Leone d`Oro a Magdalene di Peter Mullan
Transcript
Leone d`Oro a Magdalene di Peter Mullan
24 settembre2002 ANTEPRIMA StefanoAccorsiaFirenze spiegail“suo“DinoCampana Il protagonista di “Un viaggio chiamato amore” n Paolo Boschi Ci sarà un segreto per spiegare il successo di Stefano Accorsi, protagonista indiscusso del cinema italiano negli ultimi anni? Da Radiofreccia a Le fate ignoranti, da L’ultimo bacio a La stanza del figlio, il giovane attore sembra non sbagliare mai un colpo, e così è successo anche per Un viaggio chiamato amore di Michele Placido, grazie al quale all’ultimo Festival di Venezia ha vinto la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile con il ruolo del poeta Dino Campana. Abbiamo incontrato Accorsi, di passaggio a Firenze per l’anteprima al Flora Atelier di Un viaggio chiamato amore e la presentazione, alla libreria Feltrinelli, dell’omonimo carteggio tra Dino Campana e Sibilla Aleramo – recentemente pubblicato per i tipi della Feltrinelli –: in entrambi i casi per il giovane attore c’è stata un’accoglienza da stadio, tra scroscianti applausi di benvenuto. «Io ho letto questo copione, secondo me molto bello, e mi sono innamorato di Campana – ha dichiarato Accorsi - perché è un personaggio avvolto nel mistero e, come tutti i personaggi misteriosi ed enigmatici, ti sembra sempre di raggiungerli e poi ti sfuggono di nuovo. E questo crea forse il grande fascino di certe persone. Campana era assolutamente contro a tutto ciò che era istituzionalizzato, lui non faceva una vita “borghese” e poi scriveva, lui cercava invece di incarnare con la sua vita la poesia che c’era dentro di lui, o quella che amava o che avrebbe voluto rappresentare. Io ho amato subito il copione; ho amato questi personaggi randagi e avevo la speranza, desiderando lavorare con Michele Placido, che un regista come lui potesse rendere l’anima di questi due personaggi. Qualche tradimento biografico forse c’è stato, ma non era quello che ci interessava, la cosa importante era lo spirito dei personaggi. Secondo me questa è una storia d’amore totale, con grandi slanci romantici ma anche con un lato oscuro molto forte». Un viaggio chiamato amore testimonia l’attitudine di Accorsi per i ruoli difficili, una dote fondamentale per un vero attore. «Ho sempre cercato di fare cose che per me rappresentassero qualcosa – ha affermato l’attore -. Non ho mai cercato di scegliere le cose furbamente per piacere a tutti i costi. Ho cercato di scegliere quello che mi piaceva e quindi spero che questo film possa dare al pubblico le stesse emozioni che ha dato a me». Al cinema Flora a sorpresa era presente anche Michele Placido. «L’amore dei due protagonisti – ha spiegato il regista - in qualche modo scandalizza perché è fuori da ogni logica di come in genere si raccontano le storie d’amore. Ma tutto quello che si vede sullo schermo non è un’invenzione ma si tr ov a n e lle le tte r e , è nell’epistolario: due creature sicuramente diverse, che hanno amato, e non sono voluti restare prigionieri della folla. Lei grande scrittrice, lui poeta, ma controverso. Per un altro grande poeta, Saba, Campana era solo un matto, mentre Montale lo riteneva un grandissimo poeta. È lì l’enigma Campana secondo me, ma si tratta di un enigma che non possiamo sciogliere, è il mistero di Dino Campana, un mistero che Sibilla, una donna straordinaria, ha cercato di decifrare, ma alla fine anche lei si è persa nel tentativo». GRANDESCHERMO Un viaggio chiamato amore Lultimo film di Michele Placido racconta lintensa e tormentata storia damore che legò la scrittrice Sibilla Aleramo al poeta Dino Campana tra il 1916 ed il 1918. Sibilla è passata attraverso una gioventù difficile: la famiglia turbata dalla follia materna, un matrimonio fallito, labbandono forzato del figlio, che non potrà più vedere. A quarantanni Sibilla ha esorcizzato il passato nel suo primo romanzo, Una donna, è una presenza della cerchia degli intellettuali fiorentini, ha avuto molti amanti, tutti scrittori. Il primo contatto di Sibilla Aleramo con Dino Campana avviene attraverso i suoi versi: avvertendo uno spirito affine al suo, Sibilla comincia a corrispondere con il giovane poeta, finché decidono di conoscersi. Teatro dellimmediato colpo di fulmine tra i due è il paese della campagna toscana dove vive Campana, che subito avverte la visitatrice che sul suo conto gira voce che è matto. Sibilla resta subito stregata dalla passione e dal fascino di Campana, che ha nove anni meno di lei ed ha appena pubblicato i Canti orfici tra la generale indifferenza dei critici. Inizia così una storia damore di grande afflato romantico ma marcata allo stesso tempo dallinstabilità emotiva del giovane poeta, il lato oscuro di Un viaggio chiamato amore titolo del film e dellepistolario su cui Placido ha basato la relativa sceneggiatura , un viaggio sentimentale la cui ultima fermata per Campana sarà il manicomio di Castel Pulci, dove rimarrà internato fino alla morte. La relazione tra Campana e la Aleramo procede alternando frammenti della corrispondenza tra i due, squarci lirici di grande intensità e gli efficaci flashbacks dellinfelice passato della scrittrice, talora in sovrapposizione con la trama principale. Un viaggio chiamato amore è un film arduo ed a tratti di difficile decifrazione, tutto giocato sulla recitazione dei due protagonisti, entrambi intensi e bravissimi. P.B. Un viaggio chiamato amore, regia di Michele Placido con Stefano Accorsi, Laura Morante, Alessandro Haber; drammatico/sentimentale; Italia; 2002; C. VENEZIA2002 Leone dOro a Magdalene di Peter Mullan A Stefano Accorsi la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile n Paolo Boschi La Mostra del Cinema di Venezia, giunta alla cinquantanovesima edizione, ha chiuso i battenti con la premiazione di rito e la consegna del Leone d’Oro per il miglior film a Magdalene del regista ed attore scozzese Peter Mullan. La giu r ia pr esiedut a dall’attrice cinese Gong Li ha scelto di puntare su un film di denuncia sociale e religiosa, il secondo diretto da Mullan dopo l’esordio con Orphans nel 1998: si è trattato di una scelta sicuramente coraggiosa che ha escluso dal premio più ambito un film d’impegno come Dirty pretty things di Stephen Frears e un film di grande afflato lirico come L’homme du train di Patrice Leconte. La vittoria di Magdalene ha già suscitato un nugolo di polemiche perché la storia, incentrata sugli abusi delle Suore della Misericordia alle giovani ragazze madri accolte in un convento Magdalene in Irlanda, è un forte attacco alle anomalie congenite a tali istituti religiosi. Il Gran Premio della Giuria se l’è invece aggiudicato La maison de fous di Andrej Konchalovskij, mentre il Premio speciale per la Regia è andato a Lee Chang-dong per pagina precedente Oasis. Il cinema italiano ha messo in mostra pellicole di buon livello complessivo: ne è testimonianza l’affermazione di Stefano Accorsi, premiato con la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile in Un viaggio chiamato amore di Michele Placido. La Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile è andata invece a Julianne Moore per Far from Heaven di Todd Haynes. Per quanto riguarda la sezione “Controcor- rente”, Springtime in a small town di Tian Zhuang Zhuang ha vinto il premio San Marco, mentre il Premio Speciale della Giuria è stato assegnato a A snake of june di Shinya Tsukamoto. Il Premio Venezia Opera Prima è andato ex aequo a Due amici di Spiro Scimone e Francesco Sframeli e Roger dodger di D y l an Ki dd. I l Le on e d’Argento per il miglior cortometraggio è stato assegnato a Clown di Lina Efteeva. Tra le pellicole italiane rimaste fuori dal palmares hanno comun- que ricevuto consensi La forza del passato di Piergiorgio Gay e Velocità massima dell’esordiente Daniele Vicari. La prima Mostra del Cinema diretta da Moritz De Hadeln, già direttore dei Festival di Locarno e di Berlino, ha presentato anche numerosi eventi speciali fuori concorso: da K-19: the wideowmaker di Kathryn Bigelow a Debito di sangue di (e con) Clint Eastwood, da Ripley’s game di Liliana Cavani a The dancer upstairs di John Malkovich, da My name is Tanino di Paolo Virzì al cartoon di Giulio Cingoli Johan Padan a la descoverta de le Americhe (voci di Dario Fo e Fiorello), f in o a ll’ im pe r d ib ile 11’09’01, September 11, film collettivo firmato da undici registi di diverse nazionalità e culture – nell’ordine Youssef Chahine, Amos Gitai, Shohei Imamura, Alejandro Inarritu, Claude Lelouch, Ken Loach, Samira Makhmalbaf, Mira Nair, Idrissa Ouedraogo, Sean Penn e Danis Tanovic –, una silloge di undici cortometraggi della durata simbolica di undici minuti, nove secondi ed un’immagine, ovviamente ispirati alla tragedia delle Twin Towers. pagina successiva