Sala 4 - Stampa, satira e censura

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Sala 4 - Stampa, satira e censura
Sala 4. Stampa, satira e censura
La stampa e i giornali in Friuli nell’Ottocento
La Francia rivoluzionaria mette in atto una particolare attenzione alle forme della comunicazione
politica, modalità che investe anche l’Italia durante la campagna napoleonica. Nonostante il
frazionamento della penisola e la scarsa alfabetizzazione, nel corso dell’Ottocento la stampa si
diffonde in modo capillare e assolve il compito di educare e di coinvolgere alla causa nazionale.
Accanto ai Giornali di scienze, lettere ed arti di tradizione illuminista, destinati a un pubblico colto,
e alle Gazzette, di carattere filo-governativo e che veicolano leggi e notizie di cronaca, si
affermano fogli diversi, dagli almanacchi ai catechismi popolari, fino alla stampa interna di circoli e
associazioni che affrontano più o meno apertamente i temi della politica. La censura, per arginare
le nuove idee libertarie, vincola molto pesantemente la stampa, ma le caricature e le vignette
satiriche del ’48 dicono lo stesso, con il disegno, ciò che alla penna non è concesso. Un pubblico
sempre più vasto è raggiunto da fogli antifrancesi o antiaustriaci, che diffondono un acceso
patriottismo mazziniano, garibaldino e filo-piemontese: il fatto che la distribuzione dei giornali
dipenda spesso da associazioni e canali clandestini ne accentua il carattere sovversivo. Dopo
l'Unità, cadute le barriere doganali e chiusi gli uffici di censura, gli editori sono liberi di operare su
tutto il territorio nazionale, mentre il pubblico della carta stampata si amplia notevolmente.
La censura
Durante il Regno italico la libertà di stampa subisce già molte limitazioni, nonostante Napoleone si
vanti di aver abolito la censura preventiva di antico regime in nome del principio di libertà
d’espressione. Durante la Restaurazione il controllo sui contenuti da diffondere o da rappresentare
in pubblico è svolto da uffici preposti dipendenti da Vienna, che hanno l’incarico di controllare tutto
ciò che viene pubblicato. Il governo austriaco guarda con sospetto alla stampa, ai libri e al teatro,
ben consapevole che la parola veicola idee e azioni politiche. La regola generale recita: “non
devesi ammettere nulla che sia contro la Religione dominante, gl’interessi del Sovrano e dello
Stato, e contro i buoni costumi”; pertanto, nel settore librario sono colpite opere illuministiche o
d’intento politico, oltre a quelle giudicate immorali e licenziose. Tra gli autori messi all’indice ci
sono Rousseau, Voltaire, Diderot, Beccaria, D’Holbach e Machiavelli, ma anche Alfieri, Foscolo,
Parini, Monti e Leopardi. Molte sono le opere proibite perché sgradite alla Chiesa, da Giordano
Bruno ai Fioretti di San Francesco. L’Aretino, Boccaccio e Ovidio, infine, sono vietati per
immoralità.
La satira
Il notevole sviluppo della tecnica grafica permette la diffusione di stampa illustrata, che in Italia
comincia ad affermarsi nell’età della Restaurazione. La censura vigila sulle immagini, il cui
significato può essere compreso da un pubblico più vasto. I contenuti ammessi sono limitati
all’ufficialità di ritratti con intenti celebrativi e solo l’ondata rivoluzionaria del ‘48 e la breve
liberalizzazione che ne segue permettono di gettare uno sguardo sui reali avvenimenti della
contemporaneità. Si moltiplicano i fogli di carattere umoristico con satire caricaturali. Si tratta di
una sessantina di testate, pubblicate nelle maggiori città e spesso di vita breve. Il milanese Lo
Spirito Folletto nasce sulle barricate delle “Cinque giornate”, fa seguito L’uomo di pietra; a Roma Il
Don Pirlone, proteso a combattere il potere temporale dei papi, si oppone a il Cassandrino,
conservatore e clericale; a Firenze nasce Il lampione. Per l’impostazione grafica e i vigorosi
contenuti a Torino si conferma Il fischietto, accanto a Il Pasquino; a Genova si diffonde La strega,
particolarmente spietato e per questo attaccato sia da progressisti e conservatori; nel Mezzogiorno
L’Arlecchino. Anche l’editoria veneziana dà il suo contributo.
La stampa umoristica prosegue dopo l’Unità; a fare da ponte fra Otto e Novecento è L’Asino uno
dei giornali di maggior fortuna che fa della battaglia politica una missione fino alla Grande Guerra,
stagione di alta editoria, in cui questo tipo di stampa si diffonde anche fra i soldati delle trincee.