libro verde le proposte di federnotai per la semplificazione e il

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libro verde le proposte di federnotai per la semplificazione e il
LIBRO VERDE
LE PROPOSTE DI FEDERNOTAI
PER LA SEMPLIFICAZIONE
E IL RILANCIO DELL’ECONOMIA
Collana TEMI CONTEMPORANEI
PARTE PRIMA
INCENTIVI AL MERCATO IMMOBILIARE IN ITALIA
PROPOSTA N. 1
SEMPLIFICAZIONE E ARMONIZZAZIONE
DELLA TASSAZIONE DEI TRASFERIMENTI IMMOBILIARI
I trasferimenti di diritti reali su beni immobili sono attualmente soggetti – oltre che
ad IVA, nei casi previsti dalla legge, e all’imposta di bollo - all’applicazione di una
pluralità di tributi: imposta di registro, imposta ipotecaria, imposta catastale.
Si propone l’unificazione dei tre tributi in un'unica “imposta di trasferimento”, da
applicarsi con unica aliquota sulla base imponibile rappresentata dal corrispettivo
previsto per il trasferimento o, nei casi di applicazione della regola del c.d. “prezzovalore”, dal valore fiscale determinato sulla base della rendita catastale rivalutata.
La normativa fiscale vigente inoltre determina una disparità di trattamento tra gli
acquirenti di immobili abitativi a seconda della qualifica del soggetto venditore e
della data in cui ha avuto luogo l’ultimazione o l’ultima ristrutturazione
dell’immobile. La differenza di trattamento di manifesta in modo eclatante nel
raffronto tra i casi in cui il trasferimento è soggetto ad IVA calcolata sul corrispettivo
della vendita e quelli in cui il trasferimento è soggetto ad imposta di registro
calcolata sul valore dell’immobile determinato in base alla rendita catastale
rivalutata.
Si propone di modificare le norme vigenti in modo che gli acquirenti di immobili
abitativi, anche mantenendo in essere la distinzione tra trasferimenti soggetti ad IVA
e trasferimenti soggetti ad imposta di registro, e tenendo conto altresì della
disciplina delle agevolazioni eventualmente spettanti, siano tenuti a sostenere oneri
fiscali di equivalente entità.
In considerazione della necessità che l’IVA continui ad essere calcolata sul
corrispettivo del trasferimento (per ragioni legate alla regolare tenuta della
contabilità dell’impresa venditrice e alle esigenze di corretta determinazione del
reddito della stessa), la parità del trattamento fiscale tra gli acquirenti di immobili
abitativi può essere conseguita grazie alla previsione della detraibilità parziale
dell’IVA versata al momento dell’acquisto.
MOTIVAZIONE
L’unificazione dei tre tributi applicabili al trasferimento di diritti su beni immobili appare
pienamente coerente con le istanze di semplificazione, nell’interesse dei cittadini e delle
imprese, delle procedure amministrative e della normativa fiscale.
La distinzione dei tre tributi, comunque applicati in modo concorrente in tutte le ipotesi di
trasferimento immobiliare, poteva essere giustificata in considerazione della correlazione
di ciascuno di essi con un diverso servizio reso dall’amministrazione finanziaria
(registrazione dell’atto, pubblicità immobiliare, voltura catastale): oggi tale giustificazione
appare superabile alla luce della compiuta unificazione tra Agenzia del Territorio e Agenzia
delle Entrate.
La previsione di un unico tributo in luogo dei tre tributi oggi applicati dovrebbe essere
accompagnata dalla previsione di aliquote uniformi, non dipendenti – come oggi invece
avviene con riferimento all’imposta ipotecaria – dalla natura “strumentale” o “non
strumentale” dell’immobile oggetto di trasferimento, allo scopo di evitare disparità di
trattamento tra i contribuenti che appare incompatibile con il principio di uguaglianza
sancito dalla Costituzione.
Al rispetto del medesimo principio di uguaglianza si ispira l’istanza contenuta nell’ultima
parte della proposta: le norme attualmente in vigore determinano per gli acquirenti di
immobili abitativi tenuti al pagamento dell’IVA un costo fiscale molto superiore rispetto a
quello sostenuto da coloro il cui acquisto è soggetto ad imposta di registro. Questa
differenza non si fonda su alcuna diversa situazione soggettiva dell’acquirente che la
giustifichi e provoca conseguenze aberranti, in quanto penalizza l’acquisto di immobili di
recente costruzione o ristrutturazione (caratterizzati da migliori qualità costruttive e da
migliore rendimento energetico rispetto a quelli più risalenti).
PROPOSTA N. 2
ESTENSIONE E RIFORMA DELLA DISCIPLINA
DELLE AGEVOLAZIONI “PRIMA CASA” SUGLI ACQUISTI IMMOBILIARI
La normativa vigente prevede che il contribuente che, in occasione dell’acquisto di
un immobile abitativo, abbia fruito di agevolazioni relativamente all’IVA o all’Imposta
di Registro e, quindi, alle Imposte Ipotecaria e Catastale, decada da tali agevolazioni
qualora trasferisca l’immobile dopo meno di cinque anni dalla data dell’acquisto
senza procedere, entro un anno dall’alienazione, al nuovo acquisto agevolato di
altro immobile da adibire a propria abitazione principale.
La medesima normativa prescrive, al fine di poter fruire delle agevolazioni in parola,
il possesso da parte dell’acquirente di determinati requisiti soggettivi, tra i quali la
mancata titolarità – esclusiva o condivisa con il coniuge – di diritti su altri immobili
abitativi nello stesso Comune, e la mancata titolarità – esclusiva o per quote – di
diritti su altri immobili acquistati con le stesse agevolazioni in qualunque luogo del
territorio italiano.
Si propone di riformare la normativa in parola, prevedendo:
a) che la decadenza dalle agevolazioni di cui si è fruito non operi nel caso in cui
il contribuente che abbia alienato l’immobile dopo meno di cinque anni
dall’acquisto non proceda all’acquisto agevolato di una nuova abitazione
principale entro un anno dall’alienazione, ma proceda – entro lo stesso
termine – alla sottoscrizione e alla registrazione di un contratto preliminare di
riacquisto che preveda un termine di adempimento per la sottoscrizione del
contratto definitivo non superiore ad un anno, stabilendo che la decadenza
torni ad applicarsi qualora il termine per la sottoscrizione e registrazione del
preliminare di riacquisto non venga rispettato per qualsiasi motivo;
b) che possa fruire delle agevolazioni di cui si tratta il contribuente che, benchè
tuttora titolare (da solo o con il coniuge) di diritti su immobili abitativi ubicati
nello stesso Comune, o tuttora titolare (in via esclusiva o per quota) di diritti
su immobili abitativi acquistati nel territorio italiano con le stesse
agevolazioni, assuma espressamente, nel nuovo atto di acquisto, l’obbligo di
alienazione dei suddetti diritti già a lui intestati entro dodici mesi, stabilendo
la revoca delle agevolazioni applicate in relazione al secondo acquisto
agevolato qualora tale termine non venga rispettato per qualsiasi motivo;
c) che il notaio, nel corpo dell’atto di alienazione (nel caso a)) e dell’atto di
acquisto (nel caso b)), dedichi una apposita clausola alla disciplina delle
agevolazioni fiscali con riferimento al caso specifico, con indicazione degli
estremi del contratto preliminare stipulato e registrato di cui alla lettera a) e
dei termini di cui alle lettere a) e b);
d) che il contribuente sia tenuto ad affidare in deposito al notaio, con
conseguente annotazione nel Registro delle Somme e dei Valori affidatigli, la
somma che egli sarebbe tenuto a versare all’Erario nei casi di decadenza
dalle agevolazioni o di loro revoca, per capitale, interessi e sanzioni;
e) che le somme in tal modo affidate al notaio siano versate su un conto
corrente bancario a lui intestato ma diverso sia da quello personale che
professionale e di cui sia espressamente prevista la separazione dal resto del
suo patrimonio, con la conseguente impignorabilità ed insensibilità delle
somme ivi depositate alle vicende patrimoniali del notaio stesso;
f) che sia esclusa testualmente l’insorgenza – nei casi di decadenza dalle
agevolazioni in parola – di un privilegio speciale a favore dell’Erario
sull’immobile oggetto dell’atto in relazione al quale la decadenza si verifica.
MOTIVAZIONE
Il concetto di “prima casa” assume, nell’ambito del diritto tributario italiano, un duplice
significato.
Ai fini delle imposte dirette sui redditi e delle imposte indirette che hanno quale
presupposto la permanenza nella titolarità dell’immobile (IMU, TARSU/TARES), il
trattamento fiscale agevolato discende dalla destinazione effettiva dell’immobile ad
abitazione principale del contribuente
Ai fini delle imposte indirette dovute al momento dell’acquisto (IVA o Imposta di Registro,
Imposta Ipotecaria, Imposta Catastale), il regime agevolativo – pur se non presuppone
sempre l’utilizzo diretto dell’immobile da parte del contribuente per la soddisfazione delle
proprie esigenze abitative – mira a premiare gli acquisti di immobili abitativi che non
realizzino finalità speculative, ma che siano finalizzati o al godimento diretto da parte del
contribuente o alla realizzazione di un investimento di lunga durata.
In questa ottica, si spiega la prescrizione di un limite minimo temporale di permanenza
nella titolarità del diritto sull’immobile: il legislatore considera il termine di cinque anni dalla
data dell’acquisto quale indicatore di una “sufficiente stabilità” dell’investimento ai fini della
conservazione, da parte del contribuente, delle agevolazioni fiscali di cui ha goduto in
occasione dell’acquisto.
Risponde alla stessa logica la diversa disciplina prevista in relazione al primo acquisto
agevolato e a quelli successivi che intervengano dopo meno di cinque anni dal primo: il
contribuente che per la prima volta acquista un immobile fruendo delle agevolazioni “prima
casa” non ha l’obbligo di abitarvi personalmente, ma solo di risiedere nello stesso
Comune, di non avere diritti reali di godimento su altri immobili abitativi nello stesso
Comune e di non avere diritti reali di godimento su altri immobili in Italia per i quali abbia
già fruito delle stesse agevolazioni.
Quello stesso contribuente, qualora mantenga il suo diritto sul primo immobile agevolato
per meno di cinque anni, decadrà dalle agevolazioni (e dovrà pagare, oltre alla differenza
di imposta e agli interessi, una sanzione) se non acquisterà entro un anno dalla
alienazione del primo un secondo immobile abitativo con le medesime agevolazioni,
avendo questa volta l’obbligo di adibirlo a propria abitazione principale.
Ancora, il legislatore premia gli acquisti agevolati successivi al primo, riconoscendo al
contribuente - a condizione che il nuovo immobile sia acquistato dopo meno di un anno
dall’alienazione del precedente e sia effettivamente adibito a sua abitazione principale - un
credito di imposta pari all’importo versato in occasione dell’acquisto precedente.
Si può quindi concludere che tutto l’impianto normativo riferito alle agevolazioni riguardanti
le imposte dovute per l’acquisto di immobili abitativi risponda alla ratio di premiare i
contribuenti che compiano tali operazioni senza perseguire finalità speculative e che non
risultino titolari di diritti reali di godimento su una pluralità di immobili abitativi.
La proposta mira ad estendere l’ambito di applicazione delle agevolazioni di cui si tratta
mantenendone invariata la ratio, e rendendo al tempo stesso la disciplina più elastica – a
vantaggio del contribuente “non speculatore” – prendendo atto di alcune gravi criticità
registrate nel mercato immobiliare:
a) le trattative di compravendita sono rese più lunghe e conflittuali a causa della
distanza tra le aspettative di realizzo dei venditori e quelle di spesa degli acquirenti.
L’eccesso di offerta di immobili abitativi che si registra in questo periodo non
determina automaticamente una sensibile diminuzione dei prezzi, a causa della
resistenza da parte dei costruttori di immobili nuovi e dei proprietari di immobili usati
(determinata dagli ingenti investimenti compiuti dagli appartenenti ad entrambe le
categorie in occasione della costruzione o dell’acquisto);
b) l’accesso delle famiglie al credito per l’acquisto della casa di abitazione incontra
molti più ostacoli rispetto al recente passato, a causa della minore disponibilità delle
banche ad erogare finanziamenti se non in presenza di garanzie accessorie che si
aggiungono all’ipoteca sull’immobile acquistato;
c) sono sempre più numerose le famiglie che non riescono ad onorare il rimborso dei
mutui contratti per l’acquisto della casa di abitazione. Il fenomeno si manifesta in
moltissimi casi già nei primi anni dell’ammortamento del mutuo, e quindi prima della
scadenza del termine quinquennale previsto dalla normativa fiscale ai fini della
mancata decadenza dalle agevolazioni.
La proposta consentirebbe di fatto ai contribuenti interessati di fare affidamento su un
periodo di un anno per conseguire i requisiti soggettivi richiesti per la conservazione o per
la fruizione del regime fiscale agevolato, e di sfruttare questo periodo di un anno per
risolvere i problemi connessi alle difficoltà del mercato immobiliare, all’accesso ai
finanziamenti bancari, all’adempimento degli obblighi derivanti da precedenti contratti di
mutuo.
La prescrizione della sottoscrizione e della registrazione di contratto preliminare di
riacquisto (per il caso della mancata decadenza da agevolazioni) e la prescrizione
dell’assunzione espressa dell’obbligo di vendita (per il caso della fruizione delle
agevolazioni) hanno lo scopo di dimostrare in modo documentabile l’assenza di finalità
speculative da parte del contribuente.
La prescrizione del deposito a mani del notaio delle somme che sarebbero dovute in caso
di decadenza dalle agevolazioni o di loro revoca, e la previsione della “securizzazione” di
tali somme attraverso la loro separazione dal restante patrimonio riconducibile al notaio hanno lo scopo di garantire all’Erario – con il coinvolgimento della responsabilità del notaio
depositario - la percezione di tutti i tributi dovuti e di prevenire l’insorgenza di privilegi a
carico degli immobili di cui si tratta come pure di qualsiasi responsabilità solidale in capo
alle controparti contrattuali dei contribuenti interessati.
La proposta conclusiva mira anch’essa ad eliminare un ostacolo che si frappone al
normale funzionamento del mercato immobiliare: in primo luogo, l’insorgenza del privilegio
speciale immobiliare sull’immobile trasferito appare ingiustamente punitivo per
l’acquirente, il quale non può essere considerato responsabile della decadenza del
soggetto alienante dalle agevolazioni di cui aveva fruito in sede di acquisto; in secondo
luogo, è improprio che il debito gravante sull’alienante nei confronti dell’Erario (per
maggiori imposte, sanzioni e interessi) sia assistito da una garanzia reale su un bene che
è uscito dal patrimonio del medesimo debitore in data anteriore all’insorgenza del debito.
A conclusioni diverse, nel senso della conferma dell’insorgenza del privilegio, si deve
giungere nei casi di revoca delle agevolazioni nei confronti dell’acquirente che le abbia
invocate in assenza dei necessari requisiti soggettivi: in queste ipotesi, infatti, l’immobile
entra a far parte del patrimonio del soggetto al quale è imputabile l’insorgenza del debito
erariale.
PROPOSTA N. 3
REGOLARITA’ URBANISTICA DEI FABBRICATI
Federnotai propone una riforma della disciplina relativa alla regolarità urbanistica
dei fabbricati, articolata in quattro punti:
1) armonizzazione tra norme di fonte statale e disposizioni emanate dai diversi
Enti Territoriali competenti, relative alla tipologia di provvedimenti richiesti
per ciascun intervento edilizio;
2) revisione della disciplina dei vizi urbanistici, che consenta di classificarli in
tre categorie: a) vizi che determinano incommerciabilità assoluta del
fabbricato; b) vizi che ne consentono la commerciabilità condizionata alla
sanatoria entro un termine temporale certo, con obbligo di disciplina nell’atto
di trasferimento; c) vizi che consentono la commerciabilità, con obbligo di
menzione nell’atto di trasferimento;
3) legittimazione al compimento dell’atto di conferma di un atto affetto da nullità
sanabile - dovuta cioè alla mancata menzione di un provvedimento abilitativo
comunque sussistente – non solo delle parti del contratto stesso, ma anche
di tutti i successivi aventi causa;
4) potenziamento dei poteri / doveri di controllo posti a carico del notaio,
condizionato alla realizzazione dei punti 1) e 2).
MOTIVAZIONE
La verifica circa la regolarità urbanistica dei fabbricati è gravemente ostacolata dalla
proliferazione di una grande quantità di disposizioni statali e locali sulla materia, spesso
suscettibili di molteplici interpretazioni tra loro contrastanti e prive del necessario
coordinamento.
Il rischio di non rilevare, prima della sottoscrizione dell’atto di trasferimento, le eventuali
irregolarità urbanistiche espone chi aliena l’immobile al rischio di gravi responsabilità e chi
lo acquista al rischio di compiere un investimento incauto e di imbattersi in problemi di
difficile soluzione in occasione della ristrutturazione dell’immobile o della sua successiva
alienazione.
Si ritiene, quindi, che la ripresa del mercato immobiliare in Italia possa essere incentivata
dalla armonizzazione e dalla equiparazione tra le diverse normative statali, regionali e
locali, in modo da conseguire in tutto il territorio italiano la piena uniformità (oggi molto
lontana dal realizzarsi) nel trattamento di fattispecie analoghe. Ciò allo scopo di consentire
a tutti i soggetti coinvolti - Enti Pubblici, imprenditori del settore edilizio, cittadini,
professionisti (inclusi i notai) – di conoscere con certezza quali procedimenti e quali
provvedimenti debbano essere attivati e richiesti per la dare vita a ciascun tipo di
intervento edilizio.
La maggiore chiarezza del quadro normativo incentiverebbe il rispetto dell’obbligo - già
vigente per i geometri e gli architetti, ma non ancora rispettato in modo uniforme in tutto il
territorio – di indicare, in occasione della presentazione di una variazione catastale, gli
estremi del provvedimento edilizio che ha dato origine alla variazione stessa e
permetterebbe di rispettare in modo più consapevole l’obbligo di dichiarare, negli atti di
trasferimento, la conformità della planimetria catastale allo stato di fatto dell’immobile.
La notevole varietà di interpretazione delle norme vigenti, tanto nella elaborazione
dottrinale e giurisprudenziale, quanto nella evoluzione della prassi amministrativa,
determina incertezza in merito alle conseguenze che le irregolarità eventualmente rilevate
a carico di un fabbricato determinano circa l’ammissibilità della sua circolazione.
E’ quindi necessario rafforzare la sicurezza degli atti di trasferimento immobiliare
disciplinando in modo uniformeper tutto il territorio nazionale i vizi che determinano la
assoluta incommerciabilità dei fabbricati, quelli che ne consentono la circolazione a
condizione della loro sanatoria, quelli – infine - che non vincolano in alcun modo la
costituzione e il trasferimento di diritti reali.
Il terzo punto della proposta mira a risolvere un problema che non attiene alla effettiva
regolarità urbanistica dei fabbricati trasferiti, ma alla semplice incompletezza delle
menzioni urbanistiche contenute negli atti traslativi. Nel caso in cui un provvedimento
abilitativo già esistente al momento della stipula non venga indicato nel testo dell’atto,
quest’ultimo è affetto da nullità che può essere sanata attraverso un atto di conferma che,
allo stato attuale, può essere compiuto solo dalle parti dell’atto stesso (o da una di esse
unilateralmente).
Non trattandosi di un caso di nullità dovuta a reale irregolarità urbanistica, bensì di nullità
derivante da un elemento squisitamente formale, legittimare i terzi interessati al
compimento dell’atto di conferma appare comunque rispettoso della ratio che presiede
all’intera normativa in esame e consentirebbe di affrontare con facilità tutti i casi (molto
frequenti nella prassi) nei quali il compimento di tale atto di conferma da parte delle
originarie parti contrattuali (o di una di esse) risulti impossibile a causa del loro decesso,
della loro sopravvenuta distanza geografica, o della grande distanza temporale dalla
sottoscrizione dell’atto viziato.
L’accoglimento e la realizzazione dei primi due punti della proposta consentirebbe ai notai
di esercitare - meglio di quanto avvenga oggi –la loro funzione di adeguamento della
volontà privata all’ordinamento giuridico e dare concreta realizzazione al sopra citato
principio di sussidiarietà.
Nell’esercizio della loro attività professionale, essi sarebbero infatti tenuti non solo ad
impedire l’immissione nel mercato di immobili affetti dai vizi di maggiore gravità, ma anche
a eliminare la sussistenza dei vizi di gravità intermedia e a monitorare la presenza dei vizi
di gravità minore.
La legge 18 febbraio 1985 n. 47 (“Primo Condono Edilizio”) ha previsto per la prima volta
l’obbligo per i notai di inserire negli atti di trasferimento la menzione dei provvedimenti
autorizzativi in forza dei quali un fabbricato sia stato realizzato, consentendo – laddove si
tratti di fabbricati iniziati anteriormente al 1 settembre 1967 e non modificati sulla base di
provvedimenti successivi – di sostituire la menzione con una dichiarazione sostitutiva di
atto notorio che attesti tale circostanza.
Tanto la L. 47 del 1985, quanto le leggi successive che hanno disciplinato le menzioni
urbanistiche da inserire negli atti notarili di trasferimento (in particolare, L. 662/1996 e DPR
380/2001) hanno mantenuto invariata la scelta del legislatore di rimettere la veridicità del
contenuto delle menzioni alla responsabilità della parte alienante.
Cionondimeno, il coinvolgimento del notaio – attraverso il citato obbligo di menzione – è
valso ad assicurare un miglioramento della qualità urbanistica degli immobili oggetto di
circolazione: da un lato, si è ostacolato il commercio di immobili sprovvisti di
provvedimento autorizzativo, come pure degli immobili che presentassero difformità
notevoli rispetto ai progetti autorizzati dai competenti Uffici Comunali; dall’altro, i notai –
nella prassi – sono andati oltre il limite dell’obbligo formale posto a loro carico dalla legge,
provvedendo ad eseguire controlli sul contenuto delle dichiarazioni rese dai soggetti
alienanti.
Questo tipo di “disponibilità” dei notai rappresenta una esplicazione spontanea e molto
significativa del rapporto di sussidiarietà che deve ispirare il rapporto tra lo Stato e una
categoria come il Notariato, chiamata a svolgere su sua delega funzioni pubbliche con
vantaggi per lo Stato medesimo e per la collettività.
Questa attitudine dei notai a prendersi carico di controlli formalmente non affidati a loro dal
legislatore non basta però a superare una evidente contraddizione. L’atto notarile deve
essere in grado di attestare la veridicità del suo contenuto proprio perché proveniente dal
notaio pubblico ufficiale, che se ne assume integralmente la responsabilità; non dovrebbe
quindi avere cittadinanza nel corpo dell’atto notarile alcuna dichiarazione che determini la
responsabilità non del notaio, ma di altri.
Eliminare questa contraddizione appare auspicabile per due importanti ragioni.
In primo luogo, perché l’atto notarile immobiliare deve essere in grado di immettere nel
sistema economico, grazie alla pubblicità nei Registri Immobiliari, dati e informazioni che
siano certi ed affidabili non solo per le parti dell’atto stesso nel momento della sua
sottoscrizione, ma per chiunque e in qualunque tempo.
In secondo luogo, perché malgrado il dettato delle norme attualmente vigenti, è naturale
per gli acquirenti di diritti reali sui fabbricati coltivare pieno affidamento sulla regolarità
urbanistica del bene acquistato in quanto essi “si sono rivolti al notaio”. E’ al notaio, e non
alla controparte contrattuale, che gli acquirenti devono poter attribuire la responsabilità che
fa da sostegno al loro affidamento.
Una modifica normativa che affidi al notaio la responsabilità circa il contenuto delle
menzioni urbanistiche, e non solo circa il loro inserimento nel corpo dell’atto è quindi
fortemente auspicabile: essa è però necessariamente subordinata ad una riforma
complessiva della normativa sulla materia, che permetta al notaio di utilizzare riferimenti e
parametri di valutazione circa la commerciabilità dei fabbricati assolutamente certi e
univoci.
PROPOSTA N. 4
RIFORMA DELLA DISCIPLINA DELLA PRELAZIONE LEGALE “ARTISTICA”
Si propone di riformare la disciplina dei trasferimenti immobiliari contenuta nel T.U.
sulla tutela dei beni di interesse storico – artistico, prevedendo
a) l’offerta in prelazione allo Stato, tramite le Soprintendenze, non dopo la
sottoscrizione dell’atto di trasferimento (che quindi, in base alla normativa
vigente, è sottoposto a condizione sospensiva legale), bensì prima della
sottoscrizione dell’atto di trasferimento, sulla base di un contratto
preliminare, come avviene per la c.d. prelazione agraria, con conseguente
facilitazione nella disciplina dei pagamenti – soprattutto nelle pratiche
collegate a mutuo;
b) l’abrogazione del divieto di consegna fino ad accertamento del mancato
esercizio della prelazione;
c) la creazione da parte del Notariato, a supporto delle Soprintendenze, di un
“registro dei beni di interesse”.
MOTIVAZIONE
Le riforme proposte mirano alla soddisfazione di più esigenze.
In primo luogo, semplificherebbero e renderebbero più sicuroil traffico giuridico degli
immobili vincolati:
a) esonerando gli acquirenti da ogni rischio, sia pur minimo, connesso al pagamento
di somme nell'attesa del perfezionamento dell'atto sottoposto a condizione
sospensiva legale;
b) eliminando i problemi connessi alla immissione degli acquirenti stessi nel possesso
e nel materiale godimento degli immobili stessi e alla conseguente distribuzione tra
le parti degli oneri di manutenzione dell’immobile.
In secondo luogo, favorirebbero la certezza nelle procedure urbanistiche-edilizie in caso di
lavori da eseguirsi su tali immobili, dal momento chela natura del vincolo e l'immobile che
ne è oggetto sarebbero definiti in modo chiaro, con indicazione di dati catastali aggiornati.
In terzo luogo, consentirebbero di avere chiarezza su quali tipi di vincolo diano diritto alla
prelazione da parte del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e quali tipi di vincolo
creino in capo al venditore un mero obbligo di comunicazione.
Allo stesso modo, si chiarirebbe se tutti gli atti di alienazione a titolo oneroso di immobili
vincolati rendano applicabili detti diritti ed obblighi, o se –come sarebbe preferibile - ne
vengano escluse le alienazioni onerose di diritti reali parziari (usufrutto, nuda proprietà,
quote frazionate).
Ancora, si potrebbe stabilire con certezza se le regole previste dalla normativa vigente in
materia riguardino solo il trasferimento di interi fabbricati o anche, come oggi, il
trasferimento di singole porzioni degli stessi.
Infine, permetterebbero di conseguire notevoli vantaggi per la Pubblica Amministrazione e
per i cittadini: si eviterebbero le richieste circa la sussistenza o meno dei vincoli nei casi di
vetustà dell’immobile di proprietà di enti non lucrativi; si eviterebbe la necessità di
trascrivere il provvedimento che origina il vincolo; si eviterebbero le incertezze originate
dalla mancata ispezione di trascrizioni di vincoli molto risalenti nel tempo.
PROPOSTA N. 5
ACCERTAMENTO DELLA SUSSISTENZA
E MODIFICA DELLA DISCIPLINA DEI C.D. USI CIVICI:
Si propone:
a) la creazione da parte del Notariato, di concerto con i Comuni e gli Uffici del
Territorio, di un “registro degli usi civici”;
b) di introdurre una radicale semplificazione della disciplina degli usi civici,
attraverso la chiara definizione normativa: i) dei casi in cui devono essere
rispettati e non consentono il trasferimento / la costituzione del diritto reale
immobiliare; ii) dei casi in cui possono essere superati attraverso un
procedimento di “affrancazione onerosa”; iii) dei casi in cui possono essere
considerati superati e quindi eliminati dagli archivi ove siano pubblicizzati e
documentati.
Motivazione:
La creazione del registro degli usi civici porterebbe indubbi vantaggi alla Pubblica
Amministrazione e ai cittadini, i quali eviterebbero le faticose (e a volte di fatto impossibili)
indagini circa la loro sussistenza o meno. Allo stesso modo, si eviterebbero le incertezze
relative alla loro permanenza nel tempo, che deve considerarsi esclusa ove sia venuta
meno, in concreto, la ratio che era loro sottesa all’origine.
La prospettata riforma del regime degli usi civici comporterebbe una serie di benefici, tutti
attinenti alla certezza del diritto ed alla semplificazione in una materia ai più oscura e non
di facile accertamento.
Sarebbe favorita la certezza del diritto di proprietà, superando le difficoltà derivanti dal
fatto che in molti casi i titoli da cui discendono gli usi civici sono molto risalenti nel tempo e
non sono quindi rinvenibili nell’ambito di una ispezione eseguita al fine di ricostruire la
storia dell’immobile negli ultimi venti anni.
Si fornirebbero informazioni chiare e affidabili agli stessi proprietari, i quali spesso sono
inconsapevoli del fatto che i loro terreni siano gravati da usi civici.
Si potrebbero prevedere pagamenti di facile determinazione, certi e di importo contenuto,
a carico di coloro che intendono affrancare i loro suoli, anche indipendentemente dalla
volontà di alienarli; ciò consentirebbe, tra l’altro, lo sblocco di numerose domande di
concessione edilizia in sanatoria, a tutt'oggi in sospeso in attesa di svincolo degli usi civici,
con conseguente introito di somme per gli Enti locali.
Questi ultimi, poi, potrebbero incassare – in considerazione dell’elevato numero di
situazioni giuridiche suscettibili di affrancazione – ingenti somme, in considerazione del
fatto che in molti casi gli usi civici (largamente diffusi in tutto il territorio nazionale) risultano
ignoti alle stesse Pubbliche Amministrazioni.
La riforma della disciplina degli usi civili costituirebbe una importante occasione di lavoro
per periti demaniali, geometri e architetti; semplificherebbe e l’attività dei notai i quali
potrebbero completare con maggiore celerità l’istruzione delle loro pratiche garantendo
agli acquirenti la libertà degli immobili da vincoli di uso civico.
Infine, agevolerebbe l’attività degli Uffici Tecnici comunali in sede di rilascio di permessi di
costruire e di titoli abilitativi in sanatoria e semplificherebbe il compito dei cittadini in
occasione di presentazione di DIA o documenti assimilabili, non dovendo più attendere, in
presenza di simili vincoli, pareri favorevoli da parte delle Autorità preposte.
PARTE SECONDA
SEMPLIFICAZIONI
IN MATERIA DI DIRITTO SOCIETARIO
PROPOSTAN. 6
SEMPLIFICAZIONE DELLA PROCEDURA PREVISTA PER L’EFFICACIA DELL’ATTO
COSTITUTIVO DELLE SOCIETA’ DI CAPITALI E DELLE RELATIVE MODIFICHE
La normativa vigente affida al notaio il controllo di legalità relativo all’atto
costitutivo delle società di capitali e alle decisioni dei soci che vi apportano
modifiche: l’esito positivo del controllo di legalità è sancito dal notaio con la
sottoscrizione da parte sua dell’atto costitutivo o del verbale della decisione dei
soci e con la trasmissione telematica all’Ufficio del Registro delle Imprese delle
relative copie conformi digitali.
L’invio telematico eseguito da parte del notaio ha lo stesso significato che, fino al
2000, si attribuiva all’emissione da parte del Tribunale del decreto di omologazione
recante l’ordine di iscrizione nel Registro delle Imprese; il controllo affidato
all’Ufficio del Registro delle Imprese attiene invece alla sussistenza dei requisiti
formali di validità e di iscrivibilità.
Alla luce di quanto sopra, si propone:
a) di modificare le norme attualmente in vigore in modo che la società si
consideri costituita e la modifica statutaria si consideri efficace a far data dal
giorno dell’invio telematico eseguito dal notaio all’indirizzo dell’Ufficio del
Registro delle Imprese, e non dal giorno della iscrizione nel Registro
medesimo;
b) di prevedere che chiunque consulti il Registro delle Imprese sia in grado di
venire a conoscenza dei depositi telematici eseguiti da parte dei notai aventi
ad oggetto gli atti costitutivi delle società di capitali e le relative modifiche
statutarie;
c) di verificare la sussistenza o meno - anche in considerazione delle norme
emanate dall’Unione Europea e alla luce dell’esame comparatistico della
disciplina vigente in altri Paesi dell’Unione – delle condizioni per prevedere
che la società si consideri costituita e la modifica statutaria si consideri
efficace dal momento della stipula per atto notarile dell’atto costitutivo o del
verbale della decisione dei soci;
d) di porre a carico del notaio la responsabilità per l’ottenimento dell’iscrizione
nel Registro;
e) in considerazione del fatto che - nel caso dell’atto costitutivo - il controllo di
legalità da parte del notaio deve necessariamente essere eseguito e
completato al momento della sottoscrizione dell’atto stesso, si propone di
abbreviare da 20 giorni a 10 giorni il termine entro il quale il notaio è tenuto, a
norma dell’art. 2330 Codice Civile, ad eseguire il deposito telematico del
medesimo atto costitutivo
MOTIVAZIONE
Stabilire che la data di riferimento per la costituzione di una società di capitali o per
l’efficacia di una sua modifica statutaria sia rappresentata non più dalla data dell’iscrizione
nel Registro delle Imprese, ma dalla data del deposito telematico – o addirittura dal
momento della sottoscrizione dell’atto costitutivo o del verbale davanti al notaio - significa
anticipare il conseguimento del risultato rappresentato dall’efficacia dell’atto o della
delibera modificativa, facendo sì che l’intero iter si perfezioni attraverso una fase
procedurale in meno, con la conseguenza di consentire all’Italia il recupero di posizioni
nell’ambito delleclassifiche internazionali relative alla facilità di avviamento di nuove
imprese (tra le quali, in particolare, la classifica “Doing Business”).
Inoltre, consentirebbe di conseguire una consistente diminuzione dei tempi oggi impiegati
per il completamento dei procedimenti in parola; il tutto senza far venire meno in alcun
modo la pienezza del controllo di legalità e, anzi, aggravando la responsabilità del notaio
in relazione alla sussistenza dei requisiti richiesti per l’iscrizione nel Registro delle
Imprese.
PROPOSTA N. 7
SEMPLIFICAZIONE DELLE MODALITA’ DI ESECUZIONE DEI CONFERIMENTI IN
SEDE DI COSTITUZIONE DELLE SOCIETA’ DI CAPITALI
La previsione normativa secondo cui i conferimenti in denaro al capitale delle
società di capitalidi nuova costituzione devono essere depositati presso un istituto
di credito – per la totalità (nel caso di società unipersonali) o per almeno il 25% (nel
caso di società pluripersonali) – prima della sottoscrizione dell’atto costitutivo
impone un passaggio burocratico che manifesta i suoi svantaggi soprattutto in
considerazione delle difficoltà e delle lunghe attese che le stesse società neocostituite incontrano una volta iscritte nel Registro delle Imprese, per il
trasferimento di quegli stessi fondi dai conti correnti “di transito” sui quali sono
stati depositati ai conti correnti operativi.
E’ un adempimento che può essere evitato senza rinunciare in alcun modo al
rispetto delle norme poste a tutela della effettività del capitale sociale iniziale.
Si propone:
a) di riformare le norme di cui si tratta prevedendo che i conferimenti in denaro
debbano essere consegnati, prima della sottoscrizione dell’atto costitutivo o
contestualmente allo stesso, a mani del notaio rogante, con conseguente
annotazione nel Registro delle Somme e dei Valori affidatigli;
b) che le somme come sopra affidate al notaio siano da questi versate su
depositi in conto corrente a lui intestati ma diversi dai suoi depositi personali
come pure da quelli utilizzati per l’attività professionale, sancendo la
separazione di tali depositi dal restante patrimonio facente capo al notaio, la
loro impignorabilità e la loro totale insensibilità rispetto alle vicende
patrimoniali che riguardano il notaio stesso;
c) che il notaio, entro tre giorni lavorativi dalla data in cui - su sua richiesta – sia
stata eseguita la pubblicità nel Registro delle Imprese con cui si conclude il
procedimento di costituzione della società, provveda alla restituzione dei
conferimenti affidatigli a mani del legale rappresentante della società stessa.
MOTIVAZIONE
La costituzione delle società di capitali richiede il versamento, prima della sottoscrizione
dell’atto costitutivo, del capitale sociale:
- per il suo intero ammontare nel caso delle società unipersonali;
- nella misura di almeno il 25% per le società pluripersonali.
Senza entrare nel merito della ratio di tale previsione normativa, la proposta mira alla
semplificazione dell’iter che conduce alla costituzione e alla piena operatività delle nuove
società di capitali.
L’obbligo del preventivo deposito in un conto corrente bancario “di transito” costituisce,
nella prassi attuale, un ostacolo procedurale di non poco conto:
a) prima della firma dell’atto costitutivo, in quanto costringe i soggetti interessati ad
eseguire un adempimento a sé stante, con conseguente dispendio di tempo e
appesantimento burocratico, a cui si aggiungono le frequenti imprecisioni che si
registrano nella compilazione della relativa modulistica, che spesso rendono
necessaria la ripetizione della procedura stessa;
b) dopo l’iscrizione della società nel Registro delle Imprese, a causa delle difficoltà
operative frequentemente incontrate dai legali rappresentanti per realizzare il
trasferimento delle somme pre-depositate dal conto corrente transitorio al conto
corrente ordinario con il quale la società opererà nell’esercizio della propria attività.
La gestione da parte del notaio delle attività relative al deposito del capitale prima della
firma dell’atto costitutivo e allo svincolo di tale deposito una volta completato – con la
pubblicità nel Registro delle Imprese - l’iter costitutivo della società consente di rispettare
pienamente tutte le norme poste a tutela della integrità del capitale sociale e di conseguire
un notevolissimo risparmio in termini di efficienza della procedura e di tempo, consentendo
alle nuove società di essere operative – con riferimento all’utilizzo delle proprie risorse
finanziarie – subito dopo l’acquisto della personalità giuridica.
PARTE TERZA
SEMPLIFICAZIONE AMMINISTRATIVA
PROPOSTA N. 8
SEMPLIFICAZIONE DELL’ACCESSO AI DATI E DOCUMENTI DELL’ANAGRAFE E
DELLE PROCEDURE RELATIVE AL LORO AGGIORNAMENTO
Si propone di, al fine di facilitare il reperimento di dati e documenti da parte dei
cittadini e delle imprese, e di ridurre i costi sostenuti dalla Pubblica
Amministrazione, di adottare misure normative che determinino:
1) il collegamento tra studi notarili e Uffici dell’Anagrafe;
a) l’accesso telematico alla consultazione dei documenti da parte del notaio e
all’estrazione di certificati ed estratti
b) l’obbligo per il notaio di aggiornare e rettificare eventuali dati modificati
rispetto alle risultanze dello Stato Civile: es. annotazione diretta da parte del
notaio delle convenzioni matrimoniali; es. trasferimenti di residenza
(risparmio per la P.A.)
MOTIVAZIONE:
La tenuta, l'affidabilità e l'aggiornamento immediato dei Registri Pubblici è da sempre un
elemento fondamentale della funzione notarile.
Permettendo al notaio di accedere direttamente ai Registri dello Stato Civile si
realizzerebbero due importanti risultati.
In primo luogo,chi fruisce del servizio notarile godrebbe di una sicura semplificazione con
riferimento all'obbligo di procurare al notaio la documentazione attestante gli esatti dati
anagrafici risultanti dall'atto di nascita, lo stato civile e – per i soggetti coniugati - il regime
patrimoniale.
Si tratta di documenti che in molti casi il cittadino fatica a reperire, soprattutto nei casi in
cui sia necessario, per ottenerli, rivolgersi ad un Comune diverso da quello di residenza.
Le difficoltà possono aumentare per i cittadini che abbiano vissuto un elevato numero di
situazioni (trasferimenti di residenza, matrimoni, separazioni personali e/o divorzi, ecc.) tali
da incidere sulle risultanze dei Registri dello Stato Civile.
A ciò si aggiungano le lentezze burocratiche e la difficoltà della Pubblica Amministrazione
nel rilascio dei certificati o estratti più complessi.
La possibilità per i notai di accedere alle banche dati di tutte le Amministrazioni Comunali
(o quanto meno di quelle con il maggior numero di abitanti), attraverso la stipula di
convenzioni a livello nazionale o locale, rappresenterebbe indubbiamente una
semplificazione per il cittadino e consentirebbe al notaio di prestare la sua opera in tempi
più brevi con risultati più certi.
Questa possibilità di accesso consentirebbe inoltre al notaio di confrontare e incrociare i
dati anagrafici riscontrati allo scopo di poter più facilmente ricostruire i rapporti di parentela
e di matrimonio esistenti, con evidenti vantaggi per la corretta gestione delle pratiche
successorie.
In secondo luogo, attribuendo al notaio il compito di inserire i propri nei Registri dello Stato
Civile garantendone l’aggiornamento e l’affidabilità si otterrebbero ingenti risparmi per la
Pubblica Amministrazione, che verrebbe alleggerita di una parte consistente del proprio
carico di lavoro, e si favorirebbe la certezza dei diritti, ovviando alle attuali inefficienze
organizzative che, in molti casi, determinano la mancata o la ritardata pubblicità (con la
conseguente inefficacia per i terzi) di atti di grande rilevanza.