Architetti, medici e pazienti nella Ca` Granda
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Architetti, medici e pazienti nella Ca` Granda
Architetti, medici e pazienti nella Ca' Granda: più di cinque secoli di storia umana Francesca Vaglienti Orgoglio meneghino “Medici periti, qui fisici vulgo dicuntur, sunt XXVIII. Cirurgici vero diversarum manerierum sunt plures CL, inter quos sunt quam plurimi naturaliter medici excellentes ab antecessoribus domus sue cirurgie notitiam antiquitus habitam protrahentes; qui in aliis Lombardie civitatibus non creduntur pares habere”* Bonvesin da la Riva, De magnalibus Mediolani, 1288 *I medici professionisti, che il popolo chiama “fisici”, sono 28. I chirurghi, variamente specializzati, sono più di 150, molti dei quali sono per natura medici eccellenti, avendo appreso la pratica della chirurgia dai predecessori della loro stessa famiglia, dei quali proseguono un’antica tradizione; nelle altre città della Lombardia non ve ne sono di pari fama Ospedali attivi nella Milano del ‘400 Diaspora di conoscenza Toma Suceava, La caduta di Costantinopoli (29 maggio 1453), affresco del monastero di Moldovita (Romania), 1537 Architetto, madre dell’edificio Il generare dello edificio si è in questa forma: che sì come niuno per sé solo non può generare sanza la donna, così eziandio a similitudine lo edificio per uno solo non può essere creato; e come sanza la donna non si può fare, così colui che vuole edificare bisogna che abbia l'architetto e insieme con lui ingenerarlo; e poi l'architetto partorirlo e poi, partorito che l'ha, l'architetto viene a essere la madre d'esso edificio. (…). E sì come la madre è amorevole del figliuolo, così lui con quello amore e diligenza alevarlo e acrescerlo e fornirlo, se è possibile, se non lasciarlo ordinato, per modo che non perisca per suo mancamento. Antonio Averlino, detto il Filarete, Trattato di Architettura, libro II, Incipit. Un architetto dimenticato • • • Antonio Averlino, detto il Filarete (amante delle virtù), nacque a Firenze ai primi del ‘400 e morì a Roma nel 1469. Fu un grande architetto, che seppe coniugare con maestria conoscenze teoriche, sulla scorta dell’Alberti, e competenze pratiche, anticipando il Brunelleschi, aperto alla divulgazione della sua arte, che volle diffondere in lingua volgare, e seppe trasformare da “meccanica” a “liberale”. Amico di Francesco Filelfo, fu attento al patrimonio di saperi antichi che giunsero in Europa all’indomani della caduta di Costantinopoli: sensibile al fascino dei geroglifici, ricorse frequentemente al motivo del labirinto e adottò il simbolismo magico-religioso della croce greca come tipologia piantistica fondamentale degli edifici assistenziali e di culto. Per il Filarete, uomo e architettura sono prodotti evolutivi di un meccanico processo naturale. Se l’architettura deriva le proporzioni dalla natura e da Adamo, la garanzia di perfezione è data dall’origine divina del primo uomo: un uomo essenziale. Il tempio dell’uomo • Il corpo umano è dunque tempio dello spirito. Il fondamento antropometrico dell’architettura pone la testa come modulo, il braccio come unità di misura e inserisce il rapporto analogico tra le categorie di uomini (grandi, piccoli e mezzani, esclusi nani e giganti) e gli ordini architettonici (dorico, 9 teste; ionico, 7 teste; corinzio, 8 teste). • E poiché l’uomo è essenziale è iscrivibile nel cerchio, e quindi nel quadrato, ne deriva che il quadrato è la figura base di ogni processo progettuale. Antropometria architettonica Da sinistra a destra: Costruzione geometrica della testa, particolare dal Livre de portraiture di Villard de Honnecourt, 1200-1230, Parigi, Bibliothèque Nationale, Ms. fr. 19093, f. 18v; Leonardo da Vinci, Uomo vitruviano, 1492 ca., Venezia, Galleria dell’Accademia; Riduzione stereometrica dei volumi della figura umana, 1515-1519, dai Disegni del Taccuino di Dresda di Albrecht Dürer, Dresda, Sächische Landesbibliothek, R. III, 261, f. 140r. Un architetto “quadrato” • La metodologia costruttiva ad quadratum del Filarete si colloca come significativo momento di snodo fra le esperienze della scuola lombarda e della tradizione tardogotica e le successive sperimentazioni bramantesche e leonardesche. • Se la suddivisione sul ritmo del 3x3 rivela un certo legame con le misure del volto umano (diviso anch’esso in tre parti), la compresenza nel Filarete del dato geometrico e del dato numerico differenzia la prassi dell’architetto toscano da quella medievale ed evita interpretazioni arbitrarie da parte degli esecutori dell’opera. La Ca’ Granda • Il progetto realizzò una tipologia del tutto innovativa: due crociere inscritte ciascuna in un quadrato, separate da un cortile centrale rettangolare con chiesa e torri. Ciascuna crociera era formata dall’incontro di quattro corsie, con l’altare e i servizi infermieristici al centro, mentre a perimetro erano distribuiti i servizi igienici (destri), i depositi, le cucine e i lavatoi. Il piano interrato ospitava l’impiantistica, particolarmente avanzata per l’epoca: caldaie, impianti di ventilazione, prese e scarichi d’acqua con condutture in cotto e rivestimento in ceramica. Vista zenitale della Ca’ Granda L’ingresso quattrocentesco Il Cortile della Farmacia Il Cortile dei bagni Il Cortile della ghiacciaia Il Cortile della legnaia La Crociera filaretiana Cortile delle balie (sec. XVII) Il Cortile d’Onore seicentesco Cortile… animato Sebastiano Giuliense, detto Sebastianone, (attribuito), ca. 1710, Milano, Quadreria dell’Ospedale Maggiore Sepolcreto… abitato Il lavatoio filaretiano Nei sotterranei, sul versante che guarda verso il Naviglio, si conservano i resti degli antichi lavatoi in pietra «dove – per voce del Filarete - si faceva bucati, cioè lavamenti di panni e altre cose», serviti da una conduttura di acqua autonoma e realizzati dall’architetto toscano, affinché le donne preposte potessero «lavare cum aqua viva de fonte et de canale» e svolgere una mansione ritenuta fondamentale dai medici dell’Ospedale, consapevoli «che la mundicia [pulizia] in tutte le cose, et maxime dove sono infirmi, quando mancasse, el tutto pareria non solo farse con poca gratia [riguardo], ma ancora non portare fructo». Reperti biologici umani (Lavatoio filaretiano) Datazione al C14 1460-1650 Logistica LAVATOIO APPRODO MULINO Ing. Pietro Castelli, Pianta degli interrati dell’Ospedale Maggiore, 14 agosto 1791, Milano, Archivio dell’Ospedale Maggiore Darsena e mulino Darsena Mulino Lavatoio La gora del Filarete L’acqua del Naviglio si rivelò fondamentale, come dichiarato dal Filarete stesso: “perché io avevo fatto fare una gora che usciva del fiume, il quale fiume veniva pel mezzo del nostro lavoro, si ché comodamente s’aveva dell’acqua”. Rete idrica dell’antico Ospedale Maggiore realizzata dall’ingegner Attilio Arrigoni 1694 I primi ricoverati deceduti nell’Ospedale Maggiore REGISTRO 74/II n. Data Soggetto Età Sesso Causa del decesso Necroscopi 1 17/01/1474 Antonio Gradi 50 M Febbre continua con ulcere infette alla gola Catelano 2 22/02/1474 Gio.Pietro d'Adda 55 M Ascesso cronico con flusso dal ventre Catelano 3 16/06/1474 Stefano da Saronno 20 M Empiema con febbre etica Catelano 4 17/06/1474 Niccolò Borghi di Giovanni 20 M Empiema e febbre etica Catelano 5 16/08/1474 Leo Munti 40 M Febbre etica con ulcere alla coscia sinistra Catelano 6 25/09/1474 Giovanni da Giussano 50 M Febbre persistente con apostema flemmatico allo Catelano stomaco 7 02/10/1474 Galdino d'Allemagna 50 M Febbre etica con ulcere polmonari Catelano 8 12/10/1474 Santino da Verona 16 M Idropisia e asma Catelano 9 24/10/1474 Lorenzo de Medici 40 M Empiema con dolore al fianco destro e febbre Catelano 10 05/11/1474 Ludovico di Corsica 25 M Febbre cronica con ascesso allo stomaco e continua Catelano al fegato 11 11/11/1474 Andrea Brambilla 60 M Febbre etica con flusso dal ventre Catelano 12 18/11/1474 Giovannetto Gradi 18 M Febbre etica e flusso cronico dal ventre Catelano 13 12/12/1474 Cristoforo Battaglia 80 M Febbre cronica da putrida ed etica con subetica Catelano 14 25/12/1474 Ambrogio da Tradate 60 M Febbre etica con flusso dal ventre Catelano I Mortuorum Libri • • L’Archivio di Stato di Milano custodisce 287 registri cartacei, denominati Mortuorum Liber (Libro dei Morti), che coprono un arco temporale compreso tra il 1452 e il 1801 per un complesso di circa un milione e mezzo di casi di decesso. Per il periodo medievale la serie dei volumi – redatti rigorosamente in latino - è discontinua, poiché la sede dell’Ufficio di Sanità, che occupava un edificio che si ergeva nel Camposanto (oggi zona retrostante l’abside del Duomo), dove anticamente i registri erano prodotti e conservati, andò accidentalmente a fuoco nella notte tra il 31 dicembre 1501 e il 1° gennaio 1502. L’Ufficio di Sanità venne quindi trasferito in due locali dietro la Corte Vecchia dell’Arengo, uno a piano terra e l’altro al piano superiore. Le registrazioni • • • • • • La circoscrizione cittadina (Porta) e la parrocchia dove è stato rinvenuto il defunto. Il nome, il cognome e l’eventuale soprannome del defunto. Per i bambini e gli adolescenti, i giovani adulti che vivevano con i genitori e le donne nubili veniva indicato il nome del padre (vivente o deceduto) o, se ignoto, della madre. La condizione socio-professionale del defunto, del padre in caso di fanciulli, del marito in caso di donne. L’età era espressa in anni per gli adulti; in mesi, giorni o anche ore per gli infanti sino al terzo anno di vita. La causa di morte: talvolta si tratta di indicazioni sommarie volte esclusivamente a verificare se sussistono pericoli di contagio legati non solo alla peste ma anche ad altre malattie di carattere epidemico (tifo, vaiolo, lebbra, sifilide ecc.); generalmente sono diagnosi sintomatologiche accurate, spesso molto, per quanto le conoscenze mediche e gli strumenti di analisi a disposizione consentivano all’epoca. Il necroscopo: medico curante o ufficiale sanitario, ma talvolta, in casi del tutto eccezionali, l’Anziano della parrocchia o il seppellitore. Statistica sanitaria • • Le prime registrazioni pervenute sino a noi risalgono al periodo luglio 1452 – agosto 1453, ma è molto probabile che siano iniziate nella primavera 1450, in coincidenza con l’ascesa al governo ducale di Francesco Sforza e a una nuova ondata epidemica di peste in Lombardia. La straordinaria organicità e la sistematicità di questa fonte denunciano però, accanto a più immediate esigenze di ordine sanitario, la precisa volontà politica di istituire una prassi giuridico-amministrativa dedicata all’accertamento di stato degli abitanti di una metropoli – residenti, forestieri o stranieri di passaggio -, creando un servizio di rilevazione quantitativa dei fenomeni demografici. Rappresentano dunque il primo e più completo esempio di registrazione civile dei decessi in tutta Europa, che sarebbe servita da modello anche ai cinquecenteschi Bills of Mortality di Londra, sull’analisi dei quali è stata fondata la demografia moderna. I Mortuorum Libri • • Nei Mortuorum Liber i cancellieri dell’Ufficio di Sanità (poi Tribunale di Sanità) avevano il compito di trascrivere le constatazioni di tutte le morti occorse in Milano, redatte su specifici bollettini dai medici che avevano avuto in cura i pazienti deceduti, o dagli ufficiali sanitari, che a Milano erano denominati Catelani e agivano in nome e al soldo del governo ducale: si trattava spesso di chirurghi, o di medici collegiati, con le mansioni di un odierno necroscopo e il nome potrebbe far riferimento all’abbigliamento tradizionalmente indossato da questa figura professionale, una lunga sopravveste di lana (originaria della Catalogna) anche piuttosto costosa, utilizzata probabilmente a scopo profilattico, oltre che per ripararsi da freddo e intemperie. Tutti i giorni l’Ufficio di Sanità riceveva le notifiche di decesso direttamente dai medici che operavano in uno dei numerosi ospedali milanesi, oppure privatamente; in parallelo, gli Anziani delle parrocchie ambrosiane avevano l’obbligo di segnalare tutti i casi di morte avvenuti nella propria circoscrizione: le morti improvvise, accidentali, violente (omicidi o suicidi) oppure prive di assistenza medica venivano accertate dal Catelano, spesso coadiuvato da un barbiere e talvolta affiancato da un medico collegiato. Senza il benestare dell’Ufficio di Sanità che, sulla base del referto ufficiale, rilasciava un documento denominato “sepeliatur”, era infatti impossibile procedere alle operazioni di sepoltura del defunto e si rischiava di incorrere in pesanti sanzioni pecuniarie. Professio in signis • • Il medico della peste, acquaforte di Paulus Furst, 1656. Durante l’epidemia di peste del 1656, a Roma, i medici indossavano, a scopo profilattico, una veste cerata, guanti e una sorta di maschera protettiva dotata di occhiali e, nel becco, di tamponi imbevuti di sostanze aromatiche. L’attività di un catelano Anno Patologie Morti traumatiche Peste Parziale Totale % 1452 227 3 (su 11, pari al 37%) 85 315 867 36 1453 247 7 (su 26, pari al 27%) 2 256 797 32 1459 437 21 (su 25, pari all’84%) - 458 1.264 36 1474 584 21 (su 32, pari al 65%) - 605 1.678 36 1475 565 17 (su 30, pari al 57%) - 582 1.665 35 1480 468 21 (su 34, pari al 61%) - 489 1.747 28 1483 724 13 (su 35, pari al 47%) n.d. 737 2.264 32 1485 - 1 (su 1) 2.150 2.151 4.317 50 Il servizio sanitario • • I Libri registrano peraltro il crescente ricorso alle perizie, pubbliche e private, di fisici collegiati (121 nel 1452, pari al 14% del totale; 1.264 nel 1459 pari al 35%; 1.665 nel 1475, pari al 31%), quando non di dottori nelle arti e in medicina, professori dello Studium pavese e protofisici ducali di fama internazionale: Antonio da Bernareggio, Ambrogio Griffi, Giovanni Marliani, Guido Parati, Ambrogio da Rosate, Francesco de Medici da Seregno, raro esempio di medico chirurgo collegiato e proprietario di una farmacia, solo per citare alcuni fra i più noti. Inoltre, poiché i fisici collegiati attivi in Milano tra il 1474 e il 1485 oscillavano tra i 35 e i 45, su una popolazione di circa 60.000 abitanti, si può stimare un rapporto medico-paziente di circa 1:1.463, senza contare barbieri e levatrici. Il Mortuorum Liber del 1485 • • • • Il registro rappresenta un testimone eccezionale, in una serie di per sé già straordinaria. Nel 1485 sia maestro Dionigi da Norimberga, il medico deputato dall’Ufficio di Sanità a seguire l’evolversi dell’epidemia di peste, sia il Catelano ebbero il compito di accertare, oltre ai decessi, anche i casi di contagio, non necessariamente risoltisi con la morte della persona infetta. Questo elemento, in un’epoca storica definita pre-statistica, è di estrema rilevanza – praticamente unico in Europa – poiché fornisce dati preziosi sulla natura e sul tasso di morbilità della peste, ma anche sulla “fatality rate”, o tasso di letalità effettiva di un morbo che ha terrorizzato il nostro continente per oltre tre secoli. Nel medesimo registro, infine, sono conservati gli elenchi delle case contagiate, serrate o bruciate, e dei ricoverati nel Lazzaretto di S.Gregorio, elencati in ordine di ingresso e per gruppi familiari. Vittime e contagiati ospedalieri della peste del 1485 REGISTRO 77/I Data Soggetto 30/09/1485 Maestro Giorgio da Mapello, Età Sesso Causa del decesso Necroscopi 40 Catelano M Infermo per bubbone pestifero speziale dell'OspedaleMaggiore, sotto l'ascella sinistra, con carbone vicino a Viscontino allo stesso braccio vicino al primo 15/10/1485 Giovanni Castoldi, cuoco n.d. M dell'Ospedale Maggiore 17/10/1485 Caterina moglie di Giovanni Deceduto per due ascessi, uno per ogni Catelano singolo inguine, associati a morbilli n.d. F da Marliano, addetto alla macinazione Inferma per bubbone pestifero Catelano all'inguine destro del pane (saxonator panis) dell'Ospedale Maggiore 28/10/1485 Giacomo da Novara, lavorante di anellini Metallici copriasola (magietarum), sotto le volte dell'Ospedale Maggiore (subtus vultas Hospitalis) 18 14/11/1485 Venturina figlia dell'Ospedale Maggiore, 8 M F Deceduto per bubbone pestifero Maestro Dionigi alla coscia sinistra in 4ª da Norimberga Rinvenuta morta con ghiandola Maestro Dionigi in casa di maestro Giovanni Isacchi, pestifera all'emuntorio sinistro da Norimberga speziale del cervello in 2ª Casista medica ante litteram • 13 febbrao 1483. Porta Ticinese, parrocchia di S. Lorenzo intus, Bernardina di Giovanni di Pozzobonelli, di anni 18, inferma da sabato [l’8 febbraio] con sintomi pestiferi, come disturbi urinari, vomito e con [gonfiore della] ghiandola all’inguine sinistro, che disvela l’inganno di altri morti sospette, come quella avvenuta in 4ª il 2 gennaio [Elena di Matteo da Rosate, anch’ella abitante nella stessa parrocchia] e quella [della figlia] di Cristoforo Scarlatti [Giacomina, il 20 gennaio, che invece abitava in Porta Orientale, parrocchia di S.Babila intus]. [Infirma a die sabati citra, cum accidentibus pestiferis, ut urine subiugali, vomitu et cum glandula in inguine sinistro quae deocultat falaciam aliorum defunctorum ut quae decessit in 4ª die, 2ª ianuarii, et Christophoru Scarlati, que decessit 20ª ianuarii. Iudicio Catelani et Dyonisii. Decessit]. Vasculopatie • 31 gennaio 1483. Porta Orientale, parrocchia di S.Babila intus, Antonio da Como, di 52 anni, per paralisi con torsione della bocca e di tutta la parte destra, secondo il giudizio di maestro Antonio da Cusano, è morto. [Ex paralesi cum tortura oris et totius partis dexterae, iudicio magistri Antonii de Cuxano, decessit].