La Siria e i dilemmi dell`America
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La Siria e i dilemmi dell`America
commentary Commentary,17giugno2013 LA SIRIA E I DILEMMI DELL’AMERICA GIANLUCA PASTORI L a scelta dell’amministrazione Obama – che, secondo diverse fonti – avrebbe autorizzato la fornitura di armi alle forze della resistenza siriana rappresenta un potenziale punto di svolta nella crisi in atto da oltre due anni. L’annuncio, legato alla convinzione che il regime di Bashar al Assad abbia “superato la linea rossa”, impiegando armi chimiche «su piccola scala, contro le forze dell’opposizione, varie volte nel corso dell’ultimo anno»1, sembra, infatti, rompere la situazione di stallo che sino a oggi ha caratterizzato la posizione statunitense. Dopo l’attivismo dimostrato fra la fine del 2012 e l’inizio del 1 C. TODD, US offers Syrian rebels ‘military support’, alleges Assad used chemical weapons, 13 giugno 2013, http://nbcpolitics.nbcnews. com/_news/2013/06/13/18940169-us-offers-syrian-rebels-militarysupport-alleges-assad-used-chemical-weapons?lite (consultato il 14 giugno 2013); A. MADHANI - J. MICHAELS - T. VANDEN BROOK, Source: Obama approves arming Syrian rebels, «USA Today», 13 giugno 2013, http://www.usatoday.com/story/news/ ©ISPI2013 politics/2013/06/13/us-confirms-chemical-weapons-syria/2420763 (consultato il 14 giugno 2013); M. MAZZETTI - M.R. GORDON M. LANDLER, U.S. Is Said to Plan to Send Weapons to Syrian Rebels, «The New York Times», 13 giugno 2013, http://www.nytimes.com/ 2013/06/14/world/middleeast/syria-chemical-weapons.html?pagewante 2013, con il lungo tour in Europa e in Medio Oriente del segretario di stato Kerry, culminato nell’incontro di Roma con i rappresentanti del gruppo “Amici della Siria” (28 febbraio), nei mesi scorsi l’azione di Washington nella regione sembrava, infatti, avere perso incisività. La posizione dell’amministrazione Obama appariva, in qualche modo, “in tensione” fra due atteggiamenti contrastanti: la necessità d’intervenire per porre fine a una situazione dagli sviluppi potenzialmente imprevedibili e il timore d’innescare un processo di destabilizzazione su larga scala della regione. Questa postura attendista non sembrava essere messa in discussione nemmeno dal fatto che la sollevazione contro il regime di Assad si fosse ormai esplicitamente trasformata in uno scontro per l’egemonia sulla regione; uno scontro che, oltre a una Russia che pareva avere ritrovato una “proiezione mediterranea” venuta meno con la fine della guerra fredda, coinvolgeva, fra gli altri, Turchia, Israele, Iran e le monarchie petrolifere del Golfo Persico. Occorre, tuttavia, valutare con cautela la portata di queste evoluzioni. Se la decisione di armare l’opposizione anti-Assad appare, infatti, confermata, i modi e i tempi in cui tale decisione è destinata a tra- d=all&_r=0 (consultato il 14 giugno 2013). Gianluca Pastori è professore aggregato di Storia delle relazioni politiche fra il Nord America e l’Europa, Facoltà di Scienze Politiche e Sociali, Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano Le opinioni espresse sono strettamente personali e non riflettono necessariamente le posizioni dell’ISPI. Le pubblicazioni online dell’ISPI sono realizzate anche grazie al sostegno della Fondazione Cariplo. 1 commentary dursi in azioni concrete restano da definire. Anche le dichiarazioni di Ben Rhodes, Deputy National Security Adviser, secondo cui il ruolo degli Stati Uniti nelle vicende siriane sarà ora “differente in scala e ampiezza” rispetto a quanto il paese potrà fornire alle forze della “resistenza” 2 , lasciano aperti più dubbi rispetto a quanto contribuiscano a chiuderne. Nonostante le parole del presidente, il sentimento prevalente a Washington sembra, dunque, rimanere quello dell’incertezza, soprattutto di fronte a uno scenario il cui esito finale appare tuttora – nella maggior parte dei casi – sgradevole. Il fatto che la posta in gioco sia aumentata, se da un lato ha reso il “piatto” più invitante, dall’altro ha aumentato il rischio di un possibile coinvolgimento diretto sia politico che miliare, accentuando la frattura già esistente fra “interventisti” e “astensionisti”. Come ha rilevato l’ex consigliere per la Sicurezza Nazionale, Zbigniew Brzezinski, in un contesto come quello siriano e in una regione volatile come il Medio Oriente, un intervento diretto di Washington che non si esprima nel conseguimento di «un esito decisivo, in tempi relativamente brevi, attraverso l’applicazione di una forza schiacciante» – avrebbe come unico effetto quello di produrre «un più complesso e indefinito scivolamento verso lo scenario peggiore», accrescendo il rischio di un allargamento della crisi e producendo esiti contrari agli stessi interessi che lo avevano giustificato3. La scelta dell’Unione Europea di rimuovere l’embargo sulla vendita di armi alle fazioni in lotta (di fatto, alle forze della resistenza antigovernativa) ha sparigliato ulteriormente le carte, contribuendo anch’essa a “stringere nell’angolo” un’amministrazione già alla prese con le pressioni del Congresso per l’adozione di un’iniziativa in tal senso. Da una parte, la decisione dell’UE ha ristretto i margini di mediazione, spingendo le forze dell’opposizione a porre come condizione alla partecipazione alle trattative la consegna di armi e munizioni che permettano «di modificare la propria posizione sul campo»4. Dall’altra, essa ha sciolto le ultime ambiguità sulla “neutralità” dell’Unione (quanto meno, del suo nocciolo duro) rispetto agli esisti del conflitto. La scelta implicita in questa decisione, se da una parte si giustifica con la volontà (morale?) di “livellare il campo” fra le parti in lotta, dall’altra rappresenta una chiara presa di posizione rispetto agli esiti finali del confronto in atto. Lo “scatto in avanti” dell’UE, infine, ha posto nuovamente l’amministrazione statunitense di fronte ai dilemmi irrisolti degli ultimi mesi. Fino a che punto conviene a Washington spingere il proprio appoggio alla resistenza siriana? Quali potrebbero essere le conseguenze di questa scelta sul delicato sistema degli equilibri regionali? Come conciliare il sostegno, in Siria, alle forze anti-Assad con il dialogo sotterraneo portato avanti con l’Iran, soprattutto in una fase delicata come l’attuale, in cui le incertezze sugli assetti di potere prevalenti a Teheran si saldano con l’aperta “discesa in campo” delle forze di Hezbollah accanto a quelle di Damasco? 2 M. LEE - J. PACE, Obama Authorizes Sending Weapons To Syrian Rebels, «The Huffington Post», 13 giugno In questo senso, la decisione della Casa Bianca potrebbe rappresentare, più che un indicatore del maggiore coinvolgimento nelle vicende siriane, un passo interlocutorio, volto da una parte a riaggregare il 2013, http://www.huffingtonpost.com/2013/06/13/obama-syrian-rebels_n _3438625.html (consultato il 14 giugno 2013). 3 Z. BRZEZINSKI, Syria: Intervention Will Only Make it Worse, 8 ©ISPI2013 maggio 2013, http://swampland.time.com/2013/05/08/syria- intervention-will-only-make-it-worse (consultato il 13 giugno 2013); cfr. anche E. ROBINSON, In Syria, U.S. inaction is better than in- the-conflict-in-syria (consultato il 13 giugno 2013). tervention, «The Washington Post», 30 aprile 2013, e G. RACHMAN, 4 Staying out of Syria is the bolder call for Obama, «Financial Times», Arms Are Sent, General Says, «The New York Times», 8 giugno 13 maggio 2013; sulle incertezze (e sulle aporie) della politica statun- 2013; sulla progressiva radicalizzazione della posizione delle forze itense verso la Siria cfr. S.A. COOK, Prolonging the Conflict in Syria, in campo cfr. Syria’s civil war. The hard men on both sides prevail, 18 aprile 2013, http://blogs.cfr.org/cook/2013/04/15/prolonging- «The Economist», 18 maggio 2013. 2 M.R. GORDON, Syrian Opposition to Sit Out Any Talks Unless commentary frammentato fronte occidentale, dall’altro a gettare le basi per un ruolo più attivo di Washington nei negoziati per una soluzione “diplomatica” della crisi. Barack Obama si trova, oggi, in una posizione non molto diversa da quella in cui si era trovato il suo predecessore, Bill Clinton, all’epoca della crisi bosniaca, quando in più occasioni il Congresso si era pronunciato per una rimozione unilaterale del bando alla fornitura di armi ai belligeranti imposto dalla Risoluzione 713/91 in favore delle forze musulmane. In quell’occasione, l’opposizione di Francia, Gran Bretagna e Russia era stata essenziale nello spingere la Casa Bianca a rigettare (almeno formalmente) la politica del “lift & strike”5. Oggi, però, le cose sono cambiate, con Parigi e Londra intente a promuovere attivamente la politica del “regime change” e Mosca ben lontana dalla situazione di debolezza che, nella prima metà degli anni Novanta, aveva giustificato una strategia di “appeasement” volta a stabilizzare la difficile posizione di Boris Eltsin. Nel mutato contesto internazionale, la ricerca della “superiorità morale” sottesa alla posizione tenuta dal Congresso nei confronti dell’amministrazione Clinton6 potrebbe rivelarsi controproducente. Le fratture emerse nell’UE intorno alla scelta del 28 maggio sono un chiaro segnale di quanto la issue siriana sia divisiva 7 . Un segnale che, nella complessa fase attuale, il presidente farebbe bene a non sottovalutare. 6 I.H. DAALDER, Decision to Intervene: How the War in Bosnia Ended, «Foreign Service Journal», vol. 75, n. 12 (dicembre 1998), pp. 24-31. 7 Siria, la Ue si spacca sull'embargo alle armi, «Avvenire», 28 maggio 2013, http://www.avvenire.it/Mondo/Pagine/siria-ue-spacca -armi-embargo.aspx (consultato il 13 giugno 2013); Siria, Ue divisa dopo lo stop all’embargo sulle armi, 28 maggio 2013, http://tg24.sky.it/tg24/mondo/2013/05/28/siria_ue_divisa_su_stop_ embargo_armi.html (consultato il 13 giugno 2013); J. CHAFFIN, ©ISPI2013 5 UK and France Win Battle to Lift EU’s Syria Arms Embargo, «Fi- Sugli effetti dell’embargo ONU sulla crisi bosniaca cfr. M. BROM- nancial Times», 28 maggio 2013, http://www.ft.com/cms/s/0/095 LEY, United Nations Arms Embargoes. Their Impact on Arms Flows e5e50-c6c1-11e2-8a36-00144feab7de.html#axzz2W6c2T1yV and Target Behaviour. Case study: Former Yugoslavia, 1991-96, SIPRI, (consultato il 13 giugno 2013); per un approfondimento cfr. E. Stockholm, 2007; sulle “black ops” con cui l’amministrazione Clinton DACREMA, Fine embargo UE alle armi in Siria: ragioni e rischi di avrebbe comunque cercato di aggirare i vicoli posti dalle Nazioni Unite una ‘non-decisione’, ‘ISPI Commentary’, 29 maggio 2013, cfr. R.J. ALDRICH, America Used Islamists to Arm the Bosnian Mus- http://www.ispionline.it/sites/default/files/pubblicazioni/commentar lims, «The Guardian», 22 aprile 2002. y_dacrema_29.05.2013_0.pdf (consultato il 13 giugno 2013). 3