Scheda - paese Francia
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Scheda - paese Francia
Raisebericht Relevant Issue for Social Europe. Benchmark and Research Implemented and Coordinated by the use of High Technologies Le relazioni industriali in Francia 1) La Francia in cifre: popolazione: 65.633.194 (Eurostat 2013) popolazione attiva: 29,6 milioni (2012) di cui 3,8 % nel settore agricolo, 24.3% nell’industria e 71,8% nei servizi(2005) tasso di copertura della contrattazione collettiva: 98% tasso di affiliazione sindacale: 8% tasso di affiliazione alle associazioni datoriali: circa il 55% (stima) Previsioni crescita PIL 2013: -0,2% (FMI) PIL pro capite: 106,6 (EuroFound 2012)* * il PIL pro capite è calcolato come indice standardizzato in cui la media europea è posta uguale a 100 Retribuzione annuale lorda: 36.155 € (Eurostat 2010) Differenziali salariali di genere: 24.5% (EuroFound 2012) Salario minimo mensile : 1,425.67 € (luglio 2012) 2)Dati occupazionali: Tab.1 Tassi di occupazione e disoccupazione disaggregati per genere e fascia d’età Pop 15-65 maschile femminile Giovani 15-24 Tasso di occupazione* 64,1 68,1 60,2 28,5 Confronto Media europea* 64,2 69,6 58,7 32,7 Tasso di disoccupazione** 11,0 10,1*** 10,4*** 25,4 Confronto Media europea** 11,0 10,4*** 10,5*** 23,2 *dati OCSE quarto trimestre 2012 **dati EUROSTAT aprile 2013 ***dati EUROSTAT 2012 Testi a cura di Umberto Bettarini Supervisione a cura di Fabio Ghelfi. Pubblicazione a cura del Dipartimento Internazionale CGIL Lombardia [email protected] viale Marelli 497, Sesto San Giovanni 1/14 3) Struttura produttiva: La Francia è un modello dirigista di economia, con un forte ruolo regolatore dello stato. Negli ultimi anni, tuttavia i processi di integrazione europea, la globalizzazione e processi di liberalizzazione e di ritiro progressivo dello stato, avvenuti contemporaneamente in tutti i paesi occidentali, hanno contribuito a un’apertura del modello e a profonde trasformazioni socioeconomiche. Ciò ha portato a una massiccia campagna di privatizzazioni tra le grandi imprese di importanti settori come quello bancario e assicurativo. Tuttavia lo stato resta ad oggi il più grande datore di lavoro del paese, con una considerevole influenza in settori chiave come quello dell’energia, in cui la Francia è una delle principali esportatrici d’Europa, quello dei trasporti e quello della difesa. Per quanto riguarda la struttura produttiva va detto che il prodotto interno loro francese è fortemente spinto dal settore terziario, che è il vero e proprio motore dell’economia. Questo, infatti, incide sul PIL per ben il 79,8%, a fronte di un modesto 18,3% derivante dall’settore industriale. In particolare, il settore del turismo è ad oggi uno dei più sviluppati d’Europa, con il maggior numero di strutture recettive di tutto il continente. Inoltre, grande rilevanza coprono il settore delle telecomunicazioni, con Alacatel e Telecom France, quello del commercio (Carrefour) e quello della finanza. Per quanto riguarda l’agricoltura, invece, questa incide sul PIL per ben l’1,9%, un dato estremamente importante se si pensa che la Francia è il primo paese in Europa per produzione di cereali, e il secondo per produzione vinicola. Il settore agricolo, infatti, riesce ad attrarre una buona fetta del mercato del lavoro nelle aree agricole e periferiche del paese. L’industria, invece, si concentra principalmente intorno alla regione di Parigi, nella regione alsaziana e in quella di Lione. Il settore energetico è indubbiamente uno degli elementi chiave dell’economia del paese. La Francia, infatti, è uno dei principali esportatori europei nel campo dell’energia e nella raffinazione del greggio, in particolare grazie alle imprese multinazionali come GDF Suez, ELF e Total, dei veri e propri colossi nei loro rispettivi settori. Molto importante è, inoltre, la produzione di energia attraverso le fonti rinnovabili, che raggiunge livelli ben al di sopra della media europea. Infine, fa da traino all’economia del paese il settore automobilistico, con la triade composta da Renault, Citroën e Peugeot, che contribuisce a rendere la Francia il terzo esportatore al mondo nel mercato dell’auto. 4) Caratteristiche istituzionali La Francia è una repubblica costituzionale a regime parlamentare semi-presidenziale. Uno stato caratterizzato da un forte accentramento amministrativo che, però, a partire dal 2003 ha introdotto diverse forme di decentramento. Con la riforma costituzionale del 1958 e l’avvento della cosiddetta quinta repubblica, il potere esecutivo ha assunto una certa prevalenza rispetto a quello legislativo. Inoltre, l’introduzione del voto diretto al Presidente della repubblica, a partire dal 1962, ne ha sensibilmente ampliato i suoi poteri. Il Presidente, infatti, detiene il diritto di sciogliere l'Assemblea Nazionale, il diritto di indire i referendum, il potere di nominare il Primo Testi a cura di Umberto Bettarini Supervisione a cura di Fabio Ghelfi. Pubblicazione a cura del Dipartimento Internazionale CGIL Lombardia [email protected] viale Marelli 497, Sesto San Giovanni 2/14 ministro. Inoltre, determina e dirige la politica del governo e detiene potere di agenda, avendo la possibilità di stabilire i 3/4 degli ordini del giorno da presentare all’Assemblea Nazionale. La Francia ha un sistema parlamentare caratterizzato da un bicameralismo sbilanciato con due camere dai poteri asimmetrici: l’Assemblea Nazionale e il Senato. Quest’ultimo ha competenze molto limitate ed è in posizione di inferiorità rispetto all’altra camera. L’assemblea Nazionale, infatti, oltre ad occuparsi della gran parte delle materie, ha prevalenza in caso di disaccordo tra le due camere. Dal punto di vista amministrativo, la Francia è suddivisa in 27 regioni, a loro volta suddivise in 101 arrondissements (dipartimenti). Inoltre, il territorio francese comprende 5 dipartimenti d’oltremare, territori che fanno parte dello stato francese, ma che si trovano al di fuori dell’Europa. Questi rappresentano l’ultimo retaggio del passato coloniale del paese transalpino. Dal punto di vista politico, gli ultimi anni hanno segnato una rottura con il precedente decennio. Infatti, le elezioni presidenziali del 2012, avvenute in contemporanea con le elezioni dell’Assemblea nazionale, hanno visto una chiara vittoria delle forze di centro-sinistra, le quali godono di una chiara maggioranza nell’Assemblea Nazionale, oltre che della presidenza della repubblica, guidata dal socialista Hollande. Infine, va detto che la forte impostazione dirigista e il tradizionale accentramento statale, hanno avuto effetti importanti sull’economia del paese e in particolare sulle relazioni industriali. Come vedremo meglio in seguito, infatti, il ruolo dello stato è centrale nello sviluppo delle relazioni industriali, e i rapporti tra le parti sociali, più che essere orientati alla stipula di accordi, sono volti a far pressione sulle istanze governative. Da questo aspetto deriva la forte propensione ad organizzare scioperi e manifestazioni sindacali, da una parte, e dall’altra la forte capacità di lobbyng portata avanti con costanza dalle organizzazioni imprenditoriali francesi. 5) Parti sociali 5.1 Sindacato La Francia è uno dei paesi con i tassi di iscrizione sindacali più bassi d’Europa, pari all’8% dei lavoratori. Un dato che è calato progressivamente nel tempo fino a stabilizzarsi all’inizio degli anni 90. In termini assoluti questi dati vogliono dire poco più di 1.800.000 lavoratori iscritti ad un’organizzazione sindacale. A questi lavoratori si devono aggiungere le oltre 400.000 persone che sono iscritte pur non essendo occupate, in quanto hanno da poco perso il lavoro. Nonostante questi dati, la presenza sindacale in azienda è piuttosto elevata. Nel 2005, infatti, il 39,8% dei lavoratori ha affermato di avere una rappresentanza sindacale nel proprio luogo di lavoro e il 54,9% di averla all’interno del proprio gruppo industriale. Questo fattore è spesso chiamato il paradosso francese: a tassi di sindacalizzazione estremamente ridotti, infatti, fa fronte un discreto radicamento sindacale in azienda, con un elevato tasso di presenza delle rappresentanze dei lavoratori nei luoghi di lavoro. La tabella qui sotto mostra chiaramente questo paradosso. La Francia, infatti, se si colloca all’ultimo posto rispetto ai tassi di sindacalizzazione, Testi a cura di Umberto Bettarini Supervisione a cura di Fabio Ghelfi. Pubblicazione a cura del Dipartimento Internazionale CGIL Lombardia [email protected] viale Marelli 497, Sesto San Giovanni 3/14 avanza al decimo posto in Europa rispetto alla percentuale di gruppi industriali in cui è presente una rappresentanza dei lavoratori. Fig.1 Tasso di sindacalizzazione e tasso di imprese che posseggono una rappresentanza sindacale Questo paradosso francese deriva da due fattori principali: da un lato il forte grado di pluralismo sindacale, dall’altro il sistema istituzionale che regola le relazioni industriali nei luoghi di lavoro. Il Testi a cura di Umberto Bettarini Supervisione a cura di Fabio Ghelfi. Pubblicazione a cura del Dipartimento Internazionale CGIL Lombardia [email protected] viale Marelli 497, Sesto San Giovanni 4/14 modello Francese, come vedremo meglio successivamente, è un sistema di rappresentanza a canale duale. Le principali confederazioni sindacali, infatti, competono sui luoghi di lavoro per eleggere i propri rappresentanti in seno agli organismi di rappresentanza aziendali. Ciò fa si che buona parte della loro attività si concentri nei periodi elettorali per il rinnovo delle rappresentanze aziendali. Il sistema istituzionale francese, in particolare dopo la riforma del 2008, infatti, misura il peso delle organizzazioni sindacali, non tanto in base al numero degli iscritti, quanto al loro risultato elettorale nelle votazione per i rinnovi dei rappresentanti sindacali. La forte competizione tra le sigle sindacali, perciò, determina un’intensa campagna elettorale nei luoghi di lavoro che consente di incrementare la partecipazione elettorale, e accresce l’importanza delle rappresentanze dei lavoratori al fine di determinare i rapporti di forza tra le diverse sigle sindacali. Un altro elemento distintivo del sindacalismo francese è dato dal suo radicamento che si estende principalmente nel settore pubblico e nelle imprese a controllo pubblico. Come si può vedere dalla tabella qui sotto, infatti, i tassi di sindacalizzazione nelle imprese private raggiungono il 5% a fronte di un 15% nel settore pubblico. Va, inoltre, ricordato che in Francia l’attore pubblico rappresenta il principale datore di lavoro del paese. Ciò fa si che di 1.800.000 iscritti al sindacato, oltre un milione provenga dal settore pubblico. Tab. 2 Sindacalizzazione nelle imprese pubbliche e private nel 2005 e nel 1996 La tabella qui sotto, inoltre, mostra chiaramente come la sindacalizzazione avvenga principalmente nelle imprese di grandi dimensioni, lasciando quelle più piccole completamente sprovviste di organismi di rappresentanza sindacale. Se, infatti, la quasi totalità delle imprese con più di 500 dipendenti ha una presenza sindacale al proprio interno, questo dato si ribalta completamente nelle piccole imprese, dove il dato si attesta nettamente sotto il 20% per le imprese del settore pubblico, e cifre prossime allo zero nel settore privato. Testi a cura di Umberto Bettarini Supervisione a cura di Fabio Ghelfi. Pubblicazione a cura del Dipartimento Internazionale CGIL Lombardia [email protected] viale Marelli 497, Sesto San Giovanni 5/14 Fig. 2 Presenza sindacale nei luoghi di lavoro in base alla tipologia di impresa (2001-2005) Infine, l’ultimo elemento da mettere in luce rispetto all’insediamento sindacale è il dato della sindacalizzazione per tipologia contrattuale. Anche in questo caso, la tabella sotto riportata evidenzia un sindacato radicato tra i lavoratori alle dipendenze della pubblica amministrazione, che mantiene livelli medio-bassi tra i lavoratori con contratto a tempo indeterminato, per crollare tra le tipologie contrattuali atipiche. Testi a cura di Umberto Bettarini Supervisione a cura di Fabio Ghelfi. Pubblicazione a cura del Dipartimento Internazionale CGIL Lombardia [email protected] viale Marelli 497, Sesto San Giovanni 6/14 Tab. 3 Tasso di sindacalizzazione rispetto alla tipologia contrattuale Se fin ora abbiamo parlato principalmente delle caratteristiche della struttura di rappresentanza in Francia, occorre ora passare in rassegna i principali attori sindacali. Il sistema delle relazioni industriali francese è caratterizzato da una grande frammentazione sindacale. La divisioni sono principalmente basate su ragioni ideologiche, ma esistono anche linee di frattura basate sul tipo di professionalità da rappresentare. Infatti delle 5 confederazioni storicamente considerate rappresentative, CGT, CFDT, CGT-FO, CFTC e CFE-CGC, le prime quattro rappresentano il mondo del lavoro nella sua interezza, mentre l’ultima, la CFE-CGC, rappresentano principalmente i quadri e i manager aziendali. La riforma sulla rappresentatività, promossa dal governo francese nel 2008, ha parzialmente mutato il quadro, dando la possibilità a tutte le sigle che a livello settoriale superano l’8% dei consensi elettorali, o che ottengano almeno il 10% su base aziendale, di diventare organizzazioni rappresentative. Sulla base di ciò, in alcuni settori e in alcune aziende, ricoprono un ruolo importante anche le confederazioni UNSA (l’Unione Nazionale dei Sindacati Autonomi) e SUD (Unione dei Sindacati Solidali). Queste ultime, tuttavia non sono riuscite a superare l’8% di consensi a livello nazionale, necessari per essere considerate come delle organizzazioni rappresentative. Tab. 4 rappresentatività sindacale (periodo 2012) organizzazione % voti 26.77 CGT 26.00 CFDT 15.94 CGT-FO 9.43 CFTC 9.30 CFE-CGC Fonte ministero francese Come si può notare dalla tabella riportata in alto la confederazione sindacale più rappresentativa è la CGT (Confederazione Generale del Lavoro), anche se in forte calo rispetto ai dati riferiti al Testi a cura di Umberto Bettarini Supervisione a cura di Fabio Ghelfi. Pubblicazione a cura del Dipartimento Internazionale CGIL Lombardia [email protected] viale Marelli 497, Sesto San Giovanni 7/14 2008, che la vedevano primeggiare con il 34% dei consensi. La CGT risulta, inoltre, essere quella con il maggior numero di iscritti. Questa organizzazione ha una lunga tradizione sindacale, caratterizzata da una stretta vicinanza con il partito comunista francese. La seconda forza del paese, invece, la CFDT (Confederazione Democratica Francese dei Lavoratori), si ispira ai principi del sindacalismo democratico di stampo cattolico. Infine, CGT-FO (Confederazione Generale del lavoro- Forza Operaia) è nata nel 1947, da una scissione in chiave riformista rispetto alle posizioni della CGT. Tutte e tre queste centrali sindacali sono organizzate attraverso una struttura confederale strutturata sia a livello territoriale che a livello nazionale. Tab.5 schema riassuntivo delle principali organizzazioni sindacali francesi Sigla Nome completo CGT CFDT CGT-FO CFTC CFE–CGC Derivazione ideologica Confederazione generale del lavoro Confederazione democratica francese del lavoro CGT - Potere operaio Confederazione cristiana dei lavoratori francesi Origini comuniste Origini cristiano –democratiche, riformisti Dissidenti riformisti della CGT Dissidenti della CFDT quando questa ha in parte abbandonato le sua natura confessionale Confederazione generale dei manager e dei Confederazione di mestiere quadri Data di fondazione 1895 1919 1948 1964 1944 5.2 Associazioni datoriali Contrariamente a quanto si è detto per il tasso di sindacalizzazione, in Francia il numero di imprese iscritte ad una organizzazione di rappresentanza mostra livelli tra i più alti in Europa. Nonostante manchino dati certi sul numero di imprese iscritte a queste associazioni datoriali, si può affermare con certezza che MEDEF (Mouvement des Entreprises de France) sia, ad oggi, la più grande centrale di rappresentanza datoriale. Questa confederazione, nata nel 1998 sulle ceneri della CNPF (Conseil national du patronat français), attraverso una struttura organizzata territorialmente, rappresenta tutte le imprese con più di 10 dipendenti senza distinzioni geografiche e settoriali. Oltre alla MEDEF ci sono altre due grandi confederazioni datoriali: la CGPME (Confédération Générale des Petites et Moyennes Entreprises) rappresenta gli interessi specifici delle imprese medio-piccole, e l’UPA che rappresenta le imprese del settore artigianale. In questi anni sono in corso tentativi di unificazione tra MEDEF e CGPME, al fine di accrescere il potere di queste due organizzazioni, provando a rappresentare in maniera più unitaria il mondo delle imprese. 5.3 Per saperne di più: declino rappresentanza sindacale http://travail-emploi.gouv.fr/IMG/pdf/2008.04-16.1-2.pdf Testi a cura di Umberto Bettarini Supervisione a cura di Fabio Ghelfi. Pubblicazione a cura del Dipartimento Internazionale CGIL Lombardia [email protected] viale Marelli 497, Sesto San Giovanni 8/14 attori delle relazioni industriali http://www.cee-recherche.fr/fr/rapports/70-organisations-patronales-mutations-formesrepresentation-patronat.pdf http://www.worker-participation.eu/National-IndustrialRelations/Countries/France/Trade-Unions http://www.eurofound.europa.eu/eiro/country/france_3.htm http://travail-emploi.gouv.fr/espaces,770/dialogue-social,2173/dossiers,2178/larepresentativite-des-syndicats,1310/actualite-presse,42/breves,2137/mesure-d-audiencede-la,16109.html 6) Sistema della rappresentanza e caratteristiche della contrattazione collettiva 6.1 Rappresentanza aziendale La rappresentanza aziendale nelle imprese francesi è piuttosto articolata, in quanto convivono all’interno della stessa impresa diverse figure che rappresentano i lavoratori a vario titolo e con funzioni differenziate. La Francia, infatti, ha un modello di rappresentanza di tipo duale in cui coesistono il canale di rappresentanza prettamente sindacale e quello espressione diretta dei lavoratori. In realtà il canale di rappresentanza sindacale è prevalente, in quanto i rappresentanti dei lavoratori sono spesso scelti a partire da liste sindacali e, inoltre, il potere negoziale rimane esclusivamente in capo alle rappresentanza sindacali. A partire dal 1968, lo stato francese ha riconosciuto alle confederazioni sindacali rappresentative a livello nazionale, la possibilità di nominare dei delegati sindacali (délégués syndicaux), che avessero il compito di monitorare le condizioni di lavoro e negoziare gli accordi collettivi a livello aziendale. Fino all’entrata in vigore della riforma sulla rappresentanza del 2008, erano rappresentativi 5 sindacati. Le altre sigle potevano comunque nominare propri rappresentanti, che godevano degli stessi diritti delle altre confederazioni, pur senza avere titolarità negoziale. Ora, invece, il quadro risulta più articolato e per essere considerate come rappresentative, le organizzazioni sindacali devono dimostrare di possedere alcuni requisiti stabiliti dal legislatore (si veda ultimo paragrafo). Nel 2006, il 62,9% delle imprese con più di 50 dipendenti aveva al suo interno almeno un delegato sindacale. Un dato in aumento rispetto alle rilevazioni degli anni precedenti, che si spiega considerando che nel tempo il ruolo della contrattazione collettiva a livello aziendale è diventato preminente. Inoltre, le organizzazioni sindacali, hanno la facoltà di costituire delle sezioni sindacali a livello aziendale. Queste godono di una serie di tutele normative e alcune risorse specifiche, che consentono loro di riunire i propri iscritti e organizzare efficacemente l’attività sindacale a livello di sito produttivo. A fianco dei delegati e delle sezioni sindacali, ci sono altri due organismi di rappresentanza a livello aziendale: I comitati d’impresa (comité d’entreprise) e i delegati del personale (Délégués du personnel). Entrambi sono organismi di rappresentanza dell’intera forza lavoro ed hanno prerogative e ambiti d’azione differenziati. È, tuttavia, possibile che questi incarichi siano ricoperti dagli stessi individui, anche se di norma i due ruoli sono svolti da persone differenti. Inoltre, nelle Testi a cura di Umberto Bettarini Supervisione a cura di Fabio Ghelfi. Pubblicazione a cura del Dipartimento Internazionale CGIL Lombardia [email protected] viale Marelli 497, Sesto San Giovanni 9/14 imprese con più di 200 dipendenti è possibile, previo accordo, unificare queste due figure all’interno di un organismo chiamato delegazione unica del personale (Délégation unique du personnel). Per quanto riguarda i comitati d’impresa, questi sono stati introdotti già a partire dal 1945. In base ai dispositivi normativi, nelle imprese con più di 50 dipendenti vige, infatti, l’obbligo di instituire questi comitati, che devono essere rappresentativi dei lavoratori, del management e delle strutture sindacali. I comité d’entreprise sono responsabili dell’attuazione di misure di welfare aziendale, delle programmazione delle attività culturali e formative, e possono essere consultati rispetto ad iniziative di riorganizzazione aziendale, pur senza avere un reale potere negoziale. Questi, inoltre, sono tenuti ad essere periodicamente informati sulla situazione economica aziendale e sulle principali scelte gestionali. I delegati del personale, invece, hanno la funzione di raccogliere tutti i reclami dei lavoratori rispetto alla gestione d’impresa e di monitorare il rispetto delle normative e degli accordi collettivi da parte dell’azienda. Questi delegati, sono eletti da tutta la forza lavoro nelle imprese con più di 10 dipendenti. Infine, nelle imprese francesi sono presenti dei delegati dei lavoratori che si occupano di monitorare le condizioni di lavoro rispetto al tema della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. Per quanto riguarda le risorse a disposizione dei rappresentanti dei lavoratori, va segalato che esistono diverse ore di permesso sindacale per ogni membro nei diversi organismi di rappresentanza (eccetto per i membri delle sezioni sindacali, i quali hanno a disposizione delle ore di permesso solo nelle fasi che precedono le negoziazioni con il management aziendale). Queste ore di permesso sono cumulabili, fino ad un massimo di 55 ore annue, se il singolo rappresentante ricopre diversi ruoli nei vari organismi. Inoltre, le sezioni sindacali hanno diritto, nelle imprese con più di 200 dipendenti, a una stanza comune dove organizzare le riunioni, mentre, nelle imprese con oltre 1000, hanno diritto ad una sala riunioni per ciascuna organizzazione sindacale. Un'altra importante risorsa a disposizione delle rappresentanze aziendali è l’utilizzo di esperti, pagati a spese dell’azienda, che possono coadiuvare l’attività sindacale. Sono, infine, previste forme di tutela dei vari rappresentanti sindacali e dei lavoratori rispetto ai licenziamenti individuali. Prima di procedere al licenziamento, infatti, l’azienda è tenuta a consultare gli organismi di rappresentanza aziendali. Inoltre, affinché il licenziamento sia legittimo deve esserci l’esplicito consenso dell’ispettorato locale del lavoro. 6.2 Contrattazione collettiva In Francia sono legittimate a svolgere le trattative sindacali e a stipulare i contratti collettivi esclusivamente le organizzazioni che siano in possesso del requisito della rappresentatività. Fino al 2008 tale requisito era presunto in capo alle organizzazioni sindacali storiche indicate da un decreto ministeriale del 1966, mentre gli altri sindacati erano tenuti a dimostrarne il possesso tramite il ricorso a cinque diversi criteri. Come vedremo meglio nell’ultimo paragrafo, questo meccanismo aveva creato alcune storture, per cui nel 2008 si è reso necessario l’intervento del legislatore che ha introdotto nuovi criteri per raggiungere lo status di organizzazione rappresentativa. Tale riforma, inoltre, ha determinato che per validare un accordo collettivo sia necessaria la compresenza di due diversi fattori. Innanzitutto è necessario che questo sia sottoscritto dalle organizzazioni sindacali che abbiano Testi a cura di Umberto Bettarini Supervisione a cura di Fabio Ghelfi. Pubblicazione a cura del Dipartimento Internazionale CGIL Lombardia [email protected] viale Marelli 497, Sesto San Giovanni 10/14 complessivamente ottenuto, nel livello in cui si sta contrattando, almeno il 30% dei consensi elettorali. Inoltre, non deve essere formalmente osteggiato dai sindacati che nel loro complesso abbiano ottenuto la maggioranza assoluta dei voti alle medesime elezioni. Una volta stabilità la legittimità dell’accordo collettivo esso si estende a tutti i dipendenti delle imprese iscritte all’organizzazione datoriale stipulante, a prescindere dall’appartenenza sindacale del lavoratore. L’efficacia di tale contratto collettivo, inoltre, può essere estesa a tutti i lavoratori del settore, attraverso l’intervento dell’attore pubblico, sulla base di una precisa procedura prevista dalla legge. Tale pratica è una prassi molto diffusa in Francia, ed è proprio per questa ragione che il tasso di copertura della contrattazione collettiva sia aggira intorno al 98%. Per quanto riguarda la gerarchia tra i vari livelli negoziali, infine, la Francia è tradizionalmente un paese dal chiaro ordinamento piramidale con un ruolo di primo piano dell’attore legislativo. Gli altri livelli sono organizzati in base al principio dell’accordo più favorevole nei confronti del lavoratore. In caso di conflitto tra i diversi livelli di contrattazione, infatti, vige la regola che si applica l’accordo che garantisce le migliori condizioni lavorative. Tuttavia, negli ultimi anni si sta assistendo a una progressiva decentralizzazione della contrattazione collettiva che sta portando all’introduzione di clausole di flessibilizzazione degli accordi, che lasciano ampio spazio discrezionale agli accordi aziendali. In quest’ottica negli ultimi anni ha assunto un ruolo di primo piano la contrattazione aziendale. È, tuttavia, rimasta molto diffusa la contrattazione a livello settoriale, mentre è meno sviluppata quella a livello interconfederale. 6.3 Diritto di sciopero Il diritto di sciopero in Francia è costituzionalmente protetto. Tale diritto è esteso anche ai lavoratori pubblici, anche se è soggetto ad una legislazione più stringente, in cui sono previste delle modalità e delle tempistiche con cui dare preavviso. In tutti gli altri settori, invece, lo sciopero non è soggetto ad alcun periodo di preavviso e gli scioperanti possono liberamente sceglierne la durata. Lo sciopero è un diritto che appartiene a ogni singolo individuo; però, è necessario che venga esercitato collettivamente. Tuttavia, i sindacati non posseggono il monopolio sulle azioni di sciopero, in quanto per proclamare uno sciopero è sufficiente che un piccolo gruppo di lavoratori di un’impresa prenda l’iniziativa. Per essere legittimo lo sciopero deve avere fini occupazionali o professionali. L’uso di tale strumento per altri scopi, costituisce un abuso del diritto stesso. In pratica il problema dell’abuso di tale diritto, si ha solo nel caso di sciopero politico e sciopero di solidarietà. Lo sciopero politico, infatti, non ha come oggetto una problematica occupazionale o professionale, costituendo un abuso in quanto diretto contro lo stato. Ciò non significa che tutti gli scioperi che abbiano come obbiettivo quello di condizionare la politica governativa costituiscano un abuso. Gli scioperi nel settore privato contro una politica sociale ed economica che influenzi direttamente i salari e le condizioni di lavoro sono oggi giustificati, sebbene nel passato non lo fossero. Questo strumento è molto utilizzato dalle organizzazioni sindacali francesi, che spesso indicono giornate di sciopero per far pressione sul governo al fine di estendere erga omnes la contrattazione collettiva e per ottenere condizioni di lavoro più favorevoli. Infine, per quanto riguarda la serrata non esiste una legislazione specifica. Tuttavia la giurisprudenza francese la ammette, purché sia basata su una valida ragione professionale, come Testi a cura di Umberto Bettarini Supervisione a cura di Fabio Ghelfi. Pubblicazione a cura del Dipartimento Internazionale CGIL Lombardia [email protected] viale Marelli 497, Sesto San Giovanni 11/14 ad esempio una risposta ad uno sciopero illegale, allo scopo di preservare la salute e la sicurezza di altri lavoratori. 6.4 Relazioni tripartite Il ruolo dirigista dello stato francese fa si che l’azione tripartita nelle relazioni industriali non sia molto sviluppata. Pur esistendo diversi tavoli in cui le parti sociali puntano ad influenzare l’azione governativa, in questi momenti di confronto il ruolo dello stato resta estremamente dominante. Il principale tra questi luoghi di incontro, a livello nazionale, è rappresentato dal CESE (Conseil économique, social et environmental). Questo organismo è composto dai rappresentanti dei datori di lavoro, dei sindacati e delle principali associazioni portatrici di interessi, come l’associazione dei consumatori, ecc.. Tuttavia, nonostante la frequenza degli incontri e il constante sforzo delle parti per cercare di influenzare la politica governativa, questo organismo, il più delle volte, diventa un luogo il cui il governo spiega alle parti sociali le ragioni del suo operato, più che un vero tavolo negoziale. 6.5 Per saperne di più: diritto di sciopero https://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=2&ved=0CDcQFjAB&url=http% 3A%2F%2Fwww.etui.org%2Fcontent%2Fdownload%2F2548%2F27833%2Ffile%2F&ei=COLqUZvYFo _34QSEjYCwCw&usg=AFQjCNGXJ1xZRUrWBAVqnIeCFfrrj9PMjw&bvm=bv.49478099,d.bGE rappresentanza aziendale http://www.worker-participation.eu/National-Industrial-Relations/Countries/France/WorkplaceRepresentation http://www.eurofound.europa.eu/eiro/country/france_4.htm contrattazione collettiva http://www.worker-participation.eu/National-Industrial-Relations/Countries/France/CollectiveBargaining http://www.nelmerito.com/index.php?option=com_content&task=view&id=1306&Itemid=67 7) Tendenze recenti e problemi aperti: LE RIFORME SULLA RAPPRESENTATIVITA’ Il quadro normativo sulle relazioni industriali francese è in una fase di profonda trasformazione. Da sempre l’apparato giuridico che ha retto l’articolato sistema di rapporti tra le parti sociali è stato caratterizzato da un altissimo grado di definizione delle regole e delle procedure atte a individuare i soggetti legittimati a sedersi al tavolo delle trattative, l’efficacia della contrattazione collettiva, le modalità di rappresentanza aziendale, il rapporto tra i diversi livelli negoziali. Testi a cura di Umberto Bettarini Supervisione a cura di Fabio Ghelfi. Pubblicazione a cura del Dipartimento Internazionale CGIL Lombardia [email protected] viale Marelli 497, Sesto San Giovanni 12/14 Questo sistema, se da un lato ha garantito l’estensione delle tutele contrattuali alla quasi totalità della forza lavoro, dall’altro è oggi in piena crisi di rappresentatività a fronte del crollo delle affiliazioni sindacali. Il complesso di norme, infatti, garantiva il requisito di rappresentatività a tutte e cinque le principali organizzazioni sindacali, a prescindere dai loro livelli di affiliazione, mentre le altre sigle, per ottenere tale riconoscimento, dovevano ricorrere alle vie giudiziarie dimostrando il possesso di alcune prerogative. Questo meccanismo, perciò, provocava una rendita di posizione da parte delle cinque sigle rappresentative, la quale ha fortemente disincentivato la partecipazione sindacale. Inoltre, l’accreditamento per via giudiziaria da parte delle sigle minori creava un aggravio dei costi procedurali e una crescita delle conseguenti controversie. Per queste ragioni nel 2008 il legislatore è intervenuto riformulando la legge sulla rappresentatività al fine di introdurre meccanismi finalizzati ad incentivare la partecipazione dei lavoratori all’attività sindacale e a conferire una maggiore legittimazione alle organizzazioni sindacali. Queste considerazioni hanno portato alla promulgazione della legge 2008 – 789, avente per oggetto la democrazia sociale e la riforma dell’orario di lavoro, la quale ha in parte recepito un precedente accordo interconfederale, siglato alcuni mesi prima. In primo luogo questa legge elimina la presunzione di rappresentatività che precedentemente era attribuita d’ufficio alle 5 organizzazioni principali. Ora ogni sigla sindacale che vuole ottenere lo status di organizzazione rappresentativa è costretta a dimostrare di possedere alcuni requisiti: rispetto dei valori repubblicani, indipendenza, una gestione finanziaria trasparente, un adeguato numero di iscritti, un adeguato numero di voti ottenuti alle elezioni degli organi di rappresentanza dei lavoratori, un’adeguata influenza sui lavoratori iscritti. Inoltre, come abbiamo visto in precedenza (par 6.2), la legge è intervenuta per modificare le regole sulla validità del contratto collettivo, legandole al valore elettorale delle sigle stipulanti. Infine, il legislatore ha introdotto una modifica dei rapporti tra i diversi livelli negoziali, attribuendo alla contrattazione decentrata la possibilità di derogare in peggio alcune delle clausole contenute nel contratto nazionale. La legge, inoltre, ha riservato ai contratti aziendali la possibilità di regolare in via esclusiva alcune materie specifiche, sulle quali il contratto nazionale può intervenire solo in via suppletiva. In pratica questa riforma ha riformulato i criteri per la rappresentatività e per la validità dei contratti collettivi, intervenendo al fine di ridurre le controversie e di fornire un quadro che stimoli i sindacati a cercare di allargare il proprio numero di iscritti. Parallelamente, la legge è intervenuta per decentrare il sistema contrattuale, incrementando le prerogative del contratto aziendale, il quale ora ha la possibilità di derogare in peggio alcune materie contenute nel contratto collettivo nazionale. Oltre a questa riforma, in questi mesi il governo sta vagliando l’ipotesi di intervenire nuovamente sul mercato del lavoro e sulle relazioni industriali, attraverso l’emanazione di una legge che ricalchi le orme di un recente accordo interconfederale siglato l’11 gennaio 2013 senza la firma della CGT e di Force Ouvrière. L’accordo, denominato “Per un nuovo modello economico al servizio della competitività, per una stabilizzazione dell’impiego e dei percorsi professionali”, ha creato una forte spaccatura nel mondo sindacale francese. Questo prevede regole più facili per il licenziamento collettivo e introduce delle misure di mobilità interna ed esterna con le quali è possibile impiegare temporaneamente il lavoratore in un altro stabilimento dell’azienda. A fronte di questo aumento della flessibilità, l’accordo introduce alcuni elementi di welfare aziendale nelle imprese con più di 50 dipendenti, la limitazione dell’utilizzo del part-time, l’implementazione delle misure formative per i lavoratori che perdono il lavoro. Testi a cura di Umberto Bettarini Supervisione a cura di Fabio Ghelfi. Pubblicazione a cura del Dipartimento Internazionale CGIL Lombardia [email protected] viale Marelli 497, Sesto San Giovanni 13/14 In un clima di forte contrapposizione con la CFDT, il principale sindacato francese, la CGT, ha giudicato le misure contenute nell’accordo come inique. Inoltre, la CGT ha dichiarato che le contropartite date in cambio di una maggiore flessibilità non sono sufficienti, e che questo accordo contribuisce complessivamente a peggiorare le condizioni di lavoro in Francia. In generale, queste riforme mostrano come le relazioni industriali francesi si stiano evolvendo verso un modello meno dirigista e centralizzato. È, infatti, evidente come lentamente, la forte regolazione centralistica stia lasciando il posto ad un sistema via via più decentrato con un evidente aumento della flessibilità. Questi cambiamenti, tuttavia, non sono indolore e vedono la ferma opposizione di alcune componenti sindacali, oltre che di una buona parte dei lavoratori. Resta evidente, quindi, come dall’esito di questa contrapposizione si struttureranno i futuri scenari delle relazioni industriali in Francia e si determinerà la portata reale di tale processo di cambiamento. 8) Link utili: Report sulla Francia http://www.eurofound.europa.eu/eiro/country/france.htm http://www.worker-participation.eu/National-Industrial-Relations/Countries/France profilo economico della Francia http://www.indexmundi.com/france/economy_profile.html posizione CGT sull’accordo interconfederale http://www.cgt.fr/Des-avancees.html legge 2008 - 789 http://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=JORFTEXT000019347122 Testi a cura di Umberto Bettarini Supervisione a cura di Fabio Ghelfi. Pubblicazione a cura del Dipartimento Internazionale CGIL Lombardia [email protected] viale Marelli 497, Sesto San Giovanni 14/14