IL DANNO ALLA SALUTE: VALUTAZIONE EQUITATIVA, USO
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IL DANNO ALLA SALUTE: VALUTAZIONE EQUITATIVA, USO
Giuseppe Felli IL DANNO ALLA SALUTE: VALUTAZIONE EQUITATIVA, USO DELLE TABELLE E PERSONALIZZAZIONE DEL RISARCIMENTO NEL CASO CONCRETO Nella liquidazione del danno alla salute occorre far riferimento al criterio equitativo di cui all’art. 2056 e 1226 Cod. Civ. – Costituisce criterio valido di liquidazione equitativa del danno alla salute l’uso delle tabelle elaborate ed adottate nei diversi uffici giudiziari e che utilizzano il punto variabile d’invalidità calcolato sulla media dei precedenti giudiziari. – L’adozione delle tabelle non esonera il giudice dalla dovuta personalizzazione del risarcimento dovendo egli considerare le circostanze soggettive del caso concreto e specificatamente quali elementi di riferimento, la gravità delle lesioni, gli eventuali postumi permanenti, l’età, l’attività espletata, le condizioni sociali e familiari del danneggiato. Tribunale Civile di Frosinone –Giud. Unico Dr. Bracaglia Morante – Sentenza n. 192/2002 del 13.02.2002 (Attore L.D. – Convenuti L. A. d. S.p.a. e S.M.) Svolgimento del processo Con atto di citazione ritualmente notificato in data 5.7 e 9.7.1996 a mezzo del servizio postale, l’attore in epigrafe ha convenuto in giudizio dinanzi all’intestato Tribunale S. M. e la s.p.a. A. (rispettivamente proprietario-conducente e compagnia assicuratrice r.c.a. dell’autovettura Fiat 127…., chiedendone la condanna solidale al risarcimento dei danni subiti in conseguenza di un incidente stradale avvenuto il 30.10.1994 alle ore 10,15 circa sulla via Morolense in Ferentino. Deduceva in fatto il sig. L. che nell’occasione, mentre percorreva la via a bordo della propria bicicletta da corsa, era stato investito da tergo dall’autovettura del S., riportandone consistenti danni fisici, tra cui la frattura della clavicola sinistra ed una grave ipoacusia neurosensoriale diagnosticatagli nei mesi successivi; che in conseguenza dell’incidente non aveva potuto attendere alle proprie attività lavorative ed aveva dovuto abbandonare l’attività ciclistica amatoriale. Si costituivano con comparsa i convenuti, contestando unicamente il quantum risarcitorio richiesto, sovrastimato dall’attore in misura pari ad un danno biologico del 42%, ed in realtà non superiore al 16% valutato dal consulente medico della compagnia assicuratrice. Con ordinanza del 10/11.4.1997 il g.i. assegnava provvisoriamente al L. la somma di £. 50.000.000, ponendola a carico dell’Assitalia ex art. 24 legge 990/69. Interrogato liberamente l’attore, ammessa ed espletata prova testimoniale con l’escussione di n. 3 testimoni, disposta ed espletata CTU medico-legale e consulenza integrativa sulla persona dell’attore, affidate al dott. V. M., all’esito dell’istruttoria, sulle conclusioni precisate all’udienza del 2.11.2001 ed in epigrafe trascritte, la causa veniva trattenuta per la decisione, previa fissazione dei termini per lo scambio delle comparse conclusionali e delle memorie di replica. Motivi della decisione La domanda è fondata e va accolta, nei limiti che si vanno a precisare. Nulla quaestio circa le modalità del sinistro e la responsabilità esclusiva dello stesso, che ricade integralmente sul convenuto S., pacifico essendo -per espressa ammissione di entrambi i convenuti. che i danni lamentati dall’attore sono determinati dal tamponamento a tergo dell’auto Fiat 127 alla bicicletta condotta da D. L., avvenuto il 30.10.1994 sulla via Morolense di Ferentino. I convenuti, nelle loro rispettive vesti, vanno quindi condannati in solido a risarcire all’attore i danni sofferti. In ordine al quantum, che andrà decurtato della somma di £. 50.000.000, provvisoriamente assegnata ex art. 24 legge 990/69 con ordinanza del 10/11.4.1997, si osserva quanto segue. Muovendo dai danni alla persona subiti dall’attore, la CTU medico-legale redatta dal dott. V. M., (prima relazione depositata il 16.11.1998 e supplemento del 25.9.2000) appare corretta e condivisibile, sia per quanto riguarda la diagnosi e l’individuazione in genere del pregiudizio fisico riportato dal soggetto esaminato, sia per la quantificazione della compromissione temporanea e permanente della sua efficienza psicofisica (salvo che per la inabilità temporanea parziale - v. infra), essendo le osservazioni del professionista pienamente conformi ai canoni di valutazione medico-legale della fattispecie e congruamente motivate, in relazione alla documentazione medica in atti ed all’esito delle visite cui il danneggiato è stato sottoposto. Il caso clinico è invero particolare e si è quindi pervenuti alla esatta individuazione di tutte le conseguenze patologiche causalmente riconducibili all’incidente de quo attraverso successive approssimazioni e con il significativo apporto delle deduzioni e produzioni documentali e tecniche della scrupolosa difesa di parte attrice (è fin d’ora il caso di osservare che l’esame della copiosa documentazione medica, diagnostica e di spesa ordinatamente prodotta da parte L..è consentito anche per quella allegata oltre i termini preclusivi dell’art. 184 c.p.c., emergendo dalla CTU che l’attore ha subito conseguenze patologiche dannose dell’incidente durature nel tempo ed a tutt’oggi purtroppo affatto risolte o quantomeno stabilizzate, tali da determinare il continuo ricorso alle cure dei sanitari e ad esami di laboratorio, sicché, nel risvolto processuale, i documenti in apparenza ‘nuovi’ e tardivi costituiscono in realtà materiale cartaceo perfettamente rilevante e soprattutto venuto ad esistenza dopo la maturazione delle preclusioni). Orbene, il medico legale ausiliario dell’ufficio ha riferito che nel sinistro de quo D. L. riportò un trauma cranico, la frattura della clavicola sinistra, una sospetta frattura temporale sinistra ed un trauma toracico addominale. Ne patisce postumi permanenti quali una sindrome di Meniere post-traumatica, una ipoacusia bilaterale a destra, oltre ai postumi della frattura claveolare e del trauma cranico. Di particolare gravità e rilievo clinico e medico-legale risulta la prima delle affezioni diagnosticate, e cioè la sindrome di Meniere, per la quale nella relazione suppletiva il CTU ha ritenuto, previa visita specialistica dell’attore, di concordare con le risultanze della consulenza di parte attrice dei dott. S. e D., nonché con il parere del dott. B., pure allegato da parte attrice. Trattasi di una labirintopatia determinante ipoacusia neurosensoriale destra di grado medio-grave e lieve a sinistra per i toni acuti, la cui genesi multifattoriale e la cui insorgenza in capo al sig. L. ad alcuni mesi di distanza dell’incidente poteva inizialmente far dubitare sul piano teorico della riconducibilità causale all’evento dannoso per cui è giudizio. Ad avviso di questo giudice, tali perplessità vengono fugate dalla approfondita, logica e documentata disamina del caso, riportata negli scritti tecnico-medici di parte attrice. Ebbene, la malattia in questione si manifesta con ripetute crisi di vertigine oggettiva rotatoria e si accompagna a fluttuazioni anche sensibili della soglia uditiva, proprio quelle evidenziate nel paziente dai numerosi tracciati audiometrici ricostruiti ed ordinati a pag. 7 della consulenza S.. Nel sig. L. la gravità della patologia, rivelatasi refrattaria ad interventi farmacologici, è tale che il paziente risulta in lista di prenotazione per un delicato intervento neurochirurgico di neurectomia vestibolare, consistente nella resezione del nervo vestibolare all’emergenza del tronco encefalico, attraverso una craniotomia temporo-occipitale; secondo il dott. B. l’entità dell’intervento prospettato è significativa dell’elevato grado di sofferenza del soggetto in questione, atteso che di norma cotale intervento viene proposto ai malati resi socialmente disabili dalla patologia e dai suoi esiti. Quanto all’eziologia della sindrome di Meniere, l’insorgenza di tale patologia può invero esser messa in relazione con differenti eventi, tra i quali gli esiti a distanza (da 2 fino a 24 mesi dall’evento) di un trauma cranico con o senza frattura dell’osso temporale, che darebbero luogo ad un aumento di produzione od un difetto di riassorbimento dei liquidi labirintici, producendo per l’appunto una idrope endolinfatica. L’abbondante letteratura medica citata in atti, non priva di conferenti riscontri di statistica sanitaria, dimostra al riguardo la sovrapponibilità dei casi esaminati a quello del L., in particolare per il carattere intermittente delle manifestazioni di ipoacusia neurosensoriale. Secondo il dott. S., l’eziologia traumatica nel determinismo della sindrome di Meniere è ben più di una ipotesi. Il meccanismo ragionevolmente ricostruito è il seguente: il trauma cranico temporo-parietale sinistro subito ha prodotto all’istante una commozione labirintica con vertigine posizionale parossistica, imputabile ad un danno della membrana otolitica utricolare per un distacco di otoconi e stimolo della cupola del canale semicircolare posteriore, ipoacusia neurosensoriale sinistra limitata alle alte frequenze del campo tonale ed acufeni; in seguito si è instaurato l’idrope endolinfatico con tutti i segni, i sintomi e l’evoluzione clinica nei tre stadi tipizzati della sindrome di Meniere post-traumatica (il primo caratterizzato da acufeni, crisi vertiginose, segni vagali ed ipoacusia fluttuante, il secondo ancora da ipoacusia fluttuante, acufeni e crisi vertiginose, il terzo da sordità conclamata ed irreversibile e rarefazione delle crisi vertiginose). Sicché, il ritardo con il quale si è instaurata nel paziente la sindrome (diagnosticata con certezza nell’ottobre 1996, cioè 2 anni dopo il trauma, che ha interessato una porzione del tavolato cranico assolutamente contigua alle strutture dell’orecchio interno poi colpite dal fenomeno patologico) non deve trarre in inganno, inducendo ad escludere il nesso causale, considerato del resto che neppure risultano a carico dell’attore preesistenti patologie a carico dell’apparato cocleovestibolare ed uditivo. Tornando quindi ai risultati della CTU, si può condividere il giudizio del dott. M. circa gli esiti di compromissione permanente della validità psicofisica del soggetto, apprezzabili nella misura del 28-29%, in termini di danno biologico, come pure la invalidità temporanea totale di giorni 60, mentre per la quantificazione una invalidità temporanea parziale al 50% si reputa più corretto mettere conto al fatto obiettivo dell’assenza dal lavoro del ricorrente per ulteriori giorni 293, risultante dalla consulenza di parte dott. S. del 20.11.1995. Peraltro, la spiccata gravità del quadro di salute complessivo dell’attore e la pregiudizievole incidenza della patologia vestibolare sulla sua qualità di vita, esitata al sinistro, risultano dimostrate con chiarezza dai documenti prodotti e dalla prova testimoniale espletata, sotto svariati profili, personale e relazionale, professionale e familiare. D. L. svolgeva e svolge tuttora attività di lavoro subordinato alle dipendenze del C. A. del S., con mansioni di istruttore di 6° livello. Ha mantenuto il posto di lavoro, l’inquadramento precedente e la retribuzione base, sicché è da escludere in prima approssimazione un danno patrimoniale diretto discendente dal sinistro. Ma i postumi dell’incidente hanno determinato in lui significative e crescenti difficoltà nel disbrigo delle mansioni di lavoro, limitazioni funzionali in talune attività d’istituto e significativa diminuzione di taluni emolumenti accessori, in definitiva una ragguardevole e crescente penosità del lavoro, non priva di implicazioni nei possibili sviluppi di carriera. Al riguardo già nell’interrogatorio libero del 14.2.1997 l’attore riferiva di aver dovuto ridurre il numero delle trasferte ed il lavoro straordinario, di avvertire anche problemi di concentrazione mentale, tanto da aver dovuto abbandonare anzitempo per tale motivo un convegno di aggiornamento a cui partecipava, di risentire di capogiri all’interno delle centrali di sollevamento dell’acquedotto in cui si reca, sempre per ragioni di servizio. Tanto è stato confermato dal teste N., il quale ha aggiunto che il L., suo caposquadra, è stato costretto, proprio a causa dei problemi di equilibrio e di salute in genere, più volte manifestatisi con veri e propri malori, a dismettere di fatto taluni compiti di coordinamento e ad evitare le trasferte in montagna per il controllo dei livelli idrici. Da ultimo, le compromesse condizioni di salute hanno indotto il datore di lavoro a circoscrivere anche formalmente i compiti del L.: cfr. doc. 10 ed 11 prodotti all’udienza del 13.10.2000, da cui risulta che il C., a seguito delle periodiche visite mediche e di prevenzione rischi, ha disposto l’esonero dell’attore dal servizio di pronta reperibilità, dalla guida delle autovetture dell’ente e/o dall’uso del mezzo proprio per motivi di servizio. Insomma, un quadro quantomai frustrante di limitazioni dell’attività di lavoro indotte dall’incidente, sicuramente non privo di ripercussioni sull’evoluzione della professionalità del soggetto. Sui risvolti di tipo personale e relazionale della ridetta patologia hanno riferito poi i testi D. e M. M., moglie dell’attore. Ne emerge che prima dell’incidente D. L., appassionato ciclista, era solito quasi ogni sera praticare lo sport delle due ruote, anche per allenarsi alla partecipazione a gare amatoriali. Qualcosa di più di un semplice hobby, quindi, e semmai una gratificazione personale ed una passione sportiva, bruscamente interrotti dall’incidente, a causa dei sintomi vertiginosi ampiamente discussi in precedenza. A detta della sig.ra M., il marito neppure è più in grado di condurre l’autovettura, sempre a causa dei malori che avverte. Passando pertanto alla quantificazione del danno, viene anzitutto in considerazione la categoria del c.d. danno biologico. E’ appena il caso di rammentare che il danno biologico è ormai concordemente definito come «la menomazione dell’integrità psicofisica in sé considerata, in quanto incidente sul valore uomo in tutta la sua concreta dimensione, che non si esaurisce nella sola attitudine a produrre ricchezza, ma si ricollega alla somma delle funzioni naturali afferenti al soggetto nell’ambiente in cui la vita si esplica, e si estende quindi a tutti gli effetti negativi incidenti sul bene primario della salute, quale diritto inviolabile alla pienezza della vita ed all’esplicazione della propria personalità morale, intellettuale, culturale» (cfr. C. Cost. 14.7.86 n. 194, Cass. 9.5.91 n. 5161, Cass. 10.3.92 n. 2840, Cass. 9.12.94 n. 10539 e numerose altre), effetti tra i quali è da ricomprendere anche la diminuzione o incapacità a svolgere le attività extra lavorative che permettono non solo di produrre utilità ma anche di riceverne, nonché il cosiddetto danno estetico, quando questo non costituisca causa di minor guadagno per la particolare attività svolta dall'infortunato, e lo stesso danno alla vita di relazione. Per la liquidazione del danno biologico, correttamente quantificato allora dal CTU al 29%, può essere adottato il criterio del c.d. valore medio del punto percentuale di invalidità, quale precipua attuazione dei poteri equitativi riconosciuti al giudice di merito dall’art. 2056 c.c. collegato all’art. 1226 c.c., previa considerazione delle circostanze del caso concreto e specificamente, come elementi di riferimento pertinenti, della gravità delle lesioni, degli eventuali postumi permanenti, dell’età, delle attività espletate dal soggetto, delle sue condizioni familiari e sociali (cfr. Cass. 14.4.1995 n. 4255 in Resp. civ. prev. 1995, 519). Onde perseguire l’apprezzabile finalità tendenziale di una uniformità di giudizio per la valutazione del danno, si reputa corretto ricorrere ai valori nelle tabelle predisposte dal Tribunale di Roma nell’aggiornamento 2001, sviluppate mediante un valore crescente del punto base di invalidità da £. 1.170.000 per una percentuale invalidante dell’1% fino a £. 12.814.000 per una invalidità del 99%, e con l’utilizzo correttivo di un demoltiplicatore decrescente per fasce di età dell’infortunato all’epoca del sinistro (al L. nato il……. -età 40 anni e 8 mesi- va allora applicato il coefficiente demoltiplicatore 0,75). Il ricorso a tale tabella è giustificato dalla affinità e contiguità geografica ed economica del circondario dell’intestato Tribunale rispetto a quello della Capitale. Nel caso di specie, peraltro, la particolare incidenza complessiva dei postumi del sinistro sulla qualità della vita dell’attore, con le limitazioni che ne sono conseguite, induce ad apportare un correttivo al valore base del punto di invalidità secondo tabella, incrementandolo nella misura del 20%. Il criterio che si adotta prevede inoltre una valutazione del danno morale, ove ne ricorrano i presupposti (la risarcibilità ricorre, secondo Cass. 5.11.94 n. 9170, in ogni caso di astratta configurabilità come reato del fatto illecito addebitato al responsabile; nella specie è ipotizzabile il reato di lesioni colpose), più elastica, oscillante a seconda dei casi da ¼ ad ½ della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno biologico (la significativa gravità dei postumi inducono ad attestare nel caso specifico la liquidazione sulla percentuale più alta), ed una liquidazione del danno biologico da invalidità temporanea (che continua a costituire oggetto di un risarcimento distinto e separato da quello per invalidità permanente, in considerazione degli effetti diversi e più gravi normalmente connessi con la fase acuta della malattia) pari a £. 70.000 al dì per l’invalidità assoluta ed a £. 35.000 al dì per la temporanea, il tutto in valori monetari attuali comprensivi della rivalutazione ISTAT. Altro criterio guida e correttivo alla tabella si ritiene di adottare, riconoscendo una maggiorazione percentuale fino ad 1/3 della somma liquidata a titolo di danno biologico, in caso di invalidità base valutata sotto il profilo medico-legale nel 20% almeno, ove la compromissione della capacità lavorativa generica o specifica futura del soggetto, pur non quantificabile in concreto a seguito di una dimostrazione precisa e rigorosa di effettive perdite patrimoniali, incida comunque in maniera considerevole sull’integrità del soggetto, condizionandone le possibilità lavorative future o le opportunità di sviluppo delle stesse. E’ certamente il caso di D. L.; valgano al riguardo le considerazioni prima formulate in punto di difficoltà e limitazioni crescenti nell’espletamento delle mansioni di lavoro e di pregiudizio ai futuri sviluppi di carriera in termini di opportunità. (omissis) Sulla scorta dei predetti criteri tabellari, si procede quindi alla liquidazione del danno subito dall’attore come segue: D. L. danno biologico £. 113.013.000 (punto base £. 4.330.000, maggiorato del 20% £. 5.196.000, demoltiplicatore 0,75), maggiorato di 1/3 fino a £. 150.684.000, in considerazione dei pregiudizi futuri alla capacità lavorativa sopra esposti; invalidità temporanea assoluta £. (70.000 x 60) 4.200.000, invalidità temporanea parziale £. (35.000 x 293) 10.255.000, danno morale (calcolato sulla misura base del danno biologico prima della maggiorazione) £. 56.506.500, per un totale di £. 221.645.500 in valori monetari all’attualità. (omissis) *** Premessa La sentenza che si annota, pubblicata dal Tribunale di Frosinone in data 13.02.02, Giudice Unico Dr. Bracaglia Morante, offre spunti di riflessione su tematiche di indubbio interesse nell’attuale panorama giuridico della responsabilità civile e in particolare del risarcimento del danno alla salute. Essa ha per oggetto una controversia in tema di risarcimento del danno alla persona originato dalla circolazione dei veicoli (nella fattispecie investimento di un ciclista da parte di un autoveicolo) ed affronta primieramente – dopo una puntuale e scrupolosa ricostruzione del caso clinico e della malattia sofferta dal danneggiato 1 – la necessità della personalizzazione del danno al caso concreto, sulla scorta dell’ormai consolidato e imperante insegnamento della Suprema Corte (ex multis Cass. 22.3.01 n. 4112, Cass. 11.8.00 n. 10725, Cass. 19.5.99 n. 4852, Cass. 18.2.93 n. 2008). La liquidazione del danno da lesione della salute Pare utile ricordare come l’elaborazione giurisprudenziale e dottrinaria relativa al danno derivante da lesione alla salute (cd. danno biologico) si sia sviluppata seguendo due filoni di indagine: da un lato la definizione dogmatica del concetto di danno da lesione alla salute; dall’altra la determinazione di criteri quanto più possibili oggettivi per la sua liquidazione. L’inquadramento dogmatico del concetto di danno da lesione della salute, dopo la fondamentale Sentenza della Corte Costituzionale del 14.7.86 n. 184 2, ha raggiunto un assetto teorico che può dirsi soddisfacente (seppur non esaurito nei suoi sviluppi e potenzialità speculative ed applicative). Ne è felice riprova la definizione massimata 3, riportata e fatta propria anche dal Tribunale di Frosinone (ripresa da C. Cost. 14.7.86 n.184, Cass. 9.5.91 n. 5161, Cass. 10.3.92. n. 2840), secondo cui: il danno biologico è ormai concordemente definito come la menomazione dell’integrità psico – fisica in sé considerata, in quanto incidente sul valore uomo in tutta la sua concreta dimensione, che non si esaurisce nella sola attitudine a produrre ricchezza, ma si ricollega alla somma delle funzioni naturali afferenti al soggetto nell’ambiente in cui la vita si 1 La sentenza in commento ha il pregio di aver criticamente ripercorso il caso clinico e la malattia della vittima, ricostruendone il complesso iter e le conseguenze invalidanti che ne sono derivate, dall’analisi analitica della documentazione medica in atti, come risulta dalle numerose pagine dedicate all’argomento. Il Tribunale, lungi dal ripetere le formule di rito per motivare la propria l’adesione alle conclusioni dell’ausiliare, ha proceduto ad uno scrupoloso apprezzamento delle risultanze documentali o orali, nel tentativo (riuscito) di porre in relazione il concreto evento biologico con il quadro completo delle funzioni vitali in cui poteva e potrà estrinsecarsi l’efficienza psicofisica del danneggiato. 2 In Giust. Civ.., 1986, I, 2324. 3 Massima ormai tralatizia. esplica e si estende quindi a tutti gli effetti negativi incidenti sul bene primario della salute, quale diritto inviolabile alla pienezza della vita ed all’esplicazione della propria personalità morale, intellettuale, culturale. Per quanto concerne invece i criteri di liquidazione del danno da lesione alla salute e che costituisce più in particolare l’oggetto di questo scritto, v’è da dire come, quantunque sia stata sempre avvertita dalla giurisprudenza, sia di merito che di legittimità, l’esigenza di addivenire ad una personalizzazione del risarcimento nel caso deciso, sovente si è assistito, specie negli anni addietro, a soluzioni individuali del giudice4. Ciò sulla scorta dell’invalsa opinione, non minoritaria, secondo cui, nella liquidazione del danno biologico, fissare dei criteri generali di risarcimento poteva essere di ostacolo ad un’effettiva personalizzazione del risarcimento stesso. All’esatto contrario, il timore (assolutamente non peregrino) che in qualche caso l’assoluta libertà e discrezionalità del giudice potesse sconfinare nell’arbitrio e produrre gravi disparità di trattamento tra danneggiati, ha mosso la giurisprudenza – che ha così accolto i suggerimenti della migliore dottrina - ad approfondire quanto già C. Cost. 184/86 aveva predicato, ossia la necessità di liquidare il danno alla salute secondo esigenze sia di uniformità dei criteri, sia di adeguamento al caso concreto. Valutazione equitativa del danno e necessità di definire la regola liquidatoria del caso concreto In tal senso Cass. 13.1.93 n. 357 5, dopo aver affermato che la liquidazione del danno alla salute non può avvenire secondo le prescrizioni di cui all’art. 4 Legge 39/77 6, ha sancito il principio secondo cui il giudice, nella liquidazione del danno alla salute, deve far eminentemente uso del criterio equitativo di cui all’art. 2056 e art. 1226 Cod. Civ. 7. Sulla scorta del principio appena riferito si è mossa ex plurimis Cass. 13.4.95 n. 4255 8, secondo cui, onde rendere effettiva la valutazione equitativa del danno alla salute, il giudice deve considerare le circostanze del caso concreto e, specificatamente, quali elementi di riferimento pertinenti, la gravità delle lesioni, gli eventuali postumi permanenti, l’età, l’attività espletata, le condizioni sociali e familiari del danneggiato 9. Il giudice può anche ispirarsi a criteri predeterminati e standardizzati, purchè ciò attui flessibilmente, in guisa tale da definire ogni volta una regola ponderale su misura per il caso specifico 10. Questo è il punto cruciale della questione che ci occupa, ben evidenziato già da Cass. 18.2.93 n. 2008 11 e che assegna al giudice il compito di definire la regola ponderale che vale a decidere il caso concreto. Tabelle e obbligo di motivazione Così argomentando, la giurisprudenza della Suprema Corte ha pian piano riconosciuto la validità delle tabelle elaborate ed adottate nei diversi uffici giudiziari e che utilizzano il metodo del punto variabile di invalidità 12 calcolato sulla media dei precedenti giudiziari, giustificandone l’uso proprio sul potere riconosciuto al giudice di utilizzare il criterio equitativo previsto dall’art. 1226 Cod. Civ. 13 Come anche di recente ribadito (Cass. 23.5.03 n. 8169 14), le tabelle elaborate dagli uffici giudiziari per la liquidazione del danno biologico, non rientrano tuttavia nelle nozioni di fatto di comune esperienza di cui all’art. 115 II° comma cpc, né sono canonizzate in norme di diritto appartenenti necessariamente alla conoscenza del giudice e da osservarsi a mente dell’art. 113 I° comma cpc. Pertanto, il giudice che intende utilizzare le tabelle in questione deve, per non incorrere nell’errore di omessa motivazione, prima dare conto delle ragioni della scelta delle tabelle e poi descriverne l’applicazione al caso concreto. 4 Non solo negli anni addietro, ma anche di recente il Tribunale di Bologna con sentenza 8.6.03 n. 3203 in Guida al diritto, 2003, XXXIX, 46 ss, dopo aver ribadito il principio per cui le tabelle elaborate dall’ufficio non sono vincolanti, ha concluso come tali scelte spettano unicamente al legislatore e che in assenza di base normativa, il giudice deve fondarsi soltanto sulla specifica valutazione del caso concreto nelle sue caratteristiche e particolarità, con la conseguenza che il Tribunale di Bologna ha finito per esercitare la più ampia discrezionalità nella decisione del risarcimento del danno, il cui esito non appare esente da critiche e perplessità. 5 In Corr. Giur., 1993, 303 ss. 6 Che si riferisce, nell’ambito dell’azione diretta contro l’assicuratore, al pregiudizio patrimoniale conseguente alla lesione della capacità di produzione del reddito personale. 7 Per definizione, tale è il criterio, secondo la Suprema Corte, del quale si possa dare ragionevolmente conto. 8 In Resp. Civ. e prev. , 1995, 519 ss, con nota di Ponzanelli G., La Corte di Cassazione e il criterio equitativo nella valutazione del danno alla salute, ivi, 524 ss. 9 Il passo della sentenza è riportato anche nella decisione in commento. 10 Così Cass. 19.5.99 n. 4852 in Danno e Responsabilità, 1999, 1104 ss. 11 In Resp. Civ. prev., 1993, 797 ss, nonchè in Giust. Civ.,1993, I, 2101 ss. con nota di Alpa G, Vecchi e nuovi problemi concernenti il danno biologico, ivi, 2102 ss. 12 Detto anche “metodo milanese”, in quanto adottato per primo dal Tribunale di Milano. 13 Per “tabella” si intende l’espressione numerica del variare del valore del punto in funzione delle variabili che ne regolano la crescita (età e grado di invalidità). 14 Inedita, presente sotto forma di massima in Guida al Diritto, 2003, XXXIX, 59; nello stesso senso Cass. 21.1.2002 n. 5012 sempre in Guida al Diritto, 2002, XIX, 40 ss. In relazione alla necessità di motivare la scelta delle tabelle che si intendono applicare, soccorre Cass. 19.5.99 n. 4852 15. La Suprema Corte ha infatti precisato che il fondamento della “tabella a punti” di invalidità è costituito dalla media dei precedenti giudiziari in quell’ambito giudiziario e territoriale e poiché la finalità perseguita è quella di uniformare il più possibile i criteri della liquidazione del danno, ove il giudice adotti le tabelle in uso presso la propria sede giudiziaria, è già in re ipsa la motivazione della scelta posta a base di partenza del procedimento liquidatorio equitativo che si intende adottare e definire. E’ evidente che ove il giudice optasse per le “tabelle” in uso presso altri uffici giudiziari, come è certamente nel suo potere equitativo, dovrebbe ragionevolmente motivare la scelta di voler iniziare il procedimento liquidatorio equitativo, non dalla media dei valori e dei criteri risultanti presso la propria sede giudiziaria, ma dalla media dei valori e dei criteri di altra sede giudiziaria.16 Tornando alla Sentenza resa dal Tribunale di Frosinone, la scelta delle tabelle elaborate dal Tribunale di Roma per calcolare l’ammontare base del risarcimento nel caso deciso, è stata giustificata dall’affinità e contiguità geografica ed economica del Tribunale di Frosinone rispetto a quello della Capitale. La motivazione, resa in termini generali e in forma concisa, appaga i requisiti richiesti nelle Sentenze del Supremo Collegio. Personalizzazione del risarcimento del danno nella sentenza del Tribunale di Frosinone Per quanto riguarda poi l’applicazione delle tabelle al caso specifico nell’ottica enunciata di procedere alla personalizzazione del danno, la Sentenza del Tribunale di Frosinone che si passa in rassegna costituisce fedele applicazione dei principi elaborati dalla giurisprudenza e dalla dottrina in subiecta materia. Premesso che, la semplice adozione della tabella, seppur ragionevolmente motivata, non potrebbe mai esaurire l’attività del giudice nella decisione del caso, poiché, se ciò avvenisse il fondamento della liquidazione del danno sarebbe di fatto trasferito dal potere equitativo del giudice ai rigidi parametri della tabelle (ex plurimis ancora Cass. 19.5.99 n. 4852 17), il Tribunale di Frosinone, sulla base della peculiarità del caso clinico e umano in oggetto e analiticamente ripercorso in Sentenza, ha proceduto alla valutazione equitativa del danno definendo la regola ponderale da applicare con prudente apprezzamento delle circostanze soggettive del caso concreto. Le risultanze processuali hanno dimostrato come la spiccata gravità del quadro di salute complessivo e soprattutto la negativa incidenza della particolare patologia esitata al sinistro pregiudicasse irrimediabilmente la qualità della vita della vittima, sotto svariati profili, personale e relazionale, professionale e familiare. La malattia in questione, caratterizzata da ripetute crisi vertiginose e dall’insorgenza di fluttuazioni anche sensibili della soglia uditiva, si era rivelata refrattaria a qualsiasi terapia farmacologica, da indurre l’attore a mettersi in lista di prenotazione per un delicato intervento neurochirurgico. Prima dell’incidente l’attore, appassionato ciclista, era peraltro solito, quasi ogni sera, praticare lo sport delle due ruote, anche per allenarsi a gare amatoriali. A dire del Tribunale, ciò costituiva qualcosa più di un semplice hobby e semmai una gratificazione personale ed una passione sportiva, bruscamente interrotti dall’incidente. L’assunto del Tribunale è condivisibile ove si osservi che nell’esistenza dell’individuo, oltre l’attività lavorativa, esistono due sfere ulteriori di estrinsecazione dell’io: quella delle ordinarie funzioni vitali, comuni necessariamente ad ogni individuo e quella delle attività che, per tempo dedicato e interesse riposto, cessano di essere un mero diversivo, o un metodo per l’occupazione del tempo libero, divenendo un’autentica proiezione esistenziale dell’individuo 18. Anche sul versante dell’attività lavorativa il descritto quadro, quantomai frustrante, di limitazioni si presentava non privo di negative ripercussioni, soprattutto sul fronte dell’evoluzione professionale. Quantunque fosse da escludere, in prima approssimazione, un danno patrimoniale diretto 19, per aver l’attore mantenuto il posto di lavoro, la qualifica originaria e la retribuzione base, risultava ex actis che a seguito delle periodiche visite mediche e di prevenzione rischi, il danneggiato era stato esonerato dal servizio di pronta reperibilità e dalla guida delle vetture dell’Ente presso cui lavorava. Inoltre incontrava difficoltà sempre più crescenti nel disbrigo delle mansioni di lavoro, con significativa diminuzione di taluni emolumenti accessori, senza considerare le prevedibili implicazioni negative sui possibili sviluppi di carriera. 15 cit. v. nota n. 10; anche Cass. 13.1.93 n. 357 cit. nel testo. E’ stato rettamente osservato che, ove tale motivazione mancasse, la decisione si esporrebbe alla censura dell’omessa motivazione deducibile in sede di giudizio di legittimità ex art. 360 n. 5 cpc, posto che verrebbe disattesa la finalità e il fondamento della “tabella dei punti”, pacificamente individuata nella necessità di uniformare il più possibile i criteri di liquidazione del danno alla salute, in assenza di base normativa. 17 cit. v. nota n. 10. 18 In terminis, excerptum multorum Trib. Roma 14.4.94. n. 5743 in La Rivista giuridica della circolazione e dei trasporti, 1994, n. 4-5 656 ss. 19 Eventualmente liquidabile ex art. 4 Legge 39/77. 16 Nel caso di specie occorreva quindi procedere ad una liquidazione del danno alla salute che tenesse in debito conto il quantum di esistenzialità effettivamente perduta, con tutte le limitazioni che avevano modificato in peius la qualità e le aspettative di vita della vittima. Partendo dai valori delle tabelle predisposte dal Tribunale di Roma nell’aggiornamento 2001, sviluppate mediante un valore crescente del punto base di invalidità 20 e con l’utilizzo correttivo di un demoltiplicatore decrescente in relazione al crescere dell’età del soggetto, il Tribunale di Frosinone ha in primo luogo inteso apportare un correttivo al valore base del punto di invalidità secondo tabella, incrementandolo nella misura del 20%. In secondo luogo, onde perseguire un’effettiva liquidazione dell’intero pregiudizio patito, muovendo dalla considerazione che ”in caso di invalidità basa valutata sotto il profilo medico legale nel 20% almeno, ove la compromissione della capacità lavorativa e generica del soggetto, pur non quantificabile in concreto a seguito di una dimostrazione specifica e rigorosa di perdite patrimoniali, incida comunque in maniera considerevole sull’integrità del soggetto, condizionandone le possibilità lavorative future o le opportunità delle stesse”, il Tribunale ha ritenuto necessario riconoscere una maggiorazione percentuale fino ad 1/3 della somma liquidata a titolo di danno biologico. Così motivando, l’importo determinato per la liquidazione del danno alla salute e ottenuto previo incremento del punto base di invalidità secondo tabella, è stato ulteriormente aumentato dal Tribunale in ragione di 1/3 e in tal senso si è proceduto alla personalizzazione del risarcimento del danno alla persona nel caso deciso 21. Conclusioni Il “risarcimento ulteriore”22 riconosciuto dal Tribunale di Frosinone nella sentenza commentata ha costituito il risultato dell’opera di personalizzazione sia del valore del punto che il giudice ha inteso applicare - dopo aver identificato il punto base da adottare nella tabella di riferimento - sia della valutazione di tutte le specificità del caso concreto. Il metodo adottato, oltre ad essere conforme all’insegnamento pressoché imperante, sia forense che dottrinario, richiamato nel presente scritto, trova riscontro nell’attuale ordinamento normativo. Segnatamente nella legge 5 marzo 2001, n. 57, recentemente emanata per la liquidazione del danno alla salute di lieve entità 23 e applicabile in presenza di postumi permanenti prodotti da danni causati dalla circolazione dei veicoli o natanti, non superiori al 9% della validità complessiva dell’individuo. Nell’art. 5, comma 4, Legge 57/2001 24 si legge: “ L’ammontare del danno biologico liquidato ai sensi del comma 2 25, può essere aumentato in misura non superiore ad un quinto con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato” 26. L’esigenza di poter consentire al giudice di variare l’entità del risarcimento, alla luce di particolari e specifiche condizioni soggettive presenti nel caso concreto, è stata quindi recepita dal Legislatore nel primo provvedimento entrato definitivamente in vigore in materia di liquidazione del danno alla salute, seppur entro i limiti quantitativi e qualitativi indicati 27. Ciò sulla scorta dei principi già posti da C. Cost. 184/86, successivamente elaborati, con un diuturno lavorìo di affinamento, dalla giurisprudenza di legittimità e di merito con il contributo della migliore dottrina e compiutamente applicati nella sentenza del Tribunale passata in rassegna. 20 Sulla scorta della nota esperienza e riflessione medico legale e giudiziaria, secondo cui ben diversa è la menomazione che ogni punto aggiuntivo di invalidità comporta per l’integrità psicofisica del soggetto. 21 In astratto il giudice, all’esito della necessaria fase della “personalizzazione”, ben potrebbe comunque riscontrare che la somma individuata sulla base delle tabelle adottate si attaglia perfettamente al caso specifico, secondo il suo equo apprezzamento. 22 L’espressione ricalca l’originaria formulazione dell’art. 5, comma 4, Legge 57/01; v. nota n. 22. 23 “In attesa di una disciplina organica sul danno biologico, il risarcimento dei danni alla persona di lieve entità, derivanti da sinistri conseguenti alla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti avvenuti successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge è effettuato secondo i criteri e le misure seguenti: omissis”, art. 5 comma 2; 24 Come modificato dall’art. 23, comma 3, Legge 272/2002. 25 Art. 5, comma 2 Legge 57/2001. 26 La vecchia formulazione dell’articolo 5, comma 4, Legge 57/01 secondo cui “Fatto salvo quanto previsto dal comma 2, il danno biologico viene ulteriormente risarcito tenuto conto delle condizioni soggettive del danneggiato” è stata oggetto di accese critiche per aver fissato un limite soltanto “in basso” al risarcimento, senza porre alcun tetto massimo, con il rischio di frustrare le finalità perseguite dal Legislatore (garantire uniformità di trattamento , pur consentendo al giudice di variare l’entità del risarcimento). Sul punto v. Rossetti M., Le nuove norme in tema di risarcimento del danno biologico, in La Rivista Giuridica della circolazione e dei trasporti, 2001, n. 4-5, 567 ss. 27 In precedenza il Governo aveva emanato il D.L. 70/2000, che conteneva una disciplina simile, ma non identica, a quella introdotta dalla Legge 57/2001, ma dopo aspre critiche e censure di illegittimità costituzionale non era stato convertito in parte qua.