Enteroscopia con capsula

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Enteroscopia con capsula
Introduzione
Con l’introduzione dell’enteroscopia con capsula,
nel 2001, si è aperto un nuovo e importante capitolo nello studio delle patologie a carico del piccolo
intestino (1). Tale organo veniva considerato, fino
a qualche anno fa, di difficile valutazione, sia per
ragioni legate all’anatomia (in particolare per la lunghezza e per la distanza dagli orifizi esterni), che
per ragioni fisiologiche (come la vivace attività peristaltica).
L’enteroscopia con capsula, oggi divenuta strumento indispensabile nella pratica clinica quotidiana, si
è mostrata, sin dalle prime applicazioni sperimentali, estremamente efficace ed accurata nell’identificazione di alterazioni, anche minime, della mucosa
del piccolo intestino. Per tale motivo, nel corso degli
anni, si è assistito ad una crescita esponenziale sia
del numero di esami eseguiti che delle indicazioni
RL
Federica Villa
Emanuele Rondonotti
Roberto de Franchis
U.O.C. Gastroenterologia 3
Università degli Studi di Milano
IRCCS Fondazione Policlinico
Mangiagalli e Regina Elena
di Milano
Revisione della Letteratura
> rassegna biennale
Grazie all’elevato potenziale
diagnostico dell’enteroscopia
con capsula a fianco delle applicazioni
ormai codificate, sono emersi
recentemente nuovi dati riguardanti
differenti indicazioni come le sindromi
poliposiche, l’anemia in assenza di
sanguinamento gastrointestinale,
il dolore addominale e particolari
neoplasie. Parallelamente
si è assistito a una notevole
evoluzione tecnologica che ha portato
alla commercializzazione
di nuovi modelli di capsula
e allo sviluppo di futuristici prototipi.
cliniche. Contemporaneamente, i dati ricavati da
studi clinici su popolazioni sempre più ampie hanno
confermato la superiorità di questa tecnica rispetto
alle indagini tradizionalmente impiegate per lo studio del piccolo intestino. Le caratteristiche peculiari di questa metodica (scarsa invasività, facilità di
esecuzione ma soprattutto possibilità di valutare
tutto il tenue) la rendono, comunque, lo strumento
di prima scelta nella valutazione del tenue anche in
un contesto clinico, come quello attuale, in cui si
affacciano sempre più frequentemente nuove tecniche endoscopiche (come ad es. l’enteroscopia
a doppio o singolo pallone). Infatti, queste nuove
tecniche sono considerate complementari all’enteroscopia con videocapsula..
Se analizziamo la letteratura prodotta sull’argomento dal 2001 ad oggi, appare evidente come, in
realtà, la maggior parte degli studi effettuati si sia
concentrata su un numero relativamente ristretto
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Enteroscopia con capsula:
nuove applicazioni
cliniche e nuovi sviluppi
tecnologici
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RL
Revisione della Letteratura
> rassegna biennale
Federica Villa et al > Enteroscopia con capsula: applicazioni cliniche, sviluppi tecnologici
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di indicazioni cliniche. Tra le indicazioni codificate
recentemente dalle società scientifiche, vi sono, infatti, solamente il sanguinamento gastrointestinale
d’origine oscura, le malattie infiammatorie croniche
intestinali (in particolare il sospetto di malattia di
Crohn), le neoplasie del piccolo intestino e la malattia celiaca refrattaria (2-5).
Negli ultimi anni però, grazie soprattutto all’elevato
potenziale diagnostico ed alla scarsa invasività della
metodica (6), accanto a queste applicazioni codificate, sono comparse nuove segnalazioni riguardanti il possibile impiego dell’enteroscopia con capsula
in patologie meno frequenti.
Nei prossimi paragrafi analizzeremo le evidenze scientifiche sin qui prodotte riguardo all’uso
dell’enteroscopia con capsula in quelle che vengono considerate le indicazioni cliniche “emergenti”.
Ci occuperemo inoltre di illustrare i più significativi miglioramenti tecnologici di questa tecnica che,
sebbene relativamente recente, ha già compiuto un
percorso di innovazione tecnologica molto lungo.
Daremo infine uno sguardo alle innovazioni ancora
in fase di studio, per certi versi futuribili più che reali,
che amplieranno, verosimilmente ancora di più nel
prossimo futuro, il campo d’applicazione dell’enteroscopia con capsula.
Nuove indicazioni cliniche
Dolore addominale
I pazienti affetti da dolore addominale cronico spesso rappresentano un vero e proprio dilemma diagnostico e vengono sottoposti ad un numero elevato di accertamenti anche invasivi. Per tale ragione
l’enteroscopia con capsula è stata proposta come
strumento ideale, una volta escluse patologie a carico del tratto digerente superiore ed inferiore, per
escludere la presenza di potenziali patologie del tenue. In realtà gli studi condotti in pazienti con dolore addominale cronico, in assenza di altri sintomi
di accompagnamento o di alterazioni significative
dei parametri ematochimici, hanno dimostrato una
scarsa utilità dell’enteroscopia con capsula, che risulta negativa in oltre l’80-85% dei casi. Viceversa
colpisce come, nel 10-15% dei pazienti con dolore
addominale, le alterazioni evidenziate dalla capsula
possano essere estremamente importanti (ad esempio stenosi infiammatorie serrate o neoplasie) (7,8).
È quindi emersa in maniera rilevante la necessità di
identificare dei criteri atti a determinare quale sottogruppo di pazienti affetti da dolore addominale andasse sottoposto all’enteroscopia con capsula. Lo
studio multicentrico europeo condotto da May et al
(9) ha dimostrato che la presenza di almeno un sintomo d’allarme (calo ponderale importante, alterazione degli indici infiammatori agli esami di laboratorio
o anemia cronica) associato al dolore addominale
cronico aumenta di circa 3 volte la probabilità di riscontrare lesioni nel tenue. In questi pazienti la resa
diagnostica dell’enteroscopia con capsula raggiunge
quasi il 60%, diventando molto simile a quella osservata nei soggetti sottoposti all’esame per sanguinamento gastrointestinale di origine oscura.
Melanoma
primitivo e metastatico
Le neoplasie del piccolo intestino rappresentano Le
neoplasie del piccolo intestino rappresentano circa
l’1-3% di tutti i tumori gastrointestinali, tuttavia, con
l’avvento dell’enteroscopia con capsula, tale percentuale ha raggiunto, in alcuni studi, il 6-9% (10).
Il tenue è inoltre, anche se raramente, sede di possibile localizzazione di metastasi di altre neoplasie;
fra queste la più frequente (fino al 75% dei casi) è
rappresentata dal melanoma maligno (11). Il melanoma è una neoplasia altamente aggressiva con
una spiccata propensione ad invadere i tessuti vicini,
qualunque sia l’organo adiacente. Una delle sedi più
comunemente colpite da metastasi è proprio il tratto
gastroenterico, e, in particolare, il piccolo intestino
(12). Attualmente, lo screening per l’identificazione di
melanoma o di metastasi nel piccolo intestino viene
eseguito mediante TC o PET, ma entrambe queste
metodiche si sono dimostrate molto sensibili ma poco accurate per ciò che riguarda la localizzazione
precisa delle lesioni (13,14).
In letteratura sono, ad oggi, pochi i lavori in cui si affronta l’utilizzo dell’enteroscopia con capsula in questo ambito, tuttavia questa tecnica potrebbe essere
una valida alternativa alle metodiche attualmente in
uso. Infatti, le metastasi da melanoma a livello del
piccolo intestino sono spesso lesioni polipoidi, ulcerate, che portano ad un sanguinamento di origine
oscura. Proprio per tale motivo, l’enteroscopia con
capsula potrebbe rappresentare l’esame di scelta
non solo per l’identificazione della fonte del sanguinamento ma anche per determinare l’estensione e la
numerosità di tali lesioni.
Rimangono tuttavia ancora aperti i problemi legati
alla tempistica dell’eventuale esecuzione dell’enteroscopia: non è ancora chiaro infatti quando effettuare
l’esame (se in caso di comparsa di sanguinamento
gastroenterico o di anemia, se al momento della diagnosi, in quale punto del follow-up) e a che intervallo
di tempo eventualmente ripetere la procedura per
effettuare un accurato programma di identificazione
precoce delle lesioni.
RL
Anemia sideropenica
(senza evidenza di sanguinamento
dal tratto gastroenterico)
I pazienti con anemia sideropenica, anche in assenza
di evidenza di sanguinamento dal tratto gastroenterico (ad esempio in caso di negatività della ricerca del
sangue occulto fecale), vengono spesso sottoposti,
nell’iter diagnostico, all’esecuzione di accertamenti
endoscopici. In particolare, nei casi in cui non si evidenzino lesioni a carico dell’apparato digerente superiore o inferiore, le linee guida esistenti suggeriscono
un periodo di osservazione clinica e contemporanea
supplementazione marziale (15). Recentemente alcuni
autori hanno indagato il possibile impiego dell’enteroscopia con capsula in questo particolare sottogruppo
di pazienti con risultati sorprendenti. Apostolopoulus
et al hanno riportano infatti che la resa diagnostica
dell’enteroscopia nei pazienti con anemia sideropenica isolata (57%) è molto vicina a quella osservata nei
pazienti con sanguinamento gastrointestinale di origine oscura così come lo spettro delle lesioni osservate
a carico del tenue (16). Tali risultati, sebbene interessanti, vanno interpretati con cautela, in quanto si tratta
di un singolo lavoro, monocentrico, che raccoglie un
numero non elevato di pazienti.
La poliposi adenomatosa familiare
e la sindrome di Peutz-Jeghers
In realtà, la possibilità di applicare l’enteroscopia
con capsula nelle sindromi poliposiche risale quasi
all’inizio dell’uso di questa tecnologia, ma, soprattutto a causa della rarità di questi pazienti, la maggior parte degli studi sperimentali in questo settore
risale agli ultimi 2-3 anni. In particolare sia la poliposi adenomatosa familiare (FAP) che la sindrome di
Peutz-Jeghers (PJS) sono caratterizzate dalla presenza di polipi a livello del tenue (17,19); i pazienti
affetti da tali malattie hanno un rischio elevato di
sviluppare neoplasie maligne (nel caso della FAP)
(B)
e complicanze
anche gravi quali il sanguinamento,
l’anemia e l’occlusione intestinale (soprattutto nel
caso della PJS) (20-22). In entrambe queste sindromi poliposiche è raccomandata la sorveglianza
endoscopica.
Mentre la gastroscopia e la colonscopia sono procedure ormai ben standardizzate, la metodica migliore
e gli intervalli di tempo a cui eseguire la sorveglianza
del piccolo intestino sono ancora da determinare.
E’ stato tuttavia ampiamente dimostrato come la
videocapsula, per lo studio del tenue, sia più accurata rispetto agli esami radiologici tradizionali quali
transito seriato e clisma del tenue (6). Il principale
vantaggio dell’utilizzo dell’enteroscopia con capsula
è legato sia alla capacità di esaminare potenzialmen-
te tutto il tenue, evitando l’esposizione a radiazioni,
sia alla sua minima invasività, che porta il paziente
ad avere una maggiore aderenza al programma di
sorveglianza. Sebbene tale metodica possa rappresentare la tecnica ideale per lo studio in questa tipologia di pazienti, gli stessi Autori ne rilevano alcune
limitazioni, legate alla stima delle dimensioni e della
localizzazione dei polipi, in particolare se comparata con altre metodiche come ad esempio l’enteroRMN (23). Rimane inoltre un secondo importante
problema che riguarda il timing del programma di
sorveglianza. Attualmente, nei pazienti affetti d a
PJS, viene suggerita l’esecuzione dell’enteroscopia
con capsula alla diagnosi e successivamente ogni
2-3 anni, oppure nei pazienti che presentino anemia o dolore addominale (24,25), mentre nei pazienti affetti da FAP vi sono dati discordanti (26). È
stato infatti osservato che nella FAP, se la capsula
endoscopica si è dimostrata sicura e utile nella sorveglianza dei polipi digiuno-ileali, non si è mostrata
altrettanto efficace nella sorveglianza dei polipi del
duodeno che degenerano a neoplasia maligna molto più frequentemente. Tale limitazione è legata al
rapido passaggio della capsula attraverso il duodeno prossimale, cosa che può impedire un’adeguata
valutazione della zona periampollare.
Iaquinto et al (27) hanno però dimostrato come
l’enteroscopia con capsula possa essere utilizzata
per la sorveglianza dei pazienti con FAP adeguatamente selezionati sulla base della mutazione del
gene APC. In questo studio è stato infatti osservato
come la mutazione APC sia associata all’assenza
di polipi a livello di digiuno e ileo e come, proprio
in questo tipo di pazienti, la capsula endoscopica
abbia dimostrato di essere sicura ed accurata per la
sorveglianza dei polipi del tenue medio e distale.
Le sindromi poliposiche potrebbero quindi divenire
una nuova applicazione dell’enteroscopia con capsula nel prossimo futuro, ma è necessario effettuare ulteriori studi per determinarne il ruolo effettivo.
In particolare, l’associazione dell’enteroscopia con
capsula con l’enteroscopia a doppio pallone potrebbe costituire un ideale approccio diagnosticoterapeutico in questo tipo di pazienti (28).
Sviluppi tecnologici
Nuove capsule
Dal 2001 a oggi sono stati messi a punto nuovi e differenti modelli di capsula endoscopica, mentre i dispositivi già esistenti sono stati altamente perfezionati
e aggiornati. Sebbene tutti questi sistemi abbiano elementi in comune (la capsula deglutibile, un sistema di
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registrazione esterna, un sistema di visione di immagini in tempo reale e un software dedicato) vi sono
alcune differenze tecniche.
Attualmente le capsule disponibili in commercio sono:
• PillCam SB® (Given Imaging, Yoqneam,
Israele)
• Endocapsule® (Olympus Medical Systems,
Tokyo, Giappone)
• Mirocam® (Intromedic Co LTD, Seoul,
Korea)
• OMOM® (Jianshan Science and
Technology Group Co, Chongquing, Cina).
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La PillCam SB® è stata la prima capsula prodotta e
distribuita sul mercato mondiale. La maggior parte
degli studi attualmente disponibili in letteratura, riguardanti l’enteroscopia con capsula, sono stati eseguiti utilizzando tale dispositivo. Sin dalla sua introduzione è stata sottoposta a continui aggiornamenti,
e nel 2007, è stata sostituita dalla PillCam SB2®.
Rispetto alla capsula di prima generazione, questa è
dotata di un angolo di visione maggiore (156°) che
consente la visualizzazione di una superficie più ampia di mucosa intestinale (29). La PillCam SB2® è in
grado di ottenere 4 immagini al secondo ed è dotata
di un sistema per il controllo automatico dell’illuminazione, in modo da garantire una perfetta visione
sia a distanza ravvicinata che in profondità, nel lume
intestinale. È inoltre dotata di un’autonomia di registrazione di circa 8-9 ore.
L’Endocapsule® Olympus, è molto simile, per forma
e dimensioni alla PillCam SB2®, ma consentirebbe
di ottenere immagini molto più dettagliate, grazie
all’elevato numero di pixel per immagine. Questo
tipo di capsula endoscopica è dotata di batterie a
lunga durata, che consentono una registrazione di
circa 10 ore.
La capsula Mirocam® si differenzia dai dispositivi sopradescritti principalmente per le dimensioni, infatti,
è al momento la capsula più piccola in commercio.
Ha un’autonomia di registrazione di circa 11 ore, ed
è in grado di catturare 3 immagini al secondo (30).
Una caratteristica unica nel suo genere è la modalità di trasmissione dei dati al registratore: la capsula
possiede due elettrodi interni che inviano, tramite segnali a radiofrequenza, i dati ad un elettrodo singolo
che viene applicato sulla cute (Human Body Communication transmission technology).
La capsula OMOM® è la più grande tra le varie videocapsule per lo studio del piccolo intestino, ed è in
grado di acquisire immagini ad elevato numero di pixel (31). Tuttavia la qualità dell’immagine non è molto
dettagliata a causa di un ridotto angolo di visione e
dell’assenza di un controllo automatico d’illuminazione. La OMOM® è l’unica capsula endoscopica nel
quale sia possibile modificare il numero di immagini
da acquisire durante la registrazione, in tempo reale.
Anch’essa è dotata di batterie con un’autonomia di
circa 10 ore.
Attualmente sono disponibili in letteratura solo 2 studi di comparazione tra la Pillcam SB1® e l’Endocapsule® che dimostrano una sostanziale equivalenza
dei due sistemi, soprattutto in termini di resa diagnostica, anche se la qualità delle immagini ottenute con
la seconda sembra superiore (32,33).
Nuove frontiere
dell’enteroscopia con capsula
L’introduzione di dispositivi wireless, in grado di navigare lungo il piccolo intestino, ha non solo rivoluzionato le metodiche di studio di tale organo, ma ha
anche aperto nuove frontiere nell’ambito delle cosiddette “capsule terapeutiche”, che possono veicolare
farmaci, ed inoltre ha aperto la via per la creazione
di capsule che possano registrare dati sull’ambiente
circostante (come ad esempio il pH, la temperatura,
la motilità…) o muoversi autonomamente attraverso
il tratto gastroenterico.
Lo sviluppo di un dispositivo in grado di veicolare
terapia potrebbe consentire il rilascio del farmaco in
prossimità delle lesioni, consentendo l’utilizzo di dosi
minori e, di conseguenza, provocando ridotti effetti
collaterali.
Recentemente sono state testate due capsule di
questo genere: la capsula IntelliSite (Innovative device, LLC, Raleigh North Carolina USA) già testata per
il trasporto di ranitidina, teofillina e furosemide, e la
capsula Enterion (Phaeton Research & Pharmaceutical Profiles, Nottingham UK), in grado di veicolare
1 ml di qualsiasi tipo di farmaco nel tratto gastroenterico (34).
Per quanto riguarda la rilevazione del pH è attualmente disponibile in commercio una capsula (BRAVO ® Given Imaging, Yoqueneam, Israel) che necessita di essere ancorata all’esofago mediante un
apposito applicatore. Recentemente Johannessen et
al (35) hanno descritto una capsula in grado di analizzare l’ambiente circostante muovendosi attraverso
il sistema digestivo. La capsula è dotata di un’autonomia di 24 ore e, attraverso un sensore, è in grado
di prelevare campioni di fluidi corporei, rilevando dati
sulla temperatura, pH e concentrazione di ossigeno.
Attualmente, tutte le capsule procedono attraverso
il tratto gastroenterico sospinte passivamente dalla
peristalsi. Sono in via di sviluppo capsule dotate di
dispositivi di locomozione, (ad esempio micro-uncini
che fungono da “zampe” o capsule in grado di spostarsi grazie ad un’elettrostimolazione che provoca
una contrazione locale della muscolatura del canale
alimentare). Recentemente è stato messo a punto
un metodo di locomozione applicabile alle capsule
RL
endoscopiche già in uso; vengono posizionati magneti cilindrici sulla capsula endoscopica che può
essere mossa dall’esterno attraverso un magnete
più grande (36).
L’IMC (Intelligent Microsystem Center), di Seoul, in
collaborazione con la Scuola Superiore Sant’Anna di
Pisa ha lanciato il progetto EMILOC (Endoscopic Microcapsule LOcomotion and Control) per sviluppare
una capsula wireless robotica, in grado di muoversi
autonomamente nel tratto gastroenterico. Questa
capsula è dotata di un set di mini-zampe, di cui è
possibile variare estensione e orientamento, che permette un fine controllo della traiettoria sia nel piccolo
intestino che nel colon, modulando inoltre, la velocità
di locomozione (37).
Infine, l’RF system Lab, (Giappone) ha presentato
la capsula Sayaka® che sarebbe dotata di camera
rotante, il cui scopo è quello di ottenere immagini
anche di superfici normalmente non visualizzate del
tratto gastroenterico.
Tutti questi nuovi progetti sono ancora in fase di sviluppo ed è impossibile predire il loro futuro utilizzo
nella pratica clinica. Alcuni prototipi sono stati testati
su modelli animali, ma attualmente nessuno di questi
è distribuito per l’utilizzo nell’uomo.
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11.
12.
13.
14.
15.
Corrispondenza
Federica Villa
U.O.C. Gastroenterologia 3
IRCCS Fondazione Policlinico
Mangiagalli e Regina Elena
Via Sforza 35 - 20122 Milano
Tel. + 39 02 55035332
Fax + 39 02 55035271
e-mail: [email protected]
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