La rassegna di oggi

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La rassegna di oggi
RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – mercoledì 30 novembre 2016
(Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono
scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)
ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE (pag. 2)
Liste d’attesa, medici in rivolta (M. Veneto)
Vaccini obbligatori in asilo, il governo approva Trieste (Piccolo)
Il clic day di agosto lascia a bocca asciutta più di 90 Comuni (M. Veneto)
Honsell tra la gente, la riforma è possibile (M. Veneto)
Ecco il sarcofago Cimolai, Chernobyl al sicuro (M. Veneto)
CRONACHE LOCALI (pag. 7)
Cro, ricercatori a caccia del posto fisso (M. Veneto Pordenone)
Attività economiche, chiude un'impresa ogni quattro giorni (Gazzettino Pordenone)
L’incendio al magazzino Coop: arriva l’ok alla cassa integrazione (M. Veneto Pordenone)
Telesca: «Welfare, Artsam il modello che vogliamo» (M. Veneto Pordenone)
Asili, nuovi sgravi per le famiglie (Gazzettino Pordenone)
Natale insieme ai poveri, ma solo per cristiani (M. Veneto Pordenone)
Rimandati gli orali: congelato il concorso dei vigili urbani (M. Veneto Udine)
Compie trent’anni la Metal Tech di Ampezzo (M. Veneto Udine)
La battaglia degli infermieri sulle indennità tagliate (M. Veneto Udine)
Agemar chiude, licenziati i dipendenti (Piccolo Trieste)
Cisint avverte Fincantieri: «Basta avere solo briciole» (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Contributi rette case di riposo. Il Comune sollecita la Regione a intervenire (Piccolo Trieste)
Provincia cancellata, ma le tasse rimangono (Piccolo Trieste)
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ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE
Liste d’attesa, medici in rivolta (M. Veneto)
di Michela Zanutto - Arrabbiati è dire poco. Dopo lo stop alle visite private in caso di liste d’attesa
troppo lunghe, gli Ordini dei medici regionali sono in subbuglio: «Non si possono addossare a noi
colpe che non sono nostre. Questa è vecchia e stantia politica sanitaria», tuona Luigi Conte ex
presidente friulano, oggi segretario nazionale della Federazione. Proprio lui sta mettendo a punto
una lettera infuocata da inviare all’assessore. Di opinione opposta i sindacati che promuovono la
manovra. «Come al solito si trovano queste scappatoie per risolvere i problemi e addossare ai
medici le colpe - sono ancora le parole di Conte -. La libera professione è un diritto del cittadino ed
è incrementata perché ci sono le liste d’attesa. Risolvano invece i problemi degli organici e le
carenze. Non si possono fare le nozze con i fichi secchi». Gli fanno eco le parole del presidente
dell’Ordine di Udine, Maurizio Rocco: «Qui sembra che i medici siano la causa
dell’inappropriatezza delle richieste e della quantità degli esami che arrivano e che le liste d’attesa
siano state create per favorire la libera professione ma non è così. Le liste d’attesa ci sono perché
esistono limiti nelle possibilità di accedere al servizio per la carenza di personale». Nella lettera
all’assessore i medici ricorderanno la «necessità di fare assunzioni» e il «supporto dei medici di
medicina generale, che fanno un grande lavoro sui farmaci e sull’appropriatezza delle prescrizioni»,
aggiunge Rocco. «L’appropriatezza prescrittiva deve coincidere con l’appropriatezza organizzativa
- osserva Guido Lucchini, presidente dell’Ordine di Pordenone -. Bisogna rettificare il sistema
organizzativo e dobbiamo usare sicuramente pratiche di appropriatezza, ma non dobbiamo
addossare la colpa ai medici, specialmente ai prescrittori: se ci sono le lunghe file di attesa è perché
la medicina generale in particolar modo di questa regione si sta avvicinando alle buone pratiche
dove l’appropriatezza è il cardine del buon governo della sanità». Come detto i sindacati sono di
parere opposto. «Ci sono più risorse sulla sanità e questo è un fatto positivo, pur sapendo che il
saldo rispetto al 2016 non è di 90 milioni, ma della metà, se consideriamo anche la manovra estiva.
Condividiamo l’esigenza che questo surplus venga utilizzato in via prioritaria per il rafforzamento
dei servizi territoriali, che rappresenta fino a oggi l’obiettivo inattuato della riforma sanitaria del
2014». È quanto ha dichiarato Orietta Olivo, responsabile sanità e welfare della Cgil Fvg, ieri al
termine dell’incontro con l’assessore Maria Sandra Telesca sulle linee di gestione, cui hanno
partecipato anche, per la Cgil, i rappresentanti dei sindacati dei pensionati e del pubblico impiego.
Di positivo, per la Cgil, c’è anche la maggiore attenzione al rapporto con cittadini e utenti, alla
valorizzazione delle professioni sanitarie e all’obiettivo di ridurre le liste di attesa. «Riscontriamo
inoltre - aggiunge Olivo - l’avvio di un’inversione di tendenza sul problema degli organici, visto
che quest’anno, secondo i dati comunicati dall’assessore, dovrebbe chiudersi con un saldo positivo
di 200 unità. Servono però dati più precisi sulla ripartizione di questi posti tra medici, personale
infermieristico e Oss per quantificare meglio il fabbisogno di un comparto che dal 2010 a oggi ha
visto scendere di quasi mille unità il personale infermieristico, a causa della mancata copertura del
turnover». L’assessore alla Salute Telesca ha salutato con «piacere che le organizzazioni sindacali
abbiano espresso un giudizio complessivamente positivo sulla riforma sanitaria. I sindacati hanno
richiamato soprattutto i numeri delle assunzioni: al 31 ottobre ci sono 238 persone in più rispetto a
gennaio 2016. Procede inoltre lo scorrimento della graduatoria infermieri: in tre mesi dalla fine di
agosto sono state immesse in ruolo 486 persone, a fronte di un fabbisogno di 589 (59 sono state le
rinunce) che sarà interamente esaudito».
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Vaccini obbligatori in asilo, il governo approva Trieste (Piccolo)
di Marco Ballico - «Una scelta molto coraggiosa e molto condivisibile». È una promozione a pieni
voti quella espressa dal governo, per voce del sottosegretario alla Sanità Vito De Filippo, nei
confronti del Comune di Trieste, primo in Italia ad aver introdotto i vaccini obbligatori per i bimbi
iscritti all’asilo. Una scelta che il braccio destro del ministro Lorenzin spera possa essere imitata
anche da altre città italiane. «Quando vediamo che territori come l’Emilia e Trieste calano azioni
così determinate, non possiamo che essere soddisfatti. La copertura vaccinale nel Paese è scesa
pericolosamente anche a causa di una straordinaria disinformazione sul tema. Basta pensare che il
35% dei siti che parlano di vaccini sono contro i vaccini stessi. Dobbiamo far capire alle famiglie
che non esistono rischi per i loro bambini: quella delle vaccinazioni è stata una delle grandi
rivoluzioni che hanno interessato l’Italia al pari dell’acqua potabile». Infine un messaggio forte e
chiaro rivolto alla Regione che, finora, aveva sempre chiarito di considerare l’opzione
dell’obbligatorietà dei vaccini come l’extrema ratio e di voler privilegiare la strada
dell’informazione. «Quello sicuramente è il primo passo da compiere, ma rischia di non essere
sufficiente - conclude De Filippo -. Dobbiamo combattere con gli strumenti più efficaci questo
“tsunami” della disinformazione». Musica per le orecchie degli esponenti dell’opposizione come la
forzista Sandra Savino, che definisce l’iniziativa del Comune di Trieste «scelta intelligente». Ma
Maria Sandra Telesca, su un tema che diventa in fretta materia da botta e risposta, invita a non
strumentalizzare: «Le vaccinazioni, e in generale la protezione sanitaria dei bambini e di tutta la
popolazione, non devono diventare arma di scontro politico». L'assessore regionale alla Salute non
contesta, non si oppone, ma chiarisce: «Abbiamo sempre tenuto aperta l’opzione di introdurre
l’obbligatorietà a livello regionale, ma in prima istanza vogliamo percorrere la strada
dell'informazione, della persuasione e del coinvolgimento. Su questa strada - prosegue -, i medici e
gli operatori sanitari svolgono un ruolo fondamentale nello stabilire e mantenere un impegno
costante nella comunicazione, tenendo alta la fiducia nelle vaccinazioni». I dati che collocano
Trieste sotto la soglia di guardia del 95%, tanto che Roberto Dipiazza parla di «pericoloso
campanello d'allarme»? Telesca ricorda il percorso regionale di sensibilizzazione: «È già stato
convocato un incontro con l'Ordine dei medici, vedremo anche i pediatri di libera scelta, i medici di
medicina generale e le ostetriche, e faremo in modo di coinvolgere e stimolare pure i professionisti
in questa campagna. Abbiamo, non da oggi, l'obiettivo di alzare sensibilmente le percentuali dei
bambini vaccinati in regione. E seguiamo da vicino quanto si sta sviluppando a livello di
legislazione nazionale - conclude l'assessore -, in particolare l'ipotesi avanzata dalla presidente della
commissione Igiene e Sanità del Senato, Emilia Grazia De Biasi, di una legge in cui l'elemento
prescrittivo sia in equilibrio con quello culturale e di responsabilità sociale». Da parte del
centrodestra arriva al contrario un plauso incondizionato alla decisione della maggioranza triestina.
«Scelta intelligente», dice appunto la segretaria regionale di Fi Savino, «visto che la salute pubblica
deve prevalere su assurde convinzioni che non hanno riscontri scientifici». Ma anche una scelta
«logica». Non a caso, insiste Savino, «l'Emilia Romagna ha fatto un intervento deciso, peraltro
incassandosi l'appoggio di Serracchiani. Visto che proprio l'assessore Telesca ha detto che la
questione non va strumentalizzata politicamente, auspico che sostenga con forza l'iniziativa
dell'amministrazione giuliana anche se non è del suo colore politico». Deciso anche Dipiazza:
«Sono i sindaci e le giunte comunali che devono avere il coraggio di fare le scelte, esercitando le
proprie prerogative e senza tentennamenti in attesa di provvedimenti calati dall'alto». Scelte,
rimarca il sindaco, «da prendere nell'interesse dei cittadino. Che Trieste sia il primo Comune d'Italia
a volere le vaccinazione obbligatorie dei bambini per accedere agli asili, mi auguro venga preso
come esempio». Perché le vaccinazioni, «oltre a garantire la protezione individuale dei nostri
bambini, riducono il rischio di contrarre le malattie fra gli altri componenti della comunità dato che
si abbassa la possibilità di trasmissione dell'agente patogeno». Dall'assessore Brandi arriva infine un
richiamo alla Regione«: «Abbiamo adottato l'obbligo della vaccinazione per i bambini che
frequentano gli asili comunali e convenzionati a Trieste per superare l'inerzia di un'amministrazione
Fvg per quale questa decisione deve essere uno stimolo a legiferare». Chiusura con stoccata:
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«Serracchiani da una parte plaude all'iniziativa dell'Emilia Romagna, ma dall'altro non ha finora
avuto il coraggio di fare in Fvg quello che invece ritiene giusto per altre regioni».
Il clic day di agosto lascia a bocca asciutta più di 90 Comuni (M. Veneto)
di Maura Delle Case - Resteranno in gran parte a bocca asciutta gli oltre 90 Comuni che
quest’estate, alla vigilia di Ferragosto, avevano partecipato al clic day nella speranza di accaparrarsi
un finanziamento regionale per dar corpo a opere immediatamente cantierabili. Finanziati i primi 10
progetti, per gli altri non ci sono infatti più risorse. Lo denunciano il presidente e il vice di
Autonomia Responsabile, i consiglieri regionalei Renzo Tondo e Roberto Revelant, dopo aver
verificato che le promesse di rifinanziare il capitolo a copertura della legge sono state disattese.
«Nella legge di Stabilità non c’è un solo euro per garantire lo scorrimento della graduatoria che
scadrà alla fine dell’anno» affermano i consiglieri regionali che avevano avanzato forti critiche sulla
modalità di prenotazione dei fondi già durante l’estate. Quando pochi giorni prima di Ferragosto,
dunque in pieno periodo di ferie estive, la Regione aveva dato vita al clic day. «Lo aveva fatto –
ricordano i due esponenti di centrodestra – senza avvisare la maggior parte dei Comuni che ne erano
venuti a conoscenza per caso, grazie a un informale passa parola». Risultato: alla mezzanotte del 13
agosto molti tecnici comunali e amministratori si erano ritrovati nei rispettivi municipi per tentare di
piazzare tra i primi il proprio clic e mettere a segno la prenotazione dei fondi che potevano arrivare
fino a un massimo di 600 mila euro. Nel giro di un minuto erano così andate esaurite le risorse
disponibili pari a poco meno di 5 milioni di euro, 4 milioni 650 mila euro per la precisione,
sufficienti a fare risposta a 10 municipi. I più veloci: a partire da San Vito al Torre, il cui clic è
partito a mezzanotte in punto, seguito un secondo dopo da quello di Dignano e ancora da Ruda, San
Leonardo, Treppo Carnico, Majano, Sutrio, Coseano, Tricesimo e Corno di Rosazzo che ha chiuso a
mezzanotte e 53 secondi. Per quanto veloci, gli altri sono rimasti a bocca asciutta. Sono arrivate 102
domande per 33 milioni di euro complessivi di cantieri relativi alla viabilità, al recupero di
immobili, all’edilizia scolastica, sportiva, ai cimiteri e alle piste ciclabili. «Riconoscendo
l’inopportunità del clic day, il capogruppo del Pd, Diego Moretti, aveva anticipato la necessità di un
rifinanziamento della legge al fine di favorire lo scorrimento della graduatoria per ulteriori opere,
ma di quella promessa non c’è come detto traccia nella legge di Stabilità. Al peggio non c’è però
mai fine – continuano Revelant e Tondo – perché rispondendo a un’interrogazione sul tema
l’assessore Mariagrazia Santoro ha anticipato la prossima chiusura dei termini per la presentazione
delle domande al 31 dicembre annunciando la modifica della legge regionale 2 del 2000 sulle opere
pubbliche, in sede di Stabilità, così da rispondere alle necessità di immediata cantierabilità degli
interventi cercando di salvaguardare con una “premialità” coloro che hanno presentato un progetto
non finanziato nel precedente bando. Della norma però non c’è ancora traccia e ci chiediamo quali
saranno i criteri in base ai quali verranno assegnati i finanziamenti. Non vorremmo – concludono i
consiglieri di Autonomia responsabile – che la soluzione in via di ideazione servisse solo per
liberarsi di qualche “intruso” presente nell’attuale bando».
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Honsell tra la gente, la riforma è possibile (M. Veneto)
di Maura Delle Case - “Basta un Sì”. Furio Honsell non ha dubbi sul voto del prossimo 4 dicembre.
Nel segreto dell’urna dirà sì alla riforma costituzionale voluta dal Governo di Matteo Renzi. Serve a
modernizzare il Paese. A rimettere in moto l’Italia. Ieri lo ha ripetuto fino alla nausea, incontrando i
cittadini che hanno accolto il suo invito e nel pomeriggio lo hanno raggiunto, appena fuori da
palazzo D’Aronco, per discutere la riforma, togliersi qualche dubbio, fare una volta per tutte la
propria scelta. Se molti dal sindaco sono arrivati forti di una posizione inossidabile - «votiamo sì,
con convinzione» - altri invece si sono spinti, sfidando un freddo pungente, in cerca di conforto.
Come Emanuele Furlan, 18enne di Mereto di Tomba che il 4 dicembre voterà per la prima volta.
Con Honsell si è fermato a lungo, riavvicinandosi a più riprese, spinto da un dubbio dopo l’altro.
Convinto? «Sì convinto - ha detto al sindaco prima di andar via -. Alle domande che ho fatto mi ha
dato valide risposte. Ora sono più sereno». Il primo cittadino di Udine ha scelto la strategia del vis à
vis. Del rapporto diretto con la gente. In “piazza” è sceso poco meno che solo. Affiancato da
qualche assessore e consigliere comunale. Rigorosamente senza fascia tricolore, indossata invece
dai colleghi di centrodestra lunedì mattina sotto la loggia del municipio durante la manifestazione
per votare No al referendum. Lui invece non ha fatto così. Il tricolore l’ha lasciato in Comune ed è
sceso in via Lionello indossando la sua giacca di cittadino qualunque. Forte solo delle sue ragioni.
Perché Sì? «Perché finalmente abbiamo una riforma. Perché si supera il bicameralismo che di
perfetto non ha nulla, ma che è solo ripetitivo - ha esordito -. Perché si vanno a specificare le
competenze dello Stato e quelle delle Regioni superando una lunga stagione di conflitti. E perché in
Senato mandiamo anche i sindaci». Lungi dal pensare come diversi suoi colleghi che la chiamata a
palazzo Madama per gli amministratori locali sia un onere insostenibile, visti i già tanti impegni cui
devono far fronte nei rispettivi municipi, Honsell è convinto si tratti di una grande occasione. «Chi
dice che è una perdita di tempo non ha mai fatto il sindaco e non sa cosa vuol dire risolvere
problemi. A Roma ci dobbiamo andare comunque. Solo che oggi - come è toccato a me tante volte,
ultimamente per la questione dei migranti - per essere ascoltati e trovare un interlocutore dobbiamo
fare i salti mortali. Domani invece potremo farlo sedendo in Senato e sarà tutto più semplice».
Smontata una tesi cara al fronte del “No”, Honsell ha proseguito ieri affrontandone una dopo l’altra.
E ai cittadini che si sono schierati a difesa della Carta, così come scritta nel Dopoguerra dai padri
costituenti, ha rivendicato l’onestà di una riforma «che non tocca la Costituzione dal punto di vista
dei suoi valori e principi limitandosi ad intervenire solo dal punto di vista procedurale». «Questo
Governo - ha detto a due delle diverse persone che ieri si sono fermate a salutarlo - ci ha fatto
compiere passaggi decisivi per far rivivere la Costituzione. Pensiamo alla legge sulle Unioni civili.
Quando ne celebro una recito sempre l’articolo 3 della Carta che nella sua parte finale dice: “E’
compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di
fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana».
Tra tanti Sì il sindaco ha dovuto fare i conti anche con qualche contrario alla riforma cui ha provato
anche a far cambiare idea. «Meglio mezzo passo avanti che stare fermi». Gli risponde una signora
(dell’Anpi): «Lo Stato farà le cose sulla testa delle Regioni. Questa riforma ci riporta indietro. E il
federalismo? E il decentramento. Quando alla diminuzione delle spese, l’apparato resta». Honsell
ha allargato le braccia. Non si può far cambiare idea a tutti. «Mi dispiace» si è lasciato scappare
prendendo poi la via della loggia del Lionello dove un gruppetto di cittadini gli si è raccolto intorno
per ascoltarne il comizio finale. Anche questo, per nulla altisonante nello stile scelto dal sindaco per
tutta la sua discesa in campo di ieri. Interpretata più come un’occasione di confronto e dialogo con
la gente che come una vetrina politica. Salvo per una stoccata al centrodestra, che si è concesso
poco prima di riporre il microfono: «Votiamo Sì perché solo così potremo essere governati alle
persone che abbiamo scelto. Se invece ad avere la meglio sarà il No ci obbligheranno a un governo
tecnico, come quello di Mario Monti, che ha più distrutto che costruito».
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Ecco il sarcofago Cimolai, Chernobyl al sicuro (M. Veneto)
Eccolo il “sarcofago” anti radiazioni realizzato dall’impresa Cimolai di Pordenone. E’ stato
collocato definitivamente ieri sopra il reattore numero 4 della centrale ucraina di Chernobyl, teatro
del disastro dell’aprile 1986, giusto 30 anni fa. L’incubo nucleare di Chernobyl è domato, dunque,
per almeno altri 100 anni. Tanto infatti dovrà restare in servizio il gigantesco arco d’acciaio che ieri
mattina è stato posizionato sui resti del reattore numero 4, responsabile di quell’incidente che nel
1986 gettò nel terrore mezza Europa (e in parte segnò l’inizio della crisi della perestrojka inaugurata
da Mikhail Gorbaciov). Uno sforzo - si tratta di uno dei progetti ingegneristici più ambiziosi al
mondo del quale la Cimolai è stata protagonista - al quale l’Italia ha peraltro preso parte in modo
massiccio, contribuendo con «oltre 100 milioni di euro per la realizzazione». Mosca, nonostante le
promesse di un’era di disgelo, segnata anche da una maggior trasparenza, minimizzò per giorni la
gravità della sciagura, esponendo a inutili rischi la popolazione coinvolta: ancora oggi non è
possibile quantificare con certezza il costo umano dell’incidente. Di certo si sa che le squadre
d’intervento rapido - i cosiddetti “liquidatori” - di fatto sacrificarono la loro vita per spegnere
l’inferno radioattivo; intorno al reattore venne poi costruito, in fretta e furia, un “sarcofago” di
cemento e ferro che aveva il compito di ingabbiare il cuore pulsante del reattore. Una “toppa” che
ha svolto il suo dovere per oltre 30 anni, ma che da tempo aveva iniziato a dare segnali di
cedimento, con conseguenze facilmente prevedibili. La comunità internazionale ha così deciso
d’intervenire e oltre 40 fra Paesi e organizzazioni hanno condiviso risorse e conoscenze per
trasformare quel rammendo in una soluzione permanente. L’operazione “New safe confinement” ha
così raccolto oltre due miliardi di euro di finanziamenti, gestiti ed erogati dalla Banca europea per la
ricostruzione e lo sviluppo (Bers). «Oggi siamo tutti testimoni di quello che l’Ucraina e il mondo
possono fare quando si agisce tutti insieme», ha detto il presidente ucraino Petro Poroshenko.
L’arco - largo 275 metri e alto 108 metri - è stato fatto scivolare grazie all’uso di martinetti per due
settimane. Ora gli operai inizieranno a smantellare le parti instabili del “sarcofago”. Il piano
prevede di rendere l’area di Chernobyl ecologicamente sicura entro novembre 2017 (per quanto
un’area di 2,600 chilometri quadrati, pari all’estensione del Lussemburgo, resterà comunque chiusa
alla normale attività umana chissà per ancora quanto tempo). «Alla realizzazione della struttura ha
contributo in modo determinante l’impresa Cimolai di Pordenone che, presso il proprio
stabilimento, ha creato le strutture in acciaio ad alta resistenza che compongono l’arco», ha
precisato l’ambasciatore d’Italia a Kiev, Davide La Cecilia. La nuova struttura protettiva, costruita
in acciaio e disegnata per resistere almeno 100 anni, è larga 275 metri, alta 108 metri ed è costata
1,5 miliardi di euro. «Si tratta della struttura mobile più grande mai realizzata finora, a cui l’Italia ha
fornito un notevole contributo in termini finanziari e dal punto di vista scientifico-tecnologico», ha
concluso l’ambasciatore La Cecilia.
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CRONACHE LOCALI
Cro, ricercatori a caccia del posto fisso (M. Veneto Pordenone)
di Donatella Schettini Soddisfazione è stata espressa ieri dall'assessore regionale alla Salute Maria
Sandra Telesca alla notizia che in commissione Bilancio della Camera è stato approvato un
emendamento in base al quale gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, come il Centro di
riferimento oncologico di Aviano, potranno continuare ad avvalersi del personale addetto alla
ricerca, assunto con contratti flessibili. Senza l'emendamento, infatti, al 31 dicembre i contratti non
avrebbero potuto essere rinnovati mettendo fortemente in discussione l'attività di ricerca che viene
realizzata dalla strutttura avianese. Per i ricercatori del Cro il problema era legato alla previsione,
contenuta nel Jobs act, che dal prossimo anno è vietato alle pubbliche amministrazioni stipulare
contratti atipici come le collaborazioni a progetto, contratti assai utilizzati proprio dagli istituti di
ricerca. «È indubbiamente una buona notizia – ha commentato Telesca – che ci fa ben sperare.
Stiamo raccogliendo i frutti delle azioni di sensibilizzazione che in questi mesi abbiamo fatto sul
Governo e sul Parlamento affinchè attraverso la legge di stabilità per il 2017 si consenta al Cro di
Aviano di continuare ad avvalersi della preziosa collaborazione dei ricercatori. Ora ci attendiamo
che quanto deciso in commissione sia poi confermato anche nel testo definitivo della legge di
stabilità – ha detto ancora Telesca – in modo che i circa 120 ricercatori che affiancano le attività del
Cro possano fruire di contratti, sia pur a tempo determinato, abbastanza lunghi da consentire di
portare avanti il loro lavoro con continuità ed efficacia». L’emendamento apre quindi la strada a
contratti flessibili per gli Irccs anche a partire dal 2017. Per Telesca «è il riconoscimento del ruolo
degli Irccs e delle loro peculiarità: un provvedimento che rafforza la posizione del Cro all’interno
del sistema sanitario regionale e il quotidiano impegno di medici e ricercatori che lavorano ad
Aviano, grazie al quale si applicano alle terapie i risultati ottenuti grazie alla ricerca scientifica».
L'auspicio è che al di là di quanto deciso per i contratti a tempo determinato si possano prevedere in
futuro forme di stabilizzazione dei ricercatori precari che devono fare i conti, ormai da tempo, con
rinnovi annuali e con una incertezza che spinge alcuni di loro ad accettare proposte che vengono
dall'estero dove le retribuzioni sono più alte e i rapporti di lavoro meno flessibili.
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Attività economiche, chiude un'impresa ogni quattro giorni (Gazzettino Pordenone)
Antonella Santarelli - I timidi segnali di ripresa registrati all'inizio dell'anno, che infondevano un po'
di ottimismo, nell'arco dei mesi si sono via via dissolti e il bilancio sulla salute delle imprese della
Destra Tagliamento si chiude ancora una volta in rosso. Dagli studi statistici effettuati dall'Ascom
Confcommercio, infatti, risulta che ogni quattro giorni chiude un'impresa. «E la cosa più
drammatica - sottolinea Massimo Giordano, direttore dell'Ascom provinciale - è il trend negativo,
secondo il quale il 75% delle nuove imprese, ovvero 3 su 4, è destinato a chiudere nell'arco di 5
anni. Un dato questo che indica non solo il perdurare delle crisi, ma soprattutto il calo della qualità
imprenditoriale, che favorisce l'improvvisazione. Cosa, questa, che la nostra associazione sta
contrastando in ogni modo, proponendo agli aspiranti imprenditori studi precisi di mercato per
metterli al riparo dai flop». Dai dati raccolti nello studio affidato alla Format research srl, che con
cadenza trimestrale tasta il polso agli operatori, fotografando l'andamento del mercato provinciale e
le principali problematicità che interessano gli operatori, si stima (poichè l'anno non si è ancora
concluso) che nel 2016, chiuderanno 1.736 imprese, delle quali 1.086 del terziario (negozi, bar,
turismo, servizi) e 650 imprese di altre attività (di tipo artigianale, industriale, manifatturiero). E ciò
a fronte di 1.645 nuove iscrizioni, delle quali 1.231 del terziario e 423 di altri settori. Con un saldo
negativo di 82 attività perdute, una, appunto, ogni 4 giorni.
Consultando poi un campione di 400 operatori pordenonesi, rappresentativo dei settori più
significativi (turismo, servizi, ingrosso, e dettaglio), nel terzo trimestre dell'anno, si riscontra un
significativo calo della fiducia nel futuro, la contrazione dell'occupazione, la crescita del fabbisogno
finanziario, ma per contro la scarsa propensione a rivolgersi alle banche. «E il motivo è presto detto
- riassume Alberto Marchiori, presidente dell'Ascom Confcommercio - perchè il sistema bancario
allo stato attuale si occupa di tutto, vende case assicurazioni, sevizi, tranne che del prestito». Dai
questionati compilati dagli operatori risulta che nel terzo trimestre dell'anno in molti hanno
rinunciato a investire e a bussare alle porte degli istituti di credito e che solo il 50% delle richieste è
stato accolto interamente e il 21% per cifre inferiori a quelle necessarie. «E chi non ottiene il
prestito cosa fa?», si chiede Giordano. «O chiude - ipotizza - oppure si rivolge a finanziarie con
interessi altissimi o agli strozzini. C'è di che preoccuparsi.
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L’incendio al magazzino Coop: arriva l’ok alla cassa integrazione (M. Veneto Pordenone)
di Andrea Sartori - Tempi ancora incerti per la ripresa delle attività nella porzione rimasta integra
del magazzino di Centrale Adriatica, dopo l’incendio che, giovedì scorso, ha distrutto 15 mila metri
quadrati di capannone. Ma nessun lavoratore resterà senza sostegno al reddito: domani sarà firmata
la cassa integrazione per i 70 dipendenti di Centrale Adriatica, che stamattina si riuniranno al centro
direzionale del consorzio per la zona di sviluppo industriale Ponte rosso. Già venerdì era stata
trovata una soluzione per i circa 120 dipendenti di Astercoop che lavoravano al magazzino: un
centinaio sono stati ricollocati in altre sedi della rete logistica che rifornisce i supermercati Coop,
per circa venti è scattata la cassa in deroga. Ieri si è cominciato a parlare del futuro dei dipendenti di
Centrale Adriatica, con un vertice tra rsu e il responsabile del personale (tra l’altro, non nell’ambito
del magazzino, dove ancora non è concesso accedere). «Domani (oggi per chi legge, ndr) ci sarà
l’assemblea dei lavoratori alla sede dello Zipr – ha confermato Eraldo Ius, rsu Filcams Cgil –.
Giovedì si firmerà la cassa. L’azienda ha assicurato che la ripresa delle attività avverrà quanto
prima nel reparto generi vari, ultimate le verifiche sull’anello antincendio». Le perizie sono in corso
da lunedì, accompagnate da quelle degli inquirenti nella parte sotto sequestro. «C’è il massimo
impegno dell’azienda e di tutte le altre parti in causa per risolvere problema», ha rimarcato Ius.
Intanto, Coop Alleanza 3.0 è alle prese con la riorganizzazione della distribuzione: individuate
alcune possibili sedi alternative per i generi alimentari freschi (che erano stoccati nella parte andata
distrutta), per ora i rifornimenti ai supermercati avvengono dal network di magazzini tra Triveneto
ed Emilia Romagna. Le attività al centro di San Vito riprenderanno solo, in un primo periodo, per i
generi vari. Tutti i 70 dipendenti, considerando che da quasi una settimana sono inattivi, partiranno
dalla cassa integrazione. Quanti torneranno subito al lavoro dipenderà da come sarà organizzata
l’attività del reparto, una volta ottenuta l’agibilità. «Alcuni del reparto freschi – continua Ius hanno manifestato su base volontaria la disponibilità a lavorare in Emilia. In assemblea si vedrà il
da farsi. I lavoratori ringraziano vigili del fuoco, carabinieri e chiunque ha contribuito a rendere
meno drammatica la situzione, anche i cittadini e i lavoratori di altre aziende che hanno manifestato
solidarietà». E il futuro a lungo termine? Dopo le prime rassicurazioni sul fatto che tutto verrà
ricostruito a San Vito, al momento non ci sono timori: «Rifare tutto altrove sarebbe pure
controproducente – osserva Ius –. È il magazzino più importante del Nordest della rete Coop, che ha
riconosciuto anche le capacità dei suoi addetti».
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Telesca: «Welfare, Artsam il modello che vogliamo» (M. Veneto Pordenone)
di Guglielmo Zisa - «In Friuli Venezia Giulia è nata la rivoluzione legata alla chiusura degli
ospedali psichiatrici. L’esempio dell’associazione Artsam ddn onlus dimostra come quel percorso
avviato allora si sia evoluto in modo positivo, creando forme innovative che vanno nella direzione
del concetto di salute che noi vorremo». Lo ha affermato l’assessore regionale alla Salute Maria
Sandra Telesca partecipando al convegno, ieri a Spilimbergo, organizzato dall’Associazione
regionale per la tutela della salute mentale durante e dopo di noi. Il sodalizio, presieduto da Sabina
Capuzzello, è impegnato nella gestione di gruppi di convivenza non istituzionalizzati in alcuni
appartamenti in provincia. Ci vivono persone che soffrono patologie legate alla salute mentale, con
il fine dell’autonomia e della piena integrazione sociale. L’associazione ha avviato 11 case tra
Spilimbergo, Azzano Decimo, Sacile e Pordenone, che danno ospitalità a 45 persone. L’assessore
regionale ha evidenziato l’importanza del ruolo dell’associazionismo anche nell’ambito della
riforma sanitaria. «Le logiche di welfare che stiamo portando avanti – ha detto Telesca – superano il
mero aspetto assistenziale e vanno in direzione della collaborazione con enti ed associazioni del
territorio, a tutto vantaggio del sistema regionale. Attività come quella portata avanti da Artsam ne
sono un esempio concreto, che trovano il pieno sostegno della Regione». Per Telesca queste
iniziative ricoprono un ruolo di primaria importanza nella sanità del Friuli Venezia Giulia
«trovando risposta – ha detto – anche all’interno del piano per la salute mentale. In questo ambito è
di fondamentale importanza la trasversalità dei rapporti tra azienda sanitaria, associazioni e famiglie
delle persone con patologie psichiche. Sodalizi come Artsam rappresentano l’anello di
congiunzione tra la società e le aziende sanitarie territoriali». Infine Telesca ha voluto sottolineare
come la legge nazionale sul dopo di noi abbia assegnato al Friuli Venezia Giulia circa 1,8 milioni di
euro. «La norma – ha concluso – ha recepito, tra le attività da sostenere, iniziative molto simili a
quelle portate avanti da Artsam. Ciò dimostra l’ottimo lavoro svolto dall’associazione regionale,
che in questo settore ha dimostrato di guardare lontano».
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Asili, nuovi sgravi per le famiglie (Gazzettino Pordenone)
Antonella Santarelli - Si amplia la fascia delle famiglie che potranno ottenere uno sgravio sulla retta
dell'asilo nido comunale, mentre i portatori di handicap grave potranno accedervi gratuitamente.
Inoltre potranno godere dell'abbattimento della retta le famiglie numerose con più di tre figli e
quelle all'interno delle quali vi sia un disabile grave (parente del bimbo iscritto all'asilo). Sono
queste le principali agevolazioni, previste dalla nuova amministrazione, che dopo aver superato
l'esame della commissione consiliare oggi approderanno in Consiglio. «Abbiamo tenuto conto della
complessità delle famiglie e dei loro bisogni - ha sottolineato Alessandro Basso, consigliere
delegato alla Scuola - sicchè da gennaio potranno godere delle nuove agevolazioni. Innanzi a tutto ha spiegato - abbiamo alzato il tetto dell'indicatore economico Isee da 26,999 a 30 mila, in modo da
ampliare il numero delle famiglie che possono accedere alla tariffa ridotta. Inoltre le famiglie con
bimbi disabili gravi, che hanno un Isee sino a 30 mila euro potranno iscriverli gratuitamente al
servizio, mentre quelle che superano i 30 mila otterranno riduzioni della retta in percentuale al
reddito». Sgravi sono previsti anche per le famiglie numerose con più di tre figli e per i nuclei con
un portatore di handicap grave (diverso dal bimbo iscritto al nido). Le rette dei due nidi comunali,
con un centinaio di posti, per contro sono rimaste invariate, e proprio oggi scadono i termini per le
iscrizioni finalizzate all'elaborazione della graduatoria di gennaio. Attualmente, chi ha un Isee che
supera i 30 mila euro, paga una retta di 427,03 euro al mese per mezza giornata (sino alle 13) e
548,22 per la giornata intera (sino alle 17.30). A questa cifra però vanno sommati i costi forfettari
giornalieri per il cambio di pannolino, per il servizio guardaroba, per la merenda e altro. Si tratta di
2,75 euro al giorno se il bimbo esce alle 13 e di 3,25 se invece va a casa alle 17.30. In quest'ultimo
caso dunque le famiglie devono aggiungere alla retta altri 70 euro. La tariffa minima, invece, quella
prevista per la fascia meno abbiente, con un Isee inferiore ai 6,999 euro, è di 61,18 euro il mese per
mezza giornata (uscita alle 13).
Per quanto riguarda le vaccinazioni, di cui si discute in questi giorni e che proprio ieri Trieste ha
reso obbligatorie per i bimbi che si iscrivono agli asili comunali, l'amministrazione Ciriani
temporeggia. Sia Basso sia il sindaco Alessandro Ciriani, sono personalmente convinti che sia
saggio vaccinare i bimbi, ma per il momento non intendono prendere posizione. «Aspettiamo regole
a livello nazionale e regionale - ha considerato Basso - o almeno che si ampli il fronte dei Comuni
che pretendono la misura preventiva».
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Natale insieme ai poveri, ma solo per cristiani (M. Veneto Pordenone)
di Martina Milia - Stasera si pesca. L’urna con i 50 nomi di famiglie o singoli seguiti dai servizi
sociali di Pordenone che hanno dato disponibilità ad accogliere a casa propria – magari una casa che
loro stessi dovranno lasciare perché colpita da provvedimento di sfratto – un consigliere comunale o
magari il sindaco nei giorni di Natale, per trascorrere qualche ora assieme, sarà posizionata stasera
nella sala consigliare. I rappresentanti del Comune, siano essi in maggioranza o all’opposizione,
potranno pescare un biglietto. I 50. Le persone che sono state contattate e hanno dato disponibilità a
incontrare i politici – c’è anche chi ha rifiutato l’offerta – sono state selezionate dalle assistenti
sociali tra le utenze seguite «e che, secondo gli operatori, hanno bisogno o comunque interesse a
stabilire una relazione con chi ha un ruolo pubblico – spiega l’assessore Eligio Grizzo –. Perché
solo cristiani? Perché io ho girato il mondo e rispetto le culture di tutti e non mi sarebbe sembrato
corretto imporre la nostra festa a chi ha un credo diverso. Deve esserci una reciprocità in questo
momento di incontro». Tra i 50 nomi ci sono persone italiane e straniere, singoli o famiglie, anche
numerose, ci sono anziani e persone con handicap. Ma chi pescherà non saprà quali siano le ragioni
per cui le persone sono seguite dai servizi, proprio perché l’idea è quella di generare un incontro
senza pregiudizi. La pesca. Nei bigliettini contenuti nella cesta ci saranno solo il nome della persona
(o del capofamiglia) che hanno dato la loro disponibilità, il numero di telefono e l’eventuale numero
dei componenti (ci sono anche nuclei di sei persone). L’assessore alle politiche sociali ha anche
predisposto un bigliettino con le istruzioni da seguire. «Per esempio, chi deciderà di portare un dono
un panettone (o più panettoni) per bere un the con gli ospiti, è pregato di non portare alcolici»
aggiunge Grizzo. «Mi stupisce tanta preoccupazione o attesa per questo momento, io credo che non
ci sia niente di più spontaneo. Certo bisogna essere pronti a mettersi in gioco, anche a essere
criticati, ma chi fa l’amministratore pubblico deve essere pronto a questo». Se nella presentazione
l’assessore aveva invitato i consiglieri a cenare con i cittadini il 24 o il 25 o il 26, in realtà «non ci
sono termini così stringenti, si può fare nel periodo natalizio di accordo con le persone e non è
obbligatorio che sia una cena». Pro e contro. Sull’iniziativa sono già state sollevate delle perplessità
da parte di alcuni consiglieri, qualcuno anche della maggioranza, e c’è chi si è già esposto – i
consiglieri di Pn 1291 non intendono partecipare – rifiutando la proposta. In compenso «ci sono sei
dipendenti comunali – dice con orgoglio l’assessore – che hanno chiesto di poter prendere un
biglietto e partecipare all’iniziativa, qualora i consiglieri non volessero farlo. Io credo sia
un’occasione di crescita per tutti, mi auguro che le ragioni di parte, almeno per una volta, vengano
messe da parte».
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Rimandati gli orali: congelato il concorso dei vigili urbani (M. Veneto Udine)
di Cristian Rigo La prova orale del concorso per l’assunzione di sei vigili urbani è stata rimandata a
data da destinarsi. Una decisione inevitabile quella assunta dal presidente della commissione Sergio
Bedessi visto che gli altri due componenti dell’organo esaminatore si sono dimessi. E da qui al 5
dicembre sarebbe stato impossibile nominare altri due componenti e fargli correggere i compiti in
tempo. A comunicare il rinvio è stato il dirigente Rodolfo Londero che adesso dovrà decidere come
procedere. Al momento le ipotesi più accreditate sono due: la nomina di altri due commissari se il
Comune dovesse riuscire a trovali in pochi giorni oppure l’individuazione di una nuova
commissione considerato che il contratto del comandante Sergio Bedessi scade il 16 dicembre. La
normativa impone infatti che a presiedere la commissione sia il dirigente di riferimento e quindi al
momento la presenza di Bedessi è obbligatoria, ma dal 17 dicembre lo scenario sarebbe diverso. E
Palazzo D’Aronco potrebbe aspettare per poi procedere con una commissione tutta nuova. Anche
perché dal primo gennaio la polizia locale sarà in capo all’Uti Friuli centrale e nell’ultima riunione i
sindaci dei comuni interessati hanno deciso di bandire due concorsi: uno per il dirigente dei Servizi
sociali e l’altro per il comandante della polizia. Nulla vieta ovviamente che Bedessi si candidi, ma
nel frattempo il posto quasi sicuramente resterà vacante. A decidere l’organizzazione dei due bandi
sarà il nuovo segretario generale dell’Uti, Giuseppe Musto che ieri ha firmato il contratto e assunto
ufficialmente l’incarico. La terza ipotesi che non va scartata anche se al momento non sembrano
essere emersi elementi tali da invalidare le prove, è quella dell’annullamento come chiesto dal
capogruppo della Lega nord, Mario Pittoni e da buona parte dell’opposizione. Il sindaco Furio
Honsell nel corso del Consiglio comunale ha ribattutto punto su punto a tutte le osservazioni di
Pittoni sulla base di quanto gli ha riferito il comandante Bedessi che in qualità di presidente di
commissione aveva la responsabilità di vigilare sul corretto svolgimento delle prove. A causare le
dimissioni dei due componenti pare però che sia stata proprio una diversità di vedute con Bedessi il
quale avrebbe voluto segnalare nei verbali delle criticità emerse nel corso della preselezione alla
quale hanno partecipato più di 600 persone. Nelle due prove scritte alle quali sono stati ammessi i
primi 60 classificati invece non ci sarebbero stati problemi. Ma il futuro del concorso e l’assunzione
di sei nuovi agenti è ancora a rischio.
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Compie trent’anni la Metal Tech di Ampezzo (M. Veneto Udine)
di Gino Grillo - Sono stati festeggiati in questi giorni i 30 anni di attività dell’azienda Metal Tech di
Nicola Spangaro, in concomitanza con i 67 anni dell’imprenditore carnico, figura molto nota anche
per il suo impegno politico e di amministratore pubblico. In questi trenta anni di attività
professionale Spangaro ha portato l’azienda, che produce box doccia, e che ha una gemella, la
Egena, a raggiungere gli obiettivi creando un sistema produttivo in grado di trasformare la materia
prima, acciaio e alluminio, in un prodotto finito pronto alla vendita; questo ha permesso di ottenere
una certa posizione commerciale non solo in Friuli ma anche all’estero. L’esordio di Nicola
Spangaro è stato alla Zanussi Grandi Impianti, dove ha appreso il know how imprenditoriale che gli
ha permesso di dare l’avvio all’azienda carnica, non senza aver sperimentato diverse vie
imprenditoriali per portare occupazione in Carnia. Non sono sempre stati anni facili, d’altronde si sa
che in montagna non è semplice fare impresa. Nonostante le commesse e gli ordinativi fioccassero,
c’è stato anche un periodo, alcuni anni or sono, in cui le difficoltà finanziarie avevano messo alle
strette la stabilità dell’azienda. Momenti superati, come quello dell’incendio che un paio di anni fa
(era l’ottobre 2014) aveva danneggiato la fabbrica, ma che anche grazie al buon rapporto instaurato
fra l’imprenditore carnico e i dipendenti, ha portato questi ultimi a lavorare anche nei giorni festivi
per permettere alla Metal Tech di riprendere l’attività in tempi brevissimi. Attualmente l’azienda,
che ha una succursale in Friuli, a Spilimbergo (la Egena), nella quale collaborano i figli, dà
occupazione ad una cinquantina di dipendenti. Nicola ha sempre sottolineato l’importanza di poter
creare un’azienda solida in un territorio difficile come la Carnia, impegnandosi per questo anche in
campo politico. Molto legato al territorio, militando nel Partito socialista italiano ai tempi di Craxi,
Nicola Spangaro è stato pure assessore allo sport per il Comune di Ampezzo dove organizzò nel
1987 la prima edizione della “24 ore di pallavolo” che ancora oggi si ricorda in paese.
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La battaglia degli infermieri sulle indennità tagliate (M. Veneto Udine)
di Alessandra Ceschia - Da gennaio non ricevono più l’indennità ex articolo 44 previste nel
contratto nazionale del comparto della sanità pubblica, pari a 4,13 euro per ogni giornata di servizio
(e per i riposi compensativi) nelle terapie intensive e subintensive. Sono un centinaio gli infermieri
che lavorano nelle aree di emergenza degli ospedali di Latisana, Palmanova, Monfalcone e Gorizia
e che da una decina di mesi oltre a combattere con la cronica carenza di personale, ricevono una
busta paga alleggerita. A scendere in campo e a ricorrere alle vie legali per loro è il Nursind, il
sindacato delle professioni infermieristiche che ha dato mandato al proprio legale, avvocato
Domenico De Angelis per la messa in mora della direzione generale dell’Azienda per l’assistenza
sanitaria 2 Bassa Friulana Isontina. «A nulla sono valsi gli appelli e gli ultimatum che abbiamo
lanciato – lamenta – il segretario Nursind Udine Afrim Caslli – non solo gli infermieri si ritrovano
con un contratto che da otto anni non viene rinnovato, ma l’Azienda ha il coraggio di togliere anche
pochi spiccioli a chi lavora pur di risparmiare. L’indennità è dovuta al personale che, operando
nell’area di emergenza si occupa di postazioni che richiedono un ininterrotto monitoraggio». Con
queste istanze Nursind ha incontrato l’assessore regionale alla Sanità Maria Sandra Telesca, la quale
ha inviato una missiva alla direzione dell’Aas2 per segnalare la problematica. «La legge regionale
17/14 prevede la possibilità per i presidi ospedalieri di base – si legge nel documento – di svolgere
le seguenti funzioni articolate nelle unità operative di degenza: pronto soccorso, e medicina
d’urgenza con posti di osservazione a breve e semi-intensivi, anestesia e rianimazione con posti
intensivi che possono essere organizzati in area comune di emergenza, medicina interna, chirurgia
generale, ortopedia, traumatologia, ginecologia, e ostetricia con punto nascita, riabilitazione. È
evidente che, qualora l’azienda dia attuazione a quando previsto dalla norma, al personale
infermieristico, debba essere corrisposta l’indennità». Nel frattempo, il legale del Nursind ha fatto
partire una diffida intimando all’Aas2 di liquidare le indennità a favore di tutti gli infermieri
«ripristinandone l’erogazione dal gennaio 2016, nonchè a liquidare a tutti gli infermieri interessati
un risarcimento di danni per l’improprio e l’indebito utilizzo in mansioni inferiori, risarcimento che
può essere quantificato in due mensilità lorde annue moltiplicate per il numero degli anni in cui si è
protratta la condotta». E poichè a tale lettera non ha fatto seguito alcuna risposta, il Nursind ora è
deciso a coinvolgere il giudice del lavoro.
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Agemar chiude, licenziati i dipendenti (Piccolo Trieste)
di Silvio Maranzana Si chiude melanconicamente, dopo oltre mezzo secolo, la parabola di una delle
più note e affermate agenzie marittime triestine, l’Agemar. Sulla strada stanno per finire i dieci
dipendenti, e al di là del dramma che coinvolge le singole persone e le loro famiglie, la questione è
tanto più grave in quanto all’agenzia si appoggiavano i traghetti Minoan (società di proprietà
dell’italiana Grimaldi) per la Grecia e quello di Adriaferries per l’Albania. «La società è stata messa
in liquidazione - ha confermato ieri la titolare Marina Kedros Pappas, affiancata dall’avvocato
Federica Gei e dal dipendente Guido Rasera - al 30 novembre (cioé oggi, ndr.) sospendiamo la
nostra funzione di agenti sulle linee da Trieste. Agemar continuerà a sopravvivere ancora qualche
mese per chiudere definitivamente entro marzo». «Con la crisi, i costi superavano i ricavi e da
qualche anno i bilanci si chiudevano in rosso - ha precisato Gei - l’affetto che la famiglia nutre per
Trieste oltre che per la società stessa, è stato comunque insufficiente per tenere l’agenzia a galla.
Purtroppo entro qualche mese tutti e dieci i dipendenti verranno gradualmente licenziati, pur se con
una serie di garanzie». A innescare la spirale negativa anche la morte prematura, due anni fa, del
marito di Marina Kedros, Menelaos Pappas. Il vuoto lasciato da Agemar verrà ora colmato dalla
Frittelli Maritime di Ancona che svolge analogo servizio su queste linee nel capoluogo
marchigiano. «Il preavviso che ci è stato dato è minimo - spiega il direttore generale Roberto
Mataloni - ma abbiamo ora sottoscritto il contratto di agenzia e aperto due uffici sia all’ormeggio 57
per la linea greca che allo Scalo Legnami per quella albanese. Noi possiamo garantire il servizio,
non credo propri che i rispettivi armatori vorranno cancellare le toccate triestine». «Posso
confermare ufficialmente che per tutto il 2017 i traghetti Minoan partiranno da Trieste due volte alla
settimana, così come succede oggi», ha dichiarato ieri Michael Hatzakis, greco-triestino
vicepresidente di Minoan lines, che con la sua agenzia Hellenic international di piazza Tommaseo
cura anche la biglietteria passeggeri per i ro-pax per la Grecia. La martoriata linea continua
comunque a essere minacciata dal possibile sfratto dall’attuale ormeggio, alla radice del Molo
Settimo, spazio su cui dovrebbe espandersi il terminal container. Tra le alternative, comunque non
per l’immediato, allo studio dell’Autorità di sistema portuale, c’è anche il dirottamento a
Monfalcone. Agemar, che fino a poco fa occupava prestigiosi spazi al pianoterra del grattacielo di
mattoni rossi delle Generali in piazza Duca degli Abruzzi e nel periodo d’oro era arrivata a contare
25 dipendenti, da qualche tempo si è trasferita in via Rossini 16 in locali di proprietà della titolare
che ora resteranno vuoti. Marina Kedros si dedicherà totalmente al suo ruolo di console generale
onorario di Grecia che amplia la sua giurisdizione sul Veneto, oltre che sul Friuli Venezia Giulia.
La famiglia Kedros occupa un ruolo di rilievo a Trieste da quasi ottant’anni, da quando Cleon, dopo
aver vissuto a Marsiglia, Londra e Amburgo, si trasferì in città dedicandosi alla trasformazione e al
commercio di prodotti alimentari provenienti dalla Grecia. Nel 1950 assieme al fratello Tryphon
acquista una prima nave alla quale se ne aggiungono altre. Nel 1962, assieme ad altri soci fonda
l’Agemar che sarà anche agente dell’Adriatica di navigazione. Due anni più tardi diverrà anche
console di Grecia a Trieste, carica che manterrà fino al 1971. Nel 1993 questo incarico viene
ricoperto da Menelaos Pappas che arrivato da giovanissimo a Trieste, si era iscritto alla Facoltà di
Medicina e aveva incontrato la futura moglie, Marina Kedros che ora suo malgrado chiuderà la
società.
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Cisint avverte Fincantieri: «Basta avere solo briciole» (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
di Giulio Garau - «Un sindaco non può sottovalutare il prestigio e l’eccellenza di Fincantieri, è un
patrimonio rilevante del Paese, è uno dei grandi gruppi capaci di espandersi a livello mondiale. Io
sono nata e cresciuta a Panzano, mio nonno era “capo” in cantiere, ho sentito ogni mattina risuonare
la sirena alle 8 meno 20. Non sottovaluto tutto questo, però allo stesso tempo Fincantieri non può
sottovalutare i fattori sociali, economici e produttivi che impattano sul territorio. Sono loro stessi ad
aver varato un codice di comportamento». Non molla la presa il sindaco Anna Cisint, non ha alcuna
intenzione di farlo, fino all’esasperazione: le soluzioni devono essere trovate a tutti i costi. E dopo
l’incontro-scontro di sabato scorso durante la cerimonia della Msc Seaside, stavolta in veste di
sindaco, ecco la lettera spedita (proprio ieri) all’ad di Fincantieri Giuseppe Bono per parlare dei
problemi e dei rapporti tra Fincantieri e città. Cisint ha dato anche la sua finestra di disponibilità,
con tanto di date e orari, per l’incontro da fare entro metà dicembre. Di cosa vuole parlare con l’ad
Bono? Affrontare la questione delle pesanti ripercussioni sulla città dopo le scelte di trasformazione
del cantiere. Decisioni che hanno avuto un impatto sul fronte sociale, demografico, urbanistico ed
economico a Monfalcone. Cosa intende chiedere? Voglio aprire una pagina nuova con Fincantieri.
Che le produzioni continuino a rappresentare un orgoglio per Monfalcone, ma ciò non deve
avvenire nella devastazione del territorio. Devastazione? Mi riferisco a questioni mai affrontate
prima. Come ad esempio il fatto che arrivano in città e lavorano 5mila persone, che poi sfiorano le
10mila presenze prima della consegna di una nave, in una Monfalcone che non era pronta ad
accoglierle, non era preparata ma soprattutto non è stato mai gestito questo fenomeno. Il punto più
delicato e urgente? La questione dell’immigrazione. Su questa città sono piombati migliaia di
immigrati con famiglie allargate ma senza che nessuno sapesse se era preparata con gli alloggi,
l’adeguamento dei servizi sociali, sanitari e scolastici. Nessuno si è posto il problema di riuscire a
fornire servizi adeguati. E il nodo dei servizi sociali è importante, ci stiamo rimettendo. I lavoratori
che vivono a Monfalcone pagano però le tasse e le imposte con il loro lavoro, la stessa Fincantieri
versa un sacco di soldi sul territorio per il cantiere. È la Regione quella che incassa tanti soldi da
Fincantieri ogni volta che si consegna una nave, ma poi si dimentica che esistiamo anche noi di
Monfalcone quando si tratta di redistribuire le risorse e la nostra sanità è in ginocchio. Non
possiamo avere soltanto i problemi e poi avere le briciole. Un altro nodo? Quello urbanistico e
viario. Una situazione insostenibile per la comunità e soprattutto per Panzano. Il continuo passaggio
dei Tir, i parcheggi, l’inquinamento. Le scelte di riorganizzazione dell’azienda devono essere
accompagnate dalla consapevolezza che hanno una ricaduta sul territorio che non deve pagare per le
decisioni di Fincantieri. Mi fa un esempio? Il cambio degli orari. Una volta i lavoratori arrivavano
tutti assieme, ora non più ed è stato un dramma per i lavoratori e per la città. L’uso delle automobili
si è moltiplicato, a peggiorare le cose poi è stata la decisione di togliere 150 parcheggi interni per
far posto a capannoni produttivi. Non si può continuare così, bisogna accompagnare queste scelte
con misure idonee, confrontarsi con il Comune, i disagi s hanno gravato sulla città e i lavoratori.
C’è un punto più rilevante su cui discutere? Il primo è quello del lavoro per il nostro territorio.
Nella provincia ci sono 15mila disoccupati e il cantiere di Panzano dà lavoro a circa 3mila 500
persone indirette e soltanto 1500 dirette e tra queste meno di 800 operai. Sull’occupazione il
sindaco non può essere uno spettatore o fare come Ponzio Pilato. Ricevo ogni giorno segnalazioni,
richieste di aiuto, denunce. E c’è poi il problema degli appalti e subappalti. C’è il costo delle ditte
ma bisogna vedere poi cosa arriva in busta paga. Voglio l’aumento dei livelli occupazionali locali
utilizzando tutti gli strumenti contrattuali esistenti. Ma aprendo le porte alla mano d’opera del
territorio e favorendo un indotto qualificato. Pensa di trovare facilmente persone qualificate
disposte ad andare in cantiere? Sono anni che le aziende metalmeccaniche si lamentano della
carenza. Bono mi ha detto la stessa cosa e io ho risposto che a 4 euro all’ora non mando in cantiere
mio figlio. È venuto il momento di ragionare sugli appalti. Perché le ditte costano e poi in busta
paga arrivano soltanto briciole? Abbiamo l’obbligo di dare una opportunità alle persone senza
lavoro. Ognuno, nella propria autonomia, deve fare la sua parte. Che cosa propone? Una verifica e
un confronto sugli strumenti attuali, per adeguarli e migliorarli. Non è pensabile che un’azienda
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come Fincantieri che incide tanto positivamente sull’economia regionale e nazionale, controllata al
70% da Cassa Depositi e prestiti si tiri indietro e che a questo tavolo non partecipino Regione e
Stato. Servono misure speciali. Può spiegare? In certi siti industriali dove ci sono impianti che
creano problemi al territorio sono previste misure di compensazione. Ne ho parlato anche con il
prefetto. Tocchiamo un altro tasto delicato: l’accordo sull’amianto. Ho fatto un’indagine con gli
avvocati, l’accordo fatto con il Comune è un colpo di spugna, c’è scritto che Fincantieri non ha
alcuna responsabilità. Dal punto di vista giuridico sarà molto difficile aggredirlo, lo faremo solo se
ci saranno garanzie di successo. Abbiamo trovato un punto debole. Ci sarà una mozione del
Consiglio comunale che mi darà il mandato per fare correzioni. Ad oggi rilevo che il Crua è
finanziato solo con i soldi regionali. E adesso cosa chiederà? Più soldi e che partecipi anche
Fincantieri. Dovrebbero essere i primi a farlo. C’è qualche proposta nuova che farà a Fincantieri?
Vorrei creare a Monfalcone un master specialistico per ingegneri nautici e navali. La città deve
avere questo biglietto da visita per dare un’opportunità ai giovani.
Contributi rette case di riposo. Il Comune sollecita la Regione a intervenire (Piccolo Trieste)
Il Consiglio comunale ha votato all’unanimità una mozione di Forza Italia che sollecita la Regione a
rivedere il sistema dei contributi a sostegno delle rette pagate per le case di riposo. La mozione,
preparata dal capogruppo Piero Camber (foto), punta a intervenire in particolare sulle strutture
protette per autosufficienti e per i parzialmente non autosufficienti del capoluogo dove vengono
richieste somme più elevate che nel resto del Fvg. Il documento, oltre a chiedere alla giunta
Serracchiani di regolamentare il settore con una norma ad hoc, suggerisce all’Asuits di erogare i
fondi in base alla reale gravità degli anziani ospitati. «Non si possono concedere finanziamenti con
criteri standard - rileva Camber - altrimenti alcune realtà si troveranno costrette ad alzare le tariffe».
Sul tema, così Gino Dorigo (Spi Cgil): «Anomalie come queste sono legate ai ritardi del percorso di
riqualificazione delle strutture». (g.s.)
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Provincia cancellata, ma le tasse rimangono (Piccolo Trieste)
di Massimo Greco - Se il 29 settembre ricorda Lucio Battisti e il compleanno di Berlusconi, se il 29
ottobre richiama il genetliaco di Fausto Leali e di Gianni Pettenati, il 29 novembre resterà invece
alla memoria amministrativa del terroir triestino come il giorno dell’ultimo Consiglio provinciale,
convocato ieri pomeriggio, prima del definitivo ammainabandiera a palazzo Galatti. A 94 anni
dall’istituzione, avvenuta con Regio decreto 1353 del 17 ottobre 1922 (in età ancora liberale, in
anticipo di 11 giorni sulla Marcia su Roma), la Provincia ha salutato il pubblico triestino al centro
del campo e ha raggiunto gli spogliatoi. Alla novembrina malinconia per l’adieu della quasi
secolare istituzione si aggiunge l’amarezza per la conferma delle tasse, che non saranno più
provinciali ma regionali. Muoiono gli enti, mai le gabelle. Ovvero le due entrate tributarie di
competenza provinciale, l’addizionale sull’energia elettrica e l’imposta di trascrizione (Ipt),
resteranno in vita e saranno incassate da mamma Regione. E non sono cifre trascurabili, in quanto la
somma dell’addizionale e dell’Ipt “cuba” - secondo le informazioni rese dall’assessore Mariella
Magistri De Francesco - oltre 7 milioni di euro. Cinque milioni arrivano dalle formalità di
trascrizione, iscrizione, annotazione dei veicoli richieste dal Pra, un’imposta entrata in vigore nel
lontano gennaio 1999; riscossione e calcolo del tributo sono gestiti dallo stesso Pra. Poco più di due
milioni sono forniti dai consumi di energia per le utenze non domestiche fino al limite massimo di
200mila kwh. «Dopo svariati anni contrassegnati dal calo dell’Ipt perchè si vendevano meno vetture
- commenta l’assessore - nel 2016 il mercato dell’auto, finalmente rinfrancato, ha consentito alla
Provincia di incassare 300mila euro in più». Prontissimo il riscontro della Regione Fvg: ieri
pomeriggio l’assessore al Bilancio Francesco Peroni prendeva atto che «con l’approvazione alla
Camera della legge di bilancio, l’imposta sulle formalità di trascrizione, iscrizione e annotazione dei
veicoli viene attribuita alla Regione Fvg, a decorrere dall’1 gennaio 2017 e ad essa sarà destinato il
relativo gettito». Già. «Ad essa». Non ai Comuni o alle Uti, ai quali quelle risorse avrebbero fatto
un grande comodo. E che invece dovranno sperare nella finanza derivata, cioè nella munificenza
“ottriata” della Regione. Mariella Magistri De Francesco conosce la materia e ha ben presente
l’ampiezza di certi faldoni che transiteranno ai Comuni. Per esempio, il poco ambìto dossier relativo
all’edilizia scolastica. Prima di chiudere i battenti la Provincia ha preparato alcuni progetti
“cantierabili” per aiutare il Comune, perché con un progetto “cantierabile” - spiega l’assessore - è
più facile passare alla cassa. «La riqualificazione progettata- aggiunge la De Francesco - riguarda i
laboratori del polo scolastico di via Cantù, il polo Carli-Nautico, gli esterni del liceo Petrarca». Ma
dalla disgregazione della Provincia nascono altri interrogativi sulle competenze del futuro. Per
esempio: che fine farà il servizio Ambiente? Si manterrà a Trieste un presidio territoriale come pare
che avverrà a Udine, a Pordenone, a Gorizia? Oppure la struttura sarà inghiottita nel “mare
magnum” regionale? E chi provvederà alle incombenze relative alla Ferriera o al depuratore di
Servola? Il 26 settembre il Consiglio provinciale approvava un ordine del giorno con cui invitava la
presidente della Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat, a intervenire presso la Regione affinchè «le
strutture organizzative decentrate siano mantenute in modo omogeneo sui singoli territori
provinciali ... nell’interesse primario di chiarezza e uniformità nella tutela dei diritti dell’utenza».
Un modo elegante per esprimere legittimi dubbi sulla capacità della Regione di assolvere ai compiti
di “sportello”.
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