l`enfant–unastoriad`amore
Transcript
l`enfant–unastoriad`amore
L’ ENFANT–UNASTORI AD’ AMORE scheda tecnica titolo originale: L’ enf ant durata: 95 minuti nazionalità: Belgio, Francia anno: 2004 regia: JEAN-PIERRE DARDENNE e LUC DARDENNE soggetto e sceneggiatura: JEAN-PIERRE DARDENNE e LUC DARDENNE produzione: ARCHIPEL 35, LES FILMS DU FLEUVE, R.T.B.F., ARTE FRANCE CINEMA fotografia: ALAIN MARCOEN montaggio: MARIE-HELENE DOZO scenografia: IGOR GABRIEL costumi MONIC PARELLE interpreti: JEREMIE RENIER (BRUNO), DEBORAH FRANCOIS (SONIA), JEREMIE SEGARD (STEVE), FABRIZIO RONGIONE (GIOVANE MALVIVENTE), OLIVIER GOURMET (POLIZIOTTO IN BORGHESE), STEPHANE BISSOT (RICETTATRICE), MIREILLE BAILLY (MADRE DI BRUNO), ANNE GERARD (NEGOZIANTE), BERNARD MARBAIX (COMMERCIANTE), FREDERIC BODSON (MALVIVENTE), LEON MICHAUX (POLIZIOTTO), SAMUEL DE RYCK (THOMAS), HACHEMI HADDAD (PORTIERE DELL'OSTELLO), OLINDO BOLZAN (COMMERCIANTE), JEAN-MICHEL BALTHAZAR (BARMAN), ANNETTE CLOSSET (INFERMIERA), PHILIPPE JEUSETTE (RICETTATORE) ALAO KASONGO (DONNA ALL'ACCETTAZIONE DELL'OSPEDALE), SOPHIA LEBOUTTE (ISPETTRICE), MARIE-ROSE ROLAND (INFERMIERA) la parola ai protagonisti Jean-Pierre e Luc Dardenne I nI t al i aL’ enf antsar à accompagnat o dalt i t ol o“ Unast or i ad’ amor e” .Chil o espr i me?Diqual e amore si parla? Luc: E' l' amore che scopre Bruno (il protagonista, ndr). Lui all' inizio non prova sentimenti, vive in emergenza, dei suoi piccoli traffici, per sbarcare il lunario. Il bambino e la compagna gli fanno scoprire l' amore. Riguardo alla genesi de "l' enfant" raccontate di aver visto, durante le riprese del film precedente, una ragazza spingere una carrozzina. Sembra un po' riduttivo, le vostre opere non sembrano casuali, c'e' un' attenzione alla marginalità e una critica verso la società. Speriamo che ci sia anche un po' di posto per la casualità. Girando l' altro film abbiamo colto l' immagine di quella giovane. Ci e' tornata in mente per l' enfant. All' inizio, pensavamo ad una mamma in cerca di un padre per il suo bambino, poi l' uomo lo abbiamo messo, ma non e' un padre. Il resto e' un mistero. [email protected] 1 Il film è quasi privo di colonna sonora e la musica, in sostanza, fa la sua comparsa solo in una scena. Come spiegate questa scelta stilistica? Jean-Pierre: Non è stata una scelta a priori, di certo non l’ abbi amo deci so a t avol i no. Gi r ando,abbi amovi st osempl i cement echenonc’ er apost operl amusi ca.Tut t oqui . Ul t i mament eavet edi chi ar at o chel ’ i deadeif i l m è nat adur ant el er i pr esediI lf i gl i o. Comeè andata esattamente? Luc: Tutti i nostri film raccontano storie di personaggi emarginati, ad ogni modo spero che anchel acasual i t àabbi aunospaz i oi nt ut t oc i ò… LagenesideL’ enf ant ,i nr eal t à,èpr opr i o quella accennata. Mentre giravamo a Seraing abbiamo notato una ragazza che spingeva nervosamente una car r oz z i na e quel l ’ i mmagi ne ciè t or nat ai n ment e dopo due anni . Inizialmente avevamo pensato ad una ragazza con una carrozzina che cercava un padre per il suo bambino, ma poi nella nostra storia è arrivato Bruno, il neonato aveva trovato un padr e… Anchei nL’ enf antsiavver t onogl iechidel l a“ t eor i adelpedi nament o”car aaZavat t i ni .I nqual che modo è una teoria espressiva da cui vi sentite influenzati? Luc: Non si e' mai liberi, anche se lo si pensa. Anzi, proprio allora non lo si e'. E' chiaro, abbiamo visto i film a cui fa riferimento: Pasolini, Rossellini. Inizialmente non lo abbiamo capito quando eravamo impegnati sul set, poi questo background e' tornato e ci ha aiutato nel lavoro. Questo metodo di girare spiega nel modo piu' semplice quello che avviene. Come spettatori potete avere così la sensazione di avere amici nei nostri film. Da dove nasce il vostro interesse per temi così difficili? I vostri personaggi hanno sempre una vita durissima, sono veri emarginati. Jean-Pierre:E’unadomandacher i c hi eder ebbeunar i spost amol t ocompl essa…. Quelche è cer t o è che un f i l m non èun’ aul a dit r i bunal e,per ci òi o eLucami amo t ut t iinost r i personaggi, anche quelli più cattivi. Bruno è un ragazzo che vive nel mondo di oggi, a noi piacciono molto le st or i e dii ni z i az i one.At t r aver so l ’ amor e diSoni a,e ai ut at o da al t r i el ement i ,Br uno r i esceascopr i r eisent i ment i ,l ’ umani t à.Nonacasonelf i nal esar àquasi sopraffatto dalle lacrime: il suo è un pianto liberatorio. Un tratto che caratterizza fino ad oggi il vostro cinema: l'attenzione per la persona. Prestiamo cura a svelare attraverso dei gesti, poche battute e soprattutto attraverso un corpo i nostri personaggi. In "L'enfant" l'incoscienza e la sofferenza di Bruno sono rappresentate attraverso il fardello che diventa per il mancato padre la carrozzina. Non vogliamo che il nostro sguardo sui personaggi diventi un giudizio perchè non sta a noi giudicare. E ancor meno vorremmo che lo si releghi ad un'etichetta (un film politico? Solo perchè parliamo dei poveri?). Qual è la vostre visione sulla società attuale, in particolare sui mali endemici della società occidentale? Jean-Pierre: Potremmo parlare ininterrottamente sugli effetti catastrofici della nostra società ma, tutto sommato, non mancano segnali di speranza. Vale sempre la pena di vivere, anche se oggi le società occidentali sono meno rispettose delle uguaglianze rispetto a t r ent ’ annif a.Nonsoseesi st eanchei nI t al i a,mai nFr anci aei nal t r ipaesinor deur opei esiste un movimento di donne musul mane,“ Niput es nisoumi ses”( “ Né put t ane né schi ave” )chesibat t onoperl ’ emanci paz i onedel l adonna eperl ’ emanci paz i onesoci al e: sono queste, oggi, le uniche cose per cui vale la pena combattere. Quale metodo seguite con gli interpreti dei vostri film? Luc: Nonabbi amounmet odopr eci so,i ngener ecer chi amodipassar econl or ounpo’di t empo.PerL’ enf antabbi amopassat oduemesiemez z oconiduepr ot agoni st i ,manonper produrre risultati ai fini del film. Quello che ci interessava era sentire insieme a loro lo spirito del luogo, cercando di scoprire il carattere distintivo di quella che possiamo definire la musica del film. [email protected] 2 Cosa vi aspettate dal pubblico italiano? Luc: Nul l adipar t i col ar e.Sper ocheanchei nI t al i agl ispet t at or i …adot t i noil nostro bambino! Molti già parlano di una trilogia conclusa: "La promesse", "Rosetta" e "Il figlio" sono tre film che parlano al singolare, basati proprio sull'accettazione dell'altro nella vita dei protagonisti. "L'enfant" si apre ad una coralità di personaggi, ad una possibile famiglia. L'inizio di un nuovo ciclo o il compimento del precedente? Non sappiamo ancora visto che non abbiamo pensato al prossimo progetto. Sicuramente "L'enfant "ha segnato per noi un cambiamento e una sfida: quella di raccontare una storia al plurale. Eppure ancora una volta abbiamo descritto il risveglio della coscienza di un uomo (Bruno), la sua uscita dall'egoismo per la sua piccola famiglia. Ci interessa raccontare cosa è un uomo ed è per questo che lo spettatore avverte una forte tensione etica sottesa alle nostre immagini; che si trasforma in tensione morale nel momento finale, quando avviene il risveglio della coscienza. DopoL’ enf antavet ei ni zi at oal av or ar esuunnuovopr oget t o? Jean-Pierre: Se e quando riusciremo a fare un altro film ci piacerebbe ambientarlo in una periferia di una città europea, raccontando la storia di una madre che vive con figli molto violenti. Per ora non abbiamo avuto tempo neanche per iniziare a parlarne: è dal 15 giugno che siamo in giro per acc ompagnar el ’ usci t adeL’ enf ant,i mpossi bi l eav er espaz i oper occupar cid’ al t r o. Che cosa vi ha spinto, dopo la vostra esperienza teatrale al fianco di Gatti, ad iniziare una carriera di filmaker? Era la passione per le storie, per l'impegno, per l'uomo. Negli anni Settanta il Belgio ha vissuto un momento rivoluzionario che è presto svanito: noi l'abbiamo prima ripreso, abbiamo filmato in maniera amatoriale dei ritratti di persone che lottavano. Ma quello che più ci interessava era far emergere chi fossero quelle persone. Fin dagli inizi della vostra carriera avete sempre lavorato insieme, fianco a fianco. Qual è il segreto di questa intesa? Jean-Pierre: E’ver o,st i amosempr ei nsi ememacer chi amodial t er nar cidur ant el er i pr ese: se uno di noi è alla macchi nadapr esal ’ al t r oèpi ant at odavant ialmoni t orpercont r ol l ar ei l girato. Le decisioni, comunque, sono prese in totale autonomia. Quanto alla sceneggiatura, in genere è sempre Luc a scrivere la prima stesura. Non è un modo di dire, ma quando lavoriamo diventiamo una sola persona. E per il futuro non abbiamo alcuna intenzione di separ ar ci ,andandoavant icongl iannidi vent i amosempr epi ùdi pendent iunodal l ’ al t r o…. recensioni Maurizio Porro - Il Corriere della Sera, 16 dicembre 2005 I fratelli Dardenne, belgi, baricentro del cinema all' europea senza effetti ma con affetti speciali, hanno vinto con questo film a Cannes, 6 anni dopo Rosetta. I soliti. Meno male. Ancora con una rigorosa, sofferta storia sulla pelle di due giovani, il ladruncolo Bruno e la sua Sofia, con un neonato in carrozzina. Un cinema, vedi Bresson, che si riprende il peso morale, pedina la realtà, vedi Zavattini. Ma questo neo realismo, intriso di sentimenti e contrasti, accarezza due ragazzi già provati dalla vita: se lei si sente madre, lui tenta di vendersi la creatura, provocando guai. Sembra un film improvvisato, ma nulla avviene per caso, è tele-comandato dal senso di giustizia di autori che emanano profonde infelicità, chiamandoci complici e testi con la psicosomatica presenza di Deborah Francois e Jeremie Renier. La storia entra dentro e si pensa a quanto il cinema può oggi essere ancora utile. VOTO: 8,5 [email protected] 3 Giovanna Grassi - Il Corriere della Sera, 30 novembre 2005 I fratelli Dardenne (Jean-Pierre e Luc), che hanno conquistato a Cannes la Palma d'oro con L'enfant, saranno con lo stesso film (sui nostri schermi dal 7 dicembre) e per la prima volta in lizza per le nomination della cinquina dei migliori film stranieri dei prossimi Oscar. «Ci auguriamo il meglio - dicono - anche per la cinematografia del nostro Paese, il Belgio, sebbene tutti ci abbiano informati che sarà un anno estremamente competitivo e di forti film d' impegno civile e politico. Ce ne rallegriamo, tuttavia: anche il nostro, L' enfant-Una storia d' amore, tocca argomenti di drammatica, coinvolgente attualità. Quando sono esplose le periferie di Parigi, in tanti ci hanno scritto, chiamato a parlare nelle Università della pellicola, che in Francia, in Belgio e in altri Paesi è uscita dopo la presentazione al Festival di Cannes, in settembre. Il disagio dei giovani della banlieue è uguale a quello del nostro protagonista, Bruno (Jérèmie Renier), e della sua ragazza, Sonia (Deborah François). E' il malessere di persone giovani che vivono nell' esclusione. Nei loro confronti l' Occidente ha molte responsabilità». Jean Pierre è nato nel 1951, Luc nel 1954. Non a caso provengono dal documentario e già nel 1999 avevano vinto la Palma d' oro con Rosetta. Per i Dardenne, il cinema ha un significato solo se risveglia la coscienza della platea rispetto al reale. Come accade a chi vede la storia dei due ragazzi innamorati, sbandati di una qualsiasi periferia. Bruno vive di malaffari. Sonia aspetta da lui un figlio, lo partorisce con l' illusione di un nido protettivo anche se misero, ma Luc vende il neonato e... Spiegano i registi-autori: «Sono ragazzi che vivono in quartieri dove le scuole non sono più tali, dove le case non sono case perché in una stanza spesso vivono otto persone... La legge della sopravvivenza deve fare i conti con una società dove anche il livello più misero del "capitalismo" è asservito solo all' idea del consumo, delle disponibilità finanziarie. Bruno vuole essere vincente in questo stato di cose anche con il crimine di piccolo cabotaggio, con sfide che in realtà celano un estremo bisogno di aiuto e stabilità. Per Sonia avere un figlio significa sperare di vedersi assegnare un piccolo appartamento, poter costruire una propria stabilità al di là di qualsiasi disuguaglianza socio-economica. Il finale non offre risposte, ma interrogativi a una società che non può più fingere di non vedere». Tullio Kezich - Il Corriere della Sera, 9 dicembre 2005 Nel rivedere L'enfant dei belgi Jean-Pierre e Luc Dardenne sei mesi dopo la Palma d' oro di Cannes, vien voglia di definirlo un film «epocale». Controllo l' aggettivo sul Palazzi-Folena («che segna un' epoca») e confermo. Ma quand' è che un' immagine cinematografica diventa il simbolo di un momento storico? Esempi cercando, riaffiora nella memoria l'operaio Maggiorani in giro per Roma alla ricerca della bicicletta rubata. Zavattini e De Sica seppero farne l' emblema della disperazione del dopoguerra congiunta alla volontà di sopravvivere. Ed ecco avanzare, a futura memoria, una raffigurazione dell' indecifrabile e confusa realtà odierna: il balordo Bruno (Jérémie Renier) che attraversa il paesaggio industriale di Liège e Seraing spingendo la carrozzella del figlio appena nato. Che sulle prime c' è e poi non c' è più perché lo snaturato padre se l' è venduto. Con successivo svenimento della giovane Sonia (Deborah François), che sembrava una madre per caso e non lo era; e con conseguenze incontrollabili e quasi fatali. Strano che proprio «Za» e il suo regista non figurino nel numero degli ispiratori di L'enfant registrati da Luc Dardenne (il fratello scrivente, mentre Jean-Pierre si limita a riflettere, suggerire e correggere). Nel diario «Au dos de nos images 1991-2005» (edito da Seuil), dal febbraio di due anni fa che segna più o meno la partenza del progetto, Luc confessa i debiti verso Accattone di Pasolini e La ragazza con la valigia di Zurlini, Zio Vanja, Luce d'agosto di Faulkner, Howard Hawks, Fritz Lang, la stella polare Murnau e perfino «Racconto d' inverno» di Shakespeare. Il tutto per favorire la crescita di un'idea nata da una notiziola di giornale e passata attraverso sei stesure della sceneggiatura (una dozzina e più le versioni del montaggio); e accompagnata, in successione, da ben cinque titoli: «La forza dell' amore» (scartato perché scopriva troppo le carte), «Il riscatto» (idem perché annuncia la redenzione del protagonista), «Il ragazzo con la carrozzina» (perfetto, ma brutto) e «Vivere». Nella versione italiana il definitivo L' enfant è stato rinforzato dal sottotitolo «Una storia d' amore» che sembra richiamarsi alla primitiva ispirazione degli autori. All' inizio del film piange un neonato, alla fine piangono abbracciandosi due adulti; e sul valore catartico dei singhiozzi gli autori sono stati indotti a riflettere dal libro «Traité des larmes» di Catherine Chalier. Attraverso i gesti e le parole della loro misera quotidianità, Bruno e Sonia appaiono come due immaturi giocattoloni. Lui le tenta tutte, dall' accattonaggio al furto e peggio, pur di non andare a lavorare; lei lo asseconda passiva fino al momento della crisi. Nel corso di uno scippo mal riuscito, inseguito dalla polizia, Bruno per [email protected] 4 salvarsi si butta nelle acque della Meuse tirandosi dietro Steve, il complice ragazzino che ne sortirà a rischio di congelamento. Proprio l'imprevisto senso di responsabilità verso il minorenne da lui messo nei guai farà balenare nel protagonista il sentimento ignoto della paternità. Il primo miracolo dei Dardenne è che pur attraverso una rifinitura elaboratissima attingono a un risultato vicino all' eloquenza nuda e cruda del referto cronachistico. Il secondo e più importante miracolo di L'enfant è di trasferirci non «dalla parte dell' ultimo» (come si usa dire con formula abusata), ma addirittura nei regni beati e pericolosi dell' incoscienza. Per cui arriviamo a nutrire comprensione e perfino simpatia per una coppia dai comportamenti insensati, a soffrire e a sperare con loro. Non in chiave giustificazionista di azioni riprovevoli, ma come ultima speme nelle sepolte risorse della natura umana. Per riaffermare che l' ignoranza, la protervia e la pericolosità di chi rappresenta una minaccia per la società non si curano con le cariche della polizia. Maria Pia Fusco - La Repubblica, 30 novembre 2005 Un ragazzo e una ragazza, Bruno e Sonia, lui è coinvolto nella piccola criminalità, lei ha appena avuto un bambino. Vivono alla giornata, ai margini di una piccola città belga. Sono i protagonisti di L’ enf ant -Una st or i ad’ amor e deif r at el l iDar denne,una st or i a sempl i ce che ha commoss o Emi r Kusturica e la giuria di Cannes2005ehavi nt ol aPal mad’ or o,l asec ondadopoquel l adel‘ 99a Roset t a.I lf i l m escei nI t al i ai l7di cembr edi st r i bui t odal l aBi m.Sec ’ èunacos t ant enelci nemadei fratelli Dardenne «forse è quella di dare voce agli ultimi della società, di raccontare persone che riescono ad uscire dalla solitudine, ad aprirsi al resto del mondo, ad accettare la forza dei sentimenti», dicono Jean-Pierre e Luc Dardenne, rispettivamente classe 1951 e 1954. Bruno, dicono, «e una persona che, pur accettando come un fatto naturale il legame con Sonia, è un pr odot t odel l as oci et àdioggi ,chet endeanegar eisent i ment i .Is ol dis onol ’ uni coobi et t i v oi ncui crede. E in nome dei soldi pensa che la vendita del bambino, con cui non sente nessun rapporto, sia più che legittima,nonc’ ècr udel t ài nl ui .Sol ogr azi ealpot er edel l ’ amor emat er nodiSoni a,l a suavi si onedelmondocambi a,di vent api ùampi a,escedal l ’ egoi smo:accet t al ar esponsabi l i t àdi unf i gl i o».Nel f i l m nonc’ ègi udi zi osuiper sonaggi«per chéunf i l m nonèun tribunale, non sta a noi giudicare. Noi cerchiamo di portare lo spettatore dentro una storia e attraversarla con lui», dicono i Dar denne.Cher i f i ut anoperi ll or oci nemal adef i ni zi onedi“ pol i t i co”( «Losguar dosuunf i l m non deve avere etichette, è fuorviante per lo spettatore che va al cinema aspettandosi qualcosa di preciso e potrebbe restare deluso»), anche perché le loro storie nascono «da suggestioni visive. Lapr i mai deadiL’ enf antvi ene dal l ’ i mmagi ne diunar agazzach evedevamo passar espess o, sempre sola, spinge e va una carrozzina con gesti meccanici, a tratti quasi violenti, lo sguardo assorto, distante. Parlando di lei, abbiamo cominciato a fantasticare sul padre del bambino. sui l or or appor t isul l asuavi t a».Dopoquas it r ent ’ annidici nemacredono ancora nella sua potenzialità: «Sarebbe disperante pensare che il cinema non abbia alcun effetto. Quando Renoir fece La grande illusione pensò di lanciare un messaggio pacifista. Certo, un film non cambia il mondo, ma può aiutare tanta gente a vedere la realtà sotto una luce diversa. Per noi è stato commovente un signore tedesco che, dopo il film, ci ha detto di aver vissuto la nascita dì un sentimento». JeanPierre e Luc Dardenne hanno cominciato insieme, scrivono e girano di comune accordo: «Sul set, dopoaverpr ovat ol asequenza,cial t er ni amo,unoal l amacch i nadapr esa,l ’ al t r oalmoni t or .Non discutiamo mai davanti alla troupe, ci troviamo da soli dietro ai monitor e parliamo, è il nostro confessionale. Accettiamo sempre le rispettive osservazioni, non abbiamo mai litigato», dico no. Ma Jean-Pierre aggiunge: «Non è sempre stato così, da piccoli Luc era molto vivace e violento, l i t i gavamosempr e.Cis i amos f ogat ial l or a,daadul t ipossi amoper met t er c il ’ ar moni a». Rita Celi - La Repubblica.it, 29 novembre 2005 È ancora una volta una storia estrema e ai margini quella raccontata dai fratelli Dardenne. Nel loro ultimo film L'enfant - Una storia d'amore (nelle sale dal 7 dicembre, distribuito da Bim), i registi belgi premiati a Cannes con la Palma d'oro (la seconda, dopo quella conquistata sei anni fa con Rosetta) affondano il loro sguardo su Bruno, un giovane ventenne che vive di espedienti e piccoli furti e gestisce "l'attività" in una baracca lungo il fiume. La sua compagna, Sonia, 18 anni, ha appena partorito il loro bambino. Bruno è diventato padre, ma non sa che farsene di quel fagottino. Pensa di venderlo, ma la dura reazione di Sonia lo porta a scoprire sentimenti nuovi. "La storia d'amore coincide con la scoperta della paternità" spiegano i due registi, a Roma per presentare il [email protected] 5 film, interpretato da Jérémie Renier e Deborah François. "All'inizio pensavamo di raccontare di una ragazza madre in cerca di un padre per il suo bambino, poi la storia è cambiata e abbiamo incentrato il film su Bruno, capovolgendo la situazione: la presenza maschile c'è, ma non è un padre". "Per noi un film non è un aula di tribunale" spiega Jeanne-Pierre, il più anziano dei due fratelli. "Amiamo tutti i nostri personaggi, anche quelli cattivi. Quello che ci interessa è raccontare storie che appartengono al mondo contemporaneo, e quelle che preferiamo sono storie di iniziazione. In questo caso Bruno è un ragazzo che vive emarginato in un mondo che esiste nel tempo presente, e lo seguiamo mentre scopre i sentimenti e l'umanità attraverso l'amore di Sonia". Il cinema di Luc e Jean-Pierre Dardenne è sempre crudo e diretto. E L'enfant contribuisce ad aggiungere un tassello al complicato puzzle che i due autori compongono con i loro film. Dalle vittime della manodopera clandestina raccontate in La promesse (1996), al gesto estremo di Rosetta (1999) che non può permettersi di perdere il lavoro per mantenere la madre alcolizzata, o il falegname che insegna in un riformatorio e che scopre tra i suoi allievi il ragazzo che anni prima aveva ucciso il suo bimbo di cinque anni in Il figlio (2002). I loro sono sempre racconti individuali, incentrati su pochi protagonisti, ma hanno seguito con attenzione i disagi collettivi nelle banlieue parigine. "Se dovessimo ispirarci a quel tema per un film, partiremmo da una madre che vive in periferia con dei figli molto violenti" spiega Jean-Pierre. "Possiamo avere una visione catastrofica dicendo che la società sta andando in rovina, ma non avrebbe senso" aggiunge. "Ogni volta che qualcuno si ribella o manifesta anche solo l'intenzione di rivolta verso un'ingiustizia, allora è un'occasione per riflettere e un segnale di speranza perché il mondo, la vita e la società valgono sempre la pena di essere vissute". "C'è un movimento di donne magrhebine che vivono nelle banlieue" aggiunge Luc, "in gran parte musulmane, chiamato Ni putes ni soumises - né puttane né schiave (movimento fondato dalla franco-algerina Fadela Amara, ndr) che lottano per tre motivi: l'emancipazione della donna, l'emancipazione dalla religione che soprattutto in questi tempi è opprimente, e contro le disuguaglianze economiche e sociali. Sono questi i tre punti per cui vale la pena battersi, ed è questa una grande speranza". Roberto Nepoti - La Repubblica, 9 dicembre 2005 In un territorio urbano desolatamente anonimo, Bruno e Sonia — vent ie di c i ot t ’ anni ,padr ee madre di un neonato chiamato Jimmy — navigano a vista nella precarietà di chi è nato dalla parte sbagliata della scala sociale. Lui traffica in telefonini e lettori di CD rubati, vende e acquista da mattina a sera, deciso a fare dei soldi a qualsiasi costo in un mondo dove i soldi sono tutto quel che conta. Quando finisce in rosso, trova naturale vendere Jimmy: tanto, tutti i bambini si equi val gono,e“ sen epuòs empr ef ar eunal t r o” .I lt emaavr ebbepot ut ot ent ar eKenLoach,con l ’ avanzar e del l ’ et àsempr e pi ùsensi bi l eal l est or i edigi ovaniegi ovani ssi mi .Lo sv ol gi ment oè quello caratteristico dei Dardenne: cinepresa incollata ai personaggi, che li circonda e li esplora “ al i t ando”al l ost ess or i t modell or or espi r o.Nessunsospet t odimani er i smo,per ò,nelnuov of i l m deif r at el l ibel gi ,l acuicapaci t àdir ender er eal i st i cal ’ i mmagi ne r i esceancor aunavol t aaf ar t i vi ver el ’ azi one i npr esa di r et t a.Dipi ù.La sempl i ce,dura vicenda è raccontata con tratti che super ano l ar gament el ’ aneddot o perassumer e un si gni f i cat o gener azi onal e,e ol t r e.Anche i genitori sono due bambini — lui totalmente irresponsabile, lei più consapevole perché donna e madre — strappati in fretta al l ’ i nf an zi aancor aconl avogl i adif ar sischer zied’ i nsegui r sicome dodicenni. Se Bruno, capo di una minigang di ladruncoli, vende il piccolo, più che per cinismo è per in-cosci enza,c omei nungi oc oc ondot t oc onl acr udel t àt i pi cadeimi nor enni .Tant ’ è.che, attonito davanti alla disperazione di Sonia, decide di pagarne il riscatto esponendosi al rischio. Lungi dal raccontarci la storia di un mostro, i Dardenne mettono in scena un percorso morale, una redenzione (ecco perché, dove sarebbe legittimo aspettarsi di trovare ogni porta sbarrata, concedonounavi ad’ usci t aail or opr ot agoni st i ) .i nquest osir i vel anoiver ier edidiRober tBr ess on; di ver si ssi midal uiperst i l e,l oemul anonel r i sol ver el ’ ur genzadiunr appor t omor al ecol mondonon predicando, ma af f i dandosit ot al men t e all i nguaggi o.I lvecchi o maest r of ul ’ aut or e diun memor abi l eL’ ar gent ,r i gor os of i no al l aspi et at ezza.I nuncer t o senso I . ’ enf ant ,mer i t at aPal ma d’ or o a Cannes,è i lpr osegui ment o al unga di st anz a diqu elcapol avor o.Per ché l acosa più focalizzata, e più perturbante, del film resta il rapporto dei personaggi col denaro: spettro della monetizzazione universale per cui, smarrito ormai ogni rapporto simbolico con il mondo, tutto è vendibile, tutto ha un prezzo; e la parola pronunci at api ùspessodachi cchessi aè“ eur o” . [email protected] 6 Lietta Tornabuoni - La Stampa, 9 dicembre 2005 Gli ammiratissimi fratelli registi belgi Jean-Pierre e Luc Dardenne, 54 e 51 anni, nati e cresciuti nei quartieri operai della Vallonia, uno laureato in filosofia e uno attore, padroni della società di produzione Dérives, documentaristi, già autori di Rosetta e de Il figlio, geniali, raccontano ne L'enfant di una coppia di marginali adolescenti con la testa da bambini. Vivono del sussidio di disoccupazione di lei e di furti compiuti da lui. La nascita di un figlio rende lei improvvisamente adulta; non lui, che intende far soldi vendendo il bambino e lo recupera soltanto quando lei, ricevuta la notizia della vendita, cade a terra svenuta dal dolore. Riavuto il bambino, lei lascia l'amante e non vuole più vederlo. Lui affonda nella disperazione e nell'irresponsabilità, finisce in prigione. E' durante una visita al carcere che i due si rivedono, si stringono le mani, piangono per l'infelicità della vita. L'enfant è bello e ben fatto. Ha il merito di occuparsi dei poveri con delicatezza e discrezione, di raccontare con molto intuito i suoi protagonisti adolescenti, di precisare come al loro fianco ci siano soltanto delinquenti sfruttatori, quanto siano soli dal punto di vista famigliare e sociale. Ha il merito di guardare i poveri con la naturalezza che meritano, essendo una delle fasce sociali rilevanti se non maggioritarie delle nostre società: senza sdegno nè disgusto nè pietismo, gli autori vedono i loro protagonisti con quello che si potrebbe forse definire uno sguardo cristiano e che è in ogni caso privo di sentimento borghese. Si sa che i Dardenne lavorano quasi sempre con la macchina da presa a meno, stando addosso ai personbaggi così da dare ad ogni dettaglio fisico un significato eloquente (ne Il figlio, il falegname protagonista, un uomo cui era stato ucciso il figlio bambino, veniva quasi sempre visto di spalle, di nuca): ne L'enfant, la prossimità dell'immagine ai ragazzi protagonisti diventa (come in Rosetta) uno sguardo innamorato della giovinezza. Senza alcuna analogia con Pier Paolo Pasolini, la cui contemplazione dei ragazzi poveri era estetica e sensuale, i Dardenne sembrano saper vedere un'anima ipotetica nella giovanissima coppia che hanno scelto di raccontare. Maurizio Cabona - Il Giornale, 9 dicembre 2005 Pal mad’ or oc onRoset t anel1999,pr emi operl ’ at t or eaOl i vi erGour metc onI lf i gl i o nel2002, Pal ma d’ or o perL’ enf ant( I lbambi no)nel2005,albor ghes i ssi mo Fest i valdiCan nesif r at el l i Dardenne vincono sistematicamente raccontando di giovani emarginati. Poiché sono bernanosiani (o cesbroniani), non pasoliniani, i loro personaggi sono recuperabili: delinquono più o meno gravemente, quasi con innocenza, per smarrimento ancor più che per disperazione. Vi st oL’ Enf ant , come visti i film precedenti dei Dardenne, una volta usciti dal cinema non dovete dunque farvi la docc i aal l ’ ani ma.Per ò,seav et evi st oil or of i l m pr ecedent i ,son opochel er agi oniperveder eanche L’ Enf ant ,per chéèi ll or ocl one:s f ondo sempre un Belgio autunnal-invernale di quartieri desolati; tecnica sempre della macchina da presa in spalla che rende concitato tutto, anche un caffè al bar. Il bambino del titolo ha pochi mesi. È nato da una coppia di giovanissimi sbandati: lei (Déborah François) almeno ha un appartamentino e un sussidio; lui (Jérémie Renier) no, dunque ruba. Agli occhi di cotanto padre, perfino il bambino diventa una possibile fonte di guadagno. Viene dunque venduto per cinquemila euro, ma la madre esita, poi rifiuta e l ’ af f ar et r amont a.I nf i neunosci ppo malriuscito apre per il giovane padre snaturato le porte della galera. Il castigo, dopo il delitto, spingerà al pentimento e - forse - alla redenzione. Ma perché un padre ventenne vende il figlio in fasce senza che la madre, ragazza passabile, venda preferibilmente se stessa? Però i Dardenne non danno mai molte indicazioni per cogliere la psicologia dei loro poveri. Sono solo esempi della povertà: lo scontro con le istituzioni - fatte contro di loro o almeno senza tener conto di loro - serve solo per raccontare qualcosa che coinvolga il pubblico. Ma come in Padre padrone di altri fratelli chevi nser oaCannesl aPal mad’ or onel1977,iTavi ani ,l ei st i t uzi oniser v onoar i s cat t ar si ,non solo a emarginare. Anche al cinema, talora, la realtà ha la rivincita. Pedro Armocida - Il Giornale, 30 novembre 2005 Con ostinazione. i registi e sceneggiatori belgi Jean-Pierre e Luc Dardenne continuano la loro parabola cinematografica proponendo e filmando storie apparentemente minime ma dense di significati. Un cinema certamente non popolare, anche se incentrato proprio sul popolo, che grazie a una rigorosa scelta stilistica frutta quasi sempre ai due fratelli i massimi riconoscimenti nei grandi f est i val .Com’ èaccadut onel 1999aCann esconRoset t a,Pal mad’ or oemi gl i or eat t r i ce,ec omesi èr i pet ut o quest ’ anno con L’ enf antPal ma d’ or o)che i nI t al i a esce i l7 di cembr e.La Bi m, di st r i but r i cedelf i l m.haaggi unt oi lsot t ot i t ol oUnast or i ad’ amor echesembr aesser epi ac i u t oai [email protected] 7 due fratel l iper ch é,spi ega Luc Dar denne i er ia Roma,«Sipar l a del l ’ amor e che i lnost r o pr ot agoni st asc opr e.Br uno al l ’ i ni zi o nonhas ent i ment i ,vi vede isuoipi c c ol it r af f i cisbar candoi l lunario. Saranno Sonia e il bambino appena nato che gli faranno scoprire l’ amor e,unsent i men t o chenonavevamaipr ovat o».Last or i a,essenzi al e,diL’ enf antr accon t adiquest agi ovanecoppi a che vi ve un po’sbandat a con i lr i cavat o deipi cc ol if ur t icommessida Br uno ( per f et t ament e interpretato da Jérémie Renier), la cui filosofia di vita è riassunta nella frase «1avorare è roba da coglioni». Sonia (Deborrah Francois) ha appena partorito Jimmy, il loro bambino. Ma Bruno in uno deisuoimoment id’ i nsensat a 1egger ezza pensa bene divender l o ad un’ or gani zzazi one che traffica con le adozioni illegali. La donna non gli perdona il gesto e tra i due si crea una frattura che sembr ai nsanabi l e,anchequando l ’ uomor i escear i pr ender ei lbambi no.LucDar dennespi ega com’ è nat a quest ’ i dea:«Dur ant el er i pr ese a Ser ai ng delf i l m pr eceden t e,Il figlio, vedevamo spess oun ar agazzaandar eavant iei ndi et r ounpo’br usc ament econunacar r ozzi na.Unanno dopo abbiamo ripensato alla scena e abbiamo immaginato la storia di una donna in cerca del padre del bambino. Poi abbiamo inserito un uomo che al l ’ i ni zi o sembr a nonvol eresser e un padre». La grande abilità dei fratelli Dardenne sta nel riuscire a lasciare lo spettatore con un sentimento a metà tra la repulsione e la pietà per i loro personaggi. Forse perché, spiega Luc Dardenne. «per noi un film nonèun’ aul adit r i bunal e.Nonsi amol ìpergi udi car eeami amot ut t ii nost r iper s onaggi ,anche quel l icat t i vi ».Cosìanche peri lpr ot agoni st a de L ‘ enf ant ,al l ’ i ni zi o completamente negativo, si apre un cammino di redenzione e di speranza. Roberta Bottari - Il Messaggero, 6 dicembre 2005 «Il nostro sistema per realizzare buoni film? Facciamo credere a tutti, dagli attori ai tecnici, di essere il vero motivo del successo». I fratelli Luc e Jean-Pierre Dardenne, a Roma per presentare L’ enf ant- Una storiad’ amor e( Pal mad’ Or o2005,neic i nemadomani )dannol ez i onidici nema, davanti a una platea attentissima, che beve le loro parole. Due vittorie a Cannes e molti altri premi, ma Luc e Jean-Pierre Dardenne sono gli stessi di quando, ragazzi, giravano documentari nel loro Belgio. Raccontavano di un piccolo paese, dove gli abitanti non riuscivano a comunicare fra loro. Lo sguardo dei due registi si soffermava sulle piccole cose, sulla poetica ripetitività dei gesti quot i di ani .Comei nL’ enf ant ,l ast or i adiSonia (Deborah François) e Bruno (Jérémie Renier), 18 e 20anni .Duer agazzichevi vonoc onisol didel l ’ af f i t t odiunappar t ament odil eieconi lr i cavat odei piccoli furti commessi da lui. Ma Sonia ha appena partorito Jimmy, il loro bambino. Come farà Bruno a diventare un buon padre, lui che è così superficiale, vive alla giornata e si preoccupa solo dei soldi dei suoi traffici? Non è pronto per le responsabilità. Così, quasi con ingenuità, vende il bambi nodis ol inovegi or ni . . .L’ enf antèunf i l m cheparla di giovani, perché i Dardenne credono che i giovani siano il motore che fa camminare il mondo. «Non capisco - dice Luc Dardenne per ché l ’ Occ i dent e abbi a per s ol af i duci a neir agazzi .Una soci et à che r i f i ut al al or os pi nt aè destinata a morire. Qualsiasi battaglia intrapresa dalle nuove generazioni va interpretata come prezioso slancio vitale. Le recenti sommosse parigine dovrebbero insegnarci qualcosa. Girare un film su quelle rivolte? Ne abbiamo parlato ma, se lo facessimo, lo faremmo a modo nostro: partendo da una donna delle banlieues, vittima della violenza dei propri figli». La lezione di puntare l ' obi et t i v odel l aci n epr esasuipar t i col ar iedi gi r ar eseguendogl iat t or ic omeun’ ombr a,iDar denn e, l ’ hannoi mpar at adal Neor eal i smoi t al i ano:«L’ i nf luenza - racconta Jean-Pierre - è stata in un primo momento inconscia, ma in seguito ci siamo resi conto di quanto Pasolini e Rossellini ci avessero i ndi cat ol avi a».MaL’ enf antèanch eunf i l m dii ni zi azi one,l ast or i adiunr agazzochescopr el a sua umanità, che, come dice Luc, «riesce a piangere lacrime che neppure sa da dove vengono. L’ i deacièvenut adur ant el er i pr esedelFi gl i o:vedevamosempr eunar agazzamol t ogi ovane,che trascinava bruscamente una carrozzina, come se stesse cercando un padre per il suo bambino. Il l at os oci al ediquest avi cendac’ è,ovvi ament e.I lnost r oci nemapar t edapi cc ol ec ose,maper r accont ar e gr andit emi .E oggiquest o bi s ogno è i mpel l ent e:nel l e soci et à occi dent al ic’ è pi ù ingiustizia di questi tempi che 30 anni fa. Ma non abbiamo preso le speranze: in Francia e in Belgio esi st e unmovi ment o che r i accende l a vogl i a dil ot t ar e,sichi ama “ NiPut e,NiSoumi ses”( né put t ane,nésot t omes se)esibat t eperl ’ emanci pazi onedel l adonna.Cr edi amoi nquest ecose.Se abbiamo mai pensato di entrare in politica? Per la verità, il Partito Socialista francese ci ha perfino chiesto di candidarci. Abbiamo rifiutato: spiacenti, ma da anni diciamo di essere contro la politicaspettacolo. Beh, era vero». [email protected] 8 Gian Luigi Rondi - Il Tempo, 6 dicembre 2005 Scomparso André Delvaux, i fratelli Luc e Jean-Pierre Dardenne sono certamente gli autori più si gni f i cat i v idelci nemabel ga.Pr emi at iquasiadognif est i val ,nel’ 99hannoot t enut oaCannesl a Pal mad’ or oc onRoset t aepr opr i oquest ’ annol ’ hanno vinta una seconda volta con il film che esce ogginel l e nost r e sal e,L’ enf ant ,al l ’ i nsegna,come t ut t igl ial t r i ,deldi sagi o e del l a sol i t udi n e. Evocati, con rigore asciutto, ignorando il patetismo. Il bambino — l ’ enf antdelt i t ol o— nasce da una coppia di sbandati, lei, Sonia, diciottenne, lui Bruno, ventenne. È accolto abbastanza bene da lei, con tale indifferenza da lui da indursi tranquillamente a venderlo, così come vende ogni volta i frutti dei piccoli furtarelli che compie in strada per sbarcare il lunario. La reazione di Sonia, però, nonèquel l ache l uisiat t endeva( t ant o che,annunci andol el avendi t a,l ’ avevadet t o,s i apu r e senza vero cinismo, «ne faremo un altro»): prima Sonia sviene, poi debbono ricoverarla in ospedale, quindi allontana dur amen t eBr unodasé.L’ al t r oal l or at or naar i pr ender sii lbambi n o, anche se la banda di acquirenti ora glielo cede chiedendogli molti più soldi di quelli che gli aveva dato, senza però con questo ottenere che Sonia muti atteggiamenti e vedendosi adesso costretto, per far fronte alle onerose richieste di denaro della banda, a riprendere la strada già battuta prima dei furti e degli scippi. Ma questa volta finirà in prigione dove, rivista Sonia venuta a confortarlo, forse saprà ricominciare con lei; sperabilmente in ambiti più onesti. Una conclusione affidata solo a un gran pianto di Bruno abbracciato a Sonia, anche lei in lacrime. Ma con distacco. Senza giudicare né spiegare. Come in tutto il resto. Raccontato in una grigia cittadina belga, tra facce anonime, con le azioni, i gesti, le reazioni dei due principali personaggi rappresentati quasi con f r eddezzaec onunapar t eci pazi oneche,quandoc’ è,sii ngegnadit ener simol t oadi st an za,per non coinvolgere né commuovere. La cifra, così, è quella della cronaca, svolta senza concedersi mainécomment i ,n é,f i no al l ’ ul t i mo,ver eepr opr i eemoz i oni ,di segnando queidu e gi ovanial centro, ma soprattutto Bruno (perché Sonia con la maternità cambierà) con accenti quasi impersonali, come se, ad ogni svolta, in nessuna di quelle azioni potesse percepirsi una coscienza. NeipannidiBr uno,i nc uipi ùchi ar ament esipr ospet t ai l segnof r eddodel f i l m,c’ èJér èmi eReni er , già visto ne La Promesse, sempre dei fratelli Dardenne. Sonia è Déborah François, cui a differenza del l ’ al t r o,sic oncedepr est odi mani f est ar eunsent i men t o. Alberto Crespi - L’ Uni t à,7di cembr e2005 A distanza di sette mesi arrivano in Italia due film di Cannes 2005: Shanghai dreams, del cinese WangXi aoshuai ,ei lbel gaL‘ enf ant ,di r et t odagl ior mai famosi fratelli Dardenne. Tra i due film, il migliore è il primo, che narra una dolorosa storia di famiglia sullo sfondo della «dislocazione» di mi gl i ai adioper aidal l anat i aShanghaial l ezonei ndu st r i al idel l ’ i nt er no.Comespess ocapi t anei festival, però, Shanghai Dreams è stato ignorato dalla giuria cannense - assieme a due altri gioielli come Tre volte del taiwanese Hou Hsiaohsien e History of Violence del canadese David Cr onenber g,quest ’ ul t i mo i nusci t ai l16 di cembr e a che ha i nvece assegnat o aiDardenne la secondaPal mad’ or onel l ’ ar codi6anni( avevanovi nt oc onRoset t a,nel 1999) .Mapoi chéPal mee Leonipassano,ment r eif i l mr est ano,pr ov i amoac ol l ocar eL’ enf antnel l ’ oper adeiDar denne,edi parlarne in quanto film, non in quanto cavallo vincente. Jean-Pierre e Luc Dardenrie, classe 1951 e 1954, sono i più importanti cineasti belgi francofoni. I loro quattro lungometraggi (La promessa, 1996;Roset t a,1999;I lf i gl i o,2002;L’ enf ant ,ovver o«I lbambi no»2005c ost i t ui sconoununi ver so compatto, un unico grande affresco sugli emarginati delle banlieu del Belgio. Sembra sempre, vedendo uno dei film citati, di veder passare sullo sfondo i personaggi degli alti tre. E del resto Luc e Jean-Pi er r ehannor accont at opr opr i oc osìl agenesidiL’ enf ant :«Mentre giravamo uno de! nostri film, in una periferia di Liegi, vedevamo passare ogni giorno una ragazza che spingeva energicamente, e senza un sorriso, una carrozzina. Abbiamo cominciato ad immaginare che vita facessero quella giovane madre e il suo bambino, chi fosse il padre, quali speranze coltivassero..». Diqui ,l ast or i adiL’ enf ant .Br unoha20anni ,Soni aneha18.Son ounagi ovanecoppi a,pover a, con molti problemi. E hanno appena avuto un figlio. Sonia ne è felicissima Bruno pensa immediatament eal l apossi bi l i t àdiv ender l operr i cavar neunbelpo’dis ol di .Br unoèunpi ccol o furfantello di periferia, ma non è un vero delinquente: non ha, semplicemente, i mezzi economici e culturali per affrontare le proprie responsabilità. Vende il neonato a un racket delle adozioni: quandoSoni avaf uor idit est a,capi scel ’ assur di t àdelpr opr i ogest oet ent a,i nmodoal t r et t an t o assurdo, di rimediare, di ricomprarsi il piccolo. Senza pensare che i gestori del racket sono, quelli sì, criminali veri. Questa storia di ordinario degrado è narrata con lo stile che i Dardenne hanno [email protected] 9 consolidato negli anni: inquadrature traballanti; assoluta assenza di musica; piani strettissimi, come se la macchina da presa stesse letteralmente addosso ai personaggi. Al quarto film, è lecito definire i Dardenne dei manieristi: nel senso che hanno trovato uno stile talmente forte e identificabile da essersi, in qualche modo, rinchiusi in esso, rendendolo maniera. Sembra, in altre parole, di vedere sempre lo stesso film: nobilissimo, e nobilissimamente tetro. Anche altri registi, da Ford a Bunuel facevano sempre lo stesso film: però ci facevano godere, mentre i Dardenne sembrano godere nel farci soffrire. Silvana Silvestri - Il Manifesto, 9 dicembre 2005 A indicare la delicatezza con cui i fratelli Dardenne procedono, non è solo un dettaglio vedere nei titoli di coda l'elenco dei quindici, venti neonati (nome e cognome) che hanno interpretato il piccolo Jimmy scarrozzato nel gelo di un inverno belga per i parchi e le sopraelevate. Storia cruda e non può essere altrimenti, essendo ambientata nella periferia di Liegi delle fabbriche chiuse e del disastro sociale, dove due adolescenti, Bruno e Sonia, diventano genitori troppo presto, bambini anche loro. Lo si vede dai capelli biondi agitati dal vento e da una danza tutta interiore, lei (Déborah Francois) diciottenne appena uscita dall'ospedale dove ha partorito, lui (Jérémie Renier), ladruncolo, giovane imprenditore nel giro dei piccoli furti con un'azienda di ragazzini al suo servizio. Occhi rapaci, rapidi calcoli, azzeramento dei tempi morti, organizzazione del lavoro, ecco che afferra l'opportunità di vendere il nuovo prodotto capitatogli tra le mani, suo figlio che non ha neanche avuto il tempo di andare a trovare all'ospedale. C'è un fiorente commercio delle adozioni con cui già prevede proficui scambi («che cosa fa? poi ne facciamo un altro»), così con la stessa velocità con cui si procura carrozzina e auto, contatta il racket e conclude l'affare. La sua giovinezza a questo punto precipita vertiginosamente verso un'età adulta che gli è difficile gestire, fino a quando impara a prendersi le sue responsabilità. Ma non è un film dove la morale prende il sopravvento, piuttosto dove lo stile impera, sempre più efficace nel catturare gli attori e gli spettatori in una rete senza scampo: gli attori perché sono la negazione del cinema verité, pura messa in scena sublimata e gli spettatori che non sono certo estranei alla vicenda, vivendo anch'essi nel profondo cuore dell'Europa in smobilitazione economica. Se parli di stile del resto i fratelli Dardenne citano Eduardo De Filippo: «se cerchi lo stile trovi la morte, se cerchi la vita trovi lo stile» e loro si sono addestrati fin dai tempi della giovinezza al documentario non generico, ma della banlieue di Liegi, dove conoscono ogni storia e ogni sfumatura e tutte le caratteristiche di un'umanità che talvolta ha perso i connotati. Jean Pierre e Luc Dardenne hanno sempre lavorato in questa direzione, ritrovare le tracce dell'umanità perduta, quando utilizzarono lo stesso attore Jérémie Renier, che nel `97 interpretò La Promesse, dove era un ragazzino che aiutava il padre nel gestire alloggi per clandestini con una possibilità di riscatto, quando regalavano a Rosetta (Emilie Duquenne) nel `99 un'ostinazione febbrile nel tenersi il lavoro a costo di poter uccidere, e in Le fils quando costruivano un magnifico lavoro sulla mutazione dei sentimenti. Anche L'enfant (e l'enfant potrebbe benissimo essere il padre del neonato, anche lui con una madre non troppo cresciuta, per lo più rifiutato e cresciuto per strada) è una storia di trasformazione, giunta attraverso la reiterazione di piccoli indizi che portano al disastro e alla presa di coscienza. Come angeli caduti si ritrovano infine, Bruno e Sonia, irrimediabilmente cresciuti, ma presenti a loro stessi e con un cuore pulsante. Ci sono tutti gli elementi del dramma, dei colpi di scena del destino, della passionalità di una storia d'amore (come dice il sottotitolo italiano).Al film la Palma d'oro a Cannes 2005, presidente della giuria Kusturica. Mariarosa Mancuso - Il Foglio, 10 dicembre 2005 Spi acent e.Nonèunast or i ad’ amor e.Seandat eaveder l o perpassar eunaser at ar omant i ca, t or ner et e a casa f ur i osi .Non è una st or i a d’ amor e,per ché if r at el l iDar denne –belgi come Simenon, non altrettanto talentosi –sanno raccontare solo miserie. Era una storia di miseria La pr omesse.Er aunast or i adimi ser i aRoset t a,chenel1999aCannesvi nsel aPal mad’ or oei l premio per la migliore attrice (Emilie Duquenne, crampi allo stomaco causa fame). Era una storia di miseria Il figlio, che sempre a Cannes, nel 2002, fece trionfare come migliore attore lo sconosciuto Olivier Gourmet: uno con la faccia rotonda e il doppiomento, nelle rare inquadrature abbastanza larghe, per quasi tutto il film viene ripreso di nuca, silenzioso e depresso (gli hanno ucci so unf i gl i o ment r et ent avano dir ubar gl il ’ aut or adi o,l aper f et t aef f i ci enzadeis er vi z is oci al i manda l ’ assassi no qui ndi cenne a r i educar sipr opr i o nel l a sua f al egnamer i a) .E’una st or i a di [email protected] 10 mi ser i aL’ enf an t ,che l ’ anno sc or s o haf at t o vi ncer eaiDar denne l asecondaPal mad’ or o,che perfino alla parte sana dei suoi ammiratori è sembrata inutile, se non dannosa. Va bene fare i film con lo stampino, va bene massacrare gli spettatori in nome del rigore, va bene ridurre al minimo i personaggi, per eliminare ogni occasione anche involontaria di divertimento, va bene scambiare la noia per lo stile. Non va bene incoraggiare i due ex documentaristi a perseverare nel pauperismo senza sper anza.Br unoeSoni ast annoi nsi eme,l eivaal l ’ ospedal eperpar t or i r e,equandot or na nel l at opai asc opr echel ’ i nt r apr endent ef i danzat i nohacedut oi lf oc ol ar eat er zi( f or seami ci ,f or se sol oc onoscent i ) .Unbambi nopi cc ol ononèl ’ i deal eperl avi t ada bohéme. Spingere la carrozzina è una noia infernale, infatti la bionda Sonia ha sempre il muso e Bruno non nasconde la sua i nsof f er enza.( L’ i deadelf i l m,spi eganoir egi st iachièan cor at ant ovi s podaf ardomandedur an t e le conferenze stampa, viene da una fanciulla incontrata per strada mentre passeggiava un bimbetto con aria assente). Di tante sciagure, tanti pianti, tante crudeltà degne di Erode, resta in mente solo un inseguimento in motorino sulla riva dal fiume, girato tanto bene da levare il fiato. For sesar ebbemegl i odar siai f i l m d’ azi one. Mauro Gervasini - Film Tv, n. 50, 13 dicembre 2005 Periferia di Bruxelles. Bruno e Sonia, fidanzati ragazzini, sopravvivono inconsapevoli. Si capisce che si amano parecchio, e per campare si arrangiano come possono. Quando lei mette al mondo un figlio, lui lo vende alla criminalità organizzata. Più che della capitale del Belgio, la banlieue dei f r at el l iDar dennesembr a unquar t i er acci o diBer l i no Est .Nonc’ èt r ucco enonc’ èi n ganno,l a macchina da presa r accont aquelchec’ ècosìc om’ è,nelcuor ebenpasci ut odel l ’ Eu r opa.Senza intento didattico che non sia quello della testimonianza pura, mai filtrata da declamazioni ideologiche. Casomai la macchina da presa dei Dardenne costringe a venire allo scoperto: dei vari Bruno e Sonia, così come di Rosetta, nessuno parla mai, al cinema e nella vita, e sarà pure abusat oequal chevol t a( de) pr i vat odisensoi lt er mi ne‘ n ecessar i o”madif r ont eaL’ enf antnonci viene in mente altro. I cineasti belgi non fanno dell’ uman esi moast r at t o:èl ’ appr occi o“ gi ust o”al l a realtà a essere cosa non solo rara, ma persino unica nel panorama cinematografico internazionale. Nonchenoncisi aunat esi ” ,di et r oal l ’ odi sseadiquest oEn f ant .Nonchenonsipar l idiar goment i da maiuscole altisonanti - t i poper di t adeiVal or ies of f ocament odel l ’ Et i ca- ma sono il senso laico (non laicista) della società e delle sue responsabilità, e il senso religioso (non vaticanista) della vita edel l asuasacr al i t à,ar ender emagni f i cil ’ equi l i br i oe la trasparenza del film. Scontato il rimando a Br ess or i ?Ch i ssen ef r ega.Si pensasseunpo’dipi ùaBr essonesar emmot ut t imi gl i or i .Quest oper di r echel asuf f i ci enzadi most r at adapar t edel l acr i t i caaCannes,doveL’ enf anthavi nt ounaPal ma d’ or onon unanime, conta come un vezzo umorale, o poco più. Certo il cinema dei Dardenne è poco conciliante, freddo, stilisticamente giocato su una neutralità di sguardo che è difficile rinnovare, perché fa parte di un principio, di una morale. Ecco, sì, di una morale. Che è una e non si adegua ai desiderata contingenti dello spettatore. Forse è questo a dar fastidio. Claudia Mangano - Il Mucchio Selvaggio, gennaio 2006 Un cinema sempre asciutto e anti-retorico, quello dei fratelli Dardenne - nuovamente premiati a Cannes c on l a Pal ma d’ or o,dopo i lsuccesso ot t enut o con Roset t a nel1999 -, eppure profondamente doloroso e toccante. Con una storia dalla tragica semplicità, i due registi belgi proseguono il percorso iniziato con i precedenti Rosetta e Il figlio, restituendo ancora una volta il di sagi odichivi veaimar gi ni conpi gl i odocument ar i st i co.Pr opr i osul setdeI lf i gl i oènat al ’ i deaper quest ’ ul t i mof i l m:“ Lamat t i na,amezz ogi or n o,el aser avedevamopassar eunar agazzaconuna carrozzina nella quale dormiva un neonato - spiegano. Spesso abbiamo ripensato a quella r agazza,albambi no che dor mi va e a col uiche nonc’ er a,i lpadr e delbambi no” .È cosìl ui , l ’ assent e,adi vent ar ei lpr ot agoni st adiquest ast or i a:padr eebambi noalt empost ess o.Br un oha vent ’ annie vi ve i n una bar acca i n per i f er i a.Quisbar ca i ll unar i of acendo i lr i cet t at or ee commettendo piccoli furti. Ha una ragazza, Sonia, da poco diventata madre del loro primogenito. Il f i l m siapr ec on l a gi ovane,appena usci t a dal l ’ ospedal e,che at t ende inutilmente che il suo compagno venga a prenderla, salvo ritrovano poi ai margini di una strada alle prese con uno dei suoipi c c ol it r af f i ci .Ref r at t ar i o aognii mpi ego,per ché“ èr obadac ogl i oni ” ,Br uno nonc onosce alcun vincolo, alcuna responsabilità: unico legame, quello con i soldi. La compulsività con cui el eggei lden ar oauni car agi ond’ esser esembr af r ut t odiu ncapi t al i smodevi at oet r asver sal e,i n nome del quale anche un figlio può diventare merce di scambio. La più fruttuosa. Di fronte alla [email protected] 11 furia della neo-mamma,t r adi t aei ngannat a,Br unononcapi sce.“ Nef ar emou nal t r o” ,di cecon leggerezza disarmante. I due autori sospendono il giudizio, affidandolo eventualmente a chi guarda, e tratteggiano i personaggi esclusivamente attraverso il loro agi r e.L’ i ndagi ne vi ene condot t at ut t ai n sot t r azi one,f acendo del l ’ el l i ssii lsuo st r ument o pr i nci pal e:nessuna col onna sonor aasegui r el ei mmagi ni ;r i st r et t ial l ’ i ndi spensabi l eidi al oghi ,acuisis ost i t ui sc onoir umor io più spesso il silenzio. Il finale è consolatorio ma non semplicistico. Nella presa di coscienza della propria colpevolezza, Bruno trova la strada per la propria redenzione e segna la prima tappa di una crescita umana che farà di lui non più un bambino ma un uomo. Francesca Druidi –www.castlerock.it Vincitore della Palma d'oro a Cannes 2005, L'enfant dovrebbe essere stata - almeno sulla carta la scelta migliore per mettere d'accordo giuria, pubblico e critica. Per chi, però, conosce bene il cinema asciutto, duro e neo-realista dei fratelli belgi Luc Dardenne e Jean-Pierre Dardenne, espresso in opere come Il figlio e Rosetta, il film che li ha consacrati alla Croisette nel 1999, sa quanto poco compromissori e anti-retorici siano il loro stile e le loro storie, certamente lontani dal concetto di semplice intrattenimento e vicini, invece, a un modello di cinema d'impegno sociale attento ai perdenti, all'umanità ai margini che galleggia nei sobborghi periferici di un Belgio sbiadito ed evanescente nel suo grigiore anonimo e indifferente, reso ancora più livido da scelte fotografiche e di messa in scena precise, dettate dalla chiara volontà di pedinare i personaggi nella loro quotidianità. Il sottobosco della micro-criminalità giovanile è il microcosmo scelto dai fratelli Dardenne, e nel quale lo spettatore è fatto calare per conoscere Bruno (Jérémie Renier, già protagonista a 9 anni dell'esordio dei Dardenne, La promessa), il protagonista ventenne della pellicola, che da pochi giorni è diventato padre di Jimmy, partorito dalla sua - ancor più giovane compagna Sonia (Déborah Francois), che l'adora. Ma è chiaro fin da subito di come sia Bruno il vero bambino della situazione, anche perché la sua relazione con la giovane sembra essere più simile a quella tra due ragazzini che non a quella tra due neo-genitori, improntata com'è allo scherzo, alla rincorsa giocosa, all'effusione impulsiva. Le azioni, i gesti, i pensieri di Bruno sono, poi, dominati dalla mancanza di istinto paterno e della scarsa consapevolezza non solo del suo nuovo ruolo, ma anche della differenza tra giusto e sbagliato. Del tutto incurante dell'arrivo del bambino, il ragazzo continua a vivere in una precaria illegalità, tra monolocali prestati e dormitori pubblici, campando con furtarelli organizzati con l'aiuto di un complice, un altro bambino stritolato dai meccanismi perversi del mondo esterno, regolato dal denaro e dal consumismo. Bruno riconosce suo figlio, ma alla prima occasione decide di venderlo a un giro di adozioni in cambio di una cifra considerevole, stupendosi poi della sconvolta reazione di Sonia, che lo denuncia immediatamente alla polizia. Grazie all'alibi offertogli dalla madre, Bruno riesce a non finire in prigione, ma la sua discesa all'inferno non conosce comunque sosta: scacciato dalla ragazza, Bruno è ricattato anche dai membri del racket delle adozioni ai quali ha fatto fallire l'affare, e per procacciarsi il contante è costretto a vendere tutto ciò che possiede, rimanendo senza i soldi per mangiare. Programmato l'ennesimo colpo con il suo socio-ragazzino, Bruno scampa ancora alla cattura, ma non sopportando di vedere il suo amico arrestato, prende la prima decisione matura della sua vita e si costituisce. E' proprio di fronte a questa prima presa di coscienza di Bruno che i cineasti belgi lasciano intravedere un barlume di speranza per il futuro dei due giovani. Una nota rincuorante che ha sempre contraddistinto il lavoro dei Dardenne, giungendo a controbilanciare la disperazione del ritratto umano composto dai registi, a partire dall'impiego della macchina a mano e dalla quasi assenza di una colonna sonora musicale. L'enfant rappresenta, dunque, la summa stilistica e tematica del cinema dei Dardenne ed è in questa evidente riproposizione che s'innesta probabilmente il difetto maggiore di un'opera comunque intensa e anti-retorica, ma che non evolve rispetto alle precedenti dei due autori, rischiando di figurarsi sempre uguale a sé stessa. [email protected] 12