N. Bonoraa,b, A. Ruggieroa,b, G. Iannittib, σ ε ε

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N. Bonoraa,b, A. Ruggieroa,b, G. Iannittib, σ ε ε
AIAS – ASSOCIAZIONE ITALIANA PER L’ANALISI DELLE SOLLECITAZIONI
42° CONVEGNO NAZIONALE, 11-14 SETTEMBRE 2013, UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SALERNO
AIAS 2013 - 234
CARATTERIZZAZIONE SPERIMENTALE DI METALLI E LEGHE IN REGIME DI ELEVATA
TEMPERATURE, ALTA VELOCITÀ DI DEFORMAZIONE E GRANDI DEFORMAZIONI
PLASTICHE
N. Bonoraa,b, A. Ruggieroa,b, G. Iannittib,
a
Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale – Dip. di Ingegneria Civile e Meccanica,
Via G. Di Biasio 43, 03043 Cassino, e-mail: [email protected]
b
Techdyn Engineering srl,
Via A. Rendano 18, 00199 Roma, e-mail: [email protected]
Sommario
In questo lavoro viene presentato un approccio basato sull’uso di test di caratterizzazione e di
validazione per l’identificazione del comportamento meccanico di metalli e leghe in condizioni di
elevate velocità di deformazioni, grandi deformazioni ed elevate temperature. In particolare viene
presentato un sistema di riscaldamento ad induzione appositamente sviluppato per la realizzazione di
prove di impatto (Taylor anvil e ROR ) e prove di estrusione dinamica (DTE) ad elevata temperature.
Abstract
In this work the methodological approach, based on the use of characterization and validation tests, for
the identification of material behavior at high strain rates, large deformation and elevated temperature
is discussed. The solution specifically developed for performing Taylor impact and dynamic tensile
extrusions test at high temperature is presented.
Parole chiave: Taylor anvil, ROR, DTE, high temperature, strain rate.
1. INTRODUZIONE
Esiste un ampio campo di applicazioni in cui metalli e leghe si trovano ad operare in regime di alta
temperatura, elevate velocità di deformazione e grandi deformazioni plastiche (processi di rolling,
forgiatura, stampaggio ad alta temperatura, etc.). In tali condizioni, la conoscenza del comportamento
costitutivo è fondamentale per un’accurata previsione del risultato del processo termomeccanico sul
materiale o sul componente (es. formazione del getto nelle cariche cave). Da un punto di vista del tutto
generale la risposta costitutiva di un materiale può essere espressa in forma di funzionale,
  F   ij , , T , D, d k ,...
(1.1)
in cui lo stato di sforzo risulta essere definito da una serie di variabili di stato, di cui solo la deformazione
totale e la temperatura risultano essere osservabili, mentre tutte le altre (plastic strain rate, danno,
descrittori microstrutturali, etc..) sono derivabili a seconda dalla formulazione adottata.
La verifica della robustezza della formulazione adottata, così come l’identificazione dei parametri del
modello, richiede evidenze sperimentali relative a condizioni in cui i valori delle variabili di stato
vengano fatte variare in maniera indipendente e possibilmente controllata. Purtroppo, nella pratica
sperimentale esistono campi limitati di variabilità delle diverse grandezze costitutive che possono essere
investigati con le tecniche di indagine disponibili, Figura 1.
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Figura 1 – Schema dei campi di deformazione velocità di deformazione e pressione che possono essere
investigati con le differenti tecniche sperimentali
Figura 2 – Esempio di metriche di validazione
Los Alamos National Laboratory [1] ha proposto un approccio metodologico per la caratterizzazione e
l’identificazione della risposta costitutiva dei materiali che si basa sia sull’uso di informazioni
provenienti da prove di “caratterizzazione” e di “validazione”. Con il termine “prove di
caratterizzazione” si indentificano tutte quelle prove sperimentali nelle quali è possibile misurare la
risposta del materiale, indipendentemente dalla geometria del campione, facendo variare in maniera
parametrica e controllata le variabili di influenza. In questa classe ricadono:
− prove di trazione e compressione quasi statica;
− prove di trazione e compressione dinamica (hopkinson bar);
− prove di shock compression (flyer plate impact test);
− prove di durezza;
− metallografia quantitative (dimensione del grano, misura delle fasi, caratterizzazione della
microstruttura con EBSD, natura del bordo grano, etc..).
Con il termine “prove di validazione” si intendono tutte quelle prove sperimentali nelle quali il materiale
è soggetto a processi complessi di deformazione durante i quali altre variabili di influenza, ad esempio
la temperatura e lo strain rate, variano senza possibilità di essere controllate ma portano il materiale ad
essere sollecitato a valori simili a quelli di esercizio. In questa tipologia di test, di solito è assai difficile
effettuare misure dirette ed in situ e pertanto ci si limita spesso a misure post mortem. Tuttavia queste
tipologie di test consentono di investigare la risposta del materiale in condizioni estreme simili a quelle
che si troverà ad affrontare in esercizio e costituiscono un’indispensabile fonte di informazioni per
l’identificazione dei modelli costitutivi. Questa categoria di prove comprende:
− Taylor anvil impact test;
− Symmetric Taylor impact (rod-on-rod);
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− DTE - dynamic tensile extrusion test
− ECAP - Equal Channel Angular Pressing
− Dynamic Expansion Ring (fragmentation)
Per ognuna delle tipologie di prove di validazione è necessario definire una metrica, ovvero una serie di
quantità da misurare, se possibile durante la prova o altrimenti post mortem, da utilizzare ai fini
dell’identificazione dei modelli attraverso calibrazione inversa con l’ausilio degli elementi finiti. La
scelta delle metriche di validazione dipende dalla natura del test e dalle capacità sperimentali. In Figura
2 è riportato un elenco indicativo delle quantità che possono essere monitorate nelle diverse tipologie di
test ed utilizzate per la qualifica/identificazione dei modelli attraverso il calcolo computazionale. A titolo
di esempio, in Figura 3, è riportata la sequenza tipica della deformazione in un impatto simmetrico rodon-rod acquisita con videocamera ad elevata velocità. La sequenza mostra l’evoluzione del
mushrooming, ovvero della deformata radiale in funzione del tempo che può essere utilizzata come
metrica di identificazione inversa. In Figura 4 è riportato il confronto tra la misura del profilo deformato
del cilindro e la soluzione agli elementi finiti al termine del processo di calibrazione inversa.
t=0us
t=13us
t=108us
t=216us
t=307us
Figura 3 – Esempio di test Rod-on-rod su rame 99.97% OFHC.
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V=328 m/s
10
5
Radius (mm)
0
0
10
20
30
40
V=292 m/s
10
5
Exp
FEM
0
0
10
20
30
40
20
30
Axial length (mm)
40
V=199 m/s
10
5
0
0
10
Figura 4 – Confronto tra i profili deformati e la soluzione agli elementi finiti.
Nel caso dei processi di deformazione ad elevati strain rate, la possibilità di disporre di misure timeresolved, ovvero in funzione dei diversi istanti di tempo della prova, sono di particolare importanza in
quanto le variabili di influenza che governano il fenomeno subiscono evoluzioni temporali complesse
che dipendono dalla dinamica delle onde di sforzo nel materiale. In questo caso l’utilizzo di tecniche di
ripresa ad elevata velocità integrate con misure realizzate con tecniche interferometriche (VISAR o PDV
- Photonic Doppler Velocimetry) possono fornire informazioni fondamentali per la comprensione dei
meccanismi di deformazione in condizioni estreme e per la validazione della modellazione
costitutiva,[2] .
2. TESTING AD ALTI STRAIN RATE, ALTE DEFORMAZIONI ED ELEVATA TEMPERATURA.
La possibilità di avere informazioni sul comportamento meccanico ad alte velocità di deformazione,
grandi deformazioni e differenti temperature è di grande interesse per la qualifica dei modelli costitutivi.
In letteratura sono state proposte alcune tecniche sperimentali per la realizzazione di prove alla barra di
Hopkinson in temperatura, [3]. In questo tipo di test è importante che le barre non subiscano un
innalzamento significativo della temperatura e che il provino sia in condizioni isoterme. Nella
configurazione di barra di Hopkinson in tensione diretta, è possibile utilizzare un sistema di
riscaldamento ad induzione attraverso l’uso di un avvolgimento (coil) appositamente progettato per non
interferire con il moto delle barre e tale da realizzare un campo che interagisca principalmente con il
provino e non con le barre. Questo sistema, rispetto ad altre soluzioni proposte in letteratura consente di
minimizzare i tempi necessari al riscaldamento del campione contenendo l’innalzamento della di
temperatura nelle barre. Nella soluzione realizzata presso l’Università di Cassino e del Lazio
Meridionale, il sistema ad induzione si è rivelato particolarmente efficiente nel caso di provini in acciaio
per i quali si è verificata la possibilità di raggiungere e superare i 900°C sul campione (acciaio AIISI
316L) in tempi di induzione dell’ordine del minuto. Nella configurazione adottata, la temperatura viene
misurata costantemente sul campione per mezzo di un pirometro ottico avente un’area di misura di 0.38
mm2 ad una distanza di 200 mm. L’uso di termocoppie è stato abbandonato in quanto si è verificato che
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il campo magnetico indotto produce un riscaldamento della termocoppia stessa con conseguente errore
sulla misura della temperatura. In Figura 5 è mostrato l’induttore in funzione con un campione in acciaio
AISI 316L mentre in Figura 6 sono riportati a confronto i segnali delle barre per due prove di trazione
dinamica condotte a temperatura ambiente, a T=130°C e a T=480°C.
Figura 5 – Sistema di riscaldamento per la barra di Hopkinson in tensione diretta.
2000
Hpk1 (T 25°C)
Hpk5 (T 130°C)
Hpk6 (T 480°C)
1500
Strain ()
1000
500
0
-500
-1000
-1500
-2000
0
2
4
6
Time (s)
8
10
12
-4
x 10
Figura 6 – Confronto tra i segnali delle barre e la relativa risposta sforzo-deformazione a tre diverse temperature
al medesimo strain rate.
Una minore efficienza nel riscaldamento si è riscontrata nel caso del rame puro. In questo caso, l’elevata
conducibilità termica e la permeabilità magnetica del materiale fanno sì che il calore prodotto nel
provino venga rapidamente dissipato e trasmesso alle barre limitando superiormente la massima
temperatura raggiungibile nell’accoppiamento induttivo. In questo caso si è riscontrato che la massima
temperatura raggiungibile sul campione montato sulla barra di Hopkinson è inferiore ai 550°C.
La barra di Hopkinson consente di testare i materiali a strain rates dell’ordine di 5000s-1 e con
deformazioni vere che, nel caso di materiali duttili, possono raggiungere 200% nella regione di strizione.
Il Taylor test, nella configurazione Taylor-anvil [4] e ROR, consente di raggiungere grandi deformazioni
a maggiori strain rates (104-105 s-1) mentre il DTE dynamic tensile extrusion consente di raggiungere
strain rate dell’ordine di 106 s-1 e deformazioni del 400% (nel caso del rame puro).
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Al fine di realizzare anche queste prove in temperatura, è stato progettato un dispositivo ad induzione
montato direttamente su di un cannone a gas. La soluzione proposta consiste nell’inserire nella sezione
del cannone, dove viene caricato il proiettile, un segmento di canna realizzata in ceramica o materiale
composito intorno alla quale è montato un coil ad induzione. Il tutto è poi serrato tra due gusci
semicircolari in alluminio che garantiscono l’accoppiamento con la canna del cannone agas. In questa
sezione, il provino, sia esso un cilindro di Taylor o un proiettile per il DTE, viene posizionato in fase di
caricamento. Una volta completato il posizionamento viene fatto il vuoto nella canna e nella camera di
contenimento. Al termine di questa fase si procede al riscaldamento del campione secondo la curva
intensità di corrente vs tempo preventivamente determinata e si procede al lancio. Le misure su banco
hanno confermato la ripetibilità e l’affidabilità della procedura di riscaldamento. Poiché il campione non
è a contatto con nessuna parte metallica e anche grazie alle condizioni di vuoto si è riscontrata
un’efficienza del riscaldamento di molto superiore a quella ottenuta con il sistema per la barra di
Hopkinson. In particolare sono stati raggiunti con tempi di riscaldo inferiori al minuto i 900°C anche
nel caso del rame puro. Il dispositivo consente di effettuare prove di Taylor anvil e dynamic tensile
extrusion (DTE). È anche possibile effettuare prove di rod-on-rod in temperatura purché si preveda
sistema analogo di riscaldamento per il cilindro impattato (receiver).
Figura 7 – Schema del sistema ad induzione per il cannone a gas
3. Conclusioni
In questo lavoro è stata presentata una metodologia di validazione ed identificazione dei modelli
costitutivi per i materiali soggetti a grandi deformazioni, elevate velocità di deformazione e alta
temperatura che si basa sull’utilizzo di misure ottenute sia su test di caratterizzazione sia di validazione.
In particolare è stata presenta una soluzione sperimentale per la realizzazione di prove di impatto ad
elevata temperatura. La soluzione proposta si è rilevata particolarmente versatile consentendo di
realizzare con il medesimo set-up diverse tipologie di prove di validazione con un controllo
sufficientemente accurato della temperatura di prova.
4. BIBLIOGRAFIA
[1] Gray Iii, G. T., Chen, S. R., Wright, W., and Lopez, M. F., 1994, "Constitutive Equations for
Annelaed Metals under Compression at High Strain Rates and High Temperatures," Technical Report
No. LA-12669-MS, Los Alamos National Laboratory,
[2] Mercier, P., Benier, J., Azzolina, A., Lagrange, J. M., and Partouche, D., "Photonic Doppler
Velocimetry in Shock Physics Experiments," Jounal de Physique IV, 134(pp. 805-812. (2006)
[3] Kuokkala, V.-T., Apostol, M., and Hokka, M., 2010, "High and Low Temperature Techniques in
Hopkinson Split Bar Testing," eds., Providence, Rhode Island USA, pp. 1-9.
[4] Ruggiero, A., and Bonora, N., 2003, "Ductile Damage Prediction in Taylor Impact Cylinder Test
Using Cdm Approach," eds., Portland, OR, USA, pp.