un nuovo strumento per facilitare il caregiver nella
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un nuovo strumento per facilitare il caregiver nella
UN NUOVO STRUMENTO PER FACILITARE IL CAREGIVER NELLA SOMMINISTRAZIONE DI FARMACI E MIGLIORARE L’ADERENZA TERAPEUTICA DELLE PERSONE RICOVERATE IN OSPEDALIZZAZIONE DOMICILIARE NELL’U.O. DI CURE PALLIATIVE DI VARESE Andreotti Selene Banfi Irene Maria Giugno 2011 INDICE ABSTRACT INTRODUZIONE 1 REVISIONE DELLA LETTERATURA E IDENTIFICAZIONE DEGLI OBIETTIVI 4 PERCORSO DI CREAZIONE DELLO STRUMENTO 6 CONCLUSIONI 9 BIBLIOGRAFIA 11 ALLEGATO 1 Lo strumento 13 ALLEGATO 2 Scheda di valutazione dello strumento 15 ABSTRACT I pazienti con un’età superiore ai 65 anni ricoverati nelle unità operativa di cure palliative, spesso presentano caratteristiche che la società italiana di geriatria e gerontologia identifica come peculiari nel definirne la fragilità, tra cui un regime di politerapia e la necessità di somministrazioni estemporanee di farmaci che aumentano la predisposizione alla non aderenza terapeutica, che è considerato un evento pericoloso per la salute che contribuisce nel riduce il benessere del paziente e aumentare i costi sanitari (WHO, 2003). Nel contesto della reperibilità notturna telefonica per i pazienti ricoverati presso l’ospedalizzazione domiciliare delle cure palliative di Varese (ODCP), abbiamo spesso riscontrato difficoltà di somministrazione di farmaci non appartenenti alla terapia quotidiana del paziente abbiamo quindi deciso di creare uno strumento che potesse migliorare l’aderenza terapeutica e facilitare il caregiver nella somministrazione di farmaci non quotidianamente assunti dal paziente. Ci siamo è quindi posti la seguente domanda: L’utilizzo di uno strumento specifico, facilita il caregiver nella somministrazione di farmaci su prescrizione telefonica, migliorando l’aderenza terapeutica degli anziani fragili ricoverati in ODCP? Dopo aver eseguito un’analisi bibliografica, è stato prodotto uno strumento la cui efficacia è stata valutata attraverso simulazioni e domande, al termine delle quali si è ottenuto un riscontro positivo. Dalla prima settimana di Luglio lo strumento sarà distribuito a tutti i pazienti presi in carico in ODCP, e si procederà ad una rivalutazione dopo i primi tre mesi di impiego. INTRODUZIONE L’incremento dell’aspettativa di vita media ha portato l’Italia ad essere il paese più vecchio in Europa (Williams, 2000). Analizzando i dati ISTAT raccolti, si può affermare che il numero delle persone con un età superiore ai 65 anni, sia in continua crescita; il primo gennaio 2010 la percentuale di anziani nella popolazione censita era del 20.2%, con un incremento stimato dello 0.1% annui, ed un indice di dipendenza del 31%. Il territorio di Varese presenta in relazione a questo, dati di poco superiori alla media nazionale, identificando gli anziani nel 20.5 % dei cittadini. La migliore aspettativa di vita, l’invecchiamento della popolazione ed il conseguente incremento nell’incidenza delle malattie croniche e degenerative, hanno portato a partire dagli anni ’90 al delinearsi di un nuovo tipo di paziente, il cosiddetto “anziano fragile”. Si tratta di soggetti con perdita dell’indipendenza funzionale, frequentemente costretti all’immobilità, incapaci di mantenere relazioni interpersonali, che necessitano di assistenza continua da parte di altre persone (Senin, 2000). Spesso chi si prende cura di questo tipo di paziente non è un operatore sanitario, bensì familiari o badanti che assumono il ruolo di caregiver, trovandosi investiti da un carico di responsabilità, di stress e di ansie che, soprattutto se lasciati soli nell’attività di cura al paziente, fanno fatica a sostenere. La presa in carico di un paziente comporta quindi se pur in maniera implicita, la presa in carico anche del caregiver (Amadori et all., 2007). Questa condizione diviene spesso un ulteriore variabile di complessità; come trattato dal professor Marco Marzano all’interno del convegno della società italiana di cure palliative della regione Piemonte del 2011, all’aumentare dell’età media dei pazienti, corrisponde una crescita direttamente proporzionale di quella del caregiver, condizione inevitabile date le modificazioni sociali avvenute negli ultimi decenni. I bisogni di assistenza con i quali il Servizio Sanitario Nazionale deve misurarsi, sono quindi cambiati significativamente imponendo alla sanità pubblica scenari diversi rispetto al passato sia sul piano clinico assistenziale che su quello organizzativo gestionale (Lolli, 2008). Le richieste della popolazione hanno fatto si che si stia diffondendo un’idea di assistenza che miri sempre più all’adeguata continuità assistenziale tra le strutture sanitarie e il domicilio dei cittadini. Su questa stessa linea si muovono il codice deontologico degli infermieri del 2009 e la legge 38, con la quale in Italia sono state avviate le prime unità di cure palliative, caratterizzate dall’integrazione tra l’assistenza domiciliare, ambulatoriale e degenza ospedaliera, articolate in un continuum di assistenza. La legge identifica delle “reti”: la rete nazionale per le cure palliative e la rete nazionale per la terapia del dolore, volte a garantire la continuità assistenziale del malato dalla struttura ospedaliera 1 al suo domicilio e costituite dall’insieme delle strutture sanitarie ospedaliere, territoriali e assistenziali, delle figure professionali e degli interventi diagnostici e terapeutici disponibili nelle regioni e nelle province autonome, dedicati all’erogazione delle cure palliative, al controllo del dolore in tutte le fasi della malattia, con particolare riferimento alle fasi avanzate e terminali della stessa, ed al supporto dei malati e dei loro familiari. Il rapporto di fiducia tra cittadini e servizio pubblico si basa essenzialmente sulla capacità di esserci, e di esserci nel modo giusto, quando serve, garantendo ed assicurando risposte certe ed adeguate (Lolli, 2008). L’unità operativa di cure palliative di Varese garantisce la qualità di questa continuità, anche grazie alla riunione settimanale, durante la quale l’équipe della domiciliare e quella dell’hospice condividono informazioni a proposito dei casi clinici delle persone ricoverate presso i due servizi e permette il confronto in relazione a problemi, scelte e situazioni particolari. Tutti i giorni inoltre, gli infermieri del reparto vengono aggiornati con delle consegne in merito all’andamento quotidiano della situazione clinica e generale dei pazienti dell’ODCP. Questa continua condivisione, ha fornito i presupposti per l’avviamento dal 1 Novembre 2010, di una reperibilità telefonica notturna gestita dal personale del reparto di degenza, con lo scopo di garantire un’assistenza professionale continua nelle 24 ore. Durante le riunioni sono stati analizzati diversi incidenti critici avvenuti nel contesto della suddetta reperibilità; le difficoltà di somministrazione di farmaci non appartenenti alla terapia quotidiana del paziente, è stata identificata come problematica prioritaria in quanto ha portato più volte ad errori di somministrazione. Molto spesso i pazienti con patologie croniche, ed in particolare quelli più avanti con gli anni, possono essere gravati da comorbidità ed essere sottoposti a regimi di politerapia, rendendo l’aderenza al trattamento ancora più complessa (Amadori et all., 2007). La scarsa aderenza alla terapia, è oggi considerata una delicata barriera per il raggiungimento del risultato clinico voluto, rimanendo un momento critico irrisolto nella via che conduce al successo terapeutico (Spinewine et all., 2005). La non aderenza ai farmaci è un evento pericoloso per la salute, riduce il benessere del paziente e aumenta i costi sanitari; uno studio pubblicato nel 2003 dall’organizzazione mondiale della sanità, evidenzia come negli USA la non aderenza ai farmaci causi circa 125.000 morti l’anno. Il particolare il rapporto di continuità assistenziale tra il reparto di degenza e l’ospedalizzazione domiciliare di cure palliative (ODCP), ha quindi indotto l’elaborazione di un progetto nell’ottica di miglioramento attraverso la gestione del risk management. Abbiamo analizzato la popolazione più soggetta a questo tipo di rischi. Prendendo in esame i dati relativi ai ricoveri dell’UO di cure palliative degenza dal 12.2.2010, data di apertura del reparto, fino al giorno 17.6.2011 si verifica l’elevata età media dei pazienti: 2 UOMINI età media 70 anni 68.18% età maggiore di 65 anni. DONNE età media 69.06 anni 68.81 % età maggiore di 65 anni. Ospedalizzazione domiciliare: UOMINI età media 70 anni 81.19 % età maggiore di 65 anni. DONNE età media 74 anni 80.26% età maggiore di 65 anni. I pazienti con un’età superiore ai 65 anni ricoverati nelle unità operativa di cure palliative, spesso presentano caratteristiche che la società italiana di geriatria e gerontologia identifica come peculiari nel definirne la fragilità: comorbidità, regime di politerapia, patologie a frequenza senile, stratificazione di esiti patologici, presentazione clinica atipica, tendenza a rapido aggravamento, complicanze e scompensi a cascata, problemi nutrizionali, incontinenza, elevato rischio di cadute, perdite funzionali in relazione alla sfera fisica, cognitiva, comportamentale, socio – economica e relazionale. Visti i dati considerati in precedenza ed analizzate le caratteristiche della popolazione in esame, abbiamo deciso di creare uno strumento che potesse migliorare l’aderenza terapeutica e facilitare il caregiver nella somministrazione di farmaci non quotidianamente assunti dal paziente. Ci si è quindi posta la seguente domanda: L’utilizzo di uno strumento specifico, facilita il caregiver nella somministrazione di farmaci su prescrizione telefonica, migliorando l’aderenza terapeutica degli anziani fragili ricoverati in ODCP? Per cercare una risposta è stata in primo luogo effettuata una ricerca bibliografica su banche dati: Pubmed, Cinahl, Embase, Cochrane, utilizzando diversi abbinamenti delle seguenti parole chiave: therapy self administration tool adherence compliance e limitando la ricerca alla popolazione umana con età superiore ai 65 anni, ed a studi prodotti negli ultimi 10 anni. Abbiamo inoltre analizzato documenti pubblicati su siti specifici di ricerca: Evidence Based Nursing Società Italiana di Gerontologia e Geriatria American Geriatrics Society. Durante la search strategy sono state effettuate diverse fasi nella cernita degli articoli trovati; la prima è avvenuta leggendo i soli titoli e la seconda analizzando gli abstract degli articoli che dal titolo risultavano maggiormente interessanti. Terminate queste prime fasi di selezione, sono stati tenuti principalmente in considerazione gli articoli con un maggior rilevanza, una sistematic review Cochrane ed una meta analisi EBN (Greenhalgh, 2001). 3 Alcuni articoli relativi allo sviluppo del progetto, non sono stati reperiti in tempi utili neanche tramite le risorse del sistema bibliotecario di facoltà e aziendale. Gli studi presi in esame ed il confronto tra l’équipe di hospice ed ODCP, anche sulla base dell’esperienza maturata negli ultimi due anni, hanno permesso la creazione di uno strumento che è stato successivamente sottoposto a valutazione diretta di potenziali caregiver, in modo da garantire una rielaborazione il più possibile efficace. REVISIONE DELLA LETTERATURA E IDENTIFICAZIONE DEGLI OBIETTIVI Lo scopo generale che ci proponiamo con questo intervento, è quello di migliorare l’aderenza dei pazienti verso la terapia farmacologica, favorendo la compliance del caregiver. Per perseguire questo obiettivo, abbiamo effettuato una revisione della letteratura al fine di verificare la presenza di evidenze scientifiche o linee guida in grado di supportare metodologie mirate all’educazione terapeutica, in grado di migliorare l’aderenza dei pazienti verso la terapia farmacologia e ricercare eventuali strategie per il miglioramento della non adesione. Tra gli articoli analizzati, abbiamo tenuto in considerazione principalmente due studi, data la rilevanza e la pertinenza all’argomento trattato. Il primo studio preso in esame, è stato reperito tramite la banca dati Cochrane; si tratta di una sistematic review pubblicata nel 2008, che analizza gli interventi possibili per favorire l’aderenza terapeutica in relazione a patologie e popolazioni specifiche tra cui anche gli anziani. Lo studio conclude evidenziando come l’aderenza alla terapia a breve termine possa essere più facilmente incrementata rispetto a quella a lungo termine e sottolinea in particolare come non ci siano evidenze scientifiche del fatto che la non aderenza terapeutica possa essere “curata” (haynes et al., 2008). Il secondo è una meta analisi sviluppata da Fabbri P. e Sartini A., reperita tramite il sito del centro studi EBN. Il suddetto studio, prende in considerazione quattro diversi articoli, pubblicati tra il 2003 ed il 2008, reperiti tramite la banca dati MEDLINE. Analizzando quattro articoli, una Sistematic review, due revisioni della letteratura e una meta analisi di rct, lo studio raggruppa in quattro categorie i principali metodi che possono essere applicati per migliorare l’aderenza terapeutica: l’educazione sanitaria del paziente il miglioramento della comunicazione tra medico e paziente il miglioramento dello schema di trattamento aumento delle ore nelle quali il medico è a disposizione del paziente. 4 In seguito alla valutazione della letteratura, lo studio non identifica linee guida o studi che offrano soluzioni univoche. Alla luce di quanto descritto nell’articolo sopraccitato, ci siamo soffermati sul valutare quali interventi fossero i più indicati ed applicabili al nostro contesto lavorativo. L’educazione sanitaria del paziente e del caregiver, sono il punto cardine della presa in carico infermieristica, in particolare nel contesto dell’ospedalizzazione domiciliare nelle cure palliative (Amadori et al., 2007). Anche il codice deontologico degli infermieri del 2009 sottolinea in diversi articoli l’importanza di coinvolgere l’assistito, affinché “disponga di tutte le informazioni necessarie ai suoi bisogni di vita”. Così anche il piano sanitario nazionale in cui si identifica come priorità che il paziente affetto da patologie croniche, sia “reso esperto da opportuni interventi di formazione e di addestramento da parte del team multiprofessionale”. Nella realtà di Varese, il suddetto “team multiprofessionale” si identifica con un’équipe specifica composta dai medici palliativisti e da infermieri dedicati all’assistenza in ospedalizzazione domiciliare. in seguito ad una formazione specifica, vengono creati dei piani di assistenza e formazione personalizzati che si articolano nei diversi momenti del ricovero: dalla valutazione per la presa in carico del paziente, all’assistenza del caregiver, fino al peggioramento delle condizioni cliniche ed all’exitus (Amadori et all.,2007). Anche i medici hanno delle responsabilità nella scarsa aderenza al regime terapeutico; spesso non forniscono al paziente informazioni chiare in merito alla terapia prescritta in termini di posologia, intervallo tra le dosi, particolari avvertenze da seguire, possibile insorgenza di eventi avversi, nonché benefici attesi dal farmaco. Si è quindi cercato di utilizzare strategie che permettessero di evitare l’insorgenza di questo tipo di problemi; fornire indicazioni chiare e semplificate degli schemi terapeuti, enfatizzare l’importanza dell’aderenza al regime terapeutico proposto e rendersi disponibili per eventuali chiarimenti e colloqui, contribuiscono nel migliorare la compliance di pazienti e caregiver. Un altro metodo applicabile per migliorare l’aderenza terapeutica è l’aumento delle ore nelle quali il medico e gli infermieri sono a disposizione del paziente. Come precedentemente descritto, la nostra Unità Operativa, fornisce una reperibilità continuativa garantendo così un sostegno assistenziale ininterrotto nelle 24 ore. Presi così in considerazione gli elementi chiave nell’incentivare l’aderenza terapeutica, si è identificato nello schema di trattamento un possibile terreno di lavoro. Valutando questi quattro tipi di intervento si può dedurre l’importanza di adottare un sistema multi fattoriale che permetta di gestire le numerose variabili legate alla bassa aderenza all’assunzione dei farmaci. Conclude quindi infine sottolineando la necessità di affrontare la situazione con un intervento combinato, sia comportamentale che educativo. 5 Ci si propone quindi la creazione di uno strumento intuitivo, per facilitare i caregiver nella somministrazione dei farmaci che compongono un kit per la somministrazione estemporanea della terapia prescritta telefonicamente. Uno dei limiti incontrato nell’iniziare la progettazione dello strumento, è stato la mancanza di dati precisi in merito all’età media ed al grado di istruzione dei caregiver incontrati fino ad ora sul territorio. Il libro italiano di cure palliative indica però come questi abbiano un età media di 55 anni, siano nell’80% dei casi donne e non sempre presentino condizioni di salute ottimali; non è stato tuttavia possibile reperire dati attendibili in merito al grado di preparazione scolastica. Identificati quindi i bisogni su cui intervenire, definite le finalità educative da porre al progetto e riconosciuti i destinatari a cui ci si intende rivolgere, si procede quindi alla formulazione di obiettivi a breve e medio termine. Utilizzando lo strumento, in seguito al una prescrizione telefonica da parte dell’infermiere, sarà il caregiver facilitato nella somministrazione di farmaci appartenenti al kit dell’urgenza? Nell’arco di tre mesi, diminuiranno le difficoltà da parte degli infermieri nel guidare il caregiver nella somministrazione estemporanea di farmaci, grazie all’utilizzo dello strumento? Nell’arco di tre mesi, migliorerà l’aderenza terapeutica dei pazienti ricoverati in ospedalizzazione domiciliare, nella somministrazione estemporanea di farmaci da parte del caregiver? La valutazione dei risultati sarà effettuata tramite l’analisi delle consegne infermieristiche relative alla reperibilità telefonica, nelle quali viene segnalato il grado di ansia del paziente, del caregiver e l’efficacia della prestazione. PERCORSO DI CREAZIONE DELLO STRUMENTO Al fine di creare uno strumento efficace, abbiamo analizzato diversi articoli reperiti in letteratura nei quali fosse descritto con precisione lo schema o la tabella distribuita alla dimissione dei pazienti per aumentare e monitorare l’aderenza terapeutica. Tra questi è stato selezionato uno studio prodotto in America da Manning D. M. ed altri nel 2007, nel quale si paragonano due diversi strumenti: il Medication Discharge Worksheet (MDW) ed il Durable Display at Discharge (3D). L’MDW è una tabella presentata nel 2006, costituita da una rielaborazione grafica della terapia prescritta dal medico all’interno della lettera di dimissione. Lo strumento si compone di tre diverse parti: un elenco dei farmaci prescritti riportante il dosaggio, la via di somministrazione e la frequenza di assunzione nell’arco della giornata; un promemoria grafico per gli orari di somministrazione suddiviso in 24 ore raggruppate nei sottogruppi mattina, pomeriggio, sera, notte; una colonna dedicata ad indicazioni particolari che possano essere utili al momento dell’assunzione del farmaco. 6 Il 3D presenta invece due peculiarità: è molto intuitivo e facilmente memorizzabile grazie alla presenza di uno spazio dedicato all’applicazione di immagini o di compresse reali in corrispondenza del nome del farmaco; motiva la persona all’assunzione della terapia, riportando lo scopo per cui questa è stata prescritta ed indicando alcune precauzioni da tenere alla somministrazione. In più studi è confermata infatti l’importanza di stimolare la persona ed il caregiver nel rendersi partecipi del processo terapeutico al fine di migliorare l’aderenza a questo (Manning et al., 2007) (Fabbri, Sartini, 2010); è infatti particolarmente importante che esso sia percepito come condiviso e non come imposto attraverso un processo decisionale di tipo paternalistico (Spinewine et al., 2005). Tenendo in considerazione le riflessioni prodotte nell’analisi del suddetto studio, è stata quindi prodotta una prima versione dello strumento, migliorato in seguito al confronto con l’équipe medica ed infermieristica di ODCP ed Hospice, la quale si è concentrata sull’analisi della possibilità di fare fronte attraverso questo documento ai problemi nella somministrazione della terapia, presentatisi durante le reperibilità Si è quindi stabilito di includere nello strumento quattro campi: farmaco, nel quale è indicato il nome e la posologia; confezione, l’immagine fotografica di questa, in modo da favorire la ricerca intuitiva all’interno del kit per la somministrazione di farmaci su prescrizione telefonica, indicazioni terapeutiche, si riporta in modo semplice e chiaro i motivi principali per cui il farmaco potrebbe essere prescritto, via di somministrazione, fanno parte del kit, terapie che possono essere somministrate per via orale, sottocutanea, endovenosa, intramuscolare e sub-linguale; Data ed ora di somministrazione, in modo da favorire caregiver ed infermieri nel monitoraggio della somministrazione. Vista la necessità di rendere lo strumento il più efficiente possibile e quindi evitare la necessità di un frequente aggiornamento informatico, si è scelto di includere all’interno dei campi “farmaco” e “confezione” tutte le possibili modalità di nomenclatura e di aspetto grafico dei farmaci forniti dall’ospedale. Un esempio è il farmaco Midazolam per il quale è riportato sia il principio attivo che il nome commerciale Talentum con cui viene fornito; sempre in relazione a questo sono presenti le foto delle confezioni con le quali viene presentato dalle diverse case farmaceutiche che riforniscono la farmacia dell’azienda ospedaliera. Sempre per motivi legati all’efficienza, si è concordato di includere nella via di somministrazione tutte le possibili modalità per ognuno dei farmaci; queste verranno poi escluse durante il processo di educazione sanitaria dagli infermieri dell’ODCP, valutando le condizioni cliniche della persona assistita e le competenze acquisite dal caregiver. 7 Una volta creato, lo strumento è stato sottoposto ad una valutazione tramite simulazione e domande dirette, proposte ad un totale di venti persone nell’arco di sette giorni; di queste cinque sono caregiver di pazienti ricoverati presso l’ODCP, otto sono parenti di persone ricoverate in hospice e sette sono infine persone valutate come potenziali caregiver per l’ospedalizzazione domiciliare. All’interno del suddetto gruppo si possono quindi riconoscere tre diversi livelli di educazione sanitaria ricevuta, in relazione al modo in cui i soggetti sono stati reperiti: i caregiver sono infatti inseriti in un processo continuo di educazione mirato al renderli il più possibile autonomi nella gestione della persona malata, i familiari dei ricoverati nel reparto di cure palliative sono formati principalmente al riconoscere i sintomi ed i potenziali caregiver non hanno ricevuto un’educazione sanitaria specifica. Nonostante le discrepanze all’interno del background culturale, i risultati ottenuti dai test sono stati piuttosto omogenei. Otto persone hanno segnalato la necessità di migliorare l’aspetto grafico delle foto, cinque, quattro dei quali appartenenti al gruppo di potenziali caregiver, hanno manifestato difficoltà nel comprendere il lessico specifico riportato nelle indicazioni terapeutiche e undici persone hanno suggerito di escludere dalla tabella le foto delle confezioni non presenti all’interno della scatola. Tutti i componenti del gruppo di verifica hanno risposto in modo corretto alle domande sottoposte ed hanno concordato nel ritenere lo strumento utile al fine di semplificare il reperimento dei farmaci nel kit; i cinque caregiver hanno riferito che si sentirebbero più sicuri nel somministrare il farmaco prescritto telefonicamente. Valutando i risultati del test, si è quindi deciso di correggere la grafica delle immagini fotografiche, semplificare i termini delle indicazioni terapeutiche e di escludere durante l’educazione sanitaria non solo le vie di somministrazione inadeguate, ma anche la foto della confezione non fornita nel kit. E’ stato quindi riproposto lo strumento al gruppo di valutazione, il quale si è trovato concorde nell’identificare un sensibile miglioramento. Vista la positività dei test,si è pensato di distribuire lo strumento previa educazione sanitaria degli infermieri dell’ODCP, a tutti i pazienti che saranno presi in carico dalla prima settimana di luglio. Si prevede infine un monitoraggio trimestrale in relazione alle chiamate notturne. La valutazione dell’efficacia verrà infatti eseguita tramite metodi indiretti (Fabbri, Sartini, 2010): attraverso la compilazione di un questionario da parte degli operatori che riceveranno le chiamate notturne e da parte degli infermieri dell’ODCP che valuteranno il grado di soddisfazione dei caregiver durante i colloqui previsti all’interno delle visite domiciliari. 8 CONCLUSIONI Nella stesura e nell’attuazione di questo progetto abbiamo incontrato numerose difficoltà legate principalmente al ricavare momenti dedicati all’interno delle riunioni d’équipe, alla possibilità di muoversi sul territorio ed a trovare spazi in cui condividere i vari processi del progetto con i componenti del gruppo degli infermieri dedicati all’ODCP. Nel contempo è stato molto stimolante in quanto ha permesso a tutta l’équipe di soffermarsi a riflettere sulle difficoltà incontrate in questi ultimi mesi di attività. Nell’elaborare questo progetto con i colleghi, è stato utile in diverse occasioni rifarsi al codice deontologico degli infermieri del 2009, soffermandoci in modo particolare sulla presentazione redatta a cura della presidente dell’IPASVI Annalisa Silvestro. In questo documento si identifica la mission primaria dell’infermiere nel prendersi cura della persona che assiste in logica olistica, considerando le sue relazioni sociali e il contesto ambientale. Il prendersi cura è agito attraverso la strutturazione di una relazione empatica e fiduciaria soprattutto quando l’assistito vive momenti difficili, diviene “più fragile” e perciò ancora più bisognoso di aiuto e sostegno. In questa linea di pensiero, l’articolo 27 del codice, introduce l’importanza dell’inserire l’assistenza in un processo continuo affermando che l’infermiere garantisce la continuità assistenziale anche contribuendo alla realizzazione di una rete di rapporti interprofessionali e di una efficace gestione degli strumenti informativi. Nella creazione del progetto è stata di grande aiuto la presenza già consolidata di una realtà di continuità assistenziale che permette una costante interazione tra territorio ed ospedale. Questa interazione si riflette anche sulla struttura dell’équipe di cure palliative nella quale il confronto e la collaborazione tra infermieri dedicati al reparto di degenza ed all’assistenza domiciliare è continua ed irrinunciabile. Un’altra caratteristica fondamentale dell’équipe è la presenza integrata dei medici. Questo modello organizzativo di collaborazione multiprofessionale ha permesso di avere una visione globale dei bisogni delle persone ricoverate, permettendo lo sviluppo di un strumento che si propone di migliorare in primo luogo l’assistenza e le condizioni di salute del paziente, ma anche di rendere più efficace il lavoro del personale dei due servizi. Lo sviluppo di questo progetto è quindi tuttora in corso, ed è stata programmata per la prima settimana di Ottobre la riunione nella quale verranno condivisi i risultati della rilevazione trimestrale dell’efficacia e del grado di soddisfazione relativi all’utilizzo quotidiano dello strumento. Confrontandoci con colleghi impiegati presso altre unità operative e ripensando all’esperienza vissuta durante il tirocinio universitario, ci rendiamo conto di come questo progetto sia specifico per la realtà dell’U.O. di cure palliative e di conseguenza poco applicabile in altri contesti. Ci 9 auguriamo tuttavia che il nostro lavoro stimoli nei colleghi una riflessione particolare in merito alla difficoltà dei pazienti e delle famiglie nel seguire la terapia prescritta e rispetto all’importanza dell’educazione sanitaria a questo legata. Cantarelli, nel modello delle prestazioni infermieristiche su cui si orienta il nostro operato all’interno dell’azienda ospedaliera di Varese, identifica tra i bisogni di assistenza infermieristica il bisogno di procedure terapeutiche, a cui spesso si è tentati di rispondere unicamente somministrando i farmaci durante il ricovero. Come per gli altri bisogni invece, la persona deve essere accompagnata nel continuum dall’autonomia alla dipendenza. Ogni posizione del continuum è uno “spazio” caratterizzato da una specifica complessità intrinseca e rappresenta la modulazione dell’intervento infermieristico in relazione alla situazione della persona (Cantarelli, 2003); dovere dell’infermiere è appunto accompagnarla nella variazione di questo tramite atti specifici, di supporto e l’applicazione di elementi trasversali quali l’educazione sanitaria. Al momento della dimissione purtroppo capita che le persone passino nell’arco di poche ore da una situazione di sostituzione da parte dell’infermiere nella somministrazione di terapia, al semplice indirizzo in seguito alla prescrizione medica; questo purtroppo spesso non avviene con un percorso graduale effettuato dall’individuo, bensì per la causa esterna dell’improvvisa mancanza del personale che prima si era appunto sostituito nella risposta al bisogno. Speriamo che queste riflessioni ed il materiale fornito all’interno del progetto stimolino quindi i colleghi nella creazione di strumenti che propongano delle risposte a questo tipo di problema, contribuendo così a rendere sempre più l’infermiere una figura di sostegno il cui intervento possa espandersi anche oltre i confini del proprio reparto e dell’ospedale, in modo particolare nelle situazioni di fragilità che sempre più spesso ci troviamo ad affrontare. 10 BIBLIOGRAFIA Amadori D., Corli O., De Conno F., Maltoni M., Zucco F. (2007) Libro italiano di cure palliative 2ª edizione. Milano: Poletto editore srl. Bollini G. (2008) La continuità assistenziale: le responsabilità infermieristiche. In: Consociazione nazionale delle associazioni infermiere – i Continuità assistenziale e sviluppo della competenza infermieristica, 2008, Manfredonia. Paterno Dugnano: Grafiche Tris, 37 – 40. Cantarelli M. (2003) Il Modello delle Prestazioni Infermieristiche. 2ª edizione. Milano: Masson. 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