gli strumenti ei modi della comunicazione interna
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gli strumenti ei modi della comunicazione interna
GLI STRUMENTI E I MODI DELLA COMUNICAZIONE INTERNA FORMALE Modulo 4A: Conoscere e utilizzare efficacemente gli strumenti e i modi della comunicazione interna Maria Cristina Moresco Counseling, formazione, organizzazioni Razionalizzare i flussi della comunicazione interna. Abbiamo visto, nel corso della seconda dispensa, quali siano gli elementi da tenere sotto controllo e sui quali lavorare per fotografare la situazione relativa alla comunicazione interna nell’ambito di un reparto lavorativo. Abbiamo accennato ai flussi della comunicazione come una serie di risposte alle domande del tipo “chi” necessita di informazioni, “a cosa si riferiscano tali esigenze”, “come devono essere” tali informazioni per servire davvero, “sotto quale forma” per essere comprensibili e fruibili, “quando e in che contesto” debbano arrivare per centrare il bersaglio”, “quanta” informazione e “quanto” approfondita, e così via. Abbiamo introdotto il concetto di analisi delle esigenze di comunicazione, caratterizzandolo come un processo costituito da una serie di fasi successive che qui brevemente riepiloghiamo: la prima fase parte dalla descrizione del contesto al quale ci stiamo riferendo. Ciascuno è inserito in un ambito lavorativo più o meno ampio, all’interno del quale intrattiene relazioni di diverso tipo con colleghi, sottoposti, superiori, pazienti, famigliari dei pazienti, altri reparti e strutture a supporto (laboratori di analisi, per esempio), ed è inoltre in relazione più indiretta con altre divisioni tipo la gestione del personale, la formazione, l’amministrazione, la direzione sanitaria. Rispondendo alle domande sopra elencate (chi, come, quando etc.), è possibile delineare una sorta di mappa del flusso di comunicazione formale e informale che la persona intrattiene nel sistema, con quale contenuto, quali tempistiche, quali modalità, quali strumenti, quali urgenza e priorità. La seconda fase consiste nel definire l’obiettivo funzionale che i passaggi di informazione sopra individuati soddisfano. Per esempio, l’ordine di servizio, da caposala a infermiere, ha l’obiettivo primario di assegnare i compiti del turno lavorativo e comporta anche altri effetti quali la non sovrapposizione delle mansioni tra persone diverse, la suddivisione del carico di lavoro e altro ancora che il professionista ben conosce. In questo modo, attraverso le prime due fasi, avremo realizzato una diagnosi dello stato della comunicazione interna, fino a questo punto privo di giudizio sulla sua effettiva funzionalità ed eventuali mancanze. La terza fase si realizza attraverso l’attribuzione di punti di forza e di debolezza alle comunicazioni della nostra mappa, agli strumenti utilizzati e alle logiche sottese nei diversi passaggi. Le domande da porsi sono “Cosa va bene, cosa non funziona, cosa manca?”. Nella quarta fase abbiamo inserito l’analisi delle esigenze di comunicazione secondo un disegno progettuale, ovvero come razionalizzare e migliorare i flussi di comunicazione sopra individuati e valutati proponendo interventi centrati su diversi tipi di esigenze o di obiettivi, per esempio: • Una maggiore disponibilità di informazioni • Aumentare la velocità della comunicazione • Una maggiore certezza dell’esito finale dell’informazione • Aumentare il coinvolgimento delle persone e migliorare il clima • Migliorare la qualità del feedback • Monitorare oggettivamente la qualità della comunicazione interna Occorre anche tenere presente che nelle organizzazioni complesse come le aziende sanitarie è possibile compiere le analisi e le operazioni sopra descritte a diversi livelli, per esempio a livello macro, di reparto, che coinvolge tutti gli attori e a livello micro, per esempio analizzando solo la comunicazione che intercorre tra caposala e infermieri professionali. Vero è che non è possibile stabilire a priori quale sia il livello ottimale di dettaglio, quale visione sia la più efficace in termini di risultati attesi. Come avviene in tutte le cose, anche la formalizzazione dei processi comunicativi presenta due aspetti contemporanei e contrastanti, e la valutazione a priori seguita da momenti di monitoraggio periodico dello stato dell’arte rappresentano, come sempre, la soluzione più equilibrata, mentre lo zelo eccessivo da un lato e l’eccesso di informalità dall’altro rendono certamente meno affidabile il processo comunicativo. Quali sono questi due aspetti antitetici? Il primo è l’eccessiva formalizzazione di processi che potrebbero tranquillamente essere lasciati all’iniziativa spontanea delle persone; comporta rischi di appesantimento del lavoro e del clima, con conseguente insoddisfazione generale e tendenza a prendere scorciatoie di carattere informale del tutto fuorvianti. Dall’altra parte, lasciare alla libera iniziativa e all’informalità quelle comunicazioni che davvero ne hanno necessità, carica di eccessiva responsabilità le persone coinvolte che devono assumere su di sé l’onere della decisione (se comunicare, a chi, con quale urgenza, in che modo), oltre a rendere completamente inaffidabile ed inefficace il processo comunicativo in toto. Tra gli obiettivi prioritari del processo di razionalizzazione della comunicazione interna merita particolare attenzione quello di costruire il feedback e migliorarne la qualità. Vediamo quali sono i diversi livelli di effetto e di efficacia che possiamo richiedere ad un feedback organizzativo. Parliamo naturalmente di situazioni molto generiche, non calate in un preciso contesto lavorativo di riferimento, e di livelli di feedback la natura ed il numero dei quali non vuole essere esaustivo di tutta la casistica reperibile in una organizzazione complessa come quella sanitaria: Feedback relativo all’invio della comunicazione: consiste nella semplice evidenza e certezza di avere comunicato tutto ciò che era in programma, sia che la comunicazione riguardi un intervento nel corso di una riunione, sia che si stia parlando di comunicazione scritta o telefonica, sia che si parli di un ordine di servizio o una comunicazione di turni o compiti assegnati. A seconda delle diverse situazioni, quindi, i segnali di conferma saranno costituiti da una spunta delle cose che si dovevano dire, dalla certezza della presenza o assenza e dell’ascolto attento da parte dei nostri interlocutori, dalla registrazione della telefonata, da una ricevuta di ritorno, da una conferma di invio della mail, da un protocollo di uscita. Altro discorso riguarda i tempi che intercorrono tra l’emersione dell’esigenza di inviare una comunicazione e il momento dell’effettiva sua partenza. Tale scostamento potrà essere assunto come uno degli indici standard di efficienza del servizio in questione. Lo stesso dicasi per la percentuale di destinatari effettivamente contattabili, la completezza del nostro archivio o database e il suo grado di aggiornamento; Feedback relativo alla ricezione della comunicazione: la modalità tipica della comunicazione verbale, si tratti di colloqui, di riunioni, di interazioni estemporanee o programmate, è insita nella modalità di risposta del nostro interlocutore, sia a livello verbale, sia non verbale. Intendiamo quindi assenso esplicito, domande chiarificatrici, interazione verbale e scambio di opinioni. Oppure anche segnali di assenso, postura, sguardo più o meno diretto e attento. E anche i comportamenti che seguono la comunicazione, in linea o distonici con il suo contenuto e il suo significato. Se la comunicazione è di tipo telefonico, gli indici rivelatori saranno di tipo verbale e paraverbale, a meno che la comunicazione non sia mediata da una terza persona o dalla tecnologia del tipo segreteria telefonica. Sarà opportuno allora sincerarsi circa la sua corretta ricezione richiedendo conferma entro un tempo sensato in relazione all’urgenza del messaggio. La posta viene confermata da ricevute di ritorno, da conferme di ricezione elettroniche nel caso di mail, da una risposta entro un tempo ritenuto corretto. Anche in questo caso i tempi di ricezione della comunicazione e la correttezza del nostro database di indirizzi, ovvero quante persone sono state effettivamente raggiunte dalla comunicazione, possono essere assunti come indici di efficienza; Feedback relativo alla conoscenza e comprensione del contenuto: nel caso di messaggi complessi, problematici o importanti o destinati ad un interlocutore con difficoltà (reali o dipendenti dalla sua volontà) di comprensione, la sottile distinzione tra questi due termini diventa cruciale. Segnali verbali e non verbali di comprensione e segnali di tipo comportamentale sono la riprova dell’avvenuta comprensione della comunicazione; una comunicazione complessa o di importanza cruciale può suscitare inoltre molte o poche o nessuna reazione, quali domande di chiarimento, suggerimenti, commenti, contestazioni. Qui è da tarare se poco interesse significhi chiarezza e consenso o, viceversa, evidenzi disinteresse o mancata comprensione della portata del messaggio. Parlando di indici di efficienza della comunicazione la comprensione denota chiarezza espositiva, abilità a centrare lo schema di riferimento dell’interlocutore, correttezza degli strumenti utilizzati; Feedback circa comunicazione: le l’applicazione evidenze possono del contenuto essere sia relative della alla produzione di documenti, sia alla messa in atto di comportamenti consoni al contenuto della comunicazione. In tal caso l’efficacia del messaggio, del suo contenuto, della forma, della sua incisività e pregnanza, è anche rilevabile dalla persistenza nel tempo del comportamento prescritto o dall’insorgere di devianze o difficoltà; Feedback di persuasione: una comunicazione a volte può convincere un interlocutore a modificare la propria opinione o atteggiamento e l’evidenza è sia verbale sia comportamentale. La cessazione del conflitto è spesso un altro fattore di evidenza. L’indice in questione, in tal caso, è relativo all’incisività e potere di persuasione del contenuto, del modo, del tempo utilizzati; Feedback dato da cambiamenti/effetti: il tipico caso è l’effetto virtuoso di un’azione correttiva o migliorativa di un dato processo organizzativo o relazionale o tecnico. Il feedback di riuscita ottimale della comunicazione, che in questo caso è emessa sotto forma di comportamento, è la realizzazione o meno dell’effetto atteso (meno code, meno reclami, più velocità nella realizzazione di una serie di analisi). Ritornando ora alla quarta fase, quella caratterizzata dalla progettualità, proviamo a delineare il processo che porta allo sviluppo di un piano di comunicazione interna efficace ed esaminiamo i passaggi e gli elementi che occorre prendere in considerazione per realizzarlo al meglio. Facciamolo traducendo i diversi fattori nelle domande corrispondenti (C. Bisio, “Comunicare in azienda”, FrancoAngeli): Obiettivi: perché vuoi comunicare? Cosa desideri/pensi di ottenere per te o per altre persone? Definire esattamente finalità e obiettivi, operativi o strategici, della comunicazione permette di selezionare i contenuti del messaggio, stabilire la loro priorità e rilevanza, stabilire le altre variabili; Responsabilità: come saranno assegnate le diverse responsabilità della comunicazione? Vi sarà una sola persona responsabile o ciascuna fase (invio, raccolta feedback, verifica della ricezione e monitoraggio del comportamento conseguente, preparazione della riunione, interventi, invio della convocazioni, affissione materiale nella bacheca etc.) sarà seguita da persone diverse? La chiarezza e puntualità nell’assegnazione dei ruoli, comunicazione formale a sua volta, come abbiamo visto, garantirà la riuscita delle operazioni e l’assegnazione inequivocabile delle responsabilità nel gruppo di lavoro; Destinatari: a chi vogliamo indirizzare la comunicazione? Verso l’alto, il basso, in linea orizzontale o trasversale? A una o più persone? Forma: come deve essere il messaggio per risultare efficace? Parliamo naturalmente di contenuto ma anche di codifica, ovvero di forma adeguata a seconda dell’importanza, urgenza, tipo e numero di destinatari, natura della comunicazione, relazione che veicola; Canale di trasmissione: utilizzeremo un solo mezzo di trasmissione o più strumenti articolati secondo un mix che consenta di raggiungere tutti gli attori destinatari? Spesso il mezzo che si sceglie di utilizzare entra a far parte del messaggio stesso e rappresenta da solo un segnale di significato, importanza, formalità o informalità, intenzioni dell’emitente; Risorse: quali possibilità reali abbiamo di mettere in atto la comunicazione? Se dobbiamo indire una riunione dovremo verificare che esista, per esempio, lo spazio libero e sufficientemente capiente per ospitarla. Tempo, spazio, strutture, persone, budget, rapporto costi/benefici, sono i fattori che rientrano in questa disamina; Scadenze: entro quanto tempo è importante che i destinatari ricevano la comunicazione? Di conseguenza, quanto tempo prima di tale scadenza dovremo provvedere all’invio? E data la data massima di invio, quando dovremo iniziare la preparazione della comunicazione? Una volta spedito il messaggio, entro quanto ci aspettiamo un feedback di ricezione o di comprensione? Verifica degli esiti: da cosa ci accorgeremo che la comunicazione ha avuto esito positivo, ovvero che ha prodotto il risultato (risposta, cambiamento organizzativo) atteso? Dopo quanto tempo mi aspetto il risultato? Follow-up: cosa occorre fare terminato il processo della comunicazione e monitorati gli esiti prodotti? Con chi dovremo condividere le informazioni, analizzare i risultati, verificare il rispetto delle responsabilità e degli obiettivi? Come e cosa apprendere dall’esperienza? Quali azioni correttive apportare? Come estendere ad altre situazioni i punti di forza evidenziati? L’ultimo punto dell’elenco ci porta ad un ragionamento ulteriore circa il cosiddetto valore aggiunto che la comunicazione ha apportato (C. Bisio, “Comunicare in azienda”, FrancoAngeli), se lo ha effettivamente fatto, ovvero sul come stabilire un criterio oggettivo per attribuire una valutazione al processo innescato e concluso. Il criterio generalmente valido è quello che ogni atto comunicativo deve portare un valore aggiunto, perché non si possa dire che l’effetto è stato inutile o, peggio ancora, deleterio. Proviamo a pensare a quale forma possa assumere l’aumento di valore di una comunicazione interna, cioè a quali miglioramenti possa contribuire, e lo facciamo anche partendo dagli obiettivi che la comunicazione interna soddisfa dichiarati nella prima dispensa del corso: • La trasformazione dei dati in informazioni diffuse, oggetto di un flusso vivente e vitale di comunicazione • La trasformazione delle informazioni in conoscenza e comportamenti, quindi comunicazione tangibile, nutriente, fruibile e trasformata in energia e azione • La creazione di emozioni, un contributo al clima aziendale, al senso di appartenenza e alla motivazione • La soddisfazione di esigenze e attese di comunicazione o di bisogni di natura diversa che non sia possibile soddisfare in maniera differente • L’attivazione di una comunicazione generativa, tale cioè che alla fine del processo le persone siano in possesso di informazioni e competenze che non erano in loro possesso. Non si tratta quindi di conferme ma di nuove acquisizioni • Un incremento dell’affidabilità dei processi dell’organizzazione Aggiungiamo quindi un’altra domanda alla lista precedente: L’atto comunicativo che intendo produrre genera un valore? Se decido di indire una riunione con il personale del reparto, questo aggiungerà valore al lavoro del gruppo e dei singoli? Alla loro motivazione, competenza? E se invito questa o l’altra persona, questo genererà valore aggiunto? E organizzarla per domani o aspettare la settimana prossima, cosa cambia in termini di valore? Riferimenti bibliografici: C. Bisio, “Comunicare in azienda”, FrancoAngeli; I principali strumenti e obiettivi della comunicazione interna: istruzioni per l’uso La riunione: è uno dei metodi più efficaci per diffondere informazioni, raccogliere opinioni, scambiare idee, decidere sulle attività e sull’organizzazione. Vediamo alcune schematiche istruzioni per il suo corretto utilizzo. 1) Convocare tutte e solo le persone realmente coinvolte, fare attenzione al numero dei partecipanti 2) Far giungere in tempo notizia della convocazione con tutte le informazioni su luogo, periodo, durata 3) Curare gli aspetti della logistica 4) Puntualità 5) Prevedere una fase introduttiva di precontatto e riscaldamento 6) Chiarezza di obiettivi 7) Chiarezza di regole 8) Ascolto attivo e utilizzo dei microskills della comunicazione efficace 9) Gestire il modo e i turni degli interventi 10) Fare in modo che tutti si esprimano e, se è il caso, fare domande per animare la discussione 11) Utilizzare supporti visivi 12) Osservare e rilevare la comunicazione non verbale dei partecipanti 13) Guidare il brainstorming 14) Sintetizzare e concludere assegnando obiettivi e compiti e responsabilità 15) Verbale 16) Follow up e monitoraggio degli esiti Il colloquio: è forse lo strumento più efficace per coinvolgere le persone, mantenere buone relazioni sociali, governare il processo di orientamento della prestazione, scambiare pareri, dare o ricevere un feedback, risolvere problemi, motivare, lodare, criticare e rimproverare. Le regole schematiche possono essere così enunciate: 1) Valutare l’opportunità di fare un colloquio o non farlo, nessun comportamento è neutro privo di valenze comunicative 2) Stabilire con chiarezza l’obiettivo 3) Decidere un setting adeguato 4) Decidere la durata massima 5) Adeguare il linguaggio, chiarezza, comprensibilità 6) Esercitare l’ascolto attivo 7) I colloqui di lode o rimprovero devono essere preparati con cura, tempestivi, basati su fatti oggettivi, rispettosi della relazione e della persona, svolti in privato, contenenti un’attribuzione di responsabilità e di progettualità futura La comunicazione che informa: l’obiettivo è quello della comprensione e la sua chiarezza è data dal rapporto tra fra le caratteristiche del messaggio e quelle di chi lo riceverà, del suo linguaggio, del suo livello di conoscenza e comprensione dell’argomento, del suo schema di riferimento. Le sue caratteristiche principali: 1) Chiarire l’obiettivo della comunicazione 2) Coinvolgere gli ascoltatori o i riceventi 3) Gestire il tempo o lo spazio a disposizione 4) Sollecitare i diversi canali sensoriali 5) Raccogliere i feedback 6) Utilizzare le tecniche della comunicazione non verbale e paraverbale 7) Gestire le domande La comunicazione che persuade: è quela che cerca di modificare opinioni, atteggiamenti, comportamenti. Come deve essere? 1) Essere credibile, competente e affidabile 2) Mostrare imparzialità 3) Saper attrarre 4) Contenere una serie congrua di argomenti a sostegno 5) Utilizzare un linguaggio vivido, concreto, accattivante, emotivamente stimolante 6) Fare richieste minime o esagerate 7) Mostrare i pro e i contro 8) Proporre dati e testimonianze credibili o autorevoli 9) Fare raccomandazioni e contenere conclusioni esplicite La comunicazione che negozia: esiste un conflitto quando esistono scarsità di risorse, assenza di regole o ambiguità, richieste di una parte che eccedono la disponibilità degli altri attori. Il problema non è tanto il conflitto in sé quanto la sua non gestione o gestione non corretta. L’obiettivo della negoziazione è la ricerca di un accordo tra le parti in causa. 1) Definire esattamente il tipo di conflitto in atto (quale risorsa scarseggia, quali stati d’animo sono coinvolti, i punti di vista sono effettivamente diversi etc.) 2) Ascolto attivo di tutte le parti 3) Assertività 4) Ristrutturazione della comunicazione 5) Addestramento all’empatia 6) Focalizzarsi sul problema e non sulle diverse posizioni 7) Assegnare i tempi degli interventi 8) Equivicinanza 9) Comprendere la richiesta latente 10) Scindere le persone dal problema 11) Richiedere e inventare soluzioni 12) Focalizzarsi sulle aree di potenziale convergenza Riferimenti bibliografici:P. Moroni, “Capirsi, parlare, ascoltare, FrancoAngeli; C. Bisio, “Comunicare in azienda”, FrancoAngeli;