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UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI PAVIA Facoltà di Medicina e Chirurgia Corso di Laurea Specialistica in Scienze e Tecniche dell’Attività Motoria e Sportiva II Anno I La PERSONA alla SCOPERTA della PROPRIA AUTONOMIA Appunti per il corso “PSICOLOGIA DELL’HANDICAP E DELLA RIABILITAZIONE” a cura di Laura Dionigi Anno accademico 2006-2007 I semestre N.B.: Gli appunti che seguono sono una rielaborazione da parte del docente Laura Dionigi delle opere citate in bibliografia, in particolare di: - J. Le Boulch-MOUVEMENT ET DEVELOPPEMENT DE LA PERSONNE–Vigot Parigi 1995 - Vezio Ruggieri – L’IDENTITA’ IN PSICOLOGIA E TEATRO – Magi 2001 Indice I - DIVERSAMENTE UGUALI 1.1 La persona nella sua unità e globalità 2.1. L’autonomia della persona II – LA PERSONA PROTAGONISTA DEL PROPRIO APPRENDIMENTO 2.1 L’identità personale come processo neurofisiologico integrato 2.2 L’organizzazione del bagaglio funzionale come sistema di relazioni 2.3 Sistema limbico e organizzazione energetica 2.4 Strutture limbiche e affettività 2.5 Ruolo della corteccia nell’apprendimento motorio, intenzionalità, motivazione III - NELLA PRATICA 3.1 – Valorizzazione delle risorse personali ed analisi funzionale 3.2 – Il movimento e la “storia” funzionale dei soggetti N.B.: La preparazione dell’esame è completata dai volumi : • S.Soresi-Psicologia dell’handicap e della riabilitazione – ed. il Mulino • J. Le Boulch- Movimento e sviluppo della persona – ed. Associazione Musicalificio Grande Blu – Roma 2006• Psicomotricità Funzionale e riabilitazione – Atti del corso tenuto a Roma da Jean Le Boulch (già consegnati per essere fotocopiati) Per contatti con la docente indirizzo e-mail: [email protected] 2 PROGRAMMA L’AMBIENTE E LE OFFERTE EDUCATIVO-FORMATIVE • • • l’Ambiente definisce e classifica le situazioni di handicap L’Ambiente alla ricerca delle modalità e degli strumenti per integrare le persone in difficoltà nella società (famiglia, scuola, lavoro, ecc.) La qualità della vita e la ricerca per migliorarla. (Soresi Salvatore– PSICOLOGIA DELL’HANDICAP E DELLA RIABILITAZIONE- il Mulino) LA PERSONA ALLA SCOPERTA DELLA PROPRIA AUTONOMIA • • • • • • • Diversamente uguali L’identità e l’autonomia Dal muscolo alla identità, un processo psicofisiologico (benessere/malessere) Il bagaglio funzionale della persona Protagonisti del proprio apprendimento Psicomotricità funzionale e persone in situazione di handicap (disabilità motorie, sensoriali, energetico-affettive, cognitive): educare per integrare Analisi funzionale (Dionigi Laura- LA PERSONA ALLA SCOPERTA DELLA PROPRIA AUTONOMIA- Appunti 2003- Bibliografia BERTHOZ A., Il senso del movimento – Mac Graw-Hill 1998 DAMASIO A.R., L’errore di Cartesio, Adelphi 1995 DELMAS A., Vie e centri nervosi, Masson 1986 ECCLES J.C., Evoluzione del cervello e creazione dell'Io - Armando 1991 EDELMANN G.M., Sulla materia della mente, Adelphi1993 EDELMANN G.M., Il presente ricordato, Rizzoli 1991 FEUERSTEIN R., Non accettarmi come sono, Sansoni1995 GARDNER H., Formae mentis, Feltrinelli 1987 LABORIT H, Elogio della fuga,, Mondadori 1982 LE BOULCH J., Mouvement et dévéloppement de la personne, Vigot 1995 LE BOULCH J., Le Corps à l’école au Xxe siècle, PUF Presse Universitaire 1998 LE BOULCH J., Sport Educativo, Armando 1990 LE BOULCH J., Basi Scientifiche della Psicocinetica- Atti, Cremona 10/199 LE BOULCH J., Disponibilità Corporea - Atti, Pavia 10/1990 LE DOUX J., Il sé sinaptico – Raffaello Cortina Ed. 2001 LE DOUX J., Il cervello emotivo MATURANA H. E VARELA F., L’albero della conoscenza, Garzanti 1992 RUGGIERI V., L’identità in psicologia e teatro – Ed.Scientifiche Magi 2001 VARELA F. THOMPSON E. ROSCH E., La via di mezzo della conoscenza, Feltrinelli 1992 3 I - DIVERSAMENTE UGUALI 1.1 – La persona nella sua unità e globalità Al termine “prevenzione” si dà in generale un significato piuttosto ristretto: “Attuazione dei provvedimenti più adeguati ad impedire che si manifesti qualcosa di dannoso, pericoloso e sim.” O ancora “In diritto del lavoro, la prevenzione costituisce il complesso di regole che i datori di lavoro devono osservare per impedire infortuni sul luogo di lavoro”(da Vocabolario della lingua italiana - Zingarelli) Nel corso di Scienze Motorie tale termine deve acquistare un significato di più ampio respiro, la prevenzione mira piuttosto a condurre la persona verso uno suo stato di benessere, del quale essa stessa diventa responsabile, attraverso uno strumento, il movimento, che cerchiamo di utilizzare nella sua accezione più ampia. Quando parliamo di sport, di espressione corporea, di gioco, di ginnastica, parliamo di alcune manifestazioni del movimento, ognuna con un suo aspetto peculiare, ma ognuna di esse non esaurisce però il concetto di “ movimento”. Questa è una precisazione che può sembrare ovvia, spesso però quando si parla di movimento, la mente corre quasi esclusivamente allo sport, alla performance: tanto per fare un esempio, lo stereotipo è che lo sport sia “il” movimento, chiariamo invece che il movimento è “anche” sport. La persona dunque utilizza come strumento il movimento per esprimersi ed operare (v allegato n°1 di questi appunti). In particolare ai nostri giorni il movimento viene utilizzato in pratiche che si moltiplicano in approcci diversi, in attività sportive, attività all’aria aperta, attività d’espressione ed artistiche, attività fisiche applicate alla formazione professionale, attività per la messa in “forma” (muscolazione, aerobica, stretching) e così via, il rischio è che la persona si disperda in attività specifiche in cui il corpo è impegnato in attività talvolta contradditorie. Nel nostro corso, in cui ci appoggiamo alla psicocinetica (Le Boulch), scienza del movimento umano applicata allo sviluppo della persona, ed alla psicomotricità funzionale, sua applicazione pratica, il movimento diventa uno strumento coerente che, attraverso attività non più affrontate in modo caotico e contradditorio, rinforza l’unità e l’autonomia della persona. Possiamo pertanto classificare le varie attività, a seconda del loro significato, in: 4 Attività operative che ricercano la padronanza della realtà, la efficacia oggettiva (attività sportive individuali e collettive, attività fisiche all’aria aperta, ecc.) Attività di espressione e comunicazione che hanno come obiettivo di tradurre spontaneamente (espressione) o intenzionalmente (comunicazione) i sentimenti e le emozioni, sia i propri sia di personaggi fittizi. L’analisi funzionale delle funzioni psicomotorie, energetiche ed operative dell’organismo autonomo in interazione con l’ambiente (v. Quadro di analisi funzionale, già fornito in corsi precedenti, allegato a questi appunti come allegato n°2), ci aiuterà a preparare progetti in cui il movimento, sotto la forma di attività le più idonee ai bisogni ed alle motivazioni dei soggetti, servirà da strumento affinchè le persone raggiungano la piena consapevolezza di sè nella propria globalità e nelle proprie parti e sappiano valorizzare al meglio le proprie risorse funzionali per raggiungere un certo benessere. Anche il termine “benessere” cercheremo di intenderlo nel suo significato più completo: “Stato di soddisfazione interiore, risultato di un equilibrio psico-fisico” (Zingarelli), non solo nel significato di assenza di malattia. Per questo parliamo di persone e non di pazienti: attraverso una educazione attraverso il movimento andiamo ad interessare il bagaglio funzionale di ciascuno, che può essere più o meno compromesso nelle funzioni motorie, sensoriali, mentali (cognitive e psicoaffettive, v. allegati n° 3 e n°4), per far raggiungere ai soggetti i diversi gradi di autonomia, compatibili con le loro possibilità, facendo leva sulle funzioni integre o utilizzando funzioni alternative, che opportunamente coinvolte possono portare la persona all’ autosufficienza (autonomia personale) ed alla possibilità di essere integrati in un ambiente (autonomia sociale). Il bagaglio di conoscenze, frammentato nelle varie discipline del corso di Scienze Motorie, deve restituirci alla fine la persona nella sua unità, gli aspetti strutturali e funzionali della quale determineranno gli obiettivi da perseguire, legati ai problemi di ciascuno, per la vera realizzazione delle persone, tutte diversamente uguali fra loro. “Tutti possediamo i medesimi sistemi cerebrali ed anche il numero di neuroni in ciascun sistema cerebrale è approssimativamente lo stesso in ognuno di noi. Ciònonostante, il particolare modo in cui quei neuroni sono connessi è diverso, e questa unicità è, in 5 sintesi, quel che ci rende quelli che siamo” (Joseph Le Doux- IL SE’ SINAPTICO – Cortina ed. pag.422). Il nostro compito, come professionisti che utilizzano il movimento, è appunto quello di aiutare le persone, disabili e non, a migliorare “quello che le rende quelle che sono”, nel rispetto delle diversità di ciascuno. 1.2 - L’autonomia della persona P. Vendryès, ne L’autonomie du vivant – Maloine Ed, definisce l’essere autonomo come un sistema che ha in se stesso i meccanismi che gli fanno acquisire la propria autonomia e che dispone dunque di proprie leggi di funzionamento. 1 - Per definire un essere vivente autonomo, è necessario mettere a fuoco le caratteristiche che lo contraddistinguono: - l’essere è autonomo perché lo diventa, dunque l’autonomia proviene da una acquisizione - l’essere vivente acquisisce la propria autonomia a partire dall’ambiente esterno e nella relazione con esso. L’ambiente è un referenziale essenziale, bisogna sempre indicare in rapporto a che cosa un sistema è autonomo. Le relazioni fra essere autonomo e proprio ambiente sono intime e sottili. 2 – è necessario poi specificare i meccanismi grazie ai quali è acquisita l’autonomia: - l’essere autonomo deve agire lui stesso nelle proprie relazioni con l’ambiente: ad esempio ha una parete semi-permeabile e selettrice che gli serve nel contempo sia da isolante verso l’ambiente che da superficie di scambio; - questi scambi vengono controllati qualitativamente (nella loro natura): al bisogno, gli scambi fisico-chimici sono sottoposti a funzioni di digestione, che li riducono ad uno stato più elementare più assimilabile e più utilizzabile per i metabolismi dell’organismo; - si arriva così all’atto più importante della acquisizione della autonomia: la MESSA IN RISERVA degli elementi prelevati dall’ambiente, l’organismo dunque costituisce le sue riserve a partire dall’esterno, ma in seguito funzionerà a partire dal proprio ambiente interno; 6 - un altro atto fondamentale nella acquisizione della autonomia concerne l’uso di queste riserve attraverso l’AUTOREGOLAZIONE che fa sì che l’accumulo di queste non sia disperso a caso; pertanto questo gemellaggio fra riserve e regolazioni porterà ad autodeterminazioni interne. Si può dunque affermare che l’essere vivente si è reso indipendente dall’ambiente esterno, da cui dipende per i suoi rifornimenti, e che esso dispone delle sue proprie condizioni di vita, ha dunque acquisito l’autonomia dei propri metabolismi. Possiamo distinguere diverse varietà di autonomia: per esempio i Pesci hanno autonomia metabolica e motoria in rapporto ad un ambiente acquatico, gli Anfibi hanno autonomia metabolica in rapporto al mezzo aereo e motoria anche in rapporto all’ambiente terrestre, gli Uccelli hanno autonomia motoria anche in rapporto all’ambiente aereo, i Mammiferi hanno acquisito una autonomia termica, ecc.ecc. Nel caso dell’Uomo è possibile parlare di autonomia metabolica motoria intellettuale Sottolineiamo a questo punto che l’autonomia metabolica deve essere acquisita prima di quella motoria, essendo la prima una condizione necessaria per la seconda. Per quanto riguarda il raggiungimento ed il mantenimento dell’autonomia motoria si rimanda agli appunti dei corsi precedenti sulla psicocinetica, base sulla quale si appoggia tutto il lavoro di quest’anno. Per parlare di autonomia motoria della persona globale, cioè nella sua unità funzionale psicomotoria e mentale (psico-affettiva e cognitiva) in un ambiente, ci si deve riferire agli apporti scientifici che provengono dalle scienze biologiche (neuroscienze, anatomia, fisiologia ecc) e dalle scienze umane (scienza dell’ educazione, antropologia, psicologia, ecc.). La psicocinetica, scienza del movimento umano applicata allo sviluppo della persona, ha come oggetto della sua ricerca il movimento, inteso appunto come strumento per facilitare questo sviluppo funzionale globale. Jean Le Boulch, con la psicocinetica, ci ha lasciato le basi scientifiche (in particolare da pag.124 a pag. 176 dell’opera Movimento e sviluppo della persona) che permettono di utilizzare attraverso la psicomotricità funzionale i dati più attuali sul funzionamento globale della persona, vista nelle varie età della vita ( v. allegato n°5 schema Evoluzione delle funzioni) in presenza o meno di situazioni di handicap. 7 II – LA PERSONA PROTAGONISTA DEI PROPRI APPRENDIMENTI 2.1 L’identità personale come processo neurofisiologico integrato Il lavoro che abbiamo messo a punto anche nel corso delle lezioni pratiche, ha lo scopo di facilitare la persona nel processo di costruzione e stabilizzazione della propria identità. Ruggieri, psicofisiologo al quale facciamo riferimento in questo paragrafo, dà dell’ identità la seguente definizione: “E’ la corrispondenza tra l’immagine di se stessi e l’esperienza concreta di “se stessi” che conferma la propria autorappresentazione”, cioè l’dentità nasce nel momento in cui la rappresentazione di se stessi si incontra con l’esperienza reale di se stessi. Lo stesso autore distingue l’identità dalla identificazione: “L’identificazione è un processo attraverso il quale un individuo assume una diversa identità che corrisponde a quella del personaggio con cui si è identificato”. I due termini si riferiscono a fenomeni diversi, anche se collegati. L’identità investe diversi meccanismi, funzioni e livelli: a un estremo possiamo avere la crisi di identità o una identità fragile e instabile e ad un altro estremo possiamo avere identità rigide, ristrette, stereotipate. “La prima identità è ovviamente corporea e pertanto l’immagine corporea elaborata dalla corteccia cerebrale è un elemento comune a tutte le autorappresentazioni". L’immagine corporea a sua volta è una autorappresentazione ampia e complessa che si compone di diverse sotto-unità……. Una crisi di identità è una crisi di corrispondenza tra l’autorappresentazione e le esperienze psicologiche e fisiologiche che la producono. PROCESSO D’IDENTITA’ Corteccia cerebrale sede dell’autorappresentazione Periferia del corpo sede della interazione con l’ambiente, degli atteggiamenti posturali, della fenomenologia espressiva 8 Da un punto di vista strettamente fisiologico il processo di identità necessita di: a. un coinvolgimento della corteccia cerebrale nella quale si produce l’autorappresentazione, che è una forma particolare di immaginazione caratterizzata da una relativa stabilità e costanza temporale, b. un coinvolgimento della periferia del corpo in cui prendono forma atteggiamenti espressivi che sono in sostanza atteggiamenti posturali, attraverso la regolazione dell’attività tonico-motoria del sistema muscolare. Ma oltre a queste connessioni “verticali” esistono meccanismi di interconnessione tra le subcomponenti verticali, esiste cioè un processo di costruzione psicofisiologica della unità dell’Io, che mantiene la sua compattezza e unitarietà funzionale e quindi esperenziale. L’Io viene definito come l’ “organizzazione del corpo” dove “il corpo è la struttura portante dell’Io”. L’Io esiste in quanto sintetizza e unifica l’attività corporea. Ruggeri magistralmente ci dice che l’assenza di attività alla periferia del corpo, poiché non è segnalata a livello della corteccia cerebrale, può sfociare in una specie di “buco” nella mappa che costituisce l’immagine del corpo. Sappiamo che gli stimoli non sono altro che variazioni energetiche (meccaniche, elettriche, chimiche, elettromagnetiche), sappiamo pure che se questi stimoli agiscono “continuativamente su un recettore” perdono la proprietà di segnalare l’avvenuta stimolazione (“adattamento dei recettori”), ciò che a livello di mappa cerebrale si risolve in un’”assenza” per aree corporee in cui sono presenti contratture muscolari, cioè contrazioni non seguite da rilassamento. Tali contrazioni “fissate rigidamente” perdono la capacità di essere rappresentate corticalmente in quanto sede di attività. Ruggieri conclude che per avere rappresentazione di aree del corpo è necessario che il sistema muscolare sia continuamente in attività, intesa sia come continua variazione dei potenziali elettrici “a riposo” delle fibre, che di potenziali di azione che possono presentarsi con diverse frequenze di scarica. Da un punto di vista neurofisiologico l’identità si costruisce allora (v.allegato n°6) attraverso un flusso continuo di informazioni (enterocettive, esterocettive, propriocettive) che raggiungono le diverse stazioni del SNC, con una prima importante sintesi a livello di diecenfalo e delle aree di proiezione primaria della corteccia cerebrale (corrispondenza somatotopica dell’area post-centrale o post-rolandica). Nella figura questi passaggi costituiscono ciò che avviene nella “scatola interna”; 9 al secondo livello (seconda scatola) sta il passo successivo, c’è cioè un’importante sintesi delle informazioni sensoriali elementari la quale produce una rappresentazione unitaria dell’immagine del corpo; per l’unificazione cinestesica è necessario passare dalla proiezione somatotopica, le cellule delle diverse aree di proiezione confluiscono sinapticamente con gruppi di cellule che operano una rappresentazione unitaria sintetica, ciò che corrisponde secondo Ruggieri, alla costruzione della immagine del corpo ( si passa dunque per l’arricchimento dello schema corporeo cosciente v. Movimento e sviluppo della persona nella parte riguardante il passaggio da schema corporeo inconscio a cosciente); nell’area della immagine del corpo si sintetizzano oltre che informazioni provenienti dal sistema cinestesico, anche informazioni provenienti da sistemi sensoriali visivi, acustico, ecc. il processo psicosensoriale specifico si collega inoltre con altri aspetti significativi dell’autorappresentazione, l’immagine corporea si modifica infatti in rapporto al ruolo e funzioni sociali che la persona riveste (terza scatola) , tema complesso legato anche alla costruzione dell’immagine di Sé, intesa come un allargamento dell’immagine corporea. 2.2 L’organizzazione del bagaglio funzionale come sistema di relazioni Il neurologo Laborit (DIO NON GIOCA A DADI – Eléuthera/-LA VITA ANTERIORE – Saggi Mondadori), parte dalla organizzazione della materia nel sistema solare e nei suoi pianeti, avvenuta in uno spazio-tempo cosmico con livelli di organizzazione su scala universale, per puntualizzare che circa tre miliardi di anni fa avviene un’ ulteriore organizzazione della materia tramite un processo particolare che dà origine a sistemi definiti esseri viventi. In questi, ogni livello di organizzazione acquista il significato di proteggere, se così si può dire, il livello che ingloba, facendo apparire una nuova funzione dell’insieme e così fino al cervello umano. Laborit, parlando dei meccanismi dei viventi, così sintetizza “” ….. (esistono) diversi livelli di organizzazione: il livello atomico, il livello molecolare, il livello della reazione enzimatica, quello delle catene metaboliche, quello della cellula. S’aggiunga che le catene metaboliche sono generalmente comprese in quelli che si usano definire organuli intracellulari, come i mitocondri, il nucleo, le membrane, il reticolo endoplasmatico, ecc., che da un certo punto di vista possono considerarsi macchine che permettono il 10 funzionamento di quella fabbrica chimica che è la cellula; ma risulta soprattutto evidente che nessun livello di organizzazione potrebbe funzionare di per sé se non ricevesse energia e informazione, se non obbedisse ad un ordine che gli viene trasmesso dal livello di organizzazione in cui è inglobato. Ne deriva anche che il funzionamento e l’attività delle cellule dipendono dalla attività funzionale degli organi, questi a loro volta dall’attività dei sistemi di cui fanno parte. E i sistemi sono riuniti in un organismo, il quale dal canto suo è situato in un ambiente, uno spazio. E’ l’attività dell’organismo in questo spazio che influenza l’attività dei sistemi e, di conseguenza, quella di tutti gli altri livelli di organizzazione fino al molecolare. Ma l’attività di questo sistema, di questo individuo, che è incluso in un gruppo sociale, è regolata dalla finalità del gruppo sociale stesso, il quale fa parte di gruppi sociali più grandi che lo inglobano. Risulta così evidente che, da un livello di organizzazione all’altro, si approda per forza di cose al livello di organizzazione della specie……….omissis……. Il riduzionismo consiste ……nel credere che, descrivendo il funzionamento di un livello di organizzazione, si possa comprendere l’insieme del funzionamento del sistema…….”” L’autore porta vari esempi di ricercatori che sottopongono ad osservazione un livello di organizzazione isolato: il biochimico studia una reazione enzimatica in vitro, i mitocondri, o un frammento di tessuto isolato; il fisiologo un organo isolato, o un sistema, nervoso, cardiovascolare, endocrino, ecc. o un organismo nel contesto del laboratorio, dotato di caratteristiche controllate; l’etologo studia nell’animale o nell’uomo il comportamento isolato o nel contesto sociale, e via elencando. Ognuno ignora quasi completamente tutto ciò che l’altro ha ricavato dal suo studio e d’altronde è difficile comportarsi altrimenti. Prosegue l’autore: “” In questi sistemi ipercomplessi i fattori che intervengono sono infatti talmente numerosi che si è obbligati ad isolare un livello di organizzazione onde osservarlo correttamente, facendo variare un solo fattore alla volta e constatando quale sia la conseguenza di tale variazione sul valore dell’effetto. Ci si mette così in grado di controllare un certo numero di variabili, di misurarne l’ambito di variazione e l’influenza sull’effetto prodotto dall’effettore. Però non bisogna credere che il livello di organizzazione osservato, ricollocato nel sistema che lo ingloba, debba comportarsi allo stesso modo: numerose variabili possono essere state ignorate e, solo tornando alla situazione di origine, si avrà modo di rendersi conto che gli effetti osservati e controllati per quanto attiene il livello di organizzazione isolato non sono gli stessi di quelli osservati quando lo si sia ricollocato al suo posto. La conoscenza dei vari livelli di organizzazione è d’altra parte indispensabile, è 11 necessario però identificare le relazioni esistenti tra ciascun livello d’organizzazione, per comprendere la dinamica dell’insieme. Laborit sottolinea infine che: “Per quanto sottile possa essere il nostro approccio ad una struttura, il modello che possiamo fornirne sarà sempre null’altro che un sottoinsieme dell’insieme dei rapporti, vale a dire della Struttura (con la S maiuscola)” Gli schemi rispettivamente a pag.36 e 34 del libro Movimento e sviluppo della persona (v.allegati n°7 e 8) rappresentano la dinamica dell’insieme delle relazioni esistenti tra i livelli di organizzazione (riflesso, automatico, intenzionale o corticale) • del sistema nervoso operativo nel quale sono raffigurate le informazioni esterocettive e propriocettive nella loro risalita verso una complessa integrazione che darà luogo a risposte motorie differenti (allegato n° 7) • del sistema nervoso energetico in cui è messa in risalto la formazione reticolare, principale centro che tratta le informazioni attraverso vie polisinaptiche aspecifiche influenzando la funzione di veglia e il tono di base. (allegato n°8) Ognuno degli schemi non rappresenta ovviamente tutta la complessità delle relazioni esistenti tra i vari livelli funzionali, ma mette in risalto alcuni aspetti di queste relazioni che più ci interessano per il nostro lavoro. Si tralascia l’approfondimento del primo sistema affrontato nel corso di studi da diverse discipline; per quanto riguarda l’organizzazione della funzione energetica si rimanda a quanto trattato nel libro citato Movimento e sviluppo della persona. I paragrafi che seguono riprendono alcuni concetti che mettono particolarmente in risalto i concetti di intenzionalità, motivazione, sforzo e sono liberamente tratti dagli atti del corso di Basi Scientifiche della Psicocinetica di Le Boulch – Pavia 1997) 2.3 Sistema Limbico e organizzazione energetica Fra le strutture di questo sistema distinguiamo - il cingolo, detto corteccia affettiva, contorna il corpo calloso e si trova sotto alla neocorteccia; - una parte più arcaica che comprende il lobo olfattivo con le vie olfattive, l’ippocampo (il dorsale di aspetto nastriforme ed il ventrale detto corno di Ammone), il nucleo amigdaloideo o amigdala, i nuclei del setto. L’ippocampo ha un ruolo di primo piano nell’adattamento degli organismi al loro ambiente, è una delle strutture del SNC che manifesta una grande attività biochimica ed elettrica; esso 12 riceve informazioni da numerose strutture nervose sia corticali che sottocorticali, in particolare è in relazione con la corteccia cingolare. Il cingolo a sua volta è in relazione con la neocorteccia, sul piano funzionale presiede all’associazione di fenomeni coscienti ed istintivi (Delmas), spesso si ragiona in termini di opposizione, ma in realtà ci sono strette relazioni tra corteccia affettiva e corteccia cognitiva. L’ippocampo è inoltre direttamente legato all’ipotalamo, dal quale è costantemente informato sullo stato dei bisogni organici dell’organismo; riceve inoltre informazioni provenienti dall’ambiente (informazioni esterocettive) tramite il circuito di Papez che proviene dal talamo e passa per il cingolo. Un legame particolare è costituito dalla relazione con la corteccia entorinale e la regione vicina alla corteccia temporale. Tutto questo insieme di interazioni fra strutture permette all’ippocampo di giocare il suo ruolo di comparatore, cioè gli permette di confrontare i bisogni della persona con la capacità dell’ambiente nel soddisfare o no tali esigenze, grazie anche ad una certa forma di memorizzazione in rapporto ad esperienze precedenti. L’ippocampo, verso il quale convergono tutte queste informazioni, associerà la sua attività in termini energetici, o di motivazione o di rifiuto. Questa valutazione dei bisogni dell’organismo e delle condizioni dell’ambiente si proietterà sul comportamento più o meno attivo della persona, ci sarà cioè una risposta attiva nel senso di una intenzionalità oppure di un rifiuto della situazione. La risposta dinamica può dunque prendere tre forme: - confronto attivo con l’ambiente (intenzionalità), si entra così nel processo di aggiustamento; - c’è un rifiuto, una inibizione, una passività, il soggetto non compie lo sforzo per confrontarsi con situazioni vissute come negative; - c’è ancora rifiuto per una situazione giudicata negativa che si esprime però attraverso l’aggressività. L’ippocampo organizza queste tre possibili risposte, passando secondo Eccles, attraverso due intermediari facenti parte del sistema limbico, l’amigdala e il setto, due sistemi in cui avviene l’organizzazione energetica che permette un certo equilibrio o che al contrario rinforza il comportamento fino alla aggressività o alla inibizione. L’amigdala è un nucleo di sostanza grigia situato in avanti rispetto all’ippocampo, nella profondità del lobo temporale, esso riceve delle afferenze dal bulbo olfattivo, dall’ippocampo e dalle diverse strutture corticali vicine. Per capire la sua funzione bisogna 13 considerare ciò che succede nella sua lesione o distruzione: in questo caso l’animale diventa passivo, le sue capacità energetiche diminuiscono. Il suo ruolo è infatti la messa in all’erta dell’organismo in funzione dei suoi bisogni, aumenta il grado di eccitabilità della struttura reticolare, ha pertanto un ruolo di stimolazione rispetto ai bisogni. Si può dire che la decisione non è presa dall’amigdala ma dall’ippocampo il quale, valutata la capacità dell’ambiente nel soddisfare i bisogni, dà semaforo verde all’amigdala affinchè continui la sua attività, per proseguire con un buon livello di intenzionalità, e grazie al livello energetico distribuito dalla sostanza reticolare. Infatti tutto questo sarà dispensato per mezzo della attività reticolare che aumenta il tono di base, il livello di vigilanza ed è selettiva in funzione dei bisogni. La messa in opera passa dunque attraverso la sostanza reticolare, l’amigdala ha il ruolo di permettere lo sviluppo dell’azione. Consideriamo ora il setto e vediamo innanzitutto l’effetto della distruzione di questa regione : a livello sperimentale si osserva che l’animale entra in fase di eccitazione, la sua attività energetica è quindi esagerata e incontrollata. In sintesi, questi due nuclei di sostanza grigia ricevono l’informazione dall’ippocampo, ripercuotono queste informazioni a livello di formazione reticolare per far variare il livello energetico; sopprimendo uno di questi nuclei, per esempio l’amigdala, si ha una diminuzione della attività, mentre la distruzione del setto porta ad una esagerazione della attività. Dunque possiamo concludere che c’è una sorta di equilibrio energetico tra amigdala e setto, dove il setto avrebbe un ruolo di freno sull’attività dell’amigdala, fatto che ha portato ad una serie di ipotesi sull’origine della instabilità psicomotoria. Ci sono più cause possibili, può trattarsi di una patologia del setto che permette la liberazione incontrollata dell’energia distribuita dall’amigdala, oppure potrebbe dipendere da carenze educative che si ripercuotono sul funzionamento del fascio inibitore discendente, infatti l’educazione al rispetto di alcuni limiti nella propria attività, cioè al controllo tonico, è ideale fra i due e i tre anni: se questo non è acquisito intorno ai tre anni, questa educazione deve essere ripresa in seguito ed è importantissima per lo sviluppo della persona. Comunque l’instabilità psicomotoria può essere ricondotta a cause diverse. L’insieme setto/amigdala interviene verosimilmente nell’instaurarsi dell’equilibrio emozionale legato alla manifestazione delle attitudini affettive, naturalmente sotto il controllo globale dell’ippocampo. 14 2.4 - Strutture limbiche e affettività Se vogliamo riassumere l’insieme descritto, bisogna ritornare alla formazione reticolare, è un ritorno alle origini: ricordiamo che la funzione energetica è dovuta alla attività reticolare con i suoi fasci attivatori ed inibitori, che determinano un equilibrio a livello energetico, ma questo equilibrio dipende anche dalle esperienze relazionali della persona rispetto al suo ambiente. Questa interazione persona/ambiente avrà due aspetti complementari in funzione • dei bisogni dell’organismo: sono i bisogni primari modulati dall’ipotalamo, in rapporto ad essi potrà esserci o una stimolazione dell’attività reticolare quando l’organismo è in situazione di bisogno o al contrario un abbassamento dell’attività reticolare quando i bisogni sono soddisfatti; questa fluttuazione del livello energetico è direttamente legata alla soddisfazione o non soddisfazione dei bisogni, valutata dalle strutture limbiche più arcaiche; • bisogni di un livello più elaborato riguardanti le relazioni sociali, altra categoria di motivazioni rispetto all’inserimento della persona nel suo ambiente culturale ( sui quali l’ippocampo riceve informazioni dalle strutture limbiche più evolute). Questa organizzazione dell’attività limbica, la cui supervisione spetta al cingolo, mano a mano che evolve in funzione delle esperienze, determina le attitudini affettive e le caratteristiche emotive della persona. Si possono allora avere persone che posseggono un certo equilibrio emotivo, non legato a cause genetiche ma piuttosto ad una prevalenza di esperienze positive vissute precocemente nell’infanzia, il soggetto appare sicuro: constatando che le sue esperienze di aggiustamento riescono, egli acquista fiducia in sé, ciò porta ad un equilibrio globale. Al contrario, possiamo osservare un temperamento ansioso in cui il soggetto, avendo vissuto ripetuti insuccessi, avendo metodicamente fatto l’esperienza che molti dei suoi tentativi fallivano, ha insicurezza, senso di fallimento, in poche parole non ha fiducia in sé. Se si vuole dare credito a Freud, queste caratteristiche di comportamento si strutturano già a partire dalla prima infanzia, nel momento in cui le esperienze sono inconscie, c’è cioè una memoria di esperienze vissute in profondità. Le diverse esperienze determinano quindi la personalità emotiva della persona. 15 In seguito le esperienze, continuando in tutto il periodo di crescita, vanno a costruirsi su un fondo di fiducia in sé o ansietà, è ovvio che la persona sarà più attratta dalle situazioni gratificanti di riuscita ( vissute come positive), ciò che modulerà le motivazioni, altre situazioni saranno invece evitate. A livello scolastico ciò appare con evidenza: alcuni sono attratti dalla matematica, e sono allergici nei confronti di materie più letterarie o viceversa, a seconda dei diversi aspetti della motivazione. Le situazioni che attireranno mobilizzeranno l’energia necessaria per confrontarsi con esse, tutto questo si diversificherà a seconda delle persone. Si potrebbe allora prevedere una strategia educativa che eviti continue esperienze traumatizzanti a soggetti che non hanno al momento nessuna possibilità di riuscita e che privilegi situazioni nelle quali la persona ha qualche probabilità di successo, come propone Howard Gardner nella sua ricerca sulle intelligenze multiple. 2.5 Ruolo della corteccia nell’apprendimento motorio, intenzionalità e motivazone Nell’affrontare il lavoro pratico abbiamo distinto due tipi di apprendimento. - Apprendimento motorio primitivo che avviene a due livelli: - ad un livello senso-motorio, in cui il trattamento della informazione avviene in modo inconscio, l’attenzione è centrata sullo scopo da raggiungere, - ad un livello percettivo-motorio, che diventa necessario nel momento in cui il soggetto non riesce a rispondere efficacemente alla situazione e viene aiutato dall’ educatore, che non fornisce la risposta ma sposta l’attenzione del soggetto stesso dallo scopo da raggiungere a dati percettivi significativi che mettono in gioco le funzioni percettive, passando così da un lavoro di aggiustamento ad un lavoro percettivo; chiaramente si porterà l’attenzione su un solo dato per volta (fondamentale). Questa attenzione percettiva, focalizzata, migliorerà il successivo aggiustamento ed il risultato dell’azione. - Apprendimento motorio secondario (programmato mentalmente) o cognitivo nel quale l’attenzione si sposta dallo scopo da raggiungere alle modalità di esecuzione ciò che permette la dissociazione di automatismi globali, lavoro legato al passaggio dallo schema corporeo inconscio a una percezione cosciente delle differenti parti del corpo (per esempio la dissociazione del bacino sulle cosce). Per percezione si intende il trattamento corticale dell’informazione che risulta dalla cooperazione di milioni di neuroni ripartiti in diverse zone della corteccia cerebrale dei due 16 emisferi. Distinguiamo i due ruoli complementari fra l’emisfero non dominante e l’emisfero dominante: - il primo tratta l’informazione in modo globale, è più legato all’aggiustamento globale che coinvolge nello stesso tempo il corpo proprio e lo spazio come avviene nell’attività di esplorazione (come nella consegna “Andate dappertutto”, in un ambiente nuovo ). Il passaggio dal senso-motorio al percettivo-motorio in una situazione-problema di questo tipo prevede un’ulteriore consegna del tipo “ Circolare liberamente restando entro le righe ” ove la presa d’informazione visiva è ancora globale (attenzione diffusa), - l’emisfero sinistro ha un approccio analitico, logico, le sue funzioni percettive sono complementari a quelle dell’altro emisfero, è l’emisfero del linguaggio e del pensiero razionale. Dunque esistono due strategie percettive, quella assicurata dall’emisfero destro ha un trattamento globale e più rapido dell’ informazione ed è influenzato dalle valutazioni fatte dal sistema limbico, che lega una situazione alla alternativa della soddisfazione-non soddisfazione di un bisogno, a quella della riuscita-insuccesso di una attività. La maturazione dell’emisfero sinistro subisce una accelerazione nel momento in cui appare il linguaggio (all’incirca due anni), la corteccia frontale, sotto l’influenza degli imperativi esercitati dall’ambiente, fa sì che l’aggiustamento diventi più controllato (rispetto dei limiti). L’informazione viene vagliata più analiticamente, si oscilla tra una percezione globale (vigilanza diffusa non orientata) ed una percezione più discriminativa (vigilanza più specifica, focalizzata ). Subentra man mano un equilibrio fra razionalità e affettività. Spesso esigenze socio-culturali spingono l’ambiente educativo ad accelerare la componente cognitiva a detrimento della motricità acquisita per prove ed errori, che permette la memorizzazione di automatismi plastici, formule motorie stabilizzate ma non rigide, che entrano in gioco il più delle volte inconsciamente (gangli della base, talamo), ma sulle quali è possibile intervenire coscientemente. Il lobo prefrontale assicura la coerenza fra l’intenzionalità cosciente (scopo da raggiungere, iniziativa) e la scelta delle modalità d’azione: i disturbi a livello della funzione di iniziativa vengono descritti come una perdita di autoattivazione psichica o autodeterminazione, possono essere la conseguenza di lesioni riguardanti sia i lobi prefrontali che i nuclei lenticolari che fan parte dei gangli della base. Nella patologia di questo sistema non c’è solo il problema di far partire il movimento, ma c’è anche una incapacità nel prendere l’iniziativa motoria, che può venir superata attraverso l’incitamento esterno (patologia definita “inerzia comportamentale”). 17 Ribadiamo a questo punto come in educazione si cada talvolta in un atteggiamento di iperprotezione in particolare verso le persone che hanno difficoltà. E’ necessario sottolineare che questo atteggiamento alla fine va a determinare una specie di limitazione di questa funzione di intenzionalità, si va ad interferire ed a diminuire il livello energetico del soggetto: sappiamo che per mantenere un certo livello di energia e la capacità di compiere uno sforzo, occorre essere confrontati con dei problemi, è necessario fare lo sforzo utile perché a partire dalla motivazione si riescano a trovare le modalità concrete per risolvere i problemi. Questo convalida l’utilizzazione delle situazioni-problema, studiate appositamente per quel soggetto e per le sue possibilità: il soggetto parte così da una certa intenzionalità e può fare lui stesso lo sforzo necessario per trovare le modalità concrete per risolvere il problema. Questo mette in gioco l’insieme delle strutture di cui abbiamo parlato; ma tutto ciò non sarà mobilizzato se non ci sarà anche una certa efficacia ed una certa riuscita in quello che si fa. Ci deve essere cioè una convalida attraverso efficacia e riuscita che permetterà di stabilire una interazione fra la funzione energetica, che consente lo sforzo, e l’efficacia della operatività, che permette la riuscita dello sforzo, ciò che si ripercuote su un aumento della funzione energetica. Nel proporre le situazioni-problema bisogna dunque conoscere le possibilità dei soggetti attraverso una analisi funzionale (v. Quadro di analisi delle funzioni). Abbiamo una doppia freccia: c’è la possibilità di confrontarsi con la situazione di aggiustamento e c’è la necessità di riuscire in questo aggiustamento, successo che consolida a sua volta la funzione energetica, si stabilisce cioè il legame tra l’aspetto affettivo/energetico e l’operativo, nei due sensi. Ecco perché queste funzioni psicomotorie pur avendo due nature (operativa ed energetica) sono collegate le une alle altre: grazie a questa interazione costante è consentito lo sviluppo della persona. INTENZIONALITA’ PUNTO DI PARTENZA DELL’ADATTAMENTO Concezione dell’autonomia della persona secondo Le Boulch 18 La messa in attività dell'insieme delle funzioni, tenendo conto della cronologia del loro sviluppo e delle particolarità individuali, tende a far evolvere o a ristabilire l’ autonomia ed la disponibilità motoria individuale. III - NELLA PRATICA 3.1 – La valorizzazione delle risorse personali e l’approccio funzionale Nelle situazioni pratiche che abbiamo vissuto in palestra sono state sperimentate diverse situazioni - problema riguardanti la funzione di relazione, la funzione di aggiustamento globale e con rappresentazione mentale, le funzioni percettive del proprio corpo, dello spazio e soprattutto del tempo, con il supporto della musica. Educare e/o rieducare il corpo utilizzando il movimento con un approccio funzionale significa aiutare la persona a farsi carico della sua propria motricità, sapendola gestire e modulare in tutte le sue espressioni, quindi anche in relazione alle emozioni ed alle tensioni ( per esempio attraverso il lavoro di distensione globale e rilassamento differenziale da noi accennato nel lavoro in palestra). Tutto ciò porta ad acquisire una disponibilità corporea che si traduce anche in un miglioramento della attenzione. L’educazione del corpo, interessandosi più alla persona che all’esercizio (considerato un mezzo per far evolvere le funzioni), sviluppa competenze operative che si ripercuotono sul quotidiano prima di tutto e sulle attività più legate alle scelte o alle caratteristiche di ciascuno: ciò corrisponde al concetto di trasversalità della educazione tramite il movimento. In questa ottica, come dice Le Boulch, il movimento diventa il filo conduttore che può essere utilizzato per tutta la vita nel momento in cui tramite la propria azione sul mondo esterno il soggetto conquista e cerca di mantenere l’unità e la coerenza della propria persona psichica e sociale. Dalla scuola materna all’università, le istituzioni educative sono le sole strutture sociali stabili che possono giocare questo ruolo, anche se si stanno moltiplicando le strutture che affiancano la scuola a questo scopo. Nell’età adulta ed anziana e nelle situazioni problematiche altre agenzie possono farsi carico di questo ruolo. Tutti coloro che utilizzano il movimento come supporto per migliorare le funzioni dei soggetti nelle varie età non possono non tener conto della necessità - di saper compiere una analisi funzionale utilizzando il Quadro di analisi funzionale - di conoscere le varie tappe evolutive delle varie funzioni (Evoluzione delle funzioni) 19 Il Quadro di analisi funzionale è un punto di riferimento per poter osservare in modo mirato la persona, che attraverso varie tappe evolutive raggiunge un più o meno ricco schema corporeo. la conoscenza dei passaggi evolutivi nel bambino e nell’adolescente, facilita la messa a punto di un lavoro che possa colmare o ridurre eventuali lacune e limitazioni accumulate dall’adulto o dall’anziano o da persone in difficoltà, ciò che inevitabilmente compromette una certa autonomia e la disponibilità del proprio corpo. L’ opportuno adattatamento delle situazioni-problema a seconda delle necessità dei soggetti terrà ovviamente conto del livello funzionale di ciascuno, che decade tanto più rapidamente con il passare degli anni se non opportunamente messo in gioco, al di là degli eventuali eventi legati all’insorgere di malattie, traumi, ecc. Un progetto educativo o rieducativo non può non tener conto della “storia” già passata. Un esempio per tutti: il neonato passa attraverso varie fasi di controllo tonico prima di arrivare alla stazione eretta con una sequenza cefalo-caudale e prossimo-distale, sequenza che ci permette di comprendere meglio la perdita di questa capacità funzionale (stare in stazione eretta). Un altro esempio: il bambino arriva alla stazione eretta passando attraverso la fase del rotolamento, la reptazione, la quadrupedia (non sempre), mette in atto un abbozzo di arrampicata, tutte azioni che si tende a perdere con gli anni, giusto quindi, nei limiti delle possibilità individuali, con opportuni accorgimenti, mantenere queste possibilità di movimento. Come abbiamo detto più volte, l’efficacia della persona sulla realtà, passa per il recupero, il mantenimento ed il miglioramento, ove possibile, del bagaglio funzionale individuale. Il lavoro che abbiamo praticamente svolto in palestra costituisce una esemplificazione di un iter metodologico che continuamente ha oscillato fra un lavoro di aggiustamento (messa in gioco delle proprie possibilità in base alla consegna data) ed un lavoro percettivo che potesse migliorare man mano l’aggiustamento, che da globale è arrivato ad essere più mirato e cioè programmato mentalmente nella ricerca di un gesto preciso (si pensi ad esempio a tutto il lavoro di affinamento propriocettivo da supini, da seduti, in piedi). 3.2 –Il movimento e la “storia” funzionale dei soggetti (v. Movimento e sviluppo della persona di Jean Le Boulch – ed. Associazione Musicalificio Grande Blu – Roma 2006SECONDA PARTE Cap.I- II- III-IV-V-VI ) 20 Allegato n°1 Un esempio a proposito di movimenti espressivi ed operativi: i movimenti degli occhi 1 - da un punto di vista operativo (da Le Boulch: Le premesse dell’atto grafico: evoluzione della coordinazione oculo-manuale) 1) Inseguimento visivo 4a settimana Il b. è capace di seguire un oggetto in Successione movimento che si sposta settimana orizzontalmente di riflessi fino alla 6a 9a settimana Automatismo di inseguimento visivo messo Possibilità di seguire uno spostamento in gioco in modo riflesso verticale 10a settimana Inseguimento circolare 2) Coordinazione dello spazio visivo e dello spazio cinestesico della mano (4 – 6 mesi) 16a settimana Fra i 4 e 5 mesi 5 mesi 3) 4) 5) 6) Modo riflesso Osservazioni di Oleron: Prima manifestazione del passaggio dal nel corso del “gioco di mani”, la mano senso-motorio al percettivo-motorio legato destra situata nel campo visivo viene alla maturazione del fascio-cortico-spinale fissata in modo prolungato, mentre la mano sinistra nelle stesse condizioni non provoca le stesse reazioni (la stessa cosa succederà per questa mano alla 20a settimana). Questa prima tappa continuerà nell’inseguimento visivo della mano che si sposta lateralmente. Tentativo di afferrare un oggetto in Passaggio da un riflesso mesencefalico ad un riflesso corticale movimento Prensione di un oggetto fermo che presenta caratteristiche stimolanti Dal percettivo-motorio all’inizio dell’attività intenzionale propriamente detta (6-8mesi): è l’inizio della manifestazione della intenzionalità facilitata dall’acquisizione della stazione seduta. Le informazioni cinestesiche, tattili e visive provocano la messa in gioco dell’attività motoria della mano e l’organizzazione delle sinapsi fra la corteccia percettiva e l’area di Brodman, punto di partenza del fascio piramidale. Stadio della palpazione e della attività intenzionale dopo gli 8 mesi: a partire dallo stadio della permanenza dell’oggetto si svilupperanno tutte le modalità di coordinazione oculo-manuale e si prolungheranno nell’attività di esplorazione Grafismo primitivo e scarabocchi dai 18 mesi circa a due anni: si tratta di scariche toniche impulsive ritmiche e orientate Passaggio dal grafismo impulsivo al grafismo controllato (da 2 a 3 anni): nuova utilizzazione della coordinazione oculomanuale. Nella prensione l’atto motorio viene provocato dapprima dall’informazione visiva dell’oggetto in movimento, poi dall’oggetto statico. Nel corso di questa tappa ad un certo punto sarà il tracciato impulsivo a provocare l’inseguimento visivo che, progressivamente, avrà come funzione di migliorare la precisione del tratto; per ottenere questa precisione occorrerà frenare il gesto (controllo tonico), cosa che avverrà grazie ad una migliore localizzazione del campo (spazio) grafico resa possibile dal miglioramento della percezione visiva. 21 (segue allegato n°1) - da un punto di vista espressivo (da Ruggieri : L’espressivita dello sguardo,in op.cit.bibliografia) L’ attenzione ed il sistema muscolare ( da Pag.54 e seguenti) …..omissis…Dal punto di vista psicofisiologico il termine “attenzione” suggerisce la presenza, nell’ambito di una esperienza mentale, di una componente di tensione. Si tratta di un ad-tendere, di un tendere verso l’oggetto che si percepisce o si vuol percepire. …….. Nell’attenzione si abbassano le soglie di attività dei recettori, che sono anche spazialmente meglio orientati verso lo stimolo. La forte tensione, che direziona e orienta tutto il corpo, in particolare il capo ed il collo, verso lo stimolo da individuare, crea legami spaziali, aiuta a scegliere nello spazio lo stimolo rilevante escludendo ipso facto quello che non lo è. ……(Esiste) una forma particolare di attenzione, l’attenzione concentrata, nella quale la tensione polarizzata è funzionale a far entrare i recettori (per esempio gli occhi) in contatto con un centro (ecco il termine italiano “concentrazione”) in cui è posto lo stimolo……Nell’attenzione le tensioni muscolari svolgono un ruolo fondamentale, ma la punta di diamante del processo è rappresentata dalle tensioni dei muscoli del capo e del collo, e soprattutto (e talvolta esclusivamente) dall’orientamento e dalle tensioni dei muscoli deputati al movimento degli occhi. Infatti sono gli occhi che possono “fissarsi su un oggetto, che definiscono il legame percettivo con l’oggetto stesso. L’attenzione, la tensione e la mobilità oculare Lo studio della mobilità oculare, cioè della possibilità dei soggetti di muovere gli occhi nelle diverse direzioni, può essere importante ai fini di alcuni aspetti concreti del fenomeno attenzione. Il tempo ed il modo di fissazione, prodotto dai muscoli che muovono gli occhi, sono parametri fondamentali per l’attenzione. Occhi troppo mobili, per esempio, che non si fissano per un tempo minimo su alcun oggettostimolo, sono propri di uno sguardo disattento di un soggetto psicologicamente in fuga. Uno sguardo distratto è anche quello in cui gli occhi, pur non essendo in continuo movimento, appaiono non rivolti verso alcun oggetto………La tensione degli occhi, oltre alla mobilità ed all’orientamento, rappresenta un parametro molto importante di analisi. L’analisi si riferisce non solo alle funzioni dei muscoli estrinseci, ma anche delle tensioni degli occhi ed ai muscoli delle palpebre e del distretto oculare. La tensione massima di un occhio si ha quando questo è rigidamente fissato. A questo punto qualcuno potrebbe rilevare una contraddizione. Si è appena detto che lo sguardo rigidamente rivolto verso un oggetto è proprio di un legame tra recettore (occhio) e stimolo ed indica un elevato livello di attenzione. Ma questo è vero solo se la rigidità non è totale, se esistono micromovimenti che consentono l’esplorazione dello stimolo, se in un ipotetico movimento dello stimolo l’occhio è pronto a seguirlo senza perdere la sua mobilità. Oppure uno sguardo può essere rigido, preventivamente rigido, con nessuna possibilità di movimento né di esplorazione di un oggetto esterno. Uno sguardo immobile non è orientato al contatto con nessuno stimolo! Si comincia a comprendere come valga, anche per lo sguardo, ciò che da tempo abbiamo sottolineato per tutti i muscoli del corpo: non siamo dinanzi ad una rigida alternativa dicotomica: movimentoimmobilità. Tra la non attività, come vedremo, e l’attività muscolare (sia come contrazione-accorciamento che produce il movimento, sia come attività che produce solo incremento di tono, senza accorciamento, proprio delle contrazioni isometriche) c’è un’intera gamma di situazioni motorie ottenute dalla combinazione tono-movimento che si colloca lungo un continuum1. Ogni livello funzionale corrisponde ad una ben precisa situazione psicologica (o meglio, psicofisiologica). ………. Occhi assolutamente “senza tensione” possono essere occhi senza contatto relazionale………… Uno sguardo con occhi orientati all’infinito è uno sguardo che probabilmente non si impegna a vedere nulla di concreto e circoscritto. E’ una forma di sguardo sognante (specialmente se i due occhi vanno ognuno per conto proprio)……. Uno sguardo rivolto a contenuti immaginativi interni è spesso uno sguardo orientato obliquamente verso l’alto, quasi che l’individuo che lo produce voglia sottrarre la pupilla all’invadenza degli stimoli percettivi della realtà esterna……. Se ci si concentra su un oggetto esterno, l’asse dei due bulbi oculari si incontra sull’oggetto che costituisce il vertice di un angolo. Se ci si concentra su un oggetto interno, si forma sempre, con la convergenza dei prolungamenti degli assi dei due bulbi oculari un angolo con un vertice, ma il vertice è collocato in alto, quasi a sfuggire la diretta realtà posta di fronte, come se lo sguardo fosse intento a guardare qualcosa collocato “altrove”, in uno spazio mentale. ………………………..Omissis… 1 Si ricordano in particolare gli atteggiamenti posturali che la persona assume e che può “sentire” mettendo in atto la funzione di interiorizzazione. 22 Allegato n°2 QUADRO DI ANALISI FUNZIONALE Condizioni di interazione poste dall’ambiente Socio culturale Degli oggetti Dello spazio tempo Delle persone Funzioni psicomotorie energetico - affettive Relazione Costellazione Relazioni Relazione con duale familiare con i pari gli altri gruppi ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------INTERFACCIA AMBIENTE ORGANISMO Vigilanze Specifiche Intenzionalità - inconscia - cosciente VEGLIA motivazione ENERGETICA Funzione d’aggiustamento - Impulsivo Aggiustamento senso-motorio e percettivo-motorio Aggiustamento Cognitivo = Funzioni psicomotorie operative Attitudini affettive Emotività programmato mentalmente Controllo tonico Controllato Percezione del corpo proprio Funzioni sensopercettive Strutturazione dello schema corporeo cosciente Percezione degli oggetti Percezione dei dati esterocettivi Percezione dello spazio Percezione del tempo ( Da Le Boulch: Mouvement et dévéloppement de la personne) Questo quadro rappresenta l’insieme delle f. psicomotorie, energetiche ed operative dell’organismo autonomo in interazione con l’ambiente.La funzione energetica corrisponde alla attività del sistema reticolare. Le sue manifestazione sono corporee (tono di base) e mentali (funzione di veglia).La messa in gioco precoce della f.di veglia è all’origine della interazione organismo-ambiente,che sollecita la funzione di aggiustamento e l’evoluzione senso-percettiva. Queste esperienze vissute della relazione con l’ambiente determinano attitudini affettive positive o negative, supporto della motivazione e della intenzionalità. La strutturazione percettiva che si appoggia sui differenti aspetti della vigilanza (vigilanze specifiche) implica l’interrelazione fra informazioni propriocettive ed informazioni esterocettive 23 Allegato n°3 L’educazione psicomotoria funzionale, che fa parte della psicocinetica, è una formazione di base indispensabile a tutti i bambini che siano normali o in situazione di handicap e serve • ad assicurare lo sviluppo funzionale tenendo conto delle possibilità del bambino • ad aiutare a far emergere la sua affettività equilibrandola negli scambi con l’ambiente umano La terapia psicomotoria riguarda in particolare tutti i casi-problema nei quali la dimensione affettiva o relazionale sembra dominante nell’insorgere iniziale di turbe. Può pertanto essere associata alla educazione psicomotoria o quest’ultima può costituirne il prolungamento. Nei casi gravi sembra preferibile la seconda ipotesi in quanto in un primo tempo l’azione terapeutica dovrà avvenire al di fuori di preoccupazioni riguardanti uno sviluppo funzionale metodico. La rieducazione psicomotoria sarà necessaria invece qualora predomini un deficit strumentale ( che a sua volta può far sorgere problemi relazionali) • La persona in situazione di handicap o disabile è una persona vittima di un ostacolo fisico e/o mentale che pregiudica il suo adattamento sociale” • L’azione educativa ha per obiettivo essenziale l’integrazione nella società della persona disabile, con un duplice effetto - una prima azione è rivolta alla persona stessa per aiutarla a sviluppare le sue possibilità - una seconda azione comporta misure di apertura della società per facilitare l’ integrazione della persona • L’EDUCAZIONE ATTRAVERSO IL MOVIMENTO si propone di utilizzare questo strumento, associato al linguaggio, per contribuire allo sviluppo ed al mantenimento delle funzioni della globalità della persona (nella sua espressività e nella sua operatività) • Secondo la OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) si parla di motoria (funzione di aggiustamento) - disabilità fisica sensoriale (funzioni senso-percettive) ritardo mentale (funzione cognitiva) - disabilità mentale anomalie della personalità e del comportamento (funzione energetico-affettiva) 24 Allegato n°4 • Classificazione delle situazioni di handicap a partire da una analisi funzionale I – Situazioni di handicap dovute a lesioni organiche: lo svantaggio è di origine strutturale a) paralisi cerebrale infantile per lesioni del SNC riguardanti i centri motori spastiche secondo la localizzazione delle lesioni esse possono essere atetosiche visive b) deficit sensoriali che riguardano le funzioni senso-percettive uditive c) disabilità multiple per lesioni del SNC II – Ritardo Mentale: nella classificazione internazionale è classificato nella categoria generale delle turbe mentali e del comportamento. La diagnosi a carattere globale si basa sul Q.I. (quoziente intellettivo) che permette di classificare il ritardo in ritardo leggero, ritardo medio, ritardo grave, ritardo profondo. Poiché l’intelligenza non costituisce una facoltà unica (intelligenze multiple), l’analisi funzionale permette di distinguere le carenze a carico delle funzioni cognitive da quelle che determinano problemi psicomotori di tipo operativo Questa analisi permette di precisare meglio il ruolo dell’insegnante scolastico, curriculare o di sostegno, nella scolarizzazione dell’alunno con ritardo mentale. . III- Le psicosi La schizofrenia può essere presa come tipo di descrizione, essa comporta infatti una sintomatologia doppia: mentale e corporea - i sintomi mentali sono essenzialmente: - le allucinazioni visive o uditive il delirio la sensazione di inadeguatezza la rottura con il reale all’origine di comportamenti inadeguati - i sintomi corporei si collegano ad una disorganizzazione della funzione energetica (sistema neuro-modulatore di Laborit) con ripercussioni su vigilanza e tono IV - I disturbi del comportamento sociale Si manifestano o diventano eclatanti nell’adolescente. Corrispondono ai problemi denunciati dalle società contemporanee perché spesso legati a delinquenza e tossicomanie. V - L’autismo Necessita di una citazione a parte per le incertezze che ancora esistono circa la sua natura. L’autismo di Kanner (patologia descritta la prima volta negli anni ’50) può essere precoce o primitivo, costituisce la base di descrizione. Parrebbe una malattia dovuta sia a “non organizzazione” sia a “disorganizzazione” del sistema nervoso, in particolare del sistema neuro-modulatore. 25 Allegato n°5 EVOLUZIONE DELLE FUNZIONI PSICOMOTORIE ( Da Jean Le Boulch ) età importanza di Psicoaffettività e RELAZIONE nel passaggio dal soggettivo all'oggettivo Funzione di AGGIUSTAMENTO (entra in gioco se presente la funzione di veglia) FUNZIONI PERCETTIVE corpo proprio (evoluzione dello schema corporeo) 0 2m 7-8m narcisismo primario agg. IMPULSIVO ----------- ---------- 2a fase oggettuale secondaria 3a ---------(specchio) 4a 5a narcisismo secondario CORPO VISSUTO (delimitazione del proprio corpo nel mondo degli oggetti) 10 a 12 a competizione (egocentrica affermazione di sè) I cooperazione I solidarietà (regolazione dei rapporti interpersonali nell'ambito del gruppo) intelligenza SENSO-MOTORIA tempo vissuto (accordo tra bioritmi e dati temporali dell'ambiente) (.da reazioni automatiche alle prime prassie: che sono coordinazioni acquisite. .da sequenze casuali a soluzioni in situazioni nuove) progressiva aggiustamento CONTROLLATO (esplorazione-limiti) situazioni di agg.: .giochi ed espressioni libere .controllo tonico .equilibrio .coordinazione dinamica generale .coordinazione oculosegmentaria .agg. su musica .agg. posturale 6a 7-8 a tempo universo spezzettato (mondo di spazi) ---------fase oggettuale primaria 18m spazio Funzioni COGNITIVE .riconoscimento spazio topologico .si consolidano nozioni spazio PERCEPITO topologico (scoperta parti del .riconoscimento corpo: forme .lateralizzazione .orientamenti secondo manipolabili .apprezzamento assi: dimensioni .avanti-dietro .scoperta grandi .alto-basso forme .sn-dx .scoperta microforme e scrittura ----------- ---------- - - CORPO dissociazione movimenti e miglior controllo aggiustamento con RAPPRESENTAZIO NE MENTALE di un modello LINGUAGGIO ------------intelligenza PREOPERATORIA (.utilizzazione della verbalizzazione, .scoperta del corpo e del mondo esterno, .affinamento percettivo) padronanza dello spazio locomotorio CORPO RAPPRESENTATO (schema posturale + schema d'azione) .scoperta dx e sn sugli altri .riconoscimento spazio-proiettivo (rispetto assi e rapporti) .riconoscimento spazio euclideo (rispetto proporzioni e dimensioni) . motricità armoniosa e ritmica .percezione della durata (imitazione gesti) .percezione delle strutture ritmiche: da 3 I a 6 elementi .percezione della velocità .percezione della traiettoria (strutturazione spaziotemporale) ----------intelligenza delle OPERAZIONI CONCRETE operazione-azione: .interiorizzata (compiuta nel pensiero) .reversibile (trasformazione da A a B con invarianza che permette ditorno da B ad A) .che si può coordinare con altre in una struttura d'insieme) ----------intelligenza LOGICO-FORMALE 14 a 26 Allegato n°6 27 Allegato n°7 (da Le Boulch) L’informazione sensoriale è trattata a tre livelli gerarchici: a) livello riflesso: midollo e tronco cerebrale (1-1’) – livello automatico: le strutture limbiche integrano le informaz. attuali (percezione della situazione) e, tenuto conto delle esperienze vissute anteriori, attivano l’automatismo corrispondente. E’ la messain gioco riflessa di un automatismo (2) – livello intenzionale o cognitivo (3) b) il livello della integrazione automatica della informazione implica l’attività del sistema limbico in connessione con i nuclei grigi centrali c) gli automatismi acquisiti per apprendimento possono essere messi in gioco in due modi: in modo riflesso (2) e intenzionalmente (3) d) il cervelletto integra l’insieme delle informazioni propriocettive (muscolari (4), articolari, labirintiche (5), e determina l’aggiustamento posturale idoneo a mantenere la verticalità (fascio vestibolo-spinale) e) l’analisi corticale della informazione sensoriale (6) avviene attraverso vie balizzate a due sinapsi 28 Allegato n°8 (da Le Boulch) (1) centri riflessi midollari - (2) Formazione reticolare – (3) Neocorteccia con (4) corteccia prefrontale (5) strutture limbiche – (6) ipotalamo – (7) fascio attivatore ascendente – (8) fascio inibitore discendente (9) sistema neuro-modulatore che lega il livello del tono di base alle reazioni affettived – (10) zona intersinaptica (11) vie polisinaptiche di diffusione dell’energia di origine sensoriale 29 30