programma di sala - Società del Quartetto di Milano
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programma di sala - Società del Quartetto di Milano
Stagione 2009-10 Martedì 13 aprile 2010, ore 20.30 Sala Verdi del Conservatorio Mayuko Kamio violino Dmitri Demiashkin pianoforte 17 Consiglieri di turno Direttore Artistico Franca Cella Lodovico Barassi Paolo Arcà Con il contributo di Aiutiamo il Quartetto Rinnoviamo l’invito ad aiutare il Quartetto sostenendo il costo dei programmi di sala con un contributo di 500 Euro, detraibile dall’IRPEF. Alcuni Consiglieri e Soci hanno già generosamente aderito. Confidiamo che l’esempio ne sia seguito, sicché si possa coprire il costo totale di 25.000 Euro, così da consentirci di mantenere ampia e gratuita la distribuzione del programma di sala la sera del concerto. Ringraziamo: Socio anonimo, Alberto Conti, Alberta Deiure, NdT, Angelo Fabbrini, CG, SG, GFG, Mario Lampertico, Federico Magnifico, Giovanni Scalori, M.D. Watts, Ruth Westen Pavese, Sergio Dragoni in memoriam, Maria Teresa Bazzi in memoriam, Paola Amman in memoriam, Annamaria La Rotonda in memoriam, Associazione Amici di Edoardo Onlus. Soggetto di rilevanza regionale Con il patrocinio di Sponsor istituzionali È vietato, senza il consenso dell’artista, fare fotografie e registrazioni, audio o video, anche con il cellulare.Iniziato il concerto, si può entrare in sala solo alla fine di ogni composizione. Anche per rispetto degli artisti e del pubblico, si raccomanda di: • spegnere i telefoni e ogni altro apparecchio con dispositivi acustici; • evitare colpi di tosse, fruscii del programma e ogni altro rumore; • non lasciare la sala fino al congedo dell’artista. Johannes Brahms (Amburgo 1833 — Vienna 1897) Scherzo in do minore per la Sonata F.A.E. (ca. 3’) Anno di composizione: 1853 Anno di pubblicazione: 1906 (l’intera Sonata, 1935) Camille Saint-Saëns (Parigi 1835 — Algeri 1921) Sonata n. 1 in re minore op. 75 (ca. 25’) I. Allegro agitato – Adagio II. Allegro moderato – Allegro molto Anno di composizione: 1885 Prima esecuzione: Parigi, 3 aprile 1886 Intervallo Ferruccio Busoni (Empoli 1866 – Berlino 1924) Sonata in mi minore op. 36a (ca. 35’) Langsam – Presto – Andante, piuttosto grave – Andante con moto (Thema) – Poco più andante (Var. I) – Alla marcia, vivace (Var. II) – Lo stesso movimento (Var. III) – Andante (Var. IV) – Tranquillo assai(Var. V) – Allegro deciso, un poco maestoso (Var. VI) – Più tranquillo, apoteotico (Coda) Anno di composizione: 1998-99 Anno di pubblicazione: Lipsia, 1901 Henryk Wieniawski (Lublino 1835 – Mosca 1880) Fantaisie brillante sur des motifs de l’opéra Faust de Gounod op. 20 (ca. 10’) Anno di composizione: 1865 Con il sostegno della Fondazione Pro Musica Giancarlo ed Etta Rusconi Negli ultimi anni di vita, sempre più inquinati da un senso di disagio verso il mondo, Schumann si circondò di una schiera di giovani musicisti, forse come antidoto contro la dilagante volgarità della vita musicale tedesca. La scelta di trasferirsi a Düsseldorf come direttore musicale dell’orchestra locale si era rivelata infelice. Schumann, malgrado fosse rispettato come il maggior compositore tedesco del tempo, non era la persona più adatta per soddisfare le richieste del pubblico. Tra i giovani ospiti di casa Schumann si distinguevano Joseph Joachim, Albert Dietrich e Johannes Brahms. Dietrich era il più anziano e aveva cominciato a studiare composizione con Schumann a Düsseldorf nel 1851. Joachim era arrivato poco dopo, ma la sua fama di violinista risaliva agli anni di Lipsia, dove aveva goduto dell’appoggio di Mendelssohn. Tramite lui, anche il giovane pianista di Amburgo Brahms era entrato infine nella cerchia di Schumann, provocando un imprevedibile terremoto emotivo e creativo. Il sodalizio tra Schumann e il gruppo di giovani compositori assumeva talvolta un carattere giocoso. Nell’ottobre del 1853, in attesa della visita a Düsseldorf di Joachim, Schumann propose di scrivere ciascuno un movimento di una Sonata per violino e pianoforte, da dedicare all’amico come regalo di benvenuto. Joachim avrebbe dovuto indovinare a sua volta chi fosse l’autore dei singoli movimenti. Dietrich scrisse il movimento iniziale, Schumann l’Intermezzo e il Finale, mentre Brahms scelse di musicare lo Scherzo. La Sonata recava nel frontespizio il titolo F.A.E., che forse era l’acronimo di Frei aber Einsam (Libero, ma solo). Le lettere corrispondono in tedesco alle note fa (F), la (A), mi (E), che Schumann e Dietrich sfruttarono per inventare un tema. Brahms invece ricavò il tema dello Scherzo da un motivo del primo movimento, legando il tutto in una visione unitaria. Lo scherzo sembrava una forma congeniale al giovane Brahms, che aveva scritto in precedenza dei piccoli capolavori di questo genere come lo Scherzo op. 4 (1851). Era la prima volta che Brahms scriveva della musica per uno strumento diverso dal pianoforte, dal quale si allontanava con molta prudenza. Il lavoro ha in effetti un piglio eroico e uno slancio energico degno dei precedenti, elaborando con baldanza giovanile un’idea ritmica formata da tre note ribattute, ennesimo riferimento simbolico al numero 3 presente in questo singolare parto dell’amicizia musicale. La musica per violino scritta da compositori pianisti nasce quasi sempre da un rapporto di lavoro o di amicizia, come nel caso della Sonata op. 75 di Camille Saint-Saëns. All’origine del lavoro c’è infatti la figura del violinista belga Martin Marsick, primo interprete della Sonata in re minore assieme all’autore. Marsick fu il maestro di grandi violinisti del Novecento come Jacques Thibaud e George Enescu, maestro a sua volta di Yehudi Menuhin. Saint-Saëns aveva circa cinquant’anni quando decise di applicare il suo naturale talento («Scrivo musica come un pero produce le pere», diceva di se stesso) a un genere di com- posizione che aveva ricominciato a fiorire in Francia negli anni Settanta, dopo la disastrosa guerra con la Prussia. Saint-Saëns era stato uno dei fondatori della Société Nationale, che si proponeva di risanare la musica francese dal gusto volgare dell’intrattenimento e dai miasmi decadenti del wagnerismo. La Sonata fu scritta nel 1885, al ritorno da un viaggio ad Algeri, dove Saint-Saëns si era recato per rimettersi in forze dopo due anni d’intenso lavoro per l’opera Enrico VIII. La forma della Sonata era simile a quella di altre composizioni di quel periodo, come la Terza Sinfonia e il Quarto Concerto per pianoforte. La struttura articola il lavoro in due parti, che contengono al proprio interno un’analoga divisione simmetrica. La scrittura del pianoforte è scintillante e di grande effetto, com’era naturale in un virtuoso del suo calibro. La parte violinistica tuttavia non rimane indietro, ma sembra anzi frutto di una mano esperta, mostrando in maniera lampante l’immenso talento di questo enigmatico musicista. I due strumenti infatti dialogano con naturalezza e trovano degli impasti di suono freschi e originali, facendo risaltare senza sforzi la bravura degli interpreti. La Sonata era destinata al concerto, come sottolineava l’autore, a differenza della successiva Sonata op. 102, intima e cameristica in senso stretto. La musica di Saint-Saëns viene spesso accusata di essere retorica e ampollosa. In realtà sembra un giudizio troppo sommario, che non tiene conto del contesto specifico di lavori come la Sonata op. 75. Le somiglianze con il modello della sonata classica non dovrebbero offuscare anche gli elementi originali, come per esempio il lirismo contemplativo del movimento lento, sostenuto quasi per intero dal canto del violino. Il mercuriale “Allegretto moderato”, un’interessante miscela della forma dello scherzo con il carattere dell’intermezzo, dimostra il desiderio di rimanere nel solco della tradizione classica. La scrittura di Saint-Saëns tuttavia era aperta alle novità della musica, come quella di Liszt e dei compositori più giovani come Fauré. Saint-Saëns non è mai stato un musicista conservatore e conformista, malgrado il sarcasmo di Debussy. Amava la musica con uno spirito edonistico e voluttuoso, che a volte sembrava animato solo dal desiderio di piacere al pubblico. L’ultima parte della Sonata esprime in particolare questo lato della sua musica, inscenando con i due strumenti uno sfrenato baccanale di suoni, di volta in volta lascivo e tempestoso. Anche Ferruccio Busoni, nell’ultimo scorcio dell’Ottocento, scrisse una Sonata su richiesta di un amico violinista, Franz Hjalmar von Dameck, impressionato dal recente Concerto del compositore italiano. Dameck era un violinista danese di un certo livello, all’epoca primo violino dell’Orchestra di Wuppertal e in seguito dell’Orchestra Filarmonica di New York. Busoni prese sul serio l’impegno, tanto da scrivere una delle opere cruciali della sua carriera. In un testo del 1908, Busoni confessava: «In senso ideale ho trovato la strada mia propria, come compositore, soltanto con la seconda Sonata per violino op. 36a, che tra amici chiamo anche il mio op. 1». Il lavoro mostra in maniera esplicita il tentativo di trasformare il vecchio storicismo ottocentesco in un mezzo espressivo nuovo. Busoni infatti riscrive per così dire la Sonata per pianoforte op. 109 di Beethoven, ricopiando il modello in maniera talmente pignola da risultare sorprendente e moderna. I riferimenti storici peraltro non si limitano alla musica di Beethoven, ma si estendono anche a quella di Bach, il principale nume tutelare dell’arte di Busoni. Le variazioni dell’ultimo movimento prendono spunto infatti dal tema del corale Wie wohl ist mir, contenuto nel Quaderno musicale di Anna Magdalena. La fusione dei nomi di Bach e di Beethoven genera infatti in questo finale una delle forme più dinamiche e sperimentali della musica a cavallo del Novecento. Il retaggio della tradizione ottocentesca è ancora palpabile sia nel dolce e tenebroso “Langsam” iniziale, sia nella scatenata e drammatica tarantella che costituisce il movimento centrale. Il finale rappresenta invece il cuore indecifrabile della Sonata, conferendo al materiale ascoltato in precedenza un ordine logico e un significato. Lo spunto delle variazioni è il corale di Bach, ma prima di arrivare all’espressione del tema nella sua forma completa e originale Busoni introduce un “Andante, piuttosto grave” che riassume i temi principali dei movimenti precedenti. Il corale dunque non rappresenta solo il punto di partenza di un ampio ricercare strumentale, ma diventa anche il compimento del percorso del soggetto. La Sonata esprime in questa forma, per la prima volta nella musica di Busoni, la tensione tra il soggettivismo della tradizione ottocentesca e una visione più asciutta e analitica dei processi compositivi. Il virtuosismo rappresenta una costante tentazione per i musicisti, che suonano anche per il piacere di sfidare i limiti fisici e tecnici di uno strumento. Il peccato si annida a volte nel gesto funambolico dell’interprete, che rischia di dimenticare le ragioni della musica per il gusto dell’esibizione e il narcisismo straripante. Il concerto tuttavia non potrebbe nemmeno esistere senza questa componente spettacolare della musica. Il polacco Henryk Wieniawski cominciò a vivere come un virtuoso già da bambino, incoraggiato dalla madre pianista. A Parigi si fece notare nei salotti da adolescente con piccoli pezzi da salon, incontrando illustri compatrioti come Adam Mickiewicz e Chopin. Spinto dagli ingaggi ora in Russia, ora in America, Wieniawski aveva poco tempo per scrivere musica, che in primo luogo serviva a mettere in risalto le qualità del suo violinismo. La sua produzione comprende soprattutto mazurke, polonaises, fantasie, souvenir, pezzi di carattere. Il capolavoro resta il Secondo Concerto, amato anche da molti interpreti di oggi. La Fantasia sull’opera Faust di Gounod rispecchia le caratteristiche della sua abilità tecnica eccezionale e del suono, che doveva essere dolce e potente allo stesso tempo. L’opera di Gounod risaliva a pochi anni prima, ma era già molto popolare. L’unione dell’elemento demoniaco con il carattere sentimentale forniva a Wieniawski una tavolozza di situazioni ideali per esprimere le caratteristiche estreme della tecnica violinistica, dai passi in ottava alle melodie fischiate con i suoni armonici alle figure acrobatiche sulla tastiera. Oreste Bossini MAYUKO KAMIO violino Nata a Osaka nel 1986, Mayuko Kamio ha inziato lo studio del violino all’età di quattro anni. Ha studiato alla Toho Gakuen School of Music con Koichiro Harada e con Dorothy DeLay e Masao Kawasaki al Aspen Music Festival e alla Juilliard School di New York. A dieci ha debuttato diretta da Charles Dutoit in un concerto registrato dalla televisione giapponese (NHK). Nel 1998 è stata la più giovane vincitrice nella storia del concorso internazionale “Menuhin”, nel 2000 ha meritato il primo premio alle “Young Concert Artists International Auditions” e nel 2007 è stata medaglia d’oro al concorso internazionale Č ajkovskij di Mosca. Mayuko Kamio si è esibita con le principali orchestre giapponesi e con alcune tra le migliori orchestre del mondo diretta da Zubin Mehta, Keith Lockhart, Mstislav Rostropovich, Jean-Michel Durand e Eliahu Inbal. Nel 2003 ha debuttato a New York con l’Orchestra of St. Luke’s e nel 2005 in recital al Lincoln Center. Tra gli impegni recenti concerti con la Staatsoper di Monaco di Baviera e Zubin Mehta, l’Orchestre National d’Île France e Jean Deroyer, NHK Symphony e James Judd, Tokyo Symphony e Naoto Otomo, Hyogo Performing Arts Center Orchestra e Okko Kamu e Amarillo Symphony Orchestra. Nella stagione 08/09 è stata in tournée negli Stati Uniti con l’Orchestra Nazionale Filarmonica Russa e Vladimir Spivakov. In recital si è esibita al Festival di Verbier e alla Carnegie Hall di New York. Incide in esclusiva per Sony BMG. Il suo primo CD, pubblicato nel 2008, è dedicato a Č ajkovskij, Stravinskij, Waxman, Chausson e Szymanowski. Suona un violino Stradivari del 1727 affidatole da Suntory Limited. È per la prima volta ospite della nostra Società. DMITRI DEMIASHKIN pianoforte Dmitri Demiashkin ha iniziato presto ha dimostrare il suo talento per la musica. Nel 1991, a soli nove anni, viene ammesso alla Scuola centrale di musica del Conservatorio Čajkovskij di Mosca dove si diploma con lode nel 2000. Ha poi proseguito gli studi al Conservatorio di Winterthur con Konstantin Scherbakov e in seguito con Homero Francesch a Zurigo dove consegue il “Concert Diploma” e il “Soloist Diploma” nel 2007. Vincitore di numerosi concorsi internazionali, è stato protagonista di concerti in molti paesi europei e negli Stati Uniti. È per la prima volta ospite della nostra Società. Prossimo concerto: Martedì 27 aprile 2010, ore 20.30 Sala Verdi del Conservatorio Radu Lupu pianoforte Il Quartetto ha l’onore di ospitare per la seconda stagione consecutiva uno dei maggiori interpreti del pianoforte d’oggi, Radu Lupu. Il programma dell’artista rumeno accosta tre personalità molto diverse della musica mitteleuropea, attive nel breve spazio che separa Vienna e Praga. Beethoven e Schubert, pur vivendo nella stessa città, avevano una visione della musica per pianoforte completamente differente, testimoniata in maniera lampante dall’accostamento della Appassionata del primo a una delle Sonate postume del secondo. La musica di Janáček invece è semplicemente impossibile da etichettare, specie per quanto riguarda la sua produzione per pianoforte, limitata ma di sorprendente forza espressiva. Società del Quartetto di Milano - via Durini 24 - 20122 Milano - tel. 02.795.393 www.quartettomilano.it - e-mail: [email protected]