Gli strumenti per l`identificazione delle fonti di rischio
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Gli strumenti per l`identificazione delle fonti di rischio
Gli strumenti per l’identificazione delle fonti di rischio Pier Giovanni Bresciani Presidente SIPLO Docente di Progettazione Formativa Facoltà di Psicologia, Università di Bologna OGGETTO DELL’INTERVENTO Gli strumenti per la identificazione delle fonti di rischio ‘L’informazione è nell’ascolto’ Significa che l’informazione (e cioè la interpretazione dei dati) si genera a partire da una ‘teoria’ (implicita o esplicita) e/o da un modello di funzionamento che si assume a riferimento, che orienta/definisce che cosa è lo stress, e che cosa e come occorre osservare per individuarne cause ed effetti, e quindi proporvi rimedi. Gli ‘occhiali’ delle nostre teorie e dei nostri modelli decidono quindi, nel nostro caso: 1. LE DIMENSIONI DEL FENOMENO ‘STRESS LAVORO-CORRELATO’ 2. I TIPI DI DATI DA RACCOGLIERE E LE RELATIVE FONTI 3. GLI STRUMENTI DA UTILIZZARE E LE MODALITA’ DI USO ALCUNI ESEMPI DI TEORIE-MODELLI SULLO SLC 1. Il modello del benessere psicologico e del c.d. ‘effetto-vitamina’ dei fattori di rischio psicosociale elaborato da P.Warr, che assume riferimenti dal modello P-E-F (Person-EnvironmentFit) dei ricercatori dell’Università del Michigan e dalle riflessioni di Marie Jahoda sul significato del lavoro 2. Il modello D-C (Demand-Control) di R.Karasek e T.Theorell, successivamente integrato nel modello D-C-S (Demand-Control-Support) fino ai più recenti sviluppi della teoria S-D-T (StressDisequilibrium-Theory) 3. Il modello E-R-I (Effort-Reward-Imbalance) di J.Siegrist 4. Il modello D-R (Demands-Resources) di Bakker, Demerouti, Schaufeli 5. Il modello D-I-S-C (Demand-Induced-Strain-Compensation: corrispondenza tra domande, risorse e tipi di strain) di De Jonge e Dormann ALCUNI ESEMPI ‘CLASSICI’ DI TEORIE-MODELLI SULLO SLC Ogni modello propone una propria interpretazione della ‘dinamica’ del processo che induce strain Ciascun modello ‘costringe’, sulla base dei suoi concetti di base, della sua ‘logica’ e ‘dinamica’, a valutare alcuni aspetti dell’ambiente di lavoro, ignorandone - o sottovalutandone - altri. Alcuni modelli (es. Karasek, Siegrist) individuano dimensioni di stress che ‘tagliano’ trasversalmente i diversi tipi di occupazione e di organizzazioni lavorative: il che è vantaggio e limite. Alcuni modelli si concentrano sugli esiti negativi dello stress (malattia cardiovascolare, burnout, sintomi psicosomatici, etc.) e trascurano gli esiti positivi dell’esperienza di lavoro: ma evitare esiti negativi non significa aumentare le esperienze positive, necessarie per motivazione, proattività, assunzione di responsabilità, etc., in particolare nelle organizzazioni e nei mercati del lavoro emergenti (cfr. anche la ‘classica’ distinzione tra fattori ‘igienici’ e fattori ‘motivanti’ del lavoro di F.Hertzberg) OLTRE I MODELLI, LE ALTRE DIMENSIONI IN GIOCO La riflessione sui modelli si colloca sullo sfondo (consapevole o meno, ma sempre ‘attivo-agente’) di due elementi dei quali occorre avere consapevolezza in relazione alla valutazione dello SLC: 1. Un elemento ‘specifico e concreto’ 2. Un elemento ‘generale e culturale’ si tratta di una pratica nuova comporta un costo aggiuntivo per le imprese la questione SLC è parte di una più generale ‘cultura del lavoro e del management’ da parte dell’impresa (così come degli altri soggetti coinvolti) inizialmente, aggiunge complessità alla analisi-diagnosi dei problemi organizzativi in base alla quale si attribuisce ‘un senso ed un peso’ determinati alla questione SLC aumenta la complessità relazionale e la ‘implicazione’ di diversi stakeholders genera aspettative di intervento in carico alle imprese implica la necessità per le imprese di orientarsi in un mercato della offerta di servizi di valutazione sostanzialmente nuovo, non ancora trasparente, e con uno squilibrio D/O che può generare il tipo effetto di mercato ‘supply driven’ in base alla quale la valutazione dei rischi viene percepita come costo piuttosto che come investimento in base alla quale la valutazione dei rischi viene percepita come occasione di apprendimento piuttosto che come atto dovuto e procedura da espletare in base alla quale la valutazione dei rischi viene percepita come una occasione di sviluppo partecipativo e di cittadinanza organizzativa piuttosto che come un rischio di ‘perdita di controllo’ monocratico sulla situazione LE ‘CULTURE’ CHE INFLUENZANO VALUTAZIONI E SCELTE CULTURA DEL LAVORO CULTURA DELLE RELAZIONI INDUSTRIALI CULTURA DEL MANAGEMENT AZIENDALE CULTURA DEL RISCHIO PSICO-SOCIALE E DELLO SLC • FATTORI RILEVANTI (organizzativi vs individuali) • METODI E STRUMENTI (automatici/standard vs su misura) • PROCESSO DI VALUTAZIONE (occasione di apprendimento vs adempimento formale; ciclo di gestione vs evento episodico) • MODALITÀ DI GESTIONE (partecipata vs «controllata») • PROSPETTIVA (investimento vs costo) La valutazione dei rischi psico-sociali nel lavoro: le fasi Il ‘primo ‘strumento’: il ‘ciclo di controllo’: • valutazione dei fattori di rischio in senso stretto • elementi di gestione Le fasi del ‘ciclo di controllo’ • Fase 0. Preventivo coinvolgimento e consenso di tutti gli stakeholders (dirigenza, lavoratori e loro rappresentanti, medico competente e tecnici della prevenzione, esperti con competenze necessarie sul tema dello stress e non presenti in azienda). • Fase 1. Individuare i pericoli e le persone a rischio. • Fase 2. Valutare e attribuire un ordine di priorità ai rischi. • Fase 3. Decidere le azioni preventive. • Fase 4. Intervenire con azioni concrete. • Fase 5. Controllo e riesame (la valutazione dei rischi dovrebbe essere periodicamente rivista per essere mantenuta aggiornata). Come misurare lo stress lavoro-correlato in relazione alla normativa attuale Non esiste lo strumento. E’ più semplice dire cosa non è utile fare per misurare bene il rischio da stress lavoro-correlato. Ad esempio, non è utile: 1) 2) 3) 4) confondere la valutazione dello stressor con quella degli effetti dello stress valutare soltanto lo stressor valutare soltanto la percezione dello stressor affidarsi a una singola rilevazione puntuale (conta il sistema di gestione dei rischi) Esistono strumenti molto diversi. Ciascun consulente tende a presentare il proprio come migliore. Ciò che conta è: la validità dimostrabile l’attendibilità dimostrabile il riferimento a un modello scientificamente riconosciuto L’INTRODUZIONE DELLA VALUTAZIONE DEL SLC COME FATTORE POTENZIALE DI SLC Il problema è reale: le imprese vanno aiutate ad affrontare con efficacia questo nuovo ‘processo di lavoro’ (pensarlo, progettarlo, pianificarlo, strumentarlo, realizzarlo, gestirlo, valutarlo) Le imprese vanno rispettate, anche evitando di ‘colludere’ con la comprensibile richiesta di riduzione/ eliminazione di costi, tempi, energia, complessità. Occorrono certamente semplicità/accessibilità, gestibilità, orientamento all’efficacia, orientamento all’efficienza: ma come è accaduto in questi anni per la introduzione di modelli di gestione e sviluppo del personale ‘per competenze’ e come è accaduto per la formazione professionale e manageriale il rischio è che tutto questo si traduca in una domanda ‘irrealistica’ di semplificazione, brevità, riduzione relazionale, ‘automatizzazione’ della procedura di analisi, banalizzazione della attività di interpretazione dei dati, ‘anestetizzazione’ della diagnosi e quindi anche degli interventi potenzialmente correttivi. Ciò che occorre è una soluzione, NON una assoluzione. D’altra parte, qui siamo: ‘hic Rodus, hic salta’. PER UNA NUOVA ‘CULTURA’: CHE COSA SERVE PER FARE TUTTO QUESTO • abbiamo bisogno di strutture di servizio ‘prossime’ alle imprese che possano operare quali ‘organizzatori della domanda’ e ‘mediatori con l’offerta’ • abbiamo bisogno di apparati teorici e tecnico-strumentali ‘consistenti’, validati scientificamente, attendibili, supportati da evidenze • abbiamo bisogno di un ‘metodo’e di una ‘logica’, e cioè di un ‘modo di intendere’ insieme ‘intelligente’ e ‘pertinente’ di quegli apparati, che ci consenta di adattarli, contestualizzarli, relativizzarli, etc. • abbiamo bisogno di un ‘processo’ completo di implementazione del ciclo di gestione dei fattori di rischio • abbiamo bisogno, alla fine, di una interpretazione dei dati che sia ‘intelligente’, contestuale, partecipata, condivisa • abbiamo bisogno di competenze e professionalità adeguate PER UNA NUOVA ‘CULTURA’: CHE COSA SERVE ANALOGIA CON IL MODELLO MEDICO-SANITARIO: • analisi di base • esami specialistici • dati e referto • valutazione finale del ‘medico di base’: che oltre ai fattori di rischio ed ai sintomi, conosce il paziente, il contesto, la storia, e sa attribuire il significato più pertinente ai dati, mettendoli in relazione tra loro IL PROCESSO DELLO STRESS Richieste del lavoro Percezione delle richieste Valutazione delle richieste percepite Risposta psico-fisica a breve termine Caratteristiche delle persone Sviluppo di strategie da stress IL FOCUS DELLA VALUTAZIONE: L’ANALISI DELLA RELAZIONE ‘STRESSOR–STRAIN’ Quali dati per la valutazione? Quali metodi per la raccolta dei dati? Fattori di rischio (Stressor) Forza della relazione Condizione di salute (Strain) LA VALUTAZIONE DEI RISCHI Analizza il livello di associazione tra stress e strain, ma non definisce la direzione di causalità Necessaria cautela interpretativa Importanza evidenze riscontrabili in letteratura Importanza indagini longitudinali Ricerca ‘applicata’: punto di equilibrio tra • • • • chiara impostazione teorica rogore metodologico capacità di offrire risposte concrete fondate empiricamente Offrire alle aziende: • una diagnosi affidabile e valida dei fattori di rischio • una proposta di intervento migliorativo fondata su riscontri empirici definiti LE FONTI DEI DATI I lavoratori (effetto degli stressor è mediato da loro esperienza e conoscenza del lavoro, etc.) - anche se: diffidenza tendenziale da parte delle aziende (che temono informazioni non attendibili, distorte) - cautela di alcuni specialisti salute occupazionale, che propendono per una valutazione basata su dati d’archivio, senza coinvolgimento diretto: es. assenze per malattia e turnover (‘indicatori grezzi’, ma che mostrano un rapporto non uni-lineare con gli effetti di strain; es. indicatore di strain nella fase economica attuale: intenzione di lasciare l’organizzazione piuttosto che turnover) QUESTIONI METODOLOGICHE Problema del ‘metodo comune’ (Spector): rischio di sovrastimare l’associazione tra stressor e strain se entrambi sono quantificati utilizzando lo stesso metodo, ad esempio intervistando stesso lavoratore. Ma pochi indicatori ‘oggettivi’ dall’ambiente di lavoro (indicatori ‘grezzi’ di strain) sono ottenibili in maniera agevole (Warr): retribuzione, numero attività richieste, velocità linea di lavoro, etc. Altri indicatori (es. controllo esercitato, conflitto, ambiguità di ruolo, etc.) sono indicatori ‘composti’ e molto variabili nei diversi contesti. QUESTIONI METODOLOGICHE Per questo, si ricorre a: • descrizioni self-report (descrizioni dell’ambiente psicosociale prodotte dal lavoratore stesso) • descrizioni fatte da osservatori esterni (es. colleghi, superiori, analisti-ricercatori, consulenti) Concordanza verificata su molti aspetti (specie quelli più ‘osservabili’): per cui si ritiene che la percezione soggettiva delle caratteristiche psicosociali del lavoro rispecchi da vicino la loro natura oggettiva (Warr, ma anche Karasek e Theorell, ed anche Siegrist: specialmente assumendo a riferimento il valore medio delle percezioni di gruppi omogenei di lavoratori). Ci sono evidenze empiriche al riguardo. TECNICHE, PROCEDURE, STRUMENTI PER LA RACCOLTA DEI DATI A. DISCUSSIONI E INTERVISTE B. QUESTIONARI STRUTTURATI C. TECNICHE OSSERVAZIONALI E DI ARCHIVIO Tecniche non alternative, ma da integrare TECNICHE, PROCEDURE, STRUMENTI PER LA RACCOLTA DEI DATI 1.DISCUSSIONI INFORMALI CON I LAVORATORI 1. Informazioni preziose, specie organizzazioni di piccola dimensione 2. Prima raccolta di idee su fattori di rischio persenti 3. Avvio di legittimazione su ruolo stress e sicurezza sue cause organizzative come tema ‘rilevante’ per salute- 4. Meglio condotte da membri interni (RSPP-RLS) piuttosto che consulenti esterni TECNICHE, PROCEDURE, STRUMENTI PER LA RACCOLTA DEI DATI 2.INTERVISTE FORMALI (semistrutturate, se pure con ‘spazi di libera espressione’; durata circa 30 minuti; ‘a saturazione’; soggetti eterogenei per caratteristiche). Tipi di informazioni: Esempio 1 (Cox et al.) a) descrizione del lavoro b) aspetti negativi del lavoro fonte di stress c) opinione su come quei fattori influenzano la salute di chi svolge quel lavoro d) opinione su cos è di aiuto per gestire i fattori di rischio Esempio 2 (Jeks: Brief Stress Assessment) a) le due fonti maggiori di stress del suo lavoro b) in quali modi lo stress impatta su di lei c) che cosa fa per fronteggiarlo d) che cosa fa la sua organizzazione per aiutala a fronteggiarlo TECNICHE, PROCEDURE, STRUMENTI PER LA RACCOLTA DEI DATI 3.INTERVISTE IN GRUPPO FOCALIZZATE (FOCUS GROUP) 1. Anche con finalità di pervenire ad un certo grado di consenso sui fattori di rischio salienti 2. Lavoratori omogenei per tipo di lavoro 3. Vantaggi: profondità; osservazione e contatto diretto del ricercatore 4. Problemi: competenze necessarie per efficace conduzione (requisiti; training) TECNICHE, PROCEDURE, STRUMENTI PER LA RACCOLTA DEI DATI 4. QUESTIONARI STRUTTURATI Come e ancora più degli altri strumenti, ‘esprimono’ le teorie e/o modelli assunti a riferimento dagli autori che li hanno elaborati. Sono insiemi di brevi affermazioni (item) per ognuna delle quali viene richiesto di scegliere uno specifico modello di risposta tra quelli forniti come disponibili Gli item riguardano: caratteristiche socio-anagrafiche e occupazionali (genere, classe di età, ruolo, eventualmente: inquadramento, area organizzativa, sede di lavoro) esposizione i maggiori fattori di rischio (scale con adeguate caratteristiche psicometriche, valide, attendibili) condizioni di salute psicofisica (scale con adeguate caratteristiche psicometriche, valide, attendibili) TECNICHE, PROCEDURE, STRUMENTI PER LA RACCOLTA DEI DATI 4. QUESTIONARI STRUTTURATI: UNA TIPOLOGIA Possiamo distinguere i questionari in relazione al loro ambito di analisi: 1. VALUTAZIONE DELLE FONTI DI STRESS riguarda principalmente strumenti di rilevazione dei fattori relativi all’organizzazione del lavoro (solo a titolo di esempio: OSI; WOAK) 2. VALUTAZIONE DELLO STRESS INDIVIDUALE riguarda principalmente strumenti di rilevazione delle condizioni di disagio individuali riconducibili al lavoro (solo a titolo di esempio: JCQ; ERI) 3. VALUTAZIONE DEGLI EFFETTI DELLO STRESS riguarda principalmente liste di sintomi di cui il lavoratore indica presenza e frequenza (solo a titolo di esempio: Q-BO; MOHQ, OPRA) Punti forza delle misure self-report: Permettono di analizzare la reazione dei lavoratori agli stressors Sono largamente utilizzati perché sono poco costosi e facili da analizzare Limiti delle misure self-report: Rappresentano percezioni soggettive degli individui e quindi sono interpretazioni individuali della realtà lavorativa Possono essere distorte da caratteristiche di personalità, desiderabilità sociale e processi emozionali e cognitivi (anche se: cfr. Warr, et al. citati) Necessità di integrare misure soggettive con indicatori OGGETTIVI TECNICHE, PROCEDURE, STRUMENTI PER LA RACCOLTA DEI DATI 5. TECNICHE OSSERVAZIONALI E DI ARCHIVIO Raccolta e utilizzo di dati relativi a osservazioni mediche e di manifestazioni comportamentali, che possono essere considerati indicativi di strain (osservazioni mediche; archivi) Variabilità anche consistente tra organizzazioni nella produzione di dati completi ed affidabili Comunque: alto potenziale informativo ‘grezzo’ Occorre: • • • • confronto intra e inter-organizzativo confronto con letteratura scientifica confronto con altri progetti confronto con dati istituzionali (es. banche dati ISTAT ‘Health for all’; es. Ministero Economia e finanze, Ragioneria generale dello Stato) Valutazione oggettiva: strumenti Osservazione da parte di un esperto Dati di archivio (ad es. assenteismo, turnover, misure di performance, incidenti) Misure biologiche (ad es. cortisolo, adrenalina, ecc.) Strumenti e metodi per l’osservazione SOBANE (Malchaire, 2003) Programma di valutazione-intervento che è caratterizzato da diverse fasi: 1. Screening: osservazione da parte dei lavoratori stessi 2. Observation: discussione interna all’organizzazione rispetto ad un problema evidenziato e proposta di prime soluzioni 3. Analysis (vera e propria osservazione): esperto esterno approfondisce le problematiche emerse nelle fase 1 e 2 collaborando con coloro che le hanno condotte. Sono previste delle misurazioni oggettive rispetto all’ambiente fisico, scambio delle informazioni, condizioni di lavoro, ore lavorative. 4. Expertise: protocollo di intervento basato su 18 aree (tra cui: aree operative, organizzazione tecnica fra i posti di lavoro, rischi di incidente, comandi e segnali, ecc.). Per ogni area viene dato un punteggio, seguito da una proposta in termini di chi coinvolgere, cosa fare, costo e del periodo dell’intervento. Strumenti e metodi per l’osservazione TOMO (Prevent, 2005) Consiste in un inventario di rischi associati a delle funzioni/reparti (non ai singoli lavoratori): Con una check-list di 54 item rileva: 1. Richiesta del compito: contenuto del lavoro, carico di lavoro, responsabilità, conoscenze richieste 2. Relazioni: contatti interpersonali, rapporto con il superiore, integrità personale (discriminazione, mobbing) 3. Condizioni di lavoro: remunerazioni, gestione del tempo, sviluppo di carriera 4. Controllo: legato ai compiti, all’ambiente (possibilità di movimento, interruzioni, contatti con i colleghi) e all’organizzazione (working time, programmazione, carriera) Punti forza delle misure oggettive Punto di vista oggettivo sulla realtà lavorativa, meno filtrato dalla soggettività dei lavoratori Limiti delle misure oggettive Molto costose Necessità di un esperto per l’osservazione Essendo lo stress un processo dinamico tra l’individuo e l’ambiente, non tiene in considerazione l’esperienza individuale e la reazione soggettiva agli stressors LA NECESSITA’ DI INTEGRAZIONE Non separare la valutazione del rischio dalla valutazione delle risorse per fronteggiarlo utilizzando modelli adeguati Valutare gli stressor lavorativi da diverse prospettive, raccogliendo: o Dati osservati (osservazione di un esperto su una griglia predefinita) o Dati percettivi (questionari individuali o focus group) o Verificare gli effetti degli stressor sullo stato di salute autoriferito e su dati oggettivi (ad esempio ‘cattivo’ assenteismo) o Validare i dati raccolti tramite un confronto con la direzione e con i lavoratori