Caratteristiche tecniche e meccaniche degli stent metallici
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Caratteristiche tecniche e meccaniche degli stent metallici
From their appearance metallic stents have more improved in mechanical characteristic of metal coat than in their conformation, basically a cylinder of different length or diameter. Steel, initially used to make the coat, has been substituted by Nitinol, Platinol or Elgiloy. Introduction devices are thinner, and the stent positioning through the bioptic channel of the endoscope was finally possible, and made the stent insertion maneuver more easily. Parole chiave: endoscopia, stent metallici, palliazione, protesi metalliche autoespandibili (SEMS), Nitinol, Elgiloy Key words: endoscopy, metallic stents, palliation, SEMS, Nitinol, Elgiloy IF Diego Fregonese Paolo Zecchin Attilio Pirillo Pieralberta Ravagnan Manuela Dinca Giovanna Andrian Antonio Vianello U.O.A. di Gastroenterologia Dipartimento di medicina-Clinica Ospedale di Camposampiero (PD) Introduzione Le protesi metalliche si sono imposte negli ultimi quindici anni come principale presidio nelle disostruzioni intestinali e biliari. Il loro uso iniziale è stato quasi esclusivamente volto solo a palliare l’occlusione dovuta alla crescita neoplastica, poi si è intuita una loro validità nel permettere la risoluzione temporanea dei sintomi ostruttivi permettendo così ad altri presidi terapeutici di consentire una successiva chirurgia resettiva (ovvero il cosiddetto bridge to surgery). Infine la loro grande efficacia, affiancata a una relativa sicurezza e facilità d’uso, ha suggerito un loro impiego nella terapia temporanea di stenosi benigne di varia natura. Questa evoluzione nel loro impiego ha necessitato una rivisitazione sia delle forme sia dei materiali di costruzione: da protesi autoespandibili assolutamente non rimuovibili, come le mitiche Schneider Wallstent o le Strecker, a protesi più duttili, parzialmente o totalmente rivestite, dotate di meccanismi di presa, per facilitare la loro estrazione. Le ultime ricerche sono volte a protesi medicate con farmaci antineoplastici o biodegradabili, ma quest’ultimo capitolo esula dalle Giorn Ital End Dig 2010;33:49-52 Dalla loro comparsa gli stent metallici si sono costantemente evoluti più nei materiali di costruzione e nelle ricoperture che nella forma, che sostanzialmente resta quella di un cilindro di lunghezza e diametro variabili. L’acciaio inizialmente impiegato per la costruzione della maglia è stato sostituito dal più maneggevole Nitinol, dal modernissimo Platinol, o diversamente legato come nell’Elgiloy. I cateteri di introduzione si sono a loro volta evoluti consentendo l’introduzione di moltissimi tipi di protesi attraverso lo stesso canale bioptico dell’endoscopio, facilitando l’inserimento dello stent. Iniziative Formative > Tecniche endoscopiche Caratteristiche tecniche e meccaniche degli stent metallici 49 IF Iniziative Formative > Tecniche endoscopiche richieste dell’editore, e magari sarà trattato in futuro. La forma, che in ogni caso richiama il cilindro, non s’è evoluta di molto. Dal cilindro perfetto, a protesi con una o due svasature, o disegnate a manubrio, nella sostanza si tratta sempre di una forma tubulare dotata di svasatura all’estremità anti-migrazione. Il diametro è assai variabile, e adattato al singolo viscere d’applicazione: 20-22 mm al massimo per l’impianto in esofago (optimum a 18), 22-25 mm per il digiuno, sino a 30 mm per il colon e infine da 6 a 10 mm per il dotto biliare o quello pancreatico. Sulla lunghezza del cilindro (per determinare la lunghezza della protesi conta solo il tratto tubulare contenuto entro le eventuali flange) si sono sperimentate misure diverse, talvolta adattate ad un preciso scopo: tuttavia la maggioranza delle Case Produttrici contiene in catalogo protesi tra 60 e 120 mm di lunghezza: una lunghezza superiore, qualora applicabile, non sembra utile ai fini del transito intestinale, ma anzi lo ostacola. Materiali inseriti all’interno, come valvole antireflusso, tendono a peggiorare il transito, non risolvendo del tutto il problema per il quale tale variante è stata introdotta. Materiali e loro utilizzo Diego Fregonese et al > Caratteristiche tecniche e meccaniche degli stent metallici 50 Il materiale di costruzione merita un reale approfondimento. In molti casi (come una recidiva esofagea su terreno di radioterapia, o come una stenosi biliare postoperatoria lignea) la forza di espansione richiesta alla protesi per ottimizzare la canalizzazione è notevole. Non sempre riesce un posizionamento ottimale della protesi a cavaliere del punto di massima strettura del lume, cosicché la forza di espansione viene in parte dispersa. Le ricoperture riducono di molto la capacità di ancoraggio, e quindi si richiede una maglia con forza radiale d’espansione più vigorosa. All’inizio i fili d’acciaio, intrecciati o annodati, sembravano il materiale più opportuno. La comparsa del Nitinol, lega metallica lavorabile come un filo, che, se, opportunamente trattata con l’esposizione al calore, mantiene memoria della sua forma ha introdotto una variante che rapidamente ha conquistato l’attenzione di numerosi Produttori. La facilità della lavorazione, e il relativo basso costo del materiale impiegato, non solo ha permesso di variare le estremità delle protesi, di renderle più flessibili nei sistemi d’introduzione, ma soprattutto ha consentito di adattare il cilindro ad alcune curve dell’intestino. Una lega di acciaio-cobalto ha parzialmente risolto il problema dell’eccessiva rigidità delle prime protesi costruite, permettendo una discreta flessibilità all’acciaio. Le prime leghe utilizzate nella costruzione degli stent furono in acciaio inossidabile, in particolare, l’acciaio 304 e 317L con diverse percentuali di ferro, cromo e molibdeno; quest’ultimo aiuta a stabilizzare la struttura cristal- lografica e a determinare le caratteristiche fisiche. Il processo finale di elettropulitura rimuove la maggior parte degli elementi dalla superficie del metallo lasciando un’alta concentrazione di cromo; dopo l’esposizione all’aria e la sterilizzazione, uno strato di pochi nanometri di spessore stabilizza la superficie e previene altre ossidazioni. I difetti di superficie e le tracce di elementi possono causare alterazioni proteiche e influenzare reazioni cellulari. Altri materiali impiegati nella costruzione degli stent sono il titanio e il Nitinol (lega in nichel-titanio). Il titanio è un elemento metallico ben conosciuto per la sua resistenza alla corrosione (quasi quanto il platino) e per il suo alto rapporto resistenza/peso. È leggero, duro, con una bassa densità (il 40% di quella dell’acciaio). Quando è allo stato puro, è abbastanza duttile, lucido, di colore bianco metallico. Il titanio è resistente come l’acciaio ma del 45% più leggero. Il titanio è molto impiegato in ambito medico-chirurgico; è inoltre utilizzato come lega. Il Nitinol invece è, una lega superelastica composta da nichel-titanio, appartiene alla categoria dei metalli a “memoria di forma” (Shape Memory Alloys, SMA’s, o LMF). I materiali a memoria di forma rappresentano una classe di materiali metallici dalle particolari proprietà meccaniche. In particolare, con il termine leghe a memoria di forma si indica un’ampia classe di leghe metalliche, scoperte abbastanza recentemente, che hanno come caratteristica principale quella di essere in grado di recuperare una forma macroscopica pre-impostata per effetto del semplice cambiamento della temperatura o dello stato di sollecitazione applicato, sono cioè capaci di subire trasformazioni cristallografiche reversibili, in funzione dello stato tensionale e termico. Quando una SMA è al di sotto della sua temperatura di trasformazione, può essere deformata abbastanza facilmente; se riscaldiamo, però, il materiale sopra la temperatura di trasformazione, subentra un cambio nella struttura cristallina che causa il ritorno alla forma originaria e sviluppa una forza notevole. In particolare, le SMA subiscono una trasformazione di fase cristallina quando sono portate dalla loro configurazione più rigida ad alta temperatura, alla configurazione a più bassa energia e temperatura. Oltre alla caratteristica di reversibilità termica della deformazione, le LMF presentano anche altre caratteristiche, quali il comportamento superelastico, che ha moltiplicato le possibilità d’impiego, e la capacità di generare elevate forze in fase di recupero della forma. Una maggiore flessibilità e un posizionamento più preciso in segmenti angolati sono favoriti dall’introduzione di un cuore di platino all’interno del filo di Nitinol: questo materiale è chiamato Platinol. Recentemente è comparsa anche una nuova lega di Cobalto-Bicromato di potassio-Nichel che dà una combinazione ad alta resistenza, duttile e con IF buone proprietà meccaniche chiamata Elgiloy. I rivestimenti delle protesi hanno sempre costituito un grande interesse per la ricerca della “protesi perfetta”: essendo gli stent metallici costituiti essenzialmente da una maglia, seppur di forma diversa, e con “buchi” di differente diametro, sono soggetti alla crescita del tessuto neoplastico attraverso la loro struttura (ingrowth degli Autori anglosassoni). Una ricopertura, purché duratura nel tempo, permette di ovviare a questo problema. Tale rivestimento, e ciò è immediatamente intuitivo, abbassa la capacità di fissaggio alla parete viscerale della forza radiale di cui sono dotati gli stent. Al contrario, una relativamente bassa capacità di fissaggio, permette la possibilità di una successiva estrazione della protesi, è ciò è ricercato negli stent atti all’impiego nella terapia temporanea di stenosi benigne. Questa ricerca altalenante non è ancora terminata, alcuni materiali precocemente comparsi (come il lattice o il silicone) per vari motivi non si sono mostrati così ideali nel tempo. Attualmente i materiali da ricopertura più largamente usati sono di polietilene tereftalato (PET) e di politetrafluoroetilene (PTFE) e il poliuretano (PU) utilizzato solo in pochi casi. Il PET è un polimero composto di lunghe catene di glicole e acido tereftalico: la sua buona forza di espansione deriva dall’alta dissociazione di energie dei legami covalenti delle catene del polimero. Esso possiede un’elevata energia di superficie e una conformazione delle maglie knitted warp o weft o woven, cioè una tessitura disposta nello spazio in longitudinale o trasversale che rende il materiale elastico. l PTFE è composto di catene di carbonio saturate con fluoro; a causa della maggiore grandezza degli atomi di fluoro rispetto a quelli di carbonio, nonché della curva di 180°delle catene ogni tredici atomi di carbonio, la struttura finale risulta alquanto rigida e chimicamente stabile, il che spiega alcune caratteristiche di questo polimero, come il basso coefficiente di frizione, l’elevato punto di fusione e la bassa energia di superficie. Tali aspetti fisici del polimero si correlano con alcune proprietà biologiche, come la modesta reazione tissutale. Il PU, diversamente da PET e PTFE, possono essere rigidi o morbidi secondo la loro composizione; quelli correntemente usati sono elastomeri e pertanto hanno catene polimeriche con segmenti alifatici morbidi e uretanici rigidi. Rispetto al passato, i poliuretani sono stati abbandonati per la loro bassa biodegradabilità; quelli attuali hanno una maggiore bio-degradabilità. Le caratteristiche fondamentali sono la porosità del materiale, l’espansione circa sei volte il diametro in chiusura, l’elevata energia di superficie. A proposito della reazione tissutale si sa poco, in considerazione del limitato uso di quest’impianto. Un altro particolare di primaria importanza nell’uso delle protesi metalliche è la loro “costrizione” all’interno di un catetere che ne permetta il rilascio all’interno del segmento intestinale interessato. In linea di principio le protesi metalliche sono caricate attorno ad uncatetere porta filo-guida, costrette all’interno di un catetere veicolante, più corto del catetere portante, che una volta retratto libera la protesi dalla sua estremità distale. Ciò non favorisce l’impiego del solo controllo endoscopico nel rilascio della protesi, che quindi spesso richiede un controllo fluoroscopio accessorio. Alcuni produttori hanno ovviato a questo problema ora legando letteralmente con una maglia di filo la protesi al catetere portante, altri sezionando in modo diverso il catetere costrittore, per favorire un rilascio comunque prossimale della protesi. La comparsa di protesi con introduttori così sottili da scivolare attraverso il canale bioptico di vari endoscopi ha reso popolare l’uso di marcatori colorati e guaine costrittrici in parte trasparenti per facilitare un controllo solo endoscopico della protesi. Non sempre tali escamotage paiono ben efficaci. Certamente le protesi through the scope consentono con maggior facilità di essere posizionate con il solo controllo endoscopico. La qualità, la flessibilità e l’affidabilità dell’introduttore devono essere di primaria importanza nella scelta di questo o quel modello. Purtroppo in questi casi sovente la pubblicità è ingannevole, e solo un ripetuto uso di quel particolare stent, può definire la bontà del suo sistema d’introduzione. Flessibilità e portanza sono inversamente proporzionali, e non sempre l’uso di un filo-guida più rigido, può compensare una troppo scarsa portanza. Il diametro del catetere introduttore introduce una terza variabile. Talvolta la scelta di una protesi leggermente più sottile ma contenuta in un catetere costrittore molto flessibile e con discreta portanza, è più valida della scelta di una protesi un poco più larga o un poco più lunga ma contenuta in un costrittore di diametro maggiore e scarsamente flessibile. Un’ultima annotazione, prima dei capitoli successivi di questa “saga” delle protesi metalliche che saranno pubblicati per scelta editoriale nei prossimi numeri del nostro Giornale, è quella riguardante i costi. Le protesi metalliche costano molto, anche se non troppo, in considerazione dell’esasperata ricerca tecnologica necessaria al loro sviluppo (pensiamo anche ad altri settori come il vascolare o la radiologia interventistica); tuttavia è doveroso ricordare come nel settore pubblico, in Italia, i ritardati pagamenti delle forniture, non fanno che lievitare i costi di tali presidi, e i Produttori compensano così tali ritardi con immotivati rincari. Ed è curioso notare come l’arrivo sul mercato negli ultimi 2-3 anni di molti nuovi Produttori di fatto non ha minimamente abbassato il costo delle protesi metalliche; i nuovi modelli di mese in mese proposti, ancor prima di avere una validazione del loro uso, sono immessi sul mercato a prezzi sempre maggiori. Il monito è quello di lasciare la vecchia via per la nuova solo a validazione avvenuta. Giorn Ital End Dig 2010;33:49-52 Iniziative Formative > Tecniche endoscopiche 51 IF Iniziative Formative > Tecniche endoscopiche Corrispondenza Diego Fregonese U.O.A di Gastroenterolgoia Dipartimento di medicina-Clinica Ospedale di Camposampiero Via Cosma 1 - 35012 Camposampiero (PD) Tel +39 049 9324480 - 049 9324487 Fax +39 049 9324844 e-mail: [email protected] [email protected] Bibliografia Diego Fregonese et al > Caratteristiche tecniche e meccaniche degli stent metallici 52 1.Ratner BD, Johsson AB, Lenl TJ. Biomaterial surfaces. J Biomed Mater Res 1987;21:59-89. 2.Barbato M, Vecchione F et al. Caratteristiche e utilizzo di stent: risultati di una indagine statistica decennale. Bollettino SIFO, 53, 1, 2007. 3.Palmaz JC. Review of polymeric graft materials for endovascular applications. State of the art. JVIR 1998;9:7-13. 4.Mark Terence et al. Endoscopic stenting-Were are now and where can we go? World J Gastroenterol 2008 June 28;14(24):3798-3803. 5.Dong Ki Lee. 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