PAURA e ANSIA: considerazioni psico-neuro

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PAURA e ANSIA: considerazioni psico-neuro
PAURA e ANSIA:
considerazioni psico-neuro-biologiche
sulle funzioni emotive ed affettive.
Romeo Lucioni
L’ansia e la paura sono delle espressioni comportamentali e interne che il
soggetto dimostra come risposta a stimoli esterni e/o interni.
Anche se spesso i due termini sono utilizzati come sinonimi, in realtà sono sottesi
a processi psico-neuro-biologici profondamente differenti.
Ansia
A volte si sente parlarne come fosse una espressione patologica e, addirittura, si
trovano anche istituzioni che si dedicano alla sua terapia. Va considerato però,
che l’ansia fa parte di un insieme si “risposte reattive” che hanno carattere
automatico e che configurano una scala legata a diversi livelli di intensità.
Troviamo così:
livelli responsivi da considerarsi normali:
- allarme: è la prima espressione in risposta ad uno stimolo che attiva le
difese del soggetto che sembra quasi prepararsi allo stress, aumentando la
sua attenzione e cercando di individuare il “valore nocivo” dello stimolo;
- tensione: se lo stimolo in arrivo è elevato, il corpo aumenta le proprie
difese automatiche non solo incrementando l’attenzione, ma anche
preparando la muscolatura per una eventuale fuga, accelerando il battito
cardiaco, ecc.;
- ansia: questa risposta comincia a presentarsi in forma più complessa in
relazione ad uno stimolo intenso che:
o risposte fisiche – aumento della pressione arteriosa, iperventilazione,
scialorrea, rinorrea, tensione viscerale (stomaco), tremori e movimenti
coatti;
o risposte psichiche – senso di soffocamento e di essere di fronte ad un
pericolo imminente, sino a senso di incapacità di coordinare una risposta
adeguata, senso di frustrazione e di impotenza sino al “senso di non poter
superare la situazione stressante;
livelli di reazione emotiva del tutto patologici:
- ansia libera: questa reazione ha il significato di “ansia diffusa, spiacevole,
senza oggetto e persistente”. Si pone in relazione ad una “tensione emotiva
interna” che si evidenzia come “… tensione generalizzata, ingiustificata, che
non può essere messa in rapporto con una causa precisa”;
- angoscia: questo livello di risposta emotiva è particolarmente intenso,
globale, fastidioso ed anche limitante nei confronti della possibilità di
espletare le funzioni personali e professionali. Una crisi di angoscia
particolarmente intensa viene definita anche come “attacco di panico”. In
questi casi:
o la partecipazione psico-fisica è maggiormente significativa nei suoi aspetti
viscerali (tremori, nausea, tachicardia, palpitazioni, dispnea, sudorazione,
scialorrea, vomito, diarrea);
o ma particolarmente significativa è l’espressione psichica nella quale la
tensione è tale da creare una “senso di morte imminente”;
- terrore: l’intensità della reazione emotiva è legata ad una “senso di
inevitabilità” e, soprattutto, da un “senso di non avere via di scampo” che
-
producono spesso anche una “tensione muscolare” tanto forte da arrivare
ad impedire il movimento: parliamo di “paralisi psico-motoria”;
crisi emotiva: è la più imponente delle reazioni emotive che si “autoalimenta” a tal punto da arrivare ad una situazione di crisicomportamentale difficilmente contenibile ed anche violenta che richiede
un intervento farmacologico che spesso è insufficiente se non attraverso
una vera e propria sedazione.
Tutte queste espressioni fanno parte de lla cosiddetta “sfera emotiva” che, da un
punto di vista neurofunzionali, fa capo al “sistema limbico”. Parliamo di strutture
anatomiche del cervello profondo: amigdala, ippocampo, nuclei della base e,
soprattutto, di ipotalamo: quella struttura che attiva, attraverso la via ormonale,
tutte le reazioni viscerali e vegetative.
Queste considerazioni, pongono l’ansia in uno “schema funzionale” che si
caratterizza per:
1- una modalità operativa di tipo automatico;
2- una dinamica legata all’arrivo di uno stimolo esterno e/o interno che deve
possedere caratteristiche di intensità sufficienti per attivare il “sistema
responsivo”;
3- una valenza che si caratterizza per la sua netta “tendenza invasiva e
pervasiva”;
4- una qualità che la porta ad essere per lo più di tipo inconscio
Con tutto questo, non tutto il “sistema” risulta “disturbante” ed infatti possiamo
confermare che:
- sino a livello di ansia, il processo può essere considerato di tipo
“funzionale”, che risponde cioè alla necessità di difesa e di adattamento
all’ambiente esterno;
- a partire dal livello di “ansia libera” il processo reattivo è sempre più
anomalo sino ad assumere il carattere di “patologia”. Basta pensare
“all’attacco di panico” ed alla “crisi emotiva” per renderci conto di quanto
l’attività di tipo anomalo possa risultare svantaggiosa se non addirittura
negativa,per il soggetto, limitante e con caratteristiche di blocco psichico.
Possiamo anche sottolineare come la “responsività ansiosa” , sino ad un certo
limite, possa essere indicata come:
- tensione anticipatoria utile ed anche essenziale per poter organizzare le
risposte difensivo-adattive di fronte ad un evento minaccioso e/o pericoloso
anche se non del tutto identificato, compreso e valutato;
- al di là di questo limite, la risposta emotiva può risultare sempre più
inefficace (in termini di adattamento), deviante stressante e pericolosa,
proprio perché, con la sua pervasività e con il sua alto livello di attivazione
sia nell’ambito psichico che in quello psichico, può determinare deficit,
disturbi, distorsioni ed anche blocchi di tipo affettivo ed anche cognitivo.
PAURA
Stanley Rachman, in un recente lavoro, sottolinea con precisione la differenza tra
ansia e paura. Questa, a differenza delle risposte ansiose, viene indicata come
una reazione di più alto livello che é sempre legata ad uno stimolo fastidioso,
doloroso e stressante, ben riconosciuto dal soggetto.
Proprio per queste caratteristiche la paura viene separata dalle “reazioni emotive”
e collocata nell’ambito dei “sentimenti” o degli “affetti”. Questo significa che la
paura ha in sé un “valore di più elevata integrazione” che riguarda la
“articolazione timica” ed un complesso riferimento alle esperienze, alle relazioni
interpersonali e, soprattutto, al “valore” che il soggetto si riferisce basandosi sulle
proprie qualità, capacità, senso di sé ed anche … auto-valorizzazione.
Schematicamente possiamo raggruppare le espressioni che abbiamo incluso nello
“spettro emotivo-affettivo” nel quale assume rilievo la differenziazione tra
emozioni, affetti positivi ed affetti negativi.
STIMOLI VITALI
§ bisogno sessuale
§ dolore
§ fame
§ piacere
§ scambi gassosi
§ sete
§ sonno
§ tasso sanguigno O²
§ livello degli ormoni
maschili- femminili che
controllano espressioni
primitive come:
- istinti
- pulsioni
- bisogni
- passioni
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EMOZIONI
allerta e tensione
inquietudine
tensione ansiosa
ansia e angoscia
allegria
animosità
collera
disagio
disgusto
dubbio
felicità e tristezza
imbarazzo
impazienza
inquietudine
irritazione
soddisfazione
sorpresa
rabbia
AFFETTI POSITIVI
§ altruismo
§ attaccamento
§ compassione
§ comprensione
§ dubbio
§ fiducia
§ generosità
§ gioia
§ gratitudine
§ imbarazzo
§ melanconia
§ orgoglio
§ perdono
§ reciprocità
§ rimorso
§ rimpianto
§ solidarietà
§ sussidiarietà
§ amicizia
AFFETTI NEGATIVI
§ preoccupazione
§ avversione
§ bramosia
§ cattiveria
§ disprezzo
§ paura e terrore
§ vergogna
§ arroganza
§ dubbio
§ frustrazione
§ gelosia
§ odio
§ malanimo
§ onnipotenza
§ ostilità
§ rivalità
§ superbia
§ depressione
§ opposizione
La più evidente differenza tra ansia-angoscia e paura viene per lo più riferita a:
- l’ ansia è una reazione istintiva, ad uno stimolo poco definito, che tende a
coinvolgere (intrusione) tutto il soggetto nelle sue parti fisiche (biologicovegetative) ed in quelle psichiche (memoria e capacità primarie);
- la paura sarebbe, al contrario, una risposta più “complessa” più “modulata” e
risponderebbe ad uno stimolo preciso, ben evidenziabile razionalmente.
L’incertezza delle “fonti della minaccia” che caratterizza le risposte emotivoansiose, ha indotto a pensare che la paura sia più facilmente affrontabile e,
quindi, che “… portare il soggetto a riconoscerne le cause, poteva diventare una
forma sicura di terapia!”
Nella realtà, questo non succede tanto semplicemente (come a prima vista
sembrerebbe) proprio perché la paura libera quella responsività emotiva
automatica per la quale:
- la sensazione di pericolo (che genera l’ansia) sfugge alle possibilità razionali
analitico-deduttive (non ci sono legami anatomici tra sistema limbico e
corteccia cerebrale al di fuori delle aree frontali);
- il disagio soggettivo è “invasivo” e tende a bloccare il funzionamento psicomentale (affettivo e cognitivo);
le sensazioni corporee, insieme a quelle psichiche, risultano troppo intense e,
proprio per questo, si osserva una “escalation” poco contenibile che porta a
situazioni di vere e proprie crisi emotive (che richiedono interventi profondi e
complessi);
e, di conseguenza, anche la risposta ad uno “stimolo conosciuto” si comporta
come se fosse generata da una “situazione sconosciuta”.
Possiamo dire che questo succede quando la organizzazione del “sistema affettivo”
non è ben salda e può essere sopraffatta dalla invasività emotiva.
Possiamo anche constatare che questo succede preferentemente nell’infanzia,
quando cioè le funzioni affettive non sono ancora del tutto strutturate, in questi
casi, possiamo fare riferimento ad un “Io-debole” ed anche ad un “Sé” non ancora
del tutto organizzato nelle sue capacità difensive.
-
Tutte queste osservazioni fenomenologiche confermano una certa difficoltà a
separare l’ansia (angoscia) dalla paura, anche perché il linguaggio comune
mescola i significati che vanno dalle espressioni “… avere timore”, a “… tentare
di”, a “… essere impazienti di”, a “… essere ansioso nell’affrontare una situazione,
ecc.ecc.
Proprio per tutto questo si tende anche a unire le due espressioni, riconoscendo
una “stato emotivo-affettivo” che, in qualche modo, facilita l’approccio
espressivo-culturale.
Parliamo anche di temperamento per riferirci ad un certo stile emotivo.
Se i sentimenti diventano persistenti il mondo degli affetti si esplicita con
atteggiamenti che possono anche organizzarsi come tratti caratteriali e/o
personalistici.
In questo caso possiamo riferirci a:
- autocontrollo
- equilibrio
- socievolezza
- pietà
- fiducia
- accettazione
- collaborazione
- tranquillità
- riservatezza
- partecipazione
- irrequietezza
- eccentricità
- spavalderia
- indifferenza
- sfiducia
- protesta-rifiuto
- riservatezza
- altezzosità
- sfrontatezza
- distacco
- altruismo
- serenità
- tenerezza
- arrendevolezza
- pazienza
- comprensività
- reattività
- perseveranza
- riservatezza
- egoismo
- inquietudine
- freddezza
- caparbietà
- rigorosità
- inflessibilità
- aggressività
- volubilità
- trionfalismo
Queste considerazioni sulle emozioni e sugli affetti non sono però sufficienti a
spiegare la complessa fenomenologia dello “spettro-emotivo-affettivo” che deve
tenere in conto anche di complesse considerazioni di ordine neuro-fisiologico,
biologico, psicologico, sociologico, psicoanalitico ed inerenti la “psicologia dello
sviluppo”.
FUNZIONALITÀ DELLE EMOZIONI
Anche se i dettagli della organizzazione e della dinamica delle risposte emotive
vengono modellati, in ciascun individuo, da uno sviluppo e da un ambiente
particolari ed unici, l’esperienza clinico-osservativa indica che la maggioranza
delle risposte emotive è la conseguenza di un lungo percorso di messa a punto
evolutiva. Le emozioni fanno parte dei dispositivi bio-regolatori di cui siamo
equipaggiati per sopravvivere e per adattarci all’ambiente.
Le emozioni hanno una duplice funzione biologica:
- la prima è la produzione di una reazione specifica alla situazione
scatenante;
- la seconda funzione biologica è la regolazione dello stato interno
dell’organismo in modo da prepararlo alla reazione specifica (per esempio
far arrivare a tutti i distretti motori un flusso sanguigno maggiore in modo
che i muscoli ricevano una dose supplementare di ossigeno e glucosio, che
permette, per esempio, una reazione di fuga o di attacco).
Il sistema emozionale è un sistema informativo e simultaneamente un sistema
autoritario di governo, un sistema coercitivo onnipotente, che risponde alla legge
del tutto o nulla. Ogni volta che il computer cerebrale comunica all’individuo
qualcosa che ignorava, gli impartisce anche un ordine preciso e perentorio (il
computer emozionale, trasmettendo una sensazione sgradita all’individuo, lo ha
informato di qualcosa che ignorava). Il sistema emozionale è un ingegnoso
sistema di informazione installato geneticamente: automatico, indipendente,
rigido, adeguato e preciso.
Quando l’individuo asseconda il sistema emozionale, portando a termine l’azione
richiesta, esso dona in cambio una notevole somma di piacere. Le emozioni sono
inseparabili dall’idea di ricompensa o punizione, di piacere o dolore, di
avvicinamento o allontanamento, di vantaggio o svantaggio; sono quindi
inseparabili dall’idea del benessere e del malessere.
Negli organismi equipaggiati in modo da sentire le emozioni, queste producono un
effetto sulla mente; la coscienza fa sì che vengano conosciute e favorisce l’effetto
dell’emozione sui processi mentali.
Le emozioni si presentano in due tipi di circostanze:
- quando l’organismo elabora certi oggetti o situazioni con uno dei suoi
dispositivi sensoriali (per esempio mentre osserva un volto familiare);
- quando la mente di un organismo evoca dalla memoria certi oggetti o
situazioni e li rappresenta come immagini nel processo mentale (per
esempio quando si ricorda il volto di un’amica).
Nel corso dell’evoluzione gli organismi superiori hanno acquisito i mezzi per
reagire a certi stimoli, specie quelli potenzialmente pericolosi dal punto di vista
della sopravvivenza, con la organizzazione di risposte che oggi chiamiamo
“risposte emotive” ed anche “emotività libera” che indica il backgroud emotivo.
Ai dispositivi già predisposti lo sviluppo e la cultura sovrappongono la propria
influenza modellando un induttore emotivo adeguato e gli aspetti dell’espressione
fenomenologica, oltre che plasmando la cognizione ed il comportamento che ne
sono le conseguenze.
I motori della ragione hanno quindi comunque bisogno dell’emozione, il che
significa che la capacità di controllo della ragione spesso è modesta.
Il sistema delle reazioni emotive, da un punto
di vista neuro-biologico, è sotteso alle strutture
paleo-cerebrali (le più antiche della scala
filogenetica) che vengono identificate come
“cervello del serpente ”.
Questo sistema funzionale è posto come
“primo sistema reattivo” a cavallo dell’input
percettivo-sensoriale e permette, quindi, lo
svolgimento di quelle “azioni-reazioni” che
prima di tutto hanno un significato adattivo e
di difesa.
Per capire meglio, possiamo ricordare come il serpente, quando registra la
presenza di un “pericolo”, deve rapidamente decidere (… quindi in forma quasi
automatica) se attivare la fuga o l’attacco.
Il sistema emotivo risponde allo stimolo con:
- produrre una “attivazione globale del SNC (sistema nervoso centrale) per
mettere in moto sia le risposte automatiche (adattive), sia quelle più
complesse di tipo affettivo e cognitivo;
- mettere in allerta le funzioni attentive e di quelle adattive degli organi di
senso (vista, udito, olfatto, sistema vestibolare, tatto, ecc.);
- attivare
le
funzioni
viscerali
ed
immunitarie che permettono, attraverso la
via ipotalamo-ipofisaria, la messa in
circolo delle sostanze ormonali (per es.
surrenaliche)
che
regolano
il
funzionamento ottimale della muscolatura,
del cuore, dei polmoni, del sistema gastrointestinale, ecc..
(vedi rappresentazione schematica di
Paolo Pancheri)
Va considerato che:
1) Il “sistema limbico” non ha connessioni
con tutta la corteccia cerebrale, ma solo
con quella delle aree frontali e pre -frontali
che sono la base strutturale del “sistema
affettivo”.
2) Il “sistema limbico” agisce in forma diretta sull’organizzazione neuro-ormonale
attraverso l’asse ipotalamo-ipofisario e, quindi, su tutto l’apparato delle
ghiandole surrenali, sul sistema immunitario e dell’intreccio emotivo a livello
gastro-intestinale.
3) Il “sistema affettivo”, supportato dall’attività “cortico-frontale”, modula l’attività
limbica attraverso una doppia-via neuro-anatomica che mantiene un flusso
costante di informazioni con le diverse strutture limbiche (… soprattutto con
l’amigdala e l’ippocampo).
Lo schema sottolinea l’importanza fondamentale che ha acquisito nell’uomo il
cosiddetto “spettro emotivo-affettivo”.
Questo :
- se da un lato viene attivato dall’input sensoriale e sensitivo che “incendia le
strutture limbiche” e attiva la funzionalità corticale-frontale, per altro lato:
- è modulato dalle funzioni timologiche del cervello frontale e neo-corticale
che, nell’uomo, ha subito un incremento enorme, arrivando a comprendere
più del 60% dei neuroni di tutta la corteccia cerebrale;
- le strutture corticali-frontali sono considerate come il “nucleo operativo
delle capacità timologico-relazionali”;
- tenuto conto anche dell’importanza della recente scoperta della funzionalità
dei “neuroni a specchio” che ottimizzano le “capacità funzionali deputate al
mantenimento di validi rapporti interpersonali”.
Da queste osservazioni, si desume come il “sistema emotivo” sia fondamentale per
“incendiare il cervello”, agire cioè come “… benzina della mente”, apportatrice di
quella “energia” che la mente ed anche il corpo abbisognano per mettersi in
azione e, quindi, adattarsi alle richieste imposte dal mondo esterno.
Non ancora del tutto chiarito è il funzionamento di quello che chiamiamo
“sistema emotivo-affettivo” che riguarda l’aspetto relativo alla funzionalità
emotiva, in rapporto con le modalità a più alto significato ontologico, che
riguardano cioè il funzionamento dell’essere in quanto “essere”.
Allegria, animosità, disagio, collera, imbarazzo, impazienza, irritazione, sorpresa,
soddisfazione, ecc., sono tutte reazioni emotivo-istintive che aiutano la persona a
“mettersi-in”, a porsi come “soggetto” nell’ambito della “relazione interpersonale e
sociale”.
Queste osservazioni inducono la necessità di comprendere i meccanismi che
portano il soggetto a modificare il proprio “spettro reattivo” sulla base delle
esperienze e dei vissuti, tenendo in conto anche la struttura genetica e la
familiarità. Potremmo parlare di “background emotivo” che, nell’esperienza
clinico-terapeutica, possiamo valutare ed anche modificare con interventi
farmacologici e/o psicoterapeutici.
Va sottolineato come le reazioni emotive risentano fortemente dalla “struttura” e
non c’è nulla di meglio che pensare alla “sindrome di Martin-Bell” (… dell’Xfragile) nella quale il segno più significativo riguarda l’incontinenza emotiva che
può essere controllata solo con un attento, specifico e modulato intervento
farmacologico (… che nella nostra decennale esperienza ha portato a ubicare
nell’ambito della “fito-terapia” –prescindendo in gran parte dalla terapiaallopatica).
Il tema della modulazione e del controllo delle reazioni emotive ci porta
inevitabilmente ad affrontare la:
FUNZIONALITÀ DEL SISTEMA AFFETTIVO
La dimensione triadica della mente (codificata attraverso l’approccio timologico
alla psicologia dello sviluppo) si fondamenta sul “modello triadico del cervello”,
dimostrato dalle “neuroscienze psico-neuro-biologiche”.
Il modello funzionale ha portato a separare:
- le espressioni emotive – legate all’attività del cosiddetto “cervello limbico”;
- il sistema affettivo – supportato dalla complessa funzionalità della corteccia
frontale e pre -frontale, sostenuta anche dalla recente scoperta dei “neuroni a
specchio”;
- l’attività cognitivo-intellettiva (la razionalità) che si esprime attraverso una
integrazione tra la complicata architettura di tutta la corteccia cerebrale e le
strutture frontali che, a loro volta. Modulano le attività del “sistema emotivo”.
Un modello schematico ci aiuta a definire questo funzionamento:
L’intreccio tra questi differenti livelli funzionali, pur nella sua complessità,
comincia ad essere più chiaro e a perme ttere una più accurata definizione tra
finalità e strutture.
La “… più meravigliosa macchina umana” si nasconde nello sviluppo di quelle
strutture cerebrali che compongono il “lobo frontale del cervello” che dà forza e
vitalità al “sistema affettivo”.
Per qualcuno si parla di “empatia” per riferirsi a quella funzione psichica per la
quale il soggetto trova se stesso nell’occhio accogliente dell’Altro, mentre lui
stesso “vibra nel suo intimo”, scoprendo quanto chi gli sta di fronte abbia
“valore”.
EMPATIA
Sarebbe riduttivo pensare che la struttura neuronale che caratterizza la
organizzazione funzionale dei cosiddetti “neuroni a specchio” (scoperti da
Giacomo Rizzolati e confermati da Ramachaudran, da Marco Iacoboni ed anche,
in maniera intuitiva, da Simon Baron Cohen) come una mera deduzione
meccanicista e prevalentemente biologica, quando invece lo stesso Rizzolati ne
riconosce l’integrazione in un complesso sistema psico-neuro-biologico.
Non è che la presenza dei neuroni a specchio spieghi di per sé il funzionamento di
circuiti neuro-cerebrali capaci di sostenere l’attività empatica del soggetto e
neppure la sua propensione a tenere in conto il “valore della presenza dell’Altro”.
A nostro modo di vedere, la funzione dei neuroni-specchio entra in quel
complesso meccanismo psico-mentale e, soprattutto, psico-affettivo che si attiva
definitivamente con la maturazione completa della corteccia frontale e pre frontale (Antonio Damasco) nel cui ambito, per altro, si trovano i neuronispecchio scoperti dalla equipe di Rizzolati non solo nella scimmia, ma anche e
soprattutto nell’uomo.
Il sistema complesso tiene conto di:
- capacità attentiva;
- fissazione e rievocazione delle immagini;
- discriminazione affettiva;
- sincronizzazione e sintonizzazione con l’Altro:
- EMPATIA: funzionalità timologica fondata sui valori e sugli affetti.
Le conclusioni di Rizzolati portano a dare importanza al “sistema limbico” che,
per così dire, carica il “sistema” che mette in funzione i neuroni-specchio,
attivando così le dinamiche della “sintonizzazione”.
La valutazione timologica del funzionamento psico-affettivo si basa, al contrario,
nella attivazione del “sistema affettivo” che è ancorato alla complessa funzionalità
delle strutture corticali frontali e pre -frontali.
Le emozioni (che risultano dal funzionamento del sistema limbico), per la loro
attività automatico-istintiva, possono dare al “sistema globale” una carica
energetica senza la quale non potrebbe essere attivato, ma non può giustificare
tutte quelle attività che prendono il nome dalle funzionalità timologiche che
riguardano riferimenti valorativi, affettivi e dell’ordine complesso dei “sentimenti”.
Il “sistema affettivo” è però molto di più di una “vibrazione sentimentale” proprio
perché, nel suo straordinario sviluppo filogenetica”, si porta al culmine del “…
senso di essere uomini”. Questa complessa funzionalità cerebrale, sottesa al
processo evolutivo della “frontalizzazione”, permette:
- da un lato il controllo e la modulazione del “sistema delle reazioni emotive”;
- per altro, determina la costituzione del Sé che significa il superamento delle
funzioni adattive dell’Io, permettendo all’essere di diventare “Soggetto”.
Le strutture cerebrali frontali ricevono connessioni provenienti praticamente da
tutti i nuclei che compongono il “lobo limbico”, ma soprattutto dalla amigdala,
dall’ippocampo e dal cosiddetto “giro del cingolo”.
Questo legame a doppia via è fondamentale per spiegare tutto il funzionamento
del sistema che può così modularsi e … crescere, modificarsi e creare sempre
“nuove possibilità funzionali” necessarie per liberare il soggetto dalla ferrea legge
dell’adattamento e aprire le porte alla creatività ed all’immaginario.
Il “sistema affettivo”, di fronte ad una “crisi emotiva”, induce un cambiamento del
“sistema adattivo” in quanto, per “superare lo sconvolgimento reattivo” e per
ripristinare l’equilibrio, utilizza:
§ quei “processi di difesa arcaici” che si identificano come:
- negazione;
- svalorizzazione;
- ribellione
che sono sostenuti dalle capacità regressive del “narcisismo primario”:
l’egocentrismo e l’onnipotenza.
§ Questi meccanismi, nel tentativo di frenare la crisi, portano il soggetto a
chiudersi in sé, creando quello che è stato chiamato “Io-debole”, che trova e
sviluppa le proprie funzioni difensive con:
- auto-isolamento;
- emarginazione;
- immobilismo comportamentale e mentale;
- ancoraggio alle abitudini ed alle norme;
- attività e comportamenti ripetitivi ed ossessivi.
A partire dai due anni (come ha dimostrato Antonio Damasco) la corteccia
cerebrale frontale e prefrontale termina il suo processo di maturazione e permette
la nascita progressiva ed inarrestabile delle “valenze affettive”.
Queste, messe in evidenza dall’approccio timologico (predominio dei valori e degli
affetti), intervengono a modulare (.. ed anche a “frenare”) le scariche emotive,
inducendo quei profondi cambiamenti del funzionamento psico-mentale che porta
alla costituzione del Sé o “Io-ideale” (Lacan).
Il “Sé” rappresenta il raggiungimento delle “capacità funzionali di tipo creativo”
che portano il soggetto a tendere costantemente ad imporre la propria volontà, le
proprie scelte, i propri bisogni e le proprie … intenzioni.
Non ci sono “… affetti senza libertà” e questa è sottesa a quei “meccanismi di
difesa innovativi” che riguardano:
- l’auto-identificazione (… attraverso l’identificazione multipla);
- l’introiezione;
- l’incorporazione dell’oggetto
che portano alla autonomia , alla auto-valorizzazione, alla auto-soddisfazione, ma
anche a quei “processi di superamento delle dinamiche edipiche” che significano:
- integrazione soggettiva nelle dinamiche del “nome del padre”;
- superamento di quelle valenze impositive che si esplicitano nel cosiddetto
“… ideale del Super-Io”.
Non c’è libertà senza il passaggio da un Io-adattivo ad un Sé-creativo, capace di
definire il senso della propria volontà e delle proprie scelte.
METAPSICOLOGIA E SVILUPPO PSICO-MENTALE
IO
modello adattivo-difensivo
Domina l’emotività (intelligenza emotiva):
-
struttura libidico- istintiva
egocentrismo
onnipotenza
coscienza concreta
pensiero concreto
sistema rappresentazionale personalistico
conflitti pre-edipici
narcisismo primario
Problematiche:
- Comportamenti aggressivi e distruttivi
- Comportamenti controfobici
- Isolamento e tendenze regressive
- Paralisi mentale
SÉ
modello creativo e immaginario
Domina l’affettività (intelligenza affettiva e
razionale):
- struttura affettivo-relazionale
- valori timologici (l’Altro)
- coscienza affettiva e simbolica
- pensiero affettivo e simbolico-razionale
- sistema rappresentazionale condiviso
- Nome del Padre
- altruismo e compassione
- senso di sé e di valere
- narcisismo secondario
Problematiche:
- Comportamenti dominati dal ritiro
- Presenza di un nucleo persecutorio profondo
- Ipertrofia del Super-Io
- Strutturazione di un “falso Sé”
FUNZIONALITÀ DEL SISTEMA EMOTIVO-AFFETTIVO
La difficoltà ermeneutica-interpretative, che caratterizza lo studio delle emozioni e
degli affetti, si traduce, purtroppo, in una confusione per la quale ancor oggi si
sente parlare di “intelligenza emotiva” e mai di “intelligenza affettiva”. Anche nel
linguaggio comune, in tutte le parti del mondo, si parla di “emotività” e solo
recentemente, sotto la spinta degli studi della “timologia” e quelli riguardanti la
“resilienza”, si sta portando avanti un approfondimento più consono con la realtà
psico-neuro-biologica.
In ogni modo, possiamo tracciare uno schema riassuntivo che ci aiuta a decifrare
gli aspetti salienti del problema conoscitivo in rapporto con le emozioni e gli
affetti.
1) L’organizzazione neurologica del S.N.C. permette di spiegare come:
§ la mancanza di connessioni dirette tra l’insieme della corteccia cerebrale e le
strutture limbiche impedisce un controllo di tipo cognitivo-razionale sulle
emozioni (… men che meno su un “attacco di panico”);
§ le ampie connessioni (a doppia via) tra lobo-limbico e corteccia-frontale
spiegano come sia imprescindibile la strutturazione di un valido sistema
affettivo perché il soggetto possa arrivare a contenere le scariche ansiose.
L’ansia libera, gli attacchi di panico ed anche le più variegate espressioni
della paura;
§ il problema fondamentale per poter definire l’organizzazione emotivo-affettiva
come “sistema emotivo-affettivo”, è quello della memoria. Non c’è sistema
senza una memoria propria ed indipendente. In anteriori lavori avevamo
prospettato due tipi di memoria (una per l’emotività; l’altra per le esperienze
affettive). Oggi possiamo definire come sia unico questo tipo di
“memorizzazione” che risulta centrato nell’ippocampo, nel giro del cingolo e,
soprattutto, nell’amigdala (… che sono nuclei del “sistema limbico”). Questo
processo mnesico coinvolge quindi le esperienze emotivo-affettive nel loro
insieme, corrispondendo cioè a quanto succede volta per volta in ogni
esperienza di rapporto interpersonale ed in ogni vissuto intimo e personale;
§ la memoria emotivo-affettiva (centrata nel funzionamento dell’amigdala)
giustifica la possibilità delle “crisi di panico” che coinvolgono globalmente
tutto il sistema ogni qual volta “il campanello dall’arme” scatena la reazione
con la stessa intensità come fosse sempre la prima volta;
§ questa memoria della “reazione emotiva (viscerale)-affettiva (psichica)” ha
una “… vitalità propria” che non può essere spenta dalle capacità analiticodeduttive (razionali).
2) Si comprende quindi con facilità come funzionano gli interventi terapeutici:
a) L’uso di prodotti fitoterapici (… la nostra esperienza ha portato a definire le
modalità d’uso della passiflora, la escolzia, la valeriana e la melatonina) ed
allopatici (… che solo negli ultimi anni hanno permesso di scegliere solo
alcune benzodiazepine di nuova struttura, utilizzabili anche insieme
all’aloperidolo (sempre ed esclusivamente sotto controllo di medicispecializzati ) che però non vanno utilizzati nel trattamento dei bambini !!!!!
b) La psicoterapia-psicodinamica che, basata sulle considerazioni della
psicoanalisi-classica, ha portato a strutturare interventi specifici e modulati
(arte-terapia-psicodinamica; terapia emotivo-espressiva;
ippoterapiapsicodinamica; danza-terapia-psicodinamica; teatro-terapia-psicodinamica)
che mirano a sviluppare le potenzialità affettivo-ralzionali, il senso di Sé, lo
sviluppo delle dinamiche immaginarie, le concomitanze affettive dell’autovalorizzazione e, soprattutto, a strutturare i “meccanismi di difesa più
evoluti”, le dinamiche strutturanti del “Nome del Padre”, il superamento
delle dinamiche dell’Edipo.
Queste osservazioni sottolineano come, di fronte alle difficoltà dell’ordine emotivoaffettivo, sia necessario tracciare un preciso programma di intervento che ha in sé
possibilità terapeutico-riabilitative, ma anche e soprattutto finalità preventive ed
educative.
I modelli terapeutico-operativi atti a contenere le “modalità dismorfiche” della
reattività del “sistema emotivo-affettivo” possono quindi essere applicati in caso
di:
-
situazioni di disagio e di difficoltà psico-realzionali;
difficoltà nell’inserimento scolastico e nello sviluppo educativo-formativo;
problematiche relative a tutti i quadri psico-patologici dello spettro
autistico;
attacchi di panico, crisi emotive ed ansia libera;
sindromi di tipo “borderline” sia nei ragazzi che nelle ragazze (… oltre
naturalmente negli adulti);
sindromi psicotiche giovanili;
sindromi iniziali di “alterazioni psico-mentali” dell’età pre -senile (… non
arterio-sclerotiche).
SVILUPPO DEL SISTEMA “EMOTIVO-AFFETTIVO”
atto ad una integrazione psico-mentale efficace
Stiamo parlando dello sviluppo-organizzazione di quelle valenze di “senso” che il
soggetto utilizza per sviluppare un approccio interpersonale valido perché fondato
su un forte sentimento di auto-valorizzazione organizzato su una efficace capacità
di valutare le relazioni con la realtà e sulla o base della percezione delle proprie
possibilità funzionali
a – SENSO DI SÉ
§ non usa più il pensiero primario: onnipotenza, svalutazione
§ riesce a contenere il fascino delle cose (il sé non si proietta più nelle cose)
§ non usa più una sublimazione immatura (ipocondria; acting-out)
§ controlla l’esplosività espressiva: non fa pagliacciate e/o chiassate
§ non si disorganizza di fronte al senso di colpa
§ controlla le reazioni di fronte a fallimenti-insuccessi-errori
§ sa controllarsi di fronte a situazioni conflittive
§ rinuncia ai desideri infantili di nutrimento
b – SENSO DI VALERE
§ sa difendersi dagli impulsi primitivi come; irritabilità, aggressività,
distruttività, angoscia, panico
§ tollera e contiene frustrazioni e rimproveri
§ resiste al contagio del gruppo
§ contiene l’eccitazione psicologica del collettivo
§ difende il proprio parere e i contributi personali
§ sente di meritare ciò che gli offrono
c – SENSO DI POTERE = dimensione fallica sostenuta dal “”NOME DEL PADRE”
§ riesce a posticipare la scarica degli impulsi
§ riesce a modulare le emozioni (ansia, angoscia)
§ di fronte all’insicurezza non si ritira
§ controlla l’ansia di fronte alla novità
§ di fronte all’altro non si ritira
§ si mette costantemente in gioco
§ sa regolare le proprie spinte aggressive
d – SENSO DI APPARTENENZA = sentimento di sicurezza nella famiglia
§ nelle relazioni non ha bisogno di dipendenza
§ esprime rapporti validi, profondi e modulati
§ sa usare positivamente i legami con le tradizioni
§ stabilisce rapporti interpersonali validi
§ utilizza come rifugio la relazione familiare
e – SENSO DI VIVERE VALORI AFFETTIVI
§ riesce a strutturare un modello affettivo valorativo
§ cura gli oggetti per finalità future
§ accetta inaspettate gratificazioni
§ ha aspettative di sé adeguate alle proprie capacità
§ usa canali sublimatori evoluti come altruismo e umorismo
f – SENSO DI AUTOSODDISFAZIONE
§ ricorre ad immagini gratificanti già vissute
§ riesce a sublimare le pulsioni interne
§ si dimensiona nel senso del proprio diritto
§ usa la coscienza per finalizzare il comportamento
g – SENSO DI FUNZIONARE COGNITIVAMENTE
§ utilizza la memoria dei fatti e delle persone (non nega più)
§ trova efficienti controlli sostitutivi
§ sa usare un adeguato realismo di fronte a regole ed orari
§ riesce a dare un giusto valore al proprio tempo
§ sa valutare la realtà sociale
§ trae vantaggi dall’esperienza
§ trae conclusioni dall’esperienza altrui
§ sa programmare realisticamente
§ sceglie gli strumenti adatti agli obiettivi
§ usa l’intelletto senza intellettualizzare
Possiamo affermare che un buon funzionamento psico-mentale, che tenga conto
degli aspetti emotivi -affettivi -cognitivi è spesso legato ad una presa di coscienza
dei comportamenti idonei ed adeguati alle diverse situazioni esistenziali e
relazionali.
REGOLE PER UN BUON FUNZIONAMENTO PSICO-MENTALE
Queste regole per provvedere ad un buon funzionamento psicomentale
risulteranno sempre utili per il soggetto, ma anche a chi si approccia alle attività
terapeutiche, riabilitative, educative e formative proprio perché servono da guida
per far nascere nei soggetti giovani spunti utili per l’auto-identificazione e per
l’autovalorizzazione:
-
aver fiducia in sé e non scoraggiarsi;
non essere sbadati, ma attenti alle proprie esperienze;
evitare comportamenti e atteggiamenti ostili e astiosi (inclinazione malevola, odio);
avere fiducia negli altri ed essere meno cinici;
evitare frustrazioni ed irritazioni, crisi di rabbia e d’ira;
essere gentili ed indulgenti;
non gioire perché vi temono;
non essere animosi né opprimenti;
non vivere ossessivamente il bisogno di non perdere tempo;
non isolarsi, ma cercare relazioni e rapporti;
non temere di difendere le proprie idee (avere il coraggio di difendere le proprie idee
ed i propri interessi senza offendere nessuno);
cercare di controllare i sentimenti, non di nasconderli;
imparare a percepire sentimenti, impulsi, esigenze; saperli tenere sotto controllo;
affrontare i problemi dell’esistenza tranquillamente e con equilibrio;
evitare le situazioni stressanti;
non vivere la vita come lotta contro il destino, ma ricerca quotidiana di “qualità”;
non vivere nella confusione e nella contraddizione;
imparare a perdonarsi e a perdonare;
-
non soffermarsi sugli insuccessi, ma sul come superarli;
non ingigantire le proprie debolezze e/o difficoltà;
non fare dell’autodisciplina e dell’autocontrollo forme irrinunciabili di autogestione;
imparare a godersi la vita con iniziative, progetti e programmi;
non rinunciare alla spontaneità ed alla semplicità;
imparare ad aver fiducia e a cercare un confidente;
ricordare che il successo dipende anche dalla fortuna;
non cedere al fascino del fare, ma amare anche il proprio “essere”;
non rinunciare a dare un consiglio, così come di riceverlo
ricordare che nella sfera dei sentimenti sono più importanti i sogni e le illusioni
piuttosto che un rigoroso realismo;
ricordare che spesso la VERITÀ non è quella vera;
ricordare che le illusioni e le fantasie apportano energia alla volontà ed alla
determinazione;
ricordare che far cambiare l’Altro dipende anche dal far cambiare se stessi;
ricordare che l’Altro può essere la persona giusta che si sta aspettando, ma non che
lo è solo perché “lo si vuole”;
ricordare che non basta “dare”, bisogna anche imparare a “chiedere”;
ricordare che non bisogna sempre chiedere, è necessario anche con-cedere;
ricordare che il successo non è solo frutto del volere, ma anche dell’aspettare;
ricordare che non basta “conoscere”, bisogna anche accettare e “com-prendere”;
ricordare che i sentimenti degli Altri non vanno solo conosciuti, ma anche accettati.
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Da quanto sin qui discusso, si desume che “… per arrivare ad uno sviluppo
psico-mentale equilibrato” bisogna:
liberarsi dall’ansia – espressione dell’invasività emotiva;
dalla paura – espressione del blocco dell’affettività;
per aprire alla creatività ed all’immaginario che danno la possibilità di “guardare
oltre”, di vedere al di là dello stereotipo culturale che, riferito al sé, significa autoisolamento e immobilismo mentale.
Tali considerazioni chiariscono, ancora una volta, come l’intreccio tra emozioni ed
affetti sia molto stretto e, quindi, come sia giustificato parlare di “sistema
emotivo-affettivo”.
Lo schema, che vuole rappresentare il complesso intreccio determinato dalle
connessioni tra “sistema emotivo” (lobo limbico) e “sistema affettivo” (corteccia
frontale e pre -frontale), ci permette anche di comprendere come non sia sbagliato
legare le due funzioni complesse che però si dimostrano organizzate per
funzionare all’unisono, interferendo o modulandosi reciprocamente.
È necessario chiarire anche che le più recenti ricerche su questo tema, sostenute
dalle osservazioni clinico-terapeutiche, portano a definire come:
- il contenimento delle scariche emotive possa essere attivato da tutte le
“espressioni affettive”, siano esse positive o negative;
- questa osservazione dà una risposta al quesito che ci si pone osservando
un delinquente che … non dimostra nessun segno di tensione o di
inquietudine;
- il “viso inespressivo e tranquillo” contrasta spesso con la brutalità dei
misfatti commessi, non dimostrando nessun segno di tensione e, tanto
meno, di ansia;
- il viso inespressivo e tranquillo sottolinea come un forte senso di
onnipotenza, di arroganza, di malanimo ed anche di odio, possano bloccare
le emozioni e partecipare a organizzare una “personalità decisamente
anomala”.
Nell’altro versante, i soggetti particolarmente emotivi dimostrano al contrario:
- un ritardo (… sino al blocco) dello sviluppo psicomentale, sia negli aspetti
affettivi che in quelli cognitivi;
- l’esempio più eclatante lo troviamo nella sindrome dell’X-fragile, ma
l’alterazione è anche presente in tutte le sindromi che compongono il
quadro dello “spettro autistico”;
- va segnalato anche come l’incontinenza emotiva (causata dalla
pauperizzazione del senso di valere) diventa la causa principale delle
difficoltà psichiche ed anche del progressivo incremento del rischio delle
risposte dementigeno nell’età presenile.
Da un lato è facile comprendere il meccanismo invasivo delle emozioni ansiose
che interferiscono con le altre ed anche più elevate funzioni psichiche: attenzione,
memoria, sistema rappresentazionale, coscienza, ecc.
Per altro risulta più complesso scoprire il meccanismo per il quale l’ Io non riesce
a raggiungere la dimensione creativa del Sé, mantenendosi in uno stato di “Iodebole”.
3) Affetti positivi e affetti negativi.
Nel loro insieme rappresentano diverse espressioni funzionali e comportamentali
che possono essere comprese nelle sfere dell’amore e dell’odio. Già Freud aveva
osservato come queste due “espressioni timiche” siano strettamente connesse
anche perché entrambe perseguono tre finalità:
1) evitare il dispiacere – espresso come “tensione fastidiosa interna” che, nei
primi mesi di vita, è poco controllabile da un “sistema funzionale
ampiamente immaturo”;
2) cercare il piacere – che scioglie le tensioni e induce una “pura tranquillità”;
3) preserva re l’integrità dell’Io – che viene sottoposta alle tensioni determinate
dagli input interni (fame, sete, input viscerali, ecc.) ed anche da quelli
esterni (rumori, stimoli tattili, ecc.) ai quali il neonato non è per nulla
abituato.
L’evitare il dispiacere viene inteso soprattutto come “funzione dell’odio
primordiale” che è espressa come “pulsione arcaica”, la più primitiva (per questo
Freud riconosce che, nelle relazioni umane, l’odio precede l’amore). l’Odio è una
“risposta di rifiuto” e, nello stesso tempo, di chiusura su di sé. l’odio rappresenta
il “piacere di dire NO”, la “soddisfazione dell’opposizione” a tutti quegli oggetti o
situazioni che aumentano in modo intollerabile la tensione psichica.
Cercare il piacere è il fondamento di quello che chiamiamo “narcisismo primario”,
che si collega al bisogno pulsionale primitivo: la libido. Questa pulsione resta
comunque sempre presente nella struttura psichica dell’uomo (… magari in forma
nascosta ) che riesce a trarre il piacere da ogni situazione comportamentale. Nel
movimento, nella sensorialità, nella violenza ed anche nella trascendenza si può
dire che l’uomo cerca sempre l’auto-soddisfazione.
Preservare l’integrità dell’Io é un processo mentale che se in un principio è autoriferito, con lo sviluppo del “senso sociale”, si dilata inglobando anche l’Altro, la
famiglia, i figli, la società e, finalmente, il mondo. Parliamo di ecologia che,
nell’espressione “ecologia della mente” porta l’uomo a difendere anche il valore dei
costrutti mentali, scientifici, tecnologici e religiosi.
Queste considerazioni non risolvono il problema del bene e del male da un punto
di vista etico da una lato ed economico dall’altro. Il tema è molto controverso, ma
la soluzione sembra doversi cercare al di fuori del soggetto, proprio perché è la
cultura che stabilisce il bisogno del bene e la negazione del male.
Nelle culture primitive, la violenza e l’odio diventano un “fondamento per la vita”
che guida i “comportamenti sociali”.
Nelle culture più evolute è l’amore, espresso come giustizia, uguaglianza dei
diritti, rispetto della persona, pari opportunità, che domina il “senso sociale” e,
quindi, anche la “funzione sociale ed umanistica degli affetti positivi”.
Da un punto di vista evolutivo è dunque la “cultura” che determina il senso di
accettazione e di rifiuto, il senso di appartenenza e quello di estraneità o di
esclusione. Proprio per questo, sono, ancora una volta, le esperienze timologiche
e, quindi, i “vissuti d’amore” che condizionano e portano all’organizzazione
definitiva del sistema emotivo -affettivo.
4)
ANALISI DELLA REATTIVITÀ EMOTIVO-AFFETTIVA
Analizzare la reattività del soggetto in una dimensione emotivo-affettiva, risulta
un processo complesso dal momento che si mescolano sempre le emozioni con gli
affetti e questo anche tenuto conto delle qualità impresse dalla struttura genetica
e dalle modificazioni indotte dalle esperienze relazionali familiari e sociali.
Proprio per questo dobbiamo separare le “reazioni di tipo emotivo” da quelle di
“tipo affettivo”.
Per delineare questi due modelli possiamo prendere in considerazione:
ANSIA – le reazioni di tipo ansiogeno: ansia, angoscia, attacchi di panico, crisi
emotive – che rispondono a meccanismi automatico-istintivi che fanno capo al
“sistema limbico” che attiva meccanismi biologico-vegetativi oltre che psicologici.
In questi casi gli stimoli risultano per lo più diffusi, poco comprensibili, interni
e/o esterni.
PAURA – le reazioni che fanno capo alla “paura”, come abbiamo visto, vengono
riferite a processi più complessi che molti ricercatori riferiscono (come ricordato
da Stanley Rachman) a tre componenti:
1- l’esperienza soggettiva del timore che porta a specifici e forti adattamenti e a
situazioni particolari (per es: le fughe che accompagnano prove sportive o
professionali particolarmente pericolose; situazioni belliche; l’abitudine ad
affrontare gli esami in ambito universitario; le prove a cui il soggetto si
sottopone per raggiungere un determinato fine scontato e/o vantaggioso; ecc.);
2- cambiamenti fisiologici associati – in questi casi spesso il soggetto sembra
“calmo e tranquillo” , all’osservazione, ma vive sensazioni vegetative molto
fastidiose (palpitazioni; sudorazione delle mani; tensioni gastriche ed
intestinali –tipo colon irritabile; ecc.ecc.) che generano disagio, preoccupazione
ed anche situazioni di svantaggio, menomazione o impedimento;
3- comportamenti di evitamento e di fuga –questa risposta si attiva con
“meccanismi di evitamento” che possono raggiungere anche l’espressione di
una “vera e propria fuga”. Si parla anche di “teoria biprocessuale dell’ansia”
proprio perché si associano “l’esperienza del panico” con il “comportamento da
evitamento”. Si è anche pensato a “risposte condizionate” proprio perché si
osservano anche quando il “senso di paura” va scemando.
Queste interpretazioni sorgono da un “approccio cognitivo” al problema della
paura e, proprio per questo, l’analisi si sviluppa come “osservazione
fenomenologica” che condiziona il modello terapeutico allo schema delle
“motivazioni attese”, all’aspettativa del contatto con l’oggetto o con la situazione
che provocheranno la paura ed il “comportamento disadattivo” che si affievolisce
quando il soggetto viene “accompagnato” da un assistente.
Il nostro approccio a queste problematiche si è sviluppato maggiormente sul
versante psicoanalitico e dello sviluppo psico-affettivo, che portano a scoprire i
meccanismi psichici che sottendono alle espressioni comportamentali.
In questo ordine di idee possiamo ricordare che:
1) le reazioni di “paura” si accompagnano sempre ad una più o meno intensa “…
iperattività emotiva di tipo ansioso” che si verifica con attivazione viscerale
caratterizzata da tremori, palpitazioni, senso di soffocamento, ecc.ecc.
2) Proprio per questo, il primo approccio terapeutico consiste nel somministrare
prodotti fitoterapici con attività atta a limitare le risposte limbiche: passiflora,
escolzia, valeriana ed anche melatonina che interviene a migliorare l’attività
onirica con produzione di sogni che serviranno come supporto agli interventi
psicoterapeutici.
3) Questi devono mirare ad far conoscere le “modalità dello sviluppo psicoaffettivo” del soggetto. Per questo è importante anche utilizzare il Test di
Rorschach per delineare un profilo psichico relativo ai “rapporti oggettuali”,
all’organizzazione delle figure di riferimento, ai meccanismi di difesa e le
modalità psico-mentali che funzionano da supporto per lo sviluppo di:
sistema rappresentazionale, modelli di coscienza e di pensiero, livello di
impegno razionale e di utilizzazione dei sistemi formali per “definire la realtà
esterna”.
4) La nostra esperienza ha portato anche a determinare l’importanza
dell’organizzazione del cosiddetto “Oggetto Genitoriale” nei suoi rapporti
intra-oggettuali (padre – madre) e, soprattutto, nelle “dinamiche triadiche”
che si stabiliscono con il figlio.
5) A questo proposito, va sottolineata la differenza di genere in quanto il figlio
maschio ha modalità di relazione e di comunicazione, totalmente differenti
rispetto alla figlia femmina.
6) La psicoterapia psicodinamica, non può tralasciare anche una indagine
approfondita sul tema del “Edipo e sulle modalità che il soggetto a usato per
superare questo meccanismo psico-mentale tanto delicato.
7) Molto importante è anche una analisi della strutturazione del Sé e delle sue
relazioni con le problematiche che lo legano con il “Padre virtuale” e con il
“Super-Io” nei suoi aspetti implicati ed applicati.
8) Un libro intero potremmo scrivere per riportare i diversi casi e le
problematiche che nella lunga esperienza professionale sono stati affrontati
sempre con risultati notevoli, quasi tutti riferiti come superamento delle
problematiche ed il raggiungimento di uno stato di funzionamento psicoaffettivo decisamente normalizzato.
9) Per concludere non possiamo dimenticare di segnalare come le dinamiche
“emotivo-affettive” espresse come ansia – attacco di panico – paure (di vario
genere) richiedono spesso interventi specialistici e di professionisti preparati
ad hoc.
10) Non bisogna dimenticare che il supporto farmaco-terapeutico spesso non
può basarsi solo sulla fitoterapia, ma richiede interventi di tipo allopatico che
risultano molto delicati, modulati e precisi, proprio perché non si tratta di
“produrre una sedazione”, ma, al contrario, di intervenire delicatamente per
dare un “supporto specifico” per:
- contenere le risposte emotive -limbiche;
- controllare le elaborazioni psico-mentali che possono anche essere
“contaminate” da illusioni o da allucinazioni;
- mitigare le risposte vegetative che spesso si dimostrano tanto intense da
portare a credere di “essere dei veri malati” per compromissione della
funzionalità del cuore, dello stomaco, dell’intestino, della tiroide, delle
ghiandole surrenali, ecc.ecc.
CONCLUSIONI
Le scienze cognitive -comportamentali, hanno basato fortemente la funzionalità
della mente sulla razionalità, ma sono stati gli studi sull’intelligenza emotiva e poi
quelli sull’intelligenza affettiva a portare al modello integrato che risponde più
precisamente alla complessità di una visione culturale, umanistica, relazionale e
sociale, dello sviluppo psico-mentale dell’uomo, molto più aderente alle evidenze
cliniche e terapeutiche della psicologia dello sviluppo, della psicoanalisi, della
filosofia della mente ed anche delle neuroscienze.
In questo ordine di idee, l’ansia e la paura vanno intese come espressioni
limitative dell’Io e del Sé nell’arduo cammino dell’inserimento del soggetto nel
mondo culturale e delle esperienze nel quale è immerso.
L’ansia e la paura sono i sintomi del modello adattivo più primitivo della mente
che saranno vieppiù abbandonati con il progredire dello sviluppo psico-affettivo e
della trasformazione della mente triadica in un modello funzionale intelligente che
socialmente è in grado di creare il “mondo democratico” e individualmente quel
“senso di appartenenza” insito nelle “valenze del superamento dell’Edipo” che, in
termini di “sociologia della mente” rappresenta la dignità, il rispetto, la
riconoscenza, l’amore e quel “senso di partecipazione” che dà valore al “sentirsi
essere parte importante per lo sviluppo della vita e del mondo”.