PROGETTO Assistenza Domiciliare: un Lavoro Flessibile ma non
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PROGETTO Assistenza Domiciliare: un Lavoro Flessibile ma non
PROGETTO Assistenza Domiciliare: un Lavoro Flessibile ma non Precario (legge 125/91) Il contesto I fattori che mettono in evidenza le problematiche del mercato del lavoro sono complesse; tra le principali cause possiamo individuare la flessibilità, percepita oggi in modo incompatibile con la cultura, ancora radicata nella società odierna, del lavoro fisso. La flessibilità non costituirebbe di per se un problema e anzi, se fosse meglio organizzata, potrebbe essere considerata come un fattore di sviluppo nel mercato del lavoro e quindi anche una risorsa. Nello specifico il settore dell’assistenza domiciliare, da noi analizzato, evidenzia in modo particolare la complessità e la precarietà delle condizioni lavorative. Altrettanto complessa, per esigenze familiari, è la realtà di chi assume. Infatti, per un cittadino lavoratore non è più un lusso che ci si concede avere un collaboratore domestico; un aiuto per la gestione familiare e domestica risulta difatti una reale necessità a cui si va incontro affrontando spesso anche oneri economici, che se da un lato costituiscono un sacrificio per l’economia familiare, dall’altro risultano essere necessari per superare le difficoltà di conciliazione tra tempi di vita e di lavoro. Questa analisi è confermata e supportata dalla ricerca effettuata, nell’area metropolitana torinese, dal progetto GIRO.TONDO iniziativa della Città di Torino con finanziamento della Provincia di Torino Co-finanziato dalla Città di Torino legge (40/98) realizzata da CSEA nel 2004. Dalle conclusioni della ricerca si evince che si assiste oggi ad una scomposizione e frammentazione dei nuclei familiari, ad un eccessivo carico di lavoro per la donna che lavora (tra lavoro domestico e extradomestico) circa 60 ore settimanali, dal dossier caritas 2003 si è appreso che le famiglie con un anziano di almeno 65 anni sono passate dal 30% del 1990 al 34% del decennio e che le persone sole rappresentano il 21,3% della popolazione residente. Possiamo presentare le problematiche emerse secondo due diversi punti di lettura: LAVORATRICI I compiti faticosi a cui devono fare fronte i cui confini alle volte non sono chiari La difficoltà di ricongiungere la famiglia per problemi di condizioni abitative o, se ad ore, di reddito non sufficiente (magari lavorano parte delle ore in nero) Una solitudine sociale, lo straniero che svolge lavoro di cura spesso ha poco tempo libero, senza la possibilità di confrontarsi con altre persone. Da qui ne deriva anche una scarsa (se non inesistente) conoscenza delle opportunità che il territorio offre all’assolvimento delle proprie esigenze (permessi di soggiorno, riconoscimento titoli di studio, disbrigo pratiche amministrative, rispetto dei contratti di lavoro..) Precarietà e insicurezza, infatti, alla precarietà che è già intrinseca al percorso di migrazione, si aggiunge quella del tipo di lavoro. Siamo infatti di fronte ad una condizione di lavoro spesso temporanea, strettamente collegata alla sopravvivenza dell’assistito, alla persistenza della malattia, al cambiamento delle condizioni economiche della famiglia presso cui si lavora (perdita del lavoro da parte di uno dei componenti il nucleo familiare, …) e il conseguente impedimento a mantenere un impegno economico precedentemente accordato La crescita personale e professionale per molte lavoratrici è preclusa per problemi di inconciliabilità dei tempi di lavoro con la possibilità di accedere ai corsi di formazione che consentano di conseguire titoli professionali o competenze già acquisite, per colmare una necessità di riconoscimento delle proprie competenze personali e professionali. DATORI DI LAVORO Ricerca di competenze tecniche che hanno a che fare con la cura e la gestione della quotidianità della casa Ricerca di competenze legate alla cura di una persona cara, quindi competenze di tipo affettivo-relazionali e non solo con l’assistito ma anche con la sua famiglia, capacità di scambio affettivo, il creare un’empatia con la persona in situazione di disagio, accogliere i vissuti dell’assistito, riconoscere i bisogni prima che vengano comunicati e accompagnarlo nei momenti di difficoltà Fiducia nei confronti di chi si pone come attore privilegiato con la persona cara, la quale si presuppone richiedere dedizione e pazienza. Fattori che contribuiscono necessariamente a determinare la qualità della vita di entrambi Il confronto, a volte lo scontro, tra culture diverse che può generare in taluni casi incomprensioni e difficoltà prima di una opportunità di reciproca conoscenza e scambio Accettare che chi gestisce la casa (o si mette in relazione con la persona assistita) è una terza persona e riconoscerle quindi lo status e il valore necessario e la condivisione di spazi e compiti Una solitudine sociale, molti sono rinchiusi in una solitudine a due in cui ognuno è rinchiuso nei propri pensieri, per mancanza di argomenti comuni o di incapacità di gestire la difficile situazione Precarietà e insicurezza. Anche per le famiglie esiste la grande incognita della precarietà. Una volta stabilito un rapporto di fiducia, che magari ha impiegato anni per consolidarsi, persiste sempre il timore che la donna immigrata, per gli impegni emotivi, per le condizioni di lavoro (orari pesanti e compiti da svolgere eccessivi) trovi una sistemazione più appropriata e lasci così la famiglia Necessità di supporto e di accompagnamento per il disbrigo di pratiche burocratiche e facilitare il rapporto con la questura e con altri servizi Dalla lettura di questa analisi, l’Associazione APOLIE’ intende promuovere una iniziativa atta ad affrontare le problematiche emerse coinvolgendo attivamente le donne occupate nel settore dell’assistenza domiciliare cambiando la loro condizione di lavoro atipico in condizione di lavoro flessibile ma non precario. Breve descrizione Il progetto prevede la consulenza formativa e l’accompagnamento di 10 donne, occupate nel settore dell’assistenza domiciliare, nella creazione e nella gestione di una cooperativa di tipo A. La finalità dell’iniziativa è di trasformare il lavoro atipico in un lavoro stabile, autonomo e auto-gestito e di permettere, ad almeno tre di loro, di raggiungere un livello dirigenziale e di responsabilità. Soggetti destinatari: 10 donne immigrate, occupate nel settore dell’assistenza domiciliare, selezionate dalla Banca Dati dell’Associazione Apoliè. Descrizione delle fasi e dei tempi del progetto Descrizione dell’azione Obiettivi - Selezione di 10 donne, occupate nel settore Selezione delle donne e formazione del dell’assistenza domiciliare, dalla Banca Dati dell’Associazione Apoliè gruppo Fase 1: - Far emergere un gruppo di leader formato da 3 delle 10 donne Fase 2: Creazione ed attivazione della cooperativa - Preparazione del gruppo delle donne selezionate ad un impegno collettivo - Stesura dello statuto e del regolamento interno - Avvio delle procedure per la creazione della cooperativa Fase 3: Consulenza e affiancamento nella gestione della cooperativa - Rendere attiva la cooperativa sul mercato del lavoro - Pubblicizzare la cooperativa attraverso attività di promozione - Rendere efficace la gestione della cooperativa Fase 4: - Verifica dell’andamento del progetto complessivo Verifica e valutazione finale - Azioni preventive e correttive della gestione quotidiana - Controllo del budget Approvato con D.M. 22 dicembre 2005 con riferimento alla l. n° 125 del 10/04/1991 apolié Referenti Joseph Diahoue Raffaella Ferrara Abdessamad El Gazzar El Idrissi