pasqua! - associazione pitagorica

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pasqua! - associazione pitagorica
PASQUA!
“In verità vi dico che Io ho ardentemente desiderato di consumare questa Pasqua
con voi”.
Da quasi due millenni, la parola piena d'amore del Maestro per antonomasia,
risuona e, ad ogni luna di primavera., cioè ad ogni Pasqua, Cristo torna a noi e, la
Sua parola, riecheggia nei nostri cuori come un ricordo d'amore. Quando la
udimmo? Essa è in noi da sempre, come una verità, a volte non ben accetta,
soprattutto non sempre comoda, ma non abbiamo la possibilità di cancellarla,
tutt'al più possiamo fingere di non udirla, ma solo fingere, perché se pur tentiamo
di soffocarla con i torpidi e morbidi cuscini del vizio, o con lo scettico cinismo,
essa, nostro malgrado, riempie il vuoto della nostra coscienza.
“lo ho desiderato ardentemente di consumare con voi questa Pasqua!”.
Non par vero che siano passati quasi duemila anni eppure “Lui” ci ritorna
immanente, riempie di Sé la vita, occupa con la Sua persona il vuoto, nasconde la
falsa luce della superbia e fa raggiare il caldo sole di un Amore che non si è
corrotto, né mutato nei secoli, un Amore assoluto ed imperituro, al quale non è
dato sottrarsi.
“Ho desiderato ardentemente di consumare con voi questa Pasqua!”.
Cristo s’impone alla nostra ospitalità, non bussa alla porta della nostra casa,
ma la spalanca e se entra anche per un solo attimo entra per sempre. Allora la
Sua essenza ci compenetrerà e riuscirà persino a soffocare il lezzo dei nostri vizi,
delle nostre putredini. Non potremo disfarci di Lui, perché Egli è con noi da
duemila anni, ospite non sempre gradito, anzi spesso maltrattato, silenzioso
perché inascoltato, ma sempre presente nella nostra più intima casa, assiso alla
nostra più segreta mensa.
Egli ci disturba, vorremmo, come gli scherani di Pilato, bendargli gli occhi,
percuoterlo e beffeggiarlo, ma non vi è benda così spessa che possa impedire al
Suo sguardo di scorgerci. I Suoi occhi son sempre fissi in noi e ci guardano in
silenzio, non per giudicarci, anzi, per comprenderci; quegli occhi dinnanzi ai quali
cessa ogni accusa e ogni scusa, quegl'occhi che sanno, dinanzi ai quali la nostra
miseria che si orpella deve spogliarsi e tutta la nostra superbia si muta in
umiliazione. Che piccola, insulsa, meschina cosa diviene il nostro peccato! Tutto
in noi perde dimensione, di colpo ci si sente avulsi dal nostro stesso stato; ci si
aggrappa al peccato, ultima nostra roccaforte, perchè non vogliamo essere
redenti, ma Egli ci redime; non vogliamo essere salvati, ma Egli ci salva. Vogliamo
continuare a peccare anche se non troviamo più il nostro peccato perchè Egli l'ha
assunto in Sé! Ostia d'obbrobrio, agnello d'espiazione, capro sopra il quale ogni
coscienza depone ciò che non può portare, Egli porta il greve carico d’ogni nostro
male e noi non possiamo essergliene grati, poiché se ci porta via il male, a noi che
rimane, poiché il bene è da Dio? Nulla!
Creandoci, l'Onnipotente ci rese liberi di scegliere il bene e il male; Egli,
salvandoci, sceglie autorevolmente il male per Sé, il bene per noi. Forse, è in
questo che ha origine la nostra più vera rivolta, la rivolta del mondo a Cristo,
della carne allo Spirito. Ci toglie il male, quel male per cui possiamo fingere con
noi stessi di essere separati dagli altri, quel male in cui il nostro egoismo,
divenuto esclusività, crea un suo regno anti-Dio, anti-Cristo e, soprattutto anti-
Uomo, poiché ognuno, considerandosi monade, fa di sé il centro del mondo. Che
importa se così facendo crea la sua infelicità? L’importante è essere diverso dagli
altri!
Il bene, invece, è unità, fusione, compenetrazione ed in esso la personalità, che
tiranneggiandoci ci tortura e ci bea, si spegne come una piccola favilla in un
limpido lago, ecco perché essa si oppone in ogni modo al bene e sceglie il male
come unica sua possibilità di perdurare.
Il Cristo assume in Sé il male, risucchia in Sé ogni personalità, consuma in Sé
ogni separazione, diviene Lui centro, meta e confluenza; diviene anche
annichilimento dell'Ego, distruzione di limiti e di confini, assunzione di ogni
esistenza in un’unica vita.
Ci disturba, ripeto, perchè amiamo la separazione in modo da sentire la nostra
vita come un qualcosa di “a sé stante”, perché nella nostra egoicità miriamo ad
imporci con una sopraffazione di valori anziché fonderci in una musicale sintesi
di armonie e ripudiamo qualunque salvezza, se per ottenerla ci occorre subire la
cancellazione di una nostra personalità. Meglio un inferno separato che un
paradiso comune, urla la personalità in rivolta, vero masochismo, in cui vi è la
compiacenza della sofferenza fine a se stessa, che è proprio quella che ci tiene
prigionieri. Sappiamo la via che Cristo tenne per “evadere”, la via che è poi Lui
stesso, ma il porvi piede viene ritenuto impossibile e ci urta e ci infastidisce
chiunque asserisca vi sia una possibilità o che insista per farci fare un tentativo.
Ecco perché Cristo ci disturba, soprattutto il perché, da circa duemila anni,
cerchiamo di ingannarci sulla natura di questo disturbo! Con il Suo amore
infinito, con la Sua piena consapevolezza, con la Sua espiazione perfetta ci offre la
sicura salvezza, costantemente ripete da secoli:
“Venite a Me voi tutti che siete oppressi (dalle vostre colpe), che siete affaticati
(dalle vostre debolezze), che siete umiliati (dai vostri difetti), che siete afflitti (dalle
vostre limitazioni) Io vi consolerò, vi solleverò, vi ristorerò. Venite a Me, Io sono la
Via, la Verità, la Vita”, ma noi rispondiamo: “Tu sei la Via sulla quale non
vogliamo camminare, Tu sei la Verità alla quale non vogliamo credere, Tu sei la
Vita che non vogliamo vivere, perché Tu sei l'unione e noi siamo la separazione,
Tu sei l'umiltà e noi siamo l'orgoglio, Tu sei l'amore e noi siamo l'odio, Tu sei
l'Uomo e noi siamo gli uomini, Tu sei l'Uno e noi siamo i molti!”
Il dramma di Cristo è il dramma del nostro dissidio ed ognuno di noi può
capire i personaggi della grande tragedia, dai sacerdoti, che freddamente
congiurarono la morte del Nazareno, ai plebei, che stupidamente la eseguirono.
Ognuno di noi è un personaggio della Tragedia che, da duemila anni, recita la sua
parte. Un particella della nostra saliva, è servita per sputacchiarLo, un atomo
della nostra energia, ha animato le braccia che Lo flagellarono; nel nostro sangue
circola tuttora lo stesso ferro dal quale vennero forgiati i chiodi che Lo crocifissero
e la lancia che Lo trafisse. In fondo alla gola ci è rimasta l'arsura causata dalle
urla con le quali chiedemmo la Sua morte! “Venga il Suo sangue sopra di noi e
sopra i nostri figli”. Frase scellerata quanto presaga, da allora il Suo sangue
scende su di noi, sui nostri figli e mai cesserà di scendere.
Non il popolo Ebreo fu deicida, tutti lo fummo, tutti lo siamo, da duemila anni
Cristo agonizza di ogni nostra agonia, muore di ogni nostra morte ed anela a
risorgere in noi. Da duemila anni noi Lo portiamo nella nostra coscienza e
cerchiamo, inutilmente, di cacciarLo, di ingannarLo e di ingannarci!
La Sua Vita è la sintesi di tutte le vite, la Verità di tutte le scienze, la Via di
tutti i cammini. Non possiamo andare in niun luogo ove Egli non sia, la Sua reale
immanenza, la Sua presenza continua, ossessiona il male che è in noi e ne
esaspera le reazioni.
“ Io (Egli ci ripete) ho desiderato ardentemente di consumare questa Pasqua
con voi”. Ho desiderato di segnare questo passaggio, indicarvelo e farvelo
superare. Pasqua, infatti, vuol dire “passaggio”, cioè passaggio da uno stato di
servi ad uno di figli, da uno stato di schiavitù ad uno di libertà, da uno stato di
separazione ad uno di unione. Egli ha desiderato ardentemente consumare con
noi questo passaggio, di assurgere con noi al Suo regno, per questo Egli è venuto
fra noi come una guida che rischia la vita, per salvare uomini smarriti, per portar
loro soccorso, per indicar loro la via a Lui solo nota, per caricarsi dei loro bagagli
e portare tutto oltre il passaggio verso la salvezza, verso la Vita, ma giunto fra loro
a prezzo di mille stenti, si sente rifiutare ogni aiuto perchè vogliono rimanere
fermi dove sono e vogliono che Lui pure resti con loro. Invano la buona Guida
supplica, prega, insiste...la loro caparbietà ostinata rifiuta ogni soccorso; invano
Egli dice che è tardi, che l'inverno sta per sopravvenire, che la morte minaccia
inesorabilmente tutti; la risposta è sempre: no! Egli allora siede sopra il masso
dell'inespiabile colpa e attende, ripetendo ad ogni ora, il suo monito, la sua
preghiera ed infine, per non aumentare la colpa degli uomini tace, ma rimane!
E' giunto solo, non ripartirà se non con tutti! La Sua sopportazione è pari alla
nostra caparbietà, il Suo Amore supera la nostra ostinazione nel male, la Sua
volontà vigila sul nostro più piccolo cenno di adesione per salvare ciò che è
venuto a salvare, per attuare il Suo mandato, per obbedire a chi Lo espresse da
Sé, come la parola dalla bocca, o il pensiero dalla mente.
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