Segreti di famiglia - Club degli Editori

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Segreti di famiglia - Club degli Editori
sovraccoperta
www.tatianaderosnay.com
«‘Mia sorella mi stava dicendo qualcosa... Si è girata verso di me.
E poi è successo. La macchina è uscita dalla carreggiata.
È accaduto talmente in fretta...’
Il medico mi incoraggia a continuare.
‘Che cosa le stava dicendo?’
Gli occhi di Mélanie.
Le sue mani strette sul volante. ‘Antoine, c’è una cosa che devo dirti...’
I suoi occhi turbati, preoccupati. E poi...»
•
Un romanzo che scava nella psicologia dei personaggi e che si legge
tutto d’un fiato grazie al senso del ritmo e della suspense.
Le Monde
798710
Tatiana de rosnay • segreTi di famiglia
Nata nel 1961 da padre francese e madre
inglese, Tatiana de Rosnay vive a Parigi
con la sua famiglia. È la scrittrice francese più letta all’estero e i suoi romanzi, fra
cui La chiave di Sarah, pubblicato anche
in Italia, hanno venduto complessivamente più di cinque milioni di copie in
tutto il mondo.
Tatiana de rosnay
segreTi
di famiglia
romanzo
In copertina:
© Stephen Carroll/Trevillion Images
Ni_segreti di famiglia_798710_es
Il parigino Antoine è seduto in un ospedale di provincia in attesa del responso:
sua sorella è sotto i ferri, non si sa se ce
la farà. Ha avuto lui l’idea di portare
Mélanie nella casa della loro infanzia per
festeggiare i quarant’anni di lei, una casa
che avevano abbandonato dopo la morte della madre trent’anni prima. Quanti
ricordi ha messo in moto questo breve
weekend, quante cose taciute, quante
sorprese, fino all’ultima rivelazione che
sua sorella stava per fargli quando ha
perso il controllo dell’auto... Mentre
aspetta, Antoine fa un bilancio della sua
vita: la moglie che l’ha lasciato, i figli
adolescenti e incomprensibili, il padre
anziano che lo tiranneggia e poi il grande interrogativo sul segreto di Mélanie.
Soffocato da un passato dal quale non riesce a liberarsi, Antoine riceve un aiuto
del tutto inaspettato da una donna che
incontra in ospedale, bella, vitale e con
un mestiere molto particolare: l’imbalsamatrice. Anche lei ha dei segreti che
l’hanno portata a fare un lavoro così insolito. E grazie a lei, che con la morte ha
un rapporto quotidiano, Antoine imparerà a vivere di nuovo.
Romanzo d’amore, thriller, commedia,
Segreti di famiglia descrive i rapporti
tra fratelli, tra genitori e figli, tra mariti
e mogli in una storia lieve e profonda al
tempo stesso, emozionante e rivelatrice.
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«‘Mia sorella mi stava dicendo qualcosa... Si è girata verso di me.
E poi è successo. La macchina è uscita dalla carreggiata.
È accaduto talmente in fretta...’
Il medico mi incoraggia a continuare.
‘Che cosa le stava dicendo?’
Gli occhi di Mélanie.
Le sue mani strette sul volante. ‘Antoine, c’è una cosa che devo dirti...’
I suoi occhi turbati, preoccupati. E poi...»
•
Un romanzo che scava nella psicologia dei personaggi e che si legge
tutto d’un fiato grazie al senso del ritmo e della suspense.
Le Monde
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Tatiana de rosnay • segreTi di famiglia
Nata nel 1961 da padre francese e madre
inglese, Tatiana de Rosnay vive a Parigi
con la sua famiglia. È la scrittrice francese più letta all’estero e i suoi romanzi, fra
cui La chiave di Sarah, pubblicato anche
in Italia, hanno venduto complessivamente più di cinque milioni di copie in
tutto il mondo.
Tatiana de rosnay
segreTi
di famiglia
romanzo
In copertina:
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Il parigino Antoine è seduto in un ospedale di provincia in attesa del responso:
sua sorella è sotto i ferri, non si sa se ce
la farà. Ha avuto lui l’idea di portare
Mélanie nella casa della loro infanzia per
festeggiare i quarant’anni di lei, una casa
che avevano abbandonato dopo la morte della madre trent’anni prima. Quanti
ricordi ha messo in moto questo breve
weekend, quante cose taciute, quante
sorprese, fino all’ultima rivelazione che
sua sorella stava per fargli quando ha
perso il controllo dell’auto... Mentre
aspetta, Antoine fa un bilancio della sua
vita: la moglie che l’ha lasciato, i figli
adolescenti e incomprensibili, il padre
anziano che lo tiranneggia e poi il grande interrogativo sul segreto di Mélanie.
Soffocato da un passato dal quale non riesce a liberarsi, Antoine riceve un aiuto
del tutto inaspettato da una donna che
incontra in ospedale, bella, vitale e con
un mestiere molto particolare: l’imbalsamatrice. Anche lei ha dei segreti che
l’hanno portata a fare un lavoro così insolito. E grazie a lei, che con la morte ha
un rapporto quotidiano, Antoine imparerà a vivere di nuovo.
Romanzo d’amore, thriller, commedia,
Segreti di famiglia descrive i rapporti
tra fratelli, tra genitori e figli, tra mariti
e mogli in una storia lieve e profonda al
tempo stesso, emozionante e rivelatrice.
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«‘Mia sorella mi stava dicendo qualcosa... Si è girata verso di me.
E poi è successo. La macchina è uscita dalla carreggiata.
È accaduto talmente in fretta...’
Il medico mi incoraggia a continuare.
‘Che cosa le stava dicendo?’
Gli occhi di Mélanie.
Le sue mani strette sul volante. ‘Antoine, c’è una cosa che devo dirti...’
I suoi occhi turbati, preoccupati. E poi...»
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Un romanzo che scava nella psicologia dei personaggi e che si legge
tutto d’un fiato grazie al senso del ritmo e della suspense.
Le Monde
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Tatiana de rosnay • segreTi di famiglia
Nata nel 1961 da padre francese e madre
inglese, Tatiana de Rosnay vive a Parigi
con la sua famiglia. È la scrittrice francese più letta all’estero e i suoi romanzi, fra
cui La chiave di Sarah, pubblicato anche
in Italia, hanno venduto complessivamente più di cinque milioni di copie in
tutto il mondo.
Tatiana de rosnay
segreTi
di famiglia
romanzo
In copertina:
© Stephen Carroll/Trevillion Images
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Il parigino Antoine è seduto in un ospedale di provincia in attesa del responso:
sua sorella è sotto i ferri, non si sa se ce
la farà. Ha avuto lui l’idea di portare
Mélanie nella casa della loro infanzia per
festeggiare i quarant’anni di lei, una casa
che avevano abbandonato dopo la morte della madre trent’anni prima. Quanti
ricordi ha messo in moto questo breve
weekend, quante cose taciute, quante
sorprese, fino all’ultima rivelazione che
sua sorella stava per fargli quando ha
perso il controllo dell’auto... Mentre
aspetta, Antoine fa un bilancio della sua
vita: la moglie che l’ha lasciato, i figli
adolescenti e incomprensibili, il padre
anziano che lo tiranneggia e poi il grande interrogativo sul segreto di Mélanie.
Soffocato da un passato dal quale non riesce a liberarsi, Antoine riceve un aiuto
del tutto inaspettato da una donna che
incontra in ospedale, bella, vitale e con
un mestiere molto particolare: l’imbalsamatrice. Anche lei ha dei segreti che
l’hanno portata a fare un lavoro così insolito. E grazie a lei, che con la morte ha
un rapporto quotidiano, Antoine imparerà a vivere di nuovo.
Romanzo d’amore, thriller, commedia,
Segreti di famiglia descrive i rapporti
tra fratelli, tra genitori e figli, tra mariti
e mogli in una storia lieve e profonda al
tempo stesso, emozionante e rivelatrice.
sovraccoperta
www.tatianaderosnay.com
«‘Mia sorella mi stava dicendo qualcosa... Si è girata verso di me.
E poi è successo. La macchina è uscita dalla carreggiata.
È accaduto talmente in fretta...’
Il medico mi incoraggia a continuare.
‘Che cosa le stava dicendo?’
Gli occhi di Mélanie.
Le sue mani strette sul volante. ‘Antoine, c’è una cosa che devo dirti...’
I suoi occhi turbati, preoccupati. E poi...»
•
Un romanzo che scava nella psicologia dei personaggi e che si legge
tutto d’un fiato grazie al senso del ritmo e della suspense.
Le Monde
798710
Tatiana de rosnay • segreTi di famiglia
Nata nel 1961 da padre francese e madre
inglese, Tatiana de Rosnay vive a Parigi
con la sua famiglia. È la scrittrice francese più letta all’estero e i suoi romanzi, fra
cui La chiave di Sarah, pubblicato anche
in Italia, hanno venduto complessivamente più di cinque milioni di copie in
tutto il mondo.
Tatiana de rosnay
segreTi
di famiglia
romanzo
In copertina:
© Stephen Carroll/Trevillion Images
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Il parigino Antoine è seduto in un ospedale di provincia in attesa del responso:
sua sorella è sotto i ferri, non si sa se ce
la farà. Ha avuto lui l’idea di portare
Mélanie nella casa della loro infanzia per
festeggiare i quarant’anni di lei, una casa
che avevano abbandonato dopo la morte della madre trent’anni prima. Quanti
ricordi ha messo in moto questo breve
weekend, quante cose taciute, quante
sorprese, fino all’ultima rivelazione che
sua sorella stava per fargli quando ha
perso il controllo dell’auto... Mentre
aspetta, Antoine fa un bilancio della sua
vita: la moglie che l’ha lasciato, i figli
adolescenti e incomprensibili, il padre
anziano che lo tiranneggia e poi il grande interrogativo sul segreto di Mélanie.
Soffocato da un passato dal quale non riesce a liberarsi, Antoine riceve un aiuto
del tutto inaspettato da una donna che
incontra in ospedale, bella, vitale e con
un mestiere molto particolare: l’imbalsamatrice. Anche lei ha dei segreti che
l’hanno portata a fare un lavoro così insolito. E grazie a lei, che con la morte ha
un rapporto quotidiano, Antoine imparerà a vivere di nuovo.
Romanzo d’amore, thriller, commedia,
Segreti di famiglia descrive i rapporti
tra fratelli, tra genitori e figli, tra mariti
e mogli in una storia lieve e profonda al
tempo stesso, emozionante e rivelatrice.
Vengo condotto in una squallida stanzetta dove mi dicono
di sedermi ad aspettare. Sei sedie di plastica marrone se ne
stanno l’una di fronte all’altra, vuote, sul linoleum consunto.
In un angolo una pianta verde finta, le lucide foglie ricoperte da uno strato di polvere. Ubbidisco e mi siedo. Mi tremano le cosce. Ho i palmi sudaticci, la gola secca. Mi fa male la
testa. Penso che dovrei chiamare subito nostro padre, telefonargli prima che sia troppo tardi. Ma la mia mano non
compie lo sforzo di afferrare il cellulare che ho nella tasca
dei jeans. Chiamare nostro padre per dirgli cosa? Dirglielo
come?
L’illuminazione è violenta, con i tubi accecanti del neon
che rigano il soffitto. Le pareti sono giallognole e scrostate.
Me ne sto lì seduto, intontito. Inerme. Smarrito. Ho una
gran voglia di una sigaretta. Mi viene lo stimolo di vomitare,
mi sta tornando su il caffè amaro e la brioche rafferma che
ho trangugiato un paio d’ore fa.
Ho ancora nelle orecchie lo stridore delle ruote, la sbandata improvvisa dell’auto che vira di colpo a destra, per poi
andare a sbattere contro il guardrail. E il grido di lei. Lo sento ancora, il suo grido.
Quante persone avranno aspettato, qua dentro? In quanti saranno rimasti seduti dove mi trovo io adesso, ad attendere notizie dei loro cari? Non riesco a immaginare che cosa
abbiano visto queste pareti itteriche. Che cosa sappiano.
11
Che cosa ricordino. Lacrime, urla o sollievo. Speranza, dolore o gioia.
I minuti ticchettano via. Osservo il sudicio quadrante di
un orologio sopra la porta. Non c’è nient’altro che io possa
fare, se non aspettare.
Dopo mezz’ora o giù di lì, entra un’infermiera. Ha una
faccia lunga, cavallina, bianche braccia magre.
« Monsieur Rey? »
« Sì », rispondo con il cuore in gola.
« Deve compilare queste carte. Con gli estremi. »
Mi porge un paio di fogli e una penna.
« Mia sorella sta bene? » borbotto con un filo di voce piena di tensione.
Un tremulo battito di palpebre su occhi lacrimosi e privi
di ciglia.
« Glielo dirà il dottore. Verrà qui. »
Se ne va. Ha un sedere piatto e triste.
Mi sistemo i fogli sulle ginocchia con dita tremanti.
Nome, data e luogo di nascita, stato civile, indirizzo, numero di previdenza sociale e della polizza di assicurazione.
Mi trema ancora la mano mentre scrivo a stampatello: « Mélanie Rey, nata il 15 agosto 1967 a Boulogne-Billancourt, nubile, rue de la Roquette 49, Parigi 75011 ».
Non ho idea di quale sia il numero di previdenza sociale
di mia sorella. Né quello della sua polizza di assicurazione,
se è per questo. Tutta roba che deve essere nella sua borsa.
Ma dov’è la sua borsa? Io non ricordo niente della sua borsa. Ricordo solo come il suo corpo si è accasciato in avanti,
quando l’hanno tirata fuori dalla macchina. Le braccia che
penzolavano inerti fino a terra dalla barella. E invece io ero
lì senza un capello fuori posto, non un solo livido sulla pelle,
e dire che le stavo seduto accanto. Sussulto. Continuo a pensare che prima o poi mi sveglierò.
L’infermiera ritorna con un bicchier d’acqua. Lo ingollo
in un solo sorso. Ha un gusto metallico, stantio. La ringra12
zio. Le dico che non ho con me il numero di previdenza sociale di Mélanie. Lei annuisce, prende i fogli e se ne va.
I minuti scorrono lenti. Sulla stanza regna il silenzio. È un
piccolo ospedale di una piccola città, suppongo. Alla periferia di Nantes. Non so esattamente dove. Emano un cattivo
odore. Non c’è l’aria condizionata. Fiuto il sudore che mi
gocciola giù dalle ascelle, si raccoglie attorno al pube. L’odore di carne sudaticcia per la disperazione e per il panico. Mi
duole ancora la testa. Cerco di respirare con calma, ci riesco
per un paio di minuti, poi mi sommerge di nuovo quella
sensazione di orribile impotenza.
Parigi è a più di tre ore di distanza. Mi chiedo di nuovo se
dovrei chiamare mio padre. Dico a me stesso che è meglio
aspettare. Non so nemmeno quali notizie mi darà il medico.
Abbasso lo sguardo sul mio orologio. Le dieci e mezzo. Dove sarà mio padre adesso, mi domando? A cena da qualche
parte? O a guardare la TV via cavo nel suo studio, con Régine nella stanza accanto, al telefono, intenta a pitturarsi le
unghie?
Decido di aspettare ancora un po’. Sono tentato di chiamare la mia ex moglie. Il nome di Astrid è il primo a venirmi
in mente nei momenti di stress o di disperazione. Ma il pensiero di lei insieme a Serge, nella nostra vecchia casa di Malakoff, nel nostro vecchio letto, con lui che risponde invariabilmente al telefono, anche al cellulare di lei, sant’Iddio –
« Oh, ciao, Antoine, come va, bello? » – è semplicemente
troppo per me. Perciò non chiamo Astrid, anche se lo desidero tanto.
Me ne resto lì nella stanzetta soffocante e provo ancora
una volta a calmarmi. Cerco di fermare il panico che sento
montarmi dentro. Penso ai miei figli: Arno, in tutta la sua
gloria e ribellione da teenager. Margaux, una misteriosa
creatura quattordicenne. Lucas, ancora un bambino a undici
anni, in confronto agli altri due e ai loro ormoni in tempesta.
Non riesco proprio a immaginarmi nell’atto di annunciargli:
13
« Vostra zia è morta. Mélanie è morta. Mia sorella è morta ».
Le parole non hanno senso. Le respingo dalla mente.
Un’altra ora si trascina. Resto seduto lì, con il capo tra le
mani. Cerco di mettere ordine nella confusione che mi si sta
accumulando in testa. Comincio a pensare alle scadenze.
Per mantenere un contatto con la realtà. Domani è lunedì, e
dopo questo lungo weekend ci saranno molte cose urgenti
da fare: quell’odioso Rabagny e la sua orrenda scuola materna di cui non avrei dovuto assumermi l’incarico; Florence, la
pessima segretaria che so di dover licenziare. Ma come faccio a pensare a queste cose, mi domando, inorridito da me
stesso. Come posso pensare al mio lavoro proprio ora, nel
preciso momento in cui Mélanie si trova tra la vita e la morte? Mi chiedo con un vuoto allo stomaco: « Perché Mélanie?
Perché lei e non me? Questo viaggio è stato una mia idea. Il
mio regalo di compleanno. Il quarantesimo compleanno che
la turbava tanto ».
Alla fine arriva una donna della mia età. Indossa un camice operatorio verde e uno di quei buffi berretti di carta che
portano i chirurghi. Perspicaci occhi nocciola, capelli castani tagliati corti e sfumati d’argento. Sorride. Il mio cuore fa
una capriola. Mi alzo in piedi di scatto.
« L’ha scampata per un pelo, Monsieur Rey », dice.
Noto macchioline brune sul davanti del camice. Mi domando con raccapriccio se non si tratti per caso del sangue
di Mélanie.
« Sua sorella è fuori pericolo. »
Orrore, la mia faccia subisce un tracollo e versa un fiume
di lacrime. Mi cola il naso. Provo un acuto imbarazzo per il
fatto di piangere davanti a questa donna, ma non posso farci
niente.
« Va tutto bene », mi consola. Mi afferra un braccio. Ha
mani piccole e squadrate. Mi spinge di nuovo a sedere, si
siede accanto a me. Piango rumorosamente come facevo da
piccolo, profondi singhiozzi che vengono dritti dalle viscere.
« Era sua sorella alla guida, giusto? »
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Annuisco, cerco di asciugarmi le narici bagnate con il
dorso della mano.
« Sappiamo che non aveva bevuto, abbiamo controllato.
Può dirmi che cosa è successo? »
Riesco a ripetere quanto ho già detto alla polizia e a quelli
dell’ambulanza. Che lei voleva guidare per il resto del viaggio di ritorno a casa. Che guidava in maniera affidabile. Che
non mi ero mai sentito nervoso, con lei al volante.
« Ha perso i sensi? » domanda il medico. Sulla sua targhetta di riconoscimento c’è scritto: DOTT. BÉNÉDICTE
BESSON.
« No. »
E poi di colpo mi torna in mente una cosa che non avevo
detto a quelli dell’ambulanza, perché me ne ricordo solo
ora.
Abbasso lo sguardo sul viso minuto, abbronzato della
dottoressa. La mia faccia è ancora contratta dagli spasmi del
pianto. Riprendo fiato.
« Mia sorella mi stava dicendo qualcosa... Si è girata verso
di me. E poi è successo. La macchina è uscita dalla carreggiata. È accaduto talmente in fretta... »
Il medico mi incoraggia a continuare.
« Che cosa le stava dicendo? »
Gli occhi di Mélanie. Le sue mani strette sul volante. Antoine, c’è una cosa che devo dirti... Me la sono tenuta dentro
tutto il giorno. Ieri notte, all’hotel, mi sono ricordata di una
cosa. Riguardo a... I suoi occhi turbati, preoccupati. E poi la
macchina che esce di strada.
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Si addormentò non appena riuscirono ad aprirsi un varco
nell’ingorgo stagnante che circondava la periferia di Parigi.
Antoine sorrise, quando la testa di lei si accasciò contro il finestrino dell’auto. La sua bocca si aprì, e a lui parve di udire
un leggerissimo russare. L’aveva trovata di umore irritabile
quella mattina, quando era andato a prenderla poco dopo il
sorgere del sole. Odiava le sorprese, era sempre stata così. E
lui lo sapeva, no? Come diavolo gli era venuto in mente di
organizzare un viaggio a sorpresa? Sul serio! Non era già abbastanza brutto compiere quarant’anni? Essere costretta a
superare un’altra, straziante rottura sentimentale? Non essere mai stata sposata, non avere figli, con la gente che ogni
cinque minuti nominava l’orologio biologico? « Se qualcuno
osa pronunciare un’altra volta quell’espressione, giuro che
lo picchio », aveva sibilato tra i denti. Ma l’idea di dover affrontare quel lungo weekend da sola le risultava intollerabile, lui lo sapeva. Sapeva che lei non sopportava il pensiero
del suo afoso appartamento vuoto sopra la rumorosa rue de
la Roquette, con tutti gli amici che, da fuori città, le lasciavano gioiosi messaggi sulla segreteria telefonica: « Ehi, Mel,
tanti auguri per i tuoi quaranta! » Quarant’anni. Le lanciò
un’occhiata: Mélanie, la sua sorellina, sarebbe stata tra poco
una quarantenne. Quasi non riusciva a crederci. Senza contare che così lui di anni ne avrebbe avuti quarantatré. Anche
questo era difficile da credere.
Eppure gli occhi increspati di rughette che lo guardavano
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di rimando dallo specchietto retrovisore erano quelli di un
uomo di mezza età. Folti capelli brizzolati, il viso lungo e
magro. Notò che Mélanie si tingeva i capelli. Le radici erano
inequivocabilmente grigie. C’era qualcosa di commovente,
nel fatto che se li tingesse. Perché? rifletté. In fondo sono
tante, le donne che lo fanno. Magari perché ai suoi occhi era
ancora una bambina. Non riusciva proprio a immaginare
che sua sorella potesse invecchiare. Il suo viso era ancora
adorabile, forse ancora di più di quando ne aveva venti o
trenta, data l’eleganza dei suoi zigomi alti. Non si stancava
mai di guardare Mélanie. Tutto, in lei, era minuto, femminile, delicato. Ogni suo particolare – gli occhi verde scuro, la
bellissima curva del naso, il sorriso di un bianco abbagliante, i polsi e le caviglie sottili – gli ricordava la loro madre. A
lei non piaceva sentirsi dire che assomigliava a Clarisse. Non
le era mai piaciuto. Ma ad Antoine sembrava sempre che
fosse lo sguardo di sua madre, a fare capolino dagli occhi di
Mélanie.
La Peugeot guadagnò velocità, e Antoine calcolò che probabilmente sarebbero arrivati in meno di quattro ore. Erano
partiti abbastanza presto da evitare l’ora di punta del traffico. Nonostante le domande di lei, non si era lasciato sfuggire una parola sulla destinazione, limitandosi a sogghignare.
« Fa’ i bagagli per un paio di giorni. Festeggeremo il tuo
compleanno in grande stile. »
Era sorto un problema con Astrid, la sua ex moglie. Un
lieve contrasto da appianare. Quel weekend lungo « spettava » normalmente a lui. I ragazzi avrebbero dovuto lasciare
casa dei genitori di Astrid nella Dordogna per raggiungerlo.
Lui però era stato irremovibile al telefono. Era il compleanno di Mel, compiva quarant’anni, voleva renderlo speciale
per lei, che non aveva ancora dimenticato Olivier e stava
passando un brutto periodo. E poi la voce di Astrid: « Oh,
merde, Antoine. I ragazzi sono stati sempre da me nelle ultime due settimane. Serge e io abbiamo davvero bisogno di
un po’ di tempo per noi ».
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Serge. Al solo sentir pronunciare il suo nome gli venivano
i brividi. Un fotografo sulla trentina, muscoloso, il classico
tipo rude che passa molto tempo all’aperto. Si era specializzato nel fotografare i cibi. Natures mortes per libri di cucina
di lusso. Dedicava ore a far apparire luccicante la pasta, saporita la carne di vitello, succulenta la frutta. Serge. Ogni
volta che Antoine gli stringeva la mano, quando andava a
prendere i ragazzi, gli tornava in mente l’orrendo ricordo
della videocamera digitale di Astrid e di ciò che aveva scoperto nella sua memoria, mentre lei era in giro a far compere, quel fatidico sabato. All’inizio, confuso, aveva solo visto
un paio di natiche pelose che si stringevano e si allentavano.
E poi si era reso conto con orrore che dietro quelle natiche
c’era in realtà un pene che pompava dentro un corpo straordinariamente simile a quello di Astrid. Ecco come lo aveva
scoperto. Aveva affrontato Astrid, carica di sacchetti della
spesa, quel maledetto sabato pomeriggio, e lei, dopo essere
scoppiata in lacrime, aveva ammesso che amava Serge, che
la relazione andava avanti sin da quel viaggio in Turchia con
i bambini, e che ora si sentiva sollevata che lui ne fosse al
corrente.
Antoine ebbe la tentazione di accendersi una sigaretta,
per scacciare i ricordi sgradevoli. Ma sapeva che il fumo
avrebbe svegliato sua sorella, la quale si sarebbe lasciata
sfuggire qualche acido commento a proposito del suo « vizio
schifoso ». Perciò preferì concentrarsi sull’autostrada che gli
si apriva dinanzi.
Astrid provava ancora sensi di colpa per Serge – Antoine
lo sentiva – e per come lui aveva scoperto la loro relazione.
Per il divorzio. Per gli strascichi che ne erano seguiti. E voleva tanto bene a Mélanie. Erano state amiche per molto tempo, avevano anche lavorato nello stesso settore, l’editoria.
Non aveva avuto il coraggio di dire di no, finendo invece per
sospirare: « Okay, d’accordo. I ragazzi verranno da te in seguito. Fa’ in modo che Mel passi un compleanno da favola ».
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Quando Antoine si fermò a un distributore per fare benzina, Mélanie finalmente sbadigliò e abbassò il finestrino.
« Hé, Tonio », disse con voce strascicata, « dove cavolo
siamo? »
« Davvero non ne hai idea? »
Lei strinse le spalle.
« No. »
« Hai dormito per due ore. »
« Be’, ci credo: ti sei presentato all’alba, bastardo che non
sei altro. »
Dopo un veloce caffè (per lei) e una veloce sigaretta (per
lui), risalirono in auto. Ora sembrava meno petulante, notò
Antoine.
« È stato un gesto carino da parte tua », disse Mélanie.
« Grazie. »
« Sei un fratello gentile. »
« Lo so. »
« Non dovevi. Magari avevi altri programmi... »
« Nessun programma. »
« Tipo una ragazza? »
Lui sospirò.
« Nessuna ragazza. »
Al pensiero delle sue ultime tresche gli venne voglia di
fermare la macchina, scendere e mettersi a piangere. Dopo il
divorzio c’era stata una sfilza di donne. E una sfilza di delusioni. Donne che aveva incontrato su Internet, in quegli infami siti web. Della sua età, sposate, divorziate, più giovani.
Si era buttato con gusto nella mischia degli appuntamenti,
deciso a trovarla entusiasmante. Ma dopo il primo paio di
acrobazie sessuali, in seguito alle quali se ne era tornato triste e svuotato nel suo appartamento vuoto con il suo nuovo
letto vuoto, ecco che aveva dovuto guardare dritto in faccia
la verità. L’aveva evitata troppo a lungo. Amava ancora
Astrid, dovette finalmente ammettere con se stesso. Amava
ancora la sua ex moglie, così disperatamente che il solo pensiero gli procurava un senso di nausea.
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