UNA “DONNA” RACCONTA…
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UNA “DONNA” RACCONTA…
UNA “DONNA” RACCONTA… I l secolo XX è stato, quindi, definito il secolo delle donne, che hanno acquistato gradualmente una parità formale con l’uomo attraverso il diritto al voto e, in seguito, attraverso altre conquiste nel campo del lavoro e nel diritto di famiglia (divorzio, aborto, etc...). Per quanto riguarda l’Italia una delle donne che ha dato maggior influenza al problema dell’emancipazione femminile, Romanzo di Sibilla Aleramo, è stata Rina Faccio, meglio conosciuta con il nome di Sibilla Aleramo, nata ad Alessandria il 14 Agosto del 1876. Per motivi di lavoro del padre, si stabilì a Porto Civitanova (Marche) dove cominciò a lavorare presso uno stabilimento industriale diretto dal padre stesso. All'età di quindici anni è sedotta da un collega e, per riparare al danno, nel 1893 si sposano. Ciò segnò in modo indelebile l’esistenza di Sibilla e, nella sua autobiografia "Una Donna", critica il rapporto coniugale e lo definisce oppressivo e frustrante. Tentò, infatti, il suicidio, un atto questo che le è dettato dal dolore e dalla frustrazione che il marito le provoca. L’Aleramo, infatti, era vittima della gelosia del marito, per cui era spesso preda di violenze, maltrattamenti. La sua ripresa segnò una nuova fase della sua esistenza. Cominciò, infatti, a concretizzare le sue aspirazioni umanitarie e socialistiche; cominciò a pensare “se alla donna non vada attribuita una parte non lieve del male sociale. Come può un uomo che abbia avuto una buona madre divenir crudele verso i deboli, sleale verso una donna cui dà il suo amore, tiranno verso i figli? La buona madre non deve essere, come la mia, una semplice creatura di sacrificio: deve essere UNA DONNA, una persona umana”. Iniziò, quindi a scrivere racconti e articoli giornalistici per un periodico femminile. Erano gli anni 1898-1910. Sibilla scrisse che il femminismo si concentrava ora nella letteratura e nella spiritualità, nella rivendicazione della diversità femminile, credeva, infatti, in una spiritualità femminile e, cioè, nel fatto che tra uomo e donna c'è una spiritualità diversa. Le donne sono intuitive e hanno un contatto più rapido con l'universo producendo così una poesia sconosciuta al mondo maschile. Nel 1899 si trasferisce a Milano, dopo aver trascorso quasi una vita intera a subire maltrattamenti e soprusi dal proprio marito. Una scelta che Sibilla fa per continuare a vivere e per sfuggire da un modo in cui si sentiva oppressa. Una scelta che, però, anche se di liberazione dal proprio marito rozzo e violento, le costerà la rinunzia a veder crescere al proprio fianco il suo bambino. Ella, infatti, per la legge italiana era considerata niente, o meglio, di “proprietà del marito”. Nonostante tutto, però, la giovane riesce a riprendersi, ricevendo anche l’appoggio dei familiari, e, infatti, dirigerà il giornale "L'Italia Femminile", ma prima ancora si dedicherà all’istruzione, all’interno di un ospedale, di bambini malati. Ebbe diverse storie d’amore ma la più intensa fu con il poeta Dino Campana. Nel 1906 pubblicò "Una Donna", un libro, questo, autobiografico e pieno di auto contemplazione; un libro che Sibilla stessa “sente necessario”. Un libro “d’amore e di dolore, che fosse straziante e insieme fecondo, inesorabile e pietoso, che mostrasse al mondo intero l’anima femminile moderna, per la prima volta, e per la prima volta facesse palpitare di rimorso e di desiderio l’anima dell’uomo”. Un libro che ripercorre le tappe essenziali della vita della giovane scrittrice, di cui abbiamo già accennato, piena di coraggio e di forza d’animo. Un libro alquanto drammatico, ma al tempo stesso pieno di sentimento e di forza che vengono dalla scrittrice stessa. Tutto ciò di cui l’Aleramo parla fanno riflettere, e mi fanno pensare a quanto noi donne siamo fortunate oggi. Ci è permesso fare o dire ogni cosa senza essere discriminate. Un libro che ci trasmette un forte senso di rabbia sia nei confronti della scrittrice, costretta a subire molto, sia da parte della legge italiana, che per prima discriminava la donna, che dalla società ignorante e ipocrita del suo tempo. Una storia d’amore questa che ha ispirato un film, ultimamente apparso al cinema: “Un viaggio chiamato amore” diretto da Michele Placido e interpretato da Laura Morante, nel ruolo della scrittrice, e da Stefano Accorsi, nel ruolo di Dino Campana. La vicenda umana e sentimentale della narratrice e poetessa, Sibilla Aleramo, è ripercorsa attraverso un arco narrativo e temporale che va dall'adolescenza alla maturità, soffermandosi sul biennio 1916-18, periodo in cui la donna conobbe e amò il poeta Dino Campana. È l'inizio di una tormentosissima, ma quanto mai passionale e intensa, relazione caratterizzata dall’alternarsi di sentimenti totalmente opposti: amore e dolore, gioia e sofferenza, pazzia e lucidità. Sentimenti che nascono da due personaggi, ben interpretati, che sono avvinti dalla forza dell’amore e che li conduce, soprattutto per Sibilla, a dover subire violenze dovute a questo amore folle. "è quello amore?” Conoscersi, vivere nell’intimità, essere picchiata, è quello amore? Non credo che ora la nostra risposta è sì, ma è, forse, proprio grazie a Sibilla che oggi non è più così. Forse questo film, oltre che raccontare una semplice storia d’amore, vuole raccontare “una donna”, che rispecchia tante altre, e che per loro, forse, si combatte una guerra, una guerra che le porterà a essere libere.