La rassegna di oggi
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La rassegna di oggi
RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – giovedì 24 novembre 2016 (Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti) ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE (pag. 2) A4, aperto il cantiere più grande del Nord (M. Veneto, 3 articoli) Addio alle Province, bufera in Consiglio (M. Veneto, 2 articoli) Chiusure festive, il Tar scioglie le riserve su tre ricorsi (Piccolo) Generali, 1 miliardo per nuove acquisizioni (Piccolo) Vaccini obbligatori, l’assessore Telesca dice no (M. Veneto) CRONACHE LOCALI (pag. 7) Valzer delle cattedre. Cambiano 250 maestri (M. Veneto Pordenone, 3 articoli) Donne, nel lavoro rimane una forte discriminazione (M. Veneto Pordenone) Fusione consorzi Zipr-Csi, c’è il documento d’intesa (M. Veneto Pordenone) Crocefisso nelle classi, un plebiscito a favore (M. Veneto Pordenone) 1 ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE A4, aperto il cantiere più grande del Nord (M. Veneto) di Maurizio Cescon - Sarà il più grande cantiere del Nord Italia, quello del terzo lotto della terza corsia sull’A4, tra Portogruaro e Gonars. Darà lavoro a 300 addetti, costerà 442 milioni di euro, lo realizzerà entro la fine del 2019 (o al massimo nel 2020) il consorzio Tiliaventum, una joint-venture tra l’emiliana Pizzarotti e la friulana Rizzani-de Eccher. Nella tensostruttura che ospita la cerimonia per la posa della prima pietra (in realtà il cantiere, a ridosso dell’argine sul Tagliamento è già operativo) c’è tutto il gotha della politica e dell’imprenditoria di Friuli Venezia Giulia e Veneto. A benedire (laicamente) l’avvio del cantiere il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio, con accanto i governatori Debora Serracchiani e Luca Zaia, il presidente di Autovie Venete Maurizio Castagna e il costruttore Marco de Eccher. E’ proprio il presidente della concessionaria Castagna che snocciola dati e cifre per testimoniare come sia indispensabile fare la terza corsia. «Il traffico, soprattutto quello pesante, sta tornando ai livelli pre crisi - spiega il presidente -. In tutta la rete abbiamo 45 milioni di veicoli all’anno di cui 38 milioni sull’A4, e un terzo sono mezzi pesanti». E la si vede a occhio nudo quell’immensa mole di veicoli, perchè l’autostrada passa a poche centinaia di metri dal vecchio casello di Ronchis, sede della cerimonia. Una teoria ininterrotta di Tir, in un senso e nell’altro di marcia. Ecco che la terza corsia diventa un obbligo, un dovere. «Le nostre priorità sono quelle di fare le cose che avevamo deciso, e di farle davvero - dice compiaciuto il ministro Delrio - . Lo sblocco di questo cantiere che vale 500 milioni vuol dire lavoro, migliore logistica per le aziende che abitano il territorio. Ovviamente sappiamo che oltre al potenziamento autostradale dobbiamo agire sul ferro, e quindi gli investimenti sul porto di Trieste, per il collegamento ferroviario gli investimenti sulla velocizzazione della linea Venezia-Trieste. Credo che il territorio stia vedendo cantieri, e oggi è una buona giornata perché risolviamo problemi che si trascinavano da tempo. Se siamo seri le cose le facciamo e le facciamo tutte, come nel caso della terza corsia. Abbiamo preso il toro per le corna perchè i cantieri sono partiti e manterremo basse le tariffe dei pedaggi. Io non sono innamorato delle grandi opere, sono innamorato delle opere utili». «E’ una delle opere più grandi e importanti del Nord Italia - osserva la presidente Fvg Serracchiani . Abbiamo portato a termine un lavoro di squadra complesso, ereditando una situazione complicata. E’ un pezzo d’Italia che si rimette in movimento. Stiamo lavorando per rendere il nostro sistema Nordest più forte, per investimenti, traffici e prospettive di sviluppo. Entro la fine di quest’anno firmeremo anche il contratto per il quarto lotto, quello tra Gonars e Palmanova. E tra il 2020, 2021 sistemeremo pure la pratica relativa al secondo lotto, tra San Donà e Portogruaro, che è il più problematico». Il presidente del Veneto Luca Zaia ha ammesso che sono stati superati momenti difficili. «Eravamo molto preoccupati - spiega - per come si erano messe le cose. Oggi invece vediamo l’alba. Questa autostrada è una porta verso l’Est Europa, con le due corsie è tra le reti viarie più caotiche e pericolose, l’intervento è necessario. Ringrazio i lavoratori, auspico che le imprese subappaltanti parlino veneto e friulano, perchè qui comunque c’è qualche disoccupato da sistemare». Quindi gli ospiti, dopo la firma del protocollo di legalità con i prefetti di Udine Vittorio Zappalorto e di Venezia Carmelo Cuttaja, si sono incamminati verso il cantiere vero e proprio, dove alcuni mezzi di movimento terra erano già in azione. Sulla rampa di accesso all’autostrada i presidenti Serracchiani e Zaia, il ministro Delrio e l’imprenditore de Eccher hanno dato il primo, simbolico, colpo di badile su un cumulo di terra. Appuntamento alla fine del 2019, per il brindisi inaugurale. Costo di 442 milioni, 300 gli addetti testo non disponibile Lavori finiti nel 2019: «Ce la faremo 200 giorni prima» testo non disponibile 2 Addio alle Province, bufera in Consiglio (M. Veneto) di Maura Delle Case - Cancellate dallo Statuto di autonomia, le Province sono tornate ieri all’esame del Consiglio regionale per l’ultimo atto. Un passaggio che, incassata la modifica statutaria, poteva sembrare scontato ma che invece ha surriscaldato l’Aula, complice l’ormai vicinissima scadenza referendaria. L’appuntamento del 4 dicembre ha spinto maggioranza e opposizione a schierarsi su posizioni opposte rispetto all’esame e al voto sull’eliminazione delle Province. Dovesse vincere il No – questa la tesi dell’opposizione – gli enti intermedi resterebbero uno dei cardini dell’ordinamento istituzionale del Paese. Di tutto il Paese, salvo il Fvg. Un rilievo alla luce del quale Alessandro Colautti, capogruppo di Ncd, si è spinto ieri a chiedere lo stralcio della legge. «Il tema è la prevalenza della Costituzione e credo dovrebbe essere portato all’esame della commissione per un serio e puntuale approfondimento» ha detto Colautti, sposando la tesi avanzata anche dai relatori di minoranza, Rodolfo Ziberna (Fi) e Barbara Zilli (Ln) che ha puntato il dito contro la misura etichettandola come «una svendita di fine stagione dell’Autonomia. Dovesse vincere il No al referendum, saremo l’unica Regione in Italia ad aver eliminato l’ente Provincia, che invece rimarrà in Costituzione – ha denunciato la leghista –. A confusione si aggiunge confusione. Non bastava il pasticcio della legge Renzi-Boschi, si aggiunge la cieca e sorda furia riformatrice della giunta Serracchiani, che vuole continuare a dimostrare a Roma di essere la prima della classe. Intanto chi ci rimette sono i cittadini». Accuse respinte al mittente dalla maggioranza. Vittorino Boem (Pd) ha richiamato l’Aula a compiere scelte a lunga gittata. «Sono d’accordo – gli ha risposto Riccardo Riccardi (Fi) – ma ricordiamoci che non stiamo parlando di un regolamento di condominio, ma della Costituzione. Aspettiamo dieci giorni per capire». L’ipotesi non è nemmeno presa in considerazione dal centrosinistra, intenzionato a non arretrare di un passo rispetto alla scelta compiuta e avallata dal Parlamento che, votando la modifica dello Statuto di autonomia, ha ratificato la scomparsa delle Province in Fvg. «Anche dovesse vincere il No – ha dichiarato Franco Codega (Pd) – noi abbiamo esercitato la nostra Specialità e le scelte compiute devono andare avanti». Del suo stesso avviso un altro democratico, Mauro Travanut: «Che capiti quel che capiti: vedremo, intanto lavoriamo secondo i nostri indirizzi». La discussione si concluderà questa mattina, quando l’Aula passerà al voto. La procedura, come spiegato ieri dal Pd Vincenzo Martines, prevede la nomina di un commissario liquidatore per Trieste, Gorizia e Pordenone. Norme speciali per la Provincia di Udine, l’unica che arriverà fino a scadenza naturale, nel 2018. Graduatorie disponibili per gli enti locali Gli enti locali potranno pescare dalle graduatorie del Concorsone per posti di categoria C e D non appena la Regione avrà esaurito le proprie necessità. Così ha risposto ieri l’assessore Paolo Panontin (Cittadini) a un’interrogazione presentata da Rodolfo Ziberna (Forza Italia) avente a oggetto il motivo per cui agli enti locali non è oggi consentito attingere dalla graduatoria in essere per far fronte alle proprie necessità di personale (...segue) 3 Chiusure festive, il Tar scioglie le riserve su tre ricorsi (Piccolo) Oggi il Tar si esprimerà pubblicamente sulla sospensiva richiesta dalle società della grande distribuzione che hanno fatto ricorso contro il provvedimento regionale sulle chiusure festive obbligatorie. Lo farà con un’ordinanza che si limita, per il momento, a tre soli punti vendita (Bennet e Aspiag-Despar), i cui casi sono stati discussi ieri a porte chiuse in Camera di Consiglio. Per gli altri 23, invece, si deve attendere il prossimo 6 dicembre, visto che soltanto in quella data si raggiungerà il tempo tecnico necessario, pari a venti giorni, che deve decorrere dalla notifica all'udienza. Il Consiglio regionale, su proposta del vicepresidente della giunta e assessore al Commercio Sergio Bolzonello, è già intervenuto nei giorni scorsi votando un emendamento che consentirebbe alla Regione di congelare provvisoriamente legge. Perché, come aveva spiegato Bolzonello, se il Tar accogliesse i ricorsi presentati dalle società che contestano gli stop forzati, in Friuli Venezia Giulia si creerebbe il caos. L'emendamento della giunta Serracchiani, nello specifico, permette alla Regione di poter sospendere o meno l'articolo 29 della legge sulle chiusure, la numero 4 del 2014, tutte le giornate o parte di esse, fintanto che non si pronuncerà la Corte Costituzionale (l'11 aprile. «Nessuna marcia indietro su quanto abbiamo con convinzione deliberato alcuni mesi or sono e che continuiamo a considerare giusto - precisava l'assessore commentando l'iniziativa - la giunta, con l'emendamento, ha voluto individuare una linea di equità per tutti gli operatori del Friuli Venezia Giulia. Ovviamente lo faremo solamente se ciò si renderà necessario». L’operazione era stata contestata soprattutto dalla Lega Nord. «Siamo davanti ad una totale assenza di seria programmazione politica da parte di una giunta che tradisce le sue stesse ambizioni e che corre ai ripari in attesa del pronunciamento del Tar - affermava Barbara Zilli -. Questa legge poteva essere fatta anche dopo il pronunciamento del Tar, invece si ricorre al trucco dell'emendamento, arrivato in aula al fotofinish». (g.s.) 4 Generali, 1 miliardo per nuove acquisizioni (Piccolo) di Piercarlo Fiumanò -Philippe Donnet non delude gli investitori della City di Londra. Conferma gli obiettivi finanziari delle Generali nonostante uno scenario di mercato da brivido: da Brexit ai tassi sotto zero e sullo sfondo di un rischio politico complicato dall’effetto Trump e dall’incognita referendum in Italia. Pragmatico, il Ceo francese mantiene i piani molto ambiziosi fissati un anno e mezzo fa: da una generazione di cassa superiore ai 7 miliardi a dividendi aggregati oltre i 5 miliardi. Ma il difficile viene ora: il coefficiente di difficoltà nel frattempo è aumentato. Donnet insiste così sulla “forza” delle Generali e presenta un nuovo pacchetto di misure che paiono togliere forza alla grandeur del gruppo ma in realtà sono necessarie, nella visione del management, per rendere i target realizzabili. Il piano ridisegna la mappa della presenza internazionale del gruppo, presente in una sessantina di Paesi, che uscirà dai mercati ritenuti «non redditizi» come già avvenuto con Messico, Guatemala e Lichtenstein. Operazione che frutterà un miliardo di liquidità pronto uso per sfruttare nuove occasioni d’acquisto «più redditizie», rafforzata da un piano per aumentare del 15% la produttività e con ulteriore snellimento dei marchi. La road map per uscire dai mercati “cenerentola” che il Leone vuole dismettere è in mano a Frederic De Courtois, capo del Business globale. Nella «lista Frederic» (così Donnet) ci sono i 13-15 Paesi «poco dinamici» da cui il Leone potrebbe uscire. Top secret i nomi. Unico indizio la frase di De Courties sull’Asia «non intoccabile». «Vogliamo essere i primi nei Paesi dove siamo presenti. Vogliamo fare dell’eccellenza la nostra ossessione. Manterremo una presenza globale e diversificata ma soltanto nei mercati più dinamici», ha detto il Ceo. Un riferimento alla Cina, dove il gruppo è il terzo operatore straniero, alla «dinamica Asia», all’Est Europa, roccaforte tradizionale, e soprattutto a Italia e Germania al centro di un vasto piano di digitalizzazione e integrazione delle piattaforme anche con concentrazione dei marchi. Una vera sfida per Donnet che dice di avvertire la stessa urgenza di quando fu spedito da Axa a risollevare la sorte della controllata giapponese dopo l’11 settembre. Il mercato ha accolto il piano con un tonfo del titolo, che alla fine lascerà sul terreno il 3%, probabilmente deluso dalla smentita secca del Ceo ai rumors che parlavano di 8mila esuberi e pesanti piani di ristrutturazione in vista: «Non ci sono piani di ristrutturazione del personale e peraltro l’Italia ha già fatto la sua parte», scandisce. Di fatto ci sarà una accelerazione del programma di risparmi per altri 200 milioni «inclusi i costi del personale», ha spiegato il Ceo. Ma questo scenario lacrime e sangue non ci sarà. Piuttosto verrà avviato sui mercati “maturi” un processo di semplificazione che porterà a una riduzione dei costi di 200 milioni di euro. Nell’era di Generali 2.0 il gruppo conferma la spinta sulla digitalizzazione che sta coinvolgendo tutte le risorse del gruppo. Piani di rafforzamento per Generali Italia, guidata da Marco Sesana, in pole per diventare il nuovo country manager. «Generali non ha alcun progetto di riduzione della partecipazione nella controllata Banca Generali», è stato precisato. In crescita anche la Germania, guidata da Giovanni Liverani, a 18 mesi dall’avvio del piano di riassetto. Donnet non si sottrae a domande sull’Italia e sul referendum non si sbilancia: «Non so chi vincerà. Ma in tutti i Paesi europei le riforme strutturali vanno fatte». Sulla conversione dei bond Mps, passaggio cruciale per il successo dell’aumento di capitale di Siena, le Generali faranno la loro parte e «valuteranno». Donnet di fatto ha detto di preferire un ruolo in Mps, dove non ha specificato l’esposizione del Leone, rispetto a un nuovo intervento in Atlante 2. 5 Vaccini obbligatori, l’assessore Telesca dice no (M. Veneto) di Elena Del Giudice - L’obiettivo è lo stesso, aumentare il numero di bambini che vengono vaccinati, la strada per raggiungerlo è diversa. Il Comune di Trieste istituisce l’obbligo dell’autocertificazione vaccinale per l’ingresso dei bimbi all’asilo, la Regione prosegue nel cammino dell’informazione alle famiglie, lasciando l’arma della “legge” che impone come ultima ratio. «Vogliamo vincere questa guerra - dichiara l’assessore regionale alla Salute, Maria Sandra Telesca -, che è la scarsa adesione alla vaccinazione in età pediatrica, ma lo vogliamo fare insieme ai cittadini». E se questi sono obiettivo e modalità per raggiungerlo, è intuibile che il varo di norme coercitive non sarebbe coerente. Da qui il percorso delineato dall’assessore e che prevede il coinvolgimento di medici di medicina generale, pediatri, reparti di neonatologia e maternità, ostetriche, puericultrici. «Si tratta di una scelta - spiega Telesca - che abbiamo compiuto dopo un confronto con i professionisti e anche con il dipartimento di prevenzione, che ha messo in evidenza i pro e i contro delle diverse ipotesi». Non dimenticando che esistono anche questioni tecniche che, banalmente, debbono essere risolte. Una fra tutte l’esistenza di vaccini polivalenti che contengono sia quelli “obbligatori” che quelli raccomandati. Accade quindi alle famiglie che desiderano sottoporre i propri figli alle vaccinazioni, limitatamente a quelle obbligatorie (antitetanica, antidifterica, antipolio e antiepatite B, complessivamente la proposta vaccinale sale a 13 con quelle raccomandate per pertosse, Hemophilus influenzae, morbillo, rosolia, parotite, meningococco C, pneumococco, influenza e papillomavirus), si trovino di fronte all’alternativa dell’unica dose ma polivalente (solitamente sei), oppure a quattro dosi singole, una per ciascun vaccino. In attesa di risolvere, dunque, anche questioni prettamente tecniche, «come Regione Fvg abbiamo scelto di scendere in campo con l’informazione e la volontà di coinvolgere i cittadini. Un percorso riconosce l’assessore Telesca - sicuramente più faticoso e oneroso dell’istituzione di un obbligo». Anche perché «sul tema della vaccinazione, uno dei problemi forti è la disinformazione. Occorre quindi agire informando, a partire dai percorsi nascita, sin da prima del parto, fornendo indicazioni corrette, dissipando i dubbi, affiancando ai futuri genitori persone competenti che spieghino i vantaggi indiscutibili dei vaccini», ancora Telesca. «Puntiamo in sostanza al coinvolgimento informato che ci consenta di raggiungere l’obiettivo che ci siamo prefissi. L’obbligo - rimarca - è una misura estrema che, se servirà, anche noi metteremo in campo». «A me non piace - aggiunge Telesca - risolvere problemi di salute davanti al magistrato, preferisco l’affermazione della scienza. Al termine di questa campagna che abbiamo avviato e che sarà ancora più intensa il prossimo anno. Valuteremo l’efficacia di tutti i sistemi e verificheremo i risultati». Nella programmazione sanitaria per il 2017 c’è un capitolo riservato ai vaccini e misure finalizzate a sostenere questo sforzo informativo e formativo. Ma secondo l’assessore Telesca qualche segnale positivo è già iniziato quest’anno, con l’incremento registrato nell’adesione alla vaccinazione. «A fine dicembre vedremo se quel miglioramento si è consolidato così come monitoreremo il trend il prossimo anno». Sull’efficacia dei provvedimenti che reintroducono l’obbligo, molti sono i dubbi sulla loro validità. Se è lecito chiedere l’esibizione del cartellino vaccinale o l’autocertificazione alle famiglie che si accingono a iscrivere i propri figli all’asilo, potrebbe non esserlo il non ammetterli perché non vaccinati. Il decreto del Presidente della Repubblica del ’99 è ancora in vigore e stabilisce che la mancata certificazione «non comporta il rifiuto di ammissione». 6 CRONACHE LOCALI Valzer delle cattedre. Cambiano 250 maestri (M. Veneto Pordenone) di Chiara Benotti Assunzioni in ruolo e 250 supplenze annuali per i maestri precari nelle scuole primarie e dell’infanzia. Il valzer dei supplenti in cattedra è annunciato e, allo sportello Flc Cgil a Pordenone, il sindacalista Giuseppe Mancaniello fa gli scongiuri sui tempi tecnici e sul conseguente caos. Ci saranno alunni che dovranno cambiare insegnante dopo poco più di due mesi di lezioni e alla vigilia delle vacanze natalizie: non certo l’ideale dal punto di vista didattico e anche dei rapporti umani in aula. Questa mattina saranno firmati 11 o 12 contratti a tempo indeterminato (liberi sette posti comuni per maestri e altri cinque in lingua straniera, secondo fonti sindacali), nell’ex Provveditorato in via Concordia, per coprire altrettante cattedre nelle primarie provinciali. Il caso più vistoso, poi, è quello degli insegnanti di sostegno all’handicap: mancano 100 specializzati. Posti in palio. Cento posti vacanti per l’area handicap e un paio di specializzati per l’integrazione dei disabili in una ventina di istituti comprensivi: è il punto critico per le fasce deboli della scuola. Al posto degli insegnanti specializzati chi andrà? L’aspetto positivo tra i ritardi dopo 70 giorni di lezione è uno: il lavoro c’è. «La legge 107 – i sindacalisti fanno pollice verso – non ha assorbito il precariato, ma per contro ha creato posti vacanti e disastri in organico». I casi clamorosi sono quelli degli insegnanti che sono arrivati nelle scuole provinciali con le valigie e dopo pochi giorni le hanno rifatte e non si sono più visti. Sarà accantonata a Pordenone una cattedra per il ruolo nelle primarie? Oppure verrà assegnata al ruolo? E’ rimasta libera dopo la revoca della nomina a un maestro che è tornato precario perché non aveva le carte e i punteggi in regola. «Esaurite le graduatorie dei docenti specializzati, che sono poche unità nel Pordenonese – ha anticipato Mancaniello –, per coprire i posti di sostegno si dovranno arrangiare le scuole. Le nomine saranno fatte utilizzando altre graduatorie». C’è chi ha cambiato più cattedre dall’avvio dell’anno scolastico, a metà settembre. Pollice verso. «Gli organici scolastici non sono ancora al completo – ha continuato il sindacalista della Flc Cgil –. Se le regole rimarranno quelle imposte dalla legge 107, nel 2017 ci troveremo ancora alle prese con gli stessi problemi dell’estate scorsa: centinaia di docenti forzosamente trasferiti al Nord e pronti ad andarsene per ragioni di famiglia». Si tratta di problemi irrisolti. «Il ministero dell’Istruzione ha pensato alla pentola, non al coperchio, e gli insegnanti sono una categoria che è stata trattata molto male – continua la sua analisi Mancaniello – . Senza contratto da sette anni, dovrebbero sorbirsi 120 ore di aggiornamento per dare ossigeno alle agenzie di formazione? I docenti si aggiornano tutto l’anno: la verità va detta. Le scuole soffrono troppe incognite di un sistema da bocciare». Per esempio? «L’organico potenziato con docenti senza ruoli definiti e i presidi-sceriffi che decidono i più bravi in cattedra – è la critica sindacale –. Poi gli alunni disabili con disturbi nell’apprendimento, autismo o ritardi rischiano di avere a fianco docenti alle prime armi». Un problema sono anche i salari non pagati ai supplenti in aula da settembre. Istituti superiori nel limbo, Sos del Comune testo non disponibile Nuovo sciopero, stavolta a proclamarlo sono i Cobas testo non disponibile 7 Donne, nel lavoro rimane una forte discriminazione (M. Veneto Pordenone) di Laura Venerus - Il mondo lavorativo visto dalle donne: è stato questo l’argomento trattato nel convegno di ieri all’interno di “Pordenone una città contro la violenza sulle donne”, promosso da Comune e Fidapa. Quella che vive l’universo femminile nel mondo del lavoro è una situazione di discrimine rispetto agli uomini. Lo rileva Annamaria Poggioli, presidente della commissione regionale pari opportunità, la quale ha messo in evidenza come esista ancora il gender gap: in regione la differenza salariale tra uomo e donna è del 17 per cento, che sale al 20 a livello dirigenziale. Inoltre, le donne dopo il primo figlio si arrendono nel proseguire la carriera. Una situazione sottolineata anche da Daniela Quattrone, psicologa nell’ambito della formazione e delle risorse umane. «La discriminazione esiste – ha sottolineato –. Sebbene le offerte di lavoro vengano formulate per entrambi i sessi, si predilige l’assunzione dell’uomo, anche per mansioni che possono essere svolte allo stesso modo dalle donne». E ha ricordato due esempi positivi: Chiara Mio, alla guida di FriulAdria, e Serenella Antoniazzi, imprenditrice protagonista di “Io non voglio fallire”. Nel mondo, il livello occupazionale è del 46 per cento per le donne e del 72 per gli uomini: una situazione che, negli ultimi dieci anni, si è modificata soltanto dello 0,6 per cento. Lo ha affermato Lisa Daniele, manager di una società di ricerca di lavoro. Ha inoltre sottolineato che le donne guadagnano il 77 per cento di quanto guadagnano gli uomini. E questo perché il lavoro femminile viene sottovalutato e c’è la necessità di interrompere la carriera a favore di famiglia e figli. «Ma alle volte – ha sottolineato – è anche una nostra scelta quella di non ricoprire certi ruoli, prediligendo i propri affetti». E attenzione anche ai segnali che portano a vivere in un mondo lavorativo non adeguato, che provoca disagio e angoscia: non sempre gli atteggiamenti negativi sono diretti e visibili, ma ci sono anche comportamenti subdoli che causano uno stato di prostrazione psicologica. E’ l’avvertimento dell’avvocato Teresa Dennetta, consulente del punto di ascolto antimobbing a Pordenone e Udine. «Prima di stare male, mettete dei paletti e condividete le vostre preoccupazioni», è stato il consiglio dell’avvocato. «Riuscire a superare pregiudizi e ostacoli per l’occupazione femminile non riguarda soltanto le politiche del lavoro, ma anche quelle sociali e delle pari opportunità – ha affermato l’assessore Guglielmina Cucci –. Il Comune di Pordenone può incidere realizzando azioni positive, declinando i tempi e i servizi della città in ottica femminile». 8 Fusione consorzi Zipr-Csi, c’è il documento d’intesa (M. Veneto Pordenone) di Andrea Sartori - Torna l’intesa per la fusione tra i consorzi di sviluppo industriale Zipr di San Vito e Csi di Spilimbergo: nella città del mosaico è stato sottoscritto un documento con i punti proposti da parte sanvitese. Fusione più vicina, dunque: il percorso per formare il nuovo consorzio di sviluppo economico locale (questa la dicitura indicata dalla legge regionale Rilancimpresa) potrebbe essere affrontato il prossimo anno. Condizionale ancora d’obbligo, in quanto è la Regione a decidere, anche se la strada per una fusione, che eviterebbe il commissariamento, pare ora in discesa. L’altra sera, il presidente del consorzio Zipr, Renato Mascherin, ne ha parlato davanti ai consiglieri comunali della terza commissione. Audizione chiesta dal sindaco Antonio Di Bisceglie e accolta dal presidente Valerio Delle Fratte (Amo San Vito). Tra i punti del consiglio comunale di domani, infatti, era stato inserito l’ordine del giorno dei Cittadini sul rischio commissariamento dello Zipr. L’approfondimento in commissione ne cambia, dunque, le premesse: ora c’è più fiducia sulla fusione. «Le trattative sono ripartite dopo il 2 novembre, quando i vertici di Zipr e Csi sono stati convocati dalla Regione – ha detto Mascherin –. Il 14 novembre è stato spedito a Spilimbergo il documento con la nuova impostazione della fusione. Martedì è tornato con tutti i punti sottoscritti. Regista è la Regione: valuterà l’ipotesi, sulla quale c’è accordo». Da quanto si è potuto apprendere, si propone che il nuovo consorzio unico per i primi quattro anni contempli cinque consiglieri di amministrazione anziché tre, trovando così spazi di rappresentanza anche per Spilimbergo. Inoltre, tre revisori dei conti, uno dei quali spilimberghese. Corte Europa non farebbe parte del consorzio: verrebbe affidata a Spilimbergo. Ancora, nella zona industriale spilimberghese potrebbe essere mantenuto un ufficio operativo, da stabilire quanti giorni alla settimana e con che personale. Nuovo anche il nome: via Zipr e Csi, resterebbe “San Vito e Tagliamento” o soltanto “Tagliamento”. Ipotesi sulle quali si esprimerà, come pure sulla tempistica della fusione, la giunta regionale. «Il presidente – ha commentato Delle Fratte – ha illustrato i progressi verso la possibile e per certi versi imposta fusione con il Csi. Auspico che la Regione sia disposta a derogare sui componenti del cda e altri aspetti: la scelta non sia dettata da compromessi al ribasso e i costi restino contenuti. Gli sforzi pare abbiano dato risultati incoraggianti: ora è necessario che la Regione supporti il lavoro con nuovi finanziamenti». 9 Crocefisso nelle classi, un plebiscito a favore (M. Veneto Pordenone) Latifa ha 31 anni, porta un hijab (il velo che copre solo i capelli) coloratissimo e aspetta il suo bambino fuori dalla scuola elementare del centro storico. Come tanti altri cordenonesi ha saputo da poco dell'iniziativa che l'amministrazione sta portando avanti sulla presenza del crocifisso all'interno degli edifici pubblici. Risponde sicura: «Sono d'accordo anch'io, il crocifisso non mi ha mai dato fastidio. La mia religione non permette la raffigurazione della divinità, ma non per questo vorrei che il simbolo cristiano fosse tolto da una scuola italiana». Intervento paradigmatico, perché espresso da chi si pensa possa essere offeso dalla presenza del crocifisso. Ma è il resto delle persone che ieri mattina passeggiavano in piazza della Vittoria a fare massa. E la stragrande maggioranza di esse dà ragione al sindaco Delle Vedove. È quasi un plebiscito: «L'amministrazione fa bene a controllare la presenza del crocifisso - spiega Ada, 70 anni -. Non ho votato questo sindaco, ma in questo caso lo appoggio. Si tratta di un simbolo della nostra storia». Le fa eco Nicholas, un diciottenne: «Nella mia classe non ha mai dato fastidio, non vedo perché non ci dovrebbe essere. Poi ognuno è libero di credere a ciò che vuole». Tra le tante persone interpellate, e sono cinquanta e più, solo una voce fuori dal coro. È quella di Denis, che discutendo del tema con alcuni conoscenti la pensa così: «Io credo alla Costituzione, che parla di uno Stato laico. Nei luoghi pubblici il crocifisso non ci deve essere». Il caso ieri mattina è finito al centro della trasmissione di Raitre Agorà. Alle 9.30 è andato in onda il filmato girato martedì pomeriggio a Cordenons. E in studio si è discusso della proposta avanzata da Lanfranco Lincetto e Andrea Delle Vedove. Ha preso la parola anche don Alessandro Moro, parroco di Santa Maria Maggiore: «Il crocifisso - ha detto - serve a farsi rispettare, a creare un rapporto alla pari con le minoranze, altrimenti ci si chiude nel fondamentalismo». Ma a dividersi è stata la politica. L'ideatore dell'iniziativa, Lanfranco Lincetto, è stato attaccato dal fronte dei contrari, anche con epiteti che hanno sfiorato l'insulto. Quanto alle prese di posizione ufficiali, è arrivata quella di Sinistra in Comune, con Natale Sorrentino. Sintetizzando, ha stigmatizzato l'iniziativa riportando le mancanze della giunta Delle Vedove: «In tutto ciò - ha detto - non c'è il crocifisso. Non c'è nel loro cuore». 10 I rebus del Parco del mare (Piccolo Trieste) di Gianpaolo Sarti - «Come lo ciameremo? No so...i triestini sicuro che lo ciamerà “Acquario de Trieste”...vederemo». Quando Antonio Paoletti discetta di Parco del mare perde un po’ l’aplomb che si conviene nelle eleganti stanze della Camera di commercio. Il tema lo appassiona e lo agita insieme. «Sono dieci anni che ci penso, dieci anni che ci sto dietro...». I have a dream, gli verrebbe da dire. Tra un’intervista con una tv austriaca e la prima riunione del neocostituito ente camerale della Venezia Giulia, di cui è ovviamente il numero uno, il presidente scava qualche minuto per scoprire un paio di carte in più sul futuro progetto. La chiacchierata è condita di voglia, desiderio e coraggio di scommettere su qualcosa che «cambierà la città». Non fosse per quei «non so, vedremo, chissà...» che di tanto in tanto spezzano la conversazione. Paoletti è guardingo. Sul chi va là. Teme un clamoroso patatrac, il presidente? L’ennesimo sogno infranto? Ma perché, visto che ha dalla sua quattrini e politica? Preferisce muoversi con cautela, non sbottonarsi. Ma il 2020, l’anno in cui si prevede l’inaugurazione, non è poi così lontano. Quel che si sa è che il Parco del mare dovrebbe sorgere in molo Fratelli Bandiera, tra il Pedocin e la Lanterna, nell’area abbandonata dell’ex Cartubi destinata un tempo a Portolido. Quanto sarà grande il parco? «Non lo sappiamo esattamente - mette le mani avanti Paoletti - c’è un concept, ma tutto va definito». Cioè? «Beh - riflette - credo che avrà più o meno una superficie di 17mila metri quadrati di base, a terra, e altri 24mila a mare. È l’area della concessione». Niente da interrare, o forse qualcosina. Si vedrà. L’altezza? Quanti piani? «È da stabilire, ma non più alto dei palazzi attorno». È sui parcheggi che fioccano gli interrogativi. Come si possono portare da quelle parti 900mila visitatori l’anno? Ce lo immaginiamo, il presidente, nell’impresa (titanica) di spostare le automobili e i motorini di chi va al Pedocin? «Macchè, maddai!», sorride. «Non tocchiamo i posti auto della gente, lì arriveranno solo i pullman che scaricano i turisti». Ma le corriere transiteranno lungo le Rive, con il rischio di ingorghi come domenica scorsa quando Trieste si è vista piombare in centro inaspettatamente centinaia di turisti della Costa Crociere? «Sono tematiche che andranno affrontate dalla Conferenza dei servizi, cioè dagli enti pubblici, quando si entrerà nei dettagli», osserva. «Comunque credo che questa sarà un’occasione per impiegare finalmente i parcheggi della città, molti dei quali inutilizzati. Però attenzione - avverte Paoletti - non è che i visitatori devono venire in macchina fino all’entrata del Parco del mare. L’obiettivo è che chi proviene da fuori viva la città, analogamente a quanto avviene altrove. Puoi parcheggiare fuori dal centro, o nei paraggi, fai una passeggiata e arrivi. Due passi a piedi sulle Rive, o in navetta. Non so, magari rafforziamo gli autobus. Ad esempio la 9 potrebbe essere più frequente, perché no? Però, scusate, mica a Roma vai con l’auto davanti ai musei. Anche perché, se ci pensiamo - puntualizza - la nostra struttura alla fine sarà in centro città, non in periferia. Comunque guardiamo a Genova: per il loro acquario, dove hanno un flusso di 1 milione e mezzo di persone, hanno messo a disposizione appena 150 parcheggi». Non sarà questo a fermare Paoletti, ora che l’iter è avviato. Ma la vera partita scatterà con la fase progettuale e la costruzione. «Si va verso un project financing - anticipa - noi non gestiremo nulla, ma ci affideremo a un esperto di acquari. Faremo un bando...ci sono già due pretendenti». Pure l’Ursus troverà un posticino, attaccato alla banchina. «Farà da ascensore - anticipa il presidente - ecco, l’Ursus e il Parco del mare insieme saranno un nuovo simbolo di Trieste. Sarà un’attrazione importante, come a Valencia e a Barcellona. Anche perché ormai negli acquari si fanno sposalizi, convegni. Si dorme dentro col sacco a pelo!». 11 Aboliti i menù etnici a scuola. Stop al cinese e pure ai “civa” (Piccolo Trieste) di Piero Rauber Un involtino, almeno sui tavoli delle scuole triestine, non fa più primavera. Dopo la cancellazione del Gioco del rispetto, piomba ora sui servizi educativi comunali un secondo taglio netto con il passato incarnato dal centrosinistra: l’autarchia gastronomica. L’orientamento politico impresso dal nuovo corso del centrodestra, in effetti, è di continuare a valorizzare nelle mense scolastiche una delle due parti dei cosiddetti menù alternativi (concepiti in origine per far conoscere ai nostri figli gusti differenti figli di tradizioni altrettanto differenti) scartandone l’altra. Restano così - anzi si rafforzano leggermente - i menù regionali d’Italia, mentre vengono eliminati i menù etnici identificabili con culture non tipicamente, per così dire, nazionali. Proposte che l’ex amministrazione aveva battezzato con l’allora assessore all’Educazione Antonella Grim “Sapori diversi” e che venivano servite nelle sale da pranzo degli istituti circa tre volte l’anno, a rotazione (altre tre invece erano riservate ai menù regionali, che da quest’anno diventano quattro). Sparisce pertanto il pranzo cinese a base di riso alla cantonese e pollo alle mandorle, come pure quello arabo fatto di cous cous e pollo speziato, piatti che comunque non erano presi per asporto ma venivano cucinati con i soliti ingredienti bio, dop, igp e quant’altro imposti dai principi del nutrizionismo negli appalti alimentari pubblici. Per lo stesso motivo non può decollare il menù americano, già ai margini del progetto per la presenza delle patatine fritte, lontane dai parametri della dieta perfetta. Il fatto è che con cinesi, arabi e americani perdono il diritto... d’asilo (in realtà le mense scolastiche comprendono pure elementari e medie) pure due menù stranieri che ai bimbi, ma mica solo a loro, generalmente fanno gola: quello balcanico, con i mitici cevapcici e le patate al forno, e quello austriaco con wurstel, patate al tegame e Sacher. La torta di quello che fu anche il nostro imperatore. Il cambio di rotta, fanno sapere dagli uffici del Municipio, non è messo nero su bianco in delibera, piuttosto che in una determina dirigenziale. Non ce n’è bisogno. Basta la parola. Quella che - come precisa lo stesso assessore all’Educazione Angela Brandi, da cui tale parola è evidentemente partita - si sono scambiati in tempi recenti i funzionari del Municipio e quelli della Dussmann, la multiservizi lombarda che gestisce il superlotto delle mense comprensivo di cucine dentro le scuole. La notizia della decisione presa dall’amministrazione in carica è iniziata a circolare in questi giorni dopo le prime riunioni delle commissioni mensa nei vari consigli d’istituto, alla presenza dei nutrizionisti che fanno da trait d’union di garanzia tra Comune e Azienda sanitaria. «I nostri alunni non potranno più godere del menù austriaco, con le salsicce “Vienna”e la Sacher Torte e neanche di quello balcanico con i “cevapcici”: stanno erigendo muri anche verso quelle comunità con le quali confiniamo e delle quali condividiamo vari cibi, entrati ormai nella tradizione triestina», è l’accusa lanciata dopo una di queste commissioni mensa dall’insegnante Maria Luisa Paglia, che è pure componente della segreteria provinciale di un Pd che oggi non fa sconti e ricorda come i menù etnici tra riso alla cantonese e cevapcici fossero stati introdotti come sperimentazione non da Cosolini bensì, pure prima, dal secondo Dipiazza, quando l’assessore all’Educazione era Giorgio Rossi. In realtà una traccia scritta c’è. E non accenna minimamente, appunto, ai menù d’oltreconfine. È una circolare che gli uffici comunali hanno spedito nelle ore scorse a presidi e coordinatori pedagogici con il calendario dei quattro pranzi regionali concordati con la Dussmann e destinati a essere serviti in una trentina di scuole. Si parte oggi con il menu triestino a base di calandraca e misticanza e la carsolina come dolce. Seguiranno il 9 febbraio il menù sardo a base di gnocchetti sardi con ragù di maiale e ceci, insalata mista e torta di ricotta e mandorle, il 27 marzo il menù piemontese con polenta, funghi e formaggio, misticanza e baci di dama, e il 4 maggio il menù lombardo con riso al latte, cotoletta, carote in agrodolce e torta sbrisolona. E proprio ieri, nel nome della tradizione culinaria italiana, è arrivata pure la notizia che in alcune scuole di Trieste (otto per la precisione, per intanto) sbarca il progetto di educazione alimentare “Cosa c’è di buono?” firmato nientemeno che da Giovanni Rana per spiegare ai più piccoli come vengono prodotti i cibi. Per le classi vincitrici sono in palio dotazioni sportive e una visita al Pastificio Rana. «Inoltre - si legge in un comunicato - per ogni bambino che partecipa Rana donerà attraverso il Banco Alimentare un piatto di pasta alle persone più bisognose». 12 Aia della Ferriera, M5S invoca la revisione (Piccolo Trieste) di Ugo Salvini - «Incalzeremo i responsabili dell’inquinamento in città finché non saranno posti di fronte alle proprie responsabilità». È una presa di posizione molto dura quella assunta ieri dai rappresentanti locali del Movimento 5 Stelle, i consiglieri regionali Eleonora Frattolin e Andrea Ussai e il portavoce del Movimento in consiglio comunale, Gianrossano Giannini. Lanciando severe critiche sia nei confronti della Regione sia del sindaco Roberto Dipiazza, i tre hanno parlato di «tempo scaduto, perché oramai i dati sono certi, perciò bisogna rivedere subito l’Aia, imponendo limiti più stringenti». «La giunta Serracchiani - ha osservato Ussai - continua a prendere tempo e a prendere in giro i cittadini di Trieste. Dati ne abbiamo tantissimi sull’inquinamento a Servola e nell’intera città - ha aggiunto - ora è giunto il momento che la politica prenda le necessarie decisioni». «Basta trincerarsi dietro gli atti amministrativi - ha insistito Frattolin - servono iniziative concrete per cercare di ridurre l’esposizione di tutti i cittadini agli agenti inquinanti». «A Trieste ha ripreso Ussai, che ha presentato un’interrogazione urgente sul tema - siamo in presenza di un diffuso inquinamento industriale. La Serracchiani - ha attaccato - è brava a snocciolare quello che ha fatto, ma è altrettanto brava a omettere quello che l’amministrazione e Siderurgica Triestina non hanno fatto o hanno fatto solo parzialmente. L’accordo di programma che doveva attuare entro il 2015 un riutilizzo dell’area della Ferriera in condizioni di sicurezza sanitaria e ambientale, rendendo compatibile lo stabilimento con l’abitato di Servola e con tutta la città - ha concluso - è fallito e la cosa è resa evidente dal fatto che, in concomitanza con l’aumento della produzione, crescono i valori del benzoApirene, sostanze di cui è accertata la cancerogenicità». «Alla luce degli ultimi risultati riguardanti lo stress ossidativo cellulare dei residenti di Servola, anticamera di patologie molto serie - ha ripreso Frattolin - la Regione, l’Azienda sanitaria e il Comune di Trieste devono spiegare quali decisioni intendano prendere per il bene della cittadinanza. Per quanto concerne i giardini contaminati - ha concluso - è urgente spiegare a tutti quale sia la principale sorgente di inquinamento e quale l’impatto degli inquinanti via via ci si allontani dalle realtà industriali che rilasciano nell’aria diossine e furani». «Noi del Movimento 5 Stelle - ha ribadito Giannini incalzeremo i responsabili finché non saranno posti di fronte alle proprie responsabilità». Immediata la risposta dell’assessore all’Ambiente Sara Vito. «L’Arpa sta effettuando controlli costanti dalla data di rilascio dell’Aia: l’obiettivo è proprio quello di garantire un presidio ambientale per un costante miglioramento del processo produttivo per evitare il più possibile il ripetersi di eventi anomali come quelli accaduti nello scorso luglio». 13 «Nidec non rispetta gli impegni sul lavoro» (Piccolo Gorizia-Monfalcone) Non sono solo rose e fiori nello stabilimento Nidec-Asi di Monfalcone. Nonostante le maxi commesse e il “pieno” di lavoro con l’annuncio (per rispettare le consegne) di nuove assunzioni la situazione secondo le Rsu non è affatto positiva. Per questo martedì mattina ci sono state alcune assemblee, durante le quali è stato proclamato uno sciopero, delle lavoratrici e dei lavoratori dello stabilimento monfalconese. L’obiettivo era discutere, rispetto alla situazione locale e decidere come «impostare le azioni delle prossime settimane» per ottenere dall’azienda il «rispetto degli impegni assunti con l’accordo dello scorso 8 gennaio». A fronte della richiesta di incremento delle ore di lavoro attraverso o straordinario, spiega una nota delle Rsu, infatti, «ampiamente ottemperata da lavoratrici e lavoratori dello stabilimento per oltre 6 mesi», l’azienda ha sottoscritto un accordo prendendo precisi impegni. Innanzitutto la stabilizzazione del maggior numero possibile delle maestranze. Poi la realizzazione della “mappatura del personale in appalto» con l’obiettivo di garantire la completa regolarità e legalità delle prestazioni. C’era l’impegno anche di attuare una «modularizzazione» dell’orario di lavoro accompagnata anche da gettoni incentivanti sulla presenza ordinaria «e in particolare modo sui turni notturni». Infine da parte dell’azienda c’era stata una assicurazione sulla volontà di verificare gli inquadramenti professionali delle maestranze. «Questi punti dell’accordo ad oggi non risultano ancora attuati» accusano le Rsu che dopo un voto a maggioranza hanno proclamato lo stato di agitazione. «Per questi motivi le Rsu dello stabilimento Asi Nidec - spiega la nota in conclusione - consolidando ulteriormente la vertenza nazionale proclamata unitariamente e già in corso sul rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici, hanno deciso di rafforzare il blocco del lavoro straordinario e delle flessibilità estendendolo anche dopo un’ipotetica firma del contratto di lavoro. E questo finchè l’azienda non si adopererà per rispettare tutti i punti sottoscritti nell’accordo». Si annunciano dunque settimane piuttosto “calde” per la Nidec-Asi di Monfalcone che dà lavoro a quasi 500 persone. 14 Pipistrel, lavori a pieno ritmo. Aeroporto ancora chiuso (Piccolo Gorizia-Monfalcone) di Francesco Fain - Portone sempre chiuso. Nessun movimento. Una pessima sensazione che dà l’idea dell’immobilismo. Dall’altra parte, grande vivacità. Operai che vanno e vengono. Mezzi in movimento. Il portone tristemente chiuso è quello dell’aeroporto “Duca d’Aosta” che, nonostante una marea di annunci, non decolla. Tutt’altro colpo d’occhio poco più, nel cantiere della Pipistrel, dove c’è movimento e si sta cercando di completare il capannone. Pubblico e privato a confronto. E, intanto, su Facebook i goriziani si scatenano e chiedono quando, finalmente, si potrà vedere «concretamente operativo» lo scalo. Ariano Medeot, presidente della consortile, assicura che i passi avanti sono continui. Le ultime novità riguardano le piste («Sono state ricollaudate e l’incongruenza non si è rivelata un problema vero») e l’assicurazione («È stata sottoscritta»). Quindi, cosa occorre ancora per procedere al “passaggio delle chiavi”? «Enac deve verificare i contenuti della copertura assicurativa. Esaurito questo passaggio, ci chiameranno per la firma del passaggio del sedime. Riguardo, invece, alla riapertura al volo, confermo che a dicembre gli aeroplani torneranno a decollare e ad atterrare. È un impegno che ci siamo presi. E vogliamo assolutamente rispettarlo». Lunedì scorso, c’è stato anche un incontro con la commissione consiliare competente in cui è stato fatto il punto della situazione ed elencati i prossimi passaggi. «Nei giorni scorsi - fa eco il presidente della Camera di commercio, Gianluca Madriz - è stato effettuato un rilievo fotogrammetrico attraverso l’utilizzo di un drone. Sorvegliate speciali le piste. Questa verifica ci ha permesso di “disegnare” la bretella che collegherà la Pipistrel alla pista. Nei prossimi giorni, invece, verrà effettuata una prova di portanza sulla pista alianti e non dovrebbero esserci problemi. Insomma, l’obiettivo è fare la verifica di tutto ciò che c’è all’interno dell’aeroporto. Non vogliamo aprire tanto per aprire, vogliamo avere la certezza che sia un’apertura definitiva e a dicembre si volerà». Ma perché tanto tempo? «Enac ci chiede di documentare tutto e stiamo producendo un mare di carte. Viviamo in un mondo di burocrazia. Ma non siamo assolutamente fermi. Praticamente, a cadenza giornaliera, ci occupiamo dell’aeroporto, consci della sua importanza in chiave di sviluppo economico». Anche il sindaco Ettore Romoli ribadisce gli stessi concetti. «Le piste sono ricollaudate ed è stata siglata l’assicurazione. Insomma, si sta andando avanti». Il portone chiuso? «È necessario che l’Enac approvi i contenuti dell’assicurazione, dopodiché il cancello potrà essere aperto», conclude Ariano Medeot. 15