Introduzione al tema (a cura di Fabio Domanico*)
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Introduzione al tema (a cura di Fabio Domanico*)
I Quaderni del Laboratorio – Numero 2, 2007 Reti e servizi convergenti: uno sguardo agli scenari futuri dell'industria delle comunicazioni elettroniche a cura di Fabio Domanico (*) L R S Laboratorio sui Servizi a Rete Gruppo di ricerche industriali e finanziarie Libera Università Internazionale degli Studi Sociali – Guido Carli Il Laboratorio sui Servizi a Rete (LSR) Il Laboratorio sui Servizi a Rete (LSR) è un'iniziativa promossa nell’ambito del Grif (Gruppo di ricerche industriali e finanziarie) da un comitato costituito dai Proff. Sabino Cassese, Fabio Gobbo, Giulio Napolitano, Roberto Pardolesi e Luigi Prosperetti. Nasce, nel novembre del 2002, con la finalità di favorire la ricerca e lo studio su temi di regolamentazione e tutela della concorrenza nelle industrie a rete coinvolgendo voci autorevoli italiane e straniere del mondo accademico, istituzionale ed imprenditoriale. I risultati di tali attività vengono discussi nell'ambito di workshop, incontri di cadenza mensile tra relatori ed un pubblico selezionato di discussant, anch’essi provenienti dalle summenzionate realtà. La forma dell’incontro di lavoro si presta particolarmente a favorire l’emergere di un confronto aperto ed informale che possa permettere ai rappresentanti dei vari “mondi” coinvolti di testare la validità delle proprie posizioni: in altre parole, l’idea sottostante alle attività del LSR è quella di creare un ideale “ponte” tra queste realtà stimolando un fruttuoso scambio intellettuale. Nel corso degli anni il ventaglio degli argomenti trattati si è allargato dalle tipiche network industries (telecomunicazioni, elettricità, gas, trasporti e poste) per coinvolgere l’esame di settori quali i servizi pubblici locali, l’idrico, l’aeroportuale, l’ambiente e l’analisi di tematiche trasversali come la valutazione dell’operato delle autorità indipendenti, la proliferazione dei regolatori, l’analisi delle performance della regolazione etc. Al finanziamento delle attività del LSR hanno contribuito varie società ed istituzioni italiane tra cui Acea, Assorimorchiatori, Autostrade, Enel, Energia, Ferrovie dello Stato, Grtn, H3G, Poste Italiane, Telecom Italia, Tim, Vodafone e Wind. Il successo delle iniziative ha indotto il comitato promotore ad apportare da quest’anno alcune importanti modifiche infatti i contenuti di ciascun workshop saranno concepiti e progettati di concerto con gli sponsor, in modo da organizzare un’attività di ricerca che risponda al meglio alle esigenze del mondo delle imprese. Inoltre, a partire dal 2005, viene curata una pubblicazione – scaricabile in formato elettronico sulla pagina Web del LSR – che raccoglie le risultanze più significative emerse sia in occasione dell’attività di studio condotta, che nel corso del dibattito che tradizionalmente coinvolge la platea nella parte conclusiva dei seminari. Coerentemente alla natura “sperimentale” delle attività del LSR, saremo particolarmente grati a quanti ci segnaleranno aree da migliorare o ci faranno pervenire suggerimenti e/o critiche scrivendo all’indirizzo email [email protected]. Reti e servizi convergenti: uno sguardo agli scenari futuri dell'industria delle comunicazioni elettroniche Luiss Guido Carli, Sala Colonne – 5 Aprile 2007 Relazioni di Claudio Leporelli (Università degli studi di Roma – La Sapienza) Antonio Nicita (Università degli studi di Siena) Guido Stazi (AGCOM) Alessandro Corsi (Fastweb) Piero De Chiara (Telecom Italia Media) Biancamaria Martinelli (Vodafone) Cesare Pozzi (Università Luiss Guido Carli) Reti e servizi convergenti: uno sguardo agli scenari futuri dell'industria delle comunicazioni elettroniche se ridefiniscono i propri modelli di business, dall’altro, anche i Regolatori europei devono ripensare al proprio ruolo al fine di garantire uno sviluppo del settore senza rischi anticompetitivi. In questo senso, gli obiettivi di policy tradizionali potrebbero subire importanti cambiamenti in un settore in continua evoluzione come quello delle comunicazioni elettroniche. Il nuovo contesto tecnologico potrebbe far sorgere alcuni problemi concorrenziali. Una regolazione troppo stringente ha infatti l’effetto di rallentare gli investimenti nel settore, mentre una politica debole può comportare problemi maggiori, attraverso la formazione di posizioni dominanti sul mercato. Diverse azioni devono essere intraprese al fine di aiutare e non rallentare investimenti, per garantire in modo parallelo innovazione e concorrenza nella fornitura di servizi ai consumatori finali. Il settore delle comunicazioni elettroniche richiede investimenti importanti, che vanno necessariamente sostenuti da un ambiente regolatorio favorevole. Analizzando in modo unitario le infrastrutture europee nel settore, emergono alcuni dati interessanti in merito alle reti (cavo, satellite, rete delle telecomunicazioni). Se da una parte la concorrenza tra infrastrutture può garantire una competizione Introduzione al tema (a cura di Fabio Domanico*) Negli ultimi anni, a fronte di una crescente innovazione tecnologica nonché di nuovi orientamenti di policy, l’industria delle comunicazioni elettroniche è stata oggetto di importanti modifiche di natura strutturale. In modo particolare, lo sviluppo nella convergenza di reti e servizi sta radicalmente mutando alcune delle caratteristiche del settore. Le reti di nuova generazione ad esempio permetteranno lo sviluppo di molteplici servizi utilizzando la medesima infrastruttura. L’ondata di cambiamenti tecnologici alla base del processo di convergenza rappresenta il presupposto per l’evoluzione di un nuovo modello di business, verso le ridefinizione delle strategia degli operatori e la creazione di nuova domanda. In modo parallelo, i contenuti acquisteranno rilevanza crescente, permettendo, da un lato, lo sviluppo di offerte differenziate da parte degli attori del mercato e, dall’altro, il bundling di prodotti tra loro diversi. Consumatori finali ed imprese possono trarre numerosi benefici da questi cambiamenti. Tuttavia, alcuni sviluppi sono necessari. Se da un lato, le impre- * Collaboratore Grif, Luiss Guido Carli Università L R S 4 Reti e servizi convergenti: uno sguardo agli scenari futuri dell'industria delle comunicazioni elettroniche effettiva, dall’altra, in Europa ciò ha essenzialmente riguardato un piccolo segmento del settore, il 20 per cento. Nell’80 per cento del settore europeo non c’è infatti possibilità di concorrenza diretta tra reti1, mentre permane fondamentale la regolazione dell’accesso alle singole piattaforme. Sebbene alcune lezioni possano esser tratte da altre esperienze internazionali, va tuttavia sottolineato come ogni Paese abbia caratteristiche distinte. Negli Stati Uniti ad esempio la concorrenza tra reti nell’industria delle comunicazioni elettroniche è stimata intorno al 60 per cento delle infrastrutture esistenti2. In termini generali, ciò rende palese le difficoltà sia di un confronto con altre realtà regolatorie sia dell’utilizzo di un unico modello europeo: ogni Stato membro presenta infatti caratteristiche peculiari e del tutto eterogenee. Nonostante i mercati europei mostrino numerose differenze, alcuni temi principali emergono dal quadro di riferimento. Come già accennato, un primo tema riguarda lo sviluppo della concorrenza intra ed interpiattaforma nel contesto tecnologico. Il framework regolatorio deve in questo senso incoraggiare innovazione ed investimenti sia da parte degli incumbent che dei nuovi operatori, evitando il formarsi di posizioni dominanti. Altro tema rilevante in un contesto di convergenza sono i contenuti. La creazione di ulteriori contenuti genererà infatti nuova domanda consentendo un crescente sviluppo dei canali distributivi esistenti, con effetti positivi sul benessere dei consumatori. In questo contesto, diviene fondamentale porre maggiore attenzione al tema dello sviluppo delle reti, in considerazione dei vantaggi nel lungo periodo in termini di maggiore concorrenza nonché di qualità dell’offerta. E’ quindi essenziale considerare la situazione di partenza e le caratteristiche peculiari di ciascun Paese al fine di conseguire soluzioni di policy ottimali. In tale ambito, i Regolatori europei dovranno garantire delle azioni regolatorie al passo con l’innovazione tecnologica, nel difficile compito di mantenere il giusto equilibro tra concorrenza ed innovazione. I contributi del presente convegno analizzano in modo specifico i principali temi dell’attuale dibattito in 1 European Commission (2007), The Network Industries of the 21st Century: Regulating for Growth and Competition in the Internal Market, sito web: http://ec.europa.eu/commission_b arroso/reding/docs/speeches/brusse ls_20070305.pdf 2 European Commission (2007), supra. 5 L R S Reti e servizi convergenti: uno sguardo agli scenari futuri dell'industria delle comunicazioni elettroniche materia di reti e servizi convergenti nell’industria delle comunicazioni elettroniche, con particolare riferimento al caso italiano ma senza dimenticare importanti esempi comunitari e statunitensi. ti e proprietario della rete distributiva, ha ad esempio esteso la diffusione dei contenuti tv anche su internet a banda larga. L’elemento centrale nel dibattito americano di oggi riguarda le caratteristiche di accesso dei fornitori di contenuti a questa piattaforma distributiva. Il tema della network neutrality è divenuto centrale per comprendere se una pluralità di fornitori di contenuti avranno o meno la garanzia di condizioni paritarie sia per prezzo che per qualità nell’accesso alla piattaforma distributiva. Tale questione rimette in gioco la tematica dell’organizzazione verticale nell’industria. La storia delle telecomunicazioni è distinta da decisioni pubbliche relative alla struttura di mercati. Gli accordi antitrust hanno segnato in modo ampio l’evoluzione del settore con effetti pervasivi. La possibilità di collegare un qualsiasi apparato alle reti di telecomunicazioni (e non sono quelli costruiti dal monopolio AT&T) ha ad esempio segnato lo sviluppo dell’industria americana. Più in generale, il problema della struttura verticale ha contraddistinto la concorrenza tra telecomunicazionisti ed informatici. Mentre i primi avrebbero voluto tenere l’intelligenza del sistema nella rete, i secondi l’hanno portata nelle applicazioni, in tutto ciò che si collega alla rete. Claudio Leporelli (Università degli studi di Roma – La Sapienza) Al fine di discutere gli scenari e le tendenze future della convergenza un caso interessante è quello dell’impresa convergente AT&T. AT&T è una delle due grandi imprese attive sul mercato americano a seguito degli effetti del Telecom Act, attraverso il quale mercati precedentemente verticalmente separati hanno subito un processo di consolidamento. Attraverso tale processo, quella che oggi si chiama AT&T ha progressivamente esteso la sua quota nei monopoli locali, acquisendo operatori a distanza e divenendo un’impresa dominante in circa metà degli Stati, con centoventi milioni di utenze sia fisse che mobili. Su tutto il territorio degli Stati Uniti si sta sviluppando una particolare competizione nei contenuti tra operatori di tv via cavo e quelli di telecomunicazione, dove viene privilegiata l’integrazione verticale. L’operatore tv via cavo Time Warner, produttore di contenu- 6 L R S Reti e servizi convergenti: uno sguardo agli scenari futuri dell'industria delle comunicazioni elettroniche in termini di evoluzione della struttura di mercato, dovranno considerare come la gestione di alcuni segmenti avverrà in regime di monopolio al fine di consentire la competizione su altri livelli. La rilevanza dei produttori di contenuti a livello mondiale avrà inoltre importanza per definire la struttura verticale del mercato. Il regolatore olandese ricorda inoltre come la costruzione di linee parallele in Europa non sia fattibile: per avere concorrenza effettiva, gli operatori dovrebbero arrivare in molti più luoghi. Considerare i mercati come competitivi ha comportato negli Usa la formazione di due grandi imprese integrate. Considerare un intervento regolatorio che disciplini monopolisti verticalmente e garantisca un accesso paritario sulla base del modello inglese non appare invece in linea con l’evoluzione della rete a larghissima banda in altri Paesi. Il tema della struttura verticale permane importante a causa della finalità ultima dello sviluppo della rete. In effetti, il nostro Paese ci consente di riflettere su una dimensione trascurata in questi anni e che potrebbe invece richiedere maggiore attenzione: il carattere infrastrutturale connesso ad elementi di bene pubblico e fortemente connotato da effetti esterni. Analizzando altri settori quali energia elettrica o gas naturale, si può facilmente notare come la capillarità e la capacità di trasporto della rete siano scelte prese in considerazione di interessi separati e diversi da quelli degli operatori utilizzatori. Nel settore delle telecomunicazioni potrebbe esistere un problema di contrasto tra interessi collettivi e interessi degli operatori verticalmente integrati. Tuttavia le differenze con gli altri settori appaiono forti. Esiste un problema di decisione, dove una separazione verticale può comportare problemi di coordinamento. Non è quindi scontato che il modello dell’operatore integrato sia quello preferibile in termini collettivi. Allo stesso modo, non è vero che un modello di separazione verticale non posso funzionare, la storia americana fino al 1996 l’ha dimostrato. Tuttavia in assenza di vincoli, c’è una forte tendenza verso l’integrazione verticale del monopolio. Le scelte che abbiamo Antonio Nicita (Università degli studi di Siena) Un dibattito ormai aperto da diversi anni riguarda il valore aggiunto delle reti, ossia il famoso contenuto. Ciò può soddisfare non solo una domanda di pay tv ma anche una nuova domanda con forme di fruizio- 7 L R S Reti e servizi convergenti: uno sguardo agli scenari futuri dell'industria delle comunicazioni elettroniche sia quella regolamentare. Inevitabilmente la regolamentazione definisce il contesto competitivo, mentre la definizione di mercato di convergenza deriva di volta in volta da come queste due forme di innovazione si completano reciprocamente, come ciascuna reagisce all’altra. Come avviene per altri mercati, la relazione tra diritti e tecnologie determina quindi la tipologia di mercato e di consumo. Nel dibattito sull’innovazione tecnologica è rilevante non solo la definizione di entrata efficiente, ma anche l’esistenza di mercati emergenti. Può inoltre avvenire l’entrata di nuovi operatori in un pezzetto della filiera tecnologica, al fine di acquisire dei clienti per poi effettuare altri investimenti. Dal lato speculare, l’innovazione regolamentare dovrebbe esser in grado di rispondere in modo endogeno alle innovazioni tecnologiche. Dove c’è un mutamento del mercato anche la regolamentazione deve adeguarsi. Gli UK dimostrano chiaramente questa relazione endogena tra regolamentazione e tecnologia. Nel caso dei contenuti, il cambiamento della domanda in presenza di tecnologie convergenti è avvenuto prima del formarsi di qualsiasi regolamentazione in Italia ed Europa. L’innovazione tecnologica, e quindi il mercato, ha fatto il primo passo e “l’innovazione delle regole” ha seguito questo ne di consumo diverse. E’ sorto quindi il problema dei contenuti dove la produzione e acquisizione dei contenuti premium ad elevato valore aggiunto non erano difatti libere sul mercato. Pur non avendo le caratteristiche tecniche per poter essere identificato come un mercato esclusivo, tuttavia una seria di ragione strategiche, commerciali e contrattuali hanno reso il mercato dei contenuti non accessibile a tutti. I titolari dei contenuti con piattaforme di dimensioni fortemente asimmetrica hanno infatti tutto l’interesse ad innalzare i prezzi e vendere i contenuti ai soggetti che rappresentano una porzione più grande della domanda. Ciò ha dimostrato la persistenza di barriere all’entrata. Il mercato potenzialmente convergente delle reti ha quindi due grandi barriere all’entrata: quelle tecnologiche, tipicamente della rete ma anche quelle dei contenuti. Inoltre un’ulteriore complicazione deriva dalle nuove reti a fibra ottica su protocollo IP: esse consentono forme nuove di contenuti come ad esempio il video on demand, individuando nuovi segmenti di domanda. Tale situazione complica la definizione di contenuto. Altro elemento critico da analizzare è il concetto di innovazione complementare. Abbiamo sia l’innovazione tecnologica 8 L R S Reti e servizi convergenti: uno sguardo agli scenari futuri dell'industria delle comunicazioni elettroniche rale all’esclusività della finestra temporale. I soggetti nella pay tv hanno infatti interpretato l’esclusività temporale quale esclusività del mercato. I monopolisti della televisione a pagamento europea hanno sommato l’esclusiva dei diritti trasformando questi mercati in monopoli. In Italia, dopo l’ingresso di Stream, i costi sono lievitati del 500% e non perché il mercato è cresciuto, ciò è invece dipeso dal meccanismo d’asta volto ad eliminare i concorrenti del mercato. Guardando all’Europa, è da ricordare come sia in Spagna che in Italia si è verificato un processo di concentrazione. Negli UK l’unico grande operatore, prima di esser soggetto ad abuso di posizione dominante, ha assunto l’obbligo di creare un mercato wholesale di rivendita soprattutto verso gli operatori via cavo della propria programmazione. Il caso australiano è invece interessante poiché esistono grandi operatori rispettivamente via cavo, satellitare e di telecomunicazione che hanno iniziato la medesima guerra di Stream e Telepiù per poi accordarsi al fine di condividere i costi per l’acquisto dei contenuti. L’antitrust australiano ha imposto l’obbligo di rivendita di quanto acquistato e condiviso anche a soggetti terzi sul mercato wholesale. In tutto questo dibattito abbiamo due grandi approcci. Uno è passaggio. L’innovazione delle regole è avvenuta attraverso dei rimedi a concentrazioni verticali e orizzontali, come quelli applicati nel caso Newscorp/Telepiù. L’antitrust ha utilizzato tali rimedi quale strumento per modificare le regole del gioco. La regolamentazione ex post stabilisce caso per caso delle regole. La consapevolezza comune è quella che per avere contenuti e poterli vendere in modo pieno ed autonomo al consumatore finale, è necessario poter costruire una rete ma anche contenuti che ne attivino la domanda. Esiste quindi una complementarietà tra questi due elementi. La pay tv è essenzialmente la fruizione di un servizio audiovisivo per il quale viene pagato un prezzo. Il suo sviluppo rappresenta un caso strano dal punto di vista regolamentare dell’evoluzione del mercato. Essa nasce come risposta alla tecnologia via satellite. Questo pone un problema contrattuale, i medesimi contenuti non possono essere fruibili allo stesso tempo su più canali. E’ quindi necessaria un’esclusiva temporale, una finestra temporale con lo scopo di creare un mercato nel tempo al fine di differenziare il mercato in chiaro (cinema, audiovisivi, video rental e pay tv). Attraverso il caso della pay tv si è passati dall’esclusività tempo9 L R S Reti e servizi convergenti: uno sguardo agli scenari futuri dell'industria delle comunicazioni elettroniche calcistici e premium, abbiamo una coesistenza di contratti che implicano una frammentazione di diritti, un problema definito in letteratura come quello degli anticommons. I titolari dei diritti li stanno spezzettando con la conseguenza che l’eccessiva frammentazione del contenuto può impoverire il contenuto stesso. Il rischio è che ci sia una tendenza all’unbundling nella ridefinizione dei diritti con elementi contradditori: da un lato l’esclusiva temporale, dall’altra l’esclusiva per piattaforma. Molti contratti in Europa prevedono la vendita del diritto ad un soggetto su tutte le modalità trasmissive per singola piattaforma, altri prevedono la vendita del diritto per un'unica modalità trasmissiva (quali ad esempio pay tv oppure video on demand) da utilizzata su diverse piattaforme. Diversi problemi ne derivano. Tale situazione può generare tanti monopoli per piattaforme che poi dovrebbero confluire in un unico mercato. I monopolio per piattaforma sono desiderabili? Servono a sviluppare la convergenza? Questo è uno dei dubbi non risolti dal disegno di legge Melandri-Gentiloni: da una parte esso prevede il divieto di esclusiva, ma dall’altra incoraggia monopoli per piattaforma. Guardando a tre tipologie di incentivi, è importante comprendere cosa accade nel mon- quello economico classico, dove l’esclusività altro non è che la tutela di un investimento specifico rilevante, Questo è tanto più vero maggiore è il portafoglio dei contenuti di un operatore. Nel settore delle telecomunicazioni non si può di certo eliminare questa protezione. D’altra parte, questi diritti sono usati con l’obiettivo di ottenere market foreclosure. Cio’ è in particolare vero perché l’esclusiva era molto banale, copriva tutte le altre piattaforme trasmissive. Il vero problema economico è quello della transizione, dove i soggetti non hanno ancora effettuato investimenti e le piattaforme non sono ancora definite. Abbiamo quindi reti asimmetriche e capacità asimmetrica di acquisto con operatori che possediono rilevanti quote di mercato. Questo aumenta in modo pervasivo gli switching costs. Due grandi rischi ne derivano. Primo, se non viene attivata alcun tipo di regolamentazione dei contenuti abbiamo una gara viziata in partenza con effetti drammatici anche sui soggetti attivi nel mercato. Inoltre non c’è incentivo ad espandere la rete se non si può aver accesso ai contenuti. Ciò ha implicato una maggiore attenzione alle concentrazioni nel settore europeo dove rimedi sono stati adoperati in molte concentrazioni europee ed italiane. L’altro rischio è quello di perdersi. Nell’ambito dei diritti 10 L R S Reti e servizi convergenti: uno sguardo agli scenari futuri dell'industria delle comunicazioni elettroniche nata con la pay tv e conseguenza sia del modello inglese quale moral suation sia dei rimedi stabiliti per la concentrazione di Sky. Nel caso in cui si mantenga l’esclusività multipiattaforma ma il soggetto dominante sul mercato pay tv abbia l’obbligo di rivendere interamente senza discriminazione la propria offerta a tutti gli operatori in qualunque piattaforma, non esistono incentivi anticompetitivi del soggetto verticalmente integrato. Esistono solamente elementi positivi che incoraggiano l’entrata, senza creare problemi ai titolari dei contenuti che vendono su tutto il mercato, ammettendo inoltre l’accesso immediato di operatori alternativi. Il terzo punto riguarda l’esclusività del diritto che può essere acquisita soltanto per piattaforma, in ogni caso col divieto di clausole di holdback: non è possibile acquistare diritti per usi e piattaforme che non vengono utilizzate. Non è chiaro l’impatto sulla posizione dominante e sugli incentivi ad acquisire contenuti perché questo dipende da come le piattaforme alternative sono sviluppate e dal loro grado di maturità. La discriminazione temporale nei contratti favorisce tantissimo i proprietari dei contenuti che attraverso la variabile tempo possono valorizzare il contenuto di cui dispongono. do reale. Non si capisce quali siano le tipologie di diritti definibili sul mercato. Si ha da un lato l’incentivo ad investire nello sviluppo di piattaforme alternative, dall’altro, l’incentivo all’acquisizione ma anche alla produzione di contenuti. Questi due incentivi vanno tutelati rispetto all’obiettivo di policy che si vuole ottenere. Terzo, bisogna limitare e disciplinare la posizione dominante degli operatori verticalmente integrati esistenti sul mercato. Risulta quindi interessante l’analisi dell’impatto dei rimedi individuati sui mercati per questi tre elementi. Il primo punto è l’assenza di esclusiva, riferita al modello americano. Negli Stati Uniti la disciplina dei modelli di monopolio locale ha avuto un’evoluzione completamente diversa. In America la pay tv si configura tramite un editore produttore di una serie di contenuti che poi vengono venduti a diverse piattaforme senza esclusiva. Tale modello comporta da un lato una disciplina dei soggetti verticalmente integrati ma dall’altro un forte disincentivo da parte dei soggetti che decidono d’investire anche nella produzione dei contenuti, in quanto potrebbero decidere autonomamente di dare una diversa valorizzazione al diritto e al contenuto che creano. In secondo punto riguarda l’esclusività multi-piattaforma, 11 L R S Reti e servizi convergenti: uno sguardo agli scenari futuri dell'industria delle comunicazioni elettroniche Il decreto attuale risolve la centralizzazione dei diritti, ma crea due problemi dal punto di vista degli operatori. Primo, si guarda solo al calcio, mentre diventa difficile avere l’esclusiva su un determinato contenuto quando è l’intera famiglia ad usufruire dei servizi. In secondo luogo c’è un problema d’incertezza sul mercato, gli operatori che oggi entrano non sanno che tipo di modello di diritti possono sviluppare, generando incertezza da una parte ma discriminazione tra operatori dall’altra. Oggi i rimedi sono stati applicati ad una serie di operatori dominanti. Sembra tuttavia il momento di applicare un’innovazione regolamentare che risponda all’innovazione tecnologica esistente, altrimenti il tema della convergenza si ferma ancor prima di iniziare sul lato delle reti. Non esiste ad oggi un modello migliore di un altro. Ciascun modello risponde ad un’esigenza specifica che dipende dal tipo di mercato, numero di operatori e grado di sviluppo delle piattaforme alternative. Questi modelli devono essere principalmente transitori, dove il mercato sceglie il proprio modello. Sembra necessario un trattamento che venga dalla Comunità europea con soluzioni unitarie: contenuti simili devono avere la stessa tipologia di trattamento, omogeneo La quarta possibile forma di rimedio deriva da quanto osservato in Australia. Poiché esistono già piattaforme alternative (cavo, satellite, xDSL) a questo punto servono accordi di acquisto di gruppo al fine di evitare un possibile cartello. E’ quindi opportuno centralizzare l’acquisto e rivederlo in forma non discriminatoria a tutti i soggetti sul mercato. Per quanto riguarda il caso calcio, la possibilità di stabilire dei pacchetti di contenuti cosicché gli operatori possano partecipare a tutte le gare ma non possano aggiudicarsi più di un pacchetto, potrebbe far sorgere l’idea brutale di intervenire attraverso dei tetti. Ma anche qui c’è un problema di anticommons nonché quello del decoder unico. I casi brevemente trattati ci dicono che si va affermando (in Italia attraverso il decreto Melandri) un’idea di frazionamento dei diritti che dal punto di vista economico è meno motivato dell’esclusiva temporanea. In effetti, la separazione per piattaforma risolve un problema immediato che è quello di far sì che tutti gli operatori abbiano i propri diritti. Il diritto di esclusivo sulla piattaforma non fa infatti spostare i consumatori su altre piattaforme con contenuti simili, mentre diventa difficile mettere insieme l’incentivo in piattaforme direttamente collegate con l’acquisto non esclusivo dei contenuti. 12 L R S Reti e servizi convergenti: uno sguardo agli scenari futuri dell'industria delle comunicazioni elettroniche tra piattaforme diverse ma anche transitorio. rivare rendendo l’investimento non duplicabile. C’era una forte ostilità da parte dell’antitrust. Oggi abbiamo una rete fissa in rame. Sul totale delle linee in uso in Italia solo 230 mila sono in fibra ottica, lo 0,8 del totale delle linee (quelle di Fastweb). In Italia il 96% degli accessi in larga banda è in adsl, la media europea è 84%. Su queste basi l’autorità antitrust italiana ha iniziato nel settembre scorso un confronto con Telecom. Diversi vantaggi potrebbero derivare dalla rapida implementazione di un simile modello di confronto. Da una parte l’incumbent potrebbe operare in un regime di maggiore certezza regolamentare e quindi autolimitare le tentazioni anticompetitivi liberando energie positive, dall’altra, i concorrenti opererebbero a parità di condizioni e i cittadini godrebbero di maggiore disponibilità di servizi e minori abusi. Telecom dovrebbe iniziare al più presto un percorso al fine di assumere i suoi impegni. L’autorità attualmente non ha potere coercitivi per costringere il detentore della rete a divenire ad accordi, è un confronto su base volontaria. Telecom dovrebbe assumere degli impegni che possono essere resi vincolanti. Il decreto Bersani ha difatti stabilito come anche l’Autorità delle Telecomunicazioni possa accettare impegni degli operatori rendendoli vincolanti e sanzionabi- Guido Stazi (Agcom) Ci sono due modi per fare il regolatore, uno è seguire il processo anche a livello tecnologico per immaginare scenari regolamentari in anticipo, l’altro è inseguire le innovazioni di servizi basate su tecnologie recenti. Spesso la legge riesce a dare al regolatore la possibilità di utilizzare un po’ di creatività regolatoria. Ad esempio, è particolarmente interessante il principio di neutralità tecnologica ossia la non discriminazione tra particolari tecnologie e la non imposizione di una particolare tecnologia rispetto alle altre. In questo modo è possibile adottare provvedimenti ragionevoli al fine di promuovere taluni servizi indipendentemente dalla tecnologia utilizzata. Il fatto di avere questi margini fornisce al regolatore la possibilità di rispondere cercando di trovare una soluzione efficace. Alcuni anni fa partì il progetto Socrate, basato sullo sviluppo molto capillare della fibra ottica che avrebbe servito tutto il Paese. Il monopolista aveva i fondi, poteva portare la fibra ottica in ogni casa. La preoccupazione principale riguardava essenzialmente il potere di rendita monopolista che ne poteva de- 13 L R S Reti e servizi convergenti: uno sguardo agli scenari futuri dell'industria delle comunicazioni elettroniche li. Nella situazione di possibile cambio di proprietà di Telecom, non è detto che i nuovi proprietari vogliano percorrere la medesima strada regolatoria. A quel punto il percorso potrebbe essere messo a rischio, ci potrebbe essere la necessità di rafforzare i poteri dell’Autorità per le Telecomunicazioni. la possibilità anche degli operatori via cavo di svolgere attività di diffusione televisiva al pari degli operatori via etere e satellite. In questo clima di incertezza regolamentare e normativa cominciò ad operare la Telecom con Stream, in una situazione dove non era possibile fare tv via cavo ma Stream doveva limitarsi a distribuire programmi di terzi. Con la 249/97 fu tuttavia possibile entrare nel mercato anche come fornitore di contenuti. Stream si trovò in una situazione in cui Telepiù possedeva numerosi diritti. C’erano quindi esclusive tali per cui l’operatore via cavo era impossibilitato ad acquistare contenuti premium come il calcio e il cinema. Esistevano quindi difficoltà enormi in un clima normativa regolamentare non simmetrico. Fino ai primi anni del 2000 una così forte asimmetria non ha consentito lo sviluppo di questo mercato. Successivamente alcuni esempi di regolamentazione ex post quali il caso Seat/Tin.it e la concentrazione Stream/Telepiù hanno inserito qualche elemento di concorrenza nel mercato. Nel primo caso fu stabilito l’obbligo per Telecom Italia di mettere a disposizione le proprie infrastrutture realizzate (e non utilizzate) con il progetto Socrate. Nel secondo caso si stabilì l’obbligo di vendita all sales dei contenuti premium in aggiunta Alessandro Corsi (Fastweb) In Italia è sempre esistita una regolazione asimmetrica paradossalmente a favore del più forte. Sebbene il Codice delle Comunicazioni parli di neutralità tecnologica, questa è una novità. Per quarant’anni regolamentazione e normativa in materia televisiva hanno svantaggiato certe tecnologie rispetto ad altre. Fino al 1994 era ad esempio vietato e sanzionato penalmente fare tv via cavo. Dal 1994 al 1997 è stato possibile fare tv via cavo ma solo in un ambito ristretto e con la tecnologia monocanale. Investire in infrastrutture per diffondere esclusivamente un canale diventava quindi un’impresa assolutamente anti-economica. Solamente dal 1997 con la 249/97 (c.d. legge Meccanico) è avvenuta una vera liberalizzazione, con l’introduzione nella regolamentazione italiana delle direttive comunitarie di full competition che hanno stabilito 14 L R S Reti e servizi convergenti: uno sguardo agli scenari futuri dell'industria delle comunicazioni elettroniche contenuti su tutte le piattaforme, ma solamente ove possibile. Anche questo principio che sembrerebbe aprire il mercato ad una nuova realtà tecnologica, viene sminuito. Un ultimo esempio riguarda il Ddl Gentiloni, il quale stabilisce che il soggetto notificato sulla rete (Telecom Italia) debba consentire la distribuzione di contenuti di terzi sulla propria rete, ma solamente per i servizi lineari. I servizi lineari sono quei servizi di broadcasting classico, mentre la rete cablata consente lo sviluppo di servizi on demand. Quest’ultimi sono quelli che meglio si applicano alle reti, ma tale principio non vale per loro. Questo quadro è paradossale, non si ha il coraggio di affermare principi ormai consolidati a livello comunitario. Diverse consultazioni pubbliche sono state tenute recentemente anche in merito al Ddl Gentiloni sulla riforma del servizio televisivo. Noi abbiamo fortemente richiesto di estendere l’accesso alla rete del soggetto notificato anche per i servizi non lineari. Altre due consultazioni simili sono avvenute in merito ai diritti residuali nonché ai finanziamenti al cinema. Per quanto riguarda quest’ultimo, la tassa di scopo, ossia una tassa su tutti i fatturati derivanti da larga banda, non appare giustificata dal fatto che gran parte del traffico prodotto su queste rete è all’obbligo di consentire l’accesso al segmento satellitare e al decoder Sky da parte di chi volesse farne uso, prevedendo inoltre il divieto di esclusive su tecnologie diverse dal satellite. Questi due impegni hanno portato una parziale liberalizzazione del mercato consentendo ad operatori quali Fastweb di entrare nel mercato con qualche timido passo. I provvedimenti sono stati necessari, tuttavia l’assenza di una stabile regolamentazione ex post non ha consentito di procedere con lo stesso passo di altri operatori internazionali europei. Siamo stati i primi a partire ma purtroppo la regolamentazione non ha aiutato lo sviluppo successivo. In generale si può affermare che il regolatore italiano si sia reso conto del bisogno di rimuovere tale asimmetria solo da alcuni anni. Ciò è avvenuto facendo un passo avanti e mezzo passo indietro. Ad esempio, l’articolo 5 della legge Gasparri richiama il fornitore di contenuti, stabilendo come esso sia obbligato a non discriminare tra piattaforme, tuttavia compatibilmente con il regime delle esclusive e dei diritti. Il principio della non discriminazione viene quindi subito ridimensionato dalla frase successiva. Un altro esempio riguarda il contratto di servizio tra Ministero e Rai che sembra essere in fase di sottoscrizione. Secondo tale accordo la Rai ha l’obbligo di distribuire i propri 15 L R S Reti e servizi convergenti: uno sguardo agli scenari futuri dell'industria delle comunicazioni elettroniche luogo, l’assenza di esclusiva dove chiunque può aprire un negozio ed avere accesso ai film. In secondo luogo, la maggiore comodità di tale canale rispetto a quello tradizionale garantisce introiti superiori: Fastweb vende tre film al mese per consumatore, mentre Blockbuster 0.5 film al mese per consumatore. I mercati della convergenza potrebbe quindi ispirarsi ad alcuni principi dell’home video per raggiungere uno sviluppo maggiore nel prossimo futuro. generato da contenuti cinematografici. Ciò significherebbe estendere la tassa a mezzi di comunicazione che poco hanno a che fare con i contenuti. Questa impostazione è errata. I caveau della BNL, la quale si preoccupa dei finanziamenti al cinema, sono pieni di pellicole mai proiettate in sale pubbliche, è inutile dare incentivi a prodotti che il mercato non vuole. La nuova legge sul finanziamento al cinema prevede che debbano essere incentivati i film in base al curriculum che il film stesso propone. Tanto più l’attore e regista hanno prodotto e sono famosi, tanto più hanno possibilità di accedere ai fondi pubblici. In questo modo da una parte si va incontro alla domanda, ma dall’altra non viene favorita l’innovazione. Un principio da introdurre potrebbe essere quello di dare punti per ottenere fondi pubblici a quei produttori che ancor prima di iniziare le riprese abbiano sottoscritto contratti di prevendita con tutte le piattaforme. Noi siamo d’accordo nel cofinanziare produzioni italiane, ma poi tali film devono esser messi a disposizione anche sulle piattaforme di chi cofinanzia. E’ inoltre auspicabile la crescita del mercato dell’home video a seguito dello sviluppo della convergenza. I motivi del successo di tale mercato sono essenzialmente due. In primo Piero De Chiara (Telecom Italia Media) La circolazione di contenuti su rete elettroniche è un argomento particolare. Siamo in una fase storica importante, sono state fatte molte promesse poi non mantenute. Abbiamo promesso che la rivoluzione tecnologica avrebbe consentito una circolazione dei beni culturali più ampia, libera, decentrata nella produzione, capillare e a prezzi decrescenti. Tecnologicamente ci sono tutte le premesse, ma quanto auspicato non sta avvenendo. Siamo di fronte al sostanziale fallimento del modello che abbiamo perseguito in questo decennio. Per tentare un ripensamento, bisogna ripartire dal punto di vista del consumatore. Il consumatore sostan- 16 L R S Reti e servizi convergenti: uno sguardo agli scenari futuri dell'industria delle comunicazioni elettroniche L’obiettivo è quello di evolvere ma non forzare decisione regolatorie non mature e forse non necessarie. Un primo possibile modello da implementare riguarda l’acquisto dei contenuti per poi rivenderli all’accesso. E’ un modello assolutamente legittimo, sarà il mercato a punirlo se non funziona. Un secondo possibile modello che sta sorgendo in questo periodo, altrettanto legittimo e forse più logico, è l’aggregatore e fornitore di servizi che compra il servizio di telecomunicazione e lo rivende ai propri clienti. In questa fase transitoria, esiste un terzo modello di revenue sharing, dove se un soggetto vuole vedere i contenuti di un determinato operatore sulla piattaforma di un altro attore del mercato, paga un corrispettivo che viene ripartito tra i due diversi operatori. Passi in questa direzioni si stanno facendo, ne rappresenta un esempio l’accordo Fastweb/Sky, motivato però da un intervento leggero di antitrust. Altro esempio è l’imposizione a Sky di effettuare un’offerta wholesale. In assenza di imposizioni, non si sarebbe arrivata al primo di una possibile serie di revenue sharing agreements. Dobbiamo immaginare un numero non piccolo di tali accordi, anche provvisori, per aiutare l’evoluzione del mercato senza circoscrivere i diversi modelli di business che possono svilupparsi. Interventi dovrebbero zialmente vuole poter scegliere, in primo luogo la piattaforma (anche ibrida). E’ da ricordare come da qualsiasi fonte arrivi il contenuto, ad esempio da satellite o via cavo, ciò non ha importanza per il consumatore. Scelta la piattaforma, il consumatore ha diritto di scegliere l’operatore. Dopo di che ha diritto di scegliere un aggregatore di contenuti. Poi ha diritto di scegliere il contenuto che gli piace. Cercare di integrare queste quattro scelte in un solo atto di preferenza si è rivelata una strada sbagliata. A volte il consumatore vuole scegliere soggetti diversi per ognuna di queste preferenze. In questo periodo il bisogno del consumatore non è stato soddisfatto dall’industria, la quale si è invece mossa in un’altra direzione, tentando paradossalmente un’idea di convergenza accelerata. Dobbiamo avere il coraggio di parlare di flop, i numeri dell’IP television in Europa ne sono un esempio, Italia inclusa. Altro elemento interessante è l’influenza politica nel settore. Quando la politica si appassiona ai diritti sportivi non si accorge che in realtà sta aprendo una crisi. Negli ultimi contratti, ad esempio, le telco mobili e fisse hanno investito molto più dei ricavi poi ottenuti. Nei prossimi rinnovi contrattuali verranno di certo a mancare alcune centinaia di milioni. 17 L R S Reti e servizi convergenti: uno sguardo agli scenari futuri dell'industria delle comunicazioni elettroniche che garantirà lo sviluppo di servizi convergenti, cambiando gli scenari dell’industria. Non sempre però la tecnologia risolve i problemi, a volte li complica anche. Parlando di convergenza, essa non risolve i vecchi problemi ma ne crea di nuovi su diversi fronti, ossia sul lato tecnologico, di mercato ed informativo. Dal punto di vista tecnologico, le nuove rete convergenti presentano non solo un problema di congiunzione ma anche quello di far funzionare i servizi. E’ un problema di interoperabilità dove in assenza di regole, standard certi e di sistemi di misurazione della qualità, il rischio è quello che si arrivi ad un mondo in cui i clienti quando accedono ad un servizio possono accedere solo con la rete del proprio operatore e non con quella degli altri. Dal lato competitivo non solo c’è un problema di scelta del consumatore, ma anche quello di non lasciare agli incumbent la possibilità di sfruttare le esternalità di rete. La convergenza apre nuovi servizi, ma crea ulteriori problemi. Avevamo un problema di leverage verticale, al quale ora si aggiunge anche un problema di leverage orizzontale: la possibilità di sussidiare un servizio con un altro amplificando i rischi di price squeeze. La coesistenza di servizi regolati e non, complicherà i test di prezzo del regolatore. Inoltre ulteriore complessità derivano essere intrapresi anche in merito alle reti elettroniche. Si sono fatti meno interventi sul mercato diciotto, esso ha operatori notificati anche se non sono mai stati applicati eventuali remedies. Il caso Sky è stato un intervento leggero ma utile. Probabilmente saranno utili interventi sui diritti secondari, è chiaro che un produttore di contenuti indipendenti con possibilità di vendere il contenuto anche a reti nascenti, ha maggiori stimoli verso la circolazione dei contenuti. Bisognerà lavorare sulle guide elettroniche dei programmi nonché aprire la discussione sulla rete satellitare, la quale risulta accessibile solo per i soggetti all’interno della guida elettronica di Sky. Altro problema irrisolto riguarda l’integrazione verticale dei mercati, tale scelta legittima ha comunque bisogno di una sorta di intervento seppur leggero. Bisogna quindi agire in modo leggero, non seguendo le mode dei mercati finanziari ma assumendo come stella polare il punto di vista del consumatore. Esso garantisce il massimo dei ricavi per il sistema delle imprese. Biancamaria Martinelli (Vodafone) C’è un momento di discontinuità attuale. Stiamo passando ad una rete di nuova generazione 18 L R S Reti e servizi convergenti: uno sguardo agli scenari futuri dell'industria delle comunicazioni elettroniche Fabio Gobbo (Luiss Guido Carli) Una riflessione apparentemente secondaria ma altamente provocatorio riguarda il tema delle reti. Forse ci sono stati degli errori nelle politiche della regolazione e della concorrenza poste in essere negli ultimi dieci anni. Sostanzialmente si aveva in mente l’obiettivo molto preciso di moltiplicare il numero degli operatori in termini di concorrenza. Abbiamo anche ottenuto degli ottimi risultati nella moltiplicazione degli operatori a vario titolo sia delle telecomunicazioni ma anche di altri sistemi di comunicazione. Ciò ha permesso agli operatori di allargarsi utilizzando parti di reti che forse erano anche duplicabili. Oggi si parla anche di operatori virtuali, ma le reti restano sempre le stesse. Se avessimo avuto una minore attenzione al numero degli operatori, dando per default le caratteristiche e la non duplicabilità degli operatori, ci troveremmo probabilmente con forse meno operatori ma con più reti. La concorrenza non è data solamente dal numero degli operatori ma anche dalla capacità degli stessi di stare sul mercato o di essere autonomi dagli altri operatori. Viene da domandarsi se una maggiore attenzione alla moltiplicazione delle reti, anche sacrificando le possibilità della concorrenza più immediata, possa essere desiderabile. E’ dall’aggiunta di servizi che non appartengono nemmeno al mondo delle telecomunicazione elettroniche, quali il tema dei contenuti. Viene da chiedersi se bisognerà regolare la possibilità per un operatore in posizione dominante di fare tariffe on net, ciò potrebbe generare effetti anticompetitivi. E’ utile analizzare le origini delle problematiche della convergenza, dove reti e servizi diventeranno sempre più qualcosa d’inscindibile. Le nuove reti riportano alla ribalta il problema storico dell’accesso. C’era grande fiducia nella costruzione di nuove reti dove tutti i soggetti, compreso l’incumbent, sarebbero partiti dalle medesime condizioni. In realtà ciò non è avvenuto, soprattutto a causa della rivitalizzazione del doppino in rame e della rete DSL. Inoltre, in molti hanno pensato che nuove tecnologie quali il wi-fi e il wi-max avrebbero risolto il problema dell’accesso, tuttavia ciò non è avvenuto. In questo quadro bisogna comprendere quali siano i confini della replicabilità e quali quelli del monopolio naturale. Qualunque sia la soluzione, un conto sono i servizi ed un conto gli elementi infrastrutturali che servono al Paese e alla concorrenza. 19 L R S Reti e servizi convergenti: uno sguardo agli scenari futuri dell'industria delle comunicazioni elettroniche principio del mercato, il settore pubblico ha ritenuto di non doversi intromettere nello sviluppo della rete, generando effetti contrastanti in qualche caso. L’obiettivo del progetto Socrate, quanto di Fastweb, era quello di arrivare in ogni casa. Socrate rappresentava un progetto Paese, tuttavia cancellato non appena l’impresa è divenuta privata. Inoltre, ogni comune d’Italia ha considerato la costruzione di infrastrutture sul territorio come una fonte di guadagno aggiuntivo verso gli operatori che volessero creare una nuova rete. Se da un lato i servizi convergenti portano elementi positivi, dall’altro essi non sono sufficienti in assenza di reti. Ci vuole un grosso sforzo per integrare e sviluppare il sistema delle reti, anche riducendo gli operatori che offrono servizi convergenti. Il 20 per cento della popolazione non è raggiunta dall’ADSL, mentre l’altro 80 per cento sebbene raggiunto, non ha certezze su velocità e servizio ma soprattutto non ha alternative. Parliamo di servizi ma anche di reti. chiaro che ragionare in termini di numero di operatori anziché che in quelli di quantità di moltiplicazioni delle reti è più semplice sia in merito all’ideologia del mercato e della teoria economica sia nell’ottica del breve periodo. E’ infatti molto più semplice sostenere l’idea di un utilizzo congiunto della stessa rete piuttosto che indicare la costruzione di reti per l’entrata di nuovi operatori. Da questo punto di vista, l’impostazione iniziale data al settore della telefonia mobile è stata diversa: in tutti i casi è stato posto il vincolo della costruzione dell’autonomia di una rete propria. Non abbiamo messo la stessa attenzione in altri settori. E’ chiaro come altri paesi, che per ragioni diverse avevano sviluppato proprie reti, si trovano oggi in una situazione diversa. Prendendo ad esempio l’Inghilterra, siamo stati fuorviati perché abbiamo finito per non considerare come le possibilità di costruire reti siano stata di molto superiori rispetto a quelle che abbiamo avuto in Italia. Il discorso può apparire provocatorio ma è di carattere generale. Nel considerare lo sviluppo della rete futura possiamo porci il problema del trade off tra numero di operatori e quantità di rete disponibile. Un’altra riflessione riguarda l’aspetto più tradizionale del ruolo del settore pubblico. In base al Cesare Pozzi (Luiss Guido Carli, Università di Foggia) Le motivazioni del dibattito sulla convergenza rappresentano il punto di partenza della discussione. Ritornando al Libro Verde del 1997, la convergenza 20 L R S Reti e servizi convergenti: uno sguardo agli scenari futuri dell'industria delle comunicazioni elettroniche pendenti e un grado di integrazione verticale elevato, rappresenta uno scenario che non è semplice da gestire per operatori molto più piccoli e con minor integrazione. Il modello di consumo americano è tuttavia utilizzato anche in Italia. Le reti sono scariche, probabilmente esistono pochi contenuti. Ad esclusione di alcuni eventi sportivi, il nostro Paese compra i contenuti per la maggior parte all’estero. Se l’obiettivo di un sistema è quello di sviluppare contenuti, l’integrazione verticale consente quindi la loro valorizzare. Il meccanismo dell’esclusiva incentiva in particolare la produzione di contenuti. La ricchezza di un Paese dipende anche dalla capacità di produrre contenuti. E’ quindi essenziale costruire un sistema di reti, di regolazione che consenta al meglio di poter incentivare la produzione di contenuti da vendere. Ad esclusione di qualche evento sportivo, non esistono molti contenuti italiani che vengono venduti all’estero, mentre ne importiamo tantissimi. E dietro l’importazione c’è un modello di produzione. Gli interventi di politica industriale in questo devono giocare un ruolo importante per comprendere cosa vogliamo fare con il nostro modello di produzione e di consumo. Bisogna riflettere su come le imprese europee abbiano una struttura raffigura un’opportunità: attraverso questa scommessa tecnologica è possibile trasferire tutta una serie di contenuti che viaggiano su piattaforme diverse, su un’unica piattaforma. E’ un’opportunità per la comunità anche dal punto di vista della produzione, poiché la tecnologia modifica sia le tecniche sia i processi. Dirigendosi verso la concorrenza sulla conoscenza, a volte si parla di capitalismo cognitivo, dove la scommessa sulla convergenza ha un senso. Tali considerazioni devono rimanere sullo sfondo al fine di comprendere l’obiettivo politico che si vuole raggiungere. Non esiste un modello migliore di un altro, ogni Paese dovrebbe analizzare la propria situazione per comprendere quale sia l’intervento di regolazione migliore proprio in base agli obiettivi che vuole ottenere. Molti degli obiettivi da raggiungere sono stabiliti dalla Comunità Europea. Se si debba guardare alla Comunità Europea come un'unica entità che concorre sul mercato internazionale cercando di imporre un suo modello di produzione e consumo oppure si debba guardare ai singoli Stati nazionali, questo è un punto aperto del dibattito. Considerando il sistema americano, il modello di integrazione verticale consente di valorizzare i contenuti. Un sistema come quello di AT&T con 300.000 di21 L R S Reti e servizi convergenti: uno sguardo agli scenari futuri dell'industria delle comunicazioni elettroniche dell’offerta fortemente asimmetrica rispetto a quelle americane. Abbiamo aperto un mercato, ma forse le imprese europee non sono in grado di sostenerlo e quelle italiane ancor meno. Al fine di attuare le giuste politiche, è necessario comprendere quali siano gli obiettivi che si vuole raggiungere. La concorrenza non è un valore in sé, va valutata a seconda del contesto. 22 L R S Reti e servizi convergenti: uno sguardo agli scenari futuri dell'industria delle comunicazioni elettroniche 23 L R S