PARTE 2 – LE TEORIE DELLO SVILUPPO E DELLA CRESCITA

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PARTE 2 – LE TEORIE DELLO SVILUPPO E DELLA CRESCITA
PARTE 2 – LE TEORIE DELLO SVILUPPO E DELLA CRESCITA
Capitolo 5 –L’eredità delle teorie classiche dello sviluppo e alcuni approcci moderni
5.1 I classici
Come interpretare i dati e i fenomeni che abbiamo rapidamente visto nelle lezioni
precedenti? Con quali occhiali? Inevitabilmente bisogna usare delle teorie per comprendere la
realtà.
Prima di esaminare le visioni moderne, diciamo dal contributo di Harrod del 1939 ad oggi è
utile il riferimento ad alcune teorie della tradizione economica, per esaminare che cosa il pensiero
economico classico ha lasciato in eredità all’economia dello sviluppo. Tratterò ovviamente in modo
sommario soltanto di alcuni grandi autori e dei loro contributi che occupano un posto significativo
nelle riflessioni anche moderne sullo sviluppo. Scopriremo così che alcune visioni e idee sono in
realtà assai stagionate. Nello stesso tempo questi autori hanno il vantaggio di porsi in un’ottica di
cambiamenti di lungo periodo, che è proprio quella che dobbiamo avere in mente nell’analizzare
processi di sviluppo. Va innanzitutto evidenziato come tutte le teorie, sebbene in forme diverse
prevedano l'esistenza di leggi immanenti nello sviluppo storico (valide per ogni tipo di società e in
ogni tempo). Il processo storico viene visto come un'evoluzione da forme più semplici a forme più
complesse, superiori, attraverso la manifestazione di forze endogene, non ci sono salti ma
trasformazioni per le quali non è prevista la casualità. Questo tipo di approccio prende anche il
nome di teoria della modernizzazione.
Il Mercantilismo
Diversi economisti e filoni teorici hanno analizzato questo processo, e ci si è concentrati sulle
evoluzioni di lungo periodo e sulle forze che generano i mutamenti giudicati più significativi.
La prima teoria economica sulla ricchezza nazionale è stata il mercantilismo: durata circa
tre secoli, è stata la teoria dominante le politiche economiche dei vari stati. La ricchezza è intesa
come stock di metalli preziosi (= riserve): un paese è più ricco di altri se possiede una maggior
quantità di metalli preziosi a disposizione del Tesoro. I metalli preziosi sono potere d’acquisto
generalizzato e accettato a livello internazionale. A partire da questa teoria si individuarono
politiche volte ad aumentare lo stock di oro e argento a disposizione di un paese(politiche
protezionistiche).
E’ possibile individuare due fasi del Mercantilismo
Nella prima fase del mercantilismo chiamata Bullionismo per aumentare lo stock di riserva
si agiva attraverso il conto capitale cercando di attrarre valuta pregiata. Si doveva dare credibilità
alla moneta nazionale su cui si doveva investire, essa non doveva essere soggetta a svilimento.Una
moneta forte garantiva un flusso netto di capitali. Inoltre vi era la tendenza a mantenere un saggio di
interesse reale elevato rispetto ad altri paesi per attrarre capitali. Ricchezza significava possedere
valuta pregiata.
Durante la prima fase si usavano altri metodi per aumentare lo stock di riserva: si ragionava
sui flussi di oro ed argento in conto capitale. Occorrevano dunque tassi d’interesse reali elevati,
valutando anche il differenziale dei tassi d’interesse. Si considerava inoltre la solidità/stabilità della
moneta in cui si doveva investire (una sorta di fiducia nel paese): la moneta non doveva subire
processi di tosatura o svilimento.
Nella seconda fase il conto capitale viene visto come riflesso del conto corrente,i saggi di
interessi e la forza della moneta nazionale non influenzano direttamente la ricchezza della nazione.
La moneta è indicatore di ricchezza ma nella sostanza la ricchezza viene vista come quantità di
merci acquistabili con la valuta pregiata a disposizione.E’ contemplabile in questa fase del
Mercantilismo “privarsi” di moneta per acquistare materie prime più convenientemente all’estero
con lo scopo finale di aumentare la capacità produttiva del paese .
Molto più significativo diventa il controllo della bilancia commerciale. Per aumentare la
ricchezza si deve avere un saldo positivo della bilancia commerciale, cioè devono crescere le
esportazioni (successivamente si considererà il saldo di parte corrente, non solo commerciale). E su
questo punto insiste Thomas Mun. Egli pubblica nel 1620 “England treasure by forraign
trade”(circa 1620), la nozione di ricchezza è la stessa ma cambiano gli strumenti con i quali può
essere incrementata: occorre esportare più di quanto si importa.Un avanzo di parte corrente
identifica la presenza di ampie quantità di metalli preziosi in una nazione,ciò comporta un aumento
della ricchezza Se però tutti i paesi applicano tale teoria, non tutti possono guadagnare: il gioco
somma è a zero,un paese si arricchisce a spese di un altro. Occorre dunque il protezionismo: dazi
doganali sulle esportazioni, protezione dell’industria nascente o incentivi e sussidi alle esportazioni.
Esempi di provvedimenti protezionistici sono i vari Navigation Acts (dal 1651 in poi) con i quali
l’Inghilterra stabilì che tutte le merci in partenza e in arrivo dall’isola dovevano essere trasportate
su nave inglesi,i porti britannici vennero chiusi sostanzialmente al naviglio estero.
Nel 1601 era stata fondata la East India Company inglese, Mun era nel Board of Directors, e
l’anno successi fu fondata quella Olandese; è l’epoca del passaggio dalle pure conquiste coloniali
militari al controllo delle risorse delle colonie attraverso strumenti anche commerciali.
In Francia con Colbert, ministro delle Finanze di Luigi XIV, ci fu un tentativo attraverso
misure di protezione di appoggiare lo sviluppo dell’industria nascente.
Numerose furono le guerre di espansione commerciale come nel caso delle colonie o della
guerra dei 7 anni tra Francia ed Inghilterra il cui risultato è stato il passaggio del Nord America alla
Gran Bretagna. Le guerre commerciali sono tipiche della seconda fase del mercantilismo.
Un altro esempio storico significativo lo si può rintracciare nelle sorti della Spagna. Nel
XVI secolo grazie alle conquiste in America Latina la Spagna era lo stato con le riserve più alte in
assoluto, ma pian piano le perse a causa di un deficit commerciale; tutto l’oro e l’argento vennero
utilizzati per le spese di guerra e per l’acquisto di manufatti nel nord d’Europa: ciò segna il
passaggio dalla prima fase alla seconda e dimostra che le nazioni possono anche perdere ricchezza,
si ha un ciclo molto lungo di crescita e caduta delle nazioni.
Lo sviluppo di alcune attività industriali soprattutto nel settore tessile nel nord Europa,spinse
i mercanti a comprendere la relazioni tra costi di produzione,prezzi dei beni e competitività dei
prodotti sul mercato internazionale.Appariva chiaro che per ottenere un surplus di parte
commerciale era necessario agire sulla competitività del prezzo o alternativamente sull’elasticità di
esso. Era comunque preferibile perdere sul prezzo piuttosto che sulle quantità
Ma come è possibile vendere manufatti a basso prezzo? Agendo sui costi; bassi costi del
lavoro,bassi costi di materie prime.
Il colonialismo fondamentalmente servì per ottenere materie prime a bassi costi Coerentemente con
il precedente ragionamento, diventò più profittevole mantenere tassi di interesse bassi per attirare la
richiesta di prestiti,si favoriscono in questo modo gli investimenti quindi la produzione e
l’esportazione di manufatti per mantenere la bilancia commerciale in positivo.
L’idea di ricchezza nell’ era mercantilista è data quindi dalla differenza fra esportazioni e
importazioni, questa idea è valida anche per il singolo mercante in questo caso si parla di profitto di
alienazione;il mercante acquisisce profitto dalla differenza tra costo di acquisto e prezzo di vendita
di una merce.
Significativo in questi secoli fu il ruolo degli stati(nazionali) che attraverso alleanze con i mercanti
attuarono politiche protezioniste per favorire loro e le compagnie nazionali,appariva evidente che
l’afflusso di metalli preziosi avrebbe portato vantaggio a tutta la società non soltanto ai
mercanti.Ciò si esplicava ad esempio in maggiori entrate fiscali per lo stato e la classe
aristocratica,in un incremento dell’occupazione per la classe operaia
Gli Illuministi pensavano che teorie di questo tipo fossero la causa delle guerre perché la
ricchezza si guadagnava a scapito di qualcun altro. Con essi dunque si passa al libero scambio
perché nasce un concetto di ricchezza diverso da quello dei mercantilisti. Ci sono però alcuni
passaggi.
Nel 1662 William Petty afferma nel Trattato su tasse e contributi che le società umane
organizzate si caratterizzano per diversi gradi di divisione sociale del lavoro, i diversi compiti e l
funzioni nella società), ma è anche il primo a sottolineare con forza il ruolo svolto dalle tecniche di
produzione all’interno del processo di crescita economica. Egli vede l’agricoltura come settore
fondamentale che provvede alla sussistenza di tutta la popolazione,ed è proprio a questo settore che
ricollega la presenza di un sovrappiù (=eccedenza di output sull’input). Coloro che lavorano la terra
ottengono produzioni quantitativamente superiori a ciò che è loro necessario per vivere,in questo
modo il cibo in eccesso può essere consumato anche dal resto della popolazione non impiegata in
quel settore. La presenza di un sovrappiù in agricoltura consente,una diversificazione delle attività
nella società. A ciò si può ricollegare l’altro concetto fondamentale di Petty, quello della –già
citato- divisione sociale del lavoro. La società non è più considerata suddivisa tra aristocrazia e
servitù,ma tra gruppi sociali con funzioni separate. Ognuno all’interno della società ha il suo
ruolo,e non è più necessario provvedere a diverse funzioni contemporaneamente per sopravvivere
Vengono individuati quattro gruppi sociali e altrettanti ruoli: i produttori delle sussistenze,
coloro che producono per esportare,i produttori di beni di lusso infine eruditi e commercianti. La
divisione sociale del lavoro si può avere perché l’agricoltura è produttiva: i lavoratori in agricoltura
producono per tutti e mantengono il resto della società. Petty riconosce il ruolo del commercio
come fonte di ricchezza nazionale,ma non la considera come l’unica attività che può contribuire
all’arricchimento dello stato.
Al concetto di sovrappiù nel settore agricolo –prerequisito della crescita economica di una
nazione- si accompagnano i concetti di produttività e di divisione tecnica del lavoro, soprattutto
nel settore manifatturiero. Per divisione tecnica del lavoro si intende la specializzazione di ogni
lavoratore in una determinata operazione del processo produttivo (v. Smith)
I beni ottenuti sono il frutto di un impiego sempre più produttivo di terra e lavoro (fattori di
produzione) che ne determinano in buona parte il prezzo. Maggiore è la produttività, minori sono i
costi di produzione,minori sono i prezzi di vendita. Il commercio in Petty non è l’ unica attività che
può incrementare la ricchezza di una nazione,riflesso di questa considerazione è anche la
considerazione del gruppo dei mercanti solo come uno dei gruppi che svolgono attività produttive
Petty vede alla base della crescita economica un’ elevata produttività che potrebbe rendere più
competitivo un paese e incoraggiare gli scambi commerciali. Un surplus nella bilancia commerciale
non è sintomo di ricchezza in sé ma è un mezzo per favorire un’ ulteriore crescita dell’attività
produttiva.Il confronto con la teoria Mercantilista è immediato;in quest’ultima un surplus di parte
commerciale rappresentava l’ obbiettivo verso cui convergere,il ruolo degli scambi commerciali era
fondamentale per ottenere quel surplus e incrementare quindi la ricchezza delle nazioni.
La Banca d’Inghilterra, prima Banca centrale del mondo viene fondata nel 1694.
Tra il 1748 ed il 1776 nasce il pensiero economico moderno. Durante questi trent’anni
nascono concetti che tuttora vengono considerati validi. L’attività intellettuale in questo periodo è
molto dinamica soprattutto in Francia e Inghilterra. Viene pubblicato in Francia il primo volume di
Enciclopedia nel 1952. Nel 1748 esce un testo fondamentale per la teoria politica: “Lo spirito
delle leggi” di Montesquieu in cui troviamo la ormai tradizionale divisione dei poteri (giuridico,
legislativo ed esecutivo). Questi sostiene che il commercio non è uno scontro, ma può anche essere
“dolce”: attraverso gli scambi può nascere una situazione di mutuo interesse, non solo di conflitto, e
si può promuovere la pace e lo sviluppo delle nazioni.
Nel 1752 escono alcuni saggi, i “Political Discourses ( papers che hanno titoli quali On
Money, On Balance of trade etc.)” di David Hume. Si parla della bilancia dei pagamenti
internazionale: se ho un surplus di parte commerciale, entra oro e quindi aumentano i prezzi.
Dunque esporto meno ed importo di più, perché gli altri paesi hanno prezzi più convenienti. Ciò
porta al pareggio della bilancia dei pagamenti, che avrà saldo nullo. Un surplus commerciale è
solo una fase transitoria e non può certo essere definitiva: non è dunque la bilancia dei pagamenti
che porta l’aumento di ricchezza. Il commercio equilibra e non crea confronti. Così come
successivamente vedremo sosterrà Smith, anche Hume considera l’agire umano ed economico è
determinato dall’interesse privato spinto dal principio dell’utilità. E’ da attribuire a Hume la teoria
quantitativa della moneta: Y P=M V
Y: reddito nazionale in termini fisici(numerosità delle transazioni), P: prezzo medio dei beni, M:
quantità di moneta in circolazione, V: velocità di circolazione della moneta.
Venne utilizzata questa teoria per dimostrare l’infondatezza delle teorie mercantiliste. Se infatti
aumenta M(oro e argento in circolazione), aumentano anche i prezzi lasciando inalterato il livello di
vita.Con l’incremento dei prezzi si crea solo inflazione
Se la ricchezza non si genera nel commercio internazionale da dove viene? Quale è il
principio fondatore della ricchezza nazionale?
Quesnay: riproduzione e sovrappiù
Storicamente, uno dei principali problemi considerati è stato l'accumulazione del
sovrappiù che secondo alcuni autori la condizione necessaria per la riproduzione del processo
produttivo e quindi del processo di sviluppo. Soprattutto importante era il sovrappiù agricolo. In
particolare ai tempi dell’Illuminismo in Francia economisti come Quesnay,
fondatore della
Fisiocrazia partono dall'analisi del settore agricolo. Egli non considera il commercio come una
fonte di ricchezza poiché esso prevede lo scambio di prodotti di pari valore,spesso può essere anche
un’attività dannosa a causa dei rincari di prezzo dovuti ai poteri di monopolio dei mercanti. Dà
molta rilevanza invece al settore agricolo che è l’unico dal quale è possibile ricavare un sovrappiù
ed è l’unico ove si producono i mezzi per riprodurre i beni di sussistenza per tutta la popolazione.La
ricchezza nazionale si identifica con i prodotti del lavoro direttamente applicato alle risorse naturali.
Le raccomandazioni di tali economisti si concentrano sul settore agricolo ove si producono i mezzi
per riprodurre i beni di sussistenza per tutta la popolazione. L’agricoltura quindi è vista come
l’unica attività produttiva che può generare ricchezza, mentre Quesnay considera invece sterile il
settore manifatturiero, che ricollega alle attività degli artigiani che modificano semplicemente i
prodotti ricevuti dall’agricoltura senza aggiungervi valore. Vi è la distinzione di attività produttive
e non produttive.
In un articolo pubblicato sull’Enciclopedia (“Fittavoli”), Quesnay mette a confronto
l’attività produttiva di due Paesi europei. Considera le caratteristiche dell’attività agricola francese,
attività agricola ma comunque non produttiva: piccola scala di coltivazioni su piccola scala ottenute
con tecnologie vecchie: Quesnay fa l’esempio dei buoi che trainano aratri con vomeri di legno. Le
caratteristiche dell’attività agricola in Inghilterra sono moderne: vi sono coltivazioni su larga scala,
l’utilizzo di cavalli e aratri con vomeri in ferro, assai più efficienti. Anche l’organizzazione sociale
è diversa nei due paesi; in Francia esiste un rigido sistema feudale, ci sono i mezzadri, metà del
prodotto è destinato al proprietario terriero; essi sono poveri e non hanno stimoli a produrre più del
necessario, non accumulano capitale; non si possono dunque fare investimenti
In Inghilterra coloro che lavorano la terra sono fittavoli, spesso ricchi coltivatori con a
disposizione del capitale con il quale affittano un appezzamento di terreno, possono disporre di
mezzi di produzione già avanzati, sono liberi di organizzare il processo produttivo come meglio
ritengono. Diventa pensabile in questo contesto la produzione di sovrappiù, l’accumulazione di
capitale, la possibilità di fare ulteriori investimenti.
L’idea che emerge è quella di introdurre tecniche di produzione sempre più moderne in
agricoltura anche mediante l’utilizzo di strumenti di produzione sempre più avanzati. Questo deve
essere reso possibile da una serie di riforme economiche che favoriscano i fittavoli agricoli e li
inducano ad accumulare capitale nei processi di coltivazione.
In Francia paese arretrato e in Inghilterra ci sono due tecnologie diverse, di cui una è
migliore. La tecnologia migliore richiede investimenti e quindi occorre accumulare capitale per
l’applicazione concreta in agricoltura: più l’agricoltura sarà produttiva, più avi sarà grano a basso
prezzo, più si attuerà divisione sociale del lavoro (perché l’agricoltura produce sussistenze).
L’accumulazione di capitale porta progresso tecnico che è la chiave di produzione della ricchezza.
Quesnay quindi vede una stretta dipendenza tra sviluppo economico, capitale impiegato e
tecnologia utilizzata e conseguente aumento della produttività. Esistono però ulteriori punti da
specificare per rendere completa la sua teoria.
Forte è anche la dipendenza tra crescita economica e la sua visione della ripartizione del lavoro fra i
vari settori dell’economia. L’economia deve riprodurre sé stessa, alla base della sua analisi
economica importanti sono quindi il concetto di riproduzione e di sovrappiù. L’opera di riferimento
è il Tableau èconomique (1758), viene presentato un modello a due settori, uno produttivo(quello
agricolo) e uno sterile(quello degli artigiani), inoltre si contempla anche la presenza di una classe
sociale la cui unica funzione è quella di spendere,i proprietari terrieri. Le interdipendenze settoriali
e le transazioni tra le classi permettono la circolazione del prodotto in modo tale che il ciclo
riproduttivo possa riavviarsi ogni anno. Il produttore deve essere in grado ogni anno basandosi sul
profitto dell’anno precedente di disporre di quel capitale necessario(materie prime,mezzi di
produzione) per poter rimettere in atto il ciclo produttivo. Questo modo di analizzare i sistemi
economici verrà ripreso da Marx e più recentemente da Leontieff con l’analisi input output.
Possiamo riassumere i concetti fondamentali di questa teoria. Con la Fisiocrazia si afferma
la visione del sistema economico come di riproduzione, vi è un circolo produttivo/riproduttivo in
cui la Produzione annuale o prodotto lordo, P comprende una parte, il capitale, K, che deve
essere destinata alla produzione dell’anno successivo, se così non fosse il ciclo riproduttivo si
ridimensionerebbe o si bloccherebbe. La differenza fra prodotto lordo e capitale è il prodotto netto,
PN, che può essere destinato all’aumento dello stock di capitale e quindi all’accumulazione. Se il
PN viene si può produrre un miglioramento nella tecnologia. Inoltre Quesnay non solo evidenzia
l’importanza dell’aspetto tecnologico correlato alla presenza di capitale –come prima è stato citato;sottolinea anche l’esigenza di alcune riforme e cambiamenti sociali che consentano ai coltivatori di
avere profitti e stimolino il loro investimento.
Ma come è possibile mettere in moto un processo di sviluppo economico in un paese arretrato? Per
arricchire i mezzadri francesi occorrono riforme che permettano loro di accrescere i profitti e di
investirli cioè di accumulare capitale.
Affinché i mezzadri possano ottenere guadagni maggiori per poi reinvestirli si può usare una
politica fiscale: detassare i coltivatori e mettere una tassa unica sulle rendite, poiché queste non
vengono reinvestite e non sono quindi fonte di accumulazione. Questa possibilità non fu mai messa
in pratica nella Francia di quegli anni. Oppure si può usare una politica commerciale: liberalizzare
l’esportazione di grano francese, togliendo i dazi di passaggio. Negli scambi infatti non si crea
ricchezza (sono sempre valori uguali contro valori uguali): la maggior domanda estera di grano
conduce ad un aumento del prezzo del grano francese; questo maggior valore crea profitti che i
mezzadri possono reinvestire (perché aumenta il valore di vendita del grano). Aumenta così la
produttività e si mette in moto il meccanismo di accumulazione del capitale. Tra il 1663 e il 1664
in Francia, si ebbe un primo tentativo di liberalizzazione del commercio del grano mancò però
l’appoggio dell’opinione pubblica profondamente contraria all’incremento dei prezzi interni. Nel
giro di pochi anni(già nel 1770) venne abolita la libera esportazione di grano.
La catena causale di crescita di Quesnay è simile a quella successiva di Smith il quale si
trovava in Francia fra il 1763 e 1766, proprio nel periodo in cui furono attuate leggi per la
liberalizzazione delle esportazioni di grano, secondo gli insegnamenti fisiocratici. E’ un modello di
crescita autosostenentesi in cui il progresso tecnico è incorporato: l’accumulazione di capitale
trascina infatti con sé il progresso tecnico. Il messaggio che ci lasciano i Fisiocratici è quello della
centralità del settore dei beni primari e dell’esigenza della sua modernizzazione. L’aumento di
capitale infatti avviene in agricoltura anche se l’economia è duale: solo l’agricoltura è produttiva,
mentre l’industria è sterile. Se ci sono settori più produttivi di altri, conviene investire dove la resa è
più elevata: in questo modo si possono avere un prodotto netto e un output più elevati.
Smith e la divisione del lavoro
In seguito, Adam Smith, nella sua opera più note del 1776 Un’indagine sulla natura e le
cause della ricchezza delle nazioni, individua nella divisione del lavoro nel ricercare l’origine della
ricchezza e del suo accrescimento. Nella visione dei classici la divisione sociale del lavoro
individua tre principali classi sociali: lavoratori, proprietari terrieri, imprenditori-capitalisti. Accanto
a queste vi sono mercanti, amministratori, uomini di cultura ecc. Il concetto di ricchezza introdotto
da Smith è definito nell’introduzione della sua opera: ricchezza è il prodotto annuale della terra e
del lavoro della società, è assimilabile come concetto a quello moderno di Prodotto Sociale
Annuale. La causa dell’aumento del prodotto si trova nella divisione tecnologica del lavoro, cioè la
suddivisione di operazioni produttive complesse in operazioni semplici, che consente di aumentare
la produttività di ogni singolo lavoratore.
Elementi caratterizzanti la concezione smithiana di ricchezza sono:
a)vedere la ricchezza come insieme di beni che rappresentano il risultato di processi
produttivi,come risultato dell’applicazione della tecnologia sulla natura
b)questi beni sono ottenuti in un periodo di tempo ben definito, l’anno inteso come ciclo
produttivo.
c) settore manifatturiero diventa quello trainante, non solo non è sterile ma ha anche
maggiori possibilità di quello agricolo di essere produttivo.
Non si fa più riferimento al settore artigianale quindi ma ad un settore più ampio e
organizzato che prevede l’anticipazione di capitale per un suo futuro sviluppo. Non è dunque vero
che industria e manifattura sono settori sterili, come sostenevano i Fisiocratici.
Anche per Smith esistono due tipi di divisione del lavoro, quella sociale e quella tecnica
(vedi Petty). Una volta innestata la divisione sociale del lavoro su di essa si sviluppa la divisione
tecnica del lavoro
La divisione tecnica del lavoro prevede la suddivisione di operazioni produttive complesse
in operazioni semplici che consentono di aumentare la produttività di ogni singolo lavoratore.
Famoso è l’esempio, della “produzione degli spilli”, che dà un ‘idea chiara del concetto. Smith
osserva che si ottiene una quantità maggiore di spilli per lavoratore se ogni operaio si specializza in
una particolare fase della produzione di essi, piuttosto che concentrarsi su tutte le fasi di
lavorazione. In questo caso
a)ogni lavoratore si specializza e diventa più veloce se deve occuparsi di un’ unica attività
b)si riducono i tempi morti nel passaggio da un’attività all’altra
c)sono più semplici piccole innovazioni che migliorano il processo produttivo.
Il concetto di divisione sociale del lavoro già intuito da Petty non solo dà l’idea di come una
società è costituita ma sottolinea ulteriormente che se ognuno si specializza in un determinato
lavoro facendo affidamento sul resto della popolazione per le altre attività (per mezzo degli
scambi), la società non può che trarne vantaggio.
Smith evidenzia infatti l'esistenza di due settori, uno produttivo ed uno improduttivo,
rispettivamente i settori che producono beni materiali e quelli che producono servizi. Un settore è
improduttivo se cresce meno rapidamente dell’altro La chiave per aumentare la produttività sta
nell'accumulazione di capitale nei settori produttivi. Per aumentare la ricchezza è possibile :
a)incrementare la produttività nei settori più produttivi(crescita intensiva)
b)spostare lavoro da settori meno produttivi ai settori più produttivi(crescita estensiva)
Nelle economie più ricche solitamente prevale la prima modalità poiché tutti i settori sono
produttivi.
Ancora oggi molte teorie utilizzano la distinzione in settori più o meno produttivi, anche se
non più descritti nei termini di Smith. Ad esempio si può ritenere che siano più produttivi i settori
che esportano e quindi convenga investire in essi.
Secondo Smith c’è una sorta di ciclo degli investimenti nello sviluppo economico delle
nazioni che attribuisce la priorità allo sviluppo agricolo infatti: prima si investe in agricoltura
(rendendola produttiva e autosufficiente), poi nella manifattura (con la massima divisione
tecnologica del lavoro), successivamente ci si concentra in alcune attività commerciali interne
(come ad esempio i trasporti che favoriscono e facilitano gli scambi) e infine in attività per il
commercio estero. In questo modo si vede come una nazione debba progredire nella storia.
Il capitalista diventa una figura fondamentale di controllo e coordinamento del processo
produttivo, infatti, mosso dal profitto (quindi dalla possibile accumulazione di capitale) riesce ad
introdurre il progresso tecnico e le innovazioni, il capitalista quindi accumula, ovvero risparmia e di
seguito investe). Il contesto istituzionale migliore per Smith è la concorrenza che permette al
capitalista di agire liberamente e perseguire i suoi interessi personali attraverso i quali riesce a
perseguire anche gli interessi collettivi perché lo sviluppo economico che si genera porta benefici
per l'intera società.
.
Il meccanismo smithiano di crescita è ancora largamente utilizzato. Grandezza fondamentale
di questo meccanismo è la nozione di saggio profitto.
Valore assoluto del profitto: Pr = P - wL
w = salario reale di sussistenza.
L = numero dei lavoratori produttivi
wL = K capitale
Saggio di profitto: r = (P/L - w)/w
P/L produttività del lavoro.
Il saggio di profitto dipende dalla produttività del lavoro in modo diretto e in modo inverso
dal salario reale w. Si investe la dove il saggio profitto è maggiore; il profitto non è più visto come
una differenza, come nei mercantilisti, ma come un rapporto.
Meccanismo di crescita.
Sovrappiù ⇒ profitti ⇒ risparmi ⇒ investimenti [⇐saggio atteso di profitto]⇒ aumento
dello stock di capitale ⇒ (cambiamento strutturale e divisione del lavoro) ⇐ [ampliamento del
mercato]⇒ aumento della produttività del lavoro ⇒ aumento del sovrappiù e dei profitti.
Quindi il processo di investimento ed accumulazione dei profitti è la chiave della crescita
economica.
Smith è particolarmente favorevole al commercio internazionale che vede come un mercato
di sbocco per tutto ciò che rimane invenduto sul mercato interno, inoltre potendo soddisfare una
più ampia gamma di consumatori il capitalista può beneficiare dei vantaggi arrecati dalle economie
di scala. E’ contrario al Mercantilismo, ai monopoli e alle alleanze tra grandi mercanti e stato.
Nonostante sia favorevole al libero commercio comunque riconosce quanto le nazioni più
povere possano essere scarsamente avvantaggiate da esso. Non crede che esista un meccanismo
automatico di convergenza tra nazioni ricche e povere. Egli sottolinea alcune ragioni che non
permettono alle nazioni povere di avviare un processo di sviluppo attraverso il libero mercato.
Esiste un grande difficoltà a cominciare un processo di accumulazione; c’è un’alta esposizione al
rischio; mancano spesso conoscenze che invece per una nazione ricca sono ormai scontate; non è
così semplice imitare i miglioramenti delle nazioni più sviluppate; manca spesso il capitale iniziale
per ottenere questi miglioramenti; vi sono spesso governi oppressivi ai quali la popolazione è
sottomessa.
Altro aspetto importante dell’analisi smithiana è l’analisi dell’evoluzione sociale degli stati.
Ci sono vari stadi per le società umane (Teoria dei quattro stadi): tra essi varia la tipologia, ma
non le esigenze di fondo (il modo di sussistenza e la riproduzione sono il movente di fondo che
spinge gli individui ad organizzarsi in gruppi). Vediamoli più in dettaglio:
società primitiva (stadio della caccia e della raccolta dei frutti): si tratta del rapporto tra
individui e disponibilità naturali; la soddisfazione dei bisogni è immediata e dipende da cosa
si raccoglie o si caccia. C’è poca divisione sociale del lavoro, poiché si tratta di società
nomadi (ad esempio gli indiani d'America), esistono poche funzioni intercambiabili. L’unica
divisione è quella di genere.
pastorizia: il rapporto tra bisogni individuali e modo di svilupparli è mediato
dall’allevamento. Ci sono alcune regole sociali, un minimo di ordine e struttura sociale: la
divisione del lavoro è un po’ più strutturata. Il mercato è ancora quasi inesistente. Si tratta
ancora di tribù nomadi (ad esempio tribù della steppa asiatica).
-agricoltura: società stabili e non nomadi, ulterirore sviluppo delle città e sviluppo sia della
divisione del lavoro che dei mercati. Anche il potere si articola maggiormente. Prima di fatto
vi era un sovrano unico che svolgeva tutte le funzioni: giudice, condottiero ecc.
Ora si separa la casta dei sacerdoti, quella degli amministratori, i giudici vengono separati
dai militari, la proprietà del suolo diviene il fattore dominante, proprio perché le società
sono stanziali. Sviluppi delle tecniche agricole e aumento della popolazione, separazione fra
popolazione rurale e cittadina. Ruolo cruciale del sovrappiù agricolo nel mantenere le altre
attività. Egitto, Mesopotamia, Cina
-Società commerciale: il modo di sussistenza prevalente è legato all’organizzazione dei
processi produttivi. Si attua il passaggio dal feudalesimo al capitalismo: non conta più la
quantità di terra, ma il controllo dei commerci e la produttività industriale. Il commercio
prima e la manifattura poi prendono il sopravvento sull'agricoltura. Grandi società
mercantili, compagnia delle Indie Orientali. Mercantilismo la ricchezza degli stati deriva dal
commercio estero. Ulteriore divisione del lavoro. La classe egemone diviene prima quella
dei grandi mercanti e poi la borghesia industriale, ma attraverso secoli di scontri con
l'aristocrazia terriera. (Olanda, Inghilterra) La rivoluzione borghese di Cromwell alla metà
del '600.Grande sviluppo degli scambi. Aumento della produttività del lavoro grazie al
sistema della grande manifattura e all'accumulazione di capitale. E’ la società civilizzata
dove esistono il diritto di proprietà e i contratti con i lavoratori.
Malthus e la popolazione
La rivendicazione dell'importanza della rendita di origine terriera viene da un altro
economista dell'epoca, Thomas Malthus, la cui opera più importante è il suo “Un saggio sul
principio di popolazione” (Malthus 1798). Individua la classe dei redditieri come l'unica in grado
di acquistare ciò che viene prodotto essendo il consumo dei lavoratori costante nel tempo avendo
loro un salario di sussistenza quindi non in grado di seguire le variazioni della produzione. Viene
individuata una classe, i proprietari terrieri che ottengono rendite, la cui presenza è essenziale ed è
giustificata dal fatto che rappresenta un mercato di sbocco per i beni di lusso. In mancanza di questa
spesa delle rendite vi potrebbero essere carenze generalizzate di domanda effettiva e quindi crisi
economiche Del resto però questo economista è maggiormente conosciuto per aver elaborato una
teoria sulla popolazione che utilizza per spiegare il motivo per il quale il salario rimane a livello di
sussistenza nel lungo periodo.
Malthus ha inserito nella sua analisi il concetto di "risorse limitate", partendo dall'assunto
che la popolazione cresce in proporzione geometrica mentre la produzione dei mezzi di sussistenza
cresce in proporzione aritmetica. La popolazione cresce in progressione geometrica, soprattutto se
vi sono salari reali più elevati. Per cui le famiglie stanno meglio e concepiscono più figli. L’offerta
di lavoro aumenta e ciò porta però ad una diminuzione dei salari: nel lungo periodo il salario sarà
quello di sussistenza. Nel momento in cui le risorse disponibili tornano ad essere sufficienti per la
popolazione esistente, migliorano nuovamente le condizioni di vita ed il tasso di crescita della
popolazione torna ad essere positivo. In questo modo Malthus individua un andamento ciclico del
tasso di crescita della popolazione controllato grazie alla presenza di vincoli sulle risorse
disponibili.
Malthus afferma l’esistenza di differenti progressioni per i beni di sussistenza e per la
popolazione(Malthus 1798, p. 14) e poco dopo ci dice che negli Stati Uniti d’America dove la terra
è abbondante la popolazione raddoppia ogni 25 anni, quindi ad un tasso medio annuo del 2.8%,
perché è sostanzialmente non controllata, unchecked(ibid. pp.20-21). 25 anni è il periodo di
riferimento che egli adotta nel resto del sue esempio, per cui il passare del tempo è misurato in
questa unità di misura, possiamo dire una generazione. Supponendo che al momento iniziale il
prodotto (agricolo per il consumo degli abitanti) sia sufficiente a mantenere la popolazione, Malthus
suppone che il prodotto stesso aumenti ogni 25 anni di una quantità pari alla quantità iniziale e
quindi ci descrive due proporzioni: una per i beni di sussistenza, 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 e una per
la popolazione, 1 2 4 8 16 32 64 128 256 512 (ibid. p. 25). Per cui se in gran Bretagna si
suppone che ci siano 7 milioni di persone e che ci sia cibo sufficiente per loro, diciamo quantità di
grano pari a 7C, quest’ultimo e la popolazione aumenteranno come segue(ibid. pp.20-22):
sussistenza
popolazione
generazioni
anni(generazioni х 25)
7C
7
14C
14
1
25
21C
28
2
50
28C
56
3
75
35C….
112…..
4
100
Si veda la Figura 5-1, il grafico presenta sull’asse delle ascisse la variabile tempo, sull’asse delle
ordinate le quantità. Le due curve rappresentano una l’andamento della crescita della popolazione
che cresce in modo che è approssimato da una funzione esponenziale, l’altra rappresenta la funzione
della produzione dei mezzi di sussistenza che presenta un andamento lineare. Supponiamo che la
ragione della progressione geometrica sia > 1 e che quella della progressione aritmetica sia
comunque > 0. Seguendo Malthus si può supporre che in A i mezzi di produzione siano adeguati
alla popolazione, ma come si vede nel corso delle generazioni le due serie divergono rapidamente.
Ovviamente la popolazione potrebbe partire da livelli al di sotto del punto A, per cui all’inizio vi è
più sussistenza di quanto è necessario per mantenere la popolazione, ma la dinamica delle due serie
porta rapidamente la curva della popolazione ad incrociare dal basso la retta della popolazione e
dopo l’intersezione tra le due curve si presenta la scarsità delle risorse. Ovviamente possono
manifestarsi fenomeni che rallentano la crescita della popolazione, perchè non si ha più prodotto
netto a sufficienza per sfamare nuovi individui e emergono fenomeni come la disoccupazione e
soprattutto peggiora il generale livello di vita della popolazione.
Figura 5-1
Popolazione
Beni primari
A
tempo
David Ricardo, saggio di profitto e commercio internazionale
Una diversa analisi del concetto di "scarsità" applicato all’agricoltura è fornita da David
Ricardo (1815) che ne deriva conseguenze economiche che vanno oltre le considerazioni
demografiche. La sua analisi si concentra sulla disponibilità dei terreni, essendo questa limitata, ha
ragione di esistere la rendita dei proprietari che è appunto il compenso per il proprietario di un
terreno più o meno fertile. Se la disponibilità di terreni fosse infinita questo compenso non avrebbe
senso di esistere. Il bisogno di sfruttare sempre più terreni è legato all'aumentare della popolazione
che ha sempre maggior bisogno di risorse: si mettono a coltura anche i terreni meno fertili, quindi
con una produttività inferiore. Tuttavia il compenso che va ai lavoratori rimane costante,
indipendentemente dal terreno in cui si lavora, poiché si tratta di un salario di pura sussistenza e non
può quindi diminuire. Di conseguenza diminuendo la produttività del lavoro, P/L, per ogni nuovo
terreno meno fertile messo a coltura, gli imprenditori agricoli vorranno produrre sui terreni più
fertili, e quindi la rendita su questi terreni aumenterà. La molla del processo di accumulazione sono
proprio gli imprenditori, che cercano di investire dove il saggio di profitto è più elevato (e quindi
sui terreni più fertili). Ma la diminuzione della produttività del lavoro che deriva dalla fertilità
decrescente dei terreni conduce alla diminuzione del saggio il profitto, vsito che i salari nel lungo
periodo sono dati a livello di sussistenza.
r = (P/L – w)/w
La Figura 5.2 mostra graficamente come all'aumentare della produzione totale, che deriva
dalla messa a cultura di un numero crescenti di terreni diminuisca il saggio di profitto (r) a fronte di
un saggio del salario costante (w).
Figura 5.2
P/L,
ww
P/L
w
Produzione, quantità di grano
terreni
Questo concetto della caduta del saggio di profitto è ancora utilizzato in economia e questi
concetti non sono confinati all'analisi della produzione agricola, ma possono essere estesi a
qualsiasi tipo di processo produttivo in cui si presenti il problema di una limitata disponibilità di
risorse. Per questo motivo la funzione di produzione (ovvero la funzione che sintetizza la quantità di
output ottenibile data una certa quantità di inputs) utilizzata in moltissimi modelli economici ha un
andamento crescente ma con incrementi marginali decrescenti.
Il modello di Ricardo così costruito implica un eventuale arresto della crescita economica,
nel momento in cui non si hanno più a disposizione nuovi terreni; solo la presenza di progresso
tecnico, innalzando la produttività del lavoro, può rallentare la caduta del saggio di profitto, che
comporterebbe conseguenze negative per tutta l’economia in quanto verrebbe a cessare
l’accumulazione di capitale. Il progresso tecnico è esogeno: le tecnologie migliori non sono insite
nel processo di accumulazione.
Un’altra soluzione da lui proposta è l'allargamento della produzione a del mercato a livello
mondiale in modo da aumentare la disponibilità di terreni fertili. Al fine di ottimizzare la
produttività e quindi la crescita economica globale Ricardo propone la sua teoria del vantaggi
comparati secondo la quale ogni nazione si dovrebbe specializzare nel produrre il bene da cui
ottiene un maggiore rendimento assoluto (in cui ha appunto un vantaggio comparato), e importare i
beni in cui ha minori vantaggi, indipendentemente dal fatto che anche dalla produzione di altri beni
possa ottenere buoni rendimenti. Questi beni prodotti da ogni paese vanno poi scambiati in un
mercato concorrenziale in modo da permettere a tutti i paesi di ottenere il massimo beneficio. La
specializzazione internazionale dovrebbe rallentare il processo di diminuzione di r dovuto
all’esistenza di rendimenti decrescenti nel settore dei beni primari. Sono questi i vantaggi comparati
di tipo statico.
Marx, i modi di produzione e le crisi
Modi produzione
Marx segue Smith nel ritenere che la storia proceda per stadi caratterizzati da modificazioni
fondamentali nell’organizzazione economica, sociale e politica e inserisce lo sviluppo capitalistico
in un contesto di processo secolare, che vede la successione di diversi modi di produzione. In
questo modo, attraverso i mutamenti del sistema produttivo, secondo Marx si hanno anche i
mutamenti storici perché secondo la sua visione materialista della storia, la storia stessa è fatta del
rapporto materiale tra uomini che entrano in relazione tra loro attraverso il processo produttivo.
Marx analizza i rapporti fra gli aspetti economici e gli altri elementi della società nel
tentativo di spiegare l'evoluzione della storia ed in particolare il passaggio dal feudalesimo al
capitalismo e le contraddizioni di quest'ultimo.
Rapporto
Sociale
Modo di produzione
dominante
Forze produttive
Base
Economica
Altri
Modi di produzione
Formazione
Economico
Sociale
Sovrastruttura
La chiave di volta della comprensione dell'evoluzione delle società umane sta nella modificazione
della loro base economica, la sovrastruttura si adegua. Materialismo storico. Ogni modo di
produzione è caratterizzato da due elementi: il rapporto sociale di produzione e lo sviluppo delle
forze produttive, cioè risorse naturali, dotazione di mezzi di produzione e di lavoro e tecnologia.
Secondo Marx vi sono tre principali modi di produzione.
1. MP antico, basato sulla proprietà privata del lavoro cioè la schiavitù, che costituisce il rapporto
sociale caratteristico. Lo sviluppo delle forze produttive è limitato e il lavoro umano è
completamente vincolato, non libero sia nella fase della produzione che in quella della circolazione
dei beni.
2. MP feudale, basato sulla proprietà del suolo e delle risorse naturali, il lavoro umano è
considerato in parte come la terra, ma in parte è libero, vincoli in natura, le corvée non attraverso il
mercato, ma parte del tempo di lavoro è libero, sviluppo degli artigiani.
3. MP capitalistico, proprietà privata dei mezzi di produzione, terra e soprattutto capitale e
tecnologia e lavoro salariato. Il lavoro è libero nella circolazione, perché decide liberamente di
impiegarsi o meno presso l'uno o l'altro capitalista ma vincolato nella produzione; una volta venduto
l'usa della forza-lavoro in cambio del salario il lavoratore non può decidere cosa, come e quanto
produrre.
Il modo di produzione dominante da il nome alla fase storica. Dominate non significa
necessariamente più esteso, ma che impone le sue leggi agli altri modi di produzione; ad esempio il
prezzo del grano sui mercati mondiali è determinato dalle tecnologie dei grandi produttori del Nord
America e non dal produttore africano per autoconsumo. Il modo di produzione dominante tende ad
estendersi risucchiando gli altri. I contadini diventano lavoratori salariati.
Ogni MP sfrutta le risorse naturali, in modo via più intenso grazie alla tecnologia. Un MP supera e
sconfigge il precedente proprio per la sua maggior capacità di appropriarsi della natura e sviluppare
le forze produttive.
Quando due MP coesistono e si contrastano siamo in una fase di transizione, che è caratterizzata
da elementi di diversi MP.
Secondo Marx vi è anche un MP primitivo o ideale: MP Mercantile Semplice: piena libertà nella
fase della circolazione e della produzione. Si produce per il valore di scambio e non per il valore
d'uso, proprietà in comune di risorse naturali e di mezzi di produzione.
In questo MP lo scambio è tipicamente Merce-Denaro-Merce: M-D-M.
Nel capitalismo si produce per il valore di scambio e non per il valore d'uso e il tipico ciclo di
produzione e scambio è: Denaro-Merce-Denaro o meglio: D-M-D' oppure D-(L,M)-D'
Le crisi
L'idea della caduta tendenziale del saggio di profitto viene ripresa anche da Karl Marx,.
Per Marx il saggio di profitto è dato dalla seguente formula:
r = s/v /(c/v +1)
Dove s/v è il saggio di plusvalore o di sfruttamento e c/v è la composizione organica del
capitale o il rapporto fra il valore dei mezzi di produzione, o valore del capitale accumulato, C,
detto anche capitale costante e il valore della forza lavoro, v, o capitale variabile; s è il plusvalore o
pluslavoro. Il saggio di profitto dipende direttamente dal saggio di sfruttamento, s/v,
(plusvalore/salari) ed inversamente dalla composizione organica, c/v, del capitale (capitale
fisico/salari). Si crea necessariamente una situazione di conflitto tra capitalista e lavoratori,
incrementare il saggio di profitto significherebbe ridurre il capitale circolante ovvero sui salari.
Con il procedere del processo di accumulazione la composizione organica del capitale
aumenta a dismisura mentre v è mantenuto basso dal meccanismo dell’esercito industriale di
riserva, s tende ad aumentare ma s/v non può aumentare all’infinito perchè i lavoratori si tutelano
attraverso i sindacati. Quindi c/v aumenterà tendenzialmente più di s/v e questo porterà alla
riduzione di r.
Viene individuata da Marx una situazione di conflitto anche tra i capitalisti. Volendo
guardare il saggio di profitto anche da un altro punto di vista questo potrebbe essere definito nel
modo seguente:
r = ( D’ – D ) / D
D corrisponde al denaro che viene investito in ogni ciclo produttivo, D’ corrisponde al
denaro che viene ottenuto ad ogni ciclo produttivo.( D’ – D ) tende ad aumentare all’infinito, ad
ogni ciclo produttivo D diventa sempre più elevato, sarà difficile quindi sostenere nel tempo il
saggio di profitto. Nel lungo periodo non vi sarà più capitale da investire, il processo di
accumulazione si interrompe e si entra in uno stato stazionario. La conflittualità tra capitalisti sta
proprio nella “corsa competitiva “ ad aumentare il saggio di profitto investendo sempre più capitale
nella speranza di ottenere sempre più profitto.
Marx all’interno di questo incessante movimento prevede un eccesso di capacità produttiva
ovvero una crisi da domanda provocata anche dallo scarso potere d’acquisto degli operai il cui
salario è tenuto basso. Marx individua in questo vincolo interno la contraddizione che riesce a far
mutare le condizioni del sistema capitalista: di qui, secondo Marx, le crisi del capitalismo e il
passaggio a un diverso modo di produzione. La tendenza alla caduta del saggio di profitto potrebbe
venire rallentata da una ipotetica distruzione di capitale(es. guerre) oppure da un intervento dello
stato.
E' a questo punto interessante evidenziare come alcuni dei temi trattati da Smith, Ricardo e
Marx siano stati poi ripresi successivamente da altri economisti, tra i quali Schumpeter che cerca di
spiegare l'andamento crescente ma "oscillatorio" del sistema economico. Lo sviluppo economico
procede a balzi, ma anche con brusche frenate, per poi ripartire. Egli si concentra sull'introduzione
delle innovazioni che generalmente è costante ma a volte è anche saltuaria: queste "innovazioni"
non sono solo vere e proprie nuove tecnologie e nuovi macchinari, ma comprendono anche
l'apertura di nuovi mercati, nuove fonti di materie prime, nuovi prodotti e nuovi tipi di
organizzazione. Tutto ciò è coordinato poi dall'imprenditore, una figura chiave nella costruzione
schumpeteriana, infatti nel momento in cui il profitto diventa statico, è lui che assume le vesti
dell’innovatore e che porta il sistema su di un sentiero più elevato di crescita economica. In questo
modo l'innovazione diventa endogena al sistema stesso, che però deve essere caratterizzato da
mercati concorrenziali. Schumpeter conia il termine di ‘distruzione creatrice’ per il processo di
sviluppo caratterizzato da continue innovazioni.
5.2 Altri approcci
5.2.1 La teoria degli stadi di Rostow
Le analisi economiche ed i tentativi di individuazione delle leggi immanenti dello sviluppo
storico nel lungo periodo sono state poi riprese, in seguito, da altri studiosi, tra i quali Rostow
(1960) che concentrandosi sui paesi meno sviluppati e sulle loro caratteristiche cerca di individuare
una "via dello sviluppo". L'autore presenta una razionalizzazione del processo storico di sviluppo
economico sulla via della modernizzazione e della crescita di tipo lineare, irreversibile, con tappe di
percorrenza obbligatorie. In particolare ogni società attraversa necessariamente le seguenti cinque
fasi. Per Rostow un indicatore essenziale per distinguere i vari stadi è il rapporto fra investimenti e
PIL: I/Y.
1) Stadio primitivo (Società tradizionali)
La struttura economica si sviluppa entro limitate funzioni produttive, non si escludono innovazioni
ma la produzione è limitata in quanto non sono disponibili ed applicabili le potenzialità della
scienza moderna. Quindi data la scarsa produttività la maggior parte delle risorse vengono
impiegate in agricoltura (ciò che viene prodotto è sufficiente a mantenere la popolazione, ma niente
più). Il sistema sociale deriva da tale struttura economica ed il potere è strettamente legato al
possesso ed al controllo della terra. E’ tendenzialmente una società chiusa.
2) Stadio della transizione (Condizioni preliminari per il decollo)
Questa è una fase importante in cui avvengono mutamenti fondamentali: si impongono il progresso
tecnico e una concezione scientifica del processo produttivo ovvero le condizioni preliminari per lo
sviluppo. Emerge inoltre il potere politico di coloro che controllano la tecnologia ovvero le figure
nascenti degli imprenditori e di istituzioni come le banche che mobilitano il capitale. Tali
condizioni si sono presentate in Europa nei secoli 17° e 18°.
3) Stadio del take-off
Vengono superate le resistenze allo sviluppo e prende il sopravvento il nuovo processo produttivo
ora più forte grazie all'autoalimentazione dell'accumulazione. Si espande il settore "moderno" ed
aumenta il reddito per coloro che risparmiano e mettono a disposizione i capitali per gli
investimenti che arrivano ad essere almeno il 10% del reddito.
Anche il settore agricolo si trasforma e vengono introdotte nuove tecniche in modo tale che si possa
soddisfare la domanda di nuovi prodotti agricoli da parte del settore industriale. Aumenta la
domanda (che negli stadi precedenti era di sussistenza) interna ed estera.
Si trasforma la struttura economica ma anche quella sociale in modo da sostenere lo sviluppo, si
assiste infatti all'ascesa di una classe che considera lo sviluppo come un'esigenza.
4) Stadio della maturità
Dopo circa sessanta anni dal decollo, il sistema economico raggiunge la maturità (si tratta di società
che hanno stabilizzato gli effetti dello stadio precedente). Tutti i processi produttivi sono moderni e
la nuova tecnologia è estesa a tutte le attività, e si va oltre le industrie che hanno potenziato il
decollo. Il 20% circa del reddito nazionale viene reinvestito. Beni prima importati vengono ora
prodotti ed altri ben vengono esportati, possono mancare le materie prime, ma in questa fase la
dipendenza dall'estero è piuttosto una scelta economica che non una necessità. Sono società aperte
ed autosufficienti.
5) Stadio del consumo di massa
Il benessere è diffuso si raggiunge la massima produzione ed il godimento per tutti. Sale il reddito
pro capite ed aumenta la popolazione urbana. Sorge lo stato del benessere ovvero non si cerca di
espandere la tecnologia ma si assegnano risorse al benessere ed alla sicurezza sociale; si tende a
produrre beni di consumo durevoli (per esempio l'auto di massa) e servizi
Molti paesi in via di sviluppo possono essere considerati ancora al 2°/3° stadio perché non
sono stati ancora in grado di raggiungere il take off. Del resto non ci sono meccanismi di passaggio
da uno stadio ad un altro, lo sviluppo economico non è automatico, ma serve un intervento esterno.
5.2.2 La teoria della dipendenza
Altri teorici, contemporanei di Rostow, non considerando il sottosviluppo come "stadio
originario", hanno cercato di spiegarlo come processo della storia delle interrelazioni stesse tra
paesi. Punto di vista fondamentale di questa teoria è la visione del sottosviluppo come “un altro lato
della stessa moneta”, il che significa che il sottosviluppo non rappresenta uno stadio primitivo in cui
un paese si trova e che come Rostow “direbbe” potrebbe essere superato così come è avvenuto per
diversi paesi. Sottosviluppo è una condizione che si è necessariamente creata in certi paesi (quelli
del Sud) in relazione ad un particolare tipo di sviluppo di altri paesi (quelli del Nord). Questi
economisti, spesso provenienti da paesi in via di sviluppo, hanno elaborato la teoria della
dipendenza inizialmente sviluppata in seno alla CEPAL (ECLAC), Commissione Economica per
l’America Latina e i Caraibi, e poi ripresa da economisti neo marxisti come Gunder Frank (1968).
La situazione drammatica che l’America Latina dovette affrontare in seguito alla depressione degli
anni trenta portò alla consapevolezza della sua forte dipendenza nei confronti dei paesi sviluppati,
alcuni economisti si interrogarono sulle ragioni del sottosviluppo e naturalmente su potenziali
politiche da attuare. Si possono quindi far risalire le origini di tale teoria a filoni di pensiero che
facevano riferimento ad una realtà storica e territoriale specifica.
Vengono analizzate sia le relazioni che si instaurano tra paesi a livello mondiale e sia il modo in cui
lo stadio di sviluppo di ogni paese influisce sul ruolo assunto nelle relazioni di scambio e di
conseguenza sul futuro sviluppo dei paesi più arretrati.
Prendiamo due paesi A e B che interagendo e scambiando tra loro si trasformano rispettivamente in
A' e B'.
A
B
A
'
B'
Se per qualche ragione si interrompe il collegamento tra paesi, questi ultimi devono
necessariamente trasferire le relazioni che avevano tra loro, con altri paesi.
C
A
'
B'
D
C'
A''
B'
'
D
'
Altrimenti i paesi A' e B' dovrebbero riconvertire la loro struttura economica e ritornare ad A e B.
Tale struttura di interdipendenze potrebbe essere costruita per tutti i paesi. Il modo ed il tempo in
cui entrano in relazione i paesi ne caratterizza completamente la struttura.
Il problema fondamentale è che queste sono spesso relazioni tra diseguali e il rapporto che si viene
a formare mantiene e rafforza la predominanza del paese più potente che basa la propria crescita
economica sullo sfruttamento. Ogni paese ha un suo ruolo in questa struttura secondo i rapporti di
dipendenza.
Storicamente, le prime relazioni sono state quelle di tipo coloniale e anche quando questo tipo di
rapporto si è interrotto si è visto come il paese-colonia ha dovuto fare in modo di ricreare il rapporto
di "sfruttamento". Il processo di decolonizzazione ha riguardato solo lo sganciamento politico, ma
non anche economico effettivo: i paesi-colonia sono diventati autonomi solo legalmente, ma non
commercialmente.
Per quanto riguarda i rapporti tra paesi sviluppati e paesi sottosviluppati nasce la concezione di una
struttura economica dualista centro-periferia che nella visione di Frank si specificherà in una
struttura satellite-metropoli.
L'analisi degli economisti della dipendenza parte dalla critica della teoria dei "vantaggi comparati"
di Ricardo a cui contrappongono la teoria dello "scambio diseguale".
Secondo la teoria dei vantaggi comparati ogni paese si specializza nella produzione di quei beni il
cui costo di produzione è relativamente inferiore al costo di produzione di altri beni. In questo
contesto il progresso tecnologico e quindi l’aumento di produttività sono inversamente
proporzionali al prezzo del bene prodotto e venduto. Ciò significa che i paesi produttori di materie
prime e importatori di manufatti sono avvantaggiati dal fatto che questi ultimi saranno venduti a
prezzi sempre più bassi grazie all’avanzamento della tecnologia, e ciò dovrebbe influenzare
positivamente i paesi produttori di materie prime .
A questo ragionamento si contrappone il pensiero della scuola della dipendenza.
Se il paese B (identificabile con il "sud" del mondo o facente parte della periferia) ha come unico
bene commerciabile le risorse naturali, le scambia con i prodotti del paese A ("nord" del mondo o
centro). Questo processo avrebbe come risultato la tendenza storica al deterioramento delle ragioni
di scambio. rappresentata dalla Figura 5.3.
Figura 5.3
Prezzi
Vendite del nord
Tendenza storica al
deterioramento delle
ragioni di scambio
Vendite del sud
Anni
Osservazione: Le ragioni di scambio rappresentano
prezzo dei beni importati.
il prezzo dei beni esportati in termini del
Il peggioramento delle ragioni di scambio nei paesi di “periferia” è imputabile al fatto che i mercati
del sud e del nord sono diversi. Al nord c'è l'oligopolio per le merci prodotte (mark-up sul prezzo).
Quello che dovrebbe essere il deterioramento dei prezzi dei manufatti nella teoria ricardiana, non è
così immediato, in un mercato di oligopolio, poche imprese producono lo stesso bene avendo
un’influenza sul prezzo di mercato nei confronti della domanda. Le merci del sud sono scambiate in
condizioni di concorrenza, ovvero il prezzo coincide con il costo di produzione: da questo scambio
diseguale nasce appunto la dipendenza e lo sfruttamento. I mercati dei beni primari, dei beni di
consumo secondari (durevoli) e dei beni di investimento (capitali/strumentali) hanno infatti un
andamento ed un modo di operare diversi: i beni primari sono caratterizzati da forte concorrenza tra
produttori e da mercati fortemente controllati dagli acquirenti.
A questo va però aggiunto che la diversificazione dei prezzi può essere anche imputabile al diverso
modo in cui, nei due paesi il progresso tecnico è incorporato nella produzione: al sud viene
modificato solo il processo ed il prodotto spesso rimane lo stesso, il prezzo di vendita non ne risente
particolarmente. Al nord invece il progresso tecnico agisce anche sul prodotto che viene modificato,
di conseguenza variano i prezzi. Al nord vengono prodotti beni maggiormente sensibili alle
innovazioni del progresso tecnico. L’innovazione non solo è importante per la produttività, ma
può agire sulla produzione apportandone modifiche e miglioramenti rilevanti che comporteranno
variazioni “verso l’alto” sui prezzi di vendita.
Inoltre si deve considerare anche l’elasticità della domanda dei beni in relazione al reddito. La
proporzione di beni primari domandati è inversamente proporzionale all’incremento del reddito
(legge di Engel). La proporzione di beni secondari domandati cresce invece al crescere del reddito.
Questa osservazione è significativa nella visione dello scambio diseguale.
Se il reddito dei paesi del centro cresce, la variazione della domanda di beni primari importati
(prodotti nei paesi del sud) sarebbe percentualmente inferiore alla variazione della domanda di beni
secondari importati dai paesi del sud se questi avessero un incremento del reddito delle stesse
dimensioni.
Gli effetti principali derivanti dalla dipendenza, secondo gli economisti che sostengono
questa teoria, sono:
a) La monocultura: la produzione si concentra su pochi prodotti che possono essere competitivi a
livello internazionale però se è maggiore
questa produzione, aumenta il volume delle
esportazioni, ma diminuisce il prezzo. La struttura produttiva di conseguenza è duale, solo una
parte dell'economia è competitiva. Coloro che appartengono al settore competitivo hanno una
struttura della domanda simile a quella dei paesi del nord, che però non può essere soddisfatta
dalla produzione interna e quindi i beni di consumo vanno importati. Quindi gran parte del
sovrappiù derivante dalle esportazioni viene speso in importazioni e non viene utilizzata per
allargare le base della produzione. Questo meccanismo si autoalimenta visto che il settore
tradizionale non ha risorse per svilupparsi. Inoltre si assiste all'omogeneizzazione dei consumi
tra settore competitivo e tradizionale.
b) La struttura produttiva e del consumo fanno sì che la bilancia commerciale di questi paesi
presenti un deficit strutturale. La soluzione è rappresentata da prestiti esteri che creano
dipendenza finanziaria
.
c) Esiste inoltre dipendenza tecnologica. I paesi del sud del mondo essendo specializzati nella
produzione di beni specifici, hanno meno stimoli a produzione nuove tecnologie. Il progresso
tecnologico deriva fondamentalmente dai paesi del nord.
paesi “periferia” devono
necessariamente rivolgersi al “centro” per chiedere le tecnologie che in parte comunque sono
necessarie nei processi di produzione.
Il modello sviluppato da uno dei più alti esponenti di questa scuola di pensiero è quello della
struttura Metropoli-Satellite. Nel suo modello il rapporto di dipendenza include esplicitamente
anche un rapporto di sfruttamento da parte dell’entità “metropoli”. Dal suo modello è interessante
notare come ogni unità potrebbe ricoprire i ruoli di Metropoli e di Satellite contemporaneamente a
seconda della prospettiva dalla la quale si guarda il ciclo economico.
M
s
s
La soluzione proposta sarà quindi lo sganciamento e il tentativo di iniziare un processo di
industrializzazione là dove non si è ancora innescato. Può essere attuato con una politica di
protezione del paese dalle importazione dei prodotti dei paesi del nord, tentando di rendersi
"autonomi", o import substitution. L'applicazione di questa strategia dovrebbe passate per la
tassazione dei redditi dei capitalisti al fine di fornire le risorse necessarie per iniziare il processo di
indipendenza del settore tradizionale. Essendo però questo settore troppo poco competitivo, almeno
inizialmente, bisognerebbe procedere con un'industrializzazione protetta: tasse e vincoli sulle
importazioni e sussidi alle imprese che producono per l'esportazione, ma ancora una svalutazione
del tasso di cambio per potenziare la competitività attraverso i prezzi.
Questo tipo di protezione può però essere solo temporaneo, perché il protezionismo può causare
ritorsioni da parte dei paesi "danneggiati".
Alcuni studiosi, hanno sottolineato anche l’importanza della realizzazione di un cambiamento
strutturale interno che necessariamente deve accompagnare le politiche esterne. ’opera del governo
potrebbe essere particolarmente proficua nei tentativi di sviluppo tecnologico in tutti i settori, di
ridistribuzione equa dei redditi , lotta alla emarginazione e miglioramenti sociali, riforme agrarie
Appare quindi più adatta una politica di protezione selettiva, a fasi successiva come in effetti è stata
attuata dai paesi dell'est asiatico.
Infatti i paesi che hanno effettivamente applicato le politiche di protezione "pure" (Cile, Messico,
Brasile negli anni '70) non hanno raggiunto i risultati sperati. Con l'iniziale protezione è stata tentata
una diffusa industrializzazione e non ci si è concentrati su settori particolari e nel momento in cui si
è tentato di ridurre le protezioni è andata in crisi la produzione.
La causa principali del fallimento è stata ricondotta alla poca capacità di innovazione che non si è
sviluppata perché sono mancati gli incentivi: un'impresa protetta non ha bisogno di "rischiare".
Queste imprese sono state poi acquistate da multinazionali e da imprenditori esteri: il tentativo di
rendersi indipendenti ha portato una forte dipendenza internazionale.
La teoria della dipendenza è stata criticata da molti per i fallimenti verificatisi in quei paesi che
hanno tentato politiche protezionistiche in più le sono state anche attribuite delle caratteristiche di
genericità e limitatezza. Infatti tale costruzione teorica non riesce a spiegare le notevoli differenze
di sviluppo socio economico mostrate da paesi sottoposti ad una simile dipendenza economica
come non viene motivata l'esistenza di paesi originariamente sottosviluppati che poi sono riusciti a
modificare le loro relazioni economiche con i paesi sviluppati. Indubbiamente tale teoria e le
relative misure di attuazione non hanno attirato la simpatia dei grandi centri finanziari del Nord
improntati verso politiche di libero scambio.
5.2.3 L’approccio dell’economia mondo
Per superare le debolezza della teoria della dipendenza si è sviluppata la teoria
dell'interdipendenza anche detta teoria dell'Economia Mondo che riconosce la complessità del
sistema economico mondiale (al di là della rigida dicotomia sviluppo- sottosviluppo).
Immanuel Wallerstein, il maggiore teorico dell'Economia Mondo condivide le ipotesi base della
teoria della dipendenza, ovvero che l'invasione delle merci e della tecnologia occidentali abbiano
imposto a tutto il mondo il modo di produzione relativo. Conseguentemente si è avuta una
diffusione su scala mondiale dell'economia capitalista. Nato come entità economica, il sistema
mondiale non si è mai trasformato in un impero politico perché le stesse tecniche del moderno
capitalismo e la tecnologia fanno sì che il sistema debba essere in continuo mutamento: le forze di
interesse personale che lo tengono insieme sono anche in perenne conflitto. Il territorio inoltre ha
confini "fluidi" determinati dallo stato della tecnologia e dei trasporti.
•
•
•
•
All'interno dei confini ci sono i core states, il centro: potenti strutture statali associate a forte
cultura nazionale che utilizzata a difesa e giustificazione dei vantaggi ottenuti. Sono
caratterizzati da forte accumulazione e innovazione (progresso tecnico).
Entro i confini, ma in posizione marginale rispetto al centro ci sono le peripheral areas, la
periferia, ove lo stato nazionale si presenta con caratteri di debolezza. Sono paesi che
dipendono dal centro, paesi in cui non si fa accumulazione di capitale e si hanno forme
societarie arretrate. Interagiscono con il centro e questo ha comunque bisogno di loro.
Tra i due ci sono le semiperipheral areas, la semiperiferia, che rispetto ai core states hanno
minore complessità delle attività economiche, minore potenza dell'apparato statale e minore
integrazione della cultura nazionale. Queste aree servono come "cuscinetto" per ammortizzare le
pressioni che le aree periferiche rivolgerebbero altrimenti nei confronti dei core states. Alcuni di
questi paesi possono fungere da centro per alcune periferie.
Al di fuori dei confini vi è poi un external area che non è coinvolta nei meccanismi del sistema
economico mondiale ma è anche il potenziale terreno di espansione del sistema stesso.
Il ruolo di ogni paese dipende dall'area in cui si colloca nel contesto capitalista ove si premia con
maggiori profitti l'accumulazione di capitale e di capacità superiori e si remunera limitatamente il
lavoro meno qualificato. L'accumulazione è un fenomeno che appartiene tipicamente ai core states.
Infatti una delle caratteristiche del sistema stesso è il dinamismo in quanto ciascun paese tende
costantemente a cercare nuove chanches economiche quindi nel lungo periodo le posizioni possono
mutare. Con queste affermazioni Wallerstein si differenzia dai teorici della dipendenza che vedono
la situazione stazionaria, la sua analisi si concentra infatti sulle dinamiche dello sviluppo e del
declino economico dei vari paesi.
La sua conclusione principale è però che gli equilibri attuali possono essere mutati radicalmente
solo con fenomeni rivoluzionari ad opera di quelle masse urbane e rurali maggiormente penalizzate
dal sistema.
Del resto però anche la teoria dell'interdipendenza incorpora situazioni molto diverse all'interno di
una stessa categoria e sottovaluta i meccanismi socio-economici e politici interni ad ogni singolo
paese.
Bibliografia
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Oppure, in italiano:
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