aprile - Senza Soste

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aprile - Senza Soste
Periodico livornese indipendente - anno X, n. 103 - in uscita dal 18 aprile 2015
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Renzi: manierismo
digitale e menzogne
NIQUE LA POLICE
N
ella storia dell’arte il manierismo è un giudizio,
sostanzialmente severo, del
‘700 artistico, sul periodo della
“maniera” che ha conosciuto
grande fulgore soprattutto nel
‘500 italiano. Visto dal ‘700, il
manierismo rappresenta non il
mondo come si pensa che sia,
nella sua originalità, ma secondo lo stile e i canoni di rappresentazione
rigorosamente
dettati dai maestri. Come dire,
in un certo modo liquidatorio:
lo stile che divorzia felicemente dal mondo reale. Di maestri
fiorentini il manierismo ne ha
conosciuti molti: da Andrea del
Sarto, all’impareggiabile Benvenuto Cellini e tantissimi altri
definibili “minori” solo da una
critica che non percepisce la
complessità dell’arte. Nel mondo contemporaneo, originario
dei dintorni di Firenze, si sta
invece imponendo all’attenzione della critica il manierista digitale Matteo da Rignano a.k.a.
Matteo Renzi. Nei 140 caratteri
di Twitter deve rappresentare
un mondo a parte, un artefatto
digitale che, per magia, divorzia violentemente dalla realtà
proprio nel momento in cui ne
parla. Un esempio? Il 2 gennaio
2015 le agenzie di stampa evidenziano il seguente manufatto
digitale di Matteo da Rignano:
“Tasse meno 18 miliardi (80
euro, Irap, bebè, contratti tempo indeterminato). Si può fare
di più. Ma dopo anni intanto
per la prima volta meno tasse”.
Si tratta di un tweet, in Renzi
presto elevato ad arte del politico, di una serie contrassegnata
dall’hashtag #Buon2015 .Tempo poche settimane e, di quel
tweet, il critico può certificare
l’assoluto, solare, manieristico
divorzio dalla realtà. Infatti, secondo dati Istat, proprio negli
stessi giorni in cui Matteo Renzi twittava, la pressione fiscale
saliva. Proprio ai livelli record
del 50,3 per cento nell’ultimo
periodo rilevato. Come si vede
il manierismo digitale di Renzi
è rispettoso della forma espressiva, entro i 140 agili caratteri
di Twitter, ma altrettanto seccamente netto nel distacco dal
mondo reale del manierismo
fiorentino del ‘500. Giova anche
ricordare che, nel secolo scorso,
il manierismo è stato rivalutato, proprio per il suo sottinteso
rapporto allucinato con il reale,
dal surrealismo. Evvai Matteo,
ci sono tutti i segni che almeno
al surrealismo digitale ci sei arrivato. Un bel cinque con Jovanotti e in culo alla balena.
Giunte
immobili
I documenti relativi ai beni immobili del Comune di Livorno fanno trasparire una
gestione pigra e poco attenta all’interesse pubblico. E la nuova Giunta per ora
non sembra aver voltato pagina. Mancanza di tempo, di interesse o di capacità?
U
no dei corsi che l’Università Popolare Alfredo Bicchierini ha
proposto quest’anno, quello di “Diritti
e partecipazione”, è stato dedicato in
buona parte allo studio del bilancio e
del patrimonio comunale. Al termine
del corso è stato deciso di provare a
mettere in piedi un osservatorio permanente. I documenti a cui è stata
data una prima occhiata sono l’elenco degli affitti attivi, quello degli affitti
passivi e il piano delle alienazioni e
valorizzazioni. È ancora presto per
trarre delle conclusioni, ma con questo articolo vogliamo fare un breve
riassunto e creare curiosità intorno
all’argomento.
Affitti passivi
Gli affitti più cari che paga il Comune riguardano le case di riposo di via
Passaponti e viale Boccaccio (poco
meno di 80mila euro l’anno ognuna), di proprietà dell’Asl, e l’Emeroteca di via del Toro (di proprietà della
ditta Bartolozzi Costruzioni), con
77.638,68 euro. Pesano molto anche
gli affitti di due immobili utilizzati
come magazzini: quello di via Grotta delle Fate 19 (ex Fuoricentro) che
costa 37.297,612 euro, e quello di via
Lamarmora 2C, con 39.026,64. Il primo, che misura 947 mq, ci dicono che
sia proprietà della Spil, ma non siamo
riusciti a sapere cosa contenga, mentre
nel secondo - 800 mq - ci risulta che
siano stoccati gli arredi dei seggi elettorali e altre proprietà comunali come
ad esempio i palchi. A questi prezzi
non converrebbe comprarlo un capannone? O trasferire tutto in strutture di
proprietà comunale? Desta curiosità
anche il fondo di via San Giovanni 13,
nel Palazzo del Portuale, di 190 mq. È
indicato come sede di un “Ufficio di
piano”, ma non ci sono né insegne né
targhe comunali, e ci costa 18.000 euro
l’anno. Un immobile di 308 mq posto
all’angolo tra via Pollastrini e gli scali
Finocchietti viene invece utilizzato dagli uffici comunali e ci costa 28.281,12
euro, mentre per un locale in largo del
Cisternino 8, segnalato come pertinenza della ex Casa della Cultura, si pagano circa 8mila euro l’anno (ma l’indirizzo sembra essere errato perché si
tratta di un condominio posto sul lato
opposto del “Cisternino del Picchianti”). La Casa Famiglia “La Palma” sul
viale Carducci costa circa 2.700 euro
al mese, una bella cifra per 243 metri
quadri in quella zona.
Affitti attivi
Tra le locazioni da cui il Comune di
Livorno ricava un’entrata, il primo
posto (10.471,23 euro mensili) spetta
all’immobile di in via Toscana 32, cioè
il supermercato Coop di Coteto. Al
secondo posto (2.908,14 euro mensili)
la palazzina di via del Molo Mediceo
13, su cui spicca l’insegna degli ormeggiatori. L’elenco è composto solo da
una ventina di immobili, per cui viene
da pensare che molte strutture non vi
compaiano perché concesse a titolo
gratuito e quindi è stato richiesto anche
questo elenco all’Ufficio Patrimonio.
Piano delle alienazioni e valorizzazioni
È un documento in cui le Amministrazioni indicano quali immobili intendono “alienare” o “valorizzare”.
Dell’ultimo piano, approvato a dicembre 2014 dalla Giunta Nogarin, la cosa
che colpisce è che continuano a comparire immobili interessati da operazioni decise dalla vecchia giunta. Stiamo parlando ad esempio delle aree del
Mercato Ortofrutticolo, che la nuova
Giunta voleva mantenere di proprietà
pubblica, di quelle di Vallin Buio che
erano destinate a “polo delle nocività”,
per le quali nel piano invece si parla di
cessione a Spil, e quelle di Banditella
coinvolte nella costruzione del nuovo
ospedale, destinate ad essere scambiate con i padiglioni IV e V dell’ospedale
di Viale Alfieri. Si tratta di una svista
o le procedure stanno andando avanti?
Non è che poi ci troveremo di fronte
ad una situazione irreversibile? Altro
punto importante è la cessione di due
immobili “attuale sede“ di scuole d’infanzia, per le quali non è possibile l’adeguamento alle nuove normative. Nel
2011 si parlava di un loro trasferimento
nell’area di via del Fagiano, che però
è inserita anch’essa nel piano. Quindi
verranno diminuiti i posti a disposizione dei bambini? Proseguiamo: la messa in vendita di due circoscrizioni, la 3
e la 4 è un grave danno d’immagine
per un movimento politico come il 5
Stelle che fa della partecipazione uno
dei suoi cavalli di battaglia. Tra l’altro
i locali della 3 e della 4 non ci sembrano così malmessi. Perché alienarle?
Perché non è stato indetto un bando
per piani di autorecupero diretti alle
associazioni? Scorrendo, troviamo poi
alcuni terreni e un fabbricato rurale a
Colognole, per i quali siamo sicuri, visto il grande successo degli orti urbani
di via Goito, che si troverebbero molte
persone interessate alla loro valorizzazione e gestione. In centro ci sono invece le serre abbandonate di via degli
Archi. E c’è anche l’ex ostello di Villa
Morazzana (nella foto), che fa parte di
un polo con straordinarie potenzialità
turistiche e culturali: Villa Maurogordato (di proprietà provinciale), Villa
Rodocanacchi (ex sede legale dell’Asl)
con il suo parco di 11 ettari chiuso da
anni, e il Centro Basaglia, anch’esso in via di dismissione nel quadro
della sciagurata svendita pro-nuovo
ospedale. Un quadrilatero da sogno
alle porte delle colline livornesi (già,
ma il parco?) che un’Amministrazione attenta dovrebbe promuovere. A
quasi un anno dall’insediamento della
nuova Giunta, la gestione dei beni immobili non ha minimamente risentito
del cambiamento politico avvenuto in
città e tutto sembra “copiaincollato”
dai documenti della vecchia Amministrazione. E la cittadinanza non è stata
coinvolta né con nuovi organismi partecipativi, né con bandi per un utilizzo
alternativo di questi beni. Mancanza
di tempo, di interesse o di capacità?
Senza Soste redazione
2
internazionale
anno X, n. 103
MEDIO ORIENTE/1 - Per l’Occidente la “lotta al terrorismo” nello Yemen può aspettare
NELLO GRADIRÀ
L
o Yemen, grande quanto
la Francia, a differenza dei
suoi potenti vicini della penisola arabica è uno dei paesi più
poveri del mondo. La sua popolazione (circa 24 milioni di abitanti), quasi interamente araba,
è divisa tra una maggioranza
sunnita (53%) e una minoranza
di sciiti zayditi (47%), prevalenti
nella regione nord-occidentale
di Sa’dah. Lo Yemen è indipendente dal 1918, quando crollò
l’Impero Ottomano. Nel 1962
a Sana’a l’Imam al-Badr (sciita) fu destituito da un golpe e fu
proclamata la Repubblica araba
dello Yemen del Nord, sostenuta
dall’Egitto di Nasser, mentre nel
1971 nel Sud nacque la Repubblica Democratica Popolare (di
stampo marxista), con capitale
Aden. I due Stati si riunificarono
nel 1990 e ne divenne presidente
lo sciita Ali Abdallah Saleh, che
era già stato alla guida del Nord
fin dal 1978. A partire dal 2004,
il movimento armato zaydita
Houthi (noto anche come Ansar Allah) ha combattuto ben
sei volte per l’indipendenza
contro il governo di Saleh. Nonostante l’intervento saudita, il
movimento ha resistito e ha acquistato credibilità. Sull’onda della cosiddetta Primavera Araba del 2011, Saleh è stato abbattuto e sostituito dal suo
vice Mansour Hadi (sunnita),
ma gli scontri tra le due principali fazioni religiose sono prose-
Il complicato risiko yemenita
guiti e i morti sono stati migliaia.
La nuova ribellione armata houthi
nel gennaio scorso è scaturita da un
progetto di federalismo che avrebbe marginalizzato le regioni del
nord. Le milizie di Ansar Allah,
appoggiate da reparti dell’esercito
fedeli a Saleh, hanno preso il controllo della capitale e di altre sette
province, tra cui Taiz e Aden. Hadi
si è dimesso ed è fuggito. L’alleanza tra Saleh e gli houthi, dopo le
battaglie del decennio precedente,
non deve sorprendere: gli houthi
hanno bisogno di un leader sciita
riconosciuto e Saleh ha bisogno di
truppe per rovesciare il governo.
Hanno inoltre un nemico comune:
il partito Al Islah, il ramo yemenita dei Fratelli Musulmani, alleato
di Hadi e sostenuto dal Qatar. A
questo punto è sceso in campo un
nuovo protagonista: lo Stato Islamico, che ha rivendicato gli attentati
suicidi che hanno provocato centinaia di morti nelle moschee sciite. Gli islamisti radicali avevano fatto la loro comparsa nello Yemen
nel 1994, quando i veterani della
guerra contro i sovietici in Afghanistan tornarono e contribuirono a
soffocare una rivolta che intendeva
ricostituire la Repubblica Popolare
nel Sud. Cacciati dall’Arabia Saudi-
ta, i jihadisti stabilirono le proprie
basi nello Yemen finché nel 2009
dall’unificazione dei rami yemenita
e saudita di Al Qaeda è nata Aqpa
(Al Qaeda nella Penisola Arabica).
Nonostante le campagne statunitensi di omicidi mirati e bombardamenti con i droni, che sotto Obama
si sono moltiplicati rispetto ai tempi
di Bush, Aqpa non è stata annientata ed anzi lo Yemen
è diventato uno dei
nodi più importanti
del jihadismo internazionale. In questo
rompicapo l’Occidente e il suo miglior
alleato nella regione,
l’Arabia Saudita, che
ha 1700 chilometri di
frontiera con lo Yemen, si sono trovati
di fronte ad una scelta: contrastare lo Stato Islamico e Aqpa
in nome della “lotta al terrorismo”,
o impedire un rafforzamento del
pericolo pubblico numero uno, l’Iran sciita che sostiene gli houthi. L’Iran controlla direttamente lo
stretto di Ormuz che consente
l’accesso al Golfo Persico. Se gli
Houthi conquistassero lo Yemen,
potrebbe minacciare anche lo stretto di Bab el-Mandeb, da cui passano tre milioni di barili di petrolio
al giorno diretti nel Mar Rosso e
quindi attraverso Suez nel Medi-
terraneo. L’Arabia Saudita alla
fine ha deciso di intervenire direttamente contro gli houthi e il 26
marzo ha lanciato l’operazione
“Decisive Storm”, il più imponente intervento militare della
sua storia recente. All’operazione, sotto la bandiera della Lega
Araba, partecipa una coalizione
che comprende dieci paesi tra cui
Pakistan ed Egitto. Insomma, la
“lotta al terrorismo” può aspettare. Del resto questi strani islamisti
radicali non hanno ancora sparato un colpo contro Arabia Sau-
L’intervento
dell’Arabia
Saudita punta a
garantire la libera
circolazione delle
superpetroliere nel
Mar Rosso
dita (e Israele) e sembrano prendersela soprattutto con gli sciiti, i
kurdi e i palestinesi. Intanto però l’Arabia Saudita (e
Israele) hanno dovuto incassare
il brutto colpo dell’accordo sul
nucleare tra Usa e Iran. Vedremo
come finirà questa drammatica
partita di risiko.
MEDIO ORIENTE/2 - Nell’ex paese governato da Assad sono in corso due differenti conflitti
DARIO MASSIMO NENALI
I
motivi del caos siriano, ingarbugliato da quattro anni di guerra
civile, sono radicati nella storia stessa del paese: esistono numerose minoranze, da quella curda stimabile
nel 10% della popolazione, concentrata nel nord del paese e nella
città di Aleppo, a quelle turcomanne, assire, circasse, persino cecene,
diffuse in tutto il territorio. Alla
varietà etnica si sovrappone quella
religiosa: i sunniti, che esprimono
la maggioranza della popolazione,
sono divisi in molteplici fazioni
politiche, molte delle quali radicali;
ad essi si aggiungono sciiti, alawiti, drusi, cristiani, zoroastriani. Per
circa cinquant’anni gli Assad hanno detenuto saldamente il potere
politico in equilibrio tra la dittatura
militare e la dinastia familiare, sotto
il segno del partito Baath (di ispirazione socialista araba) e dell’appartenenza sciita. I paesi occidentali
avevano sostenuto sin dal 2011 la
creazione di un Esercito Siriano Libero (Fsa) per contrastare l’esercito
regolare. Tuttavia l’Fsa è un aggregazione di decine di gruppi armati
uniti soprattutto dai finanziamenti
occidentali: nel corso degli anni
esso ha ceduto potere ed uomini
a vantaggio di Daesh (Isis) e del
Fronte Islamico, più efficaci nell’or-
Le guerre parallele in Siria
ganizzazione militare e nella proposta
politica.
Gli attori in guerra
Al momento esistono almeno 5 attori
chiave nel conflitto siriano: 1) il Fronte Islamico, la fazione più attiva,
presente dal Nord al Sud a ridosso
delle principali città (Aleppo, Idlib,
Damasco, Daraa), di ideologia salafita e jihadista. Non riconosce la Coalizione Nazionale Siriana come interlocutore politico e mira ad instaurare un
emirato islamico in Siria. È pesantemente finanziato dall’Arabia Saudita,
che controlla in parte anche le decisioni strategiche sul campo; 2) il Fronte
Al Nusra, affiliato ad Al Qaeda, presente attorno ad Aleppo e Idlib; 3) il
Daesh (oggi comunemente chiamato Isis), che controlla l’Est desertico
del paese dal confine iracheno verso
Raqqa (il loro quartier generale), parte
di Der ez Zor e dell’Ovest nella provincia di Aleppo e in molti punti del
Nord a contatto con il confine turco;
4) il Rojava, la regione autonoma curda costituita dai tre cantoni di Afrin,
Cizre e Kobane a ridosso del confine
turco e curdo­iracheno; 5) l’esercito siriano fedele agli Assad che non ha ceduto il controllo di nessun capoluogo
tranne Raqqa e Idlib, gestisce le parti
arabe delle città di Hasakah e Qamishlo (le parti curde sono in mano alle
Ypg­Ypj) e combatte con tenacia a Damasco ed Aleppo. La situazione sul
campo è però molto fluida: le fazioni
anti­Assad creano e rompono alleanze
con frequenza e non è raro che pur in
presenza di un’alleanza territoriale da
una parte, le stesse fazioni siano in lotta in un’altra zona del paese. Il Fronte
Islamico mira alla creazione di due di-
stinte aggregazioni militari: l’Esercito
della Conquista e il Fronte del Levante. Il primo è l’unione di sette gruppi
armati tra cui il Fronte Islamico ed Al
Nusra ed è stato creato per prendere
la città di Idlib, secondo capoluogo
(dopo Raqqa) fuori dal controllo di
Assad. Qui è entrata in vigore la legge
islamica. Il Fronte del Levante invece
unisce diverse formazioni islamiste
(Al Nusra esclusa) ed è localizzato ad
Aleppo nella battaglia per il controllo della più grande città siriana
del Nord.
Il Rojava
A pochi chilometri sembra svolgersi un’altra guerra: le unità di
difesa del popolo (Ypg) e quelle
delle donne (Ypj), che controllano
i tre cantoni autonomi del Rojava,
lottano contro i miliziani di Daesh
che per lunghi mesi hanno assediato Kobane senza successo ma ne
hanno distrutto quasi interamente
l’abitato. La linea di combattimento rimane mobile con le forze curde
a dar battaglia attorno alla città di
Sarrin, ultimo avamposto di Daesh
nel cantone di Kobane, e attorno a
Tall Tamer, nel cantone di Cizre. In
queste manovre le armate di Assad
restano in disparte perché danno
priorità alla lotta contro i ribelli del
Fsa piuttosto che contro Daesh.
Solo alcune unità del Fsa stanno
supportando la riconquista del cantone di Kobane grazie ad un’alleanza che ha messo fine anche agli
scontri attorno al cantone di Afrin,
nel nord­ovest siriano. Così in Siria è
come se si conducessero due guerre
differenti e parallele: una nel Nord,
tra curdi e Daesh, una nel centro e
nel sud tra Fsa, Fronte Islamico ed
esercito regolare, con Al Nusra talvolta come attore autonomo, altre
volte legato alle forze anti­Assad.
in uscita dal 18 aprile 2015
3
interni
EXPO - La rassegna milanese minata nell’immagine da multinazionali, speculazioni e lavoro gratuito
FRANCO MARINO
E
xpo 2015 sarà un’esposizione
universale che si svolgerà a
Milano a partire dal 1 maggio fino
al 31 ottobre 2015. Il tema principale sarà ‘’Nutrire il pianeta, energia per la vita’’, vale a dire sviluppo
sostenibile, ecologia e condivisione
di benessere a livello globale. Per
ospitare Expo 2015 la città di Milano ha messo a disposizione una
delle ultime aree verdi della città
per circa un milione di metri quadri dove, dopo la cementificazione,
sono stati costruiti gli stand e i padiglioni. I visitatori previsti durante i
6 mesi di esposizione sono circa 20
milioni. La domanda che fin dall’inizio i gruppi No Expo si sono fatti
è: sarà un evento mirato a mettere
in discussione gli errori commessi
in campo economico, ecologico
e sociale dalla nostra società per
promuovere un nuovo modello
di sviluppo o invece, dietro a una
facciata di millantata eco-sostenibilità, si nasconderanno i soliti
interessi, le solite multinazionali e
le solite strategie di sviluppo che
vedono come unico protagonista il
lucro? Domanda retorica. Le multinazionali
dell’insostenibilità Expo 2015, ad esempio, dedicherà
un padiglione ai produttori della
Coca Cola. Solo per l’altissima
concentrazione di zucchero, questa bevanda è considerata a livelli
di rischio per il corpo umano e
una delle prime cause di obesità.
Senza contare le accuse documentate dalla Harvard University
sulle potenzialità corrosive a livel-
La truffa Expo 2015
lo osseo e di quelle sull’uso di Ogm.
In India, numerose comunità hanno
denunciato lo spropositato sfruttamento delle risorse idriche, mentre
a Panama la Coca Cola è stata condannata al pagamento di una multa
di 300.000 dollari per l’inquinamento
provocato all’ecosistema locale attraverso lo scarico non autorizzato di
acque inquinate. In Colombia sono
cronaca contemporanea, invece, le
uccisioni dei sindacalisti scomodi. Un altro partner sarà Eni di cui sono
più o meno note le modalità estrattive e i disastri compiuti nel delta
del Niger. È il caso ad esempio del
gas-flaring: nonostante il governo lo
abbia vietato dal 1978, è praticato
impunemente da Eni che brucia a
cielo aperto il gas che fuoriesce dai
giacimenti durante l’estrazione del
petrolio, non recuperandolo come
avviene nei paesi occidentali, perché
troppo dispendioso. E quindi è più
profittevole ammalare ambiente e popolazione. La percentuale di tumori
nella regione è schizzata alle stelle,
rapporti sanitari parlano di aborti e
malattie croniche della pelle e delle
vie respiratorie. Insomma, l’Expo
2015 sarà la grande fiera del saccheggio globale e di quell’industria energetica e agroalimentare che ha come
unico obiettivo quello di valorizzare i
propri capitali quotati in borsa e non
certo quello di nutrire il mondo in
modo sano. Ed a corollario ci saranno tutta una serie di multinazionali
delle armi come Selex, o dell’energia
come Enel, che ultimamente ha puntato anche su carbone e nucleare. Speculazioni e lavoro gratuito È notizia ormai quotidiana che la
grande esposizione abbia trascinato con sé corruzione e infiltrazioni
mafiose negli appalti, oltre che alti
costi per la collettività a fronte delle
briciole di ritorno. Due esempi su tutti. Il primo è che, solitamente, per le
esposizioni universali si scelgono terreni di proprietà pubblica. In questo
caso l’area è invece privata. È stata
acquisita da una società costituita ad
hoc (Areaexpo Spa), pagando ben
49.615.642,50 euro di soldi pubblici
al costruttore milanese Cabassi. Infine il lavoro: “Expò sarà un’enorme
opportunità di lavoro”, dicevano.
Con un accordo del luglio 2013 l’ente
Expo, le imprese e le istituzioni han-
no concordato con Cgil-Cisl-Uil
che gran parte di coloro che faranno funzionare la Fiera lo faranno
gratuitamente. Circa 800 persone
lavoreranno con contratti a termine, di apprendistato o da stagista,
che garantiranno una retribuzione
di 400/500 euro mensili. Siccome
i contratti e le leggi avrebbero previsto condizioni più favorevoli per
i lavoratori, si è applicato quel principio della deroga normativa, con-
CocaCola,
McDonald’s, Eni e
tante altre:
il trionfo del sistema
multinazionale
e della loro
nocività globale
tro il quale la Cgil si era spesso pronunciata. Ma questi 800 lavoratori
sottopagati sono comunque una
élite rispetto agli altri che avranno
un orario giornaliero obbligatorio
e turni ma senza alcuna retribuzione. Saranno considerati volontari e
riceveranno solamente dei buoni
pasto quotidiani. Nelle previsioni
iniziali questi “fortunati” avrebbero dovuto essere 18.500, da qui le
dichiarazioni sui 20.000 posti di lavoro creati dalla magia dell’Expo.
Ora invece pare che siano meno
della metà. Il 1 maggio a Milano
ci sarà una grande manifestazione
contro questa rassegna ipocrita:
buon No Expo a tutt*.
JACK RR
FINANZA - Il Quantitative Easing rischia di non avere effetti nell’economia reale locale
L
I soldi della Bce nelle mani sbagliate
a Bce da alcuni mesi sta cercando di riattivare l’economia
dell’Eurozona utilizzando strumenti monetari che permettano di
rimettere in mano ad aziende e famiglie dei soldi con la speranza di
vederli circolare il prima possibile
nel sistema economico reale. È opportuno ricordare che l’economia è
la risultante delle economie locali,
per cui quando una manovra a livello europeo viene intrapresa se ne
dovrebbero necessariamente attendere gli effetti a livello locale. Ma
c’è chi si tiene la nuova liquidità
in mano facendone un uso diverso
dall’erogazione di credito. Le manovre della Bce. Nel giugno
2014 il Consiglio europeo annunciò l’avvio di operazioni mirate di
rifinanziamento di lungo termine
(Tltro). Poi nel settembre 2014 fu la
volta del programma di acquisto di
Abs emessi in seguito alla cartolarizzazione di crediti bancari a imprese e famiglie (Abspp) e di obbligazioni bancarie garantite (Cbpp3),
con l’obiettivo di favorire il credito
all’economia reale e di stimolare la
crescita attraverso un aumento della dimensione del bilancio dell’Eurozona. Queste misure di riattivazione erano improntate a dare alle
banche, in base alle loro richieste e
alle loro previsione di domanda di
credito, masse di denaro a bassissimo costo. Infatti dobbiamo ricor-
dare che anche l’abbassamento del
tasso di sconto degli ultimi anni è stata la prima grande manovra. Recentemente abbiamo letto del programma di “alleggerimento quantitativo”
(Quantitative Easing), dove la Bce va ad
acquistare soprattutto i titoli di Stato
per farne aumentare il corso e diminuirne gli interessi nella speranza che
gli investitori si rivolgano alle azioni
dei settori privati dando una spinta
propulsiva all’economia reale. L’economia reale locale. I dati più recenti relativi all’economia provinciale
forniti da Banca d’Italia ed elaborati
dal Centro Studi Livorno si fermano
al giugno 2014, dove però si possono
valutare sia la
caduta degli
investimenti
aziendali tra
insolvenze e
avversioni al
rischio d’impresa, che la
caduta
dei
consumi delle famiglie, le
quali tendono
a ridurre il ricorso al credito
al consumo. Le
sofferenze bancarie sono salite del
45% in un anno quindi il rischio insolvenza è altissimo e indica che delle
prime manovre Bce 2014 non se ne
è sentita la spinta, prova che le manovre monetarie possono anche non
creare effetti propulsivi, specialmente in un mondo globalizzato dove se
decido di non comprare un titolo di
Stato italiano non è detto che compri
un’azione di un’azienda che produce
qualcosa di reale a Livorno. Questo le
istituzioni locali dovevano averlo già
capito almeno dal 2002, elaborando
una strategia per arginare la crisi ed
esercitare quel ruolo per cui son state
costruite: regolazione delle tensioni
sociali. Il territorio livornese non può
sopportare un altro anno di queste
tendenze da stato di liquidazione per
cui se possono essere raccolti anche
una piccola parte dei vantaggi generati dalle operazioni monetarie della
Bce, non possiamo permetterci di
sprecarne neanche un grammo. Grazie all’”alleggerimento quantitativo”
il bilancio della Banca d’Italia è cresciuto di 150 miliardi di € (+30%), ma
non sono andate nelle mani giuste.
Per capire quali siano le mani giuste
Con il Quantitative
Easing il bilancio
della Banca d’Italia
è cresciuto di
150 miliardi, ma non
sono andati nelle
mani giuste
dovremmo approfondire la ricerca
per arrivare a decidere quali tipi di
prodotti e servizi potranno avere un
futuro a vantaggio del benessere di un
numero di persone sempre maggiore,
dal quale si generino effetti sociali
positivi e non solo monetari. Sul
piano politico locale deve emergere
la denuncia delle contraddizioni di
un sistema deflazionario dove accanto ad un “allentamento quantitativo” rimane in atto il Patto
di Stabilità che ha distrutto la domanda pubblica. Una gestione di
successo delle aziende partecipate
con l’avvio di servizi all’avanguardia (e dove il coinvolgimento della
popolazione avvenga sia finanziariamente che nell’offerta di forza
lavoro) è un obiettivo ragionevole
e raggiungibile per riportare anche
un’iniziativa privata più coerente
con la vita degli abitanti. Il ciclo
dei rifiuti, la qualità delle acque, la
mobilità, il rapporto porto-città, i
servizi turistici, la qualità ambientale, la pesca e i servizi alla persona
nelle varie specializzazioni sono
tasselli di un’economia locale sana
e che devono trovare aiuto in parte
in quei 150 mld di nuova costituzione che il sistema delle banche
commerciali locali deve impegnarsi a mettere a disposizione, senza
utilizzarli per la soluzione dei propri problemi aziendali o immettendoli nei mercati finanziari.
4
Livorno
anno X, n. 103
INTERVISTA ESCLUSIVA AL SINDACO DI LIVORNO NOGARIN - Nuovo ospedale, ex Trw,
Chiccaia, tagli, partecipate, stipendi, partecipazione, elezioni regionali e altre questioni
“L’accordo con Rossi sul Prp
deve essere difeso dalla città”
C
ome redazione di Senza Soste abbiamo chiesto al sindaco Nogarin un’intervista. Lo
abbiamo fatto per due principali
motivi: il primo perché è sotto
gli occhi di tutti, e dentro le statistiche, che la città stia attraversando una profonda crisi occupazionale e sociale, secondariamente perché le scelte che verranno fatte in questo periodo
sono fondamentali per il futuro
della città o per il suo definitivo
affossamento. Qualche anno fa
avemmo un contatto informale
con l’ex sindaco Cosimi per
un’intervista, ma probabilmente
la poca fiducia reciproca non
permise di concretizzare. A differenza del passato, quindi, abbiamo scelto di fare una richiesta “formale” al sindaco in carica, non certo per sostegno politico o voglia di scoop, ma perché
riteniamo che questa amministrazione, nonostante limiti e difetti che ognuno potrà valutare
nella sua esperienza quotidiana,
abbia necessità (e possibilità) di
confrontarsi, e a differenza delle
precedenti amministrazioni ha
“mani libere” e non deve rispondere direttamente a poteri o sistemi di potere consolidati e incancreniti di questa città. Siamo
andati quindi nell’ufficio del sindaco e abbiamo fatto due ore di
intervista. Le domande da fare
sarebbero state molte di più ma
in questa prima intervista abbiamo puntato su quelli che consideriamo i temi più caldi e attuali
oppure le critiche più frequenti a
questi primi 10 mesi di mandato. Purtroppo per motivi di spazio quella che potete leggere è
una sintesi e in certi passaggi
una semplificazione, ma speriamo che possa servire a chi ci legge come un promemoria e una
bussola per riuscire a tirare le
somme tra quattro anni oppure
per valutare meglio alcuni passaggi che ci saranno nei prossimi mesi. La variante anticipatrice è passata con molti mal di pancia,
anche legittimi, della maggioranza. Come pensate ora di fermare quelle parti del Piano Regolatore Portuale che ritenete a
rischio speculazione? Nel braccio di ferro che ho avuto
con Rossi ho cercato proprio di
portare a casa un accordo in
questo senso. Alla fine ce l’ho
fatta ma sia chiaro che si tratta
di un accordo politico e che
quindi oltre a me e la mia maggioranza, dovrà essere la volontà della città, a farlo rispettare.
Ho ottenuto che ci sia un tavolo
tecnico con Regione e Autorità
Portuale per rivedere quelle parti di Prp a rischio di diventare
una Porta a Mare 2. E nei protocolli firmati ho fatto inserire operazioni importanti per la valorizzazione della città come lo spostamento del depuratore per rilancia-
“L’ospedale deve
rimanere in viale
Alfieri, i soldi della
Regione per il nuovo
non ci sono mai stati”
re la Venezia e l’abbattimento del
Ponte Santa Trinita per valorizzare la Fortezza Vecchia e i fossi.
Siamo in gioco e dobbiamo farci
rispettare. Infine ho ottenuto anche che i milioni anticipati dalla
Regione per quella che doveva essere la nuova viabilità per il nuovo
ospedale non vadano restituiti ma
utilizzati per la
viabilità prevista. Dopo il no al nuovo ospedale, tutti
ora aspettano l’alternativa. Intanto voglio precisare una cosa. I
famosi 100 milioni
o più della Regione che venivano
sbandierati non ci sono e non ci
sono mai stati. E per chiarire questo aspetto siamo partiti in nove
da Livorno per andare a confrontarci con l’assessore regionale alla
sanità Marroni. Quell’ospedale si
sosteneva finanziariamente sul
project financing, cioè i privati, e
la vendita del patrimonio immobiliare Asl. Certo lo sappiamo. Però un’alternativa serve e tutti se la aspettano in tempi dignitosi. I nostri uffici stanno lavorando sul
vecchio piano Mariotti in collaborazione anche con l’Osservatorio
delle Trasformazioni Urbane. Mi
prendo la responsabilità di dire
che con una riqualificazione energetica e architettonica, l’ospedale
di viale Alfieri può diventare funzionale alle nostre esigenze perché
è un ospedale nato dalla genialità
di un “visionario” come l’ingegner Costa. Disastro abitativo. Ogni giorno
la città è sull’orlo di esplodere
socialmente sul problema degli
sfratti. Cosa pensate di fare? Partiamo dal palazzo della Chiccaia. Sulla Chiccaia ci
sono diversi aspetti
da valutare. Non è
un palazzo con
problemi strutturali ma è un palazzo
in cui la qualità
della vita è bassissima e dove ci sono
problemi di umidità essendo appoggiato direttamente in terra.
Razionalmente andrebbe buttato
giù e rifatto. Però fino ad oggi quando si è buttato giù non si è mai ricostruito,
e se lo si è fatto è avvenuto con
“All’ex Trw un
polo tecnologico
legato al Gnl e alla
sensoristica”
anni di ritardo e con un
saldo di abitazioni negativo che la
città non può
permettersi. Vero. Serve
un percorso
che faccia da
volano. Un
percorso partecipato di riqualificazione urbana. Il
problema è
trovare uno
spazio transitorio
che
tamponi l’emergenza.
Bisogna vedere se si riesce a trovare
delle strutture e degli spazi dove poter
gestire la fase
di transizione di tutti
quei palazzi
che andrebbero
rifatti
nei quartieri
da riqualificare. Capisco anche
chi mi dice che meglio alla Chiccaia che in macchina o sotto un
ponte. Allora rimarrà in piedi? La Chiccaia resterà in piedi finché
non avremo altre soluzioni. Non si può nemmeno ricondurre
il problema delle occupazioni
solo alla legalità, perché qui esiste un problema di diritti, di giustizia e di disastro sociale. Noi non vogliamo schiacciare tutto sotto l’egida della legalità e anche ai tavoli istituzionali con la
Prefettura cerchiamo sempre di
dare priorità ad altri aspetti. Abbiamo mandato anche delle osservazioni in quel senso alla legge
regionale Saccardi che penalizzava in modo impietoso certi soggetti e le occupazioni. La casa è
un diritto e su
questo non ci
piove. Però sia
chiaro che cercheremo di essere
inflessibili
contro i furbi con
macchinone e I-Phone, e chi sfrutta certe situazioni per avere privilegi o chi li ha ereditati dalla famiglia. La questione dei furbi col Suv e
la casa popolare si vende bene al
popolo. È un fenomeno che esiste ed è giusto combattere ma
quantitativamente è marginale e
non risolve il problema. Quale
idea di edilizia pubblica avete? Nella gestione, spesso clientelare, e piena di inefficienza
dell’Erp (Edilizia Residenziale
Pubblica), il disastroso Pd su
una cosa ha ragione: che il sistema di gestione e manutenzione del sistema Erp è diventato economicamente insostenibile. Il problema a cui bisogna rispondere, e a cui il Pd e
Renzi non hanno intenzione di
farlo, è di trovare un’alternativa. Quale sarebbe allora la discontinuità col Pd? Per me serve un sistema integrato tra patrimonio pubblico,
canoni concordati ed emergenza abitativa, ma soprattutto abbassare i costi degli affitti attraverso un sistema di supertassazione per coloro che accumulano immobili e appartamenti e li
tengono sfitti. Lo stesso per chi
ha fondi commerciali. Cosic-
“Grande
distribuzione
deleteria, ma
con Esselunga
arriveranno al
Comune i palazzi di
viale Petrarca”
ché dopo due anni è più conveniente affittarli a prezzi bassissimi che tenerli vuoti. Invece
come proposta per l’emergenza
casa vorrei lavorare sulla Torre
della Cigna che giace lì inutilizzata e invenduta. E sto lavorando anche con Esselunga per il
conferimento di alcuni immobili. Cosa c’entra
Esselunga? I palazzi accanto al supermercato Magenta2
(ex
Fiat) che ora
sono scheletri,
una volta terminati potrebbero
essere
conferiti
al
Comune. Rientrerebbe in quella parte di accordo con Esselunga per cui,
riconoscendo che la grande distribuzione è deleteria per i
quartieri e una serie di piccole
attività, serve una serie di accordi affinché debba necessariamente attingere dai cicli produttivi territoriali ed interagire
“Per ora la Chiccaia
rimane in piedi, ma
serve un’alternativa
di transizione per
riqualificare
i quartieri”
in uscita dal 18 aprile 2015
5
Livorno
“Livorno polo del Gnl, ma serve
il bacino per riconvertire le navi”
con il resto del piccolo commercio. Su Esselunga ci torneremo nel
prossimo futuro. Per concludere il discorso su emergenza casa
e patrimonio pubblico, cosa ci
può dire sull’acquisizione della
Ex Caserma Del Fante e altro
patrimonio demaniale? Sulla Ex Caserma Del Fante la
linea è quella dell’acquisizione e
dell’autorecupero facendo un
percorso che porti alla presenza
di progetti con finalità sociale.
Però voglio chiarire che il nostro
percorso non potrà che essere
all’interno della legalità nei confronti dei regolamenti a cui dobbiamo sottostare e della trasparenza nei confronti della città. Passiamo alle note dolenti delle
società partecipate in attuale
emergenza. Partiamo da Ctt e
trasporto urbano. Il bando regionale che porterebbe ad un gestore unico del trasporto su gomma urbano ed extraurbano è continuamente rimandato e ciò fa già capire che il
percorso non convince molti. La
nostra volontà è uscire da quel
percorso e la mia pressione verso Ctt per ottenere i dovuti 22
nuovi autobus urbani, va in quel
senso. Il Ctt avrebbe voluto darmi i bus extraurbani ma io mi
sono impuntato per avere quelli
per il trasporto urbano. Passiamo ad Aamps e l’ingresso in Reti Ambiente. Aamps è stata fino a ieri l’elemento con cui si è creato il consenso elettorale di questa città.
Aamps è in difficoltà finanziarie, inutile negarlo. Da poco si è
insediato un nuovo management
che ha due obiettivi primari: ridurre i costi attraverso la reinternalizzazione di alcuni servizi e
la valorizzazione di strutture
come i laboratori che sono un
fiore all’occhiello e le officine
che puntiamo a far diventare un
servizio per tutte le partecipate
del Comune ottimizzando i costi con economie di scala. Su
Reti Ambiente posso dire che
sicuramente non ci entreremo
con l’obbligo di costruire un
nuovo inceneritore o di fare la
terza linea. Spero che a breve
potremo dare maggiori dettagli. Sul Comune aleggia da anni il
buco misterioso di Spil. Cosa ci
può dire? Su Spil posso dire che cesserà di
essere un’azienda immobiliare a
cui venivano conferiti terreni e
immobili del Comune per poi
usufruire di cambi di destinazione d’uso e incassare da queste
speculazioni immobiliari. Spil
tornerà a fare l’azienda vera e ci
concentreremo sull’attività dei
parcheggi con la quale l’azienda
si finanzierà. E accanto a questa
attività vorremmo che Spil diventi il soggetto che gestisce le
attività di start-up di aziende sul
territorio e lo faccia dentro l’ex
Delphi ed ex Trw, nel Polo Tecnologico. A proposito, cos’è questo Polo
Tecnologico di cui si parla insieme alle bonifiche e ad alcuni pare
solo un sogno? Nell’era post-industriale Livorno
non può pensare di fare a meno di
ricerca e sviluppo in settori strategici. Io penso che questa città abbia i cervelli, le strutture e le capacità per puntare a due settori specifici: il primo è quello di polo del
gas Gnl. Livorno può diventare
un polo europeo per la riconversione e il rifornimento dei motori
delle navi a Gnl come ha indicato
anche l’Unione Europea. Ma per
fare questo serve il bacino grande
a Porta a Mare. Non le villette che
anche tanti sindacalisti difendono.
Il secondo settore su cui specializzarsi sarebbe quello della sensoristica e del business degli “open
data”: dal monitoraggio del traffico a sistemi dimmerabili (attenuazione graduale della luce) di energia nelle strade pubbliche. Queste
cose per ora non le fa nessuno, ma
è un settore in incredibile espansione nel prossimo decennio. Appalti e servizi esternalizzati.
Come pensate di tutelare tutti
quei lavoratori che operano in
“I tagli al sociale e
alle associazioni un
rischio che bisognava
correre, ora
dobbiamo ricostruire
il sistema di tutela dei
più deboli”
appalti e servizi banditi dal Comune e dalle partecipate e che
sono poco tutelati e sempre in
balìa dei rinnovi di appalto? La
clausola di salvaguardia del posto di lavoro ci pare il minimo.
Ma come pensate di intervenire
per una maggiore tutela su professionalità e anzianità che fino
ad ora non abbiamo visto? Il nostro obiettivo è reinternaliz-
zare i servizi dove si può. C’è, in
questo periodo storico-economico-politico, un percorso di speculazione tramite le esternalizzazioni (o a volte tramite privatizzazione). Purtroppo questo è anche
causa del Patto di Stabilità. Io
sono per il
pubblico ma
devo fare i
conti con le
nor mative
che impongono tagli.
La normativa sugli appalti non mi
permette tutte le tutele su
contratti e
anzianità
anche se sarebbero giuste. E il Jobs
Act complica tutto. Ma abbiamo visto che laddove i
lavoratori lottano e fanno emergere il problema e interviene il
sindacato, poi alla fine qualcosa
sugli appalti si ottiene. Da una parte posso tutelare il lavoratore, ma dall’altra non ho soldi e quindi posso al massimo spo-
starli per queste tutele, ma sottraendoli da altri servizi. La vera lettura politica è che Renzi si è scordato di cosa voleva dire fare il
sindaco: la spending review la sta
facendo a spese dei servizi ai cittadini passando dalle Pubbliche
Amministrazioni e non dai costi
della politica, quella vera di Camera, Senato, Parlamento. A proposito di reinternalizzazioni. I tagli al sociale hanno lasciato molti dubbi così come il fatto
che gli uffici comunali che dovranno occuparsi di alcuni servizi siano in grado di farlo. I tagli al sociale, cioè ai soggetti
che gestivano alcuni servizi, Caritas e Arci in primis ma anche altri,
sono l’inizio di un percorso che
vuole cambiare un approccio al
problema evitando valanghe di assegnazioni dirette di servizi e soldi per il sociale e riportando tutto
sotto l’alveo dell’amministrazione, naturalmente con la possibilità
di interagire con soggetti esterni e
insieme alla città. Certo, ma qui si parla di persone
con problemi reali e quotidiani e
se pensiamo alle unità di strada,
allo sportello migranti, alle ca-
selle di posta per i senzacasa o
alla gestione di servizi per indigenti, vediamo che a quel sistema
che non vi piaceva o che ritenete
funzionasse male o fosse troppo
costoso e poco trasparente, ora si
rischia che per un periodo non ci
sia nulla o meno di prima. E su
certe persone deboli non ci sono
esperimenti che possono prevedere periodi di transizione.
Sappiamo che abbiamo intrapreso
un percorso rischioso. Ma non potevamo continuare come prima.
Per motivi di bilancio e perché era
diventato un sistema fuori da ogni
controllo e senza una visione di
insieme ma con una logica di
spacchettamento. Il nostro elettorato ci ha dato mandato di smantellare un sistema, noi abbiamo
fatto questo e adesso dobbiamo
ricostruirlo insieme alla città. Passiamo ora ad alcune domande
che riguardano, a nostro avviso,
alcune parti disattese del vostro
programma elettorale o che comunque hanno generato molti
malumori in città. Il primo sono
gli strumenti di partecipazione,
che certamente non possono
esaurirsi nei meet-up come qualcuno dei 5 Stelle ha detto. È vero. Sugli strumenti di partecipazione ci sono
stati ostacoli, dovuti ai tanti impegni da parte di
tutti, ma posso
assicurare che da
parte dell’amministrazione c’è
sempre stata tanta disponibilità
ad ascoltare tutti. Ma quello che
conta sono gli strumenti, non gli
atteggiamenti… Stiamo affinando tecnicamente un
sistema per un modello di referendum partecipativo attraverso una
tecnologia che usa codici e cellulari. Dobbiamo ora testare la sicurezza del sistema contro fake o altre
truffe. Poi naturalmente servirà un
regolamento comunale a cornice
di questo. Stiamo sperimentando.
Inoltre è in campo il percorso partecipato su Borgo e Porta a Mare a
cui spero partecipino in molti. Tagli agli stipendi della giunta del
10%. È stato un vostro cavallo di
battaglia ma alla fine fate una donazione volontaria ad una associazione, Reset, che è sotto il vostro controllo. L’autotassazione
per le proprie organizzazioni è un
sistema che esiste da decenni in
molti partiti dove arrivavano anche al 50%. Dov’è quindi la novità? Intanto c’è da premettere che noi
rinunciamo al nostro stipendio da
amministratori che non è certo
quello che percepiscono al Governo, Parlamento e Regione. Ma la campagna sugli stipendi
l’avete fatta voi, non chi ha dubbi
sul vostro sistema. Abbiamo deciso di fare la donazione volontaria ad una nostra
associazione per evitare che i
soldi finissero nelle maglie
dell’amministrazione e fossero
spesi a copertura di atti che facevano perdere il senso della no-
“Non temo i risultati
delle regionali,
siamo qui
da 10 mesi
e andremo avanti”
stra scelta. Per quanto riguarda
l’associazione, è stato solo uno
strumento, una volta che raggiungiamo un buon budget faremo un tavolo partecipato per
deciderne la destinazione. A noi
basta che quei soldi vadano a finire in progetti concreti che possono tamponare alcune situazioni gravi. Un’altra cosa che molti si
aspettavano fin dalla vostra
vittoria era l’apertura dei famigerati cassetti. Avete trovato
qualcosa o no? Se sì, cosa? Abbiamo trovato cose interessanti. Stiamo lavorando per far
sì che si metta in sicurezza un
percorso per evitare che a causa
di scelte del passato folli, si
mandi in fallimento il Comune.
Ultima domanda. Tra poco più
di 2 mesi ci saranno le elezioni
regionali: pensa che un eventuale cattivo risultato elettorale potrà avere ripercussioni sulla giunta o la maggioranza? No. E vi dico perché. Intanto
perché il nostro Movimento
penso non sia strutturato per un
ente intermedio come le Regioni. A mio avviso possiamo avere
buoni risultati a livello nazionale come abbiamo avuto alle ultime elezioni oppure possiamo
crescere a livello amministrativo
nelle città. Ma il livello regionale lo conquisti col tempo e con
l’esperienza amministrativa. Io
procedo tranquillo nel mio lavoro, non tiro le somme dopo 10
mesi dalla vittoria in una città
che veniva da decenni di monocolore. Non penso nemmeno
che ci possano essere problemi
con la giunta o i consiglieri. Con
loro semmai i problemi sono altri ma è anche naturale perché i
ruoli che abbiamo sono diversi.
È normale che io tenga sempre
una posizione e un profilo di
equilibrio istituzionale mentre
nella mia maggioranza a volte ci
sono tendenze ad entrare a gamba tesa nei problemi e nelle discussioni. Comunque chi non ci
vuole bene dovrà sopportarci
ancora qualche anno. Senza Soste redazione
6
per non dimenticare
anno X, n. 103
APRILE 1945/1 - Per il 70esimo anniversario della Liberazione la grande festa livornese al Castellaccio
I
l Centro Politico 1921 anche
quest’anno per le celebrazioni
del 70° anniversario della Liberazione propone una grande festa al
Castellaccio presso l’ex campo di
calcio di via della Porcigliana. La
festa quest’anno prevede fin dalla
mattina ben due possibili escursioni nei boschi delle colline livornesi,
entrambe termineranno alle “Grotte dei banditi”, rifugio e base del X
Distaccamento Oberdan Chiesa
durante la Resistenza. Successivamente nell’ex campo di calcio verrà
organizzato un pranzo e ci sarà il
concerto della Banda Popolare dell’Emilia Rossa con canzoni di lotta.
Questo è il programma, ma dietro
c’è un’organizzazione molto più
vasta che ha anche un importante
valore storico e di conservazione
della memoria.
Già l’anno scorso, come si può
vedere nel gruppo Facebook “25
aprile 2014 a Livorno - Festa al Castellaccio nei luoghi partigiani”, il
Centro Politico 1921 riscoprì queste
grotte. Fu un’impresa difficile trovarle nelle sterminate colline livornesi, per fortuna Giuliano Ciaponi
(un ex staffetta) li aiutò dandogli
indicazioni, anche se per la sua età
non poté accompagnarli. È stato
avvincente aver ripercorso quei sentieri l’anno scorso e leggere il racconto, recuperato dal comandante
del X Distaccamento Bruno Bernini, dal titolo “Il 10° distaccamento
partigiano e la liberazione della città”.
Quest’anno per celebrare il 70°
anniversario, sono stati intervistati
alcuni degli ultimi partigiani livornesi. Le interviste sono in parte
visibili sul gruppo Facebook “25
aprile 2015 a Livorno - Festa al
Castellaccio nei luoghi partigiani”.
In vista dell’anniversario, il giorno
11 Aprile è stato proiettato il video
delle loro interviste e sono state
consegnate delle targhe di riconoscimento a questi partigiani che
hanno combattuto per la nostra
libertà; molti di loro sono sconosciuti perché si sono defilati dalla
JOLLY HIDALGO COOKE
I
l 25 aprile è la data in cui in
Italia si celebra la Liberazione dal nazifascismo. In realtà
è una data simbolica perché la
vera fine della guerra avvenne
il 3 maggio 1945, come stabilito dalla formale resa di Caserta del 29 aprile. Davanti a ufficiali delegati americani, inglesi, tedeschi e a un osservatore
russo, viene stabilita una resa
incondizionata operativa dalle
ore 14 del 2 maggio.
Il 10 aprile 1945 il Partito Comunista emana la Direttiva
n° 16 nella quale diceva che
era arrivata l’ora di “scatenare l’attacco definitivo”. Il 25
aprile i repubblichini e i soldati tedeschi cominciano ad abbandonare Milano dove, come
si legge nel bellissimo libro di
Giovanni Pesce “Quando cessarono gli spari”, la popolazione si era ribellata, gli operai
avevano occupato le fabbriche
e i partigiani entrarono, dopo
Il nostro 25 Aprile
Il X Distaccamento partigiano al Castellaccio: al centro con gli
occhiali il comandante Bruno Bernini (foto di Alberto Vannini)
politica istituzionale, chi per carattere,
chi perché in disaccordo con le scelte
e i cambiamenti, nel tempo, del Pci.
Restano però le parole vive di ricordi
ancora lucidi di questi novantenni che
avrebbero forse dovuto essere onorati maggiormente in questi anni dalle
istituzioni e non dimenticati come è
avvenuto. Ecco chi sono i partigiani
livornesi intervistati, a cui anche noi
come redazione vogliamo mandare
un eterno ringraziamento per la loro
scelta di vita non scontata nella dura
lotta contro il fascismo.
Giuliano Ciaponi, classe 1925, è
colui che ha fatto riscoprire le grotte.
Giuliano operava a stretto contatto
col X Distaccamento del Castellaccio; conoscendo molto bene il bosco
e i sentieri nella macchia livornese, vi
accompagnava i ragazzi che si volevano unire ai partigiani. Ha salvato un
aviatore americano nascondendolo
nella sua stalla e curandolo. Ha avuto vari riconoscimenti dal Comando
americano.
Pierluigi Falca (nome di battaglia
Bubi), classe 1923, attivo nel Cln clan-
destino e
nella Resistenza di
Riparbella. Si ritiene molto
fortunato, molte
volte ha
rischiato la vita
nelle missioni che
ha svolto.
Saputo
che era ricercato si
dette alla
macchia e
aderì all’
VIII Distaccamento della 3ᵃ Brigata Garibaldi. Oggi, deluso dall’Italia di Renzi,
vorrebbe andare a vivere a Cuba dove
ha amici ed affetti. Ha pubblicato
la sua storia in due libretti dal titolo
“Le memorie di un Livornese” e “Storie
di Bubi - tra Livorno e Riparbella 1923-
2011”. Peccato che non vengano più
ristampati, perché sono introvabili.
Giuseppe Fusario (nome di battaglia
Il Marinaio), classe 1925, l’8 settembre
abbandona il Ministero della Marina
e diventa uno “sbandato” che rischia
la fucilazione. Dopo le parole di Radio Londra, Radio Mosca e di Ercoli
(pseudonimo di Togliatti) che invitavano i renitenti alla leva a combattere
contro il fascismo, decide di aderire
alla Brigata Garibaldi “Gino Bozzi”
sul Monte Cimone. Svolge numerose azioni di sabotaggio e guerriglia.
Si unisce ai gruppi di combattimento
del ricostituito esercito nella divisione
“Legnano” e risale da Bologna fino a
Milano tra l’euforia del popolo liberato. “Era scoppiata la pace” racconta.
APRILE 1945/2 - La fuga, la cattura e la morte del dittatore
La fine di Mussolini
Ilio Barontini e Walter Audisio
averla accerchiata, in città. La
sera stessa Mussolini fugge diretto a Como. La destinazione
era stata scelta perché pensava
che i controlli fossero minori, e lì
avrebbe potuto attendere l’arrivo
degli Alleati e consegnarsi a loro
dopo una trattativa. Il Duce aveva fatto convergere nella città lariana gli ultimi fascisti per avere
maggior peso contrattuale nella
resa. Alle 21.30, giunto a Como
con altri fascisti, Mussolini si
rende conto della difficoltà della situazione. Alcuni gerarchi gli
suggeriscono di rifugiarsi in Svizzera anche se le autorità elvetiche avevano già detto che non sarebbe stato fatto passare, altri gli
dicono di tornare a Milano. Alla
fine la decisione è di proseguire
verso Menaggio, dove giungono
alle 5.30 del 26 aprile. Mussolini
apprende che un aereo tedesco lo
attende a Chiavenna per portarlo
in salvo in Germania. Trova un
convoglio militare tedesco di 38
autocarri e si unisce ai duecento
soldati tedeschi diretti a Merano.
Dopo pochi chilometri vengono fermati ad un posto di blocco delle Brigate Garibaldi. I tedeschi ottengono di poter passare in cambio della consegna di
tutti gli italiani trovati a seguito
di una ispezione che si stabilisce verrà effettuata a Dongo.
Mussolini si traveste da tedesco
per passare inosservato. Indossa un cappotto e un elmetto da
sottufficiale della Wehrmacht e
fingendosi ubriaco sale sul quarto camion della colonna tedesca
con targa WH 529507. Verso le
ore 16 del 27 aprile, durante l’ispezione nella piazza di Dongo,
Mussolini viene riconosciuto dal
partigiano Giuseppe Negri. Di-
Dopo la Liberazione ha iniziato a
svolgere attività politica nel Pci.
Roberto Perez (nome di battaglia Il
Toscanino), classe 1925, chiamato
alla leva nella Repubblica di Salò,
diserta e si unisce alla 3ᵃ Brigata della Divisione Piacenza di Giustizia e
Libertà in Val Trebbia. Combatte a
lungo contro i rastrellamenti dei nazisti nel nord Italia. L’avanzata dei
tedeschi lo obbliga a indietreggiare
fin sulle Apuane. A Pietrasanta
raggiunge il Comando Alleato che
però non crede alla sua versione e
lo fa prigioniero portandolo in vari
campi di concentramento. Qui rimane come prigioniero di guerra
fino agli accertamenti avvenuti il
3 ottobre 1945. Per l’occasione, ha
consegnato delle memorie mai rese
pubbliche che verranno digitalizzate e pubblicate.
Mario Ristori, classe 1928, ha fatto parte della 28ᵃ Brigata Garibaldi
“Lori Terzo” operante nel ravennate. Deportato dai tedeschi della
Todt mentre era sfollato a Calcinaia, per fargli costruire la linea Gotica, riesce insieme ad altri a scappare e dopo aver vagato per giorni
alla ricerca di contatti con qualche
banda partigiana, si unisce alla Brigata Garibaldi e dopo varie azioni
di sabotaggio contribuisce, diciottenne, alla liberazione di Ravenna.
Avrebbe voluto arrivare fino a Milano con i partigiani, ma si ammala
di tifo e fa ritorno a Livorno.
Alberto Vannini, classe 1924, ha
fatto parte delle S.A.P. livornesi,
in accordo col Partito Comunista
clandestino svolge azioni di sabotaggio e di reperimento di armi
da portare al Castellaccio, oltre ad
accompagnarvi i ragazzi che volevano unirsi al Distaccamento. È lui
che scatta le foto presenti sul libro
del Bernini, le uniche che testimonino quei lunghi mesi di Resistenza. Sta scrivendo delle memorie per
i nipoti dove cerca di spiegare come
il fascismo ti teneva sotto controllo
e come condizionava ogni aspetto
della vita sociale e privata.
sarmato viene arrestato e preso in consegna dal partigiano
Urbano Lazzaro “Bill”.
L’Office Strategic Service
(Oss) emana una circolare in
cui si chiede di consegnare
Mussolini alle Nazioni Unite per processarlo. Da Bresso
si alzò un aereo per prelevare
il Duce. Il Comitato insurrezionale di Milano (formato
da Pertini, Valiani, Sereni e
Luigi Longo), appena saputo dell’arresto, si riunisce alle
ore 23 del 27 aprile e decide di inviare una missione a
Como per procedere all’esecuzione del Duce. La sentenza verrà eseguita con
cinque colpi di mitra e uno
successivo al cuore, alle ore
16.10 del 28 aprile, da Walter
Audisio (“Valerio”) a Giulino
in via XXIV maggio davanti
all’inferriata di Villa Belmonte: “Per ordine del Comando Generale del Corpo Volontari della
Libertà sono incaricato di rendere
giustizia al popolo italiano”.
in uscita dal 18 aprile 2015
7
stile libero
SUONI - A Livorno è nato un nuovo collettivo per promuovere progetti musicali indipendenti
S
e c’è una cosa che non manca
a Livorno è la buona musica.
Molti artisti, molti gruppi, molte
occasioni per suonare. Nonostante tutto, nonostante la crisi.
Anzi forse proprio la crisi ha
spinto, rispetto al passato (perché
davvero adesso non c’è niente da
perdere) a credere di più nella
musica (e nelle arti in generale), a
prenderla sul serio. A difenderla,
a promuoverla, in una dinamica
di autoproduzione ed autopromozione che mette in sinergia
saperi e competenze tecniche
diverse (musicisti, grafici, videomaker, giornalisti). Abbiamo
intervistato Emanuele, Valerio,
Giorgio, Filippo, che all’alba del
2015 insieme a tanti altri ed altre
hanno lanciato ufficialmente un
nuovo progetto: Inner Animal
Recording, un collettivo di musicisti che collaborando da tempo
ha deciso di dare una forma definitiva ed un nome a questa ormai
rodata collaborazione.
Da quale esigenze nasce la
I.A.R. e con quali scopi ed
obiettivi?
Inner Animal nasce e si fonda
sull’amicizia e sul rapporto di
stima reciproca tra i vari componenti. Se penso ai Bad Love
Experience in tutti questi anni ci
siamo creati intorno un network
di collaboratori e professionisti
con i quali lavoriamo da tantissimo, completamente svincolati
da quel tipo di logica presente
in Italia secondo la quale se vuoi
avere qualche risultato devi avere quell’etichetta, quell’ufficio
stampa oppure quell’editore.
Tante di queste realtà prendono
vita dall’ego di qualcuno con
Inner Animal Recording
il mito del manager o del grande
talent scout, ma poi in definitiva
non sono in grado di offrire niente
di concreto per la crescita di una
band. Magari dipende anche dal
fatto che il panorama italiano di per
sé è limitante, ma spesso semplicemente non sono in grado. Abbiamo
deciso di tornare completamente
autonomi nel processo produttivo
e promozionale e come noi altre
band. Così è nato il collettivo Inner
Animal. Abbandonato il falso mito
del successo, è tornato a essere importante tutto il percorso anziché
l’ipotetico risultato, e concentrarci
su tutto quel processo che porta
dall’idea al prodotto fisico è quello
che ci rende soddisfatti.
Chi ne fa parte?
Per adesso I.A.R. è formata da Bad
Love Experience, Mandrake, Jackie
O’s Farm, Hic Sunt Leones, NU (il
nuovo progetto di Filippo Infante) e
dal 360MusicFactory Studio.
Ci sono degli spazi fisici di riferimento per questa esperienza?
Il posto dove più spesso discutiamo
tutto quello che riguarda I.A.R. è
la nostra sala prove, per l’appunto
dentro al 360MusicFactory Studio,
oppure nel camerino di qualche locale aspettando di salire sul palco.
Produrre musica è difficile?
Produrre musica è sempre più facile, se parliamo del lato tecnico della cosa; quindi trovare uno studio,
registrare, stampare un disco. Inner
Animal può esistere anche per questo motivo; non c’è bisogno di un’etichetta il cui unico lavoro è mandare un disco in stampa, puoi farlo
per conto tuo. Senza che nessuno
te lo rivenda poi come un qualcosa che è possibile solo grazie a loro,
ai quali poi magari devi rendere di
conto per ciò che riguarda solo te
e che accade solo grazie a te, tutto
questo perché hai firmato un foglio,
tutto questo perché hai creduto che
una piccola etichetta indipendente
italiana potesse fornirti quegli agganci che ti mancavano per fare il
salto di qualità. Ben vengano collaborazioni con chi può darti davvero
una mano, ma basta essere solo un
nome in più sul catalogo di qualcuno.
Cosa si potrebbe fare di più e/o
cosa servirebbe?
Ci vorrebbe prima di tutto onestà
intellettuale nelle persone con le
quali ti rapporti come band. Non
voglio dire che tutto l’apparato che
sta dietro la scena indipendente in
Italia sia fatto da disonesti, ma piuttosto che è facile per le persone convincersi di essere qualcosa di molto
più grande di quello che realmente
sono e poi riproporlo agli altri. Alla
fine stiamo parlando di una scena,
quella italiana, che è ai margini di
un’altra, quella europea, che è a sua
volta ai margini di quella mondiale. Diciamo che riportare intanto i
piedi per terra sarebbe un bel passo
avanti.
Le vostre attuali produzioni?
All’interno di I.A.R. ogni band gestisce in maniera completamente
autonoma tutto il processo produttivo del proprio album e dei propri
prodotti in generale, quindi non
so se si possa parlare di nostra
produzione nel senso stretto del
termine. Diciamo che i primi lavori che sono usciti con il logo
I.A.R. sono stati “Dancing with
Viga” dei Mandrake e “Believe
Nothing” dei Bad Love Experience, insieme al cortometraggio
musicale “Believe Nothing” e al
videoclip di “Yoniso”.
Progetti in cantiere?
Oltre ai prossimi dischi di Jackie
O’s Farm, NU e Hic Sunt Leones, stiamo lavorando per organizzare la presentazione vera e
propria del collettivo con un mini
“Abbandonato
il falso mito del
successo, è tornato
a essere importante
tutto il percorso”
festival che si terrà il 15 agosto a
Livorno. In più stiamo cercando di portare in giro il progetto
I.A.R. con i live delle band, cercando di fare sempre più concerti
come quello di sabato 4 aprile a
Firenze, dove eravamo insieme
Bad Love e Mandrake.
Info: http://inneranimalrecordings.
tumblr.com
A cura di Lucio Baoprati
LETTURE - Demenza digitale, un libro di Manfred Spitzer sulla dipendenza da internet e smartphone
Le nuove tecnologie ci rendono stupidi?
NELLO GRADIRÀ
L
e riunioni dei vari collettivi di
movimento durano sempre
meno: finiscono in pratica dopo
una decina di minuti, quando
la maggioranza dei partecipanti
smette di ascoltare gli interventi e comincia a guardare il proprio smartphone, picchiettando
freneticamente sulla tastiera
chissà quale irrimandabile conversazione, e il livello d’attenzione a quanto sta accadendo
nella stanza scende rapidamente a zero. A quel punto tanto
vale interrompere la riunione e
andarsene a casa. Una volta era la squadra politica della Questura a sciogliere
le “adunate sediziose”, oggi la
stessa funzione viene esercitata dai social network, in modo
molto più efficace e con molte
meno proteste. Così quando ho
visto sugli scaffali di una libreria
“Demenza digitale”, un libro
uscito nel 2013, non potevo non
comprarlo. Ho pensato che for-
se avrei trovato la risposta al mio
preoccupato interrogativo: ci troviamo di fronte a un vero e proprio
rimbambimento di massa? L’autore, Manfred Spitzer, è un medico tedesco che dirige la Clinica
psichiatrica e il Centro per le Neuroscienze e l’Apprendimento dell’Università di Ulm, e tiene anche una
rubrica televisiva stile “Quark”.
Spitzer dedica la sua ricerca soprattutto alla fase dell’apprendimento
e scrive che in Germania 250.000
giovani tra i 14 e i 24 anni soffrono
da dipendenza da internet, e un altro milione e 400mila vengono considerati “internauti problematici”
(dati 2012). Sempre in Germania,
nel 2009 il tempo dedicato all’utilizzo di tv o dvd, chat e videogiochi tra
gli studenti di prima superiore era di
7 ore e 14 minuti al giorno, mentre
due anni prima in Corea del Sud,
un paese dove l’utilizzo dei nuovi
media è particolarmente sviluppato,
era stato registrato tra i giovani “un
aumento dei disturbi della memoria,
dell’attenzione e della concentrazione, oltre ad appiattimento emotivo e generale ottusità”. È a questo
quadro clinico che è stato dato il
nome di “demenza digitale”. La tesi di Spitzer è che il cervello è
un muscolo e come tutti i muscoli va
esercitato. Utilizzando i nuovi media deleghiamo totalmente a loro la
risoluzione di molti problemi e non
siamo più in grado di organizzare
un ragionamento. “Se la cassiera -
scrive Spitzer - ottiene 400 facendo
2+2 con la calcolatrice e non si accorge che il risultato deve essere sbagliato, se la Nasa lancia un satellite
sulla sabbia perché nessuno si è accorto che pollici e miglia non coincidono con centimetri e chilometri, se
un funzionario di banca commette
un errore che vale
decine di miliardi
di euro, significa
che non siamo più
capaci di pensare.
È evidente che in
questi esempi nessuno ha eseguito
mentalmente
un
calcolo approssimativo ma si è affidato ad uno strumento digitale”. Spitzer è quindi nettamente contrario all’introduzione dei computer
nelle scuole, voluta dalle industrie
del settore e subita dai genitori
(soprattutto quelli dei ceti più deboli): il computer in realtà porta a
un peggioramento delle prestazioni
scolastiche, e nella scuola materna
provoca “disturbi dell’attenzione e
successivamente dislessia”. Ma
oltre che sulla mente, la dipendenza dai nuovi media si riflette
negativamente anche sul corpo:
si diventa più sedentari e si ingrassa. Si dorme con maggiore
difficoltà e questo favorisce l’insorgenza del diabete. Un complotto occulto per
ottenere una
massa di zombie semideficienti? Il risultato è lo stesso,
ma non c’è
nessuna dietrologia: “Intel,
Apple, Google,
Facebook puntano a guadagnare
sempre di più e sono ormai delle
vere e proprie lobby. Diffondono abilmente informazioni false,
manipolano i fatti, insabbiano,
confondono le acque. E finché
nessuno si indigna, non succede
niente”. E se si cominciasse a
spengere i cellulari durante le riunioni?
L’uso eccessivo
dei social network
danneggia il cervello?
A guardarsi intorno
sembra proprio di sì
Pagina Otto
ANNO X, n. 103 - in uscita dal 18 aprile 2015
I nuovi padroni del calcio
TITO SOMMARTINO
H
anno iniziato nel 2011 sponsorizzando per primi la maglia fino a quel momento (quasi)
immacolata del Barcellona. 150
milioni di euro in 5 anni, questa è
la cifra astronomica che la Qatar
Foundation ha versato nelle casse
del Barça. Il Barcellona Non un marchio commerciale tenne a precisare il club catalano ma un logo istituzionale che appartiene a un’organizzazione internazionale no profit per la difesa dei
bambini. Una giustificazione comica quella dei dirigenti blaugrana.
Un po’ perché se così fosse realmente stato, quei 150 milioni di
euro (la sponsorizzazione più cara
della storia calcistica) venivano sottratti a dei bambini bisognosi. Un
po’ perché, così come il marchio
Unicef sul petto, il primo della storia del club (gratuito ma con un ritorno di immagine inestimabile),
servì da apripista ai 150 milioni
della fondazione qatariota, altrettanto fece la fondazione stessa con
lo sponsor (vero stavolta) che la
rimpiazzò appena due anni dopo:
la compagnia aerea del… Qatar. Il Psg Non ci vuole la scienza per capire
che dietro la Qatar Foundation e la
Qatar Airways c’è il Qatar-Stato
che ha scelto il calcio per veicolare
il proprio nome nel mondo. Già,
perché questo califfato senza storia
ma con tanto gas naturale e tantissimo petrolio, non si è accontentato di sponsorizzare quella che all’epoca era senza dubbio la squadra
più forte al mondo e un club se l’è
proprio comprato. E non un club
qualsiasi ma il Paris Saint Germain, grazie - sembra - anche alla
scesa in campo dell’allora Presidente della Repubblica francese Nicolas Sarkozy, accesissimo tifoso
dei rossoblù transalpini. Ad acquistarne il 70% nel 2011, ufficialmente, è la Qatar Investment Authority,
rappresentata dall’azionista di
maggioranza Nasser Al-Khelaïfi,
un imprenditore ex tennista ed at-
CALCIO E POLITICA - La scalata al mondo attraverso il
calcio di un piccolo emirato arabo che finanzia Isis ed Al
Qaeda ed è coccolato dall’Occidente.
tuale presidente della federazione
qatariota di tennis, vicepresidente della sua federazione tennistica
continentale ed ex direttore di Al
Jazeera Sports. Un quarantenne
brillante, belloccio e discretamente
ricco che gioca a fare il presidente di
una delle cinque squadre più ricche
del mondo con soldi non suoi (se
non per una piccola parte) bensì
dell’emirato che per trasformare il
Psg in una delle squadre più forti al
mondo non sta badando a spese. I Mondiali del 2022 Questo emirato completamente desertico grande quanto l’Abruzzo,
senz’acqua né vegetazione, con un
caldo umido e afoso e un vento insopportabile che rendono i due terzi
dei giorni dell’anno invivibili, eppure è talmente potente da essere riuscito a vincere (il termine corretto
sarebbe “comprare”) i Mondiali di
Nei cantieri per
i Mondiali si sta
consumando una
vera strage: ad oggi
sarebbero già morti
1.200 operai per
incidenti e infarti
calcio del 2022. Ce l’ha fatta “ungendo” un po’ tutti. Alcuni voti sarebbero stati comprati perfino con
forniture di gas, secondo quanto sostiene il “Sunday Times” che riferisce di un accordo tra Thailandia e
Qatar: un milione di tonnellate
all’anno di gas a un prezzo di favore
che permetterebbe ai thailandesi di
risparmiare svariate decine di milioni di dollari. Sempre il “Sunday Times” rivela anche che a fine ottobre
2010, a poco più di un mese dalla
votazione, l’allora presidente della
federazione calcistica asiatica, Mohamed Bin Hammam, sarebbe stato
invitato dall’allora premier russo
Vladimir Putin per discutere di
“rapporti bilaterali” tra i due paesi
in ambito sportivo. Due giorni dopo
l’incontro anche l’emiro del Qatar
sarebbe volato a Mosca per trattare
un’intesa sulla produzione comune
di gas tra i due stati. Tutto questo
con la volontaria cecità dei vari Blatter e Platini che pur di far disputare i
mondiali in Qatar hanno fatto spallucce di fronte alla radiazione a vita
dal Comitato Esecutivo della Fifa di
Bin Hammam, riconosciuto colpevole di aver comprato i voti dei presidenti delle federazioni calcistiche
centroamericane. Nemmeno quello
che è stato chiamato il Qatargate è
servito a togliere l’assegnazione dei
Mondiali al piccolo emirato arabo.
Anzi, pur di tutelare gli interessi degli sceicchi, per la prima volta nella
storia si è deciso di giocare il torneo
d’inverno, con finale già in programma per il 18 dicembre. Significa che il Qatar ha messo sul piatto
talmente tanti soldi, e per tutti, da
dettare legge a campionati nazionali
straricchi quali la Premier League,
la Liga e la Bundesliga. Uno stato canaglia Un emirato quindi che unge bene
ma che non unge tutti. Nei cantieri
per i Mondiali si sta infatti consumando una vera strage: ad oggi sarebbero già morti 1.200 operai per
incidenti e infarti. Gli operai impiegati, più di un milione, provenienti
principalmente da India e Nepal,
hanno turni di lavoro di sedici ore,
sono ridotti in condizioni di schiavitù e lavorano con temperature che
raggiungono anche 50 gradi all’ombra. Ad essere unti, e bene, sono anche alcuni gruppi terroristici islamici quali Al Qaeda e Isis. Un rappor-
to pubblicato dal Center on Sanctions & Illicit Finance individua in
Doha la regione con la maggior
concentrazione di donazioni private (con l’avallo della famiglia reale e
del governo) ai gruppi terroristici
islamisti. Secondo le informazioni
emerse negli ultimi anni, infatti, in
Qatar troverebbero dimora almeno
otto dei principali finanziatori di
gruppi quali il Fronte al-Nusra, alShabaab, al-Qaeda ed Isis. Il Qatar
non perseguita a livello giuridico i
finanziatori di questi gruppi terroristici semplicemente perché non ha
alcuna intenzione né volontà di farlo: la limitata popolazione dello stato, le sue ingenti risorse a disposizione, nonché la sua dimensione ridotta fanno apparire paradossale
l’ipotesi che la situazione esistente
all’interno del Qatar possa essere
meglio conosciuta all’esterno che al
suo interno. Intanto, e solo adesso
alla scadenza del contratto stipulato
cinque anni fa (senza cioè rinunciare a un dollaro), il Barcellona ha
comunicato di non voler rinnovare
la sponsorizzazione col Qatar per
“cambiamenti nella situazione politica e sociale del paese arabo”. Ma
come ha fatto il Qatar a sviluppare
negli anni un modello politico ed
economico tanto influente? Tre
sono i fattori di questa rapida ascesa: 1) la straordinaria ricchezza economica dovuta, manco a dirlo, alle
risorse naturali; 2) la grande abilità
diplomatica dimostrata dalla famiglia Al Thani (alla guida del Qatar
dall’indipendenza del 1971); 3) il
successo di Al Jazeera, il network
televisivo voluto proprio dalla famiglia Al Thani che ha ormai l’egemonia dell’informazione in larghe parti del mondo arabo. Dal punto di
vista geopolitico la famiglia Al Thani ha sempre sostenuto la fratellanza musulmana, in particolare in
Egitto, ed ha quindi finanziato in-
terventi per la ricostruzione nella
striscia di Gaza controllata da Hamas. La caduta di Morsi in Egitto li
ha però fatti tornare sui propri passi
per riavvicinarsi alle strategie
dell’Arabia Saudita. Il sistema Qatar Come ha scritto David Conn sul
The Guardian il “sistema Qatar”
ha esteso di anno in anno la sua influenza. La Aspire Academy è stata sponsor del Congresso della Federazione
Africana (2010),
la Qsi ha comprato il Paris SaintGermain (2011), la Qatar Airways è oggi sponsor del Barcelona
e nel 2022 il Qatar ospiterà nientemeno che i Mondiali. Il tutto mentre, nel 2010, veniva presa la decisione in merito alla sede dei Mondiali di Calcio del 2022. Questo
percorso avviene all’interno di un
piano strategico denominato “Qatar National Vision 2030” (Qnv
2030) che stabilisce i principi per
uno sviluppo sostenibile ed equilibrato del Qatar, sulla base di un’economia vivace e prospera, della
giustizia sociale, della stabilità del
paese e della parità di opportunità
per tutti. La “Sport Sector Strategy”, che avrà fine nel 2016 (Sss) è
solo una delle quattordici strategie
settoriali del Qnv. Secondo alcuni
osservatori, riporta Conn, la strategia adottata dal Qatar ha un doppio obiettivo: 1) costruire una fitta
rete di relazioni economiche, in
particolare con le nazioni occidentali, come base per un’economia
post-petrolifera; 2) difendersi contro il gigante dell’area, l’Arabia
Saudita, cercando di uscire dal
cono d’ombra che questa proietta
sugli altri paesi del Golfo. Quando
i soliti pappagalli vi diranno che la
politica deve restare fuori dalle curve, raccontategli la favola del Qatar.