cinquanta sfumature di momot vado di corsa

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cinquanta sfumature di momot vado di corsa
VADO DI CORSA
CINQUANTA SFUMATURE
DI MOMOT
25 MAGGIO 201525 MAGGIO 2015 / DEB3008
(https://vadodicorsa.files.wordpress.com/2015/05/corsa-inmontagna.jpeg)
Ci sono gare che svuotano e gare che invece sono una sferzata
di energia, di quella che ti accompagna per giorni, che fatichi a
contenere, che trapela dall’espressione beata. La MoMot per me
è stata del secondo tipo. Difficile dormire stanotte, troppe
endorfine in circolo. Anche adesso scrivo perché almeno mi
obbligo a stare ferma, altrimenti sarei stata capace di uscire a
correre e non è il caso oggi dopo quasi 33km di trail running. Il
corpo ha bisogno di tirare il fiato.
La Monza-Montevecchia non è iniziata e finita il giorno della
gara. E’ cominciata mesi fa con una semplice frase del mio
compagno di corse Alessandro: “Facciamo insieme la MoMot?” la
mia risposta è stata sì, senza sapere esattamente di cosa si
trattasse. Non avevo mai corso trail, non avevo mai corso in
coppia, non avevo idea di cosa mi potesse aspettare in quei
33km su sentieri brianzoli che non conoscevo. Ma continuo a
pensare che correre è correre, che sia su asfalto su sterrato o in
pista, che siano 5000m 21km o 42km, e correre mi piace. Se
riesco a farlo su asfalto perché non dovrei farlo su prati e
sentieri? Se ne corro 42km su strada perché non dovrei correrne
33km in natura? Alla faccia degli allenamenti specifici, della
preparazione mirata, io semplicemente corro, dove mi capita, al
ritmo che riesco ad avere, nelle condizioni che trovo. Per i
runner convinti è inammissibile, ai loro occhi sono una parvenue
della corsa.
Un paio di collinari, qualche giro in Montagnetta ed eccomi alla
partenza della MoMot. Che non è una corsa come le altre ci si
accorge subito. Il groppo in gola inizia con le note dell’inno di
Mameli che volenti o nolenti tocca tutti, anche i meno
patriottici. Il presentatore dice i nomi dei componenti di ogni
coppia, ognuno ha il suo momento di gloria. Lo start è
direttamente sulla scalinata della Villa Reale e dopo un breve
passaggio interno e fra i meandri della Villa eccoci nel parco di
Monza. Spettacolari a prescindere: la villa, i parco, è tutto
perfetto.
Chilometro dopo chilometro ti accorgi che la corsa è solo
pretesto, la verità è che stai facendo un’esperienza di vita
fortissima. Correre con un compagno è difficile: bisogna
sintonizzare il passo, il respiro, la percezione della fatica, ma
ognuno è unico e irripetibile anche nella corsa per cui tutto
questo richiede impegno e costanza. Correre con un compagno
è bellissimo: è un alternarsi continuo, uno sprona l’altro, se si
arriva alla fine di una gara come questa si deve dire grazie al
proprio compagno perché sicuramente c’è stato in momento in
cui la sua presenza al tuo fianco ha fatto la differenza, ti ha
permesso di andare avanti, ti ha alleggerito la fatica, non ti ha
fatto accorgere dei chilometri già corsi e quelli che devono
ancora venire tutto sommato non sembrano poi così tanti.
Nella vita si sa, ci sono salite e discese, anche molto ripide,
anche quando meno te lo aspetti, ma trovare il modo per andare
avanti è sempre la soluzione migliore rispetto a quella di
voltarsi e tornare indietro. Se ti giri e torni sui tuoi passi,
rivedrai le stesse cose che hai già visto, chissà invece cosa ci sarà
in cima a quella salita? Si può anche camminare, non si arriva
solo di corsa al traguardo, l’importante è continuare ad andare
avanti e arrivare, passo dopo passo.
I passi non saranno sempre su terreni stabili. Capiterà di
mettere il piede male, di doversi appoggiare su un sasso
instabile, ci si troverà in mezzo a un torrente e tutto sommato si
capirà che non è poi così male correre o camminare con l’acqua
che arriva alle caviglie e anche oltre, perché se è vero che con le
scarpe inzuppate è più difficile muoversi, anche vero che
quell’acqua fresca è un toccasana per gli arti stanchi.
Il fango sporca, è melmoso, fa scivolare, ma dopo le prime
reticenze, se vinci la paura di sporcati e di portare i segni che
ogni esperienza vissuta lascia sulla pelle, si supera senza
problemi. Anzi diventa divertente ripensarci.
Lungo la strada ti accorgi di quanta forza dà ricevere un
complimento, il tifo di volti sconosciuti, il sorriso di chi ti offre
un bicchiere d’acqua proprio quando hai sete o della frutta
quando ti sembra di non aver abbastanza energia per
procedere. Quei volti di cui non conosci il nome che ti
applaudono e incoraggiano sono ancora più potenti di
qualunque integratore energetico.
Poco prima del ristoro Beta, quello che precede la cronoscalata,
il momento più duro della MoMot, ecco che quei volti a
maggior ragione fanno la differenza, perché di fronte a un
guado dove l’acqua ti arriva quasi alla vita, di passarci in mezzo
proprio non te la senti, ma se qualcuno ti porge la mano, ti
sorride come se niente fosse e ti dice “Dai che ce la fai!”, lo fai
eccome, per te, per chi ti incoraggia, per il tuo compagno di
corsa, per tutti quei volti solidali, perché capisci che arrivare al
traguardo richiede di superare alcune prove e tu al traguardo
vuoi davvero arrivare, con tutto te stesso.
Alla fine di una lunga e ripida scalata, inizia la discesa e a quel
punto chi ti ferma più? Non stai correndo, stai giocando come
facevi da bambino, quando il pericolo di una caduta non lo
percepivi, l’idea di farti male non ti sfiorava nemmeno e ti
precipitavi a rotta di collo ridendo per tutta la discesa, volando
e saltando fino in fondo. Un’esperienza del genere va vissuta,
non fosse altro per quei momenti in cui torni bambino e
riassapori il brivido della libertà che deriva da una sana
incoscienza.
L’arrivo può solo essere mano nella mano con il tuo compagno
di avventura e un abbraccio che dice più di mille parole
sancisce un’amicizia che durerà ben oltre quel traguardo. Ti
asciughi il sudore, sorridi e sai che già stai pensando alla
prossima avventura…
Dalle mie parole si capisce quanto questa gara mi abbia colpita.
Voglio complimentarmi con l’organizzazione, perfetta sotto
tutti i punti di vista; con chi ci ha incoraggiati lungo il percorso,
ci avete dato molto più di quel che pensate; con chi era ai ristori,
la vostra accoglienza è stato il miglior recovery meal che
potessimo avere; all’uomo che mi ha dato la mano quando mi
ha vista titubante di fronte al guado prima del ristoro Beta, per
un attimo ho davvero pensato di non farcela; alle altre coppie in
gara che hanno avuto uno sguardo, una parola o un saluto
complice in una situazione in cui ci si sentiva tutti accumunati
dallo stesso impegno; agli sponsor che ci hanno permesso, fra
l’altro, di ricevere un pacco gara che sembrava il sacco di Babbo
Natale pieno di regali; al mio compagno di corsa che è un
continuo stimolo a fare di più e meglio; a chi legge questo blog
e nelle gare si presenta di persona (Stefano, parlo proprio di te),
perché se c’è un merito nello scrivere di corsa è quello di
permettermi di consolidare amicizie e conoscenze che nascono
virtualmente attraverso il web e poi diventano reali.
Debora Bionda – www.vadodicorsa.wordpress.com
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