Supply Chain

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Supply Chain
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Indice
Voci
Gestione della catena di distribuzione
1
Just in time
4
Effetto Forrester
6
Layout di impianto industriale
8
Magazzino
10
Magazzino automatico
13
Benchmark (economia)
14
Gestione delle scorte
16
Gestione materiali
20
Previsione della domanda nella catena di distribuzione
21
Note
Fonti e autori delle voci
27
Fonti, licenze e autori delle immagini
28
Licenze della voce
Licenza
29
Gestione della catena di distribuzione
Gestione della catena di distribuzione
La gestione della catena di distribuzione (o SCM, dall'inglese supply chain management) riguarda diverse attività
logistiche delle aziende, con l'obiettivo di controllare le prestazioni e migliorarne l'efficienza. Tra queste attività sono
incluse la catalogazione sistematica dei prodotti e il coordinamento strategico dei vari membri della catena di
distribuzione.
Panoramica
Nonostante l’alta popolarità del supply chain management sia nella teoria che nella pratica non esiste unanime
consenso sul suo significato, anche perché il suo sviluppo in ambito manageriale e accademico è recente. Esistono
decine di definizioni che possono essere sintetizzate, tuttavia, nei seguenti approcci:
•
•
•
•
SCM inteso come nulla di più che un nome diverso dato all’integrazione logistica (Tyndall G. 1998)
SCM leggibile come una integrazione verticale tra imprese (Cooper M.C., Ellram L. M 1993).
SCM considerato come un processo di gestione e coordinamento (La Londe B.J., 1997)
SCM concepito come una filosofia manageriale di gestione (Ellram L.M., Cooper M.C, 1990) che guida i membri
della supply chain verso la creazione di valore per il cliente.
Probabilmente la definizione che riassume tutti questi concetti è tuttavia la seguente: la gestione della catena di
distribuzione o in lingua inglese: supply chain management (SCM) è un sistematico e strategico coordinamento
delle tradizionali funzioni aziendali e delle tattiche prima all’interno di ogni azienda e poi lungo i vari membri della
catena di distribuzione con l’obiettivo di migliorare le prestazioni di lungo periodo dei singoli membri e dell’intera
catena (Mentzer 2001); mentre per catena di distribuzione si intende una serie di tre o più entità (organizzazioni o
individui) direttamente coinvolte in flussi (a monte e/o a valle) di prodotti, servizi, denaro e/o informazioni dalla
materia prima fino all’ultimo cliente (Mentzer 2001). Possono esistere anche dei flussi di ritorno, solitamente inclusi
nella cosiddetta logistica di ritorno (Reverse logistics).
Ci sono vari livelli di complessità di catena distributiva:
Si può avere una catena di distribuzione semplice e diretta che consiste nel collegamento immediato tra l’impresa e il
fornitore e tra l’impresa e il cliente attraverso uno o più scambi di flussi di prodotti, di servizi, di denaro e di
informazioni; quindi, allo stesso modo ma in maniera più estesa e complessa può comprendere anche in sequenza i
fornitori dei fornitori e i clienti dei clienti, coinvolti in uno o più scambi di flussi di prodotti, di servizi, di denaro e di
informazioni. Infine vi potrà essere una catena di distribuzione con un grado di complessità maggiore (probabilmente
su scala globale) che include tutte le imprese dal primo fornitore all’ultimo cliente da valle a monte, coinvolti nello
scambio di flussi di prodotti, di servizi, di denaro e di informazioni.
Evoluzione della gestione nella catena di distribuzione
L'ambiente in cui operano le imprese è profondamente mutato, e con esso l'organizzazione aziendale ha subito una
profonda evoluzione. Nel tempo, infatti, si è assistito ad un progressivo spostamento del controllo del mercato dal
prodotto al cliente e quindi ai consumatori finali. Oggi è ormai consolidata la necessità di monitorare, anticipare e
controllare i fenomeni di vendita, prevedendo l'evoluzione dei consumi e delle tendenze del mercato.
Ad essere coinvolta è l'azienda nella sua totalità e tutte le singole aree: dal marketing al controllo, ma un ruolo
determinante è comunque ricoperto dalla catena della logistica. A questa da sempre è stata attribuita un'importanza
secondaria, ma attualmente è stata rivalutata, grazie anche all'affermazione di Internet e delle nuove modalità di
scambio di beni e servizi da essa portate. La logistica per qualsiasi tipo di impresa, sia essa di piccole, medie o
grandi dimensioni, ha assunto in questi ultimi anni una valenza determinante con contorni addirittura strategici,
contribuendo in modo rilevante ad aumentare la redditività dell'intero "processo di business" aziendale.
1
Gestione della catena di distribuzione
La logistica è essenzialmente una pianificazione di processi, organizzazione e gestione di attività, mirante ad
ottimizzare il flusso di materiale e le relative informazioni all'interno e all'esterno dell'azienda. La gestione logistica,
in una visione prettamente tradizionale, si occupa principalmente dell'ottimizzazione dei flussi materiali (beni) e di
quelli immateriali (informazioni) all'interno dell'impresa.
Il Supply Chain Management riconosce che l'integrazione limitata all'interno della azienda non è più sufficiente.
Oggi è diventato necessario ed indispensabile il coinvolgimento anche della rete di imprese che si trovano a monte e
a valle nei processi e nelle attività che producono valore in termini di prodotti e servizi al consumatore finale. Le
aziende non possono più essere viste come unità singole ma come configurazioni-costellazioni di imprese nella
classica forma reticolare con nodi interrelati ad altri (rapporti tra imprese e clienti), via extranet (rete che collega
l'impresa con entità esterne), intranet (rete interna collaboratori azienda) e Internet (rete telematica mondiale
computer connessi), nelle complesse operazioni di produzione e vendita con l'obiettivo di raggiungere il "focus"
della attività aziendale che è quello di soddisfare le esigenze del cliente (soddisfazione).
In sostanza, la gestione della catena di distribuzione mira a costruire ed ottimizzare i legami ed il coordinamento tra
fornitori, clienti e distribuzione.
Funzioni del SCM
Scopo primario del SCM è quello di massimizzare il livello di servizio al cliente finale, ottimizzando
contestualmente i costi operativi ed il capitale impegnato. È di sostanziale importanza sottolineare che, nei progetti
di SCM, la collaborazione gioca un ruolo primario. È proprio attraverso questa collaborazione che si arriva a
migliorare alcune funzioni come:
• la previsione della domanda, necessario al fine di comprendere più approfonditamente le esigenze dei
consumatori;
• la pianificazione della domanda, per realizzare piani di azione più attendibili e precisi e ridurre il numero di resi
reverse logistics;
• il trattamento degli ordini;
• la pianificazione della capacità produttiva e quindi il conseguente utilizzo ottimale degli impianti;
• la pianificazione dell'utilizzo dei materiali.
• l'integrazione tra domanda e fornitura.
• l'integrazione e collaborazione tra produzione, logistica e marketing
Bibliografia
• Mentzer, J.T. et al (2001): Defining Supply Chain Management, in: Journal of Business Logistics, Vol. 22, No. 2,
2001, pp. 1-25
• La Londe B.J., "Supply Chain Management: Myth or Reality?", Supply Chain Management Review, Vol.l, No. l.
1997, pp. 6-7.
• Ellram L.M., Cooper M.C., "Supply Chain Management, Partnerships, and the Shipper-Third Party Relationship",
The International Journal of Logistics Management, Vol. 1, No. 2, 1990, pp. 1-10.
• Cooper M.C., Ellram L. M., "Characteristics of Supply Chain Management and the Implication for Purchasing
and Logistics Strategy", The International Journal of Logistics Management, Vol. 4, No. 2, 1993, pp. 13-24.
• Christopher M., “Logistics and supply chain management: creating value-added networks” Harlow, England, New
York: Financial Times Prentice Hall, 2005
2
Gestione della catena di distribuzione
Voci correlate
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Distribuzione commerciale
Gestione materiali
Marketing
Previsione della domanda nella catena di distribuzione
Prodotto (commercio)
SCOR
Vendor managed inventory
Logistica di ritorno
Portale Economia: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di economia
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Just in time
4
Just in time
IMPIANTI INDUSTRIALI
Produzione industriale
Progettazione di prodotto
•
•
Design - DFX
CAD - CAE
Progettazione di processo
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•
Processo di produzione industriale
Meccatronica - CN -CNC - Robot industriale
CAM - PLC - CAPP
Progettazione di sistema
•
•
•
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Sistema di produzione - GT
Taylorismo - Fordismo - Catena di montaggio - UTE
JIT - Toyotismo - Produzione snella
Automazione - Fabbrica automatica - FMS
CIM - MRP - ERP - TQM
Il just in time (spesso abbreviato in JIT), espressione inglese che significa "appena in tempo", è una filosofia
industriale che ha invertito il "vecchio metodo" di produrre prodotti finiti per il magazzino in attesa di essere venduti
(detto logica push) nella logica pull secondo cui occorre produrre solo ciò che è stato venduto o che si prevede di
vendere in tempi brevi. In termini più pragmatici, ma anche riduttivi, è una politica di gestione delle scorte a
ripristino che utilizza metodologie tese a migliorare il processo produttivo, cercando di ottimizzare non tanto la
produzione quanto le fasi a monte, di alleggerire al massimo le scorte di materie prime e di semilavorati necessari
alla produzione. In pratica si tratta di coordinare i tempi di effettiva necessità dei materiali sulla linea produttiva con
la loro acquisizione e disponibilità nel segmento del ciclo produttivo e nel momento in cui debbono essere utilizzati.
Il just in time abbina elementi quali affidabilità, riduzione delle scorte e del lead time, ad un aumento della qualità e
del servizio al cliente. Spesso efficienza ed efficacia sono invece obiettivi antagonisti. In tal modo si riducono
enormemente i costi di immagazzinaggio, gestione, carico e scarico di magazzino.
Alla base della filosofia del JIT qualsiasi scorta di materiale, semilavorato o prodotto finito è uno spreco, uno spreco
di risorse economiche, finanziarie e un vincolo all'innovazione continua. Più il processo è "corto" nella somma dei
processi di progettazione e di produzione (sommando i tempi di produzione e transito) e più l'industria con i suoi
prodotti e servizi (inclusi prevendita e postvendita) è vincente.
L'idea del just in time è molto antica e risale alla prima industrializzazione delle officine di costruzione, in particolare
nel settore automobilistico.
Il primo utilizzo di tale tecnica si fa risalire alla Ford negli anni venti del secolo scorso ed era definita «dock to
factory floor», ossia "dalla banchina (di ricezione) direttamente sul pavimento del reparto di produzione", senza
passare attraverso il magazzino. Questo tipo di rifornimento presuppone generalmente consegne più frequenti e di
minore entità.
Tale metodologia fu adottata negli anni cinquanta in Giappone dalla Toyota Motor Corporation che la inglobò nel
proprio sistema di fabbricazione e la pubblicizzò con il nome di Toyota Production System. Il JIT divenne
rapidamente uno dei "prodotti" più conosciuti ed esportati della filosofia produttiva giapponese, e consentì tutta una
serie di miglioramenti e di razionalizzazioni che produssero effetti assolutamente inaspettati nella produzione
meccanica in generale.
Just in time
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Ad esempio applicando il principio del just in time oltre che alle materie in entrata anche ai prodotti in uscita, si
riuscirono a realizzare economie sostanziali, producendo autovetture praticamente su ordinazione, diminuendo i
tempi di consegna, evitando il notevole rischio (e il costo) connesso con una produzione in linea con le stime di
assorbimento del mercato. Il che comportava appunto un'alea oltre che i considerevoli costi di stoccaggio e custodia
dei prodotti finiti.
Fu negli anni ottanta una delle principali cause del vantaggio competitivo giapponese, che le industrie europee e
statunitensi non compresero in tempi brevi.
Questa filosofia innovativa aprì la strada ad altre innovazioni quali il Total Quality Management (TQM, "Controllo
totale della qualità") che consiste nell'impedire che si verifichino difetti nel prodotto eliminandone le cause con un
affinamento costante del ciclo produttivo, raggiungendo percentuali di qualità del prodotto mai raggiunte prima. La
difettosità passa dai punti percentuale all'ordine delle parti per milione.
Nel tempo la filosofia JIT è stata interpretata e applicata in modalità molto diverse: in oriente ed in particolare in
Giappone, partendo dal concetto che il miglior sistema informativo è la vista con modelli di produzione gestiti con
comunicazione visiva Kanban, mentre il modello americano con modelli gestionali informatizzati (MRP).
L'ottimizzazione della produzione, come la gestione delle scorte e l'utilizzo di sistemi Material Requirements
Planning (MRP) sono competenze caratterizzanti l'ingegnere gestionale.
Voci correlate
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Metodologia agile
Kaizen
Kanban
CONWIP
Material Requirements Planning
Total Quality Management
Gestione delle scorte
Ingegneria Gestionale
Qualità
Sito Web: www.jtime.it
Portale Economia
Portale Giappone
Portale Lavoro
Effetto Forrester
6
Effetto Forrester
L'effetto Forrester, detto anche effetto
frusta o Bullwhip, indica un aumento della
variabilità della domanda man mano che ci
si allontana dal mercato finale e si risale la
cattena di fornitura.
Cause
La causa principale di tale effetto è la
razionalità limitata degli utenti che rende
maggiore l'inefficienza della gestione della
catena di distribuzione, con maggiore
intensità quanto più la catena di
distribuzione è lunga (cioè quanto più ci si
allontana dal consumatore per risalire verso
l'azienda produttrice) e quanto sono
maggiori i tempi di consegna degli ordini
(Lead time).
Effetto della distorsione sulla domanda, Domanda stabile dei clienti, distorsione
dei fornitori, previsioni della produzione
Cause Operative
Sintomi dell'effetto Forrester riscontrati da
Hau Lee e Corey Billington nel 1992 sono:
L'effetto amplificato della frusta
• Un eccessivo livello di scorte, soprattutto a monte della catena per evitare Rotture di Stock
•
•
•
•
•
L'inefficacia frequente o costante delle previsioni di vendita
Sbalzi nella richiesta di capacità produttiva (che risulta a volte insufficiente e a volte eccessiva)
Frequenza di inevasi
Frequenti cambiamenti ai piani di produzione (non rispetto degli MRP)
Sopperire allo sfasamento e ai ritardi dovuti alla gestione e trasporto degli ordini (il cosiddetto Lead time)
Nota Bene: sono sufficienti solo alcuni sintomi per riconoscere una situazione di effetto Forrester, non è necessario
che siano presenti tutti.
Cause dei comportamenti
Cause dell'effetto Forrester sono da considerarsi:
• comportamenti irrazionali
1. Decisioni dei singoli membri della Supply Chain non coordinate (date dalla Razionalità limitata delle persone)
2. Diversa importanza data agli indicatori prestazionali (Rottura di stock > Costo delle scorte)
• comportamento opportunistico degli attori della catena
Effetto Forrester
Conseguenze
Oltre all'aumento di scorte di sicurezza, l'effetto descritto può portare lazienda ad orientasi sulla richiesta dei clienti
anziché sulla preparazione effettiva della merce. Questo porta ad un basso utilizzo del canale di distribuzione e ad un
peggioremento generale del servizio con conseguente serie di costi finanziari. Accanto alle conseguenze misurabili
del servizio clienti impoverito e il danno di immagine pubblica e di fedeltà, un'organizzazione deve fare i conti con
le conseguenze del non adempimento che possono portare anche a sanzioni contrattuali ove previste. Inoltre
l'assunzione e licenziamento dei dipendenti (dove possibile) per gestire la variabilità della domanda, può indurre
ulteriori costi dovuti alla formazione e a possibili licenziamenti.
Contromisure
Teoricamente l'effetto non si verifica se tutti gli ordini si possono soddisfare esattamente rispettando la domanda di
ciascun periodo. Ciò è coerente con i risultati di esperti di supply chain che hanno riconosciuto che l'effetto frusta è
un problema di gestione della catena di distribuzione e la gestione attenta degli effetti è un obiettivo importante per i
gestori della Supply Chain. Pertanto è necessario estendere la visibilità della richiesta del cliente, per quanto
possibile, dal cliente finale fino al primo fornitore della catena. Un modo per raggiungere questo obiettivo è quello di
stabilire un sistema demand-driven in grado di reagire agli ordini dei clienti effettivi (il Continuous Replenishment).
Questo modello è stato implementato con successo nel sistema di distribuzione di Walmart. I singoli negozi Walmart
trasmettono i Punti di riordino (POS) dei dati dal registratore di cassa al loro quartier generale più volte al giorno.
Questa informazione la domanda viene utilizzato per le spedizioni di coda dalla Walmart centro di distribuzione al
negozio e dal fornitore al Walmart centro di distribuzione. Il risultato è una perfetta visibilità della domanda dei
clienti e i movimenti di magazzino in tutta la catena di fornitura. Una migliore informazione porta ad una migliore
posizione di inventario e costi più bassi in tutta la catena di fornitura. L'ostacolo alla realizzazione di un indotto dalla
domanda in catena di fornitura comprende i necessari investimenti nelle tecnologie d'informazione e la creazione di
una cultura aziendale di flessibilità e di concentrazine sulla richiesta del cliente finale. Un altro presupposto è che
tutti i membri della catena di fornitura riconoscano che essi possono guadagnare di più se agiscono nel suo
complesso piuttosto che richiede la collaborazione di fiducia e la condivisione delle informazioni. I metodi per
ridurre l'incertezza, la variabilità, e tempi di consegna:
•
•
•
•
•
Vendor managed inventory
Just in time
Partenariato
Condivisione di informazioni
Regolarizzare il flusso di produzione
• Coordinare con i rivenditori le consegne in modo uniforme
• Ridurre le dimensioni dei lotti minimi
• Aumentare la frequenza dei lotti
• Eliminare i componenti inattivi
• Stabilire politiche di basso prezzo
• Limitare i resi e i ritorni di invenduto
• Assegnare gli ordini in base alle vendite passate, invece di dimensionerle in base alle carenze di magazzino
7
Effetto Forrester
8
Bibliografia
Hau Lee, Corey Billington, Managing supply Chain inventory: pitfalls and opportunities, SMR, 1992
Altri progetti
•
Commons [1] contiene immagini o altri file su Effetto Forrester [2]
Voci correlate
• Supply chain management
• Operations
• Logistica
Portale Economia: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di Economia
Note
[1] http:/ / commons. wikimedia. org/ wiki/ Pagina_principale?uselang=it
[2] http:/ / commons. wikimedia. org/ wiki/ Category:Bullwhip_effect?uselang=it
Layout di impianto industriale
Il layout di un impianto industriale è
la formalizzazione dello studio della
disposizione dei reparti e dei servizi in
un'area adibita ad impianto industriale.
Lo realizzazione di tale layout è il
risultato di uno studio ingegneristico
che mette a confronto diverse
configurazioni
Generalità
Nel realizzare tale studio è necessario
prendere in considerazione diversi
aspetti:
Layout di un impianto di produzione dell'acciaio
• Lo spazio fisico (deve essere
adeguato alle esigenze richieste in base alle dimensione dei macchinari, allo spazio per manovrarli e per effettuare
la manutenzione.
• Le relazioni e il loro grado di importanza che esistono tra le diverse entità (macchine, servizi, reparti,
magazzini,....) che sono presenti nell'impianto.
• La movimentazione dei materiali tra i vari reparti produttivi.
• Le comunicazioni, cioè telefono, dati, telemetria e la trasmissione di qualsiasi altro segnale che si rendesse
necessario.
• Le infrastrutture di servizio, quali: acqua, elettricità, gas, scarichi, aria compressa, ecc.
• Struttura reale dell'edificio che si andrà ad allestire.
• lo scopo di ogni singola azienda. (il layout di una ditta di abbigliamento sarà sicuramente diverso rispetto al
layout di una ditta metalmeccanica)
Layout di impianto industriale
Tutte queste considerazioni andranno fatte per realizzare le varie soluzioni di progettazione dell'impianto.
Obiettivi
Lo studio di un layout per un impianto industriale, viene fatto principalmente per i seguenti scopi:
• Ottimizzare lo spazio a disposizione
• Velocizzare i trasferimenti di materiale e/o persone tra i vari reparti dell'impianto
• Garantire, il più possibile, la vicinanza tra reparti in cui è presente una relazione importante (ad esempio sarà
conveniente porre vicino un reparto di riparazione con un reparto di test, il magazzino vicino all'entrata dei
camion, gli uffici amministrativi vicino alla stanza delle fotocopie,...)
In un impianto in cui è predominante il trasferimento di materiali (ad esempio impianti di produzione in linea), nella
stesura del layout sarà di prevalente importanza prendere in considerazione i flussi tra un reparto e l'altro, mentre
dove questi sono di minor impatto sull'economia generale dell'impianto (es. in un'officina di riparazione) sarà più
importante valutare le relazioni e il movimento delle persone.
Strumenti
Per effettuare un corretto studio del layout sono stati messi a punto numerosi algoritmi. Esistono numerosi software
(implementati anche in programmi CAD) che aiutano nella progettazione.
Bibliografia
• James M. Moore, Progettazione e layout degli impianti, 3a edizione, Franco Angeli (Milano), 1995. ISBN
8820489899
• Arrigo Pareschi, "Impianti industriali", 2a edizione, Esculapio, 2007. ISBN 8886524587
Voci correlate
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•
•
Logistica
Magazzino
Fabbrica
Piping & Instrumentation Diagram
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9
Magazzino
Magazzino
Il termine magazzino (dall'arabo: ‫ﻣﺨﺰﻥ‬, makhzan, plur. makhāzin, che significa "deposito", dalla radice araba
<kh-z-n>, "difendere, preservare") viene solitamente utilizzato con due significati diversi, il primo relativo ad un
edificio in grado di accogliere materiali, il secondo, in ambito contabile, per la gestione delle scorte aziendali.
Il magazzino edificio
Per magazzino si intende quella struttura
logistica in grado di ricevere le merci,
custodirle, conservarle e renderle disponibili
per lo smaltimento e la consegna di cui si
possono specificare vari tipi.
Principali tipologie di
magazzino
Magazzino interno all'azienda
Il primo tipo di magazzino è quello interno
ad una azienda, definibile come in conto
proprio, dove vengono ricevute le materie
Vista dell'interno di un magazzino
prime in entrata e dove vengono poi
posizionati i prodotti finiti in attesa di
spedizione o di lavorazione. Ogni articolo di magazzino è contrassegnato da un codice articolo, una descrizione, una
quantità, a volte anche da una locazione (che può essere a sua volta costituita dal numero di scaffali, dal ripiano dello
scaffale e da altre informazioni utili a reperire nel minor tempo possibile l'articolo; il magazzino interno può essere
diviso anche in zone). Esistono anche tipi di magazzini completamente o parzialmente automatizzati, in grado di
catalogare, imballare e disporre i pezzi da mettere in magazzino. È poco nota, ma è fondamentale ricordare
un'importante frase simbolo che dice: "Nell'azienda ideale il magazzino è proprio quello che non c'è". Questa
affermazione è valida in quanto la detenzione di un magazzino si risolve in oneri sostenuti dall'azienda, ovvero costi
per il personale delegato, costi per la manutenzione di impianti e macchinari e costi che sono rappresentati dalle
scorte in rimanenza.
Cross-Docking Points
Oltre ai magazzini propriamente detti, che prevedono lo stoccaggio della merce e la successiva distribuzione, vi sono
anche i cosiddetti cross-docking points: questi ultimi prevedono che tutta la merce entrante nel magazzino esca in
giornata, non occupandone gli scaffali. Ciò è utile, ad esempio, nel caso di merci fresche o di beni dalla rapida
deperibilità, i quali necessitino di arrivare il più velocemente possibile a valle, presso i retailers.
Magazzino in conto terzi
Si tratta del magazzino posseduto da operatori della logistica, spedizionieri e altre aziende di trasporto dove le merci
vengono depositate provvisoriamente in attesa di carico sui mezzi di trasporto. Esistono anche tipi di magazzini
completamente o parzialmente automatizzati, in grado di catalogare, imballare e disporre i pezzi da mettere in
magazzino.
10
Magazzino
Magazzino doganale
È il magazzino pubblico, gestito da società abilitate ed autorizzate, ma sotto il controllo della Dogana dove i
materiali in arrivo da Stati esteri non appartenenti alla CEE vengono custoditi in attesa dello svolgimento delle
regolari operazioni doganali.
Il magazzino nella contabilità
La giacenza di magazzino in dettaglio
Una quantità maggiore di 0 per un codice articolo costituisce una giacenza di magazzino. La disponibilità di un
articolo viene invece data dalla differenza tra il numero di articoli in giacenza ed il numero di articoli impegnati.
L'articolo, infatti, può essere effettivamente disponibile o può essere già impegnato per un ordine. Se il numero di
articoli impegnati è maggiore del numero di articoli in giacenza la disponibilità risulta essere negativa ed andrà
generato un ordine di acquisto a fornitore oppure un ordine di produzione, che pareggerà il numero di giacenze con il
numero di impegnati.
La valorizzazione delle giacenze di magazzino deve tener conto del fatto che all'interno di una singola giacenza
possono esserci oggetti acquistati in momenti diversi e quindi anche con costi diversi. Per la valorizzazione si
possono seguire diverse tecniche, tra cui le più comuni sono quelle a costo specifico, a costo standard, a costo medio
ponderato, FIFO (first in - first out), LIFO (last in - first out) continuo, LIFO annuale a scatti.
Gestione del magazzino
Benefici derivanti dal Magazzino
Oltre a stoccare le merci, consentendo di disaccoppiare produzione e consumo, il magazzino permette anche di
sfruttare economie di scala nei trasporti, effettuando consegne congiunte di prodotti presso i retailer ed utilizzando
mezzi di trasporto più adatti alla consegna nel tragitto dal magazzino ai centri di distribuzione (ad esempio, si
possono utilizzare tir o treni per portare la merce dal produttore al magazzino, mentre furgoncini daily (di piccola
dimensione per consegne frequenti ed episodiche) per effettuare piccole consegne dal magazzino ai clienti). I
magazzini, inoltre, da un punto di vista statistico permettono "variability pooling": considerando la domanda dei
clienti una variabile casuale, è possibile bilanciare la variabilità di tale domanda facendo arrivare una quantità
aggregata di merce minore di quella che si sarebbe dovuta ordinare considerando la variabilità della domanda di ogni
singolo negozio (la somma delle varianze delle domande è inferiore al quadrato della somma delle singole deviazioni
standard della domanda).
Svantaggi derivanti dal magazzino
Il magazzino è una utilità, ma di per sé non produce utile. Occorre considerare infatti che i materiali a magazzino
sono potenzialmente una immobilizzazione di capitale, quindi se si verifica una aumentata agilità e versatilità
produttiva, (o di approvvigionamento), ed una altrettanto agile possibilità di erogazione in uscita dei materiali, il
magazzino può essere drasticamente ridimensionato, o al limite annullato, producendo di fatto notevoli risparmi di
spazi impegnati e di materiali immobilizzati. In sintesi un largo disaccoppiamento tra produzione e consumo può
essere comodo, ma è costoso.
Come è evidente le condizioni di ridimensionamento qui descritte esulano dalla gestione dello stesso magazzino, ma
dipendono da logistiche esterne a questo
11
Magazzino
12
Tipologie di gestione
Esistono numerose tecniche per una gestione efficiente del magazzino al fine di ridurre le scorte:
• Reorder point: (punto di riordino) tecnica per calcolare il momento in cui effettuare un ordine di ripristino delle
scorte
• Lotto economico: per calcolare quanto è più conveniente ordinare
E altre tecniche per la gestione dei magazzini in una catena di distribuzione:
• Inventario gestito dal venditore
• Continuous Replenishment
• Pianificazione collaborativa, previsione e rifornimento (CPFR)
Voci correlate
• Magazzino automatico
• Libro giornale
• Gestione materiali
Altri progetti
•
Wikizionario contiene il lemma di dizionario «magazzino»
•
Commons [1] contiene immagini o altri file su magazzino [1]
Collegamenti esterni
• Magazzino [2] in «Tesauro del Nuovo Soggettario [3]», BNCF, marzo 2013.
Portale Economia
Note
[1] http:/ / commons. wikimedia. org/ wiki/ Warehouse?uselang=it
[2] http:/ / thes. bncf. firenze. sbn. it/ termine. php?id=22165
[3] http:/ / thes. bncf. firenze. sbn. it/
Portale Trasporti
Magazzino automatico
Magazzino automatico
Un magazzino automatico è un impianto automatizzato preposto allo stoccaggio delle merci.
Si compone di tre parti: il trasloelevatore, la scaffalatura e le periferie (dette anche handling). Il cuore di un
magazzino automatico è il trasloelevatore. Questa macchina sostanzialmente è un robot a tre assi che si muove su
rotaia e ha la capacità di depositare e prelevare delle merci da/a una scaffalatura per trasferirle da/a le periferie.
Classificazione
I magazzini automatici si suddividono per:
• La tipologia di unità di carico che movimentano:
• pallet, scatole
• contenitori
• cassoni
• unità speciali
• Il peso dell'unità di carico:
• carichi leggeri (fino a 100 kg)
• medi (intorno ai 500 kg)
• pesanti (da 1.000 kg a 5.000 kg e oltre)
• La tipologia di stoccaggio:
• semplice profondità
• multiprofondità
• La tipologia dell'organo di presa:
• forcole telescopiche
• satellite
• presa a rebbo, ecc.
• La posizione nel flusso logistico aziendale:
•
•
•
•
materie prime
semilavorati
prodotti finiti
ricambi e vari di consumo
Operatività
Ove possibile, è utile che la localizzazione fisica dei materiali nelle scaffalature gestite dal magazzino automatico sia
definita tenendo conto anche della frequenza di movimentazione dei vari articoli, in modo da minimizzare gli
spostamenti del trasloelevatore necessari a immagazzinare o a prelevare i singoli materiali.
Voci correlate
• Magazzino
Portale Ingegneria: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di ingegneria
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Benchmark (economia)
Benchmark (economia)
Con benchmark o, più spesso e coerentemente con la voce inglese "benchmarking", in economia si intende una
metodologia basata sul confronto sistematico che permette alle aziende che lo applicano di compararsi con le
migliori e soprattutto di apprendere da queste per migliorare
Origini
Risale alla fine degli anni anni settanta quando Robert Camp, per conto della Xerox Corporation, decise di
migliorare radicalmente le prestazioni della funzione logistica attraverso un confronto di prodotti e processi operativi
delle aziende più autorevoli presenti nella stessa zona di mercato.
Esistono molteplici definizioni di benchmark che tendono a distinguere un benchmark fatto fra aziende dello stesso
settore su attività e processi simili (benchmark funzionale o di processo), e uno fra aziende di settori diversi con
processi e attività diversi che non sono attribuibili a funzioni aziendali comuni (benchmark sui processi generici). Si
aggiunge poi un terzo tipo di benchmark, quello strategico, o dei competitor diretti; in altre classificazioni esso
include ed è teso a individuare anche i potenziali concorrenti di un'azienda e quelli indiretti, entrambi provenienti di
altri settori.
Tipologie di Benchmarking
Esso può essere:
• Benchmarking interno - fra settori diversi delle stessa azienda. È rapido, semplice ed economico ma scarsamente
efficace poiché raramente permette di trovare soluzioni realmente innovative.
• Benchmarking competitivo - fra aziende competitors. È abbastanza veloce, semplice ed economico e presenta
buone possibilità di trovare soluzioni innovative, ma risulta tipicamente di difficile applicazione se non vi è
collaborazione e se vi è timore nel rivelare dati fra concorrenti.
• Benchmarking funzionale - fra processi simili di organizzazioni diverse. Facilita l'azienda nel trovare
collaborazione e soluzioni innovative, ma è molto costoso in termini di denaro e di tempo. Si necessità in questo
caso di forte capacità di adattamento delle soluzioni analizzate.
• Benchmarking globale - fra processi diversi di organizzazioni diverse. Ha massima efficacia poiché si
individuano le soluzioni migliori sul mercato, ma risulta di difficile applicazione poiché necessità di tempi di
studio molto lunghi, visto che raramente le organizzazioni eccellenti aprono all'esterno il proprio know-how e le
proprie core-competencies. Anche qui si necessità di forte capacità di adattare soluzioni esterne alla propria
azienda.
• Benchmarking energetico - ha lo scopo di confrontare i consumi energetici tra aziende diverse. È regolato dalla
norma UNI CEI EN 16231:2012 che definisce la "Metodologia di benchmarking dell’efficienza energetica".
Utilità del benchmark
La finalità del benchmark può essere la ristrutturazione, ossia di BPR (reingegnerizzazione dei processi aziendali)
oppure un miglioramento incrementale qualitativo (ovvero non radicalmente diverso dal passato).
Il benchmark viene effettuato scegliendo un cruscotto di indicatori, ciascuno con nome e metrica, che siano
oggettivi, comprensibili, poco costosi da misurare, rappresentativi di un processo critico. La scelta del processo
critico e dei relativi indicatori di prestazione chiave (KPI= Key Performance Indicators) termina con una verifica di
robustezza in cui per ogni indicatore queste dimensioni sono valutate insieme tramite un metodo a punteggio (ad
esempio l'Analytic Hierarchy Process).
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Benchmark (economia)
Le metriche devono essere uguali per tutte le aziende oggetto del benchmark. Una comune unità di misura (es.:
percentuale, metro, numero puro) assicura la confrontabilità dei risultati. In alcuni casi le aziende creano un network
d'imprese, con un sito Internet comune ad accesso riservato a quelle iscritte in cui misurano e rendono visibili alle
altre i valori oggetto del benchmark.
In altri casi le aziende si rivolgono a società di ricerche di mercato dove un esperto del settore, che magari ha
lavorato in alcune aziende, stima i valori richieste; altrove si ricorre a società di consulenza che utilizzano fiere,
riviste di settore, interviste a dipendenti e dirigenti. È importante specificare per i vari valori la fonte del dato e se
esso è consuntivo, effettivo, target o un misto di questi.
Solitamente gli indicatori sono campionati a cadenza mensile con campioni di dimensione unitaria (una solo valore
misurato, una volta al mese). Il benchmark per particolari necessità (soprattutto nel marketing) può essere fatto in
qualunque momento dell'anno. Lo scarso numero e frequenza delle misure non pongono un problema rilevante di
qualità dei dati e imputazione degli errori. È limitato l'utilizzo di strumenti statistici; le grandezze utilizzate sono
elementari quali media, moda, mediana.
È prassi consolidata effettuare benchmark con aziende di altri settori solamente a patto che siano le migliori in
assoluto in uno specifico processo. Ad esempio il benchmark di un processo logistico verrà fatto con un
vettore-spedizioniere che investe tutto il budget nella sola funzione logistica e che ha i tempi di consegna più bassi
fra tutte le aziende nel mercato.
A seguito del processo di benchmarking vi è una fase di revisione dei valori target di prestazione da raggiungere, di
individuazione delle best practice da studiare e imitare. Lo scopo principale è studiare i processi altrui per importarli
in casa propria: non sempre l'imitazione è fattibile completamente, poiché il cambiamento si scontra con le inerzie, i
vincoli e la cultura della propria azienda.
L'azienda può scegliere se studiare il migliore in ogni prestazione oppure un best-in-class che ha la migliore
combinazione di valori fra prestazioni in contrasto e che ha il maggior numero di prestazioni in cui ha il massimo. Il
best-in-class è scelto fra aziende dello stesso settore; se le aziende con cui si fa il confronto sono almeno altre due, le
best practice vengono studiate per ogni prestazione, trattandosi di un benchmark su un processo specifico, che si
vuole conoscere a fondo.
In ogni indicatore (costo, servizio, qualità suddivisi in altre sottoclassi) il valore migliore delle aziende oggetto del
benchmark diviene il target delle altre. Un limite di questo approccio diffuso è che un'azienda può non avere lo
stesso budget da impiegare del best practice, per esempio perché non è un vettore di trasporto ed oltre alla logistica
ha anche altri capitoli di spesa fra i quali deve dividere le sue risorse. Oppure perché una scelta strategica decide di
privilegiare la qualità al costo e prezzo del prodotto; il miglior valore può essere ritenuto il massimo target oltre il
quale un obiettivo diviene velleitario. Il valore particolare dipenderà da budget, struttura (funzioni) e scelte
strategiche dell'impresa.
In tal senso, prima di affrontare uno studio dei processi del best practice o comunque fra le prime cose da capire, è
una stima dei costi fissi che come minimo è necessario sostenere per imitarne i processi e ottenere qualche beneficio.
Talvolta è possibile imitare alcune attività a costi non elevatissimi, ma anche un'imitazione parziale ha delle
dimensioni critiche di costo senza le quali non si ottengono benefici.
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Benchmark (economia)
Voci correlate
• UNI CEI EN 16231:2012
Bibliografia
• Roberto Centazzo, Il Benchamrking nelle PMI. Applicazioni della metodologia del benchmarking nei distretti
industriali, nei sistemi territoriali e nelle reti di piccole e medie imprese italiane., F. Angeli editore, 2002.
• Landi, Il marketing di acquisto, Angeli editore, 1979.
• R. Camp, Benchmarking. Come analizzare le prassi delle aziende migliori per diventare i primi, Itaca, 1991.
• U. Bocchino, Il benchmarking, uno strumento innovativo per la pianificazione ed il controllo strategico, Giufré
editore, 1994.
• U. Bocchino, Manuale di benchmarking, Giuffré editore, 1994.
• P. Ceccarelli; Calia G., Vincere con il benchmarking. La gestione aziendale attraverso il confronto, Sperling &
Kupfer, 1979.
Gestione delle scorte
La gestione delle scorte è un argomento che rientra nell'ambito del controllo del flusso dei materiali all'interno di un
processo produttivo, il cui obiettivo è minimizzare il costo di mantenimento a magazzino delle scorte, pur
garantendo una corretta alimentazione dei flussi produttivi.
Per scorta si intende una certa quantità di un articolo accumulata per essere messa a disposizione di un utilizzatore,
affinché la consumi secondo le sue necessità. La scorta è un serbatoio di compensazione, che permette di creare un
collegamento flessibile tra fasi del processo produttivo situate in sequenza, ma la cui frequenza operativa è diversa.
Ad esempio, l'approvvigionamento di materie prime è periodico, mentre l'utilizzo in produzione è continuo.
Le scorte possono essere di natura diversa:
• di materie prime
• di WIP (Work in process - materiale in lavorazione)
• di prodotti finiti
Le scorte possono avere diverse funzioni all'interno del ciclo produttivo:
• di transito (pipeline): hanno la funzione di coprire la richiesta di materiale per il tempo di approvvigionamento
• ciclo: dato che solitamente i fornitori non effettuano spedizioni ai clienti in modo continuo nel tempo, questo tipo
di scorta serve al cliente per poter produrre nel periodo che intercorre tra due consegne da parte del fornitore. Tale
scorta è pertanto proporzionale al tempo di consegna del fornitore.
• sicurezza: sono indotte dalla necessità di ridurre l'incertezza della domanda di materiale o di ritardi di
rifornimento
• anticipazione e disaccoppiamento: hanno la funzione di anticipare alcune fasi di produzione o di disaccoppiare
due lavorazioni successive.
Le politiche di gestione della scorta ciclo possono essere di due tipi differenti:
1. A ripristino
2. A fabbisogno
Nel primo caso ci si basa fondamentalmente solamente sul livello di giacenza, per cui la scorta ciclo è presente
all'interno del sito produttivo indipendentemente dalla necessità della stazione a valle, e quando viene utilizzata da
essa, la stazione a monte o il fornitore provvederanno a ripristinare il livello di magazzino esistente (sulla base di una
certa politica).
Nel secondo caso invece, si tiene conto anche della previsione di impiego, per cui la scorta è generata solamente nel
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Gestione delle scorte
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momento in cui è utile alla stazione a valle; in tale sistema, è la domanda di mercato a determinare le richieste di
produzione e di approvvigionamento di tutti i componenti ed i semilavorati all'interno del sito produttivo, nei tempi
appropriati (né troppo presto, per non generare scorta extra, né troppo tardi, per non causare ritardi nelle consegne di
prodotti finiti). La politica a fabbisogno più nota è il Material Requirements Planning (MRP). Il just in time, tramite i
kanban, è invece una delle politiche di gestione a ripristino di maggiore successo degli ultimi anni.
Gestione a ripristino della scorta ciclo in un singolo punto di stoccaggio
Nei casi reali di gestione delle scorte, si deve spesso far fronte ad una domanda non deterministica ed ignota: in
questi casi, è necessario modellizzarla con una distribuzione di probabilità se si vuole ottenere un determinato livello
di servizio. La gestione dinamica (o multiperiodale) delle scorte usa due criteri fondamentali per il riordino:
• Politiche di riordino a quantità fissa: il riordino avviene in lotti noti a priori, ma in istanti non noti a priori.
• Politiche di riordino a periodo fisso: il riordino avviene in quantità non note a priori, ma in istanti determinati a
priori.
Reorder Level (ROL)
Tale politica di riordino richiede il controllo continuo del livello di magazzino, e il riordino, di un lotto prefissato e
tipicamente pari al lotto economico (o EOQ), avviene non appena il livello scende al di sotto di un livello di riordino
prefissato. Si può far quindi rientrare tale politica all'interno del gruppo a "quantità fissa" definito sopra. Nel caso in
cui la domanda è costante e deterministica, questo metodo coincide con il cosiddetto modello di Wilson. L'aleatorietà
della domanda e del tempo di consegna porta alla necessità di impiegare delle scorte di sicurezza per ottenere un
livello di servizio (LS) accettabile. In base al modello di Hadley-Within, con una politica ROL e tempi di consegna
(TA) e domanda media (D) distribuiti secondo due funzioni di probabilità normali e indipendenti tra loro, il livello
ottimale di scorte di sicurezza è:
Con il coefficiente k che è pari al valore dell'inversa della normale standard calcolata nel valore del livello di servizio
che vogliamo ottenere (ovvero la quantità di domanda che si vuole soddisfare senza incorrere nel rischio di
stockout). L'assenza totale di scorta di sicurezza comporta LS = 50%.
Reorder Cicle (ROC)
Questa politica di riordino prevede l'ordine di un quantitativo fisso di materiale (tipicamente ancora l'EOQ), come il
ROL, ma il controllo del magazzino è effettuato ad intervalli regolari discreti, e si procede con l'ordine nel caso in
cui si scenda sotto il livello di riordino (come nel ROL). L'utilizzo di tale politica da un lato rimuove il vincolo del
controllo continuo del magazzino, dall'altro mette a rischio di stockout per un periodo maggiore, in quanto si
aumenta l'aleatorietà del sistema. Il livello di scorte di sicurezza in questo modello è pari a:
Con IR pari all'intervallo di tempo intercorrente tra due controlli del livello di magazzino.
IR fisso con Livello Obiettivo
Tale politica, che ricade tra quelle a periodo fisso, prevede la fissazione di un livello obiettivo (massimo) del
quantitativo di scorte a magazzino, e l'invio di ordini di replenishment ogni volta che trascorre il periodo IR, a
prescindere dal livello corrente di magazzino. La quantità da ordinare sarà pari a
,e
pertanto è variabile. Il livello obiettivo è scelto in base alla seguente formula:
Il livello delle scorte di sicurezza è il medesimo della politica ROC.
.
Gestione delle scorte
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IR con (S,s)
Politica che prevede l'andamento delle scorte in magazzino tra due livelli, detti appunto S e s. Il livello delle scorte è
misurato ad intervalli regolari pari ad IR; se in uno di questi controlli il livello scende sotto a s, verrà predisposto un
ordine di un quantitativo pari alla differenza tra S e s. Molti testi propongono il Livello Obiettivo della politica
precedente come formula per s, ovvero
. S invece viene definito come
. È facile rendersi conto però che tale formulazione porta ad un comportamento
scorretto del modello che, con un IR fissato equivalente a EOQ diviso la domanda media, nel caso medio ordinerà
ogni IR mantenendo il livello minimo di scorte ben sopra il necessario e rendendo quindi superfluo ogni tipo di
scorta di sicurezza. In generale non esiste un calcolo univoco per s, S e IR, che invece andrebbero valutati caso per
caso. In letteratura è possibile trovare numerose proposte, ricavate attraverso diverse metodologie. Il livello di scorte
di sicurezza è il medesimo della politica ROC
Two-bin
Politica generalmente seguita per materiali di consumo a scarso o nullo costo di immagazzinamento per unità di
prodotto (cancelleria, minuteria, ecc). La politica consiste nel tenere a scorta due "contenitori" in magazzino, uno in
uso e l'altro di scorta. Non appena il primo viene esaurito, si inizia il consumo del secondo e viene predisposto il
replenishment. Un utilizzo estensivo di tale politica è impossibile in quanto l'aumento di scorte inutilizzate è
eccessivo.
Kanban
Per approfondire, vedi kanban.
Gestione delle scorte lungo una catena di distribuzione
Per approfondire, vedi Supply chain management.
Nel caso di grosse reti logistiche, i magazzini possono essere più di uno. Essi possono essere collegati secondo reti
logistiche anche molto complesse, ma schematicamente possiamo identificare due geometrie base. La rete logistica
può infatti essere:
• arborescente: esistono più livelli di magazzini, sempre più numerosi man mano che si va verso i punti vendita. La
rete dunque si ramifica, ed è tipico della logistica di distribuzione.
• convergente: esistono più livelli di magazzini, sempre meno numerosi man mano che si va verso i punti vendita.
La rete dunque converge verso pochi magazzini, ed è tipico della logistica interna.
Politiche di gestione di una rete multilivello
La letteratura contempla due principali politiche di riordino basate su due diverse tecniche di conteggio della scorta
disponibile (ovvero, la quantità di scorta presente al momento in magazzino, più gli ordini di fornitura emessi meno
gli eventuali ordini in arretrato da evadere), che sono:
• Installation Stock: ogni magazzino vede come scorta disponibile solo la propria.
• Echelon Installation Stock: ogni magazzino vede come scorta disponibile la propria più quella di tutti i magazzini
a valle di sé stesso.
La caratteristica principale della politica Echelon è di non essere nested (annidata), ovvero lo spostamento ad un
livello n di quantità di merce ad un livello inferiore non cambia la quantità di merce contabilizzata Echelon del
livello n: se la quantità contabilizzata Echelon ad un certo livello diminuisce, ha come unica ragione possibile l'uscita
Gestione delle scorte
di merce dall'intero sistema, pari alla quantità differenza tra il livello vecchio e il nuovo. Non è valido
necessariamente il viceversa. La caratteristica non nested della contabilità Echelon rende più adatta questa politica
per reti arborescenti rispetto alla politica Installation. Lo svantaggio più evidente è la maggiore complessità
informativa del sistema.
Transit Point
Il Transit Point (o nodo di cross-docking) è luogo, o meglio un nodo della rete logistica, dove i lotti di merce
vengono ricevuti e riallocati in lotti più piccoli. Il transit point è utile per allocare in modo più efficiente le scorte ai
magazzini (tipicamente dei punti vendita) che si trovano a valle di esso, in base al principio statistico del risk
pooling: in sintesi, la varianza aggregata degli ordini dei nodi a valle del transit point è minore, o al peggio, uguale,
della varianza somma degli stessi nodi considerati singolarmente. La conseguenza è una riduzione dell'incertezza
attesa sulla quantità di merce da ordinare utilizzando il transit point (che permette, in pratica, di aggregare più
ordini). A differenza di un magazzino intermedio, il transit point non possiede scorte proprie: per questo motivo, il
transit point è gestito tipicamente secondo la politica Echelon.
Bibliografia
• Chase, Aquilano, Jacobs, “Operations Management”, McGraw-Hill
Voci correlate
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Newsvendor problem
Kanban
Lotto economico
Material Requirements Planning
Manufacturing Execution System
Teoria delle scorte
Minimo-massimo
Gestione materiali
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Gestione materiali
Gestione materiali
Nelle imprese industriali, l’obiettivo primario della Gestione materiali è quello di garantire una corretta
alimentazione dei reparti produttivi, minimizzando gli oneri da sopportare. È strettamente collegata alla
programmazione della produzione, e rientra nella funzione di approvvigionamento dei fattori produttivi.
Si fanno rientrare nella gestione dei materiali le seguenti attività:
• l’accertamento del fabbisogno, che a fronte di un piano produttivo da realizzare deve determinare la quantità dei
singoli articoli da approvvigionare ed i momenti in cui emettere gli ordini in funzione dei tempi di rifornimento
(lead time)
• lo studio di convenienza economica relativa alla decisione di costruire all’ interno i componenti necessari alla
produzione oppure acquistarli all’esterno (fare o far fare, fabbricare o comperare, make or buy), tramite un
raffronto dei costi totali da sostenere nei due casi, tenendo conto inoltre sia delle caratteristiche di reperibilità all’
esterno sia delle risorse disponibili a questo fine all’interno dell’ azienda
• l’ approntamento e l’invio degli ordini ai fornitori; non si fa rientrare in genere invece nella gestione dei materiali
la parte dell’approvvigionamento esterno inerente alla selezione delle fonti d’acquisto e la trattativa con i fornitori,
in quanto tali temi appartengono alla branca commerciale
• la sorveglianza sull’espletamento di quanto previsto negli ordini, volta a garantire, tramite un’opportuna azione di
‘’sollecito’’ (expediting), che i fornitori rispettino quanto stabilito in fase di contratto, con particolare riferimento
alle quantità da fornire ed ai termini di consegna
• il ricevimento dei materiali provenienti dall’esterno (siano essi acquistati o lavorati da terzi), il loro controllo
all’ingresso, il loro magazzinaggio e la conseguente custodia
• il ricevimento dei materiali provenienti dall’interno (semilavorati e prodotti finiti)
• il reperimento dei materiali custoditi per il loro inoltro alla produzione, o al confezionamento e spedizione ai
clienti o alla rete di distribuzione
• il controllo del livello delle scorte (stocks) e la determinazione dei relativi parametri di governo
• lo svolgimento delle operazioni contabili relative alle movimentazioni di magazzino
La gestione dei materiali può essere seguita dai singoli enti aziendali coinvolti, quali la Programmazione della
produzione, gli Acquisti, la Produzione, le Vendite, la Contabilità, ecc., oppure essere sottoposta al coordinamento di
un Material Manager.
Voci correlate
• Distinta base
• Materials Requirements Planning
•
•
•
•
Just in time
Gestione delle scorte
Logistica
Supply chain management
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Previsione della domanda nella catena di distribuzione
Previsione della domanda nella catena di
distribuzione
La previsione della domanda nella catena di distribuzione è un insieme di metodi che prendono in esame la
domanda di un certo prodotto in una rete logistica. Tali metodi sono alla base della progettazione e del riallestimento
di una Supply Chain (catena di distribuzione).
Generalità
Prevedere la domanda da soddisfare di un certo prodotto è fondamentale in ambito sia di produzione che di
distribuzione: infatti se non siamo in ambito di gestione MTO (make to order, ovvero se non
produciamo/distribuiamo in base agli ordini pervenuti) dovremmo produrre o ordinare (a seconda della nostra
posizione nella filiera produttiva) in base ad una certa previsione di domanda del prodotto. È questo il caso tipico
della produzione di beni a largo consumo, a basso valore unitario, tipicamente gestiti MTS (make to stock, ovvero
prodotti per essere tenuti in una scorta ad aspettare l'acquisto, ad esempio su uno scaffale di un punto vendita). La
previsione della domanda può essere effettuata tramite metodi:
• quantitativi
• qualitativi
Tali categorie di metodi sono considerati complementari nella formulazione della previsione, in quanto tengono
conto di fattori diversi.
Metodi qualitativi
I metodi qualitativi di previsione non si basano su un approccio matematico formalizzato. Essi presentano dei
vantaggi rispetto agli altri in quanto essi:
• sono più flessibili, in quanto possono adattarsi anche a contesti nuovi
• possono tener conto di fattori difficilmente quantificabili, pure rilevanti nel processo di previsione
Gli svantaggi:
• essi soffrono spesso dell'errore umano a sovrastimare o sottostimare sistematicamente la domanda.
Esempi di metodi qualitativi:
• Ricerche di mercato;
• Metodo Delphi.
Metodi quantitativi
I metodi quantitativi si basano su un approccio matematico formalizzato. Essi:
• sono più consistenti, cioè tendono a ridurre errori sistematici tipicamente umani
• soffrono della difficoltà di modellizzazione, dunque dell'aderenza solo parziale al fenomeno reale.
Panoramica dei metodi quantitativi
In quanto formalizzabili, è possibile descrivere efficacemente i metodi quantitativi in modo sintetico. Tipicamente,
tali metodi:
• postulano una domanda (descritta mediante una funzione matematica)
• generano una previsione della domanda mediante un algoritmo
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Previsione della domanda nella catena di distribuzione
Per generare un livello di domanda futura è necessario inizializzare l'algoritmo di previsione, ovvero calcolare un
livello iniziale di domanda. Il livello iniziale di domanda è tipicamente basato sui dati storici della domanda passata:
in questo caso si ipotizza implicitamente un legame tra la domanda osservata in passato e la domanda da prevedere.
L'ipotesi di base, qua analizzata, prevede che il livello della domanda dipenda esclusivamente dal tempo. I metodi
quantitativi fondamentali sono:
• la media mobile: è adatta in casi di domanda stazionaria, in quanto considera per la previsione un numero
prefissato delle ultime osservazioni della domanda
• lo smorzamento esponenziale: esso considera per la previsione le osservazioni di domanda attribuendo un peso
progressivamente minore alle osservazioni via via più vecchie
• regressione lineare: nel caso di una sola variabile esplicativa è possibile interpolare l'andamento della domanda:
tale approccio è tanto più valido quanto più l'andamento della domanda è assimilabile a una retta
• regressione multipla: è l'estensione del caso precedente, da usarsi in presenza di più variabili esplicative del
modello di previsione
La media mobile
La media mobile assume la domanda come:
• Y è la domanda nell'istante t
• d soprasegnato è la domanda attesa
• epsilon è la componente di rumore
Il passo dell'algoritmo è:
per ogni h
• F è la previsione (forecasting) fatta in t per l'orizzonte temporale h, per le assunzioni del modello:
• k è un fattore adimensionale direttamente proporzionale all'inerzia della domanda
Lo smorzamento esponenziale
Lo smorzamento esponenziale, a differenza della media mobile, considera tutte le osservazioni passate della
domanda; la domanda è modellizzata come nel modello della media mobile.
Modello base
Il modello base effettua una previsione della domanda futura sulla base della media pesata delle osservazioni di
domanda passate.
può essere riscritta come:
• alfa è un parametro compreso tra [0,1], determina la reattività della previsione, come k nella media mobile. Tanto
più alfa è prossimo a zero, tanto più la previsione è reattiva. Tanto più alfa è prossimo ad uno, tanto più la
previsione filtra il rumore. Esiste un chiaro tradeoff nella scelta del parametro.
Essendo questo, un modello ricorsivo, genera una nuova stima della domanda in t con una stima del periodo
precedente t-1. Quindi ha bisogno di un punto di partenza, in questo caso:
. Questa stima è molto importante
soprattutto se si ha a disposizione pochi dati e si sceglie un parametro alfa elevato. Supponendo di avere a
disposizione I osservazioni di domanda:
1. Porre la stima iniziale
, questo però rende la stima iniziale deviata.
22
Previsione della domanda nella catena di distribuzione
2. Porre la stima iniziale
, questo però rende la prima stima della previsione inutilizzabile quando
si misureranno gli errori.
3. Dividere i dati in due set. Il primo composto da l osservazioni di domanda, utilizzato per inizializzare la
previsione. Il secondo composto da I-l osservazioni di domanda, su si andrà a misurare le performance della
previsione.
.
Il modello a smorzamento esponenziale è in generale più adatto a prevedere la domanda di prodotti con ciclo di vita
breve, dove l'informazione delle tendenze più recenti del mercato è evidentemente più importante.
Modello con trend
Il modello con trend ipotizza che la domanda tenda a crescere o a decrescere in modo costante al trascorrere del
tempo. La previsione è una funzione che disaccoppia un livello base della domanda ed un fattore di trend
proporzionale all'orizzonte temporale: questi due fattori sono aggiornati separatamente. La previsione è formulata:
• B è il livello base della domanda in t
• T è il fattore di trend
• beta è un fattore adimensionato proporzionale alla reattività della previsione al variare del trend, in modo simile a
come avviene per alfa.
Inizializzazione:
Inizializza il fattore di Trend con il minimo set di dati.
Avendo invece a disposizione l dati per inizializzare:
per i=1...l
dove l-1 sono gli incrementi dei primi primi l periodi
Due limiti principali di questo modello sono:
1. Se l'orizzonte di previsione h è troppo elevato e si è in presenza di un trend negativo, il modello può portare a
previsioni negative.
2. Se al periodo t-1 prevediamo un fattore di trend positivo pari a p e invece si ha un trend negativo pari a n, l'errore
che si commette è pari a h(p+n), quindi si apre una "forbice" tra domanda e previsione. Da notare che questo
errore è tanto più grande quanto più elevato è l'orizzonte per la quale si prevede.
Modello con stagionalità
Il modello con stagionalità prevede che il livello di domanda si ripresenti simile dopo un intervallo di tempo
regolare, detto stagione. La previsione qua introduce un fattore S di stagionalità:
per
Se l'orizzonte eccede la stagione:
• s è il numero di periodi di tempo della durata della stagione
• S (maiuscolo) è il fattore di stagionalità, coglie in media se una stagione ha un valore atteso più alto o basso delle
altre
• gamma è anch'esso un parametro compreso tra [0,1], proporzionale alla reattività della previsione al variare della
stagionalità, in modo simile a come avviene per alfa e beta.
23
Previsione della domanda nella catena di distribuzione
Inizializzazione:
con l=ks stagioni
per j=1,...,s dove j sono i periodi dove si effettua l'inizializzazione
Questo modello pone dei limiti riguardante il numero di fattori di stagionalità che si calcolano, se si pone come
esempio una stagionalità a livello giornaliero, in un anno si devono calcolare 365 fattori di stagionalità diversi, il che,
pone una difficoltà a livello computazionale.
Modello con trend e stagionalità
Il modello con trend e stagionalità combina il modello con trend e quello con stagionalità: esiste cioè una ciclicità
della domanda che si sovrappone alla tendenza a crescere o a decrescere al trascorrere del tempo. La previsione è
modellizzata:
L'aggiornamento dei parametri del livello base di domanda, di trend e stagionalità si effettuano rispettivamente:
L'inizializzazione prevede il calcolo di s+2 prametri, e per poter inizializzare occorono almeno s+1 dati di domanda:
se l=2s
per j=1...s
Quest'ultimo modello soffre dei limiti dei modelli:
1. Esponenziale con Stagionalità.
2. Esponenziale con Trend.
La regressione lineare
La regressione lineare è un approccio previsionale usato nel caso semplice in cui la domanda abbia un andamento
che non si discosta dalla retta nel piano. È possibile formulare una previsione:
• calcolando i parametri a (intercetta sull'asse delle ordinate) e b (coefficiente angolare) della retta delle
osservazioni passate
• calcolando la y (variabile dipendente della retta, nella fattispecie la domanda) in corrispondenza di x(variabile
indipendente, in questo caso il tempo per cui si effettua la previsione: y è il valore atteso del livello di domanda
previsto per l'istante x
• calcolando le See(Y) (acronimo di Standard Error Estimate), ovvero la stima della varianza della domanda.
24
Previsione della domanda nella catena di distribuzione
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Modello lineare generale:
Stima puntuale della domanda Y:
Stima della varianza della stima di Y:
dove:
Errori
Può essere opportuno, alla fine della previsione, misurare gli errori commessi per due semplici motivi:
1. Misurare le performance del modello utilizzato.
2. Valutare se si è scelto un modello adeguato ai dati.
Al periodo t, l'errore che viene misurato è:
dove:
•
è l'osservazione di domanda al periodo t
•
è la previsione effettuata per il periodo t, diverso da
che rappresenta la previsione effettuata al periodo t
con orizzonte h, quindi per il periodo t+h
Assoluti
I primi tre indici, calcolano gli errori con la stessa scala della domanda, esempio: kg, pezzi.
Mean Error
Questo primo indice non è altro che la media degli errori, indica la deviatezza della previsione:
Quanto più grande è il ME, tanto più deviata risulta la previsione. Se questo indice è positivo (Yt>Ft), indica che si
sta sottostimando la domanda, un ME negativo (Yt<Ft), indica che si sta sovrastimando la domanda.
Mean Absolute Error
A differenza del primo, questo secondo indice indica l'accuratezza della previsione, poiché va a sommare tutti gli
errori dei periodi:
Root Mean Square Error
Questo terzo indice, calcola l'accuratezza della previsione, ma a differenza del MAE, da più peso agli errori grossi
anche se sporadici, poiché sono elevati al quadrato. Se una previsione presenta tanti piccoli errori, sarà premiata da
questo indice in confronto ad una previsione con pochi errori ma elevati.
Previsione della domanda nella catena di distribuzione
Percentuali
Gli errori misurati in percentuale, danno una valutazione non condizionata dall'unità di misura della domanda, inoltre
si può paragonare la deviatezza e l'accuratezza poiché sono numeri adimensionali. I limiti di questi due indici (MPE,
MAPE), sono tutti legati al termine presente al denominatore, ovvero la domanda. Non possono essere usati nel caso
in cui:
• Siano presenti forti fluttuazioni della domanda
• Ci siano periodi in cui la domanda è nulla
Mean Percentage Error
Questo quarto indice, misura la deviazione di una previsione.
Mean Absolute Percentage Error
Questo quinto indice, misura l'accuratezza di una previsione.
ME%, MAE%
I problemi legati alla fluttuzione e all'azzeramento della domanda, sono risolti se viene considerata la domanda
media:
Voci correlate
• Gestione della catena di distribuzione
• Analisi delle serie storiche
Collegamenti esterni
• Video: Introduzione alle Previsioni della domanda [1]
• Video: Tecniche di Previsione della domanda [2]
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Note
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[2] http:/ / www. youtube. com/ watch?v=RxZ-QysaAm0& feature=share& list=PLHbAOqfgE-VC9EE4xj5uevz9WR7OuB6_k
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Fonti e autori delle voci
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Gestione della catena di distribuzione Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=61882252 Autori:: %Pier%, Adert, Alfredxz, Ary29, Avesan, Bramfab, Bultro, CarloV, Ft1, Garnett21,
GiorgioPro, GiuseppeConfessore, Gvittucci, Hashar, Joebigwheel, Lukius, Nicola Romani, Nicolabel, Ossistyl, Paolo.caffagni, Pil56, Rabebo, Rebecca South, Remulazz, Rpronesti, Sanya3,
Sentruper, Snowdog, Stamsofer, Tiesse, Tizianol, Tomi, Torsolo, 41 Modifiche anonime
Just in time Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=61462668 Autori:: Adriano, Alfio, Ary29, Avesan, Cinzia, Dvd100, Frankthequeen, Fredericks, Guidomac, Gvittucci, Hashar,
Kategoriko, Ligabo, Maurizio.Cattaneo, Migola, Moroboshi, Nicolabel, Osk, Otrebor81, Paginazero, Pracchia-78, Salvatore Ingala, Senza nome.txt, Snowdog, Suisui, Tiesse, Vipera, Wikimigi,
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Effetto Forrester Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=60659084 Autori:: Adert, Boombaster, Elwood, GiorgioWiki, Ossistyl, Rebecca South, 6 Modifiche anonime
Layout di impianto industriale Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=57223109 Autori:: Adert, Daniele Pugliesi, Martin H., No2, Phantomas, 3 Modifiche anonime
Magazzino Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=59275427 Autori:: ATS informatica, Adert, Avesan, Bettimarco, Civvì, Cloj, DanGarb, Daniele Pugliesi, Dax89, Elmf, Elwood,
Eumolpo, Fedefabi, Guidomac, Incola, Moongateclimber, Nick1915, Nicola Romani, Nicoli, Pil56, Rago, Senza nome.txt, Shivanarayana, Stamsofer, Tanonero, Ticket 2010081310004741,
Tiesse, 39 Modifiche anonime
Magazzino automatico Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=26346179 Autori:: Bultro, Eurofork, Gvf, Lp, M7, MM, Pipep, Tiesse, 10 Modifiche anonime
Benchmark (economia) Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=61932653 Autori:: Annatapessima, ArtAttack, Bultro, Carlo Pignatari, Darth Kule, Gvittucci, Marcok, Musto47,
Nickpalms, Nicolabel, No2, Phantomas, Pil56, Retaggio, Sanremofilo, Sbark, Signora con l'ombrello, Tiesse, 17 Modifiche anonime
Gestione delle scorte Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=60818522 Autori:: Adert, AlessioMela, Ary29, Avesan, Eumolpo, Gac, Lusum, Marco Ciaramella, Nicolabel, Pil56,
Pipep, Pracchia-78, Sigjlr, Sonichead, Stamsofer, Superfranz83, TierrayLibertad, Tiesse, Tooby, Vituzzu, 24 Modifiche anonime
Gestione materiali Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=56711166 Autori:: Nicolabel, Stamsofer, Tiesse, Triquetra, 4 Modifiche anonime
Previsione della domanda nella catena di distribuzione Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=60527363 Autori:: Baroc, Dani polito, Filnik, Gionnico, Marco Ciaramella,
Massimiliano Panu, Nicola Romani, No2, Pipep, Stamsofer, Tiesse, Tizianol, 32 Modifiche anonime
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Fonti, licenze e autori delle immagini
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