issimo - Pungitopo editrice
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Poste Italiane - Spedizione in a.p. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2 DCB Palermo Anno XXII n. 61 nuova serie Marzo Aprile 2009 ISSIMO Periodico di promozione culturale dell’Ass. Il Vertice-Onlus La mia anima è una misteriosa orchestra: non so quali strumenti suonino o stridano, dentro di me: corde e arpe, timballi e tamburi. Mi conosco solo come una sinfonia. (Fernando Pessoa) E ancora mi nutre il pesce Del Mar Morto Lucente di jodio Nelle mie piaghe Coltivo le rose Della primavera di morte Settanta fienili bruciati! Sette figli decomposti! Grandezza della povertà! Ultimo ulivo Del deserto d’Asia S’erge il mio scheletro Come mai vivo ancora? Dio incerto Per provarti a te stesso Giobbe III Ascia di luna Affonda nel mio midollo Ultimo ulivo, tu dici? Eppure olio dorato Geme dai miei rami Che impararono a benedire I Che il mio cedro Domani sbarri la strada Ai focosi cavalli I vecchi leoni del mio sangue Chiamano invano gazzelle Marciscono nella mia testa Ossa tarlate Fosforescente Mi pende nel torace Il cuore estraneo II Consumami, calcio senile Struggimi, giovane sale Morte è gioia Nella sera dei miei occhi Matura il sole tropicale La radice del mio piede è abbarbicata al marmo Ascolta Israele Io sono l’albero dei dieci pani Sono il libro di fuoco Dalle lettere ardenti Io sono il candelabro a tre bracci Abitato da uccelli sapienti Dallo sguardo di sette colori. Da “Erba di sogno” – trad. di Lia Secci Einaudi, 1970 Ivan Goll Nel dolore del mondo Il bosco ha sussulti di intriganti richiami Bisogna saperli ascoltare tradurre i nascosti segnali quasi lucciole aperte ad ogni pulsione. Angela ascolta e senza sapere di essi cammina nel bosco con antenne di fuoco. E il dolore del mondo la avvinghia come sudario perenne. Ma è una unghiata che non trapassa le carni ogni giorno tonifica il cuore e matura il pensiero. La sofferenza snidata dal bosco serpeggia dovunque ma dovunque si placa nel sorriso di Angela. Perché sul dorso del dramma non è insensato eroismo vivere in esso. Mariuccia Coretti Le Trine Rosse Io conosco gli odori delle erbe, e li valuto anche a distanza. Oggi è il giorno della liquirizia, il mio cesto è pieno delle sue radici. Radici contorte e secche, terrose e dure, dalle quali tuttavia uscirà un succo molto buono di cui so fare un uso sapiente e vario, che culmina in una marmellata d’uva intrisa di liquirizia. Me la chiedono anche le pasticcerie. All’ora del tramonto mi ricordo della donna che sono stata, negletta e grigia, addosso solo palandrane scure; ma sotto c’erano le trine rosse. Perciò mi sono fatta strega. Anna Ventura Della vita apparente L’ora del lupo Nell’inno della rivisitazione accendo l’abat-jour per connotare il bersaglio. Nell’allineamento di scartafacci che sbilanciano il destino il tuo corpo è molle addentato da risa estemporanee. I silenzi che esortano all’inganno non cedono altri spiragli in questo passaggio indecifrabile - l’ora del lupo che cosparge il capo di cenere. Schizza intristito lo spruzzo d’acqua sollevato dal peso nudo dei passi, il fiato del circuito dei sogni è tagliente fischio di merli, i tuoi baci mi feriscono all’inguine. Angelo Scandurra E fanciulli dai grandi occhi innocenti fioriscono e declinano nel buio e ognuno corre la sua via nel mondo. E d’acerbi maturan dolci frutti, cadono a notte come morti uccelli, giacciono al suolo in pochi dì corrotti. E vaga eterno il vento, eternamente s’ascoltano e rispondono parole e gioia e noia piegano le membra. E strade bianche corrono tra l’erba, incontro a piazze lumi alberi stagni, fra cupo rombo e squallidi deserti… Tante pietre perché, tante contrade, e nome e volto mai non hanno eguali? riso e pianto, che muta, impallidire? E questo a noi che giova e questi giochi, che grandi siamo ed in eterno soli e non cerchiamo al nostro andare un fine? Cose tante, che giova aver vedute? E molto dice chi mai dica “sera”, parola da cui tardo un lutto stilla come da l’arnie vuote grave miele. Hugo Von Hofmannsthal (Trad. L. Traverso) Madre, passasti accanto a noi teneramente come barca di carta che corrente spinge giù, sopra un mini rio di pioggia sperando in un’affettuosa compagnia. Se ti incontrassi nel mio silenzio oscuro riempirei di torce, girasoli e incenso acquedotti di pianto che segnano i confini e porrei sulla tavola con ricamati fili candelabri d’argento per dar luce al mio spirito. Manuel Muñoz Hidalgo Traduzione dallo spagnolo di Bruno Rombi Una poesia di Odissèas Elitis Nella traduzione di Tino Sangiglio da Il battello folle II Piango il sole, piango gli anni che verranno Senza di noi e canto quelli trascorsi Se sono veri. L’intesa dei corpi e l’amabile battito delle barche Il baluginio delle chitarre sotto le acque I “credimi” e i “no” Ora nel vento, ora nella musica. Le nostre mani due piccoli animali Che furtivi cercavano di salire una sull’altra Il vaso di basilico sulle soglie spalancate dei cortili E le schegge di mare che venivano dietro Sopra i muri a secco, dietro le siepi L’anemone adagiata sulla tua mano E tremava tre volte il lillà per tre giorni sopra le cascate Se tutto ciò è vero io canto La trave di legno e il tappetino quadrato Sulla parete, la Sirena con i capelli sciolti Il gatto che ci guardò nel buio Un ragazzo con l’incenso e la purpurea croce Nell’ora che si abbuia sulle impervie scogliere Piango per l’abito che toccai ed ebbi il mondo. (dal volume Poesie scelte a cura di Tino Sangiglio, edito dalla Comunità greco-orientale di Trieste) Poeti dell’Antigruppo Santo Calì Agata azzurra, schiuma lieve d’aria Mi ubriaca questo odore come d’alghe sfatte dal sole, anguille morte, e nebbia di levante mi infradicisce la parola. Non ha senso la vita, grido lungo di gabbiano, che questa sera si accanisce contro antiche memorie, sfiorandomi l’anima che si difende in uno straccio di vela. Stanche di maretta, barche si assopiscono a gioco di bambini scalzi, s’inclinano a silenzio d’acquario verde. Oh come presto muore senza un lamento agosto! Addio, addio, Agata azzurra, schiuma lieve d’aria, ché settembre arriva e non si sente! Ti risposi… Quando l’ultima volta mi accogliesti al petto e la tua voce era ansimare arido di fiume: “Cércati una ragazza di me più pura, più vergine, più vera che sappia darti il bene che tu vuoi!” serenamente ti risposi, Agata: “ … e che abbia neri come te i capelli, profondità di notte e gli occhi d’ombra che ala di rondine, sfiorandoli, con essi si confonda…” Restio com’ero di dirti: la morte. Poeti dell’Antigruppo Rolando Certa La sola luce Questa sera ho lasciato il frastuono della casa: i giovani che danzavano, le “carte” mi suscitavano inedia e sonno, i bambini strillavano. Sono andato sul mare: era sereno e quieto. Lontano il faro di Caput Foederis gettava la sua luce sul mio golfo. Ero sbattuto in un vortice di pensieri, ma nella penombra e nel silenzio, trovato la pace che desidero. Ti ho cercata dentro di me, tu lontana. Tu che accendi e spegni le mie speranze, fuoco fatuo, forse miraggio e illusione per i miei occhi stanchi. Tu, immagine della giovinezza che non voglio perdere, sogno che rischia di dissolversi tra Scilla e Cariddi. Sono un isolano, ti dissi, circondato dal mare, da questa terra millenaria non posso fuggire, guardato a vista, legato da radici possenti. Quando scorgo un veliero in lontananza, vorrei gridare e chiedere aiuto e salvezza. Ma il mio naufragio dura da tempo immemorabile. Sì, sono un naufrago, la distesa del mare il mio spazio l’orizzonte ove amo indugiare, il faro di Caput Foederis la sola luce che illumina le mie notti buie. Poeti dell’Antigruppo Nat Scammacca Cenere Bruceremo il nostro alito in fumo leggero fino a quando residui di cenere affonderanno nelle ore brevi. La notte s’è congiunta al suo silenzio Sopra gli oggetti della stanza. E gli occhi , stancamente annegano contemplando la calma. Non un brivido: lo spazio è infinito tra una sedia e l’altra: quasi un mondo, e tanta immensità ci fa dubbiosi: come faremo, come a trascinarci dietro di noi stessi? Cancro Lascia ch’io muoia mentre ancora i campi verdissimi si specchian nei miei occhi, mentre al suo colmo impeto é la vita. Non mi pieghi declino d’anni e di dolore, ormai diméntico dell’albero che germina, dell’erba, del tuo viso, delle lacrime, e dello stesso amore che ci ha avvinto. Me ne vada così, pacatamente, ora, senza un passato di tormento. Che mi veda svanire nel tuo sguardo da cui sgorga per me il tuo caldo pianto.. Poeti dell’Antigruppo Gianni Diecidue Tre liriche per Madeleine Il tuo corpo di gazzella danza con spire d’arcano profumo nelle ferite della notte, Madeleine. Le tue mani fanno giochi di bimbi crudeli con i capelli brizzolati, ma la mia anima, Madeleine, anela i monti scoperti della luna: Madeleine, il tuo nome segreto trascina cavalli stanchi, Madeleine, dalle corse battute nel tempo ad assalire fiumi di torbide lontananze. * Madeleine, sulle tue cosce tinte di sole caduto cresce un sole di riso vagabondo aspettato dentro le porte chiuse della notte. Aspettato, Madeleine, aspettato in una fuga di pensieri inquietati dalla lenta agonia del giorno. Madeleine… Madeleine… Madeleine… sappi mentire i frammenti di piacere sparsi sotto le galassie dell’amore che non si compra perché è solo come il morire, Madeleine. * E’ mio il ricordo di un cielo di vetro sopra le ansie nude delle danze. Madeleine. E’ mia la stagione che non porta fiori alle acque polverose della Senna ma ardori di sabbie salate, Madeleine. Madeleine, non toccarmi con parole luminose che scavano solchi profondi nel cuoio della memoria, Madeleine, la Coupole ha il suo cielo di vetro e le sue cocottes che bevono rhum per barattare la sorte dell’amore. Noi abbiamo ansie compagne delle danze che non mutano i ritmi della vita, Madeleine, i ritmi stonati della vita. La Voce E’ sempre questa lotta con la Voce che parla in noi; questa presenza ignota che mai s’acquista e non dà pace assidua comanda, esorta, domina i pensieri. Cerchiamo d’ignorarla, ma s’affaccia imperiosa e ritorna ognora uguale a sé con le sue ferme domande che non ci è dato eludere. Non vale arte veruna a tacitarla. Sa tutto del nostro oscuro, greve cuore. Legami indissolubili A Daniela Gli alberi che nella foresta di Darney si abbracciano su in alto sopra le teste delle strade e dei viandanti in un intreccio di rami vigorosi e appassionati forse in un primo momento non lo fecero di proposito ma con l’espandersi dei corpi anche l’amore crebbe nel tempo - come dovrebbe - e se volessero ora districarsi non lo potrebbero talmente sono avvinti e interconnessi… Ma nessuno di loro oggi contempla una scelta tanto crudele e inutile. Loris Maria Marchetti Suo regno incontrastato son le notti, ma anche nel tripudio dei mattini e nella fiamma dei meriggi vive o nel lento adagiarsi delle sere. Noi l’ascoltiamo silenziosi, intenti a carpirne il segreto. Nel profondo Dell’universo affonda quel segreto, tra miliardi di stelle e di comete e il vorticare d’infiniti mondi. Mai si tace l’eterno suo richiamo: Mai si placa la nostra oscura sete d’una parola che l’animo schiari e la sua ansia insaziata assecondi di ridenti, felici, eterne mete, dove la Luce tutto circoscrive e il lungo affanno si converte in gioia che perpetua ci arride. Elio Andriuoli da le vie della saggezza, ed. Ferrari Assurdità Le gabbie dell’occidente Sulle parole l’occidente ha costruito gabbie, noi ci siamo lasciati racchiudere. Dentro le parole ci sentiamo più sicuri, siamo solo prigionieri consapevoli. Usciamo dalle gabbie! Le carte che scriviamo Nascondiamo dentro carte i segni del passato i ricordi dei silenzi inutili i giorni di amori finiti. Le speranze di un divenire che non é mai andato oltre. Il sogno di ogni donna C’è nel sogno di ogni donna un castello. Da lì guardiamo lontano, verso una meraviglia che dia senso all’attesa. Si sono smarrite le parvenze e dolora sempre la certezza. Come bugna che bruci la piaga dell’anima, si accende sulla pelle la fiamma del delirio. Procediamo nell’ombra illuminati dalla febbre che cresce in accordo con l’olio della lampada che l’elemosiniere ci concede versando, a tratti, il nostro fluido vitale. Andiamo in preghiera, o nelle lacrime, scrivendo con inchiostro salato il lungo o breve viatico che un colpo di spugna cancella. Bruno Rombi Anche se nessuno venisse a porgermi la mano potrei restare quieto ad ascoltare il respiro del mondo aspettando di capire. Antonio Giuditta E’ l’attesa una salita o una discesa? Rosalba Fontana (luglio 1969) Contateci sulle dita di una mano Contateci sulle dita di una mano: noi scriviamo ancora con l’inchiostro a raffiche di intensa ispirazione e senza quella niente ci è possibile. Siamo pochi – non uno, è già qualcosa – a vegliare e insieme a naufragare nel grembo rigonfio delle notti - solitarie per altri. Pochi anche ad essere malati di devozione credula - a tentare andamento di preghiere sulle labbra con il ritmo antico che apprendemmo dalla bocca dei vecchi e non dobbiamo frugare nella memoria a ritrovarle, tanto fa parte di noi – filo non visto che annoda nostra luce ad altrui buio. Questo noi siamo, sempre così pochi che ci conti sulle dita di una mano e candore che avanza è una spada prossima a penetrarci fino all’elsa. Fryda Rota I suoi passi Parlami, tremula onda Oh figlia del mare Parlami, tremula onda, E cantami le tue tenere canzoni. Non andare via, rimani con me, Rendi questo mondo migliore. Quelli che solo una volta Sono stati tuoi prigionieri Mai più romperanno le catene E s’inabisseranno per sempre Nella profondità del tuo amore. Tramonto di fuoco Sento i Suoi passi, spalanco la porta: un’ombra s’allontana. Non meritavo sedesse alla mia tavola a dividere il pane. Neanche in sogno riesco a vederTi, a ricevere la Tua benedizione. Margherita Faustini Il tramonto è di fuoco E veloci le rondini Sfrecciano nel cielo scarlatto. Oh mia anima, come sei stanca Tutti i giorni a combattere Senza mai incontrare l’amore puro. Ho speso la mia vita invano Come una conchiglia senza perla. Adolf P. Shvedchikov (Trad. dall’inglese di MarcoScalabrino) Una pagina di Albert Camus Le città, il silenzio Non ci sono più deserti. Non ci sono più isole. Però se ne sente il bisogno. Per capire il mondo, bisogna a volte distrarsi; per servire meglio gli uomini, tenerli un momento a distanza. Ma dove trovare la solitudine necessaria alla forza, il respiro lungo in cui lo spirito si raccoglie e si misura il coraggio? Rimangono le grandi città. Però ci vogliono ancora certe condizioni. Le città che ci offre l’Europa sono troppo piene dei rumori del passato. Un orecchio esercitato vi può percepire un frusciare d’ali, un palpito di anime. Vi si sente la vertigine dei secoli, delle rivoluzioni, della gloria. Ci si ricorda che l’Occidente si è forgiato nei clamori. Il che non fa abbastanza silenzio. Parigi è spesso un silenzio per il cuore, ma in certe ore, dall’alto del Père-Lachaise, soffia un vento di rivoluzione che improvvisamente riempie quel deserto di vessilli e di grandezze sconfitte. Lo stesso in qualche città spagnola, a Firenze o a Praga. Salisburgo sarebbe tranquilla senza Mozart. Ma, di tanto in tanto, corre sulla Salzach il grande grido di Don Giovanni che scende agli inferi. Vienna sembra più silenziosa, è una fanciulla fra le città. Le sue pietre con hanno più di tre secoli e la loro giovinezza ignora la malinconia. Ma Vienna è a un crocicchio storico. Intorno a lei risuonano gli urti degli imperi. Certe sere in cui il cielo si copre di sangue, i cavalli di pietra, sui monumenti del Ring, sembrano prendere il volo. In quell’istante fugace, in cui tutto parla di potenza e di storia, si può distintamente udire, nella corsa precipitosa degli squadroni polacchi, il crollo fragoroso del regno ottomano. Nemmeno questo fa abbastanza silenzio. Certo, è appunto questa solitudine popolata che si viene a cercare nelle città d’Europa. Almeno, qui gli uomini sanno che cos’hanno da fare. Possono scegliere la compagnia prenderla e lasciarla. Quanti spiriti si sono temprati nel viaggio fra la camera d’albergo e le antiche pietre dell’isola Saint-Louis! E’ vero che altri sono morti d’isolamento. I primi, in ogni caso, trovarono ragioni di crescere e di affermarsi. Erano soli e non lo erano. Secoli di storia e di bellezza, la testimonianza ardente di mille vite passate li accompagnavano lungo la Senna e parlavano loro al tempo stesso delle tradizioni e delle conquiste. Ma la loro giovinezza li spingeva a cercare questa compagnia. Viene un tempo, vengono dei periodi, in cui essa è importanza. “A noi due!” esclama Rastignac davanti all’enorme muffa della città parigina. Due, sì, ma si è ancora in troppi! (da Saggi letterari – Trad. Sergio Morando) NUOVI LIBRI Elio Andriuoli, Le vie della saggezza Poesia - pp.104 - € 12,00 – De Ferrari editore, Genova Come in altre opere di questo autore, la trasparenza delle immagini, già notata da Giorgio Caproni, assieme alla squisita musicalità del verso, è qualità per la quale l’opera si raccomanda. Inoltre, a parere di chi scrive, queste vie della saggezza appaiono come strade popolose di miti e di piccole odissee, dove la vita si racconta per dorate leggende e quotidiani travagli. (Carmelo Pirrera). Antonino Contiliano, Terminali e Muquenti Poesia – pp. 68 - € 10,00 – Promo Press editore, Palermo La sua poesia è, invece, un tentativo di apertura verso il mondo e verso quell’universo concettuale costituito dalla storia che ne rappresenta il più proficuo tentativo di analizzarlo e di rappresentarlo. (dalla premessa di Giuseppe Panella). Carmelo Pirrera, Ora d’aria Poesia – pp. 80 - € 8,00 – Editrice Pungitopo – Marina di Patti (Me) Le Sue poesie sono molto belle fra memoria e sentenza, metafore sapientissime e ironia, gioco e “divina malinconia”. (da una lettera di Giorgio Barberi Squarotti). Anna Ventura – Non suoni, ma rumori Poesia, premio Venilia 2007 – pp. 64 € 10,00 - Venilia editrice – Montemerlo (Pd) I versi hanno una rara maturità e compostezza, un’aderenza completa a ciò che il poeta ha da dire. La varietà straordinaria di temi è ricon- dotta ad unità proprio da uno stile sicuro, dove ogni parola ha il proprio ruolo e nessuna è superflua o ridondante. (Claudio Bedussi) Un nostro Lettore ci invia, chiedendo di pubblicarla, la seguente lettera che, a nostro avviso, ben merita di apparire nella pagina dei LIBRI, non per lo sfogo che la anima, ma, sempre a nostro avviso, per la lezione di civile comportamento (leggi “buona educazione”) che essa vorrebbe impartire in un mondo dove, però, allegramente, pare si riesca a farne a meno. …Pubblico un libricino di versi e ne acquisto una cinquantina di copie da fare avere agli amici. Va da sé che al costo dei libri va aggiunto quello delle buste e, manco a dirlo, dei francobolli: non mi ci rovino, si tratta di spesa modesta e sostenibile. Ripensandoci, mi rendo conto, però, che questa spesa somiglia a uno spreco. Infatti dei 50 destinatari del libro nemmeno una diecina si son fatti vivi - qualche telefonata, uno per dirmi: “Non sapevo che sei nato nel ’32! “- Non è che pretendessi elogi, incensi, o commenti critici, ma appena un cenno che mi assicurasse del buon funzionamento delle poste! A questa attesa appena una diecina, ciascuno a suo modo, hanno risposto. E gli altri quaranta? Saranno sopravvissuti ai rigori di un inverno così rigido ( Oslo -22°) quale non capitava da anni? Spero e mi auguro di sì. Ma in tal caso - sempre che siano sopravvissuti - non facevo prima a buttare i quaranta volumetti nel bidone della spazzatura, sotto casa? E non avrei fatto bene a non mandare libri a persone – rispettabilissime! – cui attribuivo, sbagliando, certi interessi o che delle mie “sudate carte” se ne strafregano? Avrei fatto bene: sarei ancora in possesso di un piccolo tesoro in francobolli e tante belle buste bianche, da destinare .meglio. (Lettera firmata) Cantico marino Grazie mio mare per questa ultima – forse – vacanza per il sole cardo e raggiante per il vento pregnante di aromi lontani per la sabbia soffice al passo per il mare da dove provengo e dove vorrei terminare il mio ciclo che mi accoglie con un protettivo ùbere umido utero in cui mi abbandono tranquilla e galleggio gareggio gorgheggio per la nuova gioia di vivere immersa nella natura dimentica del mio passato sicura del mio presente serena sul mio futuro perché - forse – ho imparato l’ars moriendi. Liana De Luca Una madre Nell’onda della guerra (Fotografie in piazza) La tua abissale bellezza! Chi pose la luce della sua pupilla Nel cerchio del tuo sguardo? Chi ti tolse alla fuga del tempo E pose la tua immagine Nello spazio immobile Di un campo fotografico ? Il dolore copre il tuo volto Coi colori della solitudine, Deforma le socchiuse labbra, Solca i sentieri della nostra mente, Squarcia l’anima. Unico varco nella notte immensa La traccia di un sorriso Sul viso del tuo bimbo, Ma non ci sono orizzonti E nessuna freccia indica Damasco. Nel vuoto del silenzio cadono cieli E sui neri macigni dell’assenza Costruiamo ricordi nell’attesa Di una nuova alba Dove l’Occhio dell’Essere si mostra. Quale luce incendia le tue ciglia? Dio ci sorprende. Giovanni Chiellino D Dedichiamo le pagine centrali di questo numero a quattro dei poeti che figurano tra i fondatori dell’Antigruppo, l’ultimo dei quali, Gianni Diecidue, è venuto a mancare il 16 marzo di quest’anno. Ciò non per un malinteso regionalismo, ma obbedendo a una logica che nella “prossimità” e anche nella “simpatia” ha le sue ragioni. D’altra parte, operando in Sicilia, sarebbe stato impossibile e assurdo ignorare o tacere di certi fatti, altrove fraintesi da saggisti e tenaci studiosi del “sentito dire”. Numero illustrato con disegni di Giuseppe Zagarrio, nelle note al capitolo 10. Le antiNicolò D’Alessandro (Tarocchi) proposte operative, in Febbre, Furore e Fiele, edito da Mursia nel 1983, annotava, a proposito di un volumetISSIMO to antologico curato da chi scrive: “Forse non è disutile registrare ancora qui certa operazione collettiva ( per es. Collettivo di poeti – Il Vertice/Libri, Palermo) curaperiodico di promozione culturale ta da Carmelo Pirrera e indirizzata – si può fare l’ipodell’Associazione Il Vertice - Onlus tesi – non solo a fare gruppo sull’onda e sull’interesse fondato e diretto da Carmelo Pirrera verso le “antologie” ma anche a mostrare le spinte larDirettore responsabile Anna Barbera gamente “esistenzialistiche” che tuttavia operano nella Reg. Trib. di Palermo al n. 41/87 del 31-12-1987 al registro dei periodici. poesia dei poeti più ideologicamente impegnati. Un’operazione, insomma, di aggiustamento a-ideoloLa collaborazione é per invito e non gico condotta su campioni indubbiamente engagées. retribuita. Nel 3° collettivo dell’80 leggo testi – tutti di tipo esiRedazione c/o il Vertice, (Pirrera) stenziale - di poeti per buona parte notoriamente Via Norvegia, 2/a - Tel. 091 6702235 “impegnati”: Federico Hoefer, Nat Scammacca, Santo 90146 PALERMO Calì, […] Rolando Certa, Gianni Diecidue, Antonino E-mail: [email protected] Uccello, Antonino Cremona, Giovanni Torres La Abb. annuo € 15 Torre, Ignazio Navarra ecc.”. sostenitore € 25 Forse ancora verso un “aggiustamento a-ideologico” si c/c postale n. 10171908 orienta l’odierna scelta di testi, soggettivamente sofferintestato a: ti e vissuti. Il Vertice /libri - Palermo Anno XXII - n. 61 - nuova serie marzo - aprile 2009 Stampa Isola Digitale s.n.c. via Leonardo Da Vinci, 400 tel. 091 407750 - 90135 PALERMO Ai nostri lettori ricordiamo di rinnovare l’abbonamento GRAZIE