CAH - Servizio di consultazione archivio quotidiani
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Cultura e Società 10 mercoledì 30 gennaio 2013 l'Adige INTERVISTA Ana Erra Guevara Linch L’artista cubana è stata definita la traduttrice in pittura dei grandi poeti della dignità «Quadro e versi, due facce la stessa esperienza estetica» Esiliata dall’Argentina mi sento naufraga di persone e affetti. Il Che? Non avrei potuto ritrarlo: lui è stato l’opera d’arte di se stesso LAURA ZANETTI A ll’interno della seconda edizione della rassegna «L’Arte della Natività», promossa dall’assessorato alla cultura di Pinzolo, si è tenuta in dicembre al «PalaDolomiti» la mostra «Alter Nativitas 2012», organizzata da Sextante in collaborazione con Spazio Tadini di Milano. La collettiva, ha proposto un percorso alternativo sulla natività di oggi con linguaggi nuovi attraverso la partecipazione di una quarantina di artisti contemporanei affermati a livello nazionale e internazionale. Tra le opere, quella dell’artista surrealista argentinocubana Ana Erra Guevara Linch, seconda moglie del padre del Che Guevara. Ana Erra, che vive a Cuba, è nata in Argentina dove si diplomò all’Accademia di Belle Arti, laureandosi poi in Psicologia, sempre a Buenos Aires. Negli anni ’60 si perfezionò la sua arte negli ateliers di Enrique Azcàrate,Pompeyo Audivert, Teresio Fara, Juan Batels Planas, Ana Mercedes Bournichon e Antonio Berni. Era l’inizio di una intensa attività pittorica con centinaia di esposizioni individuali e collettive e la presenza delle sue opere in Musei e collezioni private in Sud America ed Europa. Negli anni ’60 l’incontro e il matrimonio con Ernesto Guevara Linch (1901-1987), padre del Che. Nel 1974, con l’inizio della repressione della dittatura argentina, ha inizio l’esilio e il trasferimento a Cuba con il marito e i due figli (il terzo,nacque a Cuba). Nel 1977 fondo l’Avana «I Laboratori di espressione plastica libera infantile» e dirige ancora il «Laboratorio di creatività» presso il Reparto di Psichiatria infantile dell’Ospedale Juliàn Soler. Signora Erra, quando le sue mani hanno sentito la necessità di «fare arte»? «All’età di cinque anni dietro un grosso tavolo da falegname e un penetrante odore di resina, imitavo mio padre che aveva l’hobby della scultura in legno. Questo amore infantile per il legno mi porterà più tardi a dedicarmi alla tecnica dell’incisione e della xilografia. L’infanzia perdura nell’artista come un’ombra costante: da piccola ritagliavo figure dalle riviste, le mescolavo a corde, biglietti di treno, nastri colorati, inventando storie fantastiche. Stavo anticipando con questo gioco il collage? Credo di si. Ho usato questa tecnica in tutte le varianti possibili. Ma la sua domanda ha un’altra faccia ben più profonda. Le rispondo: si nasce così. Chi ci avvisa? Chi ci prepara a sopportare quel segno di otredad, di isolamento? Abbiamo una sola certezza. Siamo differenti. Nacqui in seno ad una famiglia conservatrice, chiusa a tutto e a tutti. Un’artista tra loro? Io soffrivo, i miei genitori anche, la sofferenza fu mutua. Finale del gioco: fui, sono e sarò artista». C’ è in ogni suo lavoro un parlare surrealista così vicino a Marx Ernst. I critici definiscono le sue intuizioni estetiche una sorta di viaggio alla Proust. «Marx Ernst imposta l’unione di piani dissociati con una estetica che si separa totalmente dal papier collé e dal cubismo. Si applica al nucleo stesso della coscienza, alla nozione d’identità personale che si dissolve e ritorna instabile, confondendosi con i regni animali e vegetali, vera identità dietro la maschera. Conoscere l’opera di Ernst fu un abbaglio, l’incontro decisivo della ricerca di un mio proprio cammino artistico. Mi affascina il corporeo unito al meccanico. Quella serie carica di tubi, scale, tele contorte o ferraglia, «Io dipingo l’esilio che vive con me» telefoni e computer che zavorrando sull’umanità sono una parte di un essere disperso dalla società moderna». Nel campo delle arti visive le viene riconosciuta una straordinaria sensibilità nel sapere rielaborare la parola dei grandi poeti della dignità umana. «Le mie metafore creative hanno punti di convergenza con l’esperienza poetica alla quale mi sento intimamente legata. Non creo su commissione, limiterebbe la mia libertà di espressione. Per spiegare questo strano processo di simbiosi immagine-poesia dovrei partire dal fatto che sono da sempre un’ossessiva lettrice e i libri che più mi hanno emozionata, sedimentano nel profondo della memoria. Sotto l’influsso di ciò che suggeriscono le immagini, si risvegliano nella mia memoria le voci addormentate dei poeti amati. È il momento insomma in cui un quadro o una poesia creati separatamente si uniscono come le due facce della stessa esperienza estetica». La parola di Rafael Alberti e la sua poesia contenutistica, così fortemente compenetrate l’una nell’altra, sono due facce della medesima esperienza umana? «Il tema dell’esilio ha marcato molte delle mie opere. Non si è mai cancellato dalla mente il ricordo, in quell’alba fredda, dei colpi dati alla porta che annunciavano l’inizio della disgregazione in Argentina. Dopo anni di separazione ho ritrovato il mio paese irriconoscibile, irrecuperabile e cercando la strada, l’amico, la città mi sento naufraga di persone e affetti. preferibile vivere dove sì è davvero stranieri ed incominciare dal niente a costruire nuovi spazi di vita e creatività. Credo che l’origine dei miei collage nasca da queste sensazioni di esilio interiore ed esteriore. E tutto si ripete. Migliaia di sradicati, di indocumentati, numeri di una lista camminano come automi per tutto il pianeta, la loro identità è diventata la dissoluzione dell’identità. Su questo tema ho realizzato una serie di collage È A PINZOLO Ana Erra Guevara Linch, nata in Argentina e poi stabilitasi a Cuba, a l’Avana, ha esposto un suo quadro in dicembre alla mostra dedicata a «L’arte della Natività» tenutasi al PalaDolomiti: con lei una quarantina di artisti di fama nazionale e internazionale. PAGINE | Disponibile un volumetto sulle esposizioni Grande Guerra nel Trentino in una guida ai musei ei Musei trentini della Grande guerra è disponibile la nuova guida che ne illustra caratteristiche, contenuti, attività e servizi. La «Guida ai Musei della Grande Guerra in Trentino» (4 euro ), curata da Anna Pisetta e Donato Riccadonna, è suddivisa in più sezioni dedicate ai diversi ambiti territoriali nei quali «correva» la lunga e tortuosa linea del fronte italo-austriaco. I diciannove musei trentini della Grande guerra, coordinati dal Museo storico italiano della guerra di Rovereto, sono realtà, grandi e piccoli, distribuiti su tutto il territorio provinciale e dedicati in maniera esclusiva o parziale alla memoria della Prima guerra mondiale. Questi musei ora rappresentano gli anelli di una catena la cui sequenza e diffusione restituiscono per intero la dimensione territoriale del teatro del primo N conflitto mondiale. Attualmente, di queste 19 realtà 6 sono aperte al pubblico. Le altre, dopo il consueto periodo di chiusura invernale, riapriranno in primavera. Ecco quali sono i musei ora visitabili: «Pejo 1914-1918 - La guerra sulla porta» (mercoledì dalle 10 alle 12 e giovedì dalle 16 alle 18); Museo della guerra di Vermiglio (da lunedì a sabato 9-12 e 15-18); Museo storico italiano della guerra di Rovereto (da martedì a domenica ore 10-18); Museo nazionale storico degli alpini di Trento sul Doss Trento (martedì-giovedì 9-12 e 13.30-16; venerdì 9-12); Gallerie di Piedicastello a Trento (gestite dalla Fondazione museo storico del Trentino, martedì-domenica ore 9-18); Museo dell’aeronautica «Gianni Caproni» a Mattarello (martedì-domenica 10-13; 14-18). Per ulteriori informazioni, ap- “Forestero”, accompagnati dai testi di Rilke. Uno di questi recita: “Ho perso tutta la coscienza di me stesso, semplicemente dimenticai di esistere”. Rafael Alberti, come molti intellettuali spagnoli della Repubblica, soffrì un lungo esilio. Questo tema ci univa. Ho dedicato una serie di collage alla memoria di questo amico dell’anima, “Elogio al poeta”». Nelle sue creazioni la figura femminile è una costante. «L’arte in ogni sua forma è la chiamata urgente per riparare al dolore e al vuoto. Dentro questa necessità di denuncia il tema della donna è costante nella mia opera: il mio lavoro elude il discorso femminista ed è centrato sulla figura di donne relegate dalla storia ufficiale. Ma non dimentichiamoci che di questa storia fanno parte anche migliaia di uomini sconfitti. La serie di inchiostro/collage su cui lavorai anni fa, porta il titolo “Mujeres de America”. Qui la donna emerge dalla preistoria mitica dell’Atlantide platonica o da quella dei codici maya, passando per le indios coniapayara, maghe come Nakawe, mistiche come Santa Rosa de Lima o vittime degli inganni della fede come la poetessa suor Joana Inés de la Cruz. Guerriere per l’indipendenza come Micaela Bastidas, assassinata assieme al figlio e al marito Tupac Amaru. Lottatrici sociali come Eva Peròn o Rigoberta Menchù. Interminabile genealogia femminile che si conclude drammaticamente con le scomparse e le Madri di Plaza de Mayo. Storie di urla silenziose in cerca di occhi che le restituisca al ruolo nella storia autentica d’America». La sua idea di emancipazione femminile? «Il tema della donna non mi interesserebbe così direttamente se la mia vita non fosse stata marcata da una lotta costante per affermare la mia condizione di donna artista e indipendente. Nel mio caso personale si aggiunga la relazione di famiglia che mi unisce ad un mito del XX° secolo: Che Guevara. Tanto la mia carriera, come la mia opera e persona spariscono quando l’interlocutore viene a scoprire questo mio vincolo familiare. Sull’emancipazione femminile non voglio dettare legge. Lancio urla violente, a volte sussurri dolci per orecchie ricettive. Il mio messaggio sta nei miei quadri e nella mia vita. Di ambedue mi sento artefice». H Rovereto, al Museo della guerra profondimenti, aggiornamenti sugli orari di apertura e le chiusure si può consultare il sito internet www.trentinograndeguerra.it, riferimento on line della rete Trentino grande guerra, il nuovo sistema di rete territoriale, del quale fanno parte anche i musei, che unisce più di un centinaio tra associazioni, realtà museali e istituzioni che in Trentino si occupano dello studio, della tutela e della valorizzazione dell’enorme patrimonio di mobili e immobili della Prima guerra mondiale. a mai pensato ad una ricognizione artistica sul pensiero dell’eroe/poeta della speranza e della dignità umana? «Le sfaccettature che più mi impressionano non sono i fatti eroici della sua vita, ma le pulsioni interiori che modellarono il suo carattere e la sua volontà. In una lettera a suo padre dice: “Ho forgiato la mia volontà con il diletto dell’artista”. Lavorando giorno dopo giorno, con ascetismo e rinunce, realizza se stesso. La sua lotta di tutta una vita contro l’asma, il flagello che lo perseguita fin da piccolo, è per me uno tra i più puri insegnamenti di come la volontà possa sovrapporsi a tutto. Tutto l’intento nel rappresentarlo si fermerebbe in superficie. Lo scrittore e poeta Miguel Barnet non poteva trovare modo migliore per definirlo: “Il poeta sei tu”. Tita Infante sua confidente e amica di gioventù scrisse: “Troppo grande per essere inciso nella pietra”. Il Che è stato una sua propria opera, l’Uomo nuovo. Così desidero pensarlo nella mente e nel cuore».