Frames, giugno/luglio 2006, di Adriana Labella
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Frames, giugno/luglio 2006, di Adriana Labella
42 MANINCOR - LA CANTINA NEL VIGNETO UN MODELLO DI COSTRUZIONE TECNOLOGICA SOSTENIBILE MANINCOR - THE WINERY IN THE VINEYARD A MODEL OF SUSTAINABLE CONSTRUCTION TECHNOLOGY BIO-FRAMES di Adriana Labella Foto/Photos: Walter Niedermayr © Archiv BILDRAUM 2004 1 La natura concepita come esperienza estetica (Martin Prinzhorn) Nella cantina Manincor la ricerca di un linguaggio architettonico adatto al contesto ambientale è tutta dentro una riduzione delle frontiere tra naturale e artificiale. Il legame con il paesaggio naturale non si riduce però all'acritica ripresa dei suoi morfemi o al ricoprimento vegetale. La natura, in questa architettura, stabilisce con la tecnologia intrecci assoluti: l'organizzazione funzionale degli spazi si raccorda intimamente con la lavorazione naturale delle uve. Come cibo metabolizzato che nutre l'organismo umano, l'uva dalla coltre vitata riempie naturalmente i tini, per caduta, e da lì prosegue il suo percorso di trasformazione fino alle isole di stoccaggio, nel cuore del vigneto, utilizzato e ampliato come se fosse un impianto vecchio già esistente, come sottolinea il noto critico d'arte Prinzhorn. Il fluido spazio produttivo dell'impianto è segnato dalla presenza di luce naturale, abbondante negli spazi di accoglienza, giustamente negata in quelli di trasformazione e conservazione del vino, nuovamente copiosa negli spazi di degustazione dove apre la visuale sul paesaggio naturale delle colline vitate, infine presente perfino negli ambienti di deposito. La luce solare, dunque, riesce a penetrare nel cuore di questa cantina come scavata nel vigneto. Confidare nella natura in tutto quello che si fa (Goëss-Enzenberg) Man-In-Cor (mano sul cuore) è una della più antiche aziende della regione altoatesina ma è anche quella che si è dotata di una delle più moderne strutture di trasformazione e di conservazione dei vini. E' la più grande tenuta in Alto Adige che vinifica solo uve proprie, quelle prodotte nella proprietà di 45 ettari di vigna nel comprensorio del Lago di Caldaro, in una valle laterale del fiume Adige circondata da dolci colline che non superano i 600 metri, dietro alle quali a nord e nord-ovest si erge la ripida Catena di Mendola in Oltradige con i suoi 2000 metri. Le favorevoli condizioni climatiche del sito, già con impronte mediterranee, creano i presupposti ideali per una viticoltura di qualità: le pareti delle catene montuose settentrionali bloccano le gelate primaverili e gli improvvisi freddi alpini in estate, mentre il lago rifrange la luce solare e attenua le escursioni termiche favorevoli, soprattutto nel periodo di maturazione dei grappoli per lo sviluppo di frutto, acidità e aromi. Costruita nel 1996 per volere del conte Michael Goëss-Enzenberg, che decide di riprendere la tradizione vitivinicola della famiglia risalente al 1698, la cantina Manincor si sviluppa vicino all'antico maso del 1608, sul lago di Caldaro e occupa una superficie di 3000 mq completamente interrata, per un totale di 30.000 mc, con una produzione annua di circa 150.000 bottiglie. Il progetto di ristrutturazione ed ampliamento della cantina, avviato nel primo anno del nuovo millennio, esprime una adeguata attenzione al contesto naturale ed alla sua reinterpretazione in un linguaggio moderno nel segno leggero e sottile del nuovo che si coniuga all'antico. La nuova cantina si inserisce ad est della dimora storica assecondando l'orografia dei luoghi. Il legame con il paesaggio si esprime nelle tracce sottili dell'artificiale che si nascondono sotto il vigneto, tradite solo da pochi segni visibili: il volume vetrato della sala degustazione, la pergola in ferro della scala di accesso, la scatola in legno riservata alla vendita. La contiguità visiva con il paesaggio naturale è fondamentale nell’organizzazione dello spazio produttivo come nel rapporto della costruzione con il suolo. Un primo approccio progettuale e tecnico è stato segnato dalla soluzione delle questioni legate al microclima e al soleggiamento dell'area. La scelta di natura, operata nel rapporto con il paesaggio e con l'esposizione al sole (il soleggiamento variabile sulle coste) e nella strategia di lavorazione delle uve tesa alla minima manipolazione, struttura e sostanzia tutta l'articolazione spaziale della cantina, costruita in profondità sotto il vigneto. Le sue pareti si corrugano ed i soffitti si inclinano non per mire estetiche ma per reazione alla topografia del vigneto sul pendio, si rendono come necessarie in un dialogo armonico tra naturale ed artificiale: così si può “innestare” la “cantina nel vigneto”, per accogliere, nel cuore della terra, le attrezzature del vinificare (presse, tini di fermentazione, serbatoi in inox, barriques, botti di legno, linea di imbottigliamento) che si dispongono, secondo le indicazioni del layout di produzione, in verticale più che in orizzontale. La filosofia del vino prodotto da Michael Goëss-Enzenberg, riassunta in uno dei suoi motti preferiti, è “Meno è più”. Il lavoro in cantina deve permettere all’uva di trasformarsi naturalmente. Ogni fase, dalla 43 fermentazione all’affinamento, avviene a Manincor con il minimo degli interventi. Al momento della vendemmia l’uva viene sottoposta ad una severa cernita e trasportata al piano superiore della cantina, dove si muove delicatamente per caduta, senza nastri trasportatori o pompe, fino al cuore della cantina, nei tini troncoconici per la fermentazione del vino, che si trovano nella profondità della terra e si collegano con le antiche cantine, lì dove il clima è più stabile e “il vino ha la pace che gli serve”. La maggior parte dei vini (nelle buone annate fino all’80 per cento) fermenta spontaneamente con lieviti naturali secondo metodi e tecnologie naturali di lavorazione: l'utilizzo di quelli coltivati rappresenta l'eccezione. Dall'esterno la cantina sembra invisibile sotto il vigneto. All'interno, invece, appare subito in tutta la sua imponenza degli spazi a doppia altezza che accolgono il visitatore, illuminati naturalmente dalla vetrata che lascia intravedere, oltre il patio, l'antica costruzione. Dalla hall si snoda il percorso spazio-produttivo della cantina che, dal conferimento delle uve, nel vigneto, continua, verso il basso, nella cantina di fermentazione e la barricaia, prosegue nella zona delle presse e dei serbatoi per risalire direttamente nel vigneto attraverso la scala con la pergola in ferro, da un lato, tra le colline vitate dove il lago rifrange la luce solare, nella sala degustazione, dall'altro. Il percorso tracciato dal vino in fondo è lo stesso che guida l'itinerario emozionale del visitatore. Il 3 1. 2. Spazio vendita vini 3. Interno spazio vendita 4. Sala degustazione 1. 2. Area for selling wine 3. Sales area interior 4. Wine-tasting room cemento a vista dell'intera struttura, che non può fare a meno di mostrarsi come segno evidente di modernità, non trascura però un certo senso di naturalità, nel suo colore che non è propriamente grigio, ma piuttosto tendente al beige, molto vicino alla tonalità dell’intonaco a calce degli antichi muretti dei vigneti, quando, con il passare del tempo tende a disgregarsi. Nella miscelazione, infatti, sono state aggiunte sostanze organiche (ceneri) che ne modificano il colore e le caratteristiche fisiche della superficie. L’intera struttura, inoltre, è stata colata sul posto, senza uso di elementi prefabbricati di cemento. In questo modo si è creata una struttura monolitica e allo stesso tempo complessa, rivestita solo in parte a creare atmosfere materiche di grande raffinatezza: le parti in ferro ossidato indicano non tanto la contemporaneità dell'intervento quanto una modalità, la migliore, di 4 BIO-FRAMES 2 5. Vista interna 6. Ingresso cantina 7. Ingresso cantina 5. Interior 6. Winery entrance 7. Winery entrance BIO-FRAMES 44 5 6 conservazione del materiale, mentre il legno usato nella sua più totale naturalità segna l'arredo essenziale delle moderne boiseries. In una cantina è fondamentale l'insieme dei fattori microclimatici (temperatura, ventilazione, umidificazione ecc.) che possono interferire in negativo sui processi di vinificazione e di conservazione. Nell'assetto della cantina Manincor il ricoprimento vegetale a vigneto, oltre a ridurre l'impatto ambientale del costruito, ha una forte valenza sul piano microclimatico e termico e contribuisce a creare ottimali condizioni igrotermiche. La costruzione sotterranea permette inoltre di sfruttare il potenziale geofisico. Un idoneo sistema di ventilazione garantisce in modo naturale un clima ideale per la cantina. Un corridoio perimetrale di umidificazione e ventilazione consente l'approvvigionamento ottimale di umidità e una temperatura stagionale stabile. Tramite aperture speciali ed uno scambio controllato di aria, l’umidità del terreno viene condotta alle pareti della cantina, in modo selettivo, a seconda delle esigenze legate alla destinazione dell'ambiente (ad esempio, la cantina delle barriques riceve l’umidità necessaria, mentre lo stoccaggio delle bottiglie rimane asciutto). La temperatura della cantina sotterranea viene regolata da pompe scambiatrici di calore (poste a 80 metri di profondità) che portano il calore della terra nel sistema, con consumi energetici ridotti. D’estate lo stesso meccanismo serve per il raffrescamento. Quindi la temperatura rimane sempre a livello ideale nelle diverse parti della cantina, senza che si debbano impiegare combustibili fossili. Nei momenti di massimo bisogno si utilizza il legname dei boschi di proprietà per l'impianto di riscaldamento, a parete e a soffitto, a bassa temperatura: la geotermia e l'uso di biomassa rendono Manincor autonoma dai combustibili fossili, in linea con i principi di autarchia che avevano caratterizzato la tenuta storica, all’inizio del XVII sec., con le sue cantine, stalle, granai, e forni da pane. Il vecchio maso recuperato ora è reinserito funzionalmente e visivamente nei circuiti di visita e di produzione: a separarli un piccolo giardino su cui affaccia la hall della nuova cantina. La luce naturale, che penetra, copiosa, dal volume vetrato segna gli spazi di accoglienza: l'oscurità degli ambienti per la conservazione del vino e dello stoccaggio sembra quasi dimenticata quando si giunge negli spazi di convivialità. Nella sala degustazione, la cantina Manincor come per liberarsi dalla terra si proietta all'esterno, verso lo spazio coperto dal pergolato di viti. L'interpretazione empatica dei luoghi riesce ad introitare in architettura la natura stessa di quei luoghi: attraverso le grandi pareti trasparenti si rivela la presenza -in primo piano - del paesaggio naturale della valle ed il lago di Caldaro, con i suoi vigneti e colline vitate, messo a fuoco in tutta la sua bellezza mozzafiato. L'unica parte del complesso vitivinicolo che si eleva fuori terra è lo spazio per la vendita del prodotto finito, una piccola costruzione in legno posta tra l'antico maso e la cantina-vigneto. L'architettura è segnata da sottili membrature di legno che scandiscono verticalmente le pareti vetrate, modulate per trasparenza ed opacità a seconda dell'uso a cui assolvono, collegate in alcuni tratti per accogliere le bottiglie: gli elementi di arredo si integrano nel disegno unitario dell'involucro trasparente. Il disegno costruttivo della cantina Manincor è un esempio tangibile di progettazione olistica aperta alla partecipazione attiva del committente, il quarto “architetto” come lo definisce Walter Angonese, che per meglio lavorare in sinergia con il proprietario si trasferisce in loco a progettare la cantina. Ed è l'emblema di un approccio multidisciplinare alla progettazione: l'architettura, oltre che alla tecnologia, si apre all'arte con l'intervento creativo di Erik Steinbrecher e Manfred Alois Mayr. Il primo segna la sua presenza all'esterno, nel disegno scultoreo della “pergola“ in metallo che ricopre la scala nel vigneto, di schinkeliana memoria, che in estate si copre di rampicanti mentre in inverno, quando i rampicanti si denudano, lascia percepire chiaramente il connubio tra l'artefatto (la pergola metallica) ed il naturale (il tronco della pianta). Il secondo esemplifica, all'interno dello spazio vitivinicolo, la sua ricerca artistica fondata sull’intreccio contestuale di colore e forme, colore e spazio, espressiva di una profonda sensibilità ambientale del luogo dell’intervento artistico. Per segnare il passaggio tra la vecchia struttura e la nuova, Mayr 7 8. Vista esterna dalla sala degustazione 9. Vetrata sul patio 10. Espositore vini 8. Outside view of the wine-tasting area 9. Glass window on the patio 10. Wine expositor 9 spruzza il muro storico con zolfo ramato portando, così, all’interno le tracce del colore spesso presente sulle facciate delle vecchie cantine. I passaggi cromatici, sui toni di variazioni blu/verde, della parete, conseguenti ai processi di ossidazione, vivificano la presenza del vigneto all'interno del costruito, come il colore laccato lucido, sui toni del bordeaux, dell’armadio-scala, che collega la sala degustazione con quella per le riunioni, sembra alludere alla matericità e alla tonalità cangiante del bottiglia di vino „Sophie“. Ed ancora, il tratteggio cromatico che segna fortemente le pareti dell’ufficio del “fattore“ (capo dell’azienda agricola) richiama quello molto usato per le rimesse dei trattori, quasi a riportare, in uno spazio di tipo industriale, atmosfere primordiali del mondo contadino. Nature conceived as an aesthetic experience (Martin Prinzhorn) In the Manincor winery the search for an architectural language adapt for the setting is all within a reduction of the boundaries between natural and artificial. The connection with the natural landscape is not reduced, however, to the undiscriminating recovery of its morphemes or to vegetal coverage. Nature, in this architecture, establishes a perfect intertwining with technology: the functional organisation of the spaces intimately combines with the natural processing of the grapes. As a metabolised food that nourishes the human organism, the grape goes in to the vats and from there continues its path of transformation until the cellar areas in the heart of the winery, utilised and enlarged as if it were an already existing old plant, as the noted art critic Prinzhorn underlines. The fluid productive space of the plant is marked by the presence of natural lighting, plentiful in the reception areas, rightly denied in the areas for the transformation and conservation of the wine, and once again copious in the wine tasting areas where the view of the natural landscape opens up onto the hills with their vineyards, and the light is finally present even in the storage areas. Sunlight, then, manages to penetrate into the heart of this winery as if it had been unearthed in the vineyard. Edificare nella continuità (Goëss-Enzeberg) La sensibilità ecologica verso soluzioni compositive rispettose delle specifiche condizioni climatiche ed ambientali nella cantina Manincor richiama alla mente le cantine progettate da Gilles Perraudin a Vauvert e Nichaz, dove la ricerca di tipologie e di tecnologie sostenibili, tese ad ottenere valori della temperatura e dell’umidità ottimali per la conservazione del vino, sono assunti come obiettivi-guida. Tali obiettivi vengono perseguiti, nell'uno e nell'altro caso, attraverso l’attività di progettazione consapevole nell’uso delle risorse disponibili, come le fonti energetiche rinnovabili, la grossa inerzia termica dell’involucro massiccio e della copertura vegetale, i materiali naturali ed ecocompatibili reperibili in loco (i blocchi di pietra per Perraudin come il legno per Angonese). Terra, aria, verde partecipano in modo assoluto alla costruzione dello spazio produttivo di Manincor. E la luce, in luoghi tradizionalmente segnati dalla sua assenza come sono le cantine, crea spazialità inedite che la sensibilità del noto Walter Niedermayr riesce a ritrarre con grande espressività: come in tutta la sua ricerca artistica, il disegno dell'artificiale sembra dissolversi nel paesaggio naturale in una luce volutamente pallida, fioca, creando atmosfere rarefatte, surreali, che esaltano la complessità di intrecci tra architettura e tecnologia e tracciano i segni di una contemporaneità sostenuta nel rapporto con la natura. Goëss-Enzeberg, che voleva vincere la sfida su come “assicurare il futuro di questa proprietà tradizionale” ha raggiunto, con l'ampliamento di Manincor, l'obiettivo che si era posto, insieme ai progettisti, di edificare nella continuità. Il suo è senza dubbio un elegante esempio di architettura tecnologica sostenibile, in grado di intrecciare gli ancestrali bisogni di trasmissibilità -privati con le moderne esigenze -sociali- di tutela del paesaggio e di conservazione delle risorse naturali. 10 45 BIO-FRAMES 8 11. Vista panoramica 12. Barricaia 11. Panoramic view 12. Barriques area 46 11 BIO-FRAMES Trust nature in everything that you do (Goëss-Enzenberg) Man-In-Cor (hand on your heart) is one of the oldest companies in the Alto Adige region, but it is also the one that is equipped with one of the most modern structures for wine production and conservation. It is the largest holding in Alto Adige that makes wine only from its own grapes, those grown in the 45 hectare vineyard in the area around Lake Caldaro, in a side valley of the river Adige surrounded by rolling hills that never go higher than 600 metres, behind which to the north and north-east there is the steep Mendola range of mountains in Oltradige with its 2000 metres. The favourable climatic conditions of the site, with a Mediterranean feel, create the ideal situation for quality wine: the walls of the northern mountain chain block the spring chills and the sudden alpine cold spells in summer, while the lake reflects the sunlight and softens the favourable thermals, especially in the period when the grapes are ripening and developing their fruitiness, acidity and aromas. Constructed in 1996 by Count Michael Goëss-Enzenberg, who decided to take up again the wine-making tradition of his family that goes way back to 1698, the Manincor winery stands near the old one of 1608, on Lake Caldaro and extends over a surface area of 3,000 square metres completely underground, for a total of 30,000 sq. m., with an annual production of about 150,000 bottles. The winery renovation and enlargement project, which started in the first year of the new millennium, pays attention to the natural setting and its reinterpretation in a modern mode of expression, the light and the subtle combination with the past. The new cellar is to the east of the historic home yielding to the orography of the places. The connection with the landscape is expressed in the subtle traces of the artificial construction that hides under the vineyard, betrayed only by a few visible signs: the glazed volume of the wine-tasting room, the iron pergola of the stairway, the wood structure reserved for selling wine. The visual proximity to the natural landscape is fundamental in the organisation of the production space, as in the relationship of the construction with the earth. An initial approach to the design and the technology was 12 marked by the solution of the issues related to the micro-climate and exposure to the sun. The choice of nature, operated in the relationship with the landscape and with the exposure to the sun (the variable sunlight on the hillsides) and the strategy of processing the grapes with minimum handling, structures and substantiates the entire space of the cellar, constructed deep down under the vineyard. Its walls are corrugated and the ceilings slope, not because of any aesthetic reasons but as a reaction to the topography of the vineyard on the hillside, they are necessary for a harmonious dialogue between the natural and the artificial: in this way one can “engraft” the “winery into the vineyard", to receive, in the heart of the earth, the wine-making equipment (presses, fermentation vats, stainless steel tanks, barriques, wood barrels, the bottling line) which are arranged, according to the indications of the production layout, in the vertical rather than in the horizontal. The wine production philosophy of Michael GoëssEnzenberg, summed up in one of his favourite mottos, is “Less is more”. The process in the winery has to allow the grape to be transformed naturally. Each stage, from fermentation to refinement, takes place in Manincor with the minimum of operations. At harvest time the grapes undergo a strict sorting and then transported to the top floor of the winery cellar where they are moved delicately down a slide, without conveyor belts or pumps, until they reach the heart of the winery, the conical vats for the fermentation of the wine, which are found deep under the earth and connect with the old cellars, where the climate is more stable and “the wine has the peace it needs”. Most of the wines (in good years up to 80 per cent) ferment spontaneously with natural yeasts using natural methods and technologies: the use of specially cultivated ones is the exception. From the outside the winery is invisible under the vineyard. On the inside, however, the imposing double height of the area that welcomes the visitors stand out immediately, illuminated naturally by the glass windows that give you a view not only of the patio but also of the old building. From the hall the production-space winds its way from the cellar where the grapes arrive, in the vineyard, continues down into the fermentation cellar and the area where the barriques are, proceeds on to the area where the presses and tanks are, to make its way up again directly into the vineyard by means of the stairway with the iron pergola on the one side, between the hills where the lake reflects the sunlight, into the wine-tasting room on the other side. The route taken by the wine is basically the same as the one which guides the visitor. The open-face concrete of the entire structure, which is a clear indication of modernity, does not overlook a certain sense of naturalness however, with its colour that is not exactly grey but rather tending towards beige, very much like the colour of the plaster of the old walls of the vineyards, which over time tended to flake off. In the mix, in fact, some organic substances were added (ashes) that alter its colour and the physical properties of the surface. The entire structure, moreover, was cast on site, without the use of prefabricated concrete elements. In this way a monolithic, but at the same time complex, structure was created that is covered only in part to create a very elegant look: the oxidised iron parts hint not so much at the modernity of the project but rather at the best method for preserving the material, while the wood used marks the essential furnishings of modern boiseries. In a winery the microclimatic factors are crucial (temperature, ventilation, humidification, etc.) which can negatively influence the wine-making and wine conservation processes. In the way the Manincor winery is organised the vegetal vineyard cover, in addition to reducing the environmental impact of the construction, is also important on a microclimatic and thermic level, and contributes to creating optimal hygrothermal conditions. The underground construction also lets you exploit the geophysical potentiality. A good ventilation system guarantees an ideal cli- 13. Vista panoramica 14. Deposito 13. Panoramic view 14. Depository 47 13 which connects the wine-tasting room to the meeting room, and seems to allude to the substance and the changing shades of the “Sophie” wine bottle. And once again, the colourful outlining that marks the walls of the owner’s office recalls that often used for tractor sheds, almost bringing a primordial atmosphere of the rural world into an industrial space. Constructing in continuity (Goëss-Enzeberg) The sensitivity to ecology that the compositions display, respectful of the specific climatic and environmental conditions in the Manincor winery, call to mind the wineries designed by Gilles Perraudin in Vauvert and Nichaz, where the pursuit of sustainable technologies, aimed at attaining temperature and humidity values that are optimal for keeping wine, are taken on as guiding objectives. Such objectives are pursued, in both cases, through designs that make conscious use of the available resources, like the renewable energy sources, the huge thermic inertia of the solid envelope and vegetal covering, the natural and eco-compatible materials that can be found in loco (the blocks of stone for Perraudin and the wood for Angonese). Earth, air, and vegetation participate in the construction of the Manincor production space. And the light, in places traditionally marked by its absence like the cellars, creates a spatiality that the sensitivity of the well-known Walter Niedermayr manages to represent with great expressivity: as in all his artistic pursuits, the design of the artificial seems to dissolve into the natural landscape in a light that is deliberately pale, dim, creating rarefied, surreal atmospheres that exalt the complexity of the interweaving between architecture and technology and traces the signs of a modernity in relationship with nature. Goëss-Enzeberg, who wanted to meet the challenge about how to "ensure the future of this traditional property" has reached the objective he set himself, together with the designers, of constructing in continuity. His is without doubt an elegant example of sustainable technological architecture, capable of interweaving ancestral needs of transmissibility – private – with modern needs – social - of protecting the landscape and conserving its natural resources. BIO-FRAMES mate for the winery in a natural way. A perimetric humidification and ventilation corridor provides excellent humidity and a stable seasonal temperature. Through special openings and a controlled exchange of air, the humidity of the ground is led to the walls of the winery in a selective way, according to the requirements of the area (for example, the barriques cellar receives the necessary humidity, while the bottle storage area stays dry). The temperature of the underground winery is regulated by heat exchanger pumps (located at a depth of 80 metres) that bring the heat of the earth into the system, thereby reducing energy consumption. In summer the same mechanism is used for cooling. Therefore the temperature is always at the ideal level in the various parts of the winery, otherwise fossil fuels would have had to be used. When there is need, the timber from the woods are used for the low temperature heating system, on the wall and the ceiling: the geometry and the use of biomass mean that Manincor is free of fossil fuels, in line with the self-sufficiency principles that have always been a feature of this historic holding since the start of the XVII century, with its cellar, stables, granaries, and bread ovens. The old structure has now been restored, and both functionally and visually inserted into the production and visitor’s route: separating them is a small garden which the hall of the new winery overlooks. The copious natural light that penetrates the glazed volume marks out the reception areas: the darkness of the areas for conserving and storing the wine seem almost forgotten when one reaches the communal relaxation areas. In the wine-tasting room, the Manincor winery, as if to free itself from the earth, projects outwards, towards the space covered by the grapevines. The empathetic interpretation of the places succeeds in taking in the nature itself of these sites: through the large transparent walls is revealed the presence – on the first floor – of the natural landscape of the valley and Lake Caldaro, with its vineyards and hills, resplendent in all their breath-taking beauty. The only part of the wine-making complex that rises above ground is the area for selling the finished product, a small wooden construction set between the old structure and the wineryvineyard. The architecture is marked by thin wooden frames that provides a vertical rhythm to the glass walls, alternating transparency and opacity, and depending on their use are joined in some sections to hold bottles: the furnishing elements integrate with the unitary design of the transparent envelope. The construction design of the Manincor winery is a tangible example of holistic designing that is open to the active participation of the client, the fourth “architect” as Walter Angonese defines him, who in order to work more harmoniously with the client transferred to the site in order to design the winery. It is emblematic of a multi-disciplinary approach to designing: the architecture, as well as the technology, opens up to art with the creative intervention of Erik Steinbrecher and Manfred Alois Mayr. The first indication of its presence on the outside, in the sculptural design of the metal pergola that cover the stairs in the vineyard, bringing to mind Schinkel, which in the summer is covered with climbers while in winter, when the climbers are bare, lets you clearly see the union between the artefact (the metal pergola) and nature (the trunk of the plant). The latter exemplifies, inside the wine-making space, the artistic quest founded on the interweaving of colour, form and space, expressive of a profound sensitivity to the setting of the artistic intervention. To mark the passage between the old and new structures, Mayr sprays the old wall with chestnut-coloured sulphur, thereby bringing inside traces of the colour that can often be seen on the facades of the old wineries. The colourful passages, with walls in various shades of blue/green, the result of oxidisation processes, give life to the presence of the winery inside the construction, like the shiny lacquered paint in tones of Bordeaux on the closet-stairway, 14