l`osservatore romano

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l`osservatore romano
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L’OSSERVATORE ROMANO
POLITICO RELIGIOSO
GIORNALE QUOTIDIANO
Non praevalebunt
Unicuique suum
Anno CLIII n. 185 (46.429)
Città del Vaticano
lunedì-martedì 12-13 agosto 2013
.
All’Angelus il Papa ricorda che l’amore di Dio dà senso alla vita
Alla vigilia della ripresa dei negoziati diretti
Il vero tesoro dell’uomo
Tra israeliani e palestinesi
nuove tensioni
ma anche gesti distensivi
Ai fratelli musulmani l’invito a promuovere il reciproco rispetto
«Il cristiano è uno che porta dentro
di sé un desiderio grande, un desiderio profondo: quello di incontrarsi
con il suo Signore insieme ai fratelli,
ai compagni di strada». Lo ha ricordato Papa Francesco all’Angelus
dell’11 agosto, in piazza San Pietro,
prendendo spunto dal brano del vangelo di Luca proposto dalla liturgia
della diciannovesima domenica del
tempo ordinario.
Per il Pontefice il desiderio dell’incontro con Cristo tiene sveglio lo spirito del credente, evitando il pericolo
di «un cuore chiuso, un cuore addormentato, un cuore anestetizzato per
le cose della vita». Così si comprende
che il vero «tesoro» dell’uomo, la
realtà «più importante» e «più preziosa», è l’amore di Dio che «dà senso ai piccoli impegni quotidiani» e
aiuta «ad affrontare le grandi prove».
Significative, in questa luce, le parole che il Papa ha voluto rivolgere ai
musulmani — chiamandoli «nostri
fratelli» — al termine della preghiera
mariana. Riprendendo quanto scritto
nel messaggio autografo inviato nei
giorni scorsi per la conclusione del
Ramadan, il Santo Padre ha ribadito
l’auspicio che «cristiani e musulmani
si impegnino per promuovere il rispetto reciproco».
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Ancora sbarchi sulle coste italiane mentre in Grecia scoppia una rivolta in un centro accoglienza
L’Europa s’interroga sulla tragedia degli immigrati
BRUXELLES, 12. L’Europa s’interroga
sulla questione immigrazione dopo
gli ultimi, tragici sbarchi sulle coste
italiane. Il portavoce della Sala
Stampa della Santa Sede, il gesuita
Federico Lombardi, ha riferito che
Papa Francesco segue «con grande
preoccupazione» queste vicende.
«La questione dei migranti — ha
spiegato Lombardi — è sempre tra
quelle in cima ai suoi pensieri: questo lo ha abbondantemente dimostrato col suo viaggio a Lampedusa,
il primo del suo pontificato». Lombardi ha poi ribadito che su questi
temi «c’è stato il messaggio del Papa
per i migranti, poi il viaggio a Lampedusa, e si tratta di un monito che
deve essere presente a tutti noi e an-
che ai responsabili, a chi insomma
deve prendere decisioni su come affrontare questi problemi».
L’allerta, intanto, resta altissima:
ieri mattina ottanta migranti sono
giunti a Monasterace, nella Locride,
a bordo di un barcone che si è arenato sulla battigia e capovolto. Nessuno è rimasto ferito: la maggior
parte è stata rintracciata dai carabinieri. Sono quasi tutti egiziani. E
dall’Egitto venivano anche i sei naufraghi — tutti giovani tra i 17 e i 27
anni — morti annegati sabato sul litorale catanese. Tensione anche in
Grecia: una rivolta è esplosa nel centro di Amygdaleza, vicino ad Atene,
con 1.200 immigrati soprattutto asiatici in attesa di rimpatrio, tenuti sot-
to sorveglianza dalla polizia. La
struttura è stata data parzialmente
alle fiamme dai rivoltosi. Dieci migranti fuggiti sono attualmente ricercati dalla polizia.
In seguito alla tragedia di Catania, Palazzo Chigi ha tenuto a precisare che l’Italia è impegnata al massimo sull’immigrazione e sull’accoglienza, ma dall’Unione europea deve arrivare un cambio di passo. Il tema è all’ordine del giorno anche al
Parlamento Ue.
Il presidente del Consiglio italiano, Enrico Letta, ha chiarito che
«l’Italia non ha mai fatto mancare
l’accoglienza ma pretende che
l’Unione europea affronti con un altro passo questo tema, non più affrontabile con modalità casuali».
Letta ha quindi espresso il suo dolore per gli immigrati morti sulle
spiagge di Catania e ha ribadito che
«l’Italia è un Paese accogliente, come dimostra anche il fatto che una
settimana fa abbiamo accolto i migranti respinti da Malta». Tuttavia,
ha aggiunto, il fenomeno dell’immigrazione «è tragicamente strutturale
e serve un approccio diverso e infatti
— ha annunciato — dieci giorni fa
con il premier greco Samaras abbiamo deciso, in vista dei semestri di
presidenza greco e italiano, di porre
il cambio di passo sulle politiche migratorie come punto centrale». Il
nostro Paese, ha infine sottolineato,
«fa la sua parte ma non si può affrontare in modo occasionale e senza
una strategia europea di lungo periodo».
Sulla stessa linea l’intervento del
ministro degli Esteri italiano, Emma
Bonino, secondo la quale «quello
che vediamo sulla coste italiane è
conseguenza dell’esodo disperato,
perché si mettono insieme due fenomeni: chi fugge dalla guerra e chi
fugge dalla povertà». Sogno o illusione che sia — ha spiegato il titolare
della Farnesina — la cosa peggiore è
che «queste persone rischiano di finire nelle mani di veri e propri venditori di illusioni o di morte».
TEL AVIV, 12. Nuove tensioni, lega- i giornalisti dopo un colloquio con
te all’annuncio di altri insediamenti il ministro degli Esteri tedesco,
israeliani nei Territori palestinesi Guido Westerwelle, in visita a Geoccupati, ma anche gesti distensivi rusalemme.
Il portavoce del Governo palestisi sono alternati durante il fine settimana nella complessa vicenda nese, Ihab Bassiso, ha parlato di
israelo-palestinese.
Il
Governo forte preoccupazione per la mossa
israeliano ha approvato ieri il rila- israeliana «nel bel mezzo della riscio, entro 48 ore, dei primi 26 dei presa dei colloqui di pace». Bassiso
104 prigionieri come parte delle ha ricordato come siano contrari
concessioni per la ripresa dei nego- alla politica israeliana degli inseziati di pace diretti con i palestine- diamenti anche gli Stati Uniti e
si, che avranno una seconda torna- l’Unione europea. L’inviato di Wata mercoledì a Gerusalemme. I 26 shington, Martin Indyk, aveva fat— tutti reclusi da prima degli accordi di
Oslo, ossia da oltre
vent’anni — saranno
scarcerati come previsto martedì 13. Quattordici saranno liberati
nella Striscia di Gaza,
controllata dal giugno
del 2007 da Hamas, e
gli altri in Cisgiordania. Il comitato che ha
deciso i nomi era composto
dai
ministri
Tzipi Livni, che è anche capo negoziatore
ai colloqui con i palestinesi, Yaakov Peri,
Moshe
Yaalon
e
Yitzhak Aharonovich.
Era invece assente il
primo ministro BenjaUn ebreo ultraortodosso nell’insediamento di Beitar Elit (Afp)
min Netanyahu, in
convalescenza
dopo
un’operazione per la rimozione di to visita ieri a Ramallah al leader
un’ernia.
palestinese Abu Mazen proprio per
Poche ore prima della decisione, parlare del prossimo round negoperò, il ministro dell’Edilizia israe- ziale, prima di spostarsi a Gerusaliano, Uri Ariel, del partito nazio- lemme e incontrare il presidente
nalista Focolare ebraico, aveva an- israeliano, Shimon Peres.
nunciato la costruzione di altre
Nel frattempo si è registrato ieri
1.200 unità abitative a Gerusalem- un ennesimo incidente, con il ferime est e in Cisgiordania, suscitan- mento di un ragazzo palestinese, al
do l’ira dei palestinesi, ma anche confine tra Israele e Striscia di Gacritiche di alcune forze politiche
za. Il ragazzo è stato colpito alle
israeliane. Perplessità e dissensi sogambe e a una mano da proiettili
no stati espressi non solo dalla sinistra israeliana, ma anche da uno sparati da soldati israeliani. Secondei principali esponenti della com- do una portavoce dell’esercito
ponente minoritaria centrista del israeliano citata dal «Jerusalem
Governo, il ministro delle Finanze, Post», un gruppo di palestinesi si
Yair Lapid, che ha parlato di «ba- erano avvicinati alla barriera del
stone tra le ruote della pace». La confine e avevano lanciato pietre
stessa Tzipi Livni, secondo quanto contro i soldati israeliani e incoriferito dalle agenzie di stampa in- minciato a danneggiare la struttura,
ternazionali, è sembrata in imba- ignorando i colpi d’avvertimento
razzo sulla questione, incontrando sparati in aria.
I fiorentini descritti nel predestinato bestseller
fanno colazione con olive al forno e lampredotto
L’ultimo Dan Brown?
Sembra copiato da una guida turistica
SILVIA GUIDI
Studi confermano che il vibrione fu portato dai caschi blu nepalesi
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Il colera uccide da mille giorni ad Haiti
Migranti tratti in salvo nel porto di Siracusa (Ansa)
PORT-AU-PRINCE, 12. Da mille giorni il colera continua a uccidere ad
Haiti. L’epidemia scoppiò a fine ottobre 2010, nove mesi dopo il devastante terremoto del 10 gennaio, che
provocò oltre duecentomila vittime.
Né l’azione sanitaria delle autorità
locali, né quella della comunità internazionale hanno finora ottenuto
il risultato di sconfiggere il vibrione. Questo ha provocato 650.000
contagi e 8.100 decessi, gli ultimi
ancora questo mese, mentre dall’inizio del 2013 i morti sono 184 morti
e i nuovi casi 18.000.
Quello del colera è per l’Onu —
garante di un processo di ricostruzione segnato da profondi ritardi
nonostante gli impegni presi a suo
tempo dalla comunità internazionale — uno dei temi più spinosi della
questione haitiana. Uno studio pubblicato in questi giorni dall’universi-
tà statunitense di Yale ha confermato che a portare il vibrione, di un
tipo fino ad allora sconosciuto nei
Caraibi, erano stati caschi blu nepalesi della Minustah, la missione di
stabilizzazione delle Nazioni Unite
presente dal 2004 ad Haiti. Già il
Center for Disease Control and Prevention di Atlanta aveva accertato
che il colera si era propagato della
base della Minustah a Mirebalais,
sul fiume Artibonite, le cui acque
erano state veicolo della massiccia e
veloce diffusione della malattia. Finora, peraltro, l’Onu non ha mai
ammesso la sua responsabilità, ritenendo impossibile determinare con
precisione l’origine dell’epidemia e
di recente ha respinto di nuovo una
richiesta di risarcimento dichiarandola irricevibile in base alla Convenzione sui privilegi e le immunità
dell’O nu.
Assistenza a un malato di colera ad Haiti
A PAGINA
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lunedì-martedì 12-13 agosto 2013
In un rapporto per l’Fmi il dubbio che Atene riesca a conformarsi ai parametri richiesti dalla troika
In settimana i risultati del ballottaggio tra Keïta e Cissé
La Bundesbank e gli aiuti alla Grecia
Il Mali ha scelto
il nuovo presidente
ATENE, 12. In un rapporto anticipato
da «Der Spiegel», la Bundesbank
sostiene che presto la Grecia avrà bisogno «in ogni caso» di nuovi aiuti,
al più tardi entro la primavera del
2014. Si tratta di un rapporto che
l’istituto guidato da Jens Weidmann
ha preparato per il Fondo monetario
internazionale (Fmi) e per il Governo, e nel quale — rilevano gli analisti
— emergono critiche, sebbene indirette, alle scelte dell’Esecutivo. La
Banca centrale tedesca definisce «insufficienti» gli sforzi compiuti di recente dal Governo ellenico ed esprime «forti dubbi» sulla possibilità
che riesca a fare gli aggiustamenti
promessi all’Unione europea e
all’Fmi in cambio degli aiuti. Per la
Bundesbank, inoltre, il via libera
della troika (Unione europea, Fondo
monetario internazionale, Banca centrale europea) alla più recente tranche di aiuti da 5,7 miliardi di euro
sarebbe avvenuta «per motivi politici». E sui progressi fatti dalla Grecia
sulla via del risanamento finanziario
e sulle riforme, riconosciuti in primo
luogo dal ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schäuble, la
Bundesbank è fredda e notifica: «Ne
prendiamo atto».
Ricordano gli osservatori che prima delle elezioni del 22 settembre
per il rinnovo del Parlamento, il Governo di Angela Merkel ha intenzione di evitare qualsiasi discussione su
eventuali piani di salvataggio ulteriori della Grecia o sul taglio del debito chiesto a più riprese dal Fondo
monetario internazionale. La scorsa
Guardie presidenziali di fronte al palazzo del Parlamento greco (La Presse/Ap)
settimana il primo ministro greco,
Antonis Samaras, è stato ricevuto alla Casa Bianca da Barack Obama.
Nell’occasione il presidente statunitense ha sottolineato la necessità che
la Grecia riesca a ritrovare il sentiero
della crescita. «Siamo consapevoli di
quello che la Grecia ha passato» ha
detto il capo della Casa Bianca al
termine dell’incontro. Per Obama «è
importante avere un piano di risana-
Difficoltà
per il settore
energetico
tedesco
Ma la produzione industriale è in calo
Ottimismo di Moscovici
sulla ripresa francese
BERLINO, 12. La nuova centrale
eolica di Borkum, in Germania,
non produce energia: la consuma.
È un paradosso nell’industria
energetica tedesca, una sorta di
“lacuna” nello sviluppo del Paese.
Le trenta turbine che compongono l’impianto bevono 22.000 litri
di gasolio al mese e non c’è un sistema di alimentazione alternativo
perché la centrale non è collegata
alla terra. Dovrebbe fornire elettricità a 120.000 case, ma il ritrovamento di munizioni risalenti alle due guerre mondiali nel tratto
di mare che la separa dalla costa
ha bloccato l’installazione dei cavi che permetteranno di distribuire l’energia prodotta. «Questi ritardi — spiega la manager del
progetto, Irina Lucke — ci appaiono incomprensibili». Come
riferisce «Euronews», i tedeschi se
la prendono con la compagnia
olandese incaricata di collegare
l’impianto alla costa, ma il problema è recuperare i fondi per far
fronte all’aumento dei costi. Inoltre, manca un collettore di energia sulla terra.
Il ministro delle Finanze francese, Pierre Moscovici (Afp)
PARIGI, 12. La Francia è uscita dalla recessione e la crescita sta mettendo radici: sono improntate
all’ottimismo le affermazioni del
ministro delle Finanze francese,
Pierre Moscovici, citato dall’agenzia Bloomberg. Il ministro ha detto
che l’economia francese è cresciuta
nel secondo trimestre. Nello stesso
tempo Moscovici ha tenuto a precisare di non aver mai rivisto al ribasso le previsioni di crescita per il
2013, come invece avevano riferito
alcune agenzie di stampa.
Moscovici ha affermato che «tutto fa pensare che il 2014 sarà il primo anno di crescita vera da tre anni». La prossima settimana l’Istituto nazionale di statistica pubblicherà le stime di crescita del secondo
trimestre e questa settimana la
Banca centrale francese ha stimato
che il pil crescerà nel terzo trimestre dello 0,1 per cento rispetto allo
stesso periodo del 2012. Dal canto
suo il Fondo monetario internazionale prevede per l’economia francese una contrazione nel 2013 dello
0,2 per cento e una crescita dello
0,8 per cento nel 2014.
Contrastano, tuttavia con l’ottimismo del ministro delle Finanze
francese i dati, di giugno, sulla
produzione industriale, i quali fanno registrare un calo dell’1,4 per
cento rispetto a maggio. Stime che
hanno spiazzato gli analisti, che invece si attendevano un più 0,1 per
cento. La contrazione è stata determinata in particolare dalla frenata
dei beni alimentari e dei prodotti
agricoli, insieme a quella dell’energia e dell’estrazione mineraria. È
da ricordare che la disoccupazione
si aggira attorno all’11 per cento.
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mento fiscale per gestire il debito,
ma è importante che ci sia attenzione anche alla crescita e all’occupazione».
Le affermazioni del presidente statunitense, in linea con il pensiero
espresso più volte dal Fondo monetario internazionale, hanno indotto il
ministero delle Finanze brasiliano a
commentare l’incontro fra Obama e
Samaras esprimendo nuovamente
Intesa sul gasdotto
tra Italia e Azerbaigian
ROMA, 12. «L’energia è importante
per l’Italia perché paghiamo costi
troppo alti. Serve una situazione
nuova ed è per questo che sono
venuto qui e sono molto contento
per l’intesa sul gasdotto»: queste
le parole del presidente del Consiglio italiano, Enrico Letta, al termine dell’incontro con il presidente dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev,
ieri, domenica, nel corso di una visita nel Paese asiatico. Letta ha
espresso soddisfazione per l’accordo con la Repubblica azera, perché il gasdotto Tap (Trans Adriatic Pipeline) raggiungerà anche
l’Italia. «Per la prima volta — ha
spiegato il presidente del Consiglio — è venuto qua un presidente
del Consiglio italiano e questa è la
dimostrazione di quanto sia im-
direttore responsabile
TIPO GRAFIA VATICANA
EDITRICE L’OSSERVATORE ROMANO
Carlo Di Cicco
don Sergio Pellini S.D.B.
vicedirettore
caporedattore
Gaetano Vallini
segretario di redazione
direttore generale
Sudan senza pace
KHARTOUM, 12. Catastrofi naturali e
persistenti violenze si sommano
nell’aggravare la condizione delle
popolazioni sudanesi. La radio pubblica Omdurman ha riferito ieri di
36 morti accertati nelle inondazioni
che hanno colpito il Paese negli ultimi dieci giorni, in particolare nello
Stato del Nilo, dove sono distrutte
oltre cinquemila abitazioni. Secondo
fonti delle Nazioni Unite, le persone
coinvolte nel disastro sono oltre centomila. Le inondazioni hanno fatto
seguito alle piogge torrenziali incominciate il primo agosto e che venerdì 9 si sono abbattute anche sulla
capitale Khartoum, per fortuna senza causare vittime, ma solo pesanti
difficoltà ai residenti.
Sempre ieri, dalla tormentata regione occidentale del Darfur è giun-
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ricordare come dopo due anni che
hanno mutato profondamente la situazione del Paese sia tutt’altro che
facile fare previsioni basate sui rapporti di forza del passato e definire
l’effettivo peso politico sia dell’Rpm, sia dell’Urd, sia dell’Adéma, come del resto di tutte le altre
formazioni. In ogni caso, gli sforzi
profusi per organizzare queste elezioni non cancellano i dubbi di
molti osservatori sulla loro effettiva
rappresentatività della volontà degli elettori. Non si è infatti potuto
consegnare il certificato elettorale a
un’altissima percentuale di cittadini, compresi quelli rifugiati nei
Paesi confinanti.
Le elezioni dovrebbero in teoria
mettere fine alla transizione e riunificare il Paese dopo un’insurrezione
armata, un colpo di Stato militare
e oltre diciotto mesi di conflitto
nelle regioni del nord. Proprio per
questo sono state fortemente volute
da diversi soggetti interni e internazionali, a partire dall’Onu, dalla
Comunità economica degli Stati
dell’Africa occidentale e dalla Francia, che in Mali ha condotto
un’operazione militare e appunto
mantiene tuttora truppe, nonostante che se ne prevedesse il ritiro già
da aprile. Diversi osservatori, tuttavia, nutrono forti dubbi sia sulla
possibilità di raggiungere lo scopo,
sia, più in generale, sul contenimento di una crisi per la quale l’intervento armato francese e i successivi dispiegamenti prima di una
forza dell’Ecowas e poi di una missione dell’Onu, appunto la Minusma, sono stati finora tutt’altro che
risolutivi.
La questione riguarda soprattutto il nord, tutt’altro che pacificato,
malgrado il silenzio calato sulle
operazioni militari. Ma più in generale è l’intera popolazione maliana, come tutte quelle del Sahel, a
restare in condizioni drammatiche,
rese ancora più difficili da un quinquennio di crisi figlia della speculazione finanziaria ma poi degenerata in un’impoverimento reale che
proprio nel sud del mondo ha avuto le conseguenze più pesanti.
Devastanti inondazioni nel nord e scontri sempre più sanguinosi nel Darfur
portante l’accordo sulla Tap non
solo per il futuro dell’Italia, ma
anche per l’Unione europea». Al
centro del colloquio con il presidente azero ci sono stati anche i
rapporti commerciali tra Italia e
Azerbaigian, considerati fondamentali in un momento tanto difficile per l’economia europea. «È
importante — ha affermato Letta —
allargare lo scambio commerciale e
farlo crescere per aumentare il livello dei rapporti economici». In
autunno verrà a Baku una delegazione congiunta Confindustria-Ance «per collaborare — ha reso noto
il presidente del Consiglio — e
creare un nuovo inizio nel livello
dei rapporti economici tra Italia e
Azerbaigian».
GIOVANNI MARIA VIAN
Piero Di Domenicantonio
dubbi sulle strategie europee di aggiustamento imposte ai Paesi che si
trovano nelle condizioni della Grecia. «Credo che questi programmi
siano eccessivi» ha detto in un’intervista al «Financial Times» il rappresentante brasiliano all’Fmi, Nogueira
Batista, che si è astenuto sul voto
per approvare la quota da 1,8 miliardi di aiuti ad Atene garantiti
dall’Fmi.
Segnala intanto il sito Euronews
che tra le sfide che la Grecia si trova
ad affrontare figura quella del rilancio degli investimenti stranieri, che
tanto hanno risentito della crisi. A
frenare gli investitori, secondo Harry
Kyriazis, dirigente della Federazione
delle imprese greche, hanno contribuito anche i cavilli burocratici. E al
riguardo parla chiaro. «Gli investitori stranieri non vengono in Grecia a
causa della burocrazia» dichiara
Kyriazis, citato da Euronews. E aggiunge: «Per iniziare un’attività occorrono molte licenze, il prezzo di
questa burocrazia incide dal 7 al 16
per cento del costo totale dell’investimento».
BAMAKO, 12. Si sono svolte nella
calma e senza incidenti di rilievo le
operazioni di voto in Mali, dove
ieri si è tenuto il ballottaggio per la
presidenza. A contendersi la guida
del Paese l’ex primo ministro
Ibrahim Boubacar Keïta, candidato
dal Raggruppamento per il Mali
(Rpm) risultato il più votato al primo turno del 28 luglio con il 39,24
per cento delle preferenze, e l’ex
ministro delle Finanze Soumalia
Cissé, dell’Unione per la Repubblica e la democrazia (Urd), che aveva avuto il 19,44 per cento. Anche
nelle città del nord, come Gao,
Timbuctu e Kidal, pur segnate da
persistenti violenze, il voto si è
svolto nella piena normalità sotto
gli occhi attenti di centinaia di osservatori locali e internazionali e
un imponente servizio di sicurezza
coordinato dall’esercito governativo, dai caschi blu della Minusma e
dai soldati francesi ancora presenti
nella regione.
Si ignora ancora la percentuale
di quanti tra i 14 milioni di elettori
maliani si siano recati nei 21.000
seggi approntati nel Paese. La giornata di voto è stata caratterizzata
dalla forte pioggia che si è abbattuta su diverse regioni del sud e in
particolare su quella di Bamako, e
che, stando alla stampa locale, ha
diminuito l’affluenza dei votanti rispetto al primo turno quando erano stati il 48,98 per cento.
Lo scrutinio è in corso dalle 19
di ieri, poco dopo la chiusura dei
seggi. In base alle legge maliana, il
ministero dell’Amministrazione territoriale ha cinque giorni di tempo
per pubblicare i risultati provvisori.
Secondo la stampa nazionale, comunque, già per metà settimana
sono attesi i dati definitivi. La gran
parte degli osservatori, comunque,
prevedono la vittoria di Keïta, per
il quale si erano schierati la quasi
totalità degli altri candidati sconfitti al primo turno. Per Cissé si era
invece pronunciato Dramane Dembélé, il grande sconfitto al primo
turno, che era stato candidato
dell’Alleanza per la democrazia in
Mali (Adéma), finora il principale
partito del Paese. C’è comunque da
Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998
[email protected] www.photo.va
ta notizia di scontri tra comunità
contrapposte che hanno provocato
non meno di cento morti. A darsi
battaglia sono stati gruppi armati
delle comunità dei rizagait e dei màliya, nell’area di Adila. «Abbiamo
ucciso settanta dei loro, trenta dei
nostri mancano all’appello e altri
settanta sono rimasti feriti», ha detto
all’agenzia cinese Xinhua una fonte
dei rizagait, aggiungendo che la tensione rimane alta e gli scontri potrebbero riprendere da un momento
all’altro. Non è chiaro quale sia il
motivo del conflitto, anche se spesso
gli scontri tribali in quest’area sono
legati a dispute sui pascoli e l’acqua.
A questo tipo di violenze si aggiungono quelle della ripresa del
conflitto civile che si protrae da oltre
dieci anni tra il Governo di Khar-
toum e i ribelli insorti nel febbraio
del 2003 e che secondo l’Onu ha
provocato, soprattutto nei primi anni, piu di trecentomila morti e due
milioni e mezzo di profughi, tra rifugiati all’estero e sfollati interni.
Sempre secondo l’Onu, nel solo periodo tra gennaio e maggio di quest’anno la ripresa delle violenze ha
causato altri trecentomila profughi.
Sugli ultimi mesi non si hanno ancora dati certi, ma la situazione è comunque peggiorata. Anche nel fine
settimana scorso ci sono stati numerosi morti in scontri tra combattenti
arabi, tradizionalmente vicini al Governo di Khartoum, e della popolazione locale dei fur, quella che dà il
nome alla regione (Darfur significa
appunto terra dei fur).
Una famiglia in un campo profughi sudanese (Reuters)
Tariffe di abbonamento
Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198
Europa: € 410; $ 605
Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665
America Nord, Oceania: € 500; $ 740
Ufficio diffusione: telefono 06 698 99470, fax 06 698 82818,
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Ufficio abbonamenti (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480,
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Romano Ruosi, vicedirettore generale
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Credito Valtellinese
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Violenze
segnano in Iraq
la conclusione
del ramadan
Il Governo si prepara a sgomberare i sit-in nelle piazze del Cairo ma i Fratelli musulmani lanciano un appello alla mobilitazione
BAGHDAD, 12. Sangue, in Iraq,
sulla fine del ramadan. Solo a Baghdad, nella giornata di sabato,
sono deflagrate undici vetture cariche di esplosivo, provocando oltre ottanta morti. Più di 150 i feriti. Gli attentati dinamitardi hanno
avuto luogo in mercati affollati,
situati in quartieri abitati prevalentemente da sciiti. Gli attacchi
sono stati poi rivendicati dallo
Stato islamico di Iraq, cellula locale di Al Qaeda. Sangue anche
fuori Baghdad. Un attentatore
suicida si è fatto saltare in aria
nella città di Tuz Khurmato: dieci
persone sono morte e più di quaranta sono rimaste ferite. Due
vetture sono poi esplose a Nassiriya: il bilancio è di quattro morti
e otto feriti.
Luglio, con più di mille morti,
è stato il mese più sanguinoso dal
2008. Le violenze hanno imperversato in varie zone del Paese: lo stillicidio di attacchi e imboscate è stato senza tregua. Ma
il mese di agosto non è cominciato sotto auspici migliori. E sempre Baghdad è stata teatro di
stragi. Quella di sabato ha suscitato la condanna degli Stati Uniti, i quali attraverso il dipartimento di Stato, come riferisce l’agenzia Agi, hanno affermato che gli
attentati sono stati compiuti da
«nemici dell’Islam». Intanto, segnala la France Presse, cresce il
malcontento tra la popolazione
irachena, che lamenta «l’incapacità» delle autorità di far cessare le
violenze, con il loro pesante bilancio di vittime. Da mesi, infatti,
il ridestarsi delle mai sopite rivalità tra sciiti e sunniti sta provocando un dilagare di violenze, a detrimento della sicurezza e della
stabilità del territorio.
Muro contro muro in Egitto
Sostenitori dell’ex presidente Mursi al Cairo (La Presse/Ap)
IL CAIRO, 12. Clima incandescente in Egitto:
l’esercito ha dato l’ultimatum ai manifestanti proMursi per l’abbandono delle piazze. I Fratelli
musulmani, dal canto loro, non hanno alcuna intenzione di fare passi indietro. La polizia attende
soltanto l’ordine per avviare lo sgombero dei dimostranti. Il ministero degli Interni ritiene che
«ogni opzione è possibile» per sgomberare i due
principali sit-in in corso dal 3 luglio, giorno della
deposizione di Mursi, nelle piazze di Rabaa alAdawiya e di al-Nahda al Cairo. Il timore è che
l’azione per sgomberare le piazze possa portare a
un ulteriore spargimento di sangue. Secondo una
fonte del ministero degli Interni egiziano citata
dalla Bbc, comunque, l’azione delle forze di sicurezza per disperdere i manifestanti sarà «graduale». Inizialmente — stando a quanto riporta la
stampa — la polizia potrebbe accerchiare le due
piazze, in modo da evitare che altre persone ingrossino le fila dei manifestanti, e saranno tagliati
i rifornimenti di cibo e acqua. In un secondo momento, gli agenti potrebbero mettere in atto tecniche non letali, tra le quali l’uso di gas lacrimogeni
e cannoni ad acqua, come hanno fatto sapere fonti del ministero degli Interni citate dal «New
York Times».
Il Governo
di Tunisi
tratta
con i sindacati
Un ufficio dei miliziani in Turchia o in Arabia Saudita
Kabul disponibile
a negoziati con i talebani
KABUL, 12. Si potrebbe aprire una
prospettiva di dialogo tra le autorità afghane e i talebani. Kabul, infatti, si è detta pronta, almeno in
linea di principio, ad avviare un
negoziato di pace con i miliziani
qualora questi aprissero un loro ufficio politico in Turchia o in Arabia
Saudita. Questa eventualità, che
potrebbe segnare un’importante
svolta nel faticoso processo di riconciliazione, è tata indicata ieri
dal portavoce del ministero degli
Esteri afghano, Jana Musazai. Durante una conferenza stampa a Kabul, riferisce l’agenzia di stampa
Pajhwoh, Musazai ha confermato
che l’Afghanistan preferirebbe che
gli insorti aprissero il loro ufficio in
territorio afghano, e che per questo
sarebbe pronto a fornire tutte le
garanzie necessarie agli eventuali
negoziatori. «Ma siccome quello
che è prioritario è l’apertura di un
processo di pace — ha affermato
Musazai — siamo disposti a collaborare per l’apertura di un ufficio
di rappresentanza anche in Turchia
o in Arabia Saudita».
Recentemente i talebani avevano
inaugurato una loro rappresentanza
a Doha, in Qatar, ma l’iniziativa
non è decollata per l’opposizione
di Kabul alla decisione di caratterizzare l’ufficio con le insegne
dell’Emirato islamico dell’Afghanistan, il nome che aveva il Paese, ricorda l’agenzia Ansa, quando gli
insorti furono al potere fra il 1996 e
il 2001. E più in generale, l’opposizione di Kabul si è concentrata sul
fatto che gli Stati Uniti avevano
deciso di stabilire contatti diretti
con i talebani: una dinamica che
ha suscitato l’ira del presidente
Hamid Karzai, preoccupato che il
suo Paese possa vedersi marginalizzato in un processo di pace che
lo interessa direttamente. Sono
quindi seguite le rassicurazioni di
Washington circa la volontà di
«non scavalcare» Kabul, rispettandone l’indipendenza e la sovranità.
Ciò nonostante, il clima negoziale
è diventato molto teso, non propizio a far sedere intorno allo stesso
tavolo interlocutori divisi da forti
divergenze di vedute. In questi
giorni, intanto, Karzai ha rinnovato
ai talebani l’offerta di dialogo, nella consapevolezza che senza un loro fattivo coinvolgimento, il pro-
pagina 3
TUNISI, 12. Il capo del partito
islamista Ennahdha, al potere nel
Paese, e i rappresentanti del sindacato Ugtt si incontreranno lunedì per mettere le basi di una
soluzione della crisi politica che
si è aggravata dopo l’assassinio di
uno dei leader antigovernativi,
Mohammed Al Brahmi, la sospensione dei lavori dell’Assemblea nazionale costituente e il
braccio di ferro tra islamisti al potere e le forze di opposizione. Il
sindacato, forte di mezzo milione
di aderenti, chiede le dimissioni
del Governo e la costituzione di
un gabinetto di tecnocrati. Pochi
giorni fa il Governo tunisino ha
aperto alla possibilità di un dialogo costruttivo per «superare le
difficoltà e risolvere i problemi
esistenti». L’opposizione continua
a scartare qualsiasi possibilità
d’intesa con l’Esecutivo, e si prepara a una grande mobilitazione
per il prossimo 13 agosto.
cesso di riconciliazione non avrebbe fiato lungo.
Nel frattempo si registrano nuove violenze. Tre soldati della Nato
e tre civili sono morti in attacchi
compiuti dai miliziani nell’est e nel
sud del Paese. Oggi il quotidiano
«Khaama Press» scrive che la missione Onu in Afghanistan (Unama) ha manifestato nuovamente
preoccupazione per le numerose
accuse di violazione dei diritti
umani da parte della polizia locale
afghana (Alp), organismo diverso
dalla polizia nazionale. Al riguardo
il portavoce dell’Unama, Nilab
Mubarez, ha confermato che la sua
organizzazione «ha ricevuto nuove
lamentele concernenti il comportamento dell’Alp». Di conseguenza
l’Unama ha sollecitato il Governo
a «esercitare una stretta supervisione sul reclutamento degli elementi
di questa forza locale». Le denunce
di presunte irregolarità sono più
numerose nelle province settentrionali del Paese.
L’Alleanza, che raggruppa i sostenitori dell’ ex
presidente Mursi, ha indetto per oggi manifestazioni in tutto il Paese. Il gruppo, controllato dai
Fratelli musulmani, ha invitato i manifestanti di
tutte le città egiziane a marciare sulle piazze «e a
passarci la notte». I giovani del movimento promettono di marciare su piazza Tahrir, simbolo
della rivolta contro Mubarak e contro Mursi.
Nel Sinai, intanto, tre elicotteri egiziani hanno
condotto ieri sera un raid contro sospetti militanti
islamici nella città desertica di Sheik Zuweyid, uccidendone almeno 12. Il portavoce dell’esercito ha
confermato l’operazione.
Alta tensione fra Pakistan e India
ISLAMABAD, 12. Non accenna a placarsi la tensione tra Pakistan e India.
Oggi si è aperto un nuovo capitolo
del contenzioso che divide i due
Paesi. Le autorità di Islamabad hanno accusato i soldati indiani, riferisce l’agenzia Reuters, di aver violato
il coprifuoco lungo la linea di demarcazione in Kashmir e di aver ucciso un civile pakistano. E, secondo
un copione collaudato da tempo, le
autorità indiane hanno negato ogni
addebito.
La stessa dinamica, a parti invertita, si era registrata nei giorni scorsi,
quando New Delhi aveva denunciato che cinque soldati indiani erano
stati uccisi da truppe pakistane sempre lungo la linea di demarcazione
in Kashmir: Islamabad aveva negato
ogni coinvolgimento. Da allora si è
registrato un acuirsi della tensione
fra i due Paesi, che rischia di aggravarsi se, concordano gli analisti, non
verrà approntato dalle autorità competenti un piano di disgelo e di distensione.
Il primo ministro pakistano, Nawaz Sharif, ha cercato in qualche
modo di calmare le acque, sottoli-
neando l’importanza strategica dei
rapporti fra New Delhi e Islamabad.
Dal canto suo l’India sembra molto
cauta. Il ministro della Difesa indiano, A.K. Antony, per esempio, si è
detto favorevole ad adottare una linea dura contro i soldati pakistani
ritenuti responsabili delle violenze.
Sempre Sharif aveva annunciato, nei
giorni scorsi, la volontà di riprendere
i negoziati di pace con l’India, in
una fase di stallo dopo le stragi di
Mumbai del novembre 2008. Da ricordare poi che durante la recente
visita a Islamabad, il segretario di
Stato americano, John Kerry, aveva
espresso l’auspicio che i Paesi
dell’area rafforzino i legami, così a
creare un fronte unico da opporre
alle violenze degli estremisti. Nell’occasione aveva richiamato il significativo ruolo di mediazione che
l’India ricopre nell’ambito delle
complesse dinamiche che caratterizzano la regione.
Nei giorni scorsi il Governo indiano, in un comunicato, aveva parlato
di «violazioni» del cessate il fuoco
in vigore dal 2003 sulla linea di demarcazione lunga 740 chilometri e
La furia di Utor sulle Filippine
dell’ufficio, Vicente Malano, già sabato aveva ammonito sull’estrema
pericolosità della tempesta in arrivo,
avvertendo i residenti delle zone vicine alla costa, compresa l’area della
capitale, e chiedendo ai pescatori di
rimanere in porto. Al tempo stesso
le popolazioni delle aree di montagna erano state messe in guardia
contro le probabili alluvioni e frane
che sarebbero state provocate dal
passaggio di Utor.
Le Filippine — come riferiscono i
massimi esperti internazionali — subiscono ogni anno le conseguenze
di una ventina di tifoni, molti dei
quali seminano distruzione e morte.
I venti di Utor soffiano a una velocità di duecento chilometri l’ora,
configurandolo come il tifone più
forte di quest’anno. Il bilancio, per
questo, potrebbe essere peggiore del
previsto.
DAMASCO, 12. Mentre le diplomazie internazionali cercano di arrivare a fissare la nuova conferenza
sulla Siria, la cosiddetta Ginevra
2, anche l’ultimo fine settimana
ha fatto registrare nuove vittime
civili nel conflitto tra le forze del
Governo del presidente Bashar Al
Assad e le milizie ribelli.
Secondo fonti dell’opposizione,
tredici civili, compresi sette bambini, sono stati uccisi e altri 36 sono rimasti feriti in un attacco
sferrato nella città settentrionale
di Raqqa, controllata dai ribelli,
da un elicottero da combattimento governativo che ha sganciato
barili esplosivi. L’agenzia di stampa governativa Sana ha invece dato notizia di sei civili uccisi in
due attentati degli insorti vicino
rispettivamente ad Aleppo, nel
villaggio di As Sfeira, e nella provincia di Hama, dove è esplosa
un’autobomba sulla strada tra le
località di Al Naqur e Al Bahseh.
Le violenze, in una sorta di
contagio del conflitto siriano che
si registra da settimane, si susseguono anche nel vicino Libano,
dove ieri un gruppo armato di
sciiti ha sparato contro un convoglio con a bordo il sindaco sunnita della cittadina di Arsal, Ali
Hujeiri, ferendolo e uccidendo
due suoi collaboratori. L’attacco è
avvenuto nella città di Labweh,
vicino al confine siriano, dove
Hujeiri stava transitando di ritorno da una missione che aveva
portato a uno scambio di prigionieri tra gruppi sunniti e sciiti.
In tarda mattinata si è diffusa
la voce che padre Dall’Oglio sarebbe stato ucciso. La notizia, riportata su un sito arabo, non ha
finora trovato conferma.
Nuovo scambio di accuse riguardo agli attacchi lungo la linea di demarcazione in Kashmir
Almeno ventisei pescatori dispersi durante il passaggio del tifone nel nord dell’arcipelago
MANILA, 12. Non si hanno ancora
notizie certe di vittime per il passaggio nelle Filippine del tifone Utor,
che ha investito ieri il nord est
dell’arcipelago, ma le autorità parlano di non meno di 26 dispersi tra
pescatori dell’isola di Luzon che si
trovavano in mare. A rendere più
tragico il bilancio, inoltre, potrebbe
contribuire la situazione nelle regioni di montagna, dove diversi villaggi
risultano devastati dai venti fortissimi e dalle piogge torrenziali che
hanno accompagnato l’arrivo del tifone. Non sono invece segnalate vittime nella capitale Manila, pure investita da Utor e dove ci sono stati
allagamenti e danni rilevanti.
Non sembra dunque aver raggiunto pienamente il suo scopo l’allarme che l’Ufficio di meteorologia
nazionale aveva lanciato per tempo
sull’arrivo del tifone. Il responsabile
Un altro
fine settimana
di scontri
in Siria
Un bambino setaccia rifiuti galleggianti dopo il passaggio del tifone Utor (Reuters)
che separa in due la regione himalayana contesa da oltre mezzo secolo.
E nello stesso comunicato aveva
espresso il rammarico per gli ultimi
sviluppi nei rapporti fra New Delhi
e Islamabad.
Lo scorso dicembre Pakistan e India — nel corso di alcuni incontri bilaterali di alto livello — avevano
adottato misure dirette a potenziare i
rapporti commerciali, nella consapevolezza che anche attraverso questa
via è possibile dare vita a strategie
comuni, proficue per entrambi i
Paesi.
In Yemen
Al Qaeda uccide
cinque soldati
SAN’A, 12. Cinque soldati yemeniti sono stati uccisi ieri, domenica,
in un attacco condotto da «elementi di Al Qaeda» a un posto
di blocco nei pressi dell’impianto
del gas di Balhaf, nel sud-est dello Yemen. Lo ha riferito una fonte militare, precisando che «uomini armati hanno aperto il fuoco
con armi automatiche sui militari
prima di prendere la fuga». Secondo quanto riferito dalla fonte,
i cinque soldati sono stati sorpresi
nel sonno da un commando di
uomini armati che, dopo essersi
infiltrato nel posto di blocco,
hanno ucciso una guardia e sono
entrati nel prefabbricato occupato
dai militari. Dopo aver ucciso i
soldati, il gruppo di uomini armati è fuggito a bordo di un’auto. Un portavoce dell’esercito yemenita ha detto che l’impianto di
gas, gestito dallo Yemen Lng e
dalla francese Total, è uno di
quelli presi di mira la scorsa settimana dagli uomini di Al Qaeda
per un probabile attacco.
L’attentato segue l’escalation di
attacchi da parte dei droni statunitensi nelle ultime due settimane
dopo l’allerta generale che ha costretto Washington a chiudere la
propria ambasciata a San’a e a
evacuare il personale.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 4
Giuseppe Toniolo e il modernismo
Gruppo di esploratori
prima dello scioglimento
e, sotto, Pio XI
al tavolo di lavoro
L’obbedienza
carica di ragioni
che rende liberi
Pubblichiamo uno stralcio dal volume
«La Santa Sede e il fascismo in conflitto per l’Azione cattolica» (Città
del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2012, pagine 435, euro 38)
titudini a servizio del sindacalismo
rivoluzionario, l’uno e l’altro del
All’interno del complesso evento pari nemici giurati di Dio e della
storico del modernismo, la figura di sua Chiesa». Dunque, in sintesi:
Giuseppe Toniolo si distinse per la correzione sì, ma non generalizzata;
sincera e ragionata posizione di un riforma sì, ma senza rotture.
Per Toniolo, dunque, vi era una
intellettuale credente che fu in grado di sostenere le proprie idee con possibilità di adattamento del penchiarezza e coraggio, lungi da inte- siero cristiano tradizionale alle nuoressi personali e da pregiudizi ideo- ve sfide odierne, mentre la filosofia
logici. Dal momento che non si moderna s’avventurava sul crinale
tratta qui di celebrarne la santità, di una nuova forma di positivismo
riconosciutagli dalla Chiesa, ma di psicologico, da cui derivavano “tre
evidenziarne alcuni tratti storici, pa- deduzioni disastrose”: «un sistema
re sufficiente rendere ragione del soggettivistico che prende le mosse
suo stile di uomo di cultura e di fe- dal dubbio o dalla sfiducia intorno
de, che non è classificabile entro alla facoltà dell’intelletto di cogliere
bersaglio la Chiesa
schemi precostituiti. In breve, il con certezza il vero», per cui tutto
profilo di Toniolo, si caratterizza è relativo; un «misticismo panteistiper quella sua apparente paradossa- co» che concorre a sminuire la libelità che coniuga obbedienza e liber- ra volontà umana, e la tendenza «a
tà, sia nei confronti delle controver- falsare il concetto di progresso sose questioni del suo tempo che del- ciale-civile identificandolo con quella Chiesa cui appartenne. Nel catto- lo di evoluzione» trascurando il calicesimo d’inizio del ventesimo se- rattere discontinuo del progresso
colo vi era senza dubbio una legitti- umano rispetto al determinismo
ma e prepotente esigenza di libertà delle leggi biologico-evolutive.
e di rinnovamento: Toniolo vi contribuì alla
trò con il prefetto di Vicenza, chieLa ricerca dell’economista italiano
sua maniera, attraverso
dendo un’immediata ed esemplare
la
difficile
forma
si mosse tra idee e persone
punizione per gli aggressori. Non
dell’obbedienza.
Per
avendo avuto alcuna risposta dalle
Nell’ardua impresa
Toniolo, dunque, si
autorità civili, il 13 aprile, Domenitrattava di sostenere la
di sostenere i principi
ca delle Palme, si recò a Sandrigo
Chiesa,
in
obbedienza
e durante la predica levò un’enerevitando però di annullare i nemici
alla sua dottrina, ofgica protesta contro la violenza defrendo una via di salgli aggressori, lanciando la scomuIl problema di fondo consisteva
vezza alla società contemporanea,
nica contro quelli che avevano osasia con la difesa e la proposta di nella diversa comprensione della lito alzare le mani sui sacerdoti di
persone che con il contributo di bertà umana e del suo sviluppo storiSandrigo e contro quelli che avevaidee. Dalla corrispondenza riservata co-sociale. «Ma oggi — prosegue Tono ispirato, promosso e diretto la
con Pio X e con il cardinale Pietro niolo — in cui questa sana e prometsacrilega spedizione.
Maffi, arcivescovo di Pisa, emerge tente psicologia empirica, mal dispoAltre identiche violenze furono
il profilo di un uomo influente per sta al neokantismo, intende collocacommesse in Liguria, Lombardia,
lo stile, sinceramente stimato, ope- re, anche nel vivere sociale, il sentiVeneto ed Emilia. «L’O sservatore
rativo e concreto, lontano da ambi- mento al posto della ragione (…)
guità clericali e da vantaggi perso- diciamo che tale concezione psicolonali.
gica è arbitraria, aprioristica, minuNon mancarono segnalazioni scola, incapace di dar proporzionata
d’intellettuali conosciuti personal- ragione delle immense e variopinte
mente da Toniolo, come il gruppo cause, leggi, finalità del progresso
di professori dell’Associazione ita- civile, la cui ricerca sistematica forliana di liberi credenti, responsabile ma il fastigio della sociologia».
della rivista mensile «La Riforma
Al di là dell’analisi critica delle
italiana». A loro riguardo, scriveva variegate correnti moderniste, qual
a Pio X il 19 luglio 1914: «Essi ob- era la proposta costruttiva di Toniobediscono tutti a quella legge di lo- lo? La sociologia, ispirata alla filogica fatalità per cui chiunque pre- sofia cristiana, ha un centro direttitende di mantenersi in qualche sen- vo al quale orientarsi per leggere la
so religioso, pur distaccandosi dalla storia: Gesù Cristo. Dall’ascolto del
Chiesa, ricade verso una “religione cuore e della mente di Toniolo, versenza dogmi”, che poi si risolve in sati nella sua penna, sia nella corriun soggettivismo neo-kantiano o
spondenza con Pio X che nella sua
nel panteismo hegeliano». La sua
riflessione sociologica, risaltano due
preoccupazione si rivolgeva direttatratti distintivi della sua personalità:
mente verso alcuni docenti dell’unichiarezza nelle posizioni e volontà
versità di Pisa, dove egli stesso insegnava, al punto da esclamare: «O di costruire. L’uomo di fede e di
povera nostra gioventù, la quale si scienza si proponeva, in maniera
trova ben peggio insidiata da questi originale, di distinguere senza sepapseudo-spiritualisti che dallo sfac- rare e di unire senza confondere feciato materialismo di Molescott o de e ragione, come aveva appreso
dalla filosofia e dalla teologia di
di Heckel o di Spencer!».
Tale posizione di Toniolo, in ef- Tommaso d’Aquino, nell’alveo della
fetti, era già chiara e pubblica fin grande tradizione cristiana antica e
dalla promulgazione dell’enciclica medievale. Ora, i tempi erano moPascendi Dominici gregis, alla quale derni, e la ricerca sociologica agli
aveva aderito in modo convinto, ri- albori. In quest’epoca, carica di letenendo altresì di non doversi limi- gittime aspettative di rinnovamento,
tare alla condanna degli errori, dopo un secolo di ristagno della riRomano» di quei giorni, nella ruquanto d’indicare nuove vie da per- flessione teologica, appiattita ai
brica Notizie Italiane, più volte decorrere. Era quanto sosteneva, ad margini di un pensiero apologetico
nunciò le varie violenze compiute.
esempio, circa l’importanza delle che, in base ai presupposti razionaIl giornale «La Croix», del 17 apriunioni professionali di cattolici: li, si sforzava di giustificare la rivele, presentò la lista delle principali
«Conviene correggere eventuali tra- lazione, Toniolo tentò di rinnovare
città che furono teatro d’actes de
viamenti in proposito, ma guai arre- l’apologetica attraverso un nuovo
banditisme.
stare un movimento organico di approccio scientifico.
Questi e altri fatti di violenza
La sua faticosa ricerca si mosse
classi autonome e cristiano-cattolicostituirono solo la premessa di
che nel centro della odierna società tra idee e persone, nell’ardua imuna situazione che andò aggravan(…) soffocata in alto da un pantei- presa di difendere la Chiesa senza
dosi nel Paese nel 1925, quando il
smo di stato assorbente, sfruttato condannare gli uomini; di sostenere
potere fascista prese una precisa
dai socialisti riformisti, e in basso principi evitando di annullare nemiconfigurazione.
stritolata sotto gli assalti delle mol- ci. Chi lo conobbe — e furono in
molti — in seguito alla sua morte,
chiamato a rendere testimonianza
dell’uomo, gli attestò la stima che
meritava. A questo riguardo, occorre ricordare che Toniolo, il cui conSu «Pagine Ebraiche» una storia polacca
siglio influente verso Leone XIII e
Pio X è certo, mai approfittò di tale
posizione, rimanendo sempre al suo
posto di “tecnico” leale e competente, come diremmo oggi. La do«In Polonia è in atto una legge contro la shechitah, la macellazione rilorosa vicenda modernista, probatuale ebraica», scrive Gianfranco Di Segni, del Collegio rabbinico itabilmente, non fu la ragione magliano, sul numero di agosto di «Pagine Ebraiche», il mensile dell’Uniogiore dell’impegno di Toniolo, per
ne delle Comunità Ebraiche Italiane, diretto da Guido Vitale. Partendo
quanto egli n’ebbe parte; il suo
da questa notizia di attualità l’autore dell’articolo ventila «un possibile
pensiero e l’azione che ne derivava
intervento del rabbinato italiano presso il Vaticano, come in effetti avpartivano da più lontano, avevano
venne all’inizio del 1936, quando importanti rabbini d’Europa e della
radici nella fase precedente, quando
terra d’Israele si rivolsero a David Prato, all’epoca dei fatti rabbino cail progetto di ricostruire su nuove
po d’Alessandria d’Egitto e che presto sarebbe diventato rabbino capo
basi aveva trovato respiro nel pontidi Roma, per esercitare pressioni a favore degli ebrei polacchi». Prato,
ficato di Leone XIII. Forse, anche
continua l’articolo, «durante i pochi giorni passati a Roma nel marzo
per tale motivo, a Toniolo va rico1936, riuscì a incontrarsi con i rappresentanti del Governo italiano e
nosciuto il merito di aver cercato e
con l’ambasciatore polacco in Italia, mentre al Vaticano incontrò il carpercorso una strada dialogica anzidinale Pacelli e monsignor Tardini». La missione «ebbe successo»,
ché antagonista. La libertà di penscrisse lo stesso Prato in un testo autobiografico inedito, le autorità
siero e l’obbedienza della fede gli
avevano indicato un percorso che lo
cattoliche asserirono che «è carità cristiana intervenire ogni qualvolta i
avrebbe condotto più in là di quansentimenti religiosi sono offesi». I ricordi del rabbino si concludono
to avrebbe potuto immaginare.
con queste parole: «Certo è che se la legge non fu emanata allora e se
si cercarono più tardi dei pretesti per rinviarla, per modificarla e per
mutilarla lo si deve al tempestivo intervento del Vaticano».
*Pontificia Università Urbaniana
di MAURIZIO GRONCHI*
di PIERO PENNACCHINI
a crisi che investì la
Santa Sede e il governo
italiano nel 1931 fu l’apice di un conflitto che, in
verità, sorse fin dall’inizio della presa del potere del regime fascista e che si protrasse per
tutto il ventennio, con fasi alterne
di relativa calma e di forte tensione, e con manifestazioni anche di
Sin dagli esordi il partito di Mussolini ebbe come
gravi violenze. Il regime fascista,
professando un’ideologia totalitaria, non poteva non entrare in contrasto con chi pensava e poteva
agire in modo diverso dal suo.
In campo religioso il regime colpì indiscriminatamente chiunque
potesse ostacolare il suo programma e l’obiettivo di totale fascistizzazione dell’Italia, sacerdote o laico che fosse. Con la gerarchia ecclesiastica dei livelli più alti e isti- ricali, era più vicino al pensiero so- lenza, lasciati più in Italia che altuzionali il regime usò scaltrezza e cialista, vedendo in esso il paladi- trove, e il moltiplicarsi delle fazioni
prudenza. Si mostrò duro, invece, no del miglioramento delle condi- che portavano a sanguinose offese,
soprattutto con il clero diocesano zioni di vita della popolazione. con uno strascico interminabile di
(parroci, viceparroci, cappellani), e C’era invece chi, avendo vissuto rappresaglie. Questi gravi disordini
in modo particolare con coloro che esperienze negative per le violenze provocavano
danni
immensi,
godevano di un notevole ascenden- socialiste, sviluppatesi partendo da all’estero, compromettendo il prete sulla popolazione, manifestavastigio della nazione, e all’interno,
un principio originario per sé posino grandi capacità organizzative,
nell’ordine materiale, economico,
erano impegnati nel sociale, e so- tivo di ricerca di giustizia e di finanziario, morale e religioso, conprattutto con quelli che non si la- equità per tutti, ma poi sfociate in giuntamente a una decadenza insciavano strumentalizzare dal regi- applicazioni sovvertitrici con meto- tellettuale. «Il rimedio a questi
me. Colpendo le persone più pre- di spicci e poco democratici, prefe- mali non può aversi che dal ritorparate e più influenti, era poi più riva il fascismo. C’era infine chi, no a Dio e dalla piena osservanza
facile soggiogare il popolo, asser- pur non accettando il fascismo per della sua legge».
virlo, strumentalizzarlo ai propri le sue intemperanze e violenze, nuIl 28 ottobre 1922 scrisse un’altra
triva però simpatia per Mussolini, Lettera Apostolica dal titolo Ora
fini.
Il regime cercò con
sono pochi mesi. In essa rivolse ai vescovi un caldo
minacce, intimidazioIl regime fu particolarmente duro
appello a lavorare con tutte
ni, ricatti riguardanti
le loro forze all’opera di
il posto di lavoro o
con il clero diocesano
pacificazione degli animi e
l’accesso allo studio ai
Specie
con
chi
tra
esso
godeva
dei cuori, perché «purtroplivelli superiori, invii
al confino, devastaziodi notevole ascendente sulla popolazione po la tanto desiderata tranquillità non è ancora tornani di sedi di associaed
era
impegnato
in
ambito
sociale
ta in mezzo al diletto pozioni, violenze e anpolo d’Italia», ed esortò a
che soppressioni fisilo
zelo
che per imporre il proprio pensiero perché tutelava la religione e aveva raddoppiare
nell’opera di pacificazione,
e raggiungere gli obiettivi prestabi- salvato l’Italia del dopoguerra.
liti.
Praticamente, con l’avvento del cercando di sacrificare per
Il clero, specialmente quello fascismo pian piano tra il clero an- il pubblico bene i propri
ispirandosi
ai
dell’Italia settentrionale, si trovò darono a configurarsi alcuni speci- desideri,
spesso preso tra due fuochi: da fici gruppi: da quello a esso favore- principi cristiani dell’ordiuna parte, il socialismo rivoluzio- vole, anche se minoritario e a sua ne e ai sentimenti di carità,
nario e anticlericale, dall’altra, il volta suddiviso tra chi era favore- di mansuetudine e di percomportamento imperioso e vio- vole per opportunismo e chi lo era dono.
lento del fascismo. C’era chi, vi- per convinzione ideologica, a quelVerso la fine del 1922,
vendo in luoghi dove erano più lo degli ostili, da quello degli in- con strategia non casuale,
sentiti i problemi sociali ed erano differenti e dediti solo alla missio- ma intenzionale e mirata, il
meno espresse le posizioni anticle- ne pastorale a quello dei delusi e regime cominciò a colpire i
degli sfiduciati anche delle autorità sacerdoti particolarmente
ecclesiastiche che non sapevano attivi e non influenzabili
prendere decisioni.
dalle lusinghe della propaIl regime fascista, adottando una ganda fascista.
politica accattivante verso la ChieAd Asiago, nell’estate
Da «Il Sole 24 Ore»
sa e facendosi paladino di certi va- 1923, era giunto un giovane
lori, come la patria, l’autorità, l’or- sacerdote, don Gerolamo
dine e la moralità, pensò di con- Tessarolo, molto capace e
quistarsi in tal modo la stima e intraprendente, che in pol’appoggio della gerarchia ecclesia- co tempo seppe organizzastica, ma questo avvenne solo in re molte attività a favore dei giovaparte. Infatti, l’affacciarsi sulla sce- ni. Questo attivismo non rimase
na politica italiana di un partito inosservato. Infatti, provocò la read’ispirazione cristiana fece conver- zione dei capi fascisti locali, i quali
gere le simpatie e l’impegno di montarono delle calunnie per screNon dare i premi alla carriebuona parte del clero verso il Par- ditare il sacerdote.
ra a studiosi già affermati,
tito popolare italiano piuttosto che
ma spendere tutti i soldi diViolenze si verificarono anche a
verso il Partito nazionale fascista. Firenze, Pisa, Milano, Osimo, Casponibili a vantaggio di ricerLe violenze da parte di squadristi nicattì, ma la violenza fascista, licatori giovani, che non abfascisti contro le opere cattoliche, mitata dapprima a pestaggi, sombiano ancora compiuto i 40
in concomitanza a quelle contro le ministrazioni di purghe, devastaanni. È questa la proposta
sedi e le istituzioni del Partito so- zioni di locali, culminò nel 1923
avanzata da Claudio Giunta,
cialista e del Partito popolare, ini- con l’assassinio di don Giovanni
che sulle pagine dell’inserto
ziarono fin dal 1919, a pochi mesi Minzoni, parroco di Argenta.
«Domenica» de «Il Sole 24
dalla nascita del Partito nazionale
Ore» dell’11 agosto si rivolge
Nel 1924 le violenze fasciste confascista, cominciando proprio dalle tro i circoli cattolici s’intensificaro«all’Accademia dei Lincei e a
aree più cattoliche del Veneto, do- no in prospettiva delle elezioni poogni altra Accademia naziove clero e laici erano più attivi e litiche del 6 aprile. Già prima delle
nale». «I premi in denaro —
impegnati nell’Azione cattolica e elezioni, però, alla giunta centrale
aggiunge — dovrebbero annel campo politico-sociale, dove il dell’Azione cattolica italiana era
dare non “a chi si è reso illuconsenso elettorale al Partito po- pervenuta una lettera, datata 18
stre nelle scienze e nelle arpolare era più largo e dove erano marzo 1924, con la quale si denunti”», come recita il bando dei
più concentrate le amministrazioni ciava la devastazione nella notte
Lincei, ma a chi ha scritto
comunali rette dai popolari. Nel del circolo giovanile cattolico di
uno o due libri «e dà buone
1920 gli atti di violenza si allarga- Gubbio. Si faceva anche presente
speranze di poterne scrivere
rono dal Veneto alla Lombardia, che «il succedersi di questi fatti
tanti e belli». S’intende, conspecialmente nelle province di Ber- contro le nostre associazioni si ritinua l’articolo, «premi per i
gamo e Brescia, perché erano le petono con un crescendo impresgiovani studiosi ce ne sono.
province più dichiaratamente catto- sionante».
Ma le somme erogate sono
liche e dove c’era più resistenza alirrisorie». E non vale, seconIn questo contesto è da notare
la penetrazione fascista.
do Giunta, l’obiezione «mel’atteggiamento di tenace resistenza
L’anno 1922 fu caratterizzato da al fascismo assunto dal vescovo di
glio poco che niente», perché
un periodo di turbamenti e di gra- Vicenza, monsignor Ferdinando
«questa pioggerellina di euvi violenze in varie parti d’Italia. Rodolfi, quando vide moltiplicarsi
ro» serve «a lasciare le cose
Pio XI, a pochi mesi di distanza, in diocesi casi di minacce e violencome stanno». Lo slogan
per ben due volte fu costretto a in- ze contro sacerdoti e laici impe“spendere più soldi per la
tervenire al riguardo con due Let- gnati.
cultura”, conclude, «non ha
tere Apostoliche indirizzate ai vesenso», bisogna spendere con
Dopo l’invasione nella notte del
scovi italiani. Il 16 agosto 1922 7 aprile 1924, da parte di un grupcriterio e «il primo criterio
scrisse la Lettera Apostolica I di- po di fascisti, della casa dell’arciche mi sentirei di proporre è
sordini. In essa denunciò, dopo la prete di Sandrigo, vicino a Bassaappunto questo: dare i premi
tempesta immane della guerra, i no, monsignor Rodolfi telegrafò al
in denaro a chi fa ricerca, e
tristissimi germi di odio e di vio- presidente del Consiglio e s’inconnon a chi l’ha già fatta».
L
lunedì-martedì 12-13 agosto 2013
Quell’attivismo che fece
infuriare il fascismo
Va premiata
la ricerca
non la carriera
Se il Vaticano difende la «shechitah»
L’OSSERVATORE ROMANO
lunedì-martedì 12-13 agosto 2013
pagina 5
I fiorentini descritti nel predestinato bestseller fanno colazione con olive al forno e lampredotto
L’ultimo Dan Brown?
Sembra copiato da una guida turistica
di SILVIA GUIDI
piace ammetterlo, ma è divertente. Soprattutto per
chi è nato a Firenze e la
conosce bene, ma anche
per chi ha visitato la città
da turista. Durante la lettura — il libro di cui stiamo parlando è l’ultimo
thriller storico-esoterico di Dan Brown Inferno (nella traduzione italiana:
Milano, Mondadori, 2013, pagine
522, euro 25) — capita di imbattersi
in passi dalla comicità involontaria
davvero irresistibile. Gli indigeni, i
pronipoti di Dante degli anni Dieci
del Duemila descritti dall’autore, sono strani personaggi dalle abitudini
incomprensibili: mangiano olive al
forno e lampredotto a colazione, invadono con nuvole di fumo misto a
pungente aroma di caffè espresso gli
ascensori e in ogni singolo ambiente
chiuso, ospedali compresi — i sopralluoghi dell’autore in Italia si sono
svolti evidentemente prima dell’entrata in vigore della legge Sirchia —
e riempiono di statue di uomini nudi la piazza più importante della città. Il professor Robert Langdon — lo
stesso de Il codice da Vinci, Angeli e
demoni, Il simbolo perduto, ne conta,
sconcertato, almeno dieci: oltre alla
copia del David di Michelangelo e
al Biancone dell’Ammannati c’è persino una schiera di satiri accanto al
Nettuno, in piazza della Signoria.
Integralmente nudi, precisa con bizzarra pruderie.
Nota a margine per i non toscani:
il lampredotto è uno dei quattro stomaci dei bovini, l’abomaso, che viene cotto a lungo con pomodoro, cipolla, prezzemolo, sedano e condito
con salsa verde e olio piccante; un
piatto povero tipico della cucina locale buonissimo ma inadatto ad accompagnare il cappuccino. Come le
olive, del resto, più consone al Martini agitato, non mescolato di James
Bond che a una colazione all’ombra
del campanile di Giotto.
Sono davvero strani, dicevamo,
questi fiorentini. Le autorità locali
traggono in inganno i turisti con cartelli ambigui: la scritta «Porta del
S
a citare a ogni pie’ sospinto il Vaticano. La stessa Sienna Brooks, l’affascinante coprotagonista, non manca
di notare la strana ossessione del suo
compagno di avventure: siamo nel
giardino di Boboli, che c’entra San
Pietro? «Sienna non aveva idea di
cosa c’entrasse il Vaticano con la loro
situazione — si legge nell’edizione
italiana a pagina 142, e il lettore non
può che convenirne — ma Langdon
prese ad annuire, continuando a
guardare verso est e il retro del Palazzo». Miss Brooks, dotata di una
buona dose di sensibilità oltre che di
un abnorme quoziente di intelligenza, non approfondisce oltre. «Ad
ogni poeta manca un canto», come
si dice a Firenze, e Sienna è teneramente indulgente verso il suo Robert. Saggiamente il professor Langdon preferisce glissare sul tema
quoziente di intelligenza e non far
cenno al proprio, visto che nel corso
della trama cade in ogni trappola
possibile, dalle più banali alle più
sofisticate, si fida sistematicamente
delle persone sbagliate, controlla la mail
Dante è solo un pretesto narrativo
dal primo portatile
che gli capita a tiro
in una scenografia scritta
fornendo le coordinaper facilitare il lavoro agli sceneggiatori
te precise del suo nascondiglio ai suoi suche ben presto porteranno
pertecnologici nemici
«Inferno» sul grande schermo
(«si può essere così
stupidi?» si domanda
Langdon si interrompe nel bel mez- a pagina 77 uno dei cattivi del libro,
zo di una fuga, in un momento che a capo del Consortium, una sorta di
potrebbe costargli la vita, per ricor- Spectre internazionale), cade nel più
dare la storia di un ponte. È come nero sconforto perché ha perso il suo
cercare di risolvere un mistero men- amato orologio di Topolino, si perde
tre un’audioguida ti pende dalle in divagazioni erudite mentre un
orecchie: “Passate sopra questo cor- commando armato fino ai denti lo
po riverso e digitate 32 per conosce- attende sotto casa, rischia l’attacco di
re i dettagli sulla scatola di velluto panico perché non riesce a trovare
contenente la maschera mortuaria di una libreria aperta di lunedì — ma il
Dante, nel Palazzo Vecchio”». Per giorno di riposo non era la domeniulteriori informazioni sugli orari del ca? Dove lo trovo un testo della Dimuseo e i giorni di chiusura attende- vina Commedia a Firenze? Ci sono i
poster per turisti con il testo integrare il segnale acustico, grazie.
Il placido Robert si risveglia dal le, ma il carattere è troppo piccolo,
letargo e diventa improvvisamente tocca chiedere in prestito l’iPhone di
sarcastico solo quando parla di temi una connazionale e sperare che acche riguardano la Chiesa. Anche se cetti di pagare il costo dell’accesso a
l’azione si svolge a Firenze, continua internet. Proviamo a fare un salto
Paradiso» deve essere messa sulla
Porta del Paradiso, ammonisce l’autore, non sull’inferriata di protezione,
altrimenti i visitatori scambieranno il
capolavoro dell’arte orafa famoso in
tutto il mondo per un normale cancello come se ne trovano a migliaia
in New England. Il Battistero è bellissimo, niente da eccepire, ma quanto a senso pratico, la popolazione locale non merita la sufficienza. Anche
dai migliori, tra gli autoctoni, arrivano brutte sorprese, pure gli artisti
più celebri commettono errori grossolani: Lorenzo Ghiberti è stato piuttosto bravo nel realizzare le formelle
in bronzo dorato della porta, ma si è
dimenticato un elemento essenziale
come la maniglia.
Mentre si aggira fra dipinti e celebri statue, il nostro Robert descrive
la città con la stessa quieta, rassicurante piattezza di una guida turistica
tascabile. «La narrazione — chiosa
perfidamente Monica Hesse, «The
Washington Post» — sembra tratta
da una guida Fodor’s, come quando
«Costantino e Teodoro. Aquileia nel
IV
nella Chiesa di Dante,
Santa Margherita de’
Cerchi, forse qualche citazione sui depliant per
turisti, accanto alla (peraltro finta) lapide di
Beatrice Portinari, riesco
a rimediarla (sintesi libera ma realistica del testo).
Tornano in mente le
parole della quarta di
copertina: «È normale
che a Firenze Robert
Langdon sia di casa, che
il David e piazza della
Signoria, il giardino di
Boboli e Palazzo Vecchio siano per lui uno sfondo familiare, una costellazione culturale e
affettiva ben diversa dal palcoscenico turistico percorso in tutti i sensi
di marcia da legioni di visitatori».
Un’excusatio non petita che era meglio evitare. Ha uno strano modo di
esternare il suo amore per l’arte, il
professore di simbologia famoso in
tutto il mondo: usa la fonte battesimale del “bel San Giovanni” come
un lavandino, smacchia la maschera
funebre di Dante con uno strofinaccio, danneggia in modo irreparabile
L’Apoteosi di Cosimo I del suo amato
Giorgio Vasari saltando incautamente da una trave all’altra — con killer
al seguito ovviamente — nel controsoffitto del Salone dei Cinquecento.
Ma forse è colpa dell’amnesia retrograda — vera o presunta? Naturale o
indotta con dosi da cavalli di benzodiazepine? Non sveliamo di più —
che rallenta provvisoriamente le prodigiose facoltà cognitive del professore, l’espediente narrativo su cui si
regge praticamente tutta la complessa intelaiatura della trama. «Le parti
iniziali di Inferno — scrive Janet Maslin su «The New York Times» — si
avvicinano così tanto a un’auto-parodia che il signor Brown sembra
aver perso se stesso come Langdon,
che inizia il libro in un letto di ospedale». I cattivi, invece sono dotati di
super poteri e facoltà visive eccezionali: il genio della biologia svizzero
Bertrand Zobrist, leader del movi-
Sandro Botticelli, «La mappa dell’Inferno» (1480-1490)
mento Transumanista, riesce a guardare negli occhi per un ultimo struggente congedo dalla vita il suo amato bene — che lo aspetta in strada,
vicino al Bargello — dal campanile
della Badia fiorentina, a settanta metri da terra. Senza binocolo, naturalmente.
Ma Firenze non è l’unica location
del libro. Il rapido precipitare degli
eventi — una rocambolesca caccia al
tesoro, che, per quanto scombinata e
ribaltata da colpi di scena poco credibili e troppo frequenti riesce comunque ad agganciare l’attenzione
del lettore — porta Robert e Sienna
a bordo di un treno diretto al nord.
La città cambia ma l’ipersensibilità
olfattiva continua, accompagnata da
altre incongruenze gastronomiche:
Langdon si accorge di essere a Venezia grazie all’inequivocabile profumo
di seppie al nero che aleggia costantemente sui canali, più forte della
salsedine e dell’odore di nafta dei
vaporetti. Chissà quale sito in stile
tripadvisor avrà dato origine a un copia-incolla così surreale. Ma la vera
domanda è: possibile che passi simili
abbiano superato il filtro di un plotone di editor e il senso critico
dell’équipe di traduttori disposti a
lasciarsi chiudere in un bunker per
mantenere il segreto sul testo fino
all’ultimo minuto? Misteri dei bestseller contemporanei.
Gli errori storici non mancano e
c’è chi si è già preso la briga di elen-
secolo» in mostra al Palazzo Meizlik e al Museo archeologico nazionale
L’imperatore e il vescovo
collega l’imperatore Costantino
ancora giovane alla nobile città
Tra le iniziative intraprese in occa- dell’Adriatico. In occasione del
sione dell’Anno Costantiniano — che matrimonio del figlio di Costanzo
ricorda l’editto di tolleranza e che ha Cloro con Fausta, l’infelice figlia
visto il suo momento più alto con la di Massimiano, celebrato a Treviri
mostra di Palazzo Reale a Milano, nel 307. Il panegirista descrive una
ora approdata nella sede suggestiva preziosa raffigurazione (imago) sidel Colosseo — dobbiamo salutare tuata nel palazzo di Aquileia (in
un’esposizione “di nicchia”, inaugu- Aquileiensi palatio), dove «una fanrata il 5 luglio scorso ad Aquileia e ciulla (Fausta) offre al futuro imche potrà essere visitata sino al prossimo 3
novembre.
La mostra, organizzata dalla Fondazione
Aquileia
a
palazzo
Meizlik, si diffonde per
l’intero abitato del centro altoadriatico, individuando anche i poli
del Museo archeologico e della basilica patriarcale che, proponendo un “itinerario ragionato” e teso verso la restituzione storica e monumentale della stagione tardo antica della
città, con particolare attenzione per il momento costantiniano e per
l’episcopato teodoriano, inaugurano la grande svolta, all’indomani
delle devastanti persecuzioni dioclezianee e
agli esordi della stagioIscrizione musiva del vescovo Teodoro
ne della tolleranza.
(Aquileia, aula teodoriana meridionale, IV secolo)
La mostra «Costantino e Teodoro. Aquileia nel IV secolo», accompagnata da peratore, poco più che un ragazun accurato catalogo curato da Cri- zo, un prezioso elmo dorato temstiano Tiussi, Luca Villa, Marta No- pestato di gemme, crestato con le
vello (Milano, Electa, 2013, pagine piume di un raro volatile».
326), restituisce, in tutte le sfaccettaL’incontro tra i due rampolli
ture, la civiltà tardoantica osservata dovette svolgersi tra il 293 e il 296,
nel centro altoadriatico, inteso come alla presenza di Massimiano,
città defilata rispetto alle grandi me- quando Costantino stava per imtropoli del Mediterraneo, eppure barcarsi per l’Oriente, per concerniera saliente tra Oriente e Occi- giungersi agli eserciti di Diocleziadente, ma anche sede di soggiorno no e Galerio. Ebbene, se alcuni
o, comunque, di passaggio degli im- studiosi hanno messo in dubbio la
peratori. Un anonimo panegirista storicità dell’episodio e l’esistenza
di FABRIZIO BISCONTI
di un vero e proprio palazzo imperiale o, comunque, di una residenza tanto sontuosa da ospitare
un incontro e una frequentazione
di questo livello, la riconsiderazione di rinvenimenti archeologici
pregressi, vicino al grande circo —
che hanno restituito, tra l’altro, alcune statue e una decina di enormi clipei marmorei con i busti di
divinità, alcuni dei quali esposti
nella mostra di cui si sta ragionando — porta a pensare a una residenza di alto rango proprio in
questo sito, riproducendo il binomio palazzo-circo che ritroviamo
nelle metropoli antiche di Roma,
Milano, Treviri, Salonicco, Costantinopoli, Sirmium.
Una figura estremamente significativa, nel panorama cristiano
della tarda antichità, proprio
quando Costantino apre la strada
della tolleranza, deve essere considerata quella del vescovo aquileiese Teodoro, che partecipò al sinodo antidonatista di Arles nel 314,
come documenta specialmente la
sottoscrizione degli atti del concilio, secondo questa definizione:
episcopus de civitate Aquileiensi, provincia Dalmatia.
Una testimonianza archeologica
e architettonica ancora ben giudicabile certifica la sua attività concreta di vescovo-costruttore. Al
margine Sud-orientale della città è
ancora evidente il complesso episcopale, caratterizzato da una curiosa struttura, che vede due aule
parallele, prive di absidi, raccordate da una terza aula e munite di
un battistero. Il complesso, che si
propone come una sorta di domus
ecclesiae amplificata, tanto da occupare un’intera insula di 2500 metri
quadrati, è impreziosita dai tappeti
musivi, che interessano le due aule
parallele, con gioiosi temi cosmici
di tipo zoomorfo, stagionale e augurale, ma anche con le scene cristiane di Giona e del Buon Pastore. Rari lacerti pittorici delle pareti
e del soffitto, ora restaurati, possono essere apprezzati nella mostra
in corso. Una preziosa iscrizione per interesse il grande mosaico del
inclusa in un clipeo dell’aula meri- «pastore dall’abito singolare» redionale celebra il vescovo commit- staurato proprio in questi mesi e
tente: Theodorus felix / adiuvante che, da solo, costituisce un motivo
Deo / omnipotente et / poemnio cae- per visitare l’esposizione di Palazzo
litus tibi / traditum omnia / beate Meizlik. Il tappeto musivo, restaufecisti et / gloriose dedicas/ti («O rato già in antico, presenta un paTeodoro beato, con l’aiuto di Dio store all’interno di un grande clionnipotente e del gregge a te affi- peo, impreziosito dalle personificadato da cielo, hai potuto felice- zioni delle stagioni. La figurazione
mente ultimare tutte queste opere non allude alla parabola della pecorella smarrita, ma vuole celebrare
e solennemente dedicarle»).
Da questo testo e da una secon- il dominus, che emula, con audacia
da epigrafe dell’aula settentrionale
— (Theod)ore felix / hic crevisti / hic
felix — si evince che il primate
della Chiesa aquileiese, proprio mentre organizzava la
comunità e la dotava di
un edificio di culto solenne e decorato, riconosce il contributo
del suo gregge, in
questa opera “costruttiva”, tanto è
vero che alcuni fedeli, di lì a poco, parteciparono concretamente all’impresa,
donando
porzioni
più o meno abbondanti del mosaico pavimentale, come si desume dalle iscrizioni, che
menzionano questi gesti
evergetici.
L’aristocrazia aquileiese
della prima metà del IV
Mosaico pavimentale con «pastore dall’abito singolare»
secolo, d’altra parte, sem(Aquileia, Fondazione Aquileia, IV secolo)
bra partecipare dello stesso atteggiamento autorappresentativo dell’imperatore e del e una buona dose di esibizionismo,
vescovo, come dimostrano le son- l’atteggiamento e la persona del vetuose domus rinvenute in passato o scovo e dell’imperatore, rappresenpiù recentemente nella città. Molte tando il ceto e la mentalità degli
di queste hanno restituito grandi “ultimi pagani” che accedono con
triclini mosaicati, con temi estre- sussiego e ambizione alla societas
mamente simili a quelli impiegati cristiana della città, contribuendo
per il programma decorativo delle con sostanze e idee alla costruzione
aule teodoriane e che, per questo, della nuova civitas aquileiese, confurono considerati erroneamente notata e guidata da una figura inedita, ma volitiva, come Teodoro, sioratori cristiani.
A questo riguardo, nella mostra gnore, pastore, dominus ed episcoorganizzata ad Aquileia, emerge pus del popolo di Dio.
carli tutti, ma in fondo i thriller di
Dan Brown sono una lettura da
spiaggia senza pretese, e in questo
caso la Commedia di Dante è solo un
pretesto narrativo, una scenografia
dipinta a tinte forti per facilitare il
lavoro agli sceneggiatori che porteranno ben presto Inferno sul grande
schermo.
Quello che produce un leggero fastidio sono le prediche eugenetiche
contenute in un libro che simpatizza
apertamente con il cattivo, uno
scienziato pazzo che ha perso il lume dell’intelletto perché incompreso
dalle ottuse menti oscurantiste dei
contemporanei. Uno psicopatico pericoloso che però, in realtà — secondo la quasi totalità dei personaggi, e
quindi anche secondo l’autore — ha
ragione.
I transumanisti di Bertrand
Zobrist sono l’ennesimo travestimento del “super uomo” di Nietzsche,
unito in un cocktail letale per il lettore a deliri malthusiani sui pericoli
della sovrappopolazione, ampiamente confutati già dalla fine del Settecento ma citati come scientificamente attendibili. «Il fine giustifica i
mezzi» spiega l’autore, attribuendo
ovviamente la frase a Machiavelli
anche se nei testi dello scrittore toscano non c’è, come si può comodamente leggere su Wikipedia; quel
che è certo è che l’umanità, secondo
quella ristretta élite che si sente autorizzata dalla propria presunta superiorità a decidere per il bene di
tutti, deve essere drasticamente sfoltita, epurata, selezionata. Le guerre
in corso non bastano, servirebbe una
bella epidemia globale. Peccato che
la peste nera sia un ricordo del passato (o forse no, se la tecnologia lo
consente). Tutto si fonda sulla convinzione che l’uomo è un essere
“sbagliato” da riprogrammare; il fatto che gradisca o meno di essere riprogrammato è un dettaglio irrilevante. Viene ribadito più volte, nel
corso del libro, il disprezzo per il
gregge umano che non accetta di essere migliorato, e per quelle masse
ottuse che si ostinano inesplicabilmente ad amare la vita, a fidarsi di
quello che vedono e vivono tutti i
giorni piuttosto che dar credito a
schemi matematici astratti, basati su
presupposti sbagliati e più volte
smentiti dalla storia. Una propaganda, questa sì, davvero virale e tossica, che suona grottesca e fuori tempo massimo nel lungo inverno demografico che ha colpito buona parte dell’europa e del mondo.
Attraverso il personaggio del Rettore — un cattivo un po’ meno cattivo degli altri — l’autore sembra quasi
descrivere, consapevolmente o meno,
se stesso. «Io mi guadagno da vivere
con l’inganno. Io fornisco disinformazione» dice il capo del Consortium mentre veleggia al largo
dell’Italia a bordo dello yacht Mendacium (nomen omen) preoccupato
dalla punizione karmica che si abbatte su chi frequenta troppo spesso
la mistificazione. «Il Rettore non era
certo l’unico al mondo a fabbricare
menzogne (...) Che si trattasse di sostenere un mercato azionario, giustificare una guerra, vincere un’elezione o stanare dei terroristi, i mercanti
di potere si affidavano a programmi
di disinformazione di massa per plasmare l’opinione pubblica. Era sempre stato così».
Qualche battuta davvero spiritosa
c’è nelle 522 pagine del libro, come
l’allegro cinismo dell’editor americano Jonas Faukman, un personaggio
che purtroppo fa un’apparizione fugace: «Non abbiamo a disposizione
jet privati per gli autori di tomi sulla
storia delle religioni — spiega
Faukman rispondendo alla richiesta
di aiuto di Langdon che lo ha tirato
giù dal letto alle quattro di mattina,
incurante dei fusi orari — Se hai intenzione di scrivere Cinquanta sfumature di iconografia ne possiamo
parlare».
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 6
lunedì-martedì 12-13 agosto 2013
Quell’impronta indelebile impressa alla comunità fondata da frère Roger
Papa Roncalli
la misericordia e Taizé
udienze seguirono, a tal punto significative, che portarono frère Roger a
dichiarare che Giovanni XXIII era
stato colui che aveva impresso una
impronta indelebile alla comunità di
Taizé. Per frère Roger, Papa Giovanni incarnava questo spirito di misericordia. Chi non l’ha avvertito? Ancora oggi il visitatore della tomba di
Giovanni XXIII ode sussurrare tra la
folla — spesso sono i genitori che
spiegano ai figli — «questa è la tomba del “Papa buono”».
In questo cinquantesimo anniversario del concilio, è spesso citato il
discorso con il quale Papa Roncalli
ha inaugurato il Vaticano II. Si deve
esserne lieti: ma sorprende constatare come nei mesi e negli anni successivi a questo discorso, la sua ricchezza sia sfuggita anche a uomini di
Chiesa che erano stati chiamati a
svolgere un ruolo di primo piano
nella assise ecumenica. Il che fece sì
che alcuni osservassero: ma non vi è un
programma in questo
concilio!
In realtà, questo discorso era programmatico per il concilio
L’amicizia e la consonanza spirituale tra Papa
e forse per tutta la
Roncalli e frère Roger sono ricordate, a otto anni
Chiesa, per farla endalla morte del fondatore della comunità
trare in una tappa
ecumenica della Borgogna, avvenuta il 16 agosto
nuova della sua sto2005, da «Omnis terra», mensile del Segretariato
ria. Questo discorso
internazionale della Pontificia unione missionaria,
ha impresso al conciin un articolo di cui pubblichiamo ampi stralci
lio il suo stile. Ricerdella prima parte.
che recenti hanno offerto ulteriore conferma di quanto Papa
Giovanni XXIII tenesbreve, con frère Roger. Molti hanno se a questo discorso, pronunciato l’11
parlato del suo sguardo, uno sguar- ottobre 1962. Egli diceva: «È farina
do di benevolenza (sinonimo per lui del mio sacco». Ora, in questo didi misericordia) che essi ebbero a scorso, la parola «misericordia»
sperimentare, e che fece loro perce- esprimeva il modo in cui il Pontefice
pire, in quello sguardo, qualcosa di vedeva il compito del concilio e il
diverso dal loro modo usuale di volto che la Chiesa avrebbe dovuto
guardarsi. Uno sguardo migliore del mostrare.
loro, che donava desiderio di vivere.
La misericordia crea uno spazio
In tale visione della Chiesa, un che lascia emergere la verità; se nella
uomo ebbe a svolgere un ruolo di vocazione ecumenica questo signifiprimo piano, un uomo che frère Roca dirigersi verso la più grande veriger conobbe assai bene, di nome
tà, verso la pienezza della fede, alloGiovanni. Si tratta, naturalmente di
Papa Giovanni XXIII che frère Roger ra si comprenderà che la misericorincontrò più volte. La prima udienza dia, lo spirito di misericordia è di
risale ai primi giorni del pontificato primaria importanza. Giovanni XXIII
di Roncalli. Il cardinale Gerlier, arci- ha voluto aprire nuove vie che vanvescovo di Lione, che sosteneva for- no in questa direzione, specialmente
temente frère Roger, volle che que- con il concilio Vaticano II, dal quale
sto incontro avvenisse proprio all’ini- vennero gli inviti da lui rivolti ai
zio del pontificato di Papa Giovan- non cattolici che furono chiamati a
ni, e infatti così avvenne. Frère Ro- partecipare al concilio come osservager e frère Max furono ricevuti dal tori. Si sa che la loro presenza ha
Pontefice il 7 novembre 1958. Altre avuto influenza sulla stesura dei dodi
FRATEL
EMILE
Frère Roger, il nostro fondatore,
all’inizio della sua vita a Taizé aveva
scritto questa preghiera: «Conservaci, Cristo Signore, nello spirito delle
beatitudini: gioia, semplicità, misericordia»; preghiera che egli ha recitato ogni giorno per molti anni. Voleva infatti lasciarsi impregnare da
queste realtà evangeliche e in modo
particolare da quella della misericordia. Più tardi dirà: «Non vi è nulla
di più grave che perdere lo spirito di
misericordia». Ogni forma di durezza era per lui una infedeltà nei confronti del mistero della Chiesa.
Penso ancora alle numerose lettere
e testimonianze nelle settimane e nei
mesi che seguirono la sua morte.
Tante furono le lettere giunte da
parte di persone che desideravano
esprimere quel che aveva significato
per loro un incontro, pur se molto
Un tesoro comune
cumenti. Il contrasto con le altre
epoche è evidente.
La Controriforma cattolica è stata
caratterizzata dalla necessità di distinguersi dall’altro, di assumere
l’opinione contraria a quella dell’altra confessione. Si è venuta così costituendo una identità artificiale. Se
una data confessione afferma la tale
verità, allora l’altra confessione si
impegnerà subito a sottolineare
energicamente l’opposto, con il rischio di sviluppare troppo alcuni
elementi della fede trascurando gli
altri. Il padre Congar cambiò profondamente la situazione e la comprensione dell’ecumenismo, ponendo
la questione ecumenica dentro la
questione della cattolicità. Egli comprese che l’ecumenismo non era un
ambito particolare. Infatti, è per essere più pienamente se stessa, per vivere pienamente la sua cattolicità
che la Chiesa deve essere “una”. Ed
è sforzandosi di realizzare in pienezza la grazia della sua cattolicità che
la Chiesa compie la sua vera opera
ecumenica. Congar ha scritto: «Finalmente, l’ecumenismo non voluto,
non espresso, l’ecumenismo nella
sua sola dimensione o qualità interna, era il più efficacemente ecumenico». Il fatto di opporsi sistematicamente alla confessione contraria ha
causato un impoverimento nella dottrina. Molte realtà esistenti nella Riforma, specie il principio “personale”, esistono anche nella grande tradizione cattolica. Ma poiché la Riforma insisteva su questo punto, la
Controriforma cattolica si oppose,
per cui vennero accantonati degli
elementi che avevano il loro posto
prima della divisione dei cristiani.
L’elemento personale venne così abbandonato per cedere il posto a quel
che si potrebbe chiamare “oggettivismo”. Potremmo menzionare esempi
simili in altri campi, come quello
della successione apostolica. Questo
fece dire un giorno al padre Henri
de Lubac: «È un grande male aver
appreso il catechismo contro qualcuno». Uno dei mali è senza dubbio
l’impoverimento, quel che Congar
ha chiamato un «deficit di cattolicità».
Divenire consapevoli del bisogno
dei doni e dei carismi delle altre
Chiese per una espressione più completa della cattolicità, significa prendere coscienza dell’urgenza dell’ecumenismo. L’ecumenismo non è una
questione di diplomazia. Giovanni
Paolo II diceva che è uno scambio di
doni. Ed è anche la presa di coscienza che tutti i doni che Dio ha elargito al suo popolo sono necessari per
far fronte alle nuove sfide. Recentemente, frère Alois, che è succeduto a
frère Roger come priore della comunità a Taizé, lanciava questo appello
alla riconciliazione dei cristiani:
«Come rispondere alle nuove sfide
delle nostre società, specie quelle
della secolarizzazione e della mutua
comprensione tra le culture, senza
riunire i doni dello Spirito Santo deposti in tutte le famiglie cristiane?».
Non si può dimenticare che i conflitti e le guerre tra cristiani sorsero
proprio nell’epoca in cui un mondo
nuovo stava nascendo. Con il rinascimento e i due secoli che seguirono, in particolare con la fine del XVII
secolo, assistiamo a quel che Paul
Hazard chiamò «la crisi della coscienza europea». Una nuova sensibilità, una nuova coscienza stavano
emergendo. Invece di cercare come
incarnarvi il Vangelo e la fede in
Cristo, i cristiani si lasciarono coinvolgere nelle dispute tra confessioni.
La loro assenza nelle questioni nascenti contribuì ad allargare il fossato tra fede e cultura. Questa assenza
è stata poi tradotta in “deficit di cattolicità”. Padre Congar descriveva il
fenomeno in questo modo: «Ne risultò che un’immensa parte dell’attività umana, tutta una crescita di
umanità, di carne umana — la vita
moderna con la sua scienza, le sue
miserie, le sue grandezze — non ha
avuto in se stessa l’Incarnazione del
Verbo; la Chiesa non ha dato la sua
anima a questo corpo che si estendeva e che doveva, come ogni valore
umano, ricevere la comunicazione
dello Spirito di Cristo per divenire
così il suo corpo e rendere gloria a
D io».
Non fu dunque senza ragione che
Papa Giovanni XXIII chiamò i padri
Congar e de Lubac come esperti al
concilio. E quando si verificarono
dei blocchi piuttosto seri nella Commissione incaricata di preparare lo
schema sulla Divina Rivelazione,
Giovanni XXIII prese allora l’iniziativa di formare una commissione mista con un numero uguale di persone scelte sia nella Commissione dottrinale che nel Segretariato per l’unità dei cristiani. Questo fatto ebbe
delle conseguenze considerevoli per
il concilio, e si tradusse anche, come
egli ebbe a sottolineare, in un modo
di concepire l’approfondimento della
verità cristiana. Attribuire una tale
importanza a un nuovo organismo,
come era il Segretariato per l’unità
dei cristiani, era un modo per indicare che la Chiesa cattolica desiderava mettersi all’ascolto delle altre confessioni per cercare la verità insieme
Corso estivo dedicato ai giovani promosso dal Consiglio ecumenico delle Chiese a Bossey
Costruttori di una comunità aperta al dialogo
di RICCARD O BURIGANA
«Il corso vuole essere un’occasione
speciale per rendere possibile l’incontro, la conoscenza, il superamento di pregiudizi in modo da favorire
la comprensione di cosa i giovani
possono e devono fare per costruire
una comunità aperta al dialogo tra
le religioni»: con queste parole gli
organizzatori spiegano l’obiettivo di
Building an interfaith community,
iniziativa promossa dal 12 al 30 agosto dal Consiglio ecumenico delle
Chiese a Bossey, in Svizzera, presso
la sede dell’Istituto di studi ecumenici. Il corso, che ha alle spalle una
tradizione pluriennale, è rivolto ai
giovani fra i 18 e i 35 anni, provenienti da varie comunità ecclesiali e
religiose: dagli Stati Uniti alla Nigeria, dall’Egitto alla Svezia, da Israele
ai Territori palestinesi.
Ai partecipanti viene chiesto di
condividere per tre settimane le speranze e le difficoltà del dialogo ecumenico e del dialogo tra le fedi a
partire dalla conoscenza dell’identità
di ciascuna persona presente all’incontro. Proprio il tema della reciproca conoscenza costituisce l’elemento
centrale di un corso che è stato pensato dal World Council of Churches
(Wcc) nella prospettiva di promuovere il dialogo a partire dalla definizione di una strada con la quale vivere l’unità della Chiesa nella quotidianità della testimonianza della fede. Si vuole così riaffermare che è
fondamentale per lo sviluppo del
dialogo la scoperta di ciò che già
unisce i cristiani e di ciò che invece
ancora li divide, dopo aver preso coscienza di quanto importante sia la
rimozione di pregiudizi e incomprensioni che, talvolta, impediscono
un ulteriore sviluppo del cammino
ecumenico.
A Bossey i giovani sono chiamati
a interrogarsi su come vivere la fede,
secondo la tradizione cristiana alla
quale appartengono, in uno spirito
ecumenico, così da valorizzare le differenze senza rimanere prigionieri di
una storia fatta di silenzi e di un
presente di paure, affrontando le sfide degli anni Duemila imposte da
una società sempre più secolarizzata.
Per questo il corso pone l’accento
sul fatto che i cristiani devono impegnarsi nella costruzione di una comunità in grado di rispondere a tante questioni, le quali sembrano rendere difficile l’annuncio evangelico
in un mondo nel quale spesso prevalgono valori distanti dal cristianesimo. Tra le sfide della società contemporanea, un posto di rilievo
spetta alla testimonianza ecumenica
contro ogni forma di violenza e di
conflitto, che è un tema sul quale il
Wcc, fra l’altro, si è a lungo interrogato in questi ultimi anni, trovando
collaborazione anche con la Chiesa
cattolica. La denuncia e la lotta contro ogni forma di violenza, come
primo passo per la costruzione di
una società fondata sulla giustizia e
sulla pace, costituisce un elemento
fondamentale per lo sviluppo dei
rapporti tra le comunità, tanto più
che esso apre la strada al dialogo
con le altre religioni, suscitando collaborazione con altri ambienti della
società contemporanea.
Proprio la dimensione del dialogo
tra le religioni costituisce un elemento centrale del corso, così come per
l’azione del Consiglio ecumenico
delle Chiese che ha riaffermato la
necessità di trovare delle nuove forme per costruire dei percorsi educativi con i quali definire i valori comuni a tutte le fedi, proprio nel rispetto dei diritti umani. Su questo
punto si è sviluppata una forte collaborazione ecumenica, anche grazie
all’attiva partecipazione della Chiesa
cattolica che, in tanti Paesi, ha proposto iniziative concrete per favorire
tale cammino di conoscenza tra le
fedi, rilanciando la necessità di una
comune testimonianza ecumenica
nella difesa dei valori umani.
Il corso comprende momenti di
preghiera, incontri con docenti ed
esperti, lavori di gruppo, condivisione di esperienze e visite. Il programma prevede la lettura e il commento
dei testi sacri delle religioni; per
quanto riguarda la sacra Scrittura si
tratta di favorire la comprensione
della ricchezza delle interpretazioni
esegetiche, che per secoli hanno costituito un ostacolo al dialogo ecumenico. Al tempo stesso il richiamo
alla Scrittura vuole sottolineare la
centralità del testo biblico nella vita
dei singoli e delle comunità cristiane
nella prospettiva di vivere l’ecumenismo nella quotidianità dell’esperienza di fede. Un’attenzione particolare
è rivolta anche alla dimensione della
spiritualità delle religioni come spazio privilegiato per comprendere
quanto può aiutare il dialogo tra le
religioni: per questo a ogni parteci-
pante viene chiesto di presentare il
proprio patrimonio spirituale in un
tempo e in uno spazio ben definito
in modo da riaffermare l’idea di come il dialogo debba svilupparsi proprio nella conoscenza delle identità
di ogni tradizione religiosa, tanto
più per il dialogo ecumenico che deve vivere l’unità nella diversità.
Durante le tre settimane, oltre a
un incontro con il reverendo Olav
Fykse Tveit, segretario generale del
Wcc, i giovani avranno anche la
possibilità di ascoltare docenti
dell’Istituto di Bossey, responsabili
di diversi programmi del World
Council of Churches: si tratta di uomini e donne impegnate nel dialogo
interreligioso, come Ibrahim Aladoofi, ex ambasciatore dello Yemen
presso le Nazioni Unite, e il rabbino
Marc Raphaël Guedj, direttore della
Fondazione Racines et Sources di
Ginevra. I relatori introdurranno le
grandi religioni (cristianesimo, ebraismo e islam) o alcuni temi, come la
responsabilità delle religioni nella
salvaguardia del creato, sui quali i
partecipanti saranno poi chiamati a
lavorare nei gruppi di studio, definendo dei programmi per costruire
una comunità interreligiosa. Il corso,
come ha ricordato Kelly Brownlee,
coordinatrice del programma di formazione del Wcc, vuole essere un
momento di conoscenza per il dialogo così da riaffermare quanto sia importante l’impegno ecumenico dei
cristiani nel rimuovere ostacoli alla
collaborazione tra uomini e donne
di fedi diverse e per la costruzione
della pace nel mondo.
a loro. Vi è anche la manifestazione
di una benevolenza, di una simpatia
per quel che l’altro ha da dire e da
esprimere.
Quel che sto cercando di esprimere è in completa consonanza con il
bel testo del Gruppo di Dombes intitolato Pour la conversion des Eglises.
Cito dal volume la frase seguente:
«Quando i cristiani riconoscono che
la loro Chiesa confessionale difetta
di ecclesialità a motivo della divisione, il processo della conversione ecclesiale e confessionale alla piena
cattolicità diviene di nuovo possibile». Il Gruppo di Dombes ha opportunamente
sottolineato
che
«l’identità cristiana non è statica ma
dinamica. Essa è decentramento,
esodo, passaggio, movimento pasquale. L’identità cristiana è sempre
un divenire cristiano. Essa è apertura
a un al di là escatologico che la
spinge senza sosta in avanti e le impedisce di ripiegarsi su se stessa. Essa è quindi una apertura radicale
agli altri, oltre tutti i muri di separazione. Una identità che si fossilizza
o si ripiega su se stessa si corrompe
e giunge a perdersi. Una identità viva in effetti non si completa mai: essa è sempre in costruzione. Solo
l’avvenire svelerà definitivamente la
nostra identità». Come ben si esprime lo stesso documento: «Non si
tratta, per le confessioni, di perdere
l’originalità della propria eredità, ma
di potersi aprire alle altre eredità».
In questo senso «la conversione è
qui costitutiva di una identità che
vuole restare viva e semplicemente
fedele a se stessa».
L’OSSERVATORE ROMANO
lunedì-martedì 12-13 agosto 2013
pagina 7
A Parigi attiva d’estate l’associazione Août Secours Alimentaire
Fondazione Migrantes sulla sciagura di Catania
I poveri bisogna saperli vedere
Nuove norme
per l’accoglienza
PARIGI, 12. Sono tanti a Parigi i volontari che assicurano l’assistenza ai
poveri e agli emarginati in questi
giorni d’estate. In prima linea vi sono i trecento collaboratori dell’associazione Août Secours Alimentaire, i
quali operano nelle parrocchie del
centro e della periferia, con il motto
«la fame non va in vacanza». La crisi economica e finanziaria sta producendo pesanti ripercussioni nel tessuto della società francese. Secondo
quanto emerge da un servizio pubblicato dall’agenzia Sir, dedicato
all’attività di questa organizzazione,
rispetto al 2012 le richieste di sostegno da parte degli indigenti e delle
persone in difficoltà sono aumentate
del 10 per cento. Il sostegno a coloro che soffrono non riguarda soltanto l’aspetto materiale, ma anche
quello morale e psicologico: «Si nutre il corpo, ma anche i cuori», sottolinea il direttore generale dell’associazione, Denis Brot.
Août Secours Alimentaire, creata
a Parigi nel 1994 grazie a un diacono, Pierre Lanne, svolge un ruolo
fondamentale: essa infatti offre i
suoi servizi durante l’estate, proprio
quando la maggior parte delle altre
organizzazioni caritative chiudono
per ferie. Sono oltre un centinaio le
strutture che, specialmente ad agosto, cessano temporaneamente di
fornire assistenza, lasciando un vuoto nella copertura dei servizi sociali.
Août Secours Alimentaire è nel tempo cresciuta grazie al generoso contributo di fedeli e cittadini che, con
le loro donazioni, assicurano un
flusso costante di aiuti. L’associazione collabora con altre istituzioni e
organizzazioni: il Banque alimentaire, la Mairie de Paris e la Fondation
Notre-D ame.
Tre sono le principali linee d’azione: fornire pasti e altri generi di prima necessità; mettere a disposizione
luoghi di accoglienza per i senza
tetto; dare uno svago ai bambini
delle famiglie disagiate che sono costrette a restare in città. Il panorama
della solitudine è composto da tante
tristi realtà personali. Per il direttore
generale dell’associazione, più che la
fame a colpire le persone sono la solitudine e l’indifferenza, che proprio
in questo periodo estivo si fanno
più intense. «I poveri bisogna saperli vedere», spiega Brot. Spesso,
aggiunge, «dormono in strada, restano sotto i ponti, vivono nelle periferie e, per questo, si rivolgono ai
servizi sociali».
Il direttore generale passa quindi
a raccontare il sentimento di ango-
scia che assale coloro che si trovano
in difficoltà: «Ci sono persone che
si sentono veramente sole e abbandonate — afferma — e quando si trovano nei nostri centri quello di cui
hanno più bisogno è soprattutto di
poter parlare e di confidarsi con
qualcuno». E conclude: «Noi allora,
assieme al cibo, cerchiamo di offrire
un’accoglienza più calorosa possibile
che si fa ascolto, parola, ma soprattutto condivisione».
Sono circa trecento i volontari che
si stanno adoperando anche quest’anno per sopperire alla realtà di
una città “chiusa per ferie”. Le basi
che fanno da riferimento per l’assistenza sono soprattutto le parrocchie. Août Secours Alimentaire è
presente all’interno di cinque comunità parrocchiali di Parigi e in tre
punti diversi della banlieu: Colombes, Pantin e Créteil. Nella periferia
parigina si concentrano la maggior
parte degli immigrati. Il 10 per cento delle persone che chiedono aiuto
è rappresentato da senza fissa dimora e giovani immigrati privi di regolari documenti. Il 90 per cento, invece, è costituito da famiglie con
bambini, provenienti da nazioni africane: tra essi Algeria, Tunisia e Marocco. «Vengono qui in Francia per
trovare lavoro — ricorda il direttore
generale dell’associazione — ma una
volta entrati nel Paese non trovano
nulla e sprofondano in situazioni di
precarietà ed emarginazione estremamente difficili».
Oltre agli immigrati, un’altra significativa quota di persone biso-
previsioni, alla fine dell’estate saranno almeno seicentomila i pacchi di
cibo e altri mezzi di sussistenza che
verranno distribuiti tramite la rete
delle parrocchie. Si tratta di una cifra considerevole, circa quattromila
al giorno. Questi pacchi sono destinati a circa diecimila persone. Uno
sforzo intenso che, si conclude, viene portato avanti anche grazie alla
collaborazione delle istituzioni pubbliche, in primo luogo il Comune di
Parigi.
gnose di assistenza è quella degli
anziani. «Poi ci sono i pensionati
che abitano a Parigi — afferma Brot
— dove il costo degli affitti cresce
più velocemente dell’aumento delle
pensioni, gettando queste persone
anziane nella disperazione: la povertà di chi non riesce a comprare cibo
è una povertà estrema».
Le mense e le altre strutture di
Août Secours Alimentaire stanno
dunque funzionando a pieno regime
in questo mese di agosto: secondo le
CATANIA, 12. Davanti all’immagine
tragica dei sei cadaveri di immigrati
sulla spiaggia di Catania, «ritornano con forza le parole pronunciate
da Papa Francesco a Lampedusa
perché questi fatti non siano dimenticati a causa dell’indifferenza e
invitino a costruire nuove misure di
protezione internazionali e di cittadinanza globale». È quanto ha detto monsignor Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione
Migrantes, organismo promosso
dalla Conferenza episcopale italiana, a seguito dell’ennesima sciagura
dell’immigrazione avvenuta sabato
10 proprio a pochi metri dalla costa
catanese. Sei le vittime, tra le quali
un minorenne, tutti di nazionalità
egiziana, anche se, come è noto, il
barcone sul quale hanno compiuto
la traversata era pieno anche di profughi siriani.
Proprio quest’ultimo particolare
ha spinto il responsabile di Migrantes a una ulteriore riflessione che
coinvolge le responsabilità delle
istituzioni, non solo italiane ma anche e soprattutto dell’Unione europea. «La tragica morte dei sei immigrati — osserva monsignor Perego
— aumenta il numero delle vittime
nel nostro mare Mediterraneo».
Ma, aggiunge, «lo sbarco indica
non solo una nuova meta in Sicilia
ma anche un nuovo popolo in fuga: il popolo siriano che vive una
Il centoquarantesimo pellegrinaggio nazionale francese
Lourdes porta della fede
PARIGI, 12. Messe, catechesi, conferenze fanno da sfondo al pellegrinaggio nazionale francese a Lourdes che, iniziato l’11 agosto, si
concluderà venerdì 16. Si tratta della centoquarantesima edizione, animata dalla famiglia dell’Assunzione
e dedicata al tema «Lourdes una
porta per la fede». Vi partecipano
migliaia di persone provenienti da
tutta la Francia, membri di oltre
venti comitati regionali. Momento
culminante sarà la veglia di preghiera in programma il 15 agosto. A
presiedere il pellegrinaggio è il vescovo di Le Havre, Jean-Luc
Brunin.
Celebrazione ad Assisi per la festa di santa Chiara
L’amore di Dio riguarda ogni uomo
ASSISI, 12. L’amore di Dio non riguarda solo i consacrati e i sacerdoti, ma si rivolge a ogni singolo uomo: lo ha sottolineato il cardinale
Paolo Sardi, patrono del Sovrano
Militare Ordine di Malta, presiedendo, domenica 11 ad Assisi, la celebrazione per la festa di santa
Chiara. Oltre al vescovo di AssisiNocera
Umbra-Gualdo
Tadino,
monsignor Domenico Sorrentino,
hanno concelebrato una trentina di
sacerdoti. Tra di essi anche il custode del Sacro Convento d’Assisi, padre Mauro Gambetti.
Nell’omelia, il cardinale Sardi si è
soffermato appunto sull’amore appassionato di Dio verso l’uomo;
amore che vale non solo per le anime consacrate ma per «ogni cristiano attraverso il battesimo. L’amore
appassionato di Dio vale per tutti
noi».
Prendendo spunto dalle letture
bibliche della festa, il porporato ha
affermato che «l’amore non guarda
né al passato, né al presente ma al
futuro perché Dio vuole comunicare
sempre più se stesso, vuole dare
sempre più senso alla vita della sua
creatura. Ma come poter coltivare
l’amore di Dio?», ha chiesto all’assemblea. «Attraverso il silenzio. Ci
vuol deserto per capire, per accogliere questa onda di amore che
scende a tutti noi», ha indicato,
enumerando poi alcuni mezzi: la
messa domenicale, la preghiera personale del mattino e della sera, la
preghiera in famiglia.
Secondo il porporato, «la messa
domenicale è un deserto, un mo-
Lettera alle clarisse del ministro generale dei frati minori
Per vivere la radicalità del Vangelo
ASSISI, 12. «Vi affido alla madre santa Chiara,
“immagine della Madre di Dio”, affinché possiate
vivere con la sua stessa passione e radicalità la
“perfezione del santo Vangelo” ed essere continuamente grate al Padre delle misericordie per il
dono della vostra vocazione». È quanto ha scritto
padre Michael Anthony Perry, dal maggio scorso
ministro generale dell’ordine francescano dei frati
minori, nella sua prima lettera alle clarisse per la
festa di santa Chiara.
Padre Perry, nel sottolineare l’importanza
dell’Anno della fede, invita a condividere alcune
riflessioni che, a partire dall’esperienza di Chiara,
«ci possano aiutare a vivere la nostra vita di fede
nel contesto attuale segnato da grandi cambiamenti, conflitti, povertà. Ascoltare, capire e farsi
carico di questa società e di questa storia che si
muovono in modo tanto veloce, e discernere con
intelligenza spirituale ciò che è irrinunciabile e
ciò che, proprio in fedeltà allo Spirito, è da ripensare, costituiscono per noi una sfida che non
possiamo disattendere. Ne va del senso stesso
della nostra esistenza di frati minori e sorelle povere». Del resto, aggiunge, «come rimanere indifferenti di fronte alla violenza e all’odio che alimentano le guerre, alle tante povertà, allo sfruttamento del creato, alla crisi economica che rischia
di farci perdere di vista che l’uomo è più importante del denaro e degli affari, ai tanti giovani
privati del futuro e spesso anche della speranza,
alle tante persone ridotte in schiavitù a cui è stata
rubata la dignità?».
In questo senso, prosegue il ministro generale
rivolgendosi alle clarisse, «a voi, nel contesto sto-
rico in cui viviamo, è chiesto di vivere una maternità tutta speciale. Accogliere e generare vita
nuova attraverso un’amicizia sincera, un’accoglienza generosa, una parola solida, una preghiera vera, un silenzio che custodisce. E ciò vi sarà
possibile nella misura in cui farete spazio al Signore nella vostra vita, affidando a Lui la vostra
anima, perché possa dimorare in essa. Ascoltiamo
le profonde parole di Chiara: “Ecco, è ormai
chiaro che per la grazia di Dio la più degna tra
le creature, l’anima dell’uomo fedele, è più grande del cielo, poiché i cieli con tutte le altre creature non possono contenere il Creatore, mentre la
sola anima fedele è sua dimora e sede, e ciò soltanto grazie alla carità di cui gli empi sono
privi”».
mento di silenzio, in cui ascoltiamo
la Parola di Dio, ci nutriamo del
suo corpo e sangue per riprendere
con più determinazione la strada
della vita. Il dialogo che conta è
quello con Dio. Bisogna creare spazi di silenzio per lasciare Dio parlare al nostro cuore».
Facendo poi riferimento all’apostolo Paolo, Sardi ha spiegato all’assemblea che, anche se l’amore di
Dio è un tesoro che portiamo in vasi di creta, non dobbiamo avere
paura. Ci sono e ci saranno mancanze, fallimenti e cadute. «Ma sappiate che Dio ci perdona sempre. Il
problema è che noi ci stanchiamo di
chiedere perdono», ha aggiunto citando Papa Francesco.
Il patrono del Sovrano Militare
Ordine di Malta ha quindi incoraggiato i fedeli a non perdersi d’animo: «Questo è il tesoro che ci hanno lasciato san Paolo e santa Chiara. Quest’ultima, nonostante la malattia e le tribolazione, ha perseverato e ciò le procurava una gioia smisurata. Ci vuole perseveranza», ha
insistito aggiungendo che «rimanere
in Cristo e perseverare è la stessa
cosa. Se rimaniamo concretamente
in lui con l’aiuto dei sacramenti
possiamo portare frutto, perché senza di Lui non possiamo fare nulla».
Durante la processione offertoriale, oltre ai ceri offerti dalla città di
Assisi, è stato presentato un antico
coprimessale in argento appena restaurato che raffigura san Francesco
e santa Chiara.
Il restauro ha permesso di risalire
all’autore, il maestro argentiere romano Simone Migliè, e al periodo
dell’opera, tra il 1720 e il 1752. (jeanbaptiste sourou)
drammatica situazione di guerra civile». Infatti, «fino a oggi la maggior parte dei profughi siriani si dirigeva verso i Paesi confinanti, in
particolare verso il Libano». Proprio in questo senso, pertanto, «i
nuovi arrivi sono un segnale importante da leggere e che invitano ancora una volta a costruire canali
umanitari che accompagnino le persone e le famiglie in fuga, ma anche chiedono un migliore investimento di risorse e un nuovo programma di accoglienza in Europa
per i rifugiati e le persone costrette
a una migrazione forzata».
Il cardinale Bagnasco
San Lorenzo
e la Chiesa
vicina alla gente
GENOVA, 12. La Chiesa non è un
luogo o uno spazio riservato alle
élite, ma è una realtà di popolo,
per questo è vicina alla gente e
si interessa della realtà sociale. È
quanto, in sintesi, ha sottolineato
il cardinale arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco, presidente
della Conferenza episcopale italiana, in occasione della festa di
san Lorenzo, patrono del capoluogo ligure. «In questo popolo
— ha detto il porporato
nell’omelia — c’è posto per tutti,
perché la misericordia del Signore è sconfinata, ma i bisognosi e
gli umili hanno un rilievo speciale: sono beati. La Chiesa, dunque, non è la Chiesa di categorie, di gruppi elitari, di iniziati;
oppure la Chiesa dei giovani o
degli anziani, degli uomini o
delle donne. Essa ci accoglie tutti come siamo, con i nostri doni
e le nostre miserie, con la nostra
bontà e i nostri peccati. Per questo la Chiesa è vicina alla gente
là dove vive — la casa, il lavoro,
il tempo libero — ma anche la
famiglia o la solitudine, la salute
e la malattia, la gioia e la sofferenza. Non c’è nessun momento,
nella parabola terrena, che non
veda la vicinanza materna della
Chiesa che porta la lampada della fede».
Richiamandosi poi direttamente alla testimonianza di san
Lorenzo, il cardinale Bagnasco
ha sottolineato un altro aspetto:
«La fede non riguarda solo la vita interiore dei credenti, ma anche i rapporti tra gli uomini e
quindi il loro stare insieme, la vita sociale. Essa ci dice che Dio è
amore e che ha cura di ognuno:
il suo disegno di salvezza abbraccia l’umanità intera e la creazione. Dimenticare questa realtà
significa perdere ciò che, in qualunque situazione, rende preziosa la vita umana». Infatti,
«quando la città degli uomini —
per costruire se stessa — si affida
solo all’uguaglianza, rifiutando
l’istanza superiore che è l’essere
tutti fratelli perché figli di Dio,
allora è come un edificio costruito sulla sabbia: la convivenza si
corrompe, e il bene comune diventa una bandiera sventolata
ma tradita. Senza la fede, come
potremmo pensare di “toccare”
nei poveri la carne di Cristo,
cioè la carne di Dio?». Quanto
alla realtà sociale italiana, l’arcivescovo di Genova ha detto che
«i segnali positivi sono l’inizio
dell’alba, ma troppa gente attende il giorno per non perire. Tutti
auspichiamo che i cenni di ripresa diventino realtà per tutti. Bisogna fare e fare in fretta. Ogni
autorità, a qualunque livello, deve accelerare i tempi».
†
La Segreteria di Stato comunica che è
deceduto il
Signor
D OMENICO GALLO
padre di don Piero Gallo, Officiale
della Segreteria di Stato, in servizio
presso la Sezione Rapporti con gli
Stati.
I Superiori e i Colleghi partecipano
al dolore di don Gallo e a quello dei
familiari, assicurando loro vicinanza
spirituale e ricordo nella preghiera.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 8
lunedì-martedì 12-13 agosto 2013
All’Angelus il Papa ricorda che l’amore di Dio dà senso alla vita
Il vero tesoro dell’uomo
Ai fratelli musulmani l’invito a promuovere il reciproco rispetto
«Il cristiano è uno che porta dentro di
sé un desiderio grande». Lo ha
ricordato il Papa all’Angelus dell’11
agosto, in piazza San Pietro,
prendendo spunto dal brano del
vangelo di Luca proposto dalla liturgia
della diciannovesima domenica del
tempo ordinario.
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Il Vangelo di questa domenica (Lc
12, 32-48) ci parla del desiderio
dell’incontro definitivo con Cristo,
un desiderio che ci fa stare sempre
pronti, con lo spirito sveglio, perché
aspettiamo questo incontro con tutto
il cuore, con tutto noi stessi. Questo
è un aspetto fondamentale della vita.
C’è un desiderio che tutti noi, sia
esplicito sia nascosto, abbiamo nel
cuore, tutti noi abbiamo questo desiderio nel cuore.
Anche questo insegnamento di
Gesù è importante vederlo nel contesto concreto, esistenziale in cui Lui
lo ha trasmesso. In questo caso,
l’evangelista Luca ci mostra Gesù
che sta camminando con i suoi discepoli verso Gerusalemme, verso la
sua Pasqua di morte e risurrezione, e
in questo cammino li educa confidando loro quello che Lui stesso
porta nel cuore, gli atteggiamenti
profondi del suo animo. Tra questi
atteggiamenti vi sono il distacco dai
beni terreni, la fiducia nella provvidenza del Padre e, appunto, la vigilanza interiore, l’attesa operosa del
Regno di Dio. Per Gesù è l’attesa
del ritorno alla casa del Padre. Per
noi è l’attesa di Cristo stesso, che
verrà a prenderci per portarci alla festa senza fine, come ha già fatto con
sua Madre Maria Santissima: l’ha
portata al Cielo con Lui.
Questo Vangelo vuole dirci che il
cristiano è uno che porta dentro di
sé un desiderio grande, un desiderio
profondo: quello di incontrarsi con
il suo Signore insieme ai fratelli, ai
compagni di strada. E tutto questo
che Gesù ci dice si riassume in un
famoso detto di Gesù: «Dov’è il vo-
stro tesoro, là sarà anche il vostro
cuore» (Lc 12, 34). Il cuore che desidera. Ma tutti noi abbiamo un desiderio. La povera gente è quella che
non ha desiderio; il desiderio di andare avanti, verso l’orizzonte; e per
noi cristiani questo orizzonte è l’incontro con Gesù, l’incontro proprio
con Lui, che è la nostra vita, la nostra gioia, quello che ci fa felici. Ma
io vi farei due domande. La prima:
tutti voi, avete un cuore desideroso,
un cuore che desidera? Pensate e rispondete in silenzio e nel cuore tuo:
tu, hai un cuore che desidera, o hai
un cuore chiuso, un cuore addormentato, un cuore anestetizzato per
le cose della vita? Il desiderio, andare avanti all’incontro con Gesù. E la
seconda domanda: dov’è il tuo tesoro, quello che tu desideri? — perché
Gesù ci ha detto: Dov’è il vostro tesoro, là sarà il vostro cuore — e io
domando: dov’è il tuo tesoro? Qual
è per te la realtà più importante, più
preziosa, la realtà che attrae il mio
cuore come una calamita? Cosa at-
Messaggio del Pontefice per la settimana nazionale della famiglia in Brasile
La vita garanzia di futuro
«I genitori sono chiamati a trasmettere, sia con le parole, sia, soprattutto con le opere, le verità fondamentali
sulla vita e l’amore umano, che ricevono una nuova luce dalla Rivelazione di Dio». Lo scrive Papa Francesco
in un messaggio inviato ai partecipanti alla Settimana
nazionale della famiglia 2013, che si svolge in Brasile
da domenica 11 a sabato 17 agosto e ha per tema: «La
trasmissione e l’educazione della fede cristiana nella famiglia».
Il Pontefice, rivolgendosi ai genitori, li incoraggia in
questa «nobile ed esigente missione» di essere i primi
collaboratori di Dio «nell’orientamento fondamentale
dell’esistenza e la sicurezza di un buon futuro». In mo-
do particolare, davanti alla cultura dello scarto che «relativizza il valore della vita umana», i genitori sono
chiamati a trasmettere ai loro figli «la coscienza che
questa deve essere sempre difesa, fin dal grembo materno, riconoscendo in esso un dono di Dio e garanzia
del futuro dell’umanità, ma anche nell’attenzione ai più
anziani, specialmente i nonni, che sono la memoria viva di un popolo e trasmettitori della sapienza di vita».
Alle famiglie brasiliane, in particolare, Papa Francesco chiede di essere «i più convincenti araldi della bellezza dell’amore sostenuto e alimentato dalla fede e come pegno della grazia dall’Alto, per intercessione di
Nostra Signora Aparecida».
trae il tuo cuore? Posso dire che è
l’amore di Dio? C’è la voglia di fare
il bene agli altri, di vivere per il Signore e per i nostri fratelli? Posso
dire questo? Ognuno risponde nel
suo cuore. Ma qualcuno può dirmi:
Padre, ma io sono uno che lavora,
che ha famiglia, per me la realtà più
importante è mandare avanti la mia
famiglia, il lavoro... Certo, è vero, è
importante. Ma qual è la forza che
tiene unita la famiglia? È proprio
l’amore, e chi semina l’amore nel nostro cuore è Dio, l’amore di Dio, è
proprio l’amore di Dio che dà senso
ai piccoli impegni quotidiani e anche aiuta ad affrontare le grandi prove. Questo è il vero tesoro dell’uomo. Andare avanti nella vita con
amore, con quell’amore che il Signore ha seminato nel cuore, con l’amore di Dio. E questo è il vero tesoro.
Ma l’amore di Dio cosa è? Non è
qualcosa di vago, un sentimento generico. L’amore di Dio ha un nome
e un volto: Gesù Cristo, Gesù.
L’amore di Dio si manifesta in Gesù. Perché noi non possiamo amare
l’aria... Amiamo l’aria? amiamo il
tutto? No, non si può, amiamo persone, e la persona che noi amiamo è
Gesù, il dono del Padre fra noi. È
un amore che dà valore e bellezza a
tutto il resto; un amore che dà forza
alla famiglia, al lavoro, allo studio,
all’amicizia, all’arte, ad ogni attività
umana. E dà senso anche alle esperienze negative, perché ci permette,
questo amore, di andare oltre queste
esperienze, di andare oltre, non rimanere prigionieri del male, ma ci fa
passare oltre, ci apre sempre alla
speranza. Ecco, l’amore di Dio in
Gesù sempre ci apre alla speranza, a
quell’orizzonte di speranza, all’orizzonte finale del nostro pellegrinaggio. Così anche le fatiche e le cadute
trovano un senso. Anche i nostri
peccati trovano un senso nell’amore
di Dio, perché questo amore di Dio
in Gesù Cristo ci perdona sempre, ci
ama tanto che ci perdona sempre.
Cari fratelli, oggi nella Chiesa facciamo memoria di santa Chiara di
Assisi, che sulle orme di Francesco
lasciò tutto per consacrarsi a Cristo
nella povertà. Santa Chiara ci dà
una testimonianza molto bella di
questo Vangelo di oggi: ci aiuti lei,
insieme con la Vergine Maria, a viverlo anche noi, ciascuno secondo la
propria vocazione.
Al termine della preghiera mariana il
Pontefice ha rivolto un saluto
particolare ai «fratelli» musulmani,
auspicando un impegno comune con i
cristiani «per promuovere il reciproco
rispetto».
Cari fratelli e sorelle,
ricordiamo che il prossimo giovedì è
la solennità di Maria Assunta. Pensiamo a Nostra Madre, che è arrivata al Cielo con Gesù, e quel giorno
facciamo festa a lei.
Vorrei rivolgere un saluto ai musulmani del mondo intero, nostri fratelli, che da poco hanno celebrato la
conclusione del mese di Ramadan,
dedicato in modo particolare al digiuno, alla preghiera e all’elemosina.
Come ho scritto nel mio Messaggio
per questa circostanza, auguro che
cristiani e musulmani si impegnino
per promuovere il reciproco rispetto,
specialmente attraverso l’educazione
delle nuove generazioni.
Saluto con affetto tutti i romani e
i pellegrini presenti. Anche oggi ho
la gioia di salutare alcuni gruppi di
giovani: anzitutto quelli venuti da
Chicago, in pellegrinaggio a Lourdes e a Roma; e poi i giovani di Locate, di Predore e Tavernola Bergamasca, e gli Scout di Vittoria. Ripeto anche a voi le parole che sono
state il tema del grande incontro di
Rio: «Andate e fate discepoli tra tutte le nazioni».
A tutti voi, e a tutti, auguro una
buona domenica, e buon pranzo!
Arrivederci!
Il cardinale Ortega y Alamino inviato speciale nel Paese centroamericano
Iniziativa promossa dalla Pontificia Accademia delle Scienze
Pace e riconciliazione per El Salvador
Quando l’educazione va a rete
«Pace, riconciliazione con se stessi e
nella società e rifiuto totale della
violenza»: sono queste le strade
maestre «per la nazione che porta il
nome del Salvatore del mondo». È
uno stile di vita cristiano, «regolato
dall’amore», quello che ha chiesto
con forza al popolo di El Salvador,
a nome di Papa Francesco, il cardinale cubano Jaime Lucas Ortega y
Alamino. Nella veste di inviato speciale pontificio il porporato ha presieduto domenica 11 agosto la messa
conclusiva delle celebrazioni per il
primo centenario dell’elevazione ad
arcidiocesi metropolitana di San Salvador e dell’erezione delle diocesi di
Santa Ana e di San Miguel, in coincidenza con la chiusura del quinto
congresso eucaristico nazionale.
Accanto a lui — nella grande spianata di Santa Tecla alla periferia della capitale, davanti a migliaia di persone — anche il cardinale honduregno Óscar Andrés Rodríguez Maradiaga e molti vescovi centroamericani, i presuli del Paese con oltre quattrocento sacerdoti e l’arcivescovo
Léon Kalenga Badikebele, nunzio
apostolico.
Il cardinale Ortega y Alamino ha
anche ricordato nell’omelia l’arcivescovo Romero, assassinato nel 1980,
auspicando di poterlo vedere presto
elevato all’onore degli altari. «In
questa Eucaristia lo sentiamo vicino
a noi» ha detto, ricordando la celebrazione che il vescovo «non poté
concludere». Un grande applauso
ha accolto il commosso ricordo di
monsignor Romero.
Il tema scelto per le celebrazioni
— «Camminando sempre con Cristo» — indica la giusta prospettiva,
ha affermato il cardinale, per puntare dritti al bene di tutto il popolo
salvadoregno. In particolare, l’inviato papale ha invocato la protezione
della Vergine Maria sul futuro del
Paese, perché «la pace e la speranza
fioriscano nel cuore» di ogni persona. E ha sollecitato i cristiani a puntare lo sguardo sull’essenziale del regno di Dio, mettendo una volta per
tutte da parte ciò che è superfluo o
legato esclusivamente ai beni materiali. Il cristianesimo, ha detto, è
uno stile di vita regolato dall’amore
e centrato sul servizio a Dio e al
prossimo: Gesù stesso ci ha dato la
testimonianza più grande, con
l’umiltà di lavare i piedi ai suoi discepoli. È dunque tempo, ha aggiunto il porporato, di togliere di
mezzo la tentazione di cedere all’orgoglio, alla superbia, all’ambizione
che portano a commettere ingiustizie
e anche violenze.
Fin dal suo arrivo nel Paese, l’8
agosto scorso, il cardinale Ortega y
Alamino aveva espresso la propria
gioia di rappresentare il Papa in una
terra che «sente molto vicino il messaggio e la persona stessa del Pontefice», nella prospettiva di una crescita della fede «al servizio della Chiesa e dell’umanità». Il cardinale ha
anche ricordato di aver presieduto,
sempre come inviato speciale del Papa, il precedente congresso eucaristico salvadoregno che si svolse nel
2000. Da parte sua, il nunzio apostolico monsignor Kalenga Badike-
bele ha rimarcato l’importanza di
svolgere un’autentica missione di
servizio al popolo con più amore e
più fedeltà a Cristo per cambiare
davvero il volto delle comunità. Infine l’arcivescovo di San Salvador,
monsignor José Luis Escobar Alas,
si è detto convinto che «da queste
celebrazioni scaturirà una crescita
della fede, considerato che si è puntato molto sull’approfondimento del
mistero dell’Eucaristia» nel corso
delle iniziative spirituali e sociali
promosse in questi giorni.
La missione pontificia che ha accompagnato il cardinale Ortega y
Alamino era composta da monsignor
Secundino de Jesús Delgado Acevedo, vicario generale dell’arcidiocesi
di San Salvador, e da don José Gabriel Flores Rodríguez, rettore del
seminario di filosofia Beato Juan
XXIII di Santa Ana.
Un calcio al pallone per lanciare un
nuovo progetto educativo e sostenere gli studenti che stanno formandosi sui banchi di scuola. Sono lo
sport e le stelle del calcio i testimonial scelti per dare una mano alla
solidarietà. Da una parte, le squadre nazionali dell’Italia e dell’Argentina si sfideranno nella partita
amichevole in onore di Papa Francesco in programma mercoledì sera,
14 agosto, allo stadio Olimpico di
Roma; dall’altra, la Pontificia Accademia delle Scienze coglierà l’occasione per far conoscere un’iniziativa
che coinvolgerà scuole di ogni ordine e grado.
Il progetto, che mira a promuovere la creazione di una rete educativa
internazionale,
si
ispira
all’esperienza della Escuela de vecinos e delle Escuelas hermanas di
Buenos Aires, promosse da Jorge
Mario Bergoglio durante il suo episcopato nella capitale argentina.
L’iniziativa — spiega il vescovo
Marcelo Sánchez Sorondo, cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze — vuole costruire, tramite
l’educazione, una società nella quale «tutti possano disporre del necessario per sviluppare un progetto
di vita in armonia con la propria
cultura e le proprie convinzioni,
con i valori universali transculturali
e nel rispetto dell’ambiente». Oltre
a ciò, uno degli obiettivi proposti è
quello di sviluppare un atteggiamento di apertura agli altri, per costruire un «mondo sempre più integrato, senza perdere la ricchezza
della diversità». L’educazione, in
questo senso, viene indicata come
un «cammino» nel quale ciascuno
sviluppa «le proprie capacità nel
migliore dei modi per il bene della
comunità e per la propria felicità».
A questo fine si cercherà anche di
promuovere la cooperazione tra studenti per una maggiore consapevolezza civica e politica, considerate
come partecipazione attiva al bene
comune. Il progetto vuole promuovere inoltre la sensibilità verso la
tutela dell’ambiente per uno sviluppo sostenibile, che faciliti l’affermazione della giustizia e della pace.
Con l’intento di far comprendere
che scienza e tecnologia devono es-
sere soprattutto a beneficio dell’insegnamento e dell’istruzione.
È in allestimento un sito internet
— www.scholasoccurrentes.org —
che illustrerà nei dettagli l’iniziativa
e permetterà a tutte le scuole di
iscriversi gratuitamente e di ricevere
un sostegno per la realizzazione del
progetto. I cui obiettivi saranno illustrati più dettagliatamente martedì mattina, 13 agosto, nella Casina
Pio IV, dai responsabili del programma, i professori José María del
Corral ed Enrique Palmeyro. Con il
vescovo Sánchez Sorondo ci saranno alcuni rappresentanti delle due
nazionali che si affronteranno all’Olimpico: per parte argentina, il
presidente della delegazione Germán Lerche, il commissario tecnico
Alejandro Sabella e il capitano Lionel Andrés Messi; per parte italiana, il commissario tecnico Claudio
Cesare Prandelli, e il capitano
Gianluigi Buffon.
Al cardinale Bertone
la cittadinanza onoraria di Introd
Il comune di Introd in Valle
d’Aosta ha conferito domenica 11
agosto la cittadinanza onoraria al
cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato. L’onorificenza gli è
stata consegnata nel corso della
cerimonia svoltasi nel municipio
del paese, incastonato tra il comprensorio del Gran Paradiso e del
monte Bianco.
«Grazie per la vostra accoglienza gentile, discreta e premurosa»
ha detto il cardinale (che da otto
anni trascorre le sue vacanze estive nella località di Les Combes)
durante l’incontro con il sindaco
Vittorio Anglesio e il presidente
della Regione, Augusto Rollandin. Il porporato ha ricordato
inoltre lo «speciale rapporto» con
Introd di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI: «legami con la sede
di Roma e il papato che sono lieto di intensificare» ha aggiunto. Il
cardinale ha voluto anche rimarcare «la stima» che la collettività
valdostana «nutre verso la comunità salesiana che opera in questa
valle e che, per vocazione, sulla
scia di don Bosco, educa i giovani
alla vita cristiana, onesta e generosa». Con la cittadinanza onoraria,
ha spiegato il sindaco, si è voluto
«esprimere l’affetto e la devozione
della comunità di Introd e di tutta
Valle d’Aosta».
Un concetto che il cardinale
Bertone ha ripreso nell’omelia del-
la messa celebrata a Introd, parlando di «un senso di appartenenza alla vostra comunità, di amicizia, di famiglia». E «questo trovarci uniti di fronte all’altare — ha
detto — è il segno di un’adesione
alla fede che, sebbene coinvolga
ciascuno di noi singolarmente,
viene da un radicamento profondo
e da una tradizione cristiana di
questa terra, tramandata da secoli». Così, ha proseguito il cardinale Bertone, «non per nulla la
provvidenza divina ha fatto sì che
proprio qui soggiornassero, per il
loro riposo estivo, ben due Papi.
La devozione e l’affetto da voi
avuti verso di loro restano vivi nel
ricordo; restano impressi nei volti
della gente, nelle case, nelle strade, nelle contrade e nei boschi, e
di ciò la storia darà anche ai posteri un giusto motivo di orgoglio». Il cardinale ha concluso
con l’invito a leggere e ad approfondire l’enciclica Lumen fidei,
«preparata da Benedetto XVI e
completata da Papa Francesco»:
ogni cristiano, infatti, deve «condurre una vita specchiata nella fede e nella carità» per «essere nel
lumen fidei».
Alla celebrazione erano presenti, tra gli altri, il vescovo di Aosta,
monsignor Franco Lovignana, il
parroco di Introd e i membri della
comunità salesiana.