L`osservazione dell`alunno

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L`osservazione dell`alunno
Traccia
L’osservazione delle competenze cognitive del’alunno, delle abilità possedute nelle aree
di sviluppo, delle conoscenze riferite alle strumentalità di base, delle dinamiche
relazionali, sono alla base del lavoro educativo e didattico del docente.
Il candidato approfondisca le caratteristiche che un buon osservatore deve possedere e i
parametri di riferimento di cui deve tener conto per evitare che l’osservazione si riduca
ad un mero atto compilatorio ma rappresenti un’opportunità per approfondire la
conoscenza dello studente e la base per la strutturazione di un consapevole intervento
di rinforzo cognitivo e sociale.
Svolgimento
Chi pensa che l’osservazione in campo educativo possa essere ridotta ad una scheda predefinita da
“crocettare” sulla base di ciò che si vede, da cui trarre informazioni per impostare un progetto
educativo, forse non ha ben chiaro la complessità dell’atto osservativo[1].
Su questo tema, infatti, le scienze umane discutono, teorizzano, sperimentano da millenni. Teorie
differenti si traducono in differenti modalità osservative in base alle quali è possibile guardare ai
fenomeni nella globalità o nella specificità, oppure è possibile soffermarsi sull’individuo, sulle sue
competenze piuttosto che sulle sue interazioni o sul contesto nel quale agisce o sulle
rappresentazioni che ha del mondo.
Chi utilizza per fini professionali lo strumento dell’osservazione ricorre sempre, inconsapevolmente
o intenzionalmente, a modelli teorici.
Osservare è sempre un atto che porta con sé una buona dose di curiosità, per questo motivo non può
esserci osservazione se non ci sono domande.
È importante sapere che l’atto di osservare non si fonda esclusivamente su una serie di procedure,
strumentazioni, metodologie, ma trae la sua forza e valore dal senso di e dalla possibilità
di ampliare le proprie conoscenze.
Ciò richiede che ogni professionista si muova a partire dalla consapevolezza che determinati
fenomeni umani pongono domande a cui non è possibile offrire una risposta unica e definitiva, e
che occorre, quindi, mantenere una area di dubbio per favorire nuove acquisizioni.
Procedere con il dubbio come compagno di viaggio non significa perdere la rotta o navigare
nell’incertezza, ma valutare ogni volta i limiti delle consolidate verità di chi osserva.
Nel lavoro educativo l’osservazione avvolge e dà costante significato all’intero processo di lavoro,
accompagnando l’insegnante nell’attività quotidiana e nella formulazione del programma di
intervento per i soggetti a cui si rivolge.
Tutto ciò richiede un interesse intenzionale per la persona che viene osservata e per l’attività
educativa in generale, poiché l’esperienza e la pratica osservativa hanno sempre una ricaduta
sull’azione.
Le influenze dell’osservazione sono evidenti non solo all’interno del processo progettuale, ma
anche negli atteggiamenti, comportamenti e scelte dell’insegnante nei confronti del soggetto durante
l’atto osservativo. A loro volta anche le persone osservate sono influenzate da ciò che fa e che dice
l’insegnante mentre li osserva.
Le problematiche legate alla soggettività nell’osservazione riguardano in particolare l’insegnante, in
quanto coinvolto in una relazione costante con l’alunno che osserva. Quando si osserva vengono
attivati una serie di processi cognitivi quali la percezione, l’attenzione e la memoria che danno vita
a operazioni, spesso inconsapevoli, volte a produrre una selezione delle innumerevoli informazioni
presenti, trascurando o distorcendo una parte di esse.
A tal proposito Edgar Morin sostiene che per chi opera in ambito educativo-scolastico non
esistono osservazioni indenni dal rischio d’errore o di illusione per via dei problemi che possono
manifestarsi a livello percettivo (selezione delle informazioni), intellettuale (idee, credenze e teorie
utilizzate per interpretare e significare dati) e di relazione (emozioni, aspettative, ruoli)[2]. Trai più
comuni effetti di distorsione dell’osservazione si possono ricordare:
o
La generalizzazione: quando l’osservatore isola solo alcuni elementi del contesto osservato,
elevandoli a rappresentazione dell’intera situazione;
o
La ricerca di una coerenza logica: l’osservatore tende a cogliere solo gli elementi che per
l’insegnante connotano un quadro logico e coerente tralasciando elementi divergenti;
o
La cancellazione: l’osservatore nel discriminare le informazioni, si concentra solo su alcuni
aspetti rimanendo completamente indifferente ad altri elementi contemporaneamente
presenti;
o
La regressione verso la media: l’osservazione viene concentrata sui dati medi più frequenti
evitando così di cogliere gli elementi più estremi e differenti che consentirebbero una lettura
più ampia;
o
Gli effetti delle aspettative: l’osservatore tende a trovare esattamente quello che cerca
nell’oggetto osservato, indipendentemente dalla sua corrispondenza nella realtà[3].
Di quest’ultimo errore osservativo ne è un esempio l’effetto pigmalione, detto anche effetto da
aspettativa. Ad esempio nel rapporto insegnante-alunno può succedere che l’insegnante esprima
con forte convinzione la fiducia nell’alunno e nelle sue capacità di raggiungere l’obiettivo.
Al contrario dell’effetto alone, dove l’attenzione passa dall’osservatore al soggetto che viene
investito di una aspettativa, positiva o negativa, al punto tale che la farà propria attuando ciò che ci
si aspetta. Ne consegue che nell’atto osservativo, nella scelta e utilizzo degli strumenti osservativi,
l’insegnate-osservatore debba sempre mantenere alto il livello di consapevolezza del valore della
responsabilità nei confronti dell’altro.
Importante è mantenere l’osservazione all’interno di una pratica riflessiva, nell’ambito della quale
l’insegnante assume una posizione meta riflessiva che gli consente di accostarsi all’atto conoscitivo
attraverso l’osservazione con una predisposizione a ricercare i nessi tra ciò che si osserva e
l’influenza giocata dal contesto, dagli attori, dalle strategie di intervento.
Donald Schon[4] nel suo studio sulla pratica riflessiva ha analizzato come di fronte a situazioni
problematiche uniche e complesse, caratterizzate da incertezza, instabilità conflitti anche valoriali,
la pratica di alcuni osservatori si concentra anziché sul modello della razionalità tecnica, che ricerca
l’oggettività, sulla ricerca della definizione del problema in cui mezzi e fini risultano tra loro
interdipendenti.
Il professionista riflessivo è colui che mentre osserva non si accontenta di ciò che appare ma cerca
di riflettere sui meccanismi che si influenzano reciprocamente o su come viene descritta e costruita
la realtà nella quale si interviene.
Questo significa che ridefinire costantemente ipotesi e modalità di osservazione e di lavoro,
accettando di verificare anche se stessi all’interno di quanto osservato e avvenuto, non è
semplicemente l’accettare e misurare qualcosa o qualcuno, ma è anche capacità di osservare ciò che
cambia o che ha saputo cambiare.