27-1 - Cgil e Sunia: «Garantire il diritto alla casa

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27-1 - Cgil e Sunia: «Garantire il diritto alla casa
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a cura dello Spi nazionale in collaborazione con Spi Marche
27 novembre 2014
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i due lampi di oggi
1 - Cgil e Sunia: «Garantire il diritto alla casa»
2 - Corpi pregiudicati
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Cgil e Sunia: «Garantire il diritto alla casa»
Il sindacato di corso d'Italia e il sindacato degli inquilini scrivono al ministro Lupi: "Ripristinare la
legalità mettendo al primo posto l'assegnazione immediata degli alloggi disponibili, utilizzare le risorse
stanziate e aprire un confronto"
Ripristinare la legalità mettendo al primo posto l'assegnazione immediata degli alloggi disponibili,
utilizzare le risorse stanziate e aprire un confronto sulle politiche abitative: queste le richieste che Cgil e
Sunia avanzano al ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Maurizio Lupi.
Il sindacato di corso d'Italia e il sindacato degli inquilini hanno inviato una missiva al capo dicastero,
chiedendo un intervento urgente del governo a fronte di quanto sta avvenendo a Milano e in altre città
d'Italia. Per Cgil e Sunia il combinato disposto di emergenza abitativa, degrado delle periferie urbane e
crisi occupazionale ed economica rischiano di produrre conseguenze esplosive dal punto di vista sociale.
"Il progressivo azzeramento degli investimenti in edilizia residenziale pubblica a canone sociale - si legge
nella lettera - ed il contemporaneo ridimensionamento attraverso vari piani di vendita di un parco alloggi
già ampiamente insufficiente, ha allargato la divaricazione tra una domanda che aumentava di numero e
complessità e un'offerta quasi inesistente". Inoltre il decreto ministeriale con i criteri per ulteriori piani di
vendita rischia di peggiorare ulteriormente la situazione.
A fronte di tutto ciò e "per garantire sia diritto alla casa che integrazione sociale" occorre recuperare gli
errori fatti "rilanciando una politica che parta dalla domanda più debole, con un consistente aumento
dell’offerta di abitazioni in affitto sostenibile", e nel quadro di una "strategia di riqualificazione e
rigenerazione urbana in cui l’inclusione delle periferie deve essere una priorità".
Secondo Cgil e Sunia i recenti provvedimenti legislativi per l'emergenza abitativa non vanno in questa
direzione,"pur contenendo elementi in controtendenza rispetto al più recente passato". Il riferimento è al
rifinanziamento dei fondi di sostegno all’affitto e per la morosità incolpevole, così come allo
stanziamento di 500 milioni finalizzati ad un piano per reimmettere nel circuito delle assegnazioni circa
20.000 alloggi inutilizzabili per carenze manutentive. "Un provvedimento importante, che abbiamo
richiesto e sostenuto - spiegano - perché dava una risposta immediata, seppur insufficiente, alle punte più
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Corpi pregiudicati
Assim Abassi è un ragazzo pachistano di ventidue anni che vive a Bruxelles con i genitori
e i fratelli. Suo padre lavora all’ambasciata del Pakistan. Il 24 agosto 2014 Assim
camminava per avenue Louise, una strada di palazzi e negozi eleganti poco lontana dal
centro storico di Bruxelles, stringendo sotto il braccio la sua mazza da cricket, che aveva
avvolto nella felpa per proteggerla dalla pioggia.
di Francesca Spinelli
Vedendolo passare e trovando che avesse un’aria sospetta, una zelante guardia della
residenza dell’ambasciatore israeliano gli scatta una foto e la manda alle forze dell’ordine
belghe, che avviano un’indagine.
Dopo quasi tre mesi di ricerche a vuoto, la polizia decide di rendere pubblica la foto di
Assim, che il 15 novembre si ritrova in prima pagina di alcuni quotidiani sotto titoli degni
di un tabloid britannico (“Un assassino antisemita a piede libero?”). Il ragazzo corre a
spiegare il malinteso, ma la faccenda si complica. La famiglia Abassi ora sostiene che il
padre è stato richiamato in Pakistan per via dello “scandalo”, mentre dall’ambasciata del
Pakistan assicurano che il contratto dell’uomo è semplicemente giunto al termine previsto.
Adesso, in molti si stanno mobilitando perché Assim e la sua famiglia non siano mandati
via dal Belgio, mentre la Ligue des droits de l’homme s’interroga sulla legalità della
collaborazione all’origine della vicenda: quella tra la guardia privata israeliana, che ha
scattato la foto, e la polizia belga, che sulla base di quell’unica immagine ha avviato
un’indagine.
La storia non ha nulla di assurdo in un paese dove, all’ingresso del consiglio regionale di
Bruxelles-Capitale, un consigliere può essere fermato da un poliziotto in base al suo
aspetto. “Gli ho detto che ero un consigliere”, ha raccontato Youssef Handichi. “E lui ha
risposto: ‘Non ce l’hai mica scritto in faccia’, dandomi del tu in tono aggressivo”.
In Francia, nel 2011 è nato il collettivo Stop au faciès per denunciare i controlli di polizia
basati proprio sull’aspetto delle persone (contrôles au faciès). Il collettivo offre sostegno
alle vittime, pubblica un manuale di difesa (Guide d’action face aux contrôles abusifs), ha
prodotto una serie web e ha sviluppato un’app che permette di segnalare gli abusi.
Negli Stati Uniti il problema non si pone, o almeno non è quello più urgente. Lì la polizia
non controlla, spara. E in questi giorni di proteste per l’omicidio di Tamir E. Rice, 12 anni,
freddato da un agente a Cleveland il 22 novembre, e per la decisione di non incriminare il
poliziotto che il 9 agosto ha ucciso Michael Brown a Ferguson, mi tornano in mente le
parole di Teju Cole sul “corpo nero”:
Nessuno pensa che chi fa ‘dolcetto o scherzetto’ ad Halloween sia una minaccia. Le forze
dell’ordine non vengono mandate contro le girl-scout che vendono biscotti o contro i
testimoni di Geova. Ma il corpo nero è pre-giudicato, e di conseguenza messo inutilmente
a repentaglio. Essere nero vuol dire sostenere l’urto di un’applicazione selettiva della
legge, e sperimentare un’instabilità psichica in cui non c’è nessuna garanzia di sicurezza
personale. Sei innanzitutto un corpo nero, prima di essere un ragazzino che cammina per
strada o un professore di Harvard che non trova le chiavi”.
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