero e internazionale che aveva una
volta e la rende soltanto un mezzo di oppressione politica e militare. Pare quasi impossibile che
persone che una volta consideravo dotate di un senso della dignità umana si prestino a essere
lo strumento di queste mostruose degenerazioni. Eppure è proprio così e sembra che neppure
se ne accorgano. Tra tutti gli spettacoli disgustosi di questi tempi ce ne sono pochi che
eguaglino quello dei fisici che lavorano nei laboratori sotto sorveglianza militare per preparare
mezzi più violenti di distruzione per la prossima guerra”. Rasetti abbandonerà la fisica e si
dedicherà a un’altra sua passione, i fossili.
1945 = nell’esperimento Trinity il 16 luglio viene fatta esplodere la prima bomba atomica nel
deserto di Alamogordo.
1945, 6 e 9 agosto = due bombe atomiche colpiscono le città giapponesi di Hiroshima e
Nagasaki.
Tratti distintivi del carattere di Fermi erano la resistenza fisica, un’incrollabile forza di volontà,
una rara autosufficienza scientifica. In fisica e in matematica era essenzialmente un autodidatta.
La fisica era tutta la sua vita e alla fisica dedicò tutto se stesso. Anche se di natura gioviale, il
suo carattere aveva un fondo di riservatezza e di timidezza, dalla quale diceva di essere sempre
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stato dominato; non amava distinguersi ed era schivo, ma non modesto: era consapevole delle
sue doti ed era dotato di una naturale tendenza alla leadership. Sapeva infondere entusiasmo e
lavorando con lui i suoi collaboratori diventavano più bravi. La rigida disciplina alla quale era
stato abituato ne aveva fatto un uomo onesto e laborioso, con uno spiccato senso del dovere
verso la famiglia, i suoi studenti, gli amici e le istituzioni; gli ripugnava ogni forma di ingiustizia
e di compromesso con la morale. Era sempre molto cauto e si guardava bene dall’andare al di là
di ciò che i risultati suggerivano; non esternava le sue ipotesi prima di esserne sicuro: se un
errore doveva commettere, preferiva sbagliare per essere stato troppo prudente che per aver
esagerato i risultati. I suoi interessi al di fuori della fisica erano abbastanza scarsi, mentre in
storia era abbastanza colto. Era convinto fautore della libera iniziativa, della proprietà privata e
della libertà politica ed economica, pur riconoscendone i limiti. Era un genio che voleva fare di
tutto per apparire una persona comune, privo di formalità. Il suo temperamento goliardico
sopravvisse alla guerra, come testimoniano gli scherzi ai danni della guardia del corpo
assegnatagli a Los Alamos.
Dal punto di vista scientifico, emergevano due tratti della sua personalità. Prima di tutto un
perfetto equilibrio tra le attitudini sperimentali e teoriche; in secondo luogo, la capacità di
vedere subito l’essenziale in ogni cosa, e di puntare direttamente su di esso coi mezzi più
semplici.
Giuseppe Cocconi riferisce il parere di Fermi su Majorana, paragonato ai grandi geni, Galileo e
Newton, al di sopra dei fisici di primo rango che fanno scoperte di grande importanza (in cui,
secondo Cocconi, Fermi metteva se stesso) e di secondo e terzo rango, che non vanno molto
lontano. Questo giudizio è attendibile e si inserisce perfettamente nel fatto che Fermi amava
molto le classifiche e metteva continuamente a confronto caratteristiche e capacità delle
persone, compreso se stesso. Fermi talvolta era intimidito dalla superiore intelligenza e abilità
matematica di Majorana e comunque questi era considerato nel gruppo di Roma persona
assolutamente eccezionale, quale non s’era mai vista: le testimonianze sono di Amaldi,
Pontecorvo e Wick.
Pur se talora offuscata da qualche ombra nel riconoscimento dei meriti del suo collega-allievo di
fronte alla comunità scientifica internazionale, si può concludere che l’ammirazione di Fermi per
Majorana era genuina e discendeva dal riconoscimento di una superiorità.
Bibliografia:
Giulio Maltese, Il Papa e l’Inquisitore. Enrico Fermi, Ettore Majorana, via Panisperna, Zanichelli
2010
Giorgio Colangelo – Massimo Temporelli, La banda di via Panisperna, Hoepli, 2014
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